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LA PROFEZIA DEL VELTRO

Nel testo, Virgilio profetizza la venuta di un veltro, un cane destinato a uccidere la lupa dell'avarizia con grande
dolore e a riportarla nell'Inferno da dove è venuta. Questo veltro non sarà avido, né interessato alle ricchezze
materiali, ma ai beni spirituali come sapienza, amore e virtù (gli attributi delle tre persone della Trinità) e la sua
origine sarà umile. Nel significato allegorico, il veltro, ovvero il riformatore preannunciato, libererà l'umanità dal
peccato dell'avidità. Questa allegoria rimanda al messaggio dei riformatori religiosi che vedevano nel ritorno al
messaggio di Cristo e ai valori della povertà e della purezza, la condizione per il rinnovamento della chiesa e
della società. Tuttavia, se da un lato il significato dell'allegoria è chiaro, rimane incompresa l'identificazione del
veltro con un determinato personaggio. Il poeta lascia volutamente indeterminata la figura del protagonista e i
commentatori della Commedia hanno avanzato lungo i secoli le più diverse ipotesi di identificazione. I figli di
Dante, Iacopo e Pietro, videro nel Veltro l’allegoria di un personaggio eccezionalmente virtuoso; i commentatori
più moderni vi ipotizzarono l’allusione a Cangrande della Scala; altri vi scorsero l’avvento di un luminoso
pontefice; altri il trionfo dello Spirito Santo. Ogni ipotesi avanzata presenta ovviamente delle fondate ragioni a
sostegno, basate sia sul testo che sulla vita dell’autore.

Cangrande Della Scala


Una delle ipotesi più accreditate è quella che identifica il veltro con Cangrande della Scala, il celebre signore di
Verona che visse nel XIII e XIV secolo: del resto è innegabile ad esempio l'elogio a Cangrande messo in bocca
all'avo Cacciaguida. Secondo questa interpretazione, Cangrande sarebbe stato il leader politico capace di
ristabilire la giustizia e la virtù a Firenze, e la profezia dantesca sarebbe stata una sorta di omaggio alla sua
figura. A Verona si trovava il pozzo di San Zeno, citato da Dante nella descrizione del veltro ("fuor del letto" è
riferito al letto del pozzo). Inoltre, Cangrande era noto per la sua giustizia e il suo coraggio, qualità che
potrebbero ben rappresentare la figura del veltro.

Una virtù
Ci sono anche interpretazioni che vedono il veltro come una figura simbolica o allegorica, piuttosto che come una
persona storica specifica. Alcuni hanno suggerito che il veltro potesse rappresentare la giustizia divina, che
avrebbe portato alla fine dei peccati e alla liberazione delle anime dall'Inferno. Altri ancora hanno interpretato il
veltro come l'arrivo di un nuovo periodo di rinnovamento morale e spirituale, in cui la virtù e la giustizia avrebbero
prevalso sulla corruzione e la depravazione. In questo senso, il veltro rappresenta la virtù dell'integrità, del
coraggio e della lealtà, che sono valori fondamentali per il benessere morale e spirituale di una società.
Inoltre, il veltro è anche associato alla figura del cane, che nella tradizione classica era considerato un animale
simbolo di fedeltà, dedizione e protezione. Questi attributi sono spesso associati alla virtù della giustizia, in
quanto un giusto governante deve proteggere i suoi sudditi e garantire loro una vita dignitosa e sicura.
La figura del veltro può anche essere vista come un'immagine della virtù dell'amore per il prossimo, poiché la sua
azione di liberazione della città di Firenze sarebbe stata compiuta nell'interesse del bene comune e della felicità
di tutti i cittadini. In sintesi, la figura del veltro rappresenta una virtù in quanto simboleggia la lealtà, l'integrità, la
giustizia e l'amore per il prossimo, che sono valori fondamentali per la costruzione di una società giusta e
virtuosa.

Un pontefice
Un’altra delle possibili interpretazioni è che il veltro potrebbe essere un pontefice (forse un francescano: il feltro
potrebbe alludere al panno del suo saio): tuttavia, questa interpretazione è meno comune rispetto ad altre ipotesi
di identificazione. La ragione per cui si potrebbe ipotizzare ciò è legata al fatto che nella Divina Commedia Dante
dedica molte parole alla figura dei pontefici e alla loro responsabilità morale e spirituale. In particolare, nel canto
XIX del Paradiso, Dante fa riferimento al "grande scisma" della Chiesa, che ha causato la divisione tra i cristiani e
la perdita di credibilità della figura del papa. In questo senso, il veltro potrebbe essere visto come una sorta di
"salvatore" della Chiesa, colui che avrebbe riportato l'unità e la fede tra i cristiani, liberando la Chiesa dalla
corruzione morale e dallo scandalo. In ogni caso, la figura del pontefice nella Divina Commedia è spesso
associata alla virtù dell'umiltà e della carità, e alla responsabilità morale di guidare il popolo cristiano sulla via
della salvezza: in questo senso, il veltro potrebbe rappresentare una figura che incarna queste virtù e questa
responsabilità morale (che sia allegoria o un papa).
Un imperatore
Alcuni studiosi hanno suggerito che il veltro potrebbe rappresentare un imperatore giusto e virtuoso, che sarebbe
in grado di guidare il mondo verso la pace e la prosperità. Questa interpretazione si basa sulla descrizione del
veltro come un "cane bianco" e "di lunga speme", che potrebbero essere visti come simboli di purezza, nobiltà e
virtù. Tuttavia, l'idea che il veltro rappresenti un imperatore è controversa e poco diffusa (troppo presto perché
potesse pensare ad Arrigo VII, che scese in Italia solo nel 1310-1313: Dante scrive ipoteticamente nel 1307), in
quanto non ci sono evidenze sufficienti nella Divina Commedia per supportare questa ipotesi. Inoltre, Dante
stesso sembra suggerire che il veltro rappresenti un'entità spirituale o morale, piuttosto che un sovrano terreno.

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