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MIRONE

Mirone, attivo ad Atene tra il 470 e il 420 a.c., fu una delle personalità più significative dell’arte in bronzo, con
opere che erano in grado di rendere la tensione muscolare, fermando un istante del movimento in atto. A cavallo
tra l’arte classica e lo stile severo, per Plinio fu un “anticipatore”, e quindi rientrante più nella seconda che nella
prima scuola.
Le opere originali sono andate perdute: arrivavano infatti a Roma dopo le conquiste, ma venivano colate poichè
viste come un mero bottino. Sarà solo in seguito che inizierà a svilupparsi una sorta di collezionismo, portando gli
aristocratici a volerne a tutti i costi delle copie, ma questa volta in marmo. Il materiale originale ci è testimoniato
innanzitutto dalla storiografia, ed in seguito dalle opere stesse, che ad esempio presentano dei supporti (erano
pesanti) probabilmente non presenti nelle statue in bronzo. Gli storici individuano poi, servendosi delle fonti scritte
e di un accurato confronto, la copia più fedele, che è in grado di testimoniare come nelle sue opere fosse presente
il ritmo ed una composizione geometrica armonica.
Fondamentale nelle opere classiche il concetto di bellezza ideale: partivano innanzitutto osservando la realtà
(μίμησις), ma con una particolare attenzione alla perfezione geometrica. Infatti, per quanto realistiche, le opere di
questo periodo sono fortemente, se non del tutto, idealizzate, portandole ad avere proporzioni perfette e strutture
compositive quasi irriproducibili (X perfetta, linee parallele, archi, linee spezzate, ecc…). Inoltre le figure appaiono
quasi inespressive: portavano un’espressione pacata dei sentimenti, che non dovevano in assun modo trapelare.

Il discobolo → (450 circa) Un atleta è rappresentato nel momento che precede il lancio del disco, e conclude la
lunga sequenza della statuaria in bronzo (la figura si espande nello spazio). Il peso del corpo è caricato sulla
gamba destra e il busto, piegato in avanti, ruota in direzione del braccio sollevato, nella cui mano è saldamente
impugnato il disco; il capo segue la torsione del busto. Gli arti si compongono in uno schema armonico che mira
a fornire una sorta di modello ideale del corpo in questo tipo di movimento: le braccia formano un ampio arco che
interseca la diagonale del busto, così come le gambe nei loro andamenti spezzati disegnano angoli di diversa
ampiezza (linea spezzata su tutto il corpo). Con il Discobolo il movimento si traduce nella tensione muscolare di
tutto il corpo mentre la torsione del busto invita a una visione laterale che si aggiunge a quella frontale in uso.

LA FUSIONE A CERA PERSA

La ricerca di un movimento più naturale della figura portò gli scultori dell'età classica a preferire, alla scolpitura del
marmo, la lavorazione del bronzo plasmato mediante una tecnica di fusione incentrata sull'impiego iniziale di un
modello di argilla, che consentiva un numero pressoché infinito di ripensamenti e modifiche prima della colatura
del metallo fuso. Inoltre il bronzo, materiale più elastico e resistente della pietra, permetteva di realizzare parti
sospese nel vuoto facilitando la riproduzione del naturale movimento degli arti.
Per creare una statua di bronzo l'artista deve fare un modello in argilla , sostenuto da un armatura di ferro (1);
poiché l'argilla è malleabile, l'artista può modellare la statua nei dettagli modificandone la forma, cosa impossibile
nel marmo. Il modello è poi ricoperto da uno strato di cera (2) sopra il quale si pone un altro strato di argilla spesso
e resistente per reggere la pressione e il calore del metallo fuso (detto stampo, 3). Questo stampo segue la
superficie della cera ed è dotato di sfiatatoi (canali di scolo per la cera, 4); modello e stampo sono poi cotti in forno
affinché l'argilla si consolidi e la cera fuoriesca (5) lasciando lo spazio per il metallo. Dopo la preparazione del
modello si procede con la colatura del bronzo fuso (6) nell'intercapedine creata in modo tale che lo spessore del
metallo sia sottile e la forma creata del tutto aderente a quella preparatoria. Nelle statue di grandi dimensioni i
pezzi sono fusi separatamente e poi montati con perni e saldature.
Dopo che il bronzo si è raffreddato e solidificato si tolgono stampo esterno e modello interno attraverso delle
aperture praticate sul fondo della statua; quindi l'artista procede con la levigatura, rimuovendo le parti metalliche in
eccesso, solidificatesi in prossimità degli sfiatatoi, e lucidando la superficie bronzea. A queste attività segue la
rifinitura, eseguita a freddo con le tecniche della cesellatura (punta metallica) per perfezionare ad esempio i
dettagli di barba e capigliatura, oppure dell'ageminatura e del fissaggio a incrostazione per ottenere una
decorazione policroma: rame per le labbra che contrastano con i denti in argento, occhi in pasta vitrea per l'iride,
calcite e avorio per la cornea e pietra rosa per la caruncola lacrimale.

POLICLETO

L’attività di Policleto si colloca tra il 465 e il 420 a.c. Lo scultore era originario di Argo, dove si era formato alla
scuola di Agelada (bronzista, infatti anche P. lo usa come materiale privilegiato). Non abbiamo alcuna opera
originale, ma sappiamo che fu imitato ripetutamente e che fu un grandissimo punto di riferimento: aveva infatti una
fama unica nel mondo antico, che gli permise di settare un canone nell’arte.

Il Doriforo
Il canone che Policleto espose meticolosamente nel suo trattato (il kanon, andato perduto ma abbiamo alcuni
riferimenti per tradizione indiretta, sottolineava come fosse fondamentale la proporzione) è perfettamente
rappresentato in una delle sue opere, il Doriforo. In particolare parliamo di proporzioni matematiche, all’interno
delle quali la testa veniva rappresentata come 1⁄8 del corpo intero. Nella figura si potrebbe riconoscere un atleta o
un eroe, forse Achille. Il corpo è articolato in un gioco di tensioni e rilassamenti delle membra a incrocio (a
chiasmo, libera dalla staticità). Nuovo anche questo concetto di ponderazione: troviamo infatti un perfetto equilibrio
dato dalla corrispondenza inversa tra arti superiori e inferiori (al braccio sinistro che portava la lancia corrisponde
la gamba opposta in tensione), seguiti a ruota dai fianchi e dalle spalle (entrambi leggermente inclinati).
Con il Doriforo giungiamo ad un nuovo realismo e dinamismo, con una posizione stante ormai più che superata.

Il Diadumeno
Altro capolavoro di Policleto; viene rappresentato un atleta vincitore che si cinge la fronte con una benda: introduce
un ritmo più sinuoso e aperto (430).

L’Amazzone ferita
Originariamente in bronzo, vinse una celebre gara indetta dal santuario di Artemide a Efeso grazie all'originale
motivo della donna che si strappa la veste per il dolore della ferita e la variazione del canone della ponderazione.
La lancia (ora perduta) su cui si appoggiava il braccio destro fungeva da "puntello", componendo il sottile gioco di
tensioni ed equilibri della figura.
L’ACROPOLI DI ATENE

In età micenea l'alto pianoro dell'acropoli di Atene era occupato da una delle più importanti fortezze dell'Attica:
cinta da mura "ciclopiche" e difesa a occidente da un bastione, essa era sede del potere monarchico. Solo dopo
molti secoli l'area si trasformò in luogo di culto, spazio simbolico della comunità che definiva l'identità culturale
della polis. Molti edifici arcaici furono distrutti dai Persiani nel 480 a.C.; gli ateniesi, dopo aver costruito
un "memoriale di guerra" sul lato nord con i resti degli edifici abbattuti, concentrarono gli sforzi ricostruttivi sulle
opere di maggiore utilità. Soltanto dopo il trasferimento ad Atene della sede della Lega di Delo Pericle si fece
promotore, nel 447 a.C., di un vasto programma di ricostruzione dell'Acropoli: l'incarico fu affidato a Fidia,
nominato episcopos, cioè sovrintendente del cantiere. Il programma di monumentalizzazione iniziò con la
costruzione del Partenone dedicato ad Atena Parthenos (vergine), protettrice della città, e prosegui con
l'edificazione dei Propilei, del Tempietto di Atena Nike e dell'Eretteo.

Il Partenone (447-432 a.c.)


Il tempio, dorico, octastilo e periptero, fu progettato dagli architetti Ictino e Callicrate in marmo pentelico (come altri
edifici dell’Acropoli). E’ un modello di architettura ideale, frutto dell’applicazione di precise leggi di geometria e
ottica: potremmo considerarla addirittura la rappresentazione emblematica della perfezione, densa di precisione,
simmetria e proporzione. Non solo ha un modulo (misura di grandezza o un'unità che viene ripetuta più volte in
maniera da dare proporzioni equilibrate in uno o più edifici), ma può anche essere posta all’interno di un rettangolo
aureo, onorando a pieno la tipica perfezione geometrica greca.
Nel tempio sono applicate correzioni appunto ottiche: la convergenza nelle curvature di stilobate e trabeazione e
nell'inclinazione degli assi delle colonne. L'edificio presenta innovazioni rispetto ai templi dorici di epoca arcaica:
l'allargamento dei fronti (8 colonne al posto di 6); l'accorciamento di pronao e opistodomo, entrambi preceduti da 6
colonne doriche; la stretta peristasi esterna (tutto per dare più spazio ai vani interni). Tutti questi accorgimenti
conferiscono maggiore spazialità ai vani interni. La cella (statua crisoelefantina di Atena) raggiunge quasi 20 m di
larghezza ed è divisa in tre navate da un doppio ordine di colonne doriche che proseguono dietro la statua della
dea: la sala del tesoro (e del peplo di Atena) della Lega di Delo è impreziosita da quattro slanciate colonne centrali
di ordine ionico che sostengono il tetto (cassettoni lignei), coperto da tegole di marmo con antefisse a palmette,
teste leonine angolari e acroteri a volute. Il fregio perimetrale e i frontoni erano decorati da un ricco apparato
scultoreo ad opera di Fidia.

I Propilei (437-432 a.c.)


Progettati da Mnesicle, rappresentavano un ingresso monumentale (portico dorico a doppio fronte esastilo, diviso
internamente da un corridoio, un passaggio, affiancato da colonne ioniche, poi due ali, tra cui ambiente dedicato
alla pinacoteca, su tavola, parte sacra della città importanza dell’arte). Al portico si accedeva dopo la via sacra,
percorrendo una rampa che compensava i dislivelli del terreno, consentendo un agevole accesso, e valorizzava la
vista di scorcio dei principali edifici, mantenendo sullo sfondo la visione della statua bronzea colossale di Atena
Promachos (colei che "combatte in prima linea").

Il tempietto di Atena Nike (427 a.c.)


Sul bastione a terrazza adiacente ai Propilei, questo tempio ionico, anfiprostilo, tetrastilo fu realizzato da Callicrate.
Ha un fregio continuo che percorre la facciata.

L’Eretteo (421-406 a.c.)


Ultimo edificio costruito (ionico), fu progettato da Filocle e Archiloco: è unico nel suo genere e dispone di una
pianta a dir poco complessa; sorge inoltre su alcuni luoghi molti importanti per la città. Realizzato in marmo
pentelico, racchiude l’area più sacra di Atene, dove secondo il mito si erano svolti gli episodi fondativi di Atene.
Possiede due celle: questo è riconducibile alla contesa per il possesso dell’attica tra Atena e Poseidone. Lì infatti
la dea avrebbe piantato un ulivo (dono fatto alla città) mentre il dio con il suo tridente avrebbe fatto nascere una
sorgente di acqua salmastra. Si trovano inglobate nell’Eretteo anche le tombe di Cecrope, mitico re fondatore di
Atene e arbitro della contesa, ed Erittonio, eroe ateniese metà uomo metà serpente (da cui il nome dell’edificio).
Importante parlare anche della presenza della Loggetta delle Korai: esse sono Cariatidi, rese schiave poichè
Carie, la loro città, aveva appoggiato i Persiani (misoginia). Le sei fanciulle portano una patera per le libagioni e
sorreggono la trabeazione che forma la copertura della tomba di Cecrope.
FIDIA

La personalità di Fidia, bronzista del 490-430 circa, domina l’arte del V secolo: egli è maestro in tutte le tecniche
(bronzo, marmo, pittura, toreutica, statue crisoelefantine) ed è incaricato a direzionare i lavori del Partenone (447,
datogli da Pericle). Fidia presiedette sia alla realizzazione architettonica dell’edificio, sia alla preparazione dei
cartoni e dei bozzetti per i rilievi e le statue (intervenendo anche personalmente).

L’amazzone ferita
Presentata nel concorso indetto ad Efeso, perse contro la versione di Policleto. Possediamo soltanto copie
romane.

Atena promachos
Si suppone fosse alta 7 metri; è andata perduta ma la sua esistenza è ben testimoniata dalle fonti. L'artista
immaginò la grande statua di Athena Promachos visibile da lontano, impugnante un'enorme lancia nella sua mano
destra.

Atena Lemnia
Risalente al 450 a.c., deve il suo nome a coloro che la commissionarono, ovvero gli abitanti di Lemno. Abbiamo
pochissime repliche romane di questa opera (ovviamente andata perduta e originalmente in bronzo), la migliore
delle quali è considerata la testa del museo civico di Bologna. La dea indossa un peplo, la tipica veste femminile di
lana, lunga fino ai piedi e stretta alla vita da una cintura di serpenti arrotolati. Alla spalla tiene legata a tracolla
l’egida, la pelle di capra amaltea con sopra la testa di Medusa. Il capo della dea è cinto da una tenia, la tipica
fascia onoraria presente sulla fronte di molte statue classiche.

Apollo Parnopio
Anche di questa possediamo solo una copia romana in marmo, essendo l’originale bronzeo andato perduto.

I MARMI DEL PARTENONE

L’apparato decorativo del Partenone interessa all’esterno le metope del fregio dorico perimetrale, i frontoni
orientale e occidentale e il rilievo a fregio continuo sulle pareti esterne della cella (all’interno della quale troviamo la
statua di Atena Parthenos).

Le metope
Le 92 metope del fregio dorico presentano temi e scene diverse per ciascun lato: l’amazzonomachia a ovest, la
caduta di Troia a nord, la gigantomachia (giganti che vogliono salire all’Olimpo fermati dagli dei) a est e la
centauromachia (i centauri erano stati invitati al matrimonio dei Lapiti Piritoo e Deidamia, ma si ubriacarono:
quando la sposa arrivò per accogliere gli ospiti, un centauro balzò su di lei e tentò di stuprarla. In un attimo anche
tutti gli altri centauri si lanciarono addosso alle donne e ai fanciulli. Naturalmente scoppiò una battaglia, dove i
centauri furono alla fine sconfitti e scacciati) a sud.
Come in molti altri casi, troviamo raramente rappresentati momenti contemporanei per esaltare il presente, ma
piuttosto riferimenti al passato: infatti in tutti e quattro i lati troviamo un tema ricorrente di vittoria assoluta,
significanti il predominio dei greci (polis libera) sui persiani (“barbarie orientali”).
Le figure sono poche e grandi, portando Fidia a dimostrare la sua abilità nel rendere l’equilibrio tra le figure e lo
spazio. Troviamo infatti un eccellente dinamismo e un’evidente studiata composizione geometrica, resa con
un’ottima anatomia. Le metope sono altorilievi a tutto tondo.

Il fregio della cella


Non troviamo un soggetto mitico in questo fregio ionico continuo, ma la rappresentazione di protagonisti nuovi e
contemporanei: si parla infatti della raffigurazione delle Panatenee, una grande processione celebrata per
festeggiare il compleanno di Atena. Secondo la credenza degli abitanti a queste feste (duravano giorni)
partecipavano addirittura anche gli dei, che assistevano alla donazione di un peplo (ad Atena) tessuto dalle
ergastine. Troviamo rappresentati diversi momenti, in funzione dei quali il ritmo compositivo si alterna: lento e
solenne con un susseguirsi regolare di pieno e vuoto, oppure impetuoso e serrato.
E’ lungo 160 metri ed è un bassorilievo; Fidia riesce a farci intuire il lento incedere.
Il frontone orientale
La decorazione del frontone orientale rappresenta la nascita di Atena: la dea (che nasce vestita) è appena uscita
dal capo di Zeus alla presenza di tutti gli dei (tutti posture diverse ma dinamiche). Abbiamo pochi frammenti di
questo capolavoro (sono andati perduti dopo un’esplosione ottomana nel 1687), ma fortunatamente, grazie ai
disegni di Jacques Carrey (1674) oggi siamo in grado di avere un’idea e ricostruire come fosse fatto
originariamente. Importante parlare di 3 figure all’interno di quest’opera: un trio femminile, composto da Hestia,
Dione e Afrodite, che presenta perfettamente l’effetto scultoreo del panneggio bagnato. La stoffa leggerissima
sembra aderire alle vesti del corpo, restituendo con grandissimo realismo tutti i dettagli anatomici e un delicato
chiaroscuro. Vengono rappresentati anche il carro della luna e del sole, simbolo di una nuova era. Simboleggia
l’importanza di Atena e l’ambizione ateniese, utilizzando la dea per autocelebrarsi.

Il frontone occidentale
Rappresentante la celebre contesa per il possesso dell’Attica, raffigura al suo interno tutte le divinità e gli eroi
antichi. Al centro Atena porta il dono dell’ulivo mentre Poseidone pianta il suo tridente (i suoi cavalli impennano
sulla sorgente). Le figure centrali si allontanano l’una dall'altra (direzione opposta) imprimendo all’intera figurazione
forte dinamismo. Fidia supera così lo schema della figura centrale immobile (coinvolge tutti i personaggi,
interagiscono tra di loro liberi nello spazio). Troviamo una figura maschile distesa, che rappresenta (iconografia e
simbologia ricorrente) un fiume, il Cefiso o l’Ilisso. Testimonia la straordinaria capacità di Fidia di rendere il nudo,
mostrando l’eccezionale livello raggiunto nell’imitazione della forma umana (muscoli, tendini, articolazioni).

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