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Archeologie

 degli  antichi  culti  eroici  greci   1  


Gunnel  Ekroth            

Gunnel Ekroth
(Università di Uppsala)
Padova, 11 aprile 2014

ARCHEOLOGIE DEGLI ANTICHI CULTI EROICI GRECI

“I culti eroici della Grecia sono spesso stati un tema piuttosto confuso in cui ogni tentativo
di generalizzazione può generare sospetto”. Questa ben nota osservazione di Nicholas
Coldstream del 1976 è decisamente vera, e chiunque è impegnato nello studio dei culti eroici
greci certamente ne condividerà l’idea. Nella realtà dei fatti, appare evidente come gli antichi eroi
greci rappresentassero una categoria quanto mai disparata ed eterogenea di soggetti della
religione greca, certamente più delle divinità ma anche più delle ordinarie figure dei defunti.
Questo particolare e connotante aspetto del loro carattere è specialmente molto chiaro nelle
evidenze archeologice loro relative, che saranno il centro di questo incontro.
Di seguito presenterò l’apparire dei luoghi di culto per gli eroi, i problemi connessi con la
loro identificazione quali luoghi di culto eroico e le componenti degli insiemi votivi associati agli
eroi.
Saranno poche le risposte concrete che riusciremo a dare e le regole che riusciremo a
fissare, perché vorrei piuttosto puntualizzare la complessità dell’evidenza archeologica e
l’importanza delle riflessioni metodologiche da tenere presente affrontando tale materia di studio.
Ma prima vanno fornite alcune generali indicazioni sul concetto di eroi nel quadro della
religione greca. Cosa è un eroe ? Questo certamente dipende dall’evidenza che usiamo per dare
risposta alla domanda. Le fonti letterarie daranno una risposta, le iscrizioni ne forniranno un’altra e
le evidenze archeologiche un’altra ancora. Il termine heros potrebbe avere un’origine nell’età del
Bronzo, poiché un Tirisheroe è menzionato nelle tavolette in Lineare B, ma non non è noto se
questo termine vada riferito ad una figura oggetto di culto e, in caso affermativo, che tipo di figura
questa sia. È stato proposto che il terkine indichi una realtà collegata a “tre generazioni”, una
specie di versione micenea dei Tritopatores, ma al momento non possiamo affermarlo con
sicurezza.
Il termine heros è sicuramente presente in Omero, dove è riferito ai re e alle principesse
greci e troiani, ma anche alla popolazione in generale, come per esempio gli abitanti di Itaca. È
bene ricordare che in ambito epico la definizione di eroe non segna un particolare status. Non vi
sono chiare e indiscutibili evidenze di culto eroico in Omero, del tipo che noi conosciamo da
epoche successive, ma vi sono accenni, come la menzione del tumulo funerario del divino Ilos
nella piana di Troia. Questo era probabilmente un antenato dei Troiani, che aveva dato alla città il
suo altro nome, Ilion, ma non possediamo indicazioni su eventuali onori religiosi che egli avrebbe
ottenuto. Il sacrifio di un toro e di montoni ad Eretteo in Atene, menzionato nel secondo canto
dell’Iliade, sembra un caso più evidente, perché questo ricordo descrive effettivamente un rituale,
sebbene questo particolare passaggio sia stato considerato non affidabile e frutto di
interpolazioni successive di marca ateniese, aggiunte in età pisistratea per accrescere nei poemi
omerici il contributo e la posizione ateniese, che vi pare complessivamente modesta.
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Più chiare indicazioni del termine heros ad indicare una persona oggetto di culto si trovano
in Esiodo, dove è usato nelle Opere e i Giorni per una delle razze che venne prima dell’attuale
razza degli uomini del Ferro. Dopo l’età dell’Oro, dell’Argento e del Bronzo, gli Eroi furono creati
come “una razza di uomini eroi simile a dei che sono chiamati semi-dei”; essi combatterono a
Tebe e a Troia e lì morirono, tranne alcuni fortunati che proseguirono le loro vite nelle isole beate,
ricevendo onori e gloria.
Un mutamento evidente si registra in età arcaica, quando heros è usato per figure epiche e
del mito e come destinatari di azioni cultuali. Questo è l’uso abituale del termine anche in età
classica e fino all’epoca ellenistica. Ma chi può diventare un eroe ed essere destinatario di un
culto ? Ecco, proprio qui noi incontriamo chiaramente la polimorfia degli eroi greci. Gli studiosi
dell’inizio del XX secolo hanno tentato invano di fare ordine tra i diversi tipi di eroi, dividendoli in
categorie come atleti, nemici, figure provenienti da certe regioni, originarie divinità, solo per citare
alcuni dei proposti raggruppamenti. Tentativi più recenti hanno cercato di porre attenzione su
alcuni tipi particolari di eroi, come eroi femminili, ovvero le eroine, e perfino eroi ragazzi o bambini.
Il problema che ci poniamo è se questi sforzi ermeneutici ci aiutino a capire cosa fosse un eroe.
Quando ci troviamo a confrontarci con un’evidenza che è fortemente diversificata, tendiamo a
volerla organizzare in categorie per cercare di capire come il fenomeno si manifestava
nell’antichità. Ma dobbiamo sempre ricordare che facendo ciò rischiamo di forzare l’evidenza in
uno schema apparentemente chiaro ma pure parzialmente artificiale. Tuttavia se, al contrario, non
cerchiamo di organizzare e categorizzare l’evidenza, rimaniamo con una massa indistinta di
informazioni che non ci dice granché.
Così dobbiamo inziare dalla consderazione che la categoria degli eroi può contenere
molteplici caratteri, che erano percepiti e classificati dagli antichi greci in questo gruppo sulla
base di diverse ragioni e di diverse esigenze da parte dei fedeli. Gli eroi non rappresentavano un
tipo fisso e questo è chiaro da come il termine e il concetto vennero ad evolvere nel tempo. Ci fu
sempre una certa sovrapposizione tra eroi e dei. Questo è evidente dalla terminologia, poichè la
stessa iscrizione o lo stesso testo possono nominare una figura heros o theos. Allo stesso modo,
gli eroi si sovrappongono con i defunti comuni e questo diventa particolarmente evidente in età
ellenistica, quando individui privati ricevevano dai parenti stretti culti eroici spesso in connessione
con elaborati sistemi funerari nel luogo in cui la venerazione aveva luogo.
La maggior parte dei culti eroici a noi noti sono direttamente connessi ai caratteri dell’epica
o del mito, ma vi sono pure figure che ricevevano culti per I quali non abbiamo alcuna indicazione
biografica o alcuna connessione con la mitologia. Vi sono figure storiche che diventano eroi,
come fondatori di colonie, atleti, soldati che morirono in battaglia, poeti e inventori. Questa
situazione ha spinto gli studiosi a vedere una distinzione o addirittura una dicotomia tra eroi
dell’epos ed eroi del culto. È vero che per molti eroi di cui abbiamo notizia attraverso testi e
immagini non si hanno notizie di culti, ma questo potrebbe essere dovuto ad una conservazione
modesta delle evidenze, più che ad un’effettiva mancanza di culto loro dedicato. Io penso che
ogni eroe può essere stato oggetto di attenzioni religiose. Quello che dobbiamo ricordare è il fatto
che per diventare un eroe una persona non doveva essere un modello o avere un comportamento
esemplare. Vi sono molte storie di persone dal comportamente abominevole, ma pure eroizzate, o
addirittura elevati al rango di eroi proprio per questo terribile comportamento. Questa è una
importante differenza tra gli eroi greci e i santi cristiani che deve essere ricordata, poichè alcuni
vedono il culto dei santi più o meno come un diretto sviluppo del culto pagano per gli eroi.
Questo non è corretto, io credo, poichè un santo raggiunge questo status in ragione del suo buon
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comportamento e per una volontà di soffrire e morire per una nobile ragione, mentre un eroe
diventa una figura oggetto di culto per il suo comportamento estremo, anche se non
necessariamente positivo.

I luoghi di culto
Dopo queste considerazioni iniziali, rivolgiamoci a qualcosa di più concreto come i luoghi di
culto dedicati agli eroi greci. Come si presentano ? Perché assumono certe forme e assetti ?
Quello che colpisce dei luoghi di culto dedicati agli eroi è l’estrema variabilità di aspetto che essi
possono assumere. Non vi è un’apparente consistenza in essi ed è assai dubbio se attraverso di
loro si possa giungere ad identificare diverse categorie o a stabilire delle tipologie. Un luogo di
culto eroico può assumere pressoché qualsiasi aspetto ed assetto. Alcuni esempi illustreranno
chiaramente questa tendenza. Cominciamo dall’Attica. In fondo gli eroi dell’Attica sono tra tutti
quelli meglio conosciuti, come pure i più numerosi; questo risulta chiaramente dalla ricognizione
condotta da Emily Kerans nel 1989.
Qui potete vedere l’Amphiareion ad Oropos, che fu costituito nel V secolo a.C., sebbene
alcune delle architetture in esso presenti si datino al IV e al III sec. a.C. Il santuario si articola in un
grande tempio, un altare ad est di esso, in una estesa stoa e un bagno ancora più ad est, così
come in un teatro. Oltre il piccolo ruscello si trova una larga area di edifici abitativi dove i
frequentatori del santuario potevano trovare ospitalità e permanervi. La presenza di un teatro non
è così comune nei santuari dedicati agli dei e neppure in quelli degli eroi, cosìcche la sua
presenza in questo caso riflette l’importanza di tale eroe. La stoa era utilizzata in questo santuario
come sede dell’incubatio; qui i fedeli malati potevano pagare una tassa, compiere un sacrificio e
passare la notte in questo edificio nella speranza che Anfiarao stesso apparisse loro nel sonno e li
curasse. Questa pratica è molto ben nota nel caso di Asclepio, che è la divinità percepita sia
come un dio sia come un eroe. Se non conoscessimo nulla di questo luogo di culto, ad eccezione
delle architetture, potremmo pensare tranquillamente che si tratti di un santuario per le divinità, e
addirittura uno dei maggiori. Noi siamo invece ben informati da un certo numero di iscrizioni e
dalle menzioni nelle fonti letterarie che qui era venerato l’eroe Anfiarao.
Questo santuario era rivolto alla cura della malattia, ma non era assolutamente l’unico di
tale genere in Attica. A Ramnunte, sulla costa orientale dell’Attica, troviamo il luogo di culto di
Anfierao o Aristomaco, noto sia grazie ad un’iscrizione del tardo III sec. a.C. (IG II2 1322), che
menziona i reastauri del santuario dopo un periodo di abbandono, sia grazie ai resti restituiti dagli
scavi. Anche in questo caso i fedeli dormivano nel santuario, ma la sua articolazione era molto
diversa. Il santuario era posto sul versante nord di una ripida collina, di fronte alla sede della
guarnigione e all’insediamento di Ramnunte, appena a nord. Esso consisteva di due piccoli edifici,
non maggiori di ridotte tettoie, che inquadravano una piccola corte dove dovevano essere posti
l’altare e la tavola sacra della divinità. Sappiamo della loro esistenza grazie alle testimonianze
epigrafiche. Verso sud si trova il muro di terrazzamento e un certo numero di tagli nella roccia
dove erano alloggiate stele e basi per doni votivi del tipo di quelli noti per l’Amphiareion di Oropos.
L’edificio possiede una banchina ad est e qui probabilmente coloro che praticavano il rito
dell’incubatio potevano dormire. L’edificio occidentale era presumibilmente il luogo di
conservazione della statua dell’eroe. La semplicità e l’essenzialità funzionale di questo piccolo
luogo di culto è straordinaria e lascia capire che esso non poteva in alcun modo ospitare larghe
folle di fedeli. Invece appare chiaro che esso doveva servire principalmente il vicino insediamento
e in particolare la guarnigione presente nella vicina collina.
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A questi due esempi di luoghi di culto per eroi salutari possiamo aggiungere l’Amyneion,
collocato nel centro di Atene, nell’area abitata a sud dell’Aeropago e ad ovest dell’Acropoli. Si
tratta di uno spazio cinto da mura cui era possibile accedere tramite un varco presso l’angolo
sud-occidentale. Il luogo di culto venne fondato nel VI sec. a.C., ma la maggior parte delle
evidenze, come i rilievi votivi e le iscrizioni, si data al IV sec. a.C. Purtroppo questo luogo di culto
venne scavato molto presto, più di cent’anni fa, e le informazioni dettagliate che vorremmo avere
non sono disponibili. A giudicare da quanto sappiamo, esisteva un piccolo luogo di culto con una
tavola dove le offerte potevano essere deposte e dove potevano essere conservate le varie
immagini. Lo spazio aperto è ricco di rilievi votivi e di monumenti, il più celebre dei quali, che
vedete, mostra un uomo che regge una grande gamba con una ben visibile vena varicosa che
dovette essere curata. Sembra dovesse inoltre esserci una stoa semplice, dove coloro che
praticavano l’incubatio potevano dormire, e vi si trova apure un ottimo approvvigionamento di
acqua. Le iscrizioni ci informano sul fatto che Amynos, Asclepio e Dexion erano qui venerati in età
romana, assieme ad Igea. Uno di questi documenti menziona anche gli hestiatores, ovvero gli
ospiti o gli organizzatori dei pranzi, coloro che organizzavano i riti sacrificali; questo fa credere
quindi che i fedeli consumassero qin questo luogo i pasti e partecipassero al rituale.
Questi tre santuari per eroi salutari mostrano alcune similiarità dovute alla particolare natura
di questi culti eroici, che sono il comune orientamento verso la guarigione che riporta alla
presenza di edifici per il rito dell’incubatio. A parte questo, ogni recinto di culto presenta la propria
articolazione e le proprie architetture. Altri culti eroici mettono in evidenza questa tendenza e
alcuni altri esempi potranno illustrarlo chiaramente.
A Delo, ad est dell’area del Tempio di Apollo, troviamo l’Archegesion, il santuario dell’eroe
Archegetes o Anios, fondato in età arcaica e rimasto in uso fino all’età ellenistica inoltrata. Esso si
formava di due parti, uno stretto edificio con diverse stanze e una corte cinta da mura di circa 21
x 18 m. Vi si poteva entrare da est e forse anche da ovest. Lungo il muro interno si trovava un
qualche tipo di copertura. Al centro si trovava un grande altare di ceneri, cinto da un basso
muretto, che conteneva frammenti di cocci recanti il nome dell’eroe. Nella corte si trovava anche
una bassa banchina o tavola delle offerte che poteva essere usata per la deposizione delle offerte
o dei doni. I sacrifici e i pasti dovevano svolgersi nella corte ed è qui presente pure un canale di
scolo che doveva facilitare le operazioni di pulizia del recinto dopo i pasti. Il compatto assetto del
luogo di culto è molto interessante e il suo carattere è ulteriormente enfatizzato dal fatto che
l’entrata era coronata da un testo che affermava: “Accesso non consentito agli stranieri”.
Un altro stimolante ma ancora non ben pubblicato luogo di culto eroico è quello dell’eroe
Ptoios a Ptoion in Beozia. Fondato nel VI sec. a.C., disponeva di almeno due altari, un piccolo
tempio, che probabilmente accoglieva la statua di culto, e una stoa dove i fedeli potevano
dormire e cenare, e dove pure erano conservati gli oggetti votivi. L’importanza di questo santuario
è inoltre evidenziata da due file di colonne lapidee iscritte, databili tra la fine del VI e la metà del V
sec. a.C., che supportvano dei tripodi.
Ma questi assetti particolarmente elaborati erano tutto fuorché comuni in tutti i santuari
eroici. Nell’agorà di Argo in Peoloponneso si trova in età arcaica un luogo di culto dedicato ai
Sette contro Tebe. Apparentemente esso consisteva in un’area segnata da una serie di pilastrini
lapidei, che erano connessi tra loro da barre lignee che formavano una recinzione. Uno dei
pilastrini recava l’iscrizione “degli eroi caduti a Tebe”, che può essere datata alla metà del VI sec.
È interessante che i pilastrini di pietra vennero riusati nel IV sec. d.C. per circondare un’ampia
fossa, che misura 6,5 x 2,6 m e fonda circa 0,6 m, riempita con ceneri che coprivano un livello di
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tronchi calcinati. Questa tarda installazione romana rappresentava probabilmente una forma di
culto, probabilmente addirittura un luogo di culto eroico descritto da Pausania come “Fuoco di
Foroneo” (2.19.5).
Un altro piccolo luogo di culto eroico è il cosiddetto Leokoreion, collocato nell’Agorà di
Atene e datato al 400 a.C. circa. Si trattava di una piccola area recintata da muro di circa 3 x 3 m
che aveva un’apertura sul lato settentrionale. Nel suo mezzo si trovava una larga pietra piatta.
Tuttavia questo spazio non era pensato per un ingresso regolare o per lo svolgimento di culto,
poiché l’ingresso era sbarrato da una barriera. La pietra al centro era il principale apparato e al
momento dello scavo fu trovata coperta da votivi come pesi da telaio, ceramica e gioielli. Il muro
di recinzione sembra essere stato abbastanza alto, circa 1,2 m, e i fedeli dovevano gettare gli
oggetti verso la pietra al centro.
Ci sono anche un certo numero di piccoli recinti murati, triangolari o semicircolari di ignota
funzione, che poterono essere luoghi di culto eroici. Poiché non hanno alcun ingresso, essi sono
chiamati abata, “luoghi in cui non si può accedere”. Come altri del tipo, questo recinto a Delo ha
una tomba preistorica al suo interno ed è stato ritenuto essere la tomba delle vergini Iperboree
conosciute dalle fonti letterarie come destinatarie di culto a Delo. Un abaton triangolare nell’Agorà
di Atene possedeva un taglio rettangolare al suo centro che poteva essere una tomba. Era
indicato da un cippo terminale come To hiero “il recinto sacro”; pur non essendo presente alcuna
divinità, potrebbe trattarsi di un luogo di culto eroico. Altri simili piccoli recinti non sembrano aver
particolari installazioni al loro interno e non hanno restituito alcun reperto. Possono essere stati
luoghi di culto eroico, ma potevano anche essere stati luogi di scarico a terra di fulmini che
dovevano rimanere non toccati dagli uomini a causa della loro natura precipuamente sacra.
Questa è solo un esempio di come i luoghi deputati al culto eroico potessero apparire. Quali
sono i denominatori comuni ? Mi verrebbe da direi nessuno ! L’unico fatto che rende questi luoghi
di culto paragonabili è il fatto che essi sono differenti. Questa etereogeneità è alla fine la ragione
per cui vi sono stati così pochi tentativi di raccogliere il materiale e di analizzarlo in modo
sistematico. Troviamo una tesi di Abramson del 1976, che è uno dei pochi tentativi in questo
senso, ma essa non venne mai convertita in una pubblicazione, in sostanza perché l’autore non
giunse mai a delle considerazioni di sintesi, pur producendo un esteso e molto utile catalogo. Un
lungo contributo di Anne Pariente è un altro tentativo, che però venne a concentrarsi su una
specifica tipologia, quella dei luoghi di culto a recinto.
I casi che ho appena presentato, così come i siti elencati precedentemente, focalizza
l’attenzione su un solo segmento tipologico, sebbene molto ampio, di luoghi di culto eroico,
specificatamente quelli di epoca arcaica e classica che sono santuari con qualche genere di
architettura, anche se rappresentata da una sola barriera perimetrale. Non compresi in questa
casistica sono gli esempi di attività di epoca geometrica presso siti micenei, che da molti sono
considerati le prime tracce di culti eroici, sebbene questo materiale è stato raccolto da altri
studiosi come Carla Antonaccio e David Bohringer. Non sono ricompresi nella raccolta generale
neppure i larghi apprestamenti funerari di età ellenistica, che riguardano la venerazione dei defunti
recenti eroizzati dai familiari. La connessione di questi monumenti con i culti eroici è evidente per
il fatto che i testi epigrafici indica alcuni di loro come heroa e quanti sepelliti al loro interno come
eroi. Darò solo un esempio di ciò, il Charmyleion di Kos, datato alla prima metà del III sec. a.C. Il
piano terra ospitava due stanze e i buchi nel pavimento consentivano di svolgere libagioni nelle
camere sottostanti. Un’iscrizione murata in una chiesa costruita sulle rovine attesta che “Sacro è
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il terreno e l’edificio sul terreno, il giardino e gli edifici nel giardino ai Dodici Dei e a Charmylos,
l’eroe dei Charmyle(i)oi”.
Se torniamo a porre attenzione ai culti eroici di epoca arcaica e classica, notiamo che gli
eroi erano una delle attenzioni maggiori per le comunità. Essi alimentavano attività di culto pari a
quelle riservate per le divinità. Quello che a me sembra particolarmente degno di nota è che le
singole comunità sembrano aver espresso i loro caratteri e le loro idiosincrasie attraverso i culti
eroici, molto più che attraverso i culti alle divinità. Se noi osserviamo i luoghi di culto dedicati alle
divinità nello stesso periodo, noi troviamo una serie di somiglianze strette tra luoghi di culto di
differenti città. Il tempio peripetero di grande respiro è ciò che abitualmente si predisponeva per
un santuario di una divinità, specialmente in un santuario statale, indipendentemente da dove in
Grecia ci si trovasse. La dimensione e la decorazione sono naturalmente fattori di rilievo e il modo
per distinguersi dalle vicine città era quello di costruire un tempio che era più grande e
maggiormente decorato. I casi tipici di questo modo di ragionare o forma espressiva sono
l’Olympieion di Atene, chiaramente il più grande di tutti, il tempio di Zeus ad Olimpia, il più grande
del Peloponneso e il più sontuosamente decorato, e naturalmente il Partenone, pure molto grande
in assoluto e dotato di ogni genere di finezza decorativa, abbellimento scultoreo e dettaglio.
I culti eroici sembrano aver conosciuto una logica completamente diversa. In questo caso
sembra aver assunto importanza l’essere quanto più particolare e diverso possibile, e di non
avere un apparato di culto in alcun modo simile a quello della città vicina. Perfino in quei casi in
cui un culto eroico possedeva un tempio in muratura o era ospitato all’interno di un tempio, la sua
architettura non era di tipo canonico. Il tempio di Anfiarao ad Oropos, di cui ho parlato prima, era
uno di questi casi. Il tempio non ha un colonnato esterno, solo due file di colonne interne e nella
parte terminale della cella solo una piccola stanza aggettante verso l’esterno, probabilmente
collegata al culto e forse utilizzata per conservare i beni del santuario. Dobbiamo anche
menzionare l’Eretteo sull’Acropoli di Atene, uno dei più particolari edifici religiosi della Grecia
antica. Questo è naturalmente un santuario che univa più divinità, Athena Polias e Poseidone così
come l’eroe Eretteo, ma esso ospitava pure i luoghi di culto e la tomba di Pandrosos e Kekrops. Il
vero e proprio culto di Eretteo era collocato nel portico nord dell’edificio. Un’apertura sul
pavimento rivelava delle fessurazioni sul pavimento, solitamente identificate con il luogo dove
Eretteo sarebbe stato ucciso. Questa apertura era inquadrata da un altare cavo attraverso il quale
il sangue delle vittime sacrificali era fatto colare nella roccia.
Questa variabilità era anche riflessa nella terminologia usata per i culti eroici che troviamo
nei testi antichi e nelle iscrizioni. Alcuni enfatizzano il fatto che l’eroe era morto. Sema, mnema,
theke, e taphos sono tutti termini regolarmente usati per normali sepolture oltre che per tombe
eroiche. Heroon si riferisce ad un luogo di culto con una tomba, ma il termine sembra denotare un
qualcosa di più elaborato rispetto ad una semplice sepoltura. L’assenza di una sepoltura può
pure essere notata, come quando Pausania nota che i sacrifici a Myrtilos ad Olimpia avevano
luogo presso un tumulo vuoto, kenon erion (6.10,17). Perfino i termini usati per i santuari degli dei
si trovano impiegati, come temenos e hieron (un luogo sacro o un recinto), naos (tempio) o alsos
(bosco sacro). Questa terminologia inoltre riflette la sovrapposizione che i culti eroici avevano con
la venerazione degli dei e il culto dei morti.
Occasionalmente noi possiamo intravvedere alcune influenze tra i singoli culti eroici, quando
il fondatore di un culto eroico sembra aver voluto imitare o adeguarsi ad un altro luogo di culto di
un’altra località. Un caso del genere è quello del Pelopion ad Olimpia, un tempo considerato uno
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dei più antichi luoghi di culto eroico in Grecia, più vecchio del culto di Zeus stesso nel sito. Una
più attenta lettura dei dati dimostra che la situazione non è esattamente questa.
Il santuario fu costruito attorno ad un tumulo preistorico dell’antica età del Bronzo situato
nella parte settentrionale dell’Altis, il santuario di Zeus ad Olimpia. La più antica attività di culto
nell’Altis è stata rinvenuta in quest’area e sembra rimontare fino al 1050 a.C., ma fu dopo
dedicata a Zeus. Il culto di Pelope non sembra essere stato introdotto prima della fine del VI sec.
a.C. e forse addirittura non prima dell’inizio del V sec., in un momento in cui il santuario conobbe
una profonda trasformazione. Per esempio, l’altare di ceneri di Zeus fu spostato dalla primitiva
collocazione accanto al tumulo preistorico verso il centro dell’Altis, proprio all’inizio dello stadio.
Ho discusso recentemente in un articolo l’evoluzione del santuario e rimando a questo per chi
fosse interessato al tema nei suoi dettagli. Ad ogni modo non vi sono alcune indicazioni
dell’attività di culto per Pelope prima di questa riorganizzazione. Nelle prime fasi, il Pelopion
sembra essere consistito in un semplice tetrastylon sotto il quale il culto veniva officiato. Questa
installazione era collocata presso il tumulo preistorico, che doveva essere circondato da una
semplice staccionata. Nel V sec. invece il tumulo fu circondato da un recinto in muratura, e fu
creata una chiusura lineare a forma poligonale con cinque o sei angoli, cui si accedeva tramite un
propileo colonnato costruito sopra l’originario tetrastilo. Questa particolare forma è stata molto
discussa dagli studiosi, che hanno cercato di spiegarne l’articolazione in vario modo, addirittura
proponendo che possa trattarsi di una morfologia derivata dal carattere ctonio della divinità che lì
veniva venerata.
Se guardiamo alla cronologia dell’installazione e la compariamo con altri contemporanei
luoghi di culto eroico, la migliore soluzione è effettivamente quella di vedere nel Pelopion una
realtà ispirata da un altro culto eroico, che è quello di un culto eroico praticato in un altro
santuario panellenico di Zeus che ospitava giochi atletici, quello di Nemea. Qui troviamo il recinto
dell’eroe Ofelte o Archemoros – il nome cambia dopo la morte – che era collocato presso l’angolo
sud-occidentale del Tempio di Zeus. Questo heroon era realizzato nelle forme di un recinto
poligonale accessibile da un propylon posto a nord-est. La sua prima fase si data al secondo
quarto del VI sec. a.C. Quello che è interessante è che l’heroon di Ofelte a Nemea è anteriore alla
monumentalizzazione del Pelopion di Olimpia, che ha luogo alla fine del VI sec. o all’inizio del V
sec. Olimpia può aver realizzato che un santuario panellenico sede di giochi richiedesse
l’esistenza del proprio culto eroico con una figura strettamente connessa ai giochi. Olimpia
potrebbe così aver considerato il più prossimo dei siti panellenici sede di giochi, Nemea, e da lì
aver tratto ispirazione per come un luogo di culto eroico doveva essere realizzato.
Tuttavia, la possibile influenza tra i luoghi di culto di Nemea e Olimpia mi sembra comunque
un’eccezione. Solitamente un luogo di culto eroico non possedeva alcuna similarità con altri
luoghi di culto ad eroi nella stessa regione. In un certo modo questo è comprensibile. Un eroe era
un fenomeno locale, nella maggior parte di casi. Gli eroi avevano una storia specifica e locale,
poiché essi avevano vissuto ed erano morti e il fatto che essi erano morti li legava ad un
particolare contesto attraverso la loro stessa sepoltura. L’importanza della tomba non deve
tuttavia essere esagerata, poiché la maggior parte di luoghi di culto eroici indagati in via
archeologica non rivelano alcuna traccia di sepoltura, sia che si tratti di una sepoltura reale di età
più antica, forse scoperta accidentalmente, sia che si tratti di una realizzata nello stesso momento
in cui il culto fu istituito. Alla fine però, tutto nella figura di un eroe o di un’eroina la rende un
individuo unico. Inoltre un eroe può essere presente solo in una località. Vi sono tradizioni di più
comunità che reclamano il diritto ad un eroe o a possedere le sue ossa, ma il fatto stesso che
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esistano queste dispute è l’esito dell’idea che l’eroe è sempre uno e indivisibile. Cosa poteva
esserci di più significativo per sottolineare questa unicità di un luogo di culto unico e non
somigliante a quello di nessun altro luogo ?
Molti eroi dimostrano inoltre tratti fortemente locali nei loro caratteri. I loro nomi potevano
essere uguali a quelli delle regioni in cui erano venerati, così come gli eroi Marathon e Thorikos in
Attica, oppure l’eroe poteva avere il nome derivato da una particolare località, come “l’Eroe delle
saline” o “l’eroe di Antisara”, due figure altrimenti sconosciute di eroi citate nei calendari sacrificali
del V sec. a.C. Il mito dell’ero e ciò che aveva realizzato durante la propria vita dipendevano pure
strettamente dalla regione. Tenendo questo a mente, non sorprende più di tanto che i diversi
luoghi di culto differiscano tra loro. Tuttavia le ragioni per cui gli Spartani decisero di costruire il
Menelaion come podio sopraelevato accessibile tramite una rampa, mentre gli abitanti di Paros
costruirono un santuario di Archiloco con un edificio che inquadrava un tumulo coronato da una
colonna, ma che non era accessibile poiché la soglia era troppo alta, restano ad oggi ignote per
noi.
Se volessimo cercare di approfondire, forse la percezione di un luogo di culto eroico era
guidata da una reazione al sistema di costruzione dei templi per le divinità, nei quali la
competizione si svolgeva all’interno di una ristretta selezione di forme espressive: una cella
circondata da colonne. Per un luogo di culto eroico era importante procedere e realizzare un
qualcosa che fosse diverso dal luogo di culto delle città confinanti, per segnalare la distinzione tra
le più locali e particolari di tutte le divinità greche. Questa suggestione è supportata dall’analisi dei
luoghi di culto degli eroi che ebbero una diffusione più che panellenica, come quelli di Herakles e
Asclepio. I loro santuari sono spesso soprattutto molto grandi e contengono soprattutto un
canonico tempio in muratura. Un caso particolarmente evidente è il santuario di Herakles a
Thasos, che ebbe nella sua prima fase solo un altare al quale fu in seguito aggiunto un edificio
che servì come hestiatorion, una sala per i pranzi. Il tempio in muratura, d’altra parte, fu realizzato
in un’età successiva, segno possibile che da questo momento il culto in questo posto entrò in
competizione con quello officiato in altre località.

L’identificazione
Cerchiamo ora di tralasciare le molteplici espressioni architettoniche di culti eroici greci per
passare ad un altro argomento di maggiore importanza metodologica. Come facciamo a sapere
che un santuario è dedicato ad un eroe di culto e non sia il santuario di un dio?
Il riconoscimento di culti eroici è davvero una questione metodologicamente complicata. Su
quali prove dobbiamo basare questa identificazione? La mia discussione precedente dimostra
che la disposizione e l'aspetto degli edifici sono di scarso aiuto, anche se in alcuni casi i culti
eroici sono stati identificati sull’ipotesi che i resti siano troppo eccentrici per essere quelli riferiti
ad un culto di un dio, cioè, non si tratti di alcun tempio tradizionale, oppure l'impianto sia troppo
piccolo e insignificante per appartenere ad un dio.
C'è quasi una tendenza ad assegnare ogni luogo di culto che non sia identificabile o
attribuibile a un particolare dio con quello dedicato ad un eroe. Culti eroici diventano il
contenitore/ricettacolo in cui è possibile collocare tutti i luoghi di culto non identificati e/o poco
compresi.
Tuttavia ci sono vari metodi per identificare culti eroici. La maggior parte dei culti eroici
attestati archeologicamente sono stati individuati sia da evidenze epigrafiche trovate in sito, come
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ad esempio un horos, una legge sacra o un decreto relativo al culto, o più comunemente, una
dedica incisa su ceramica o su altri oggetti. Altri culti eroici sono stati collegati a santuari grazie
alle menzioni di essi nelle fonti letterarie. La Periegesi di Pausania ci attesta più di un centinaio di
eroi ai quali è stato dedicato un qualche tipo di monumento e lo storico è sicuramente la fonte
più attendibile per uno studioso alla ricerca di una identificazione. Ma anche se la sua descrizione
è chiara e distinta, non sempre è possibile attribuirla alle strutture di scavo, anche in siti
particolarmente studiati. Delphi offre due esempi.
Secondo Pausania (1.4.4, 10.24.6), la tomba e mnema di Neottolemo dovrebbe essere
situata da qualche parte a nord del tempio di Apollo, ma finora nessuna identificazione è stata
accettata universalmente. Le ipotesi si riferiscono ad un piccolo recinto con una struttura
rettangolare all’interno, sotto la Lesche dei Cnidi, sulla terrazza di Attalo I, che si estende dal
temenos verso est, che potrebbe essere stato dedicato interamente a Neottolemo. Il secondo
caso di Delfi è il temenos di Phylakos, che sia Erodoto (8.39) che Pausania (10.8.7) individuano
nella terrazza inferiore di Marmaria che ospitava il santuario di Atena Pronaia. Conservata da
questo santuario si trova anche una dedica a Phylakos, ma purtroppo è fuori contesto. Si
potrebbe pensare che quasi tutti gli edifici su questa terrazza, siano stati attribuiti durante i vari
studi all’eroe Phylakos.
Un’ulteriore complicazione di questo cosiddetto “approccio Pausania” è il fatto che, anche
se si tratti di una fonte del II sec. d. C., sia spesso utilizzata per identificare luoghi di culto che
risalgono al periodo classico o addirittura arcaico, con poca o nessuna considerazione dei
possibile cambiamenti che possa aver subito il luogo di culto, per esempio, i culti avrebbero
potuto essere abbandonati o essere stati ripristinati in epoca romana o addirittura stati introdotti
ex novo. D'altra parte, le indicazioni e le descrizioni di Pausania di particolari culti eroici sono stati
anche confermate da testimonianze archeologiche. L'identificazione del Pelopion ad Olimpia nelle
prime campagne di scavo con un muro nella zona a nord del tempio di Zeus è stata possibile
grazie all’aiuto di Pausania, che indicava come il recinto in pietra di Pelope fosse situato a destra
di chi si trovasse di fronte al tempio del dio. Questa identificazione è stata poi confermata dal
ritrovamento di un frammento di uno skyphos tardo classico Elean con l'incisione [P]ELOPI
nell’angolo orientale del muro di recinto.
Partendo dalla pura evidenza archeologica l’identificazione di culti eroici è molto più
ambigua. La presenza di una tomba rende una tale identificazione più plausibile. D'altra parte,
deve essere dimostrato che eventuali sepolture nel o presso il santuario furono eseguite quando il
culto fu stabilito e una connotazione così netta è molto rara. Un possibile esempio è il cosiddetto
Heroon at the Cross Roads di Corinto. Questo piccolo recinto murato, di circa 4 x 5 m, è stato
costruito alla fine del VII secolo. All'interno sono state trovate le gambe di pietra per un tavolo e
una pietra triangolare che presumibilmente era la base per un tripode o un perirrhanterion. Sul
pavimento sono state trovate ceramiche e figurine di terracotta rappresentanti figure maschili,
femminili e animali, mentre due pozzi sotto il pavimento contenevano cenere, ossa di animali e
vasellame. Questo avrebbe potuto essere un piccolo santuario dedicato a qualsiasi divinità, ma il
fatto che si trovi sopra un cimitero protogeometrico suggerisce che potrebbe invece trattarsi di un
luogo di culto eroico. Infatti, tre tombe si trovano a un livello inferiore all’interno del recinto mentre
una quarta è tagliata dalla parete orientale dello stesso. Si ritiene che le sepolture siano state
scoperte casualmente e il culto sia stato istituito per placare i personaggi a cui si riferiscono le
figure sepolte all’interno.
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Gunnel  Ekroth  
 
Questo sembra essere stato anche il caso riscontrato ad Atene, dove una tomba a camera
micenea è stata tagliata dalla fondazione della Middle Stoa nell’agorà. Apparentemente sette
lekythoi del V secolo sono state depositate all'interno della camera, che poi è stato nuovamente
rinchiusa. La offerte alla persona sepolta potrebbero indicare come essa sia stata percepita quale
eroe. Eppure, anche se in questi casi si può discutere sulla relazione tra tombe e luoghi di culto,
dobbiamo tenere presente che la maggior parte dei santuari eroici non mostrano alcuna
connessione con tombe vere e proprie ed è anche chiaro dalle fonti scritte che la tomba dell'eroe
non fosse alcun prerequisito per l'installazione di un culto eroico.
Ma la questione può essere ancora più complicata quando cerchiamo di identificare culti
eroici. Il ritrovamento di un'iscrizione o una pietra di confine che affermano che ci si trovi di fronte
al santuario di un determinato eroe o la scoperta di un monumento o di un oggetto che reca una
dedica a un eroe sono molto utili per l'identificazione del personaggio. Eppure, un certo numero
di santuari dedicati agli dei ospitava anche culti di eroi, come abbiamo già visto nel caso di
Pelope a Olimpia, di Opheltes a Nemea, di Neottolemo nel santuario di Apollo a Delfi, di Eretteo e
Pandion sull'Acropoli ateniese. Tradizionalmente, questi culti eroici sono stati considerati come
fenomeni molto antichi e in alcuni casi antecedenti il culto delle divinità. Tuttavia un approccio più
sistematico e critico dei dati a disposizione ha però rivelato il contrario e nella maggior parte dei
casi il culto dell'eroe sembra essersi impostato in un momento posteriore al culto del dio.
Un altro caso interessante è il culto di Palaimon nel santuario di Poseidone a Istmia.
Palaimon, o Melikertes come veniva chiamato in vita, era l'eroe intimamente connesso con la
storia della città di Istmia e con i giochi istmici. Il mito racconta la fuga di Ino da Hera con sua
madre, che precipita con lui nel mare. Trasfigurato in un delfino approda sull’Istmo e Sisifo
celebra dei ludi funebri che poi diventeranno i giochi istmici. Il santuario di Poseidone, all’interno
del quale era ospitato il culto di Palaimon è più antico, l’attività di culto risale al XI sec. a. C.. Un
frammento di Pindaro (fr. 5 ISTH) sembra suggerire il culto per Palaimon nel V sec. e non a caso
l’eroe è legato ai giochi Istmici proprio come Pelope ad Olympia o Opheltes a Delfi. Ma la
domanda che ci si deve porre riguarda l’ubicazione del culto all’interno del santuario. Varie ipotesi
sono state avanzate, come le grotte vicino al teatro o all'interno del tempio di Poseidone, ma non
vi è alcuna prova archeologica di un culto di Palaimon nel periodo classico. Quello che
riscontriamo invece è un'installazione molto elaborata per il suo culto in epoca romana, intorno al
50 d.C., quando i giochi Istmici vengono celebrati presso il santuario di Poseidone. Il luogo di
culto era originariamente costituito da un recinto murato con un pozzo in cui venivano eseguiti i
sacrifici di olocausto di bestiame. Nel II sec. d.C. un piccolo tempio rotondo fu eretto con una
fossa sacrificale più grande e intorno al 150 d.C., è stato costruito un recinto con un tempio con
una statua di Palaimon e una grande fossa per gli olocausti. E’ possibile che non vi fosse alcun
culto di Palaimon prima del periodo romano. Va inoltre notato, che il culto romano di Palaimon
fosse molto diverso dai precedenti culti eroici greci, dato che era incentrato esplicitamente sui
sacrifici di olocausto. Infatti, questo è l'unico olocausto dedicato ad un eroe dimostrato da
evidenze zooarcheologiche, sia per quanto riguarda l'aspetto del santuario, sia per quanto
riguarda i riti sacrificali si può sostenere che sia stato un intervento romano.
Un altro problema metodologico riguarda i luoghi di culto dove sono state trovate iscrizioni
che nominano un eroe, ma che hanno un arco di attività temporale che precede l'iscrizione di
almeno 100 anni. Possiamo osservare che un culto viene praticato anche se non c'è
l'identificazione scritta del destinatario del culto fino ad una data molto più tarda. Questo è il caso
dell' Agamemnoneion a Micene, del Menelaion a Sparta e della grotta di Polis a Itaca. Come
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possiamo interpretare questa attribuzione? Come possiamo supporre che il destinatario del culto
fosse lo stesso di quello nominato sulle dediche quando l'attività religiosa iniziò, in molti casi già a
partire dal VIII o VII secolo, e non sia cronologicamente da collocare in periodo classico e
addirittura in età ellenistica?
Vediamo più da vicino questi esempi. L’Agamemnoneion a Micene si trova al burrone
Chaos a sud dell'Acropoli accanto a una diga di tarda età del Bronzo che presumibilmente
bloccava la gola nel periodo miceneo. L'attività di culto più antica nel sito risale al Tardo
Geometrico, poi prosegue fino in epoca arcaica e classica. Una grande quantità di materiale
geometrico e arcaico è presente, altro materiale in minore quantità è databile al periodo classico,
mentre si può notare un lieve incremento nel periodo ellenistico. Il santuario apparentemente
presenta due fasi, la prima a partire dalla sua istituzione nel periodo tardo geometrico fino al 468
a.C. quando Micene fu distrutta da Argos, quando il culto si esaurì e il santuario cadde in disuso.
Il luogo di culto fu restaurato in epoca ellenistica, probabilmente come conseguenza della
fondazione della nuova kome di Micene all'inizio del III secolo a.C. Il santuario era semplice nella
struttura, era infatti composto da una zona pavimentata disposta lungo il burrone con un muro di
terrazza con almeno una apertura. Era con tutta probabilità coperto, data la quantità di tegole
ritrovate, ma probabilmente non presentava altri elementi architettonici. Nel periodo ellenistico,
quando il santuario fu restaurato, è stato sepolto sotto la nuova pavimentazione del materiale più
antico, composto da frammenti di ceramica geometrica monumentale e un gran numero di
bicchieri arcaici e vasi miniaturistici e anche figure di terracotta.
L'identificazione del sito come un santuario di Agamennone si basa su tre graffiti su
ceramica. Nella prima incisione si legge chiaramente AG ] AGMEMNO, mentre la seconda reca
soltanto --- ON ---. Il terzo frammento riporta l'incisione AGAMEM ] NONI T [ --- AN ] ETHEKE. Il
primo frammento è un bordo di una tazza o cratere, datato alla fine del IV secolo in base alle
forme delle lettere, mentre il secondo può essere ritenuto pre - ellenistico. Entrambi sono stati
apparentemente scoperti sotto la pavimentazione ellenistica. Il terzo vaso invece è datato al I sec.
a. C. o d.C. in base alle forme delle lettere ed è stato scoperto sulla parte superiore della
pavimentazione ellenistica tra le tegole ellenistiche cadute.
Lo studioso John Cook identificò il santuario come appartenente ad Agamennone per via
delle iscrizioni e del carattere del materiale trovato. Questa identificazione è stata contestata, in
particolare nel 1990, quando un certo numero di studiosi ha suggerito che la divinità venerata
originale in questo luogo fosse la dea Hera, che fu sostituita da Agamennone nel periodo
ellenistico, quando Micene è stata rifondata. Un argomento a favore dell’attribuzione del
complesso a Hera come la divinità originale sono le diverse figurine arcaiche femminili trovate in
sito. A mio parere, le figurine non aiutano l'identificazione, in quanto si trovano in tutti i tipi di
santuari della Argolide in età arcaica. Inoltre, non vi è alcun supporto concreto per attestare la
presenza del culto di di Hera, al contrario di quello di Agamennone che viene, come abbiamo
visto, citato varie volte. Nulla suggerisce che un cambiamento fosse avvenuto nel destinatario del
culto tra la sua installazione nell’ VIII secolo a.C. fino al periodo tardoclassico, quando furono
effettuati i graffiti con la denominazione di Agamennone. Dobbiamo anche motivare il
cambiamento di culto da parte dei fedeli che avrebbero sostituito la dea Hera con l'eroe
Agamennone?
In questo caso particolare, non ci sarà probabilmente mai la certezza sull’identificazione del
personaggio venerato nel VIII sec. a.C., ma credo che Agamennone sia il candidato più probabile.
Una situazione simile si trova al Menelaion a Sparta, dove il culto inizia nel VIII sec. Un edificio
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coperto è stata eretto nel VI secolo e intorno al 500 a.C. è stato innalzato un podio monumentale
di 22 x 16 metri, probabilmente la base per un naiskos, che era accessibile mediante una rampa.
Una grande fossa accanto al podio conteneva oggetti votivi dei periodi classico ed ellenistico ed
è stato rinvenuto perfino materiale di epoca romana. Ma per quanto riguarda l'identificazione
sono stati riscontrati solo pochi indizi. L' oggetto iscritto più antico è un aryballos di bronzo
risalente al 675-650 a.C., recante la dedica "Deinis, figlio di Charias (?) dedicò questo ad Elena, di
Menelao [la moglie]". La forma delle lettere aiuta la datazione assegnata alla fine del VII sec.a.C..
Dell’inizio del VI sec. è inoltre descritto un fantastico gancio da macellaio in bronzo, un harpax,
che è anche dedicato a Elena. Una phiale del VI secolo reca un'iscrizione di Menelao ed è stata
riportata alla luce anche una stele in calcare risalente agli inizi del V secolo a.C., progettata per
trasportare una statuetta di bronzo, con il testo "Euthikrenes dedicò (questo) a Menelao".
Sembra di trovarsi di fronte ad un culto iniziato nell’VIII sec. che poi si sviluppa e cresce
senza interruzioni almeno fino al periodo ellenistico. Nel periodo arcaico, i visitatori iniziano a
nominare le divinità venerate, Elena e Menelao. Molto probabilmente erano gli eroi originali che
ricevettero il culto nel santuario già nel periodo tardo geometrico.
La grotta Polis a Itaca è spesso presentata come un caso analogo, ma qui troviamo una
situazione più complessa. La grotta Polis viene ritenuta essere un luogo di culto eroico dedicato a
Odisseo a causa di una epigrafe che riporta il suo nome, come inoltre lo confermerebbe il
ritrovamento di una serie di tripodi, collegati idealmente con quelli che Odisseo avrebbe portato a
casa sia da Phaiakian e avrebbe nascosto nella grotta delle Ninfe a Itaca (Odissea 13). Gli scavi
della grotta hanno dimostrato una lunga continuità di vita, dalla prima età del bronzo al periodo
romano. La prima iscrizione che reca il nome di Ulisse si trova infatti su una maschera di
terracotta femminile tardo ellenistica. Questo porta a identificare il culto di Ulisse in epoca
precedente solo in base al ritrovamento di tripodi, il che appare molto aleatorio considerando la
frequenza di tali elementi nei primi santuari greci. Studiando altri materiali ritrovati all’interno della
grotta, rinveniamo inoltre un'iscrizione arcaica che menziona Era e Atena e circa 30 maschere in
terracotta che mostrano Artemide. Ancora più interessante è il ritrovamento di un rilievo ellenistico
dedicato alle Ninfe.
I primi scavi sono datati e la grotta è stata oggetto di disturbi post-scavo, in modo tale che i
contesti di ritrovamento non siano ottimali. Eppure, dobbiamo chiederci chi è stato effettivamente
venerato nella grotta Polis e quando? E’ probabile che il culto per Odisseo sia una aggiunta
successiva posteriore al culto celebrato alle divinità femminili. Un'iscrizione trovata a Magnesia
sul Meandro, in Asia Minore e datata al 206 a.C., registra un decreto che regola i rapporti tra Itaca
e Magnesia in materia di rappresentazioni ufficiali e la partecipazione a giochi nelle due città
(IMagn 36) . Il testo menziona Odisseo e dei giochi in suo onore, ai quali furono invitati gli abitanti
di Magnesia, e si conclude con la clausola che una delle copie del decreto deve essere posto nel
Odysseion, il santuario di Odisseo, dimostrando il ruolo fondamentale di questo personaggio
eroico per gli abitanti di Itaca nella metà del III sec. a.C. Analizzando questo contesto, sembra
possibile che il legame tra la grotta e Odisseo sia una caratteristica ellenistica e potrebbe
sembrare plausibile come in questo caso Odisseo sia stato aggiunto ai culti delle divinità
femminili presenti precedentemente.

Le offerte votive
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Gunnel  Ekroth            

Individuare alcuni tipi di offerte votive particolarmente “eroiche” risulta essere un compito
molto difficile, se non addirittura impossibile. Alcuni tipi di figurine, come cavalli e cavalieri, o
alcune forme ceramiche, come crateri, coppette o grandi ciotole per il bagno dell'eroe, o ancora,
alcuni oggetti come gli scudi in miniatura, sono stati ritenuti validi per rappresentare il materiale
votivo tipico per il culto eroico. Il problema che si evidenzia è riferito al fatto che queste categorie
sono state individuate solitamente sulla base dei reperti provenienti da siti particolari. Un
confronto più stretto con le pratiche locali votive mostra spesso che gli stessi oggetti potrebbero
essere dedicati agli dei o utilizzati come doni funerari nello stesso contesto regionale e nello
stesso arco cronologico.
Una categoria di offerte votive che può essere ritenuta strettamente collegata al culto eroico,
anche se il loro aspetto spesso presenta tratti locali, sono i rilievi in pietra o terracotta con la
rappresentazione di un cavaliere, una figura maschile o una coppia seduta, o una figura sdraiata
banchettante, spesso accompagnata da un serpente. Il motivo della figura semiseduta si trova
anche su rilievi in pietra. In precedenza questo tipo di offerta votiva era chiamato rilievo
Totenmahl a causa della falsa assunzione che fosse legato al culto dei morti. Eppure, i rilievi votivi
con simile raffigurazione non sono esclusivamente dedicati agli eroi, questo è evidente dalle
iscrizioni riportate che menzionano anche altre divinità. Ma il numero dei destinatari di culto
rappresentati sui rilievi non corrisponde al numero di destinatari del culto menzionato nelle
dediche. Anche in questo contesto, l'eterogeneità degli eroi è visibile.
Per distinguere cosa è tipico per il culto eroico, ci si deve concentrare su una specifica
regione e un specifico periodo di tempo per analizzare con accuratezza la produzione locale di
ceramiche e offerte votive, tenendo conto sia dei materiali dedicatori destinati agli dei, sia di quelli
destinati agli eroi. Illustrerò questo concetto con un esempio dall’Argolide, la regione che
conosco meglio. Nel deposito geometrico-arcaico accanto alla tomba a tholos nella valle Berbati,
che ho scavato molto tempo fa, è stata rinvenuta una molteplice varietà di ceramiche. La maggior
parte delle forme è rappresentata da kantharoi, tipici della produzione ceramica arcaica argiva.
Sono stati ritrovati più di cento kantharoi di varie dimensioni, alcuni così grandi che devono aver
funzionato da crateri invece che usati come recipienti per bere. È attestato anche un grande
numero di ceramica in miniatura di diverse forme (alcuni riportano una tipologia che copia il
vasellame metallico e i contenitori di legno o di vimini). Inoltre sono state ritrovate molteplici
ceramiche da cucina e anche alcune terrecotte figurate. Tutto il materiale ritrovato, sia la ceramica,
sia le figurine in terracotta, non presentano alcuna relazione diretta e particolare che possa
identificare questo contesto come un luogo di culto eroico. Il materiale riflette piuttosto le azioni
dei fedeli, come quelle del bere e del mangiare.
Anche le miniature sono simili a quelle ritrovate in altri siti santuariali argivi di epoca arcaica.
Esse indicano le risorse delle persone che visitano il luogo di culto o, più precisamente, il limite
delle loro disponibilità. Non sono stati ritrovati oggetti metallici presso il deposito Berbati, anche
se tale materiale potrebbe essere stato asportato quando il culto fu abbandonato alla fine del
periodo arcaico. D'altro canto, il materiale ceramico copia oggetti metallici. I dinoi minuaturistici
con piccole protome animali sono repliche dei grandi calderoni in metallo con le protome a grifoni
trovati presso i principali santuari argivi, come l’Heraion di Argos. È attestata anche una phiale
ceramica in rilievo che è la copia esatta di una phiale di bronzo tipica della regione e ritrovata nei
santuari più grandi. Questa particolare phiale da Berbati può anche essere stata prodotta a
stampo. Riassumendo, il materiale di culto fin qui presentato rispecchia la comunità locale di
Berbati.
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Gunnel  Ekroth  
 
Tuttavia, vi è un tipo di ceramica proveniente da questo deposito che è stato deposto in una
tomba micenea, il che richiede maggiore attenzione per il fatto che forse l'azione potrebbe essere
stata connessa con lo stesso culto. Tra le forme insolite sono stati ritrovati un certo numero di
piccoli crateri o krateriskoi con piedistallo, ca. 15 cm di altezza, che presentavano tre protome
femminili sporgenti dalla spalla del vaso. Queste ceramiche sicuramente sono di tipo rituale, dato
che è impossibile adoperarle per bere, le protome infatti sono posizionate troppo adiacenti una
all’altra. Piuttosto, essi avrebbero potuto essere utilizzati per le libagioni. Se analizziamo la forma
più in dettaglio, si scopre che riflettono una combinazione innovativa di un certo numero di
dettagli locali argivi e stranieri. Questi krateriskoi infatti combinano i crateri locali con il tipo ormai
comune di figure, la femmina seduta ornata da una ghirlanda. L'ispirazione potrebbe venire dai
grandi calderoni in metallo con protome che venivano dedicati e largamente usati nei grandi
santuari per la miscelazione del vino. Questi sono stati copiati nei vasi miniaturistici, ma il
krateriskoi con protomi femminili non sono copie, ma una nuova e distinta forma. Quale significato
e quali connotazioni possiamo trarre da questo?
È interessante notare come queste ceramiche sono state ritrovate anche negli altri santuari
argivi. Oltre al culto posto accanto alla tholos Berbati dove sono stati recuperati tre di questi
krateriskoi, la forma è stata trovata presso l' Agamemnoneion, in almeno tre esemplari, nonché al
Heraion argivo, a Micene, a Tirinto e a Fliunte, la valle a nord della pianura argiva. Il culto a Berbati
può essere identificato come un culto eroico grazie alla sua collocazione presso una tomba
maggiore, che diventò il focus dell’attenzione dal punto di vista rituale alla fine della prima età del
ferro. L' Agamemnoneion è anch’esso un luogo di culto eroico e potrebbe verificarsi che questa
forma si ritrovi collegata soprattutto ai culto eroici nell’Argolide in epoca arcaica? Il ritrovamento
dei krateriskoi con protomi anche all’interno del santuario argivo dell’Heraion, a Micene, a Tirinto e
a Fliunte potrebbe essere ritenuto a prima vista un argomento contrario all’ipotesi di una tipologia
riservata al culto eroico. Da un esame più attento delle evidenze si può trarre un quadro diverso.
In un recente articolo in Hesperia, Chris Pfaff indica la presenza di divinità precedentemente
non rilevate all'interno del Heraion argivo: Artemide e un eroe sconosciuto. Una coppa del V sec.
ritrovata durante i primi scavi (che non furono ben pubblicati) reca la dedica "per l'eroe", questo
avrebbe poco senso se non ci fosse un culto ad un eroe all'interno di questo grande santuario.
Come sottolineato in precedenza, i principali santuari agli dei ospitavano anche culti eroici, quindi
non sarebbe sorprendente che anche nel caso argivo fosse così. Se ritenessimo i krateriskoi con
protome una tipologia particolare usata per culti eroici nell’Argolide, sarebbe un supporto ulteriore
il fatto che questi vengano ritrovati in contesti dove è attestata la venerazione di un eroe.
Uno dei krateriskoi del Heraion argivo proviene da vecchi scavi di cui non abbiamo la
posizione originaria, mentre gli altri due krateriskoi sono stati rinvenuti in un contesto preciso:
provengono dall’enorme deposito di materiale ceramico miniaturistico che era stato scaricato
nella parte orientale del santuario a metà del VI sec. a. C. Apparentemente grandi quantità di ex
voto sono stati raccolti in questo scarico, forse erano troppi o troppo vecchio stile, e potrebbero
provenire da diversi punti del santuario e potevano essere stati dedicati a diverse divinità. Forse
alcuni di questi potrebbero provenire anche da un luogo di culto eroico?
Nemmeno il krateriskos proveniente da Micene presenta un contesto di ritrovamento, ma
faceva parte di una collezione ed è stato probabilmente rinvenuto sull’acropolis e non nell’area
dell’Agamemnoneion, scoperto solo mezzo secolo più tardi. Quando Schliemann scavò il Circolo
Funerario A mise alla luce il frammento di vernice nera con l'iscrizione "per l'eroe", così che non si
potesse escludere nella zona dell’acropoli attività di culto riferita a eroi in epoca storica. Il caso di
Archeologie  degli  antichi  culti  eroici  greci   15  
Gunnel  Ekroth            

Tirinto risulta più difficile, in quanto il contesto è meno comprensibile. Il krateriskos è stato trovato
nella Unterburg, dove sono attestate tracce di attività posteriori all’età del bronzo, di solito
connesse ad attività rituali. La natura di queste azioni è difficili da definire, ma è possibile vedere
le attività di culto dell'età del ferro in connessione i materiali residuali di epoca micenea, sia
tombe, sia architetture, come se fossero relazionate ad un culto eroico. Infine il frammento di
Fliunte proviene dal deposito scoperto durante un survey sull’acropoli, ma in questo caso non
abbiamo ulteriori indicazioni riguardo all’identificazione del destinatario. Anche qui, come
nell'Heraion argivo potremo trovarci di fronte a materiale di deposito votivo proveniente da un
santuario.
In ogni caso, questi krateriskoi con protomi femminili potrebbero rappresentare un tipo di
materiale votivo collegato al culto eroico in Argolide durante il periodo arcaico. Eppure, l'evidenza
non è del tutto chiara né conclusiva, ma questo esempio mostra la complessità della tematica
degli oggetti votivi per i culti eroici. Se ci proponiamo di verificare che la tipologia del materiale
votivo era adatto per il culto degli eroi non si deve solo analizzare il contesto locale, ma prendere
in considerazione anche la ceramica locale e la produzione di terracotta nei minimi dettagli.
Questo non sempre risulta possibile, dal momento che la ceramica, soprattutto quella di miniatura,
che normalmente si ritrova in grande quantità non viene sempre esaminata e pubblicata con
sufficiente attenzione.

Osservazioni conclusive
Per riassumere, dove ci ha portato tutto questo? Spero di non aver distrutto ogni speranza
di cercare di cogliere il fenomeno del culto eroico, dal momento che non ho alcuna intenzione di
scoraggiare chiunque voglia studiare gli eroi greci. D'altra parte, ciò che è particolarmente difficile
è la loro variabilità. La forte componente locale e idiosincratica degli eroi greci, soprattutto il
modo in cui li incontriamo attraverso le testimonianze archeologiche, fornisce possibilità di
approfondire i culti di una particolare comunità, di ciò che era importante per coloro che stavano
all'interno del gruppo e come queste tali nozioni furono espresse. La religione greca ospita
un'interessante dicotomia tra la prospettiva generica, panellenica, cioè i santuari e i rituali che
contribuirono a creare la “grecità”, per parafrasare la celebre definizione Erodoto, e la religione a
livello locale di una città, di una comunità o di un gruppo. Con i culti eroici, i greci sembrano aver
potuto esprimere la libertà di sperimentare ed ora tocca a noi tracciare con una mente aperta e
una metodologia chiara il loro desiderio e la loro inventiva per l'innovazione e la variabilità.

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