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MEDAGLIE DEVOZIONALI & DINTORNI

Paolo Pitotto

Introduzione
L’ampia diffusione delle medaglie portative o devozionali è dovuta al desiderio, presente in ogni
epoca e in ogni civiltà, di portare sulla persona un simbolo di fede.
Si tratta di oggetti metallici di piccole dimensioni, di forma per lo più rotonda e ovalare, ma anche
ottagonale o a cuore, con figure ed iscrizioni sbalzate o incise. L’asse verticale è quasi sempre
maggiore, ma vi sono alcuni esemplari in cui è più lungo quello orizzontale. Inizialmente erano in
bronzo fuso, più raramente in rame, ottone, argento, oro, piombo, stagno e cera; in seguito sono state
coniate in vari metalli o leghe, mentre dalla fine del 1800 la maggior parte di esse risulta in alluminio.
Dotate di anellini, fori o appiccagnoli (trasversali o complanari), le medagliette devozionali venivano
appese al collo mediante catenine o nastrini oppure fermate agli indumenti tramite piccole spille; nel
primo caso rimanevano a diretto contatto con la cute e le sue secrezioni, mentre nel secondo venivano
solitamente fissate alla maglia (di lana o di cotone) indossata sotto gli abiti, per lo più dalla parte
sinistra per avere l’immagine più vicina al cuore. In molti casi la medaglietta veniva apposta al
momento della nascita o del battesimo, e per tradizione si portava fino all’età adulta, in ricordo del
donatore e in segno di devozione verso il Santo protettore; in altri casi veniva appuntata per una sorta
di “voto” verso la Madonna o un Santo cui si era chiesta una grazia.
L’origine di queste medaglie può esser fatta risalire ai dischetti in bronzo che nell’antichità si
acquistavano presso i santuari pagani, con la riproduzione del cervo della dea Artemide ad Efeso. I
cristiani adottarono come oggetto devozionale gli “enclopi” appesi al collo, trasformandone
radicalmente la rappresentazione in quanto le divinità vennero sostituite da immagini di suppellettili
cristiane: crismon, croce, colomba, pesce, ancora ecc. In seguito vennero utilizzate delle vere
medaglie paleocristiane, per lo più sotto forma di dischetti metallici (spesso con appiccagnolo
complanare), usati come tessere battesimali o placchette cimiteriali, su cui venivano illustrati episodi
della vita di Cristo, di martiri, di culto. Una delle più antiche testimonianze riguardo all’usanza delle
medaglie devozionali risale a S. Genoveffa che nel V sec. ricevette da S. Germano di Auxerre, legato
del Papa Celestino, una medaglia benedetta (nummum aerum Dei nutu allatum habentem signum
crucis). L’impiego di queste medagliette ebbe poi grande diffusione a partire dal XVI sec., soprattutto
in occasione degli anni santi e delle canonizzazioni; una seconda ondata espansiva si ebbe a metà ‘800
con la medaglia miracolosa dell’Immacolata Concezione.
Trattandosi di manufatti di produzione seriale, di piccole dimensioni e di materiale economico, non
hanno mai attirato molto l’interesse di collezionisti e studiosi. Nella loro classificazione si incontrano
spesso considerevoli difficoltà: talvolta infatti le medaglie sono anepigrafi oppure le inscrizioni sono
scarsamente leggibili e la componente iconografica non è dirimente, poichè molti degli attributi sono
comuni a più santi o beati. Ad esempio il nimbo (circonferenza attorno al capo) è stato dapprima
riservato a Dio e al figlio di Dio, e poi è stato esteso alla Madonna, in quanto madre di Dio fatto
uomo; in seguito gli artisti non hanno rispettato questa tradizione e lo hanno disegnato e inciso anche
sui santi, che invece avrebbero dovuto avere l’aureola (disco o cerchio rotondo dietro la testa)
Pertanto per una corretta schedatura di questi reperti sarebbe necessaria una approfondita e ampia
conoscenza dell’arte sacra, dei cosiddetti “santini” e degli ex voto (cfr. Prevenzione e tutela del
lavoratore – origini, prospettive e sviluppo nella cornice dei dipinti votivi, Direzione Regionale
INAIL, Torino 2000), nonché della documentazione di archivio delle chiese e dei santuari.
Secondo la tipologia, possono essere suddivise in mariane, cristologiche, relative al culto dei santi, dei
beati, dei servi di Dio e dei venerabili (dei loro patronati e delle loro attività taumaturgiche), dei
principali santuari, delle confraternite, degli anni santi giubilari e delle altre principali manifestazioni
religiose. Esistono infine una serie di gettoni utilizzati in ambito religioso come para-monete (ad es. in
chiesa per una candela o una sedia o per alimenti offerti in beneficenza); vengono poi trattate le
medaglie, utilizzate come premio, che pur non collocandosi strettamente in questo gruppo, spesso
svolgono azioni vicarie e complementari. Indipendentemente dal loro valore artistico, queste
medagliette erano il prezioso talismano di persone angosciate dallo spettro della fame, della malattia
(epidemie di peste, vaiolo, colera, scarlattina ecc.) e degli innumerevoli accidenti che rendevano
aleatoria l’esistenza (guerre, brigantaggio ecc.): costituivano insomma la forma visibile della
speranza, che per molti era l’unico scudo da opporre al destino spesso avverso.
Monsignor Loris F. Capovilla, riferendosi alle collezioni di medaglie lauretane, affermava che:
“Questo accurato lavoro di recupero e di intarsio più che alla delizia degli occhi è destinato al
nutrimento dello spirito. […] Le medaglie questo ed altro raccontano a nostra edificazione ed
incoraggiamento. Beato chi le sa leggere”
Si fa da ultimo un accenno agli agnus dei, medaglie devozionali in cera, vennero introdotte da
Gregorio XIII durante l’anno santo del 1575, e distribuite ai romei. In un documento della camera
apostolica “Rito e uso delle cere sacre volgarmente chiamate agnus dei” si legge che Leone XII
benedicendo tali cere chiese a Dio di comunicare ad esse le seguenti proprietà: 1. concessione delle
grazie richieste, 2. capacità di mettere in fuga i maligni spiriti, di dileguare i nembi, di acquietare i
tuoni, di dissipare turbini, folgori e tempeste, 3. protezione da diaboliche frodi, insidie e tentazioni, 4.
protezione della gravidanza, 5. protezione dalle disavventure, dalle pestilenze, dal morbo caduco, da
tempeste, inondazioni, incendi, 6. assistenza dalla subitanea morte. Questi oggetti risultano di
difficile conservazione, infatti basta esporli al sole perché si sciolgano

Usura delle medaglie portative devozionali


Portate per molti anni, a volte per tutta la vita, queste medagliette andavano inevitabilmente incontro a
fenomeni di usura per sfregamento con gli indumenti e per attrito con altre eventuali medagliette,
catenine e rosari, o con l’orologio cui potevano essere attaccate.
A questo fattore di consumo meccanico va aggiunto un altro importante elemento di natura chimica: il
sudore. Questa sostanza organica, per lo più acida o neutra (Ph tra 4 e 7), viene emessa dalle
ghiandole sudoripare disseminate su gran parte della superficie corporea (da 100 a 350 per cm2); in
particolari sedi del corpo (ascelle, palme delle mani e piante dei piedi) sono raggruppate in maggior
numero, con possibilità di emissione particolarmente abbondante. L’attività delle ghiandole
sudoripare si svolge in maniera discontinua e con ritmo regolato da stimoli centrali. Determinati
gruppi ghiandolari reagiscono di preferenza ad alcune stimolazioni: ad esempio col calore la
sudorazione è più spiccata alla fronte, al collo e al dorso, mentre un’emozione provoca sudorazione
profusa alle ascelle e in sede palmo-plantare. La produzione di sudore è un importante elemento per la
termoregolazione dell’organismo, e la sua quantità varia notevolmente in rapporto con la temperatura
e l’umidità dell’ambiente, mentre la risposta agli stimoli emozionali è molto soggettiva, può essere
anche molto intensa ma è solitamente limitata a brevi periodi di tempo.
Le ghiandole sudoripare possono essere di due tipi: - eccrine, con sbocco del dotto direttamente sulla
superficie cutanea - apocrine, con sbocco in prossimità di un follicolo pilifero e dell’annessa
ghiandola sebacea; in questo secondo caso il sudore si mescola con il sebo ed i batteri presenti sulla
pelle, decomponendo questa frazione lipidica, liberano acidi grassi che possono generare odori
sgradevoli. Ogni giorno si secernono in media 850 ml di sudore, di cui il 70% è rappresentato da
acqua, mentre il 30% è costituito da elettroliti, urea e creatinina, ac. lattico, ac. urico, ammoniaca e
proteine germicide.
A causa dell’azione combinata dell’attrito meccanico e del sudore le medagliette devozionali,
solitamente sottili e di piccole dimensioni, subivano inevitabilmente una particolare forma di
consunzione, acquistando il cosiddetto aspetto “lanato”, che è considerato indice di vecchiezza e
garanzia di autenticità.
Secondo alcune particolari usanze, le medagliette venivano anche buttate nel terreno in occasione
delle rogazioni (processioni a scopo propiziatorio di un abbondante raccolto) o disseminate per terra
in aperta campagna vicino alle edicole dedicate alla Madonna e ai Santi, o ancora poste in prossimità
degli accessi ai campi o vicino ai cimiteri, per tenere buone le anime dei defunti. In questi casi gli
oggetti subivano ulteriori aggressioni superficiali, benchè solitamente si trattasse di terreni incolti e
quindi poco acidi perché privi di concimi e diserbanti.

Miracoli & guarigioni


Secondo la tradizione delle più antiche civiltà, l’arte medica veniva insegnata all’uomo direttamente
dagli dei. Presso i Babilonesi si usava portare il malato al mercato, dove le persone che avevano
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avuto la stessa patologia consigliavano i mezzi di guarigione (Erodoto, I, VI, 197) In Grecia il mitico
medico Asclepio (Esculapio per i Romani) fu venerato come un Dio e gli furono eretti centinaia di
templi. La sua arte fu tramandata ai figli Podalirio e Macaone (ricordati nell’Iliade come condottieri
e medici) e alle figlie Igea e Panacea (che esercitarono nei templi). Altro grande medico greco fu
Ippocrate (da cui deriva il famoso giuramento) che visse nell’Atene di Pericle. In allora la medicina si
praticava nei templi, cui il malato accedeva solo dopo un periodo preparatorio basato su dieta,
astinenza, abluzioni e purificazioni. A guarigione ottenuta il paziente riconoscente portava al tempio
offerte ed oggetti fittili rappresentanti l’organo malato risanato. Questi ex-voto arcaici, esposti in gran
numero sia al museo Wellcome di Londra sia al museo archeologico di Perugia, testimoniano la
stretta connessione tra medicina, arte empirica e culto della divinità, nella ricerca e nell’aspettativa di
guarigione, spesso propiziata dall’intercessione di una figura spirituale con potere taumaturgico. Nel
Medioevo, la popolazione trovava sollievo spirituale e fisico nelle chiese e nei conventi, che oltre ad
essere luoghi di culto erano anche centri attrezzati per la sosta, il riposo e la cura dei viandanti e dei
pellegrini; tutte le più importanti vie di comunicazione erano inoltre disseminate di centri religiosi.
Nei luoghi correlati alle apparizioni mariane o alla vita dei santi sono sorti importanti santuari, spesso
collocati sulle cime di monti e colline, quasi che avvicinandosi al cielo si facilitasse anche
l’elevazione dello spirito. In questi posti la presenza di reliquie (scheletri, abiti, strumenti di martirio)
conferisce un’ulteriore valenza di sacralità. Vi è poi tutta una serie di luoghi riconosciuti come
taumaturgici secondo la tradizione popolare, che si identificano spesso con il mistero di sorgenti, antri,
caverne, per lo più già noti ad antiche civiltà e considerati sacri e miracolosi anche dalla religione
pagana; alcuni vegetali, alcune sorgenti e alcune pietre erano ritenuti dotati di potere terapeutico. Il
luoghi di guarigione sono di solito collocati in ambienti impregnati di sacralità e di misticismo, ed i
fenomeni paranormali che in essi si verificano hanno un’eredità religiosa e mistica alle spalle, cioè un
condizionamento culturale che coinvolge l’esperienza del sacro, dell’occulto e del soprannaturale
La guarigione dalla malattia o la realizzazione di un evento fisiologico quale la gravidanza (con parto
e allattamento) sono da sempre tra le richieste più frequenti da parte dei fedeli, che non solo
rivolgono la loro preghiera ad un santo in possesso di determinati poteri taumaturgici ma spesso si
recano nei cosiddetti luoghi “di guarigione”. In questi posti, che solo in Italia sono quasi 500, vi sono
rituali da compiere (es. immergersi o bere l’acqua di una fonte, toccare una pietra, entrare in una
grotta ecc.) che, secondo una tradizione popolare a volte antecedente al cristianesimo, propiziano la
guarigione o preservano dalle malattie: alcuni luoghi sono genericamente indicati per tutte le malattie,
mentre altri sono tradizionalmente consigliati solo per uno specifico male.
Ancora nell’800 si pensava che in ospedale si andasse “per morire e non per guarire”, ed i parenti che
facevano ricoverare gli anziani erano stigmatizzati come snaturati, tanto era scarsa la fiducia nella
pubblica assistenza. I parti avvenivano per lo più in casa, e quelli in ospedale si associavano a nascite
illegittime. Già dal ‘500 vennero costruiti da celebri architetti diversi grandi ospedali (S. Giacomo e S.
Spirito a Roma, Pammatone a Genova, S. Maria Nova a Firenze, Incurabili a Napoli, Ca’ Granda a
Milano) che potevano ospitare in lunghe corsie oltre 500 infermi a Roma, ma dato l’elevato rischio di
contrarre malattie infettive l’assistenza ai degenti fu affidata a galeotti, mercenari e psicopatici, sino a
quando non subentrarono i religiosi. In queste condizioni di arretratezza tecnica e scientifica, si
comprende come gli ammalati facessero ricorso alla preghiera, alla mediazione dei santi e alla
superstizione per cercare sollievo ai propri mali e raggiungere la guarigione. Si spiega dunque la
diffusione di immagini sacre e medagliette devozionali con le effigi dei santi e della Madonna, talora
con frammenti di preziose e venerate reliquie, che trasmettono a chi le porta poteri taumaturgici e
protettivi. Nel Medioevo ed in particolare nel periodo delle Crociate si diffuse l’importazione dalla
Terra Santa non solo di resti dei corpi dei santi, ma anche di loro presunti indumenti e scritti. Nel caso
di Gesù Cristo, oltre alla Sindone giunsero una miriade di spine, chiodi, lance e frammenti di croce di
cui la gran parte chiaramente falsi. Analoga situazione si verificò per la Vergine, di cui si venerano
anche la cintura ed addirittura campioni di latte. Una delle prime ricercatrici di reliquie fu S. Elena,
madre di Costantino, che si recò in Terra Santa alla ricerca di prove della passione di Cristo.
Il canone 1281 del codice di diritto canonico stabilisce che una reliquia va considerata insigne quando
sia presente il corpo intero del santo o almeno testa, braccia e gambe. Accanto a queste reliquiae
insignes o primarie vi sono poi quelle non insignes (corpi privi di testa e membra), le notabiles (mani
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e piedi) e le exiguae (dita e denti). Accanto a questo primo gruppo di reliquie dirette o primarie vi
sono poi quelle indirette o secondarie, costituite da oggetti appartenuti ai santi oppure ottenute
ponendo tessuti o altri oggetti a contatto con in resti del santo. Le reliquie relative alla passione di
Cristo e alla Vergine sono dette maggiori, e non risentono delle suddivisioni precedenti; nel caso della
Sindone e dei veli della Veronica tuttavia vennero realizzate reliquie secondarie (copie), sacralizzate
dal contatto con l’originale. Il codice di diritto canonico così sintetizza la dottrina cattolica sulle
reliquie dei santi: “E’ buona ed utile cosa invocare e supplicare i servi di Dio, che regnano con Cristo
e venerare le loro reliquie ed immagini” (canone 1276). Inoltre prescrive che i resti venerati nelle
chiese devono essere autenticati da un documento ufficiale di un vescovo, solitamente ordinario del
luogo, o anche di altro ecclesiastico a cui sia stata concessa con indulto apostolico la facoltà di
autenticarle (canone 1283). Tra le varie precisazioni, si dice che le reliquie non possono essere esposte
se non chiuse o sigillate in qualche teca o custodia e che quelle dei beati non possono essere portate in
processione senza speciale indulto e neppure possono essere esposte nelle chiese se non dove, per
concessione della sede apostolica, se ne celebra l’ufficio e la messa (canone 1287); il canone 1289
ricorda poi che è severamente proibito vendere le reliquie.
Il culto delle reliquie creò ben presto situazioni paradossali e grottesche, dove il senso di realtà
sfumava nella irrazionalità e nella superstizione: Federico il Savio di Sassonia aveva una collezione di
5005 pezzi, equivalenti a 127.799 anni di indulgenze e l’arcivescovo Alberto di Brandeburgo, ne
vantava 8933 con milioni di anni di indulgenza. Per Calvino ad inculcare il falso amore per questi
documenti fu il demonio, e riguardo ai frammenti della croce, egli faceva rimarcare che i resti esibiti
riempirebbero completamente la stiva di una nave.
Fin dalle sue origini la Chiesa accettò il culto delle reliquie, e in particolare quelle dei martiri, anche
se questa interpretazione non era condivisa da tutti (S. Agostino ad esempio sosteneva che alle reliquie
spetta onore ma non venerazione) Nelle catacombe spesso i resti dei martiri venivano avvalorati dalla
presenza del vaso di sangue all’interno del sepolcro (com’era appunto usanza fare per i martiri): per la
credenza popolare queste reliquie possedevano un’energia mirabile (dynamis) ed una carica di grazia
(charis) destinate a produrre la guarigione tramite effetti soprannaturali ovverosia miracoli (dal
latino mirari , cioè fatto sorprendente che desta meraviglia e stupore)
Secondo la Chiesa vi sono prodigi maggiori (resurrezione dei morti, guarigioni istantanee,
moltiplicazione della materia) e prodigi minori (stigmatizzazione, guarigione delle malattie in cui sul
fatto organico prevale quello somatico) La teologia ha elaborato alcuni metodi per giungere alla
constatazione di un miracolo: -1. il fatto non deve essere effetto di una causa naturale -2. deve essere
posto in relazione ad un agente soprannaturale (Dio, angelo, demonio) -3. se si dimostra una potenza
infinita l’agente non può essere che Dio -4. il fenomeno deve continuare ad appartenere al
soprannaturale anche nella prospettiva storica -5. l’evento deve poter avere una causa intelligente e
libera, cioè essere effetto di una risposta ad una preghiera o all’intercessione di un santo. Poiché il
tipo di miracolo maggiormente indicato è quello connesso con la guarigione, prima di parlare di
guarigione miracolosa bisogna essere certi che :- a. vi sia diagnosi di patologia incurabile – b. vi sia
inefficienza di ogni pratica terapeutica – c. la guarigione sia avvenuta in tempi brevissimi che si
sottraggono ad ogni regola terapeutica – d. vi sia assenza del normale periodo di riacquisizione della
funzione dell’organo sanato – e. vi sia recupero duraturo della funzione dell’organo guarito. Questi
criteri oggettivi vennero elencati da Benedetto XIV nella sua opera “De servorum Dei beatificatione
et beatorum canonisatione”. Secondo Freud invece per spiegare miracolo un non vi sarebbe nessun
bisogno di tirare in ballo altre forze che non siano psichiche.

Maria
I principali santuari mariani solitamente sorgono su rovine di templi pagani, ed in essi la religione dei
dogmi si incontra con quella dei bisogni e dei sentimenti, ponendo radici devozionali di enorme
spessore emotivo e simbolico.
In un celebre passo di Axel Mounthe, tratto dalla “Storia di S. Michele”, affiora in tutta la sua potenza
la centralità del femminile nella devozione popolare italiana, diffusa in particolare nel sud e nelle
isole: l’autore infatti fa dire ad un vecchio frate che Cristo doveva la sua reputazione unicamente al
fatto di aver avuto la Madonna per madre.
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Nel 431 il concilio di Efeso riconosce la maternità divina di Maria: Maria è la Madre di Dio
(Théotokos).
La Vergine è quasi sempre apparsa ai veggenti in ambito rurale: dall’Assunzione sino al 1400 ne sono
state segnalate 38, 67 dal 1400 al 1600, 35 dal 1600 al 1800, e dal 1800 ad oggi altre 76. Le principali
apparizioni mariane riconosciute dalla Chiesa sono: 1531 Guadalupe – 1830 Paris – 1842 Roma –
1846 La Salette – 1858 Lourdes – 1871 Pontmain – 1876 Pellevoisin – 1879 Knock – 1917 Fatima –
1932 Beauraing – 1933 Banneux – 1953 Siracusa.
Come mater dolorosa Maria è stata paradigma di sofferenza e di speranza, con un’estrema varietà di
appellativi (Assunta, Addolorata, Avvocata, Consolata, Immacolata, Stella mattutina, del Carmine,
delle Grazie, del Perpetuo Soccorso, del Buon Consiglio ed infiniti altri in tutte le lingue), oltre a
denominazioni che la caratterizzano in un hic et nunc antropologico territoriale. Vi sono poi tre
denominazioni: Madonna, Vergine e Maria (Santa Maria è decisamente la più usata) che provocano
una rideterminazione simbolica.
Tra i numerosissimi patronati mariani meritano una menzione speciale quelli della Spagna, dove in
pratica quasi tutti i capoluoghi di provincia, le diocesi e le comunità autonome sono posti sotto il
patronato della Vergine, detta Nostra Signora, Santa Maria, Immacolata Concezione, Natività di
Nostra Signora ecc. Si cita poi l’episodio delle cittadine di Monterchi, che negli anni ’50 si opposero
al trasferimento della Madonna del Parto a Firenze, sostenendo che senza quel capolavoro di Piero
della Francesca venivano meno il supporto e l’aiuto per superare il dolore del parto.
La solennità dell’Assunta è la più antica delle feste mariane ed è di derivazione orientale: commemora
l’ascesa in cielo della madre di Dio; si celebra a metà agosto e coincide con la pausa del lavoro nei
campi, per cui viene posta in relazione con la fecondità della terra, strettamente connessa con quella
femminile. L’Assunta in alcuni casi viene definita “dormiente”, riprendendo il nome della festività
ortodossa “dormizione della genitrice di Dio”, in base all’interpretazione della morte come sonno che
consente di entrare nella vera vita; in molte tradizioni popolari dell’Assunta vi è infatti una bara vuota,
mentre in altre vi sono immagini della Vergine sospesa in cielo, con i piedi poggiati sopra una falce
lunare, con il capo coronato di stelle. Questi ultimi particolari hanno un significato astronomico,
legando la festa ad un passaggio cruciale dell’anno, che si lascia alle spalle i calori estivi. La festività
dell’Assunta sostituì i rituali pagani in onore di Diana, dea della luna, dei boschi e della caccia,
ereditando anche il ruolo protettivo dei boschi e dei raccolti, in coincidenza delle feriae augustae, da
cui deriva il nostro termine Ferragosto.
La Vergine Lauretana compare a partire dal XVII secolo su molte medaglie devozionali, classificabili
in base al tipo di corona e di dalmatica, cioè la veste giustapposta sulla Madonna, che è stretta e
lunga in quelle più vecchie e campaniforme in quelle più recenti. La corona rappresenta il trionfo
sopra la morte e perciò sopra il peccato. Vista l’alta richiesta, spesso queste medagliette venivano
prodotte anche in zecche periferiche molto distanti da Loreto, pur mantenendo caratteristiche
iconografiche simili. Di conseguenza, così come per quelle in cui compare la scritta ROMA, non
necessariamente l’indicazione del luogo o la tipologia sono indice di certezza rispetto al luogo di
produzione (medaglie devozionali erratiche lauretane)
Il culto della Consolata è legato al miracoloso rinvenimento della sua immagine, avvenuto nel 1104 ad
opera di un cieco. È protettrice di Torino dal 1706, e ciò si lega strettamente a fattori politico-
territoriali, visto che i cittadini devoti si ritennero protetti dalla Madonna nel periodo dell’assedio
francese. Nel 1730 venne inaugurata da Carlo Emanuele la Basilica di Superga, eretta in memoria del
voto fatto da Vittorio Amedeo II alla Consolata prima della battaglia contro i Francesi. Dopo la
battaglia vennero inoltre poste nella zona del combattimento (Lucento e Regio Parco) circa 200 stele
votive in pietra con l’effigie della Consolata e la data 1706, alcune ancora visibili oggi. La Madonna
della Consolata rivelò appieno la potenza del suo manto protettivo in occasione dell’epidemia di
colera del 1835, allorché la municipalità fece voto di restaurare la cappella e di costruire una colonna
ad ovest della chiesa (tuttora esistente) se Torino fosse stata risparmiata dal morbo. E poiché in effetti
la città non fu colpita dal colera, si ebbe una enorme crescita della devozione alla Consolata, cui si
richiedeva intercessione anche in caso di malattie infantili, di parti difficili e di infortuni sul lavoro,
molto frequenti nell’industrializzata Torino dell’800 e testimoniati dai numerosi ex voto affissi.

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Un altro famoso intervento miracoloso della Madonna risale al 1571, durante la battaglia di Lepanto:
insieme a S. Marco patrono di Venezia, aiutò la flotta della Lega Santa creata da Pio V a sconfiggere
la flotta ottomana, segnando il declino dell’influenza degli infedeli che minacciavano concretamente
la culla della cristianità. Questo fatto segnò un ulteriore aumento della popolarità del culto di Maria,
con particolare affermazione di devozioni popolari legate all’immagine di alcuni luoghi. Ad esempio
alla fine del ‘600 i montanari della Valle Antigorio e Formazza, venuti a Bologna dal nord alla
ricerca di lavoro (facchini e fornai), mantennero uno stretto legame con il loro paese di origine
(Cravegna) dai cui alpeggi si poteva vedere il Monte Rosa. Si trattava di gente molto religiosa, che
venerava profondamente l’icona della Vergine con Bambino, conosciuta come “Madonna di S. Luca”
perché posta nel santuario eretto sul colle o monte della Guardia (così chiamato a ricordo delle milizie
che un tempo vi stazionavano a difesa della città). Tale santuario é collegato alla città di Bologna da
un famosissimo porticato della lunghezza di 3 miglia, formato da 627 archi, iniziato in occasione del
Giubileo del 1675 ed alla cui costruzione contribuirono anche questi emigranti (es. facchini della
dogana), che spesso si recavano sul piazzale per cercare di vedere, nelle giornate limpide, la sagoma
famigliare del Monte Rosa all’orizzonte. La leggenda narra che la tavola della Madonna venne
dipinta dall’evangelista Luca e portata a Bologna da un pellegrino, che l’aveva avuta a Costantinopoli
dove era conservata nella chiesa di S. Sofia. Dall’agosto del 1433 questa icona iniziò le sue discese
annuali in città per la festa dell’Ascensione, e fu oggetto di profonda venerazione quale portatrice di
salvezza, speranza, amore, pace, serenità terrena e ultraterrena, toccando ogni anno due quartieri
diversi, mentre erano fisse certe fermate e la benedizione notturna dal sagrato di S. Petronio. Dopo tali
esposizioni, spesso la tavola della Madonna veniva ritirata nella chiesa dell’ospedale di S. Maria della
Morte. Gli emigrati fecero poi fare dal Guercino, che abitò e tenne scuola al n. 3 di via S. Alò dal
1642 al 1666, una copia della Madonna da inviare al paese di origine.
La componente più significativa delle medaglie religiose mariane in alluminio o alluminio anodizzato
è rappresentata dalla cosiddetta “medaglia miracolosa”, che deve la sua origine alle Apparizioni
Mariane nella cappella di rue du Bac di Parigi nel 1830. Sabato 27 novembre 1830 la Vergine
Immacolata apparve a Suor Caterina Labouré, delle Figlie della Carità di S. Vincenzo de’ Paoli, e le
affidò la missione di far coniare una medaglia portativa contenente l’invocazione “O Maria concepita
senza peccato pregate per noi che ricorriamo a Voi” sul diritto, con la Vergine stante appoggiata al
globo che rappresenta il mondo e ogni singola anima, raggi sfolgoranti che fuoriescono dalle mani
tese e che rappresentano le grazie sparse sulle persone che le hanno chieste; sul rovescio la lettera M
sormontata da una croce posta su un’asta trasversale e al di sotto due cuori uno circondato da spine
(Gesù) e l’altro trafitto da una spada (Maria), il tutto in cornice di 12 stelle pentafille. Questa medaglia
indusse il Papa Pio IX che la arricchì di indulgenze a definire nel 1854 il dogma dell’Immacolata
Concezione (Maria è stata concepita senza peccato = è nata senza il peccato originale), Leone XIII
concesse il 23/07/1894 la festa della Milizia Mariana, Pio X approvò l’associazione da cui traggono
origine anche le Figlie di Maria; dal 1927 a Filadelfia si celebra la novena perpetua del Lunedì e viene
pubblicato un bollettino dell’Opera della Medaglia e Suor Caterina fu proclamata Santa da Pio XII nel
1947. Esiste una variante, distribuita dal 1966 dalla Milizia Mariana, piazza Malpighi 9 Bologna, e
dal Cenacolo Mariano di Borgonuovo di Pontecchio M., Bologna che presenta la scritta “O Maria
concepita senza peccato prega per noi che a Te ricorriamo”. Padre Massimiliano Kolbe
raccomandava poi di recitare l’aggiunta “e per quanti a Te non ricorrono, in particolare per i nemici
della Chiesa, e per quelli che Ti sono raccomandati”.
L’8 dicembre 1949 Pio XII proclamò la Virgo fidelis patrona del carabinieri, con motto “nei secoli
fedele”, rafforzando la sinergia protettiva Vergine-Arma. Lo stesso pontefice nel 1950 definisce il
dogma dell’Assunzione cioè della salita al cielo di Maria, riconoscendo quanto a livello popolare si
festeggiava già da secoli e che dal Medioevo era diventata la più grande festa mariana.

Gli angeli : spesso riprodotti sulle medaglie devozionali, hanno anch’essi un simbolismo. Sono divisi
in nove cori, raggruppati in tre gruppi: consiglieri (1. serafini: rossi, con sei ali e spada fiammeggiante
– 2. cherubini: azzurri, sei ali attorno ad una testa senza corpo – 3. troni: infocati e ocellati),
governatori (1. dominazioni: scettro, corona o globo – 2. virtù: bacchetta e compiono miracoli – 3.
potenze: scettro e bacchetta, combattono i demoni) e ministri (1. principati: costume da guerriero con
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ascia e giavellotto – 2. arcangeli: in costume militare, spada e scudo – 3. angeli: messaggeri con
areola, ali e un attributo simbolo della loro missione) Il nome degli arcangeli presenta alla fine le
lettere EL (Dio) e infatti sono tutti theophori, cioè portatori di Dio. I sette arcangeli sono: Gabriele,
nunzio, messaggero del lieto evento, rappresentato in abito diaconale con scettro, giglio, olivo e
palma, e nella seconda apparizione a Maria con lucerna e lettera – Raffaele, medico, risanatore del
cieco Tobit e fedele compagno di viaggio del figlio Tobia, che viene rappresentato con bisaccia,
pisside in mano e grosso pesce appeso al bastone – Michele, il vittorioso, capo delle schiere angeliche,
vincitore del dragone, rivestito di corazza, tunica scudo, lancia o spada, incensiere, labaro e bilancia
per pesare le anime il giorno del giudizio – Uriele, forte alleato con spada di fuoco e fiamma sotto i
piedi, è di guardia alle porte dell’Eden – Barachiele, ausiliario, porta il manto, e un mazzo di rose
bianche, avrebbe preceduto gli israeliti nella colonna di fuoco durante la fuga dal deserto – Seatiele,
oratore, si interpose perché Abramo immolasse un capro al posto del figlio Isacco, rappresentato a
mani giunte in orazione – Iehudiele, rimuneratore, con corone e staffile, premio e castigo

Santi Patroni & Beati


Da sempre la Chiesa porta ad esempio figure di martiri, vescovi, eremiti, monaci, mistici, predicatori,
missionari, taumaturghi, parroci, operatori sociali; proclamandoli Beati e Santi, li annovera come
fratelli e sorelle d’eccezione, che in vesti e per cammini diversi hanno documentato un’assoluta
dedizione al Vangelo. Sono pertanto dei modelli di perfezione, mediatori di grazia divina, cui i fedeli
rivolgono fiduciosi le loro preghiere. Secondo alcuni i santi sono i successori degli eroi e degli dei, e
la chiesa li ha utilizzati per poter comunicare con tutti. I santi guerrieri sono serviti per poter
indirizzare la forza fisica e la conseguente protezione a fini devoti .
Visto il perdurare dei mali (materialismo, egoismo, avidità, disuguaglianza, razzismo, sfruttamento,
violenza, guerre ecc.) contro cui queste figure hanno combattuto con le sole armi della fede, della
carità e della speranza, queste forme di culto e di devozione risultano sono ancora vive e attuali
anche nel nostro tecnologico III millennio. Di recente “Famiglia Cristiana” ha promosso un
sondaggio dal quale risulta che il 70% degli italiani porta con sé un santino o una medaglietta; padre
Pio risulta il santo più invocato (31%) seguito da S. Antonio (25%), Maria (9%) S. Francesco (7%) S.
Rita (4%), S. Giuseppe (4%), Gesù (2%) mentre numerosi altri santi si attestano sull’1%. Questa
rivista ha poi raccolto in una piccola enciclopedia di 13 volumi i santi più noti, ordinati secondo il
giorno di festeggiamento; analoga iniziativa è stata intrapresa da “La Nazione”.
Mentre i primi santi sono quasi sempre dei martiri, cessata la persecuzione dopo l’editto di Costantino
essi vengono sostituiti da vescovi.
Un posto di primo piano spetta in Italia ai numerosissimi santi patroni, che sono delle vere e proprie
incarnazioni locali del soprannaturale, mediatori tra cielo e terra, garanti delle fortune municipali al
punto da offuscare il culto della divinità suprema. Patrocinium significa anche reliquia, materia e al
tempo stesso segno della protezione elargita. I potenti con il dono di un resto insigne, spesso
recuperato in Terra Santa, ottennero uno strumento per la sacralizzazione del loro potere. Tutti
cercarono la praesentia e la potentia di un resto importante, perché questo dava prestigio e rango. Il
sepolcro dell’antico eroe fondatore della città venne sostituito dal corpo del santo, che assume anche
una centralità di tipo urbanistico, influenzando gli itinerari delle processioni ed i pellegrinaggi. Essi
sono così divenuti defensor civitatis, depositari di consuetudini e memorie. Sino al XII sec. la scelta
del patrono e anche la sua canonizzazione erano locali, poi gradualmente vennero sempre più
centralizzate. Sisto V nel 1588 istituisce la Congregazione dei Riti per standardizzare le
canonizzazioni e nel 1630 il decreto pro patronis in posterum eligendis pose il patronato sotto lo
stesso controllo. Con il Concilio Vaticano II per orientamento ecclesiologico o cristologico, ogni santo
è il volto di Gesù, nonché incoronazione completa del santo Spirito. Nelle messe viene abolito il
proprio, cioè la liturgia dedicata al santo locale, che diventa di memoria facoltativa. Il popolo invoca
soprattutto guarigioni, perché la forza fisica è indice della capacità di lavoro e quindi di sussistenza.
L’ex voto anatomico è il contrassegno che testimonia la guarigione attraverso lo strofinamento della
parte malata. Il santo può non solo guarire ma anche fare ammalare della stessa malattia chi non
rispetta il voto. La materia del profilo taumaturgico spesso è determinata dalle modalità di martirio.
Fino al XVII sec. la medicina ufficiale associa pratiche terapeutiche e taumaturgia soprannaturale.
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I santi patroni sono tra i toponimi maggiormente diffusi, ma anche i nomi di battesimo più ricorrenti,
punti di repere geografici, storici e politico-sociali, denominatori comuni dell’unità del paese,
soprattutto tra i ceti popolari. Goethe nel “Viaggio in Italia” diceva “ tutto considerato non c’è che da
approvare che ci siano tanti santi; ogni credente può così scegliersi il proprio e rivolgersi con piena
fiducia a quello che gli è più congeniale”. Tra il 1630 e il 1750 in Italia vengono eletti ben 410
patroni, cifra che non ha riscontro in nessun altra nazione, con maggior densità in Umbria. Le
esigenze elementari di protezione e consolazione, nella necessità di dare forma alla sete dell’anima e
al dolore, hanno portato alla numerosa diffusione delle devozioni. Urbano VIII nel 1642 trasforma con
il breve Pro observatione festorum la ricorrenza del patrono principale in festa di precetto, quindi in
giorno festivo per i lavoratori con sacralizzazione dello spazio urbano nel dì di festa per antonomasia,
in cui tutti mostrano il meglio di sé agli altri. L’arte cristiana dà alla dottrina un volto e una forma
chiara, precisa e riconoscibile anche senza l’ausilio della componente epigrafica.
Su alcune medaglie sono stati riprodotti i quattro Padri della Chiesa: S. Agostino, S. Ambrogio, S.
Girolamo, S. Gregorio Magno, su altre i dottori della Chiesa, che così come i Padri necessitano di
santità, ortodossia, scienza e consenso ecclesiastico. Mentre i padri sono necessariamente antichi (dei
primi secoli) i dottori possono essere anche molto più recenti e debbono essere proclamati con decreto
ufficiale o di un concilio o del sommo pontefice. Attualmente sono 33, elencati in ordine di nomina
(tra il 1298 e il 1997) : S. Gregorio I Papa (S. Gregorio Magno), S. Ambrogio da Milano, S. Agostino
d’Ippona (Doctor Gratiae), S. Girolamo, S. Giovanni Crisostomo, S. Basilio Magno, S. Gregorio
Nazianzeno, S. Atanasio di Alessandria, S. Tommaso d’Aquino (Doctor Angelicus), S. Bonaventura
da Bagnoregio (Doctor Seraphicus), S. Anselmo d’Aosta (Doctor Magnificus), S. Isidoro di Siviglia,
S. Pietro Crisologo, S. Leone I Papa (S. Leone Magno), S. Pier Damiani, S. Bernardo di Chiaravalle
(Doctor Mellifluus), S. Ilario di Poitiers, S. Alfonso Maria de’Liguori (Doctor Zelantissimus), S.
Francesco di Sales, S. Cirillo di Alessandria (Doctor Incarnationis), S. Cirillo di Gerusalemme, S.
Giovanni Damasceno, S. Beda il Venerabile, S. Efrem il Siriano, S. Pietro Canisio, S. Giovanni della
Croce (Doctor Mysticus), S. Roberto Bellarmino, S. Alberto Magno (Doctor Universalis) S. Antonio
da Padova (Doctor Evangelicus), S. Lorenzo da Brindisi (Doctor Apostolicus), S. Teresa d’Avila, S.
Caterina da Siena, S. Teresa di Lisieux
I 14 santi ausiliari solo occasionalmente vennero rappresentati in gruppo mentre ebbero
singolarmente una vastissima diffusione, con attributi iconografici attinenti ai loro patronati: S.
Acacio con la corona di spine, invocato contro il mal di testa – S. Barbara, con la torre e il Ciborio
sormontato dall’Ostia, invocata contro il fulmine e la morte improvvisa, patrona dei minatori e degli
artiglieri – S. Biagio, con due ceri incrociati, è invocato per le malattie della gola – S. Caterina, con la
ruota spezzata, invocata saggia consigliera da studenti, filosofi e avvocati – S. Ciriaco, in abito da
diacono, invocato contro le malattie degli occhi e le possessioni diaboliche – S. Cristoforo, con il
Bambino Gesù sulle spalle, è invocato nelle tempeste, uragani, pestilenze e contro gli incidenti di
viaggio – S. Dionigi, con la testa tagliata tra le mani, invocato contro le possessioni diaboliche – S.
Egidio o Gillio, con la cocolla benedettina e un cervo a lato, invocato contro il mal caduco, il panico,
la pazzia e i dolori notturni – S. Erasmo, con gli intestini attorcigliati all’argano, è invocato contro le
malattie intestinali ed è patrono dei medici – S. Eustachio in abito da cacciatore con un cervo a lato,
invocato contro il fuoco eterno e il temporale – S. Giorgio, nell’atto di uccidere il drago, è invocato
contro le malattie erpetiche – S. Margherita, con il drago incatenato a lato, invocata contro il mal di
reni a patrona delle partorienti – S. Pantaleone, con le mani inchiodate, è invocato per le malattie di
consunzione ed è patrono dei medici – S. Vito o Guido, con la croce, è invocato contro la corea o
ballo di S. Vito, la letargia e il morso delle bestie velenose e idrofobe.
Vengono ora riportate notizie, particolarità e tradizioni popolari relative ad alcuni dei principali santi.
Non si tratta di un elenco omogeneo né tanto meno esaustivo, che viene in parte integrato dalle notizie
riportate nella bibliografie delle schede degli oggetti catalogati e illustrati.
S. Aspreno – primo vescovo e patrono di Napoli, veniva invocato per la cura dell’emicrania e delle
malattie osteo-articolari da cui derivò il nome commerciale dell’ASA (Aspirina)
S. Ambrogio – nato a Treviri nel 339 e morto a Milano nel 387, fu eletto per acclamazione vescovo
di Milano il 7 dicembre del 374. I suoi resti sono raccolti insieme a quelli di Gervasio e Protasio, che
furono i primi patroni della città. L’importanza di questo santo nella storia di Milano risulta evidente,
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visto che i milanesi sono detti anche ambrosiani. Egli modificò il rito introducendo quello
ambrosiano, che prevedeva un avvento di 6 anziché 4 settimane, una quaresima più breve, e un
battesimo per immersione anziché per infusione. Lottò contro l’eresia ariana.
S. Andrea apostolo – le sue spoglie, trasportate da Costantinopoli ad Amalfi nel XIII sec.,
emanavano la manna, utilizzata come rimedio per molti mali ed alla quale il Tasso nella
Gerusalemme Liberata dedica un bellissimo sonetto.
S. Antonio da Padova – questo frate francescano risulta tra i più famosi santi del mondo e la basilica
di S. Antonio a Padova è un classico esempio di principio generativo dello spazio urbano. I santini
merlettati mostrano S., Antonio da Padova circondato dai suoi miracoli, con ex voto provenienti da
tutto il mondo. Circolano poi ancora i “brevi di S. Antonio” rettangoli di carta che da un lato
presentano l’immagine del santo e dall’altro la formula esorcistica “ecce crucem domini fugite partes
adversae vicit leo de tribu Juda radix David alleluja alleluja” (anche in epoca pagana vi erano
formule propiziatorie, quali sator arepo tenet opera rotas) Il giglio presente come suo attributo
secondo alcuni testimonia la potenza taumaturgica del ciclo morte-rinascita. Quando si perde un
oggetto si recita un sequerio (= formula, dal latino siquaeris) “Santo Antonio dalla barba bianca,
fammi trovare quello che manca” anche se in realtà la barba bianca è dell’abate Antonio (v. sotto),
infatti spesso la tradizione popolare li confonde e li sovrappone anche da un punto di vista
iconografico.
S. Antonio abate – anacoreta egiziano del II secolo, era accompagnato dal porcello ed era noto per la
capacità di guarire il fuoco di S. Antonio (herpes zoster). Secondo la leggenda egli prese il fuoco
dall’inferno, come una sorta di Prometeo cristiano, nascondendolo all’interno del suo bastone grazie
all’aiuto del maiale che distrasse i diavoli. Gabbando i diavoli, secondo le usanze contadine, si
sconfiggevano anche miseria, malattia e fame. Nel XII sec. le spoglie del Santo vennero trasportate da
Costantinopoli al Delfinato per sottrarle agli infedeli e venne fondato l’ordine dei Canonici regolari di
S. Antonio che allevavano liberamente i maiali, lasciandoli circolare con un campanello a Tau sul
collo; questi animali venivano macellati nei mattatoi annessi alla chiesa-ospedale per ricavare anche il
lardo utilizzato contro il fuoco di S. Antonio. Sempre collegata al mondo rurale, oltre alla
sacralizzazione del maiale, è la festa del santo del 17 gennaio, con l’accensione dei fuochi nei campi.
Secondo la leggenda il 16 notte il santo passava nelle stalle, benedicendo i padroni che trattavano bene
le bestie. A S. Daniele nel Friuli, zona di produzione dei famosi prosciutti, la chiesa principale è
dedicata a S. Antonio abate ed è soprannominata la Sistina del Friuli.
S. Bartolomeo – protettore dalle malattie della pelle perché scorticato vivo.
S. Bernardino da Siena – nato a Massa Marittima l’8 settembre 1380 (giorno in cui si festeggia la
natività di Maria), entrò nei frati minori francescani; nelle sue predicazioni insisteva sulla devozione
al nome di Gesù e durante la messa distribuiva tra i fedeli delle tavolette con il simbolo IHS da
baciare. A questo riguardo ebbe addirittura un processo per eresia, scontrandosi con il domenicano
Manfredi da Vercelli che lo accusava di idolatria e superstizione. Noto per un trattato “Sui contratti e
l’usura”, nel quale giustificava l’applicazione di moderati tassi di interesse sui capitali investiti da
persone efficienti, responsabili e laboriose che si assumevano un rischio, sottolineando la necessità
dell’uso sociale della ricchezza e condannando invece gli usurai e i biscazzieri. Rifiutò per ben tre
volte la nomina a vescovo, accettando solo gli incarichi interni all’ordine per santa obbedienza. Morì
all’Aquila nel 1444 e dalla sua bara continuò ad uscire sangue fino a quando le due fazioni che in città
si stavano affrontando non si riappacificarono. Un quadro del Perugino lo ritrae mentre guarisce un
soldato ferito in una rissa. E’ invocato contro le emorragie; si celebra il 20 maggio
S. Biagio – decollato, dalle dita miracolose e protettore dal mal di gola. Santo medico appartenente
alla categoria degli anargiri, cioè di coloro che curavano gratuitamente gli ammalati. Specializzato
nell’orofaringe, il 3 febbraio, giorno della sua festa, nelle chiese i sacerdoti toccano la gola con olio
benedetto e si mangiano pani a forma di dita per guarire la gola. Anche gli animali vengono protetti
portando al collo un laccio rosso e a Roma nella chiesa soprannominata “S. Biagio alla pagnotta” si
distribuivano pani che avevano la forma delle parti ammalate, veri e proprio ex voto anatomici,
mentre a Milano venivano mangiate delle fette di panettone conservate dalla feste natalizie.
S. Camillo – Camillo de Lellis (Bucchianico 1550 - Roma 1614), fondatore dell' ordine dei Chierici
Regolari Ministri degli Infermi (Camilliani); patrono degli ammalati, degli infermieri e degli ospedali,
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protettore della sanità militare; beatificato nel 1742, canonizzato nel 1746, si festeggia il 14 luglio.
Dopo aver fatto il militare, nel 1575 abbracciò la vita religiosa diventando frate cappuccino, nel 1583
fu ordinato sacerdote e aggiunse un quarto voto che prevedeva l’assistenza ai malati anche a rischio
della propria vita.
S. Carlo Borromeo – anch’esso vescovo di Milano, coprotettore della città con S. Ambrogio, vive la
rifondazione post-conciliare di Trento contrastando lo scisma luterano. Nato nel 1538 ad Arona sul
lago Maggiore, nipote di Pio IV, contribuì all’elezione del domenicano Pio V che rese operativa la
riforma della chiesa, introducendo il breviario per unificare la liturgia e rendendo obbligatoria per i
vescovi la residenza nella propria diocesi. A Milano fondò l’università di Brera affidata ai gesuiti e la
facoltà di teologia. Combattè la peste del 1576, mori nel 1584, venne canonizzato nel 1610.
S. Ciro – medico anargiro, esercitò ad Alessandria d’Egitto dove morì decollato all’inizio del IV
secolo. Nel V sec. le reliquie furono trasportate a Menouthis presso Canapo dove sorse un santuario,
che rivaleggiò con quello di Cosma e Damiano di Costantinopoli. Poi le spoglie giunsero a Roma
nell’alto medioevo, e quindi a Napoli nella chiesa di Gesù nuovo, dove riposa tuttora nella cappella di
S. Francesco del Geronimo, religioso del Seicento che guarì 11.000 persone strofinando le parti
ammalate con le reliquie di Ciro. Dal 1776 è patrono di Portici.
SS. Cosma e Damiano (medico & speziale) – dioscuri cristiani, gemelli, esercitarono come anargiri
la medicina a Egea, già centro di culto di Esculapio. Come Castore e Polluce, protettori dell’arte
medica e cerusica, ma coniugata alla carità cristiana. Fecero il primo trapianto d’organi innestando
una gamba di pelle scura su una amputata. Martirizzati sotto Diocleziano, furono sepolti in Siria con
Ciro. Al loro sepolcro guarì l’imperatore Giustiniano e il culto si propagò in oriente; nel loro
santuario di Costantinopoli si praticava l’incubatio (attesa della guarigione) Papa Felice IV nel sesto
secolo fece erigere a S. Cosma e Damiano un santuario a Roma ed a Firenze Cosimo de’ Medici,
vista l’omonimia, commissionò al Beato Angelico una serie di dipinti dove sono raffigurati in veste
rossa con fiale, spatole, bisturi e borsa per i farmaci. Patroni dei medici, divennero in seguito anche
patroni dei farmacisti e dal XIII secolo dei barbieri e delle levatrici. Ad Isernia il 27 settembre si
espongono le loro reliquie e vengono distribuiti dei falli in cera alle donne che hanno difficoltà
riproduttive.
S. Donato – decapitato, protegge dall’epilessia e dalle malattie mentali.
S. Espedito – patrono dei postini e delle cause urgenti.
S. Erasmo – invocato contro le coliche.
S. Francesco – fondatore dei frati minori francescani (che per regola non giudicano gli altri ma solo
sé stessi.) è uno dei santi più popolari, copatrono d’Italia con Caterina da Siena dal 18 giugno 1939.
E’ il primo santo con stimmate, ricevute sul monte della Verna (Arezzo, dove fondò anche la sua
congregazione): su mani e piedi le ferite dei chiodi della crocifissione, sul torace la ferita della lancia
di Longino e sulla spalla le lesioni lasciate dal trasporto della croce. Questi segni, dopo sette secoli,
sono comparsi anche sul confratello Padre Pio. Nel 1223 Francesco inventò il Presepio di Natale.
Morì a 44 anni nel 1226 e dopo soli 2 anni venne proclamato santo da Gregorio IX.
S. Gennaro – il sangue di Napoli: per i credenti è un evento miracoloso e la mancata liquefazione
viene interpretata come grande flagello. Secondo i detrattori il fenomeno è un graziosissimo capitolo
della chimica per tenere a bada un popolo di nulla-facenti, poiché l’accertamento scientifico
trasformerebbe il mistero in impostura e la credenza in credulità.
A Napoli nel ‘600 vi erano moltissime ampolle miracolose di numerosi santi. Secondo Goethe il
ricorso al sangue, arcaico sugo della vita, viene fatto contro la morte e contro il diavolo. Nel 1631
l’esposizione delle reliquie allontanò la lava del Vesuvio dalla città. Nel 1799, durante l’occupazione
francese, la liquefazione fece definire il santo “spione di Dio che si fa giacobino” Nel 1527 è stata
formata una deputazione del tesoro di S. Gennaro, che conta oggi 10 componenti scelti dal presidente
della Repubblica su una rosa di nomi proposti da altri deputati; tale organismo è attualmente
presieduto dal sindaco di Napoli.
S. Giorgio – palestinese martirizzato nel 303, dal 1099 patrono di Genova e in seguito dell’Inghilterra
su licenza concessa da Genova dietro pagamento di compenso in denaro. Dopo le crociate la croce di
S. Giorgio compare anche sulla bandiera inglese e sul rovescio delle sterline il santo è magistralmente
riprodotto da Pistrucci a cavallo mentre uccide il drago. Si tratta di una rivisitazione di un mito
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pagano, in cui Perseo uccise la Medusa per salvare Andromeda e Eracle l’Idra di Lerna, mostro con
corpo da serpente e molte teste.
S. Giovanni Battista (battezzava nel fiume Giordano) – figlio del sacerdote Zaccaria e di Elisabetta,
cugina della Vergine Maria, chiamato anche “il precursore” perché preparò la via a Gesù. Santo della
notte di mezza estate, unica figura di cui si celebra la nascita (24/06) e la morte (29/08) Venne
decollato da Erode Antipa ed ha assunto il patronato di numerose confraternite della misericordia, che
portano come emblema la testa adagiata su un vassoio
S. Giuseppe – modello di padre, patrono della Chiesa dall’8 dicembre 1870. La sua popolarità è
testimoniata dal fatto che il suo nome risulta tra quelli più diffusi in Italia. Falegname, carpentiere,
patrono dei lavoratori dal 1° maggio 1956.
S. Lorenzo – patrono di Grosseto , venne arrostito su una graticola ed è invocato contro gli incendi e
le scottature.
S. Marco evangelista – custodito a Venezia, il suo vangelo è più autorevole degli altri perché scritto
su racconti di Pietro. Fu successore di Pietro e Paolo, morì martire ad Alessandria d’Egitto dove dei
mercanti veneziani lo sottrassero agli infedeli nascondendo i suoi resti in una cesta, sotto carne di
maiale; le sue spoglie giunsero a Venezia il 31 gennaio dell’828. Il suo simbolo è il leone alato.
Patrono dei vetrai e dei fabbricanti di ceste. Insieme alla Vergine fu protagonista della vittoria di
Lepanto del 7 ottobre 1571 contro la flotta ottomana.
S. Matteo evangelista – scrisse il suo libro il 60 d.C in armeno e venne poi tradotto in greco.
Dapprima esattore, e successivamente al seguito di Gesù morì martire in Etiopia; nel IV sec. i resti
giunsero a Velia e poi a Paestum, dove nel 1080 i Normanni gli dedicarono una nuova cattedrale per
ingraziarsi il popolo. Tutte le vicende delle spoglie di Matteo ruotano intorno ad un topoi altamente
simbolico, perché le due città erano il simbolo del paganesimo e della cultura greca ante-Socrate, con
famosissimi santuari. Patrono di Salerno, noto anche lui per la manna o sacra rugiada.
S. Michele arcangelo – arcangelo dell’Apocalisse, patrono dei cristiani, di Cuneo, Caltanissetta e dei
mestieri che implicano l’uso della bilancia. Sul Gargano vi è un celebre santuario dal 490 d.C. per
questo addetto alla pesatura delle anime, che ricorda molto da vicino alcune divinità pagane (Ermes,
Mercurio per i latini) Contende al demonio le anime dei trapassati, che dopo la morte debbono
attraversare il ponte di S. Giacomo sottile come un capello.
S. Nicola – nel 1087 dei marinai baresi sottrassero le spoglie che si trovavano nella città di Mira
assediata dagli infedeli e il suo corpo ora riposa in un santuario al centro di Bari, la cui gestione è stata
di recente restituita alla Russia in occasione della visita di Putin. I pellegrini che andavano in Terra
Santa non imbarcandosi da Venezia facevano due soste in Puglia : una a monte S. Angelo al santuario
dell’arcangelo Michele e l’altra a Bari a quello di S. Nicola. I suoi resti emanano un olio che ha il
potere di guarire numerose patologie, detto manna. Tra tutti i miracoli il più noto per straordinaria
potentia è la resurrezione di tre bimbi, uccisi da un oste, fatti a pezzi e messi in salamoia. Da questo
santo deriva nei paesi nordici la tradizione di S. Claus cioè di Babbo Natale . Amico dei bambini, il
suo culto è tuttora molto diffuso nei paesi dell’est.
S. Petronio – protettore di Bologna dal XIII sec. al posto di Pietro, ottavo vescovo di Bologna si
rivelò anche abile amministratore costruendo case per i poveri e riproducendo nella città le sette
chiese di Gerusalemme. I bolognesi sono detti anche petroniani, così come i napoletani partenopei
dalla sirena Partenope. La chiesa di S. Petronio non è mai stata finita e presenta tuttora i mattoni a
vista. Nonostante sia la chiesa più famosa della città, non è la cattedrale di Bologna ; è stata di
proprietà della città fino al concordato del 1929, poi presa in carico dal Vaticano nel 1937 e
consacrata solo il 3 ottobre 1954, 462 anni dopo la prima messa.
S. Pietro & S. Paolo – come Romolo e Remo rifondano la Roma cristiana il 29 giugno, in
coincidenza con un’ antica festa pagana. Pietro è un rozzo pescatore di anime, mentre Paolo è colto
erudito e conoscitore della lingua greca, al quale la religione popolare attribuisce anche il potere di
guarire dal veleno di serpenti e ragni. Gli individui immuni erano detti sanpaolari e nel meridione uno
dei suoi appellativi era quello di “santu Paolo delle tarante”, in riferimento cosiddetto tarantolismo:
malattia più simbolica che reale, derivante dal disagio esistenziale, curata con una terapia coreutica-
musicale per cui il tarantolato ballava fino alla guarigione al ritmo frenetico della pizzica.

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S. Pio da Pietralcina (Benevento) – frate con le stigmate, (dal greco segno, puntura). come S.
Francesco. A S. Giovanni Rotondo fondò la Casa Sollievo della sofferenza, focalizzando
l’associazione tra corpo/anima, salvezza/salute, sanità/santità, già sviluppate da S. Giuseppe Moscati
clinico di Napoli all’inizio del ‘900. Si festeggia il 23 giugno.
S. Rocco – santo degli appestati, spesso raffigurato con un cane. Nato in Francia intorno al ‘300,
morto a Roma nel 1317 all’età di 32 anni, guariva gli appestati con il solo segno della croce.
Protettore di tutte le epidemie e propiziatore di buoni raccolti. In Italia le intitolazioni patronali sono
numerosissime e molti comuni o frazioni portano il suo nome. Le reliquie, giunte a Venezia, resero
famosissima la confraternita della scuola grande di S. Rocco, le cui sale vennero magistralmente
affrescate da Tintoretto. Il santo è dipinto come pellegrino con la conchiglia di S. Giacomo, emblema
del pellegrinaggio a Santiago di Compostela, cucito sul mantello, affiancato dal cane e con il bastone.
S. Agata – patrona di Catania, delle balie, delle puerpere e dei pompieri. Martire cristiana del III
secolo, si donò totalmente a Dio a 15 anni con la cerimonia della velatio; rifiutò di adorare gli dei
pagani per cui fu sottoposta a tortura che culminò con lo strappo di una mammella; per questo viene
invocata contro malattie del seno. Si narra che il suo velo fu usato spesso come scudo per proteggere
la città dalla lava dell’Etna. Si festeggia dal 3 al 5 febbraio con processioni solenni in cui il feretro
d’argento chiamato “a vara”, viene esposto insieme ad 11 enormi candelieri detti cannalore su cui
sono scolpiti gli episodi salienti della sua vita. E’ una delle feste cattoliche più importanti a livello
internazionale, considerata patrimonio mondiale dell’umanità dall’UNESCO nella categoria di beni
immateriali di tipo etno-antropologico. Co-patrona di Malta.
S. Anna – modello di virtù domestica, è una delle sante più popolari d’ Italia come prova l’enorme
diffusione del culto e del nome, che deriva dall’ebraico Hannah (grazia) Madre di Maria, a parlare di
lei sono soprattutto i vangeli apocrifi. Il suo culto assume grande popolarità dal medioevo e a fine
‘500 Gregorio XIII la inserisce nel messale. Patrona elettiva delle puerpere, lavandaie e ricamatrici,
fabbricanti di scope, corredi matrimoniali. e rigattieri. Come madre di Maria stella maris è anche una
delle principali protettrici dei marinai. E’ istituto centrale dell’identità italiana della famiglia che
comprende la presenza di tre generazioni, in cui Maria rappresenta il paradigma della mamma e S.
Anna il modello ideale della nonna
S. Apollonia – invocata contro il mal di denti, martire torturata con l’asportazione di tutti i denti.
S. Barbara – protettrice di Rieti, patrona dei pompieri perché torturata con il fuoco e invocata contro i
fulmini, per associazione simbolica con la folgore che incenerì il suo carnefice
S. Caterina – nata a Siena nel 1347, mantellata domenicana, intellettuale senza saper né leggere né
scrivere, venne nominata dottore della Chiesa da Paolo VI nel 1970. Per la sua vita ascetica e per la
sua estrema debolezza fisica si parla anche della “santa anoressia” di Caterina da Siena
S. Chiara – fondò il secondo ordine francescano, ed alla sua morte le consorelle si chiamarono
clarisse. Papa Gregorio IX concesse a Chiara il privilegio della povertà, consistente nel non potere né
dovere accettare alcuna proprietà, neppure in comune. La santa trascorse l’ultima parte della sua vita a
letto, immobilizzata dal male, e mentre si doleva di non poter partecipare alla messa udì
miracolosamente il canto dei monaci che salmodiavano nella basilica di S. Francesco e le si spalancò
l’interno del tempio con al centro il presepe. Per questo motivo il 14 febbraio 1958 Pio XII proclamò
S. Chiara patrona della TV ed in generale dei mezzi di comunicazione. Le si attribuiscono poteri
taumaturgici contro le malattie della vista.
S. Elisabetta di Ungheria (Bratislava 1207 – Marburgo 1231) – figlia di re Andrea II di Ungheria e
di Gertrude di Merano, discendente di Carlo Magno. Patrona dell’ordine francescano secolare con S.
Luigi di Francia, protettrice delle persone addette alla cura dei malati, delle opere di carità cattoliche e
dei panettieri. Contemporanea di S. Francesco, seppe come lui spogliarsi di tutti i suoi beni materiali,
rinunciando ai fasti di corte per assistere i poveri. Emblemi: cesto di pane, rose. Nel 2007, in
occasione dell’8° centenario della nascita, le reliquie itineranti (peregrinatio reliquie) della santa
hanno raggiunto anche il Piemonte
S. Lucia – Patrona di Siracusa, ha potere taumaturgico contro le malattie della vista, perché le
vennero strappati gli occhi. La collocazione del dies natalis intorno al solstizio induce ad associarla
alla luce e alla vista ed il suo nome deriva proprio dalla parola latina lux. Questo filo etimologico
spiega perché viene raffigurata con in mano il piatto che tiene i suoi occhi e con la lampada che allude
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alla sua virtù profetica. Si celebra il 13 dicembre, giorno in cui ancor oggi in molti paesi d’ Italia si
predice il futuro. Essa rappresenta la personificazione cristiana del mito di Lucina, patrona degli
occhi, della luce e della fecondità, intesa sia come gravidanza femminile che come raccolto della terra.
S. Maria Francesca Alcanderina – (Napoli 1715 - 1791) nota come S. Vergine delle stimmate o
delle cinque piaghe; a 16 anni si consacrò al Signore con la regola del terz' ordine francescano,
secondo lo spirito di penitenza di S. Pietro d' Alcantare; beatificata nel 1843, canonizzata nel 1867;
unica santa nata a Napoli e unica donna dell' Italia meridionale peninsulare canonizzata.
S. Rita – detta “ santa degli impossibili”, la sua popolarità ha inizio nella catena dei monti Sibillini al
confine tra Umbria e Marche, dove si trova Cascia. Il bollettino del santuario contiene una fitta serie
di ringraziamenti per guarigioni inspiegabili, posti di lavoro trovati e di recente anche per l’uscita da
stati depressivi. Accanto alla teca con le sue spoglie vi sono maglie di calciatori e ciclisti, mozziconi
di sigarette, siringhe, ed ai fedeli vengono distribuiti frammenti di polvere di roccia del cosiddetto
scoglio (pietra che porta impresse le orme dei piedi della santa) Da questo eremo la santa avrebbe
spiccato un prodigioso volo notturno per entrare nel convento agostiniano di S. Maria Maddalena,
dove le monache si erano rifiutate per tre volte di ammetterla. Fu canonizzata nel 1900
S. Rosalia – detta “la Santuzza di Palermo”, la sua devozione risale al XII secolo. Il mito
devozionale conosce una nuova fiammata in seguito alla scoperta del suo sepolcro, avvenuto il 15
luglio 1624, e soprattutto grazie al fatto che dopo la processione dei suoi resti il 5 giugno 1625 si
placò la pestilenza a Palermo. Si celebra dal 12 al 15 luglio di ogni anno
S. Teresa del Bambin Gesù e del Volto Santo o Teresa di Francia – (Alençon 1873 - Lisieux 1897)
carmelitana, beatificata nel 1923 canonizzata nel 1925, viene raffigurata sotto una pioggia di rose
S. Teresa d’Avila – invocata contro le malattie di cuore, si celebra il 15 ottobre stata la prima donna
ad ottenere il titolo di dottore della Chiesa (Paolo VI 1970)

Anni Santi Giubilari – queste ricorrenze furono fin dai primi anni dei formidabili diffusori delle
medaglie portative, fabbricate in gran quantità dai medagliari romani per i pellegrini che accorrevano
a Roma da ogni parte del mondo per partecipare alla “Sagra della Perdonanza”.
L’idea di un anno di purificazione e di remissione dei debiti viene da molto lontano: in Mesopotamia
sin dal III millennio a.C. e in Siria dal II, venivano periodicamente promulgati editti di remissione che
prevedevano l’esonero dal pagamento delle tasse e l’annullamento di contratti tra privati riguardanti
debiti e pegni, al fine di ridistribuire la ricchezza. Anche nel popolo ebraico, secondo il Levitico (25, 8
-13) la festa dell’espiazione chiude un ciclo settenario di anni sabbatici (sette volte sette) e consiste in
una restituzione dei beni, in una liberazione delle persone ed in un riposo degli uomini e della terra. Il
giubileo elimina quindi i debiti come il kippur cancella i peccati. Il termine jubilaeus deriva da
jubilus, grido gioioso dei pastori usato da S. Girolamo nella Vulgata per tradurre l’ebraico yobel (=
montone o capro) da cui sarebbe scaturito il senso traslato di corno, strumento usato dai sacerdoti per
proclamare l’inizio dell’anno del Signore. I primi cristiani non erano particolarmente interessati al
Levitico, considerato portatore di una legge ormai superata dall’avvento di Gesù. Essi si preparavano
alla fine del mondo, prevista in un futuro molto prossimo (“il tempo è compiuto e il regno di Dio è
vicino – scrive Marco 1, 2 – convertitevi e credete nel Vangelo”). Finchè la cultura cristiana conservò
la tensione escatologica delle origini, non vi fu spazio per la ripresa delle periodizzazioni giubilari. e
l’interesse per la tradizione giubilare riprende quota solo dopo il mille, quando viene meno l’ansia
della fine del mondo. S. Bernardo nella predicazione itinerante effettuata per preparare la seconda
crociata, assimilò l’indulgenza concessa ai crociati a un giubileo.
Gli anni santi giubilari sono celebrazioni con radici molto antiche, riadattate alla tradizione cristiana
oltre 700 anni fa da Bonifacio VIII, e perfezionate oltre 500 anni fa da Alessandro VI, con
l’introduzione del rituale principale ovvero apertura e chiusura della Porta Santa: due papi accusati
dai contemporanei di essere più attenti al potere materiale che spirituale. Nell’organizzazione dei
giubilei l’unione di queste due dimensioni non è casuale, e fino al ‘900 essa è stata finalizzata a
rafforzare la potenza simbolica ed economica del pontefice, unico a poter aprire ai credenti le porte
del Paradiso attraverso le indulgenze, ribadendo in questo modo la centralità di Roma nella vita
cristiana. Già nel Medioevo risultava in uso la remissione di tutti i peccati per coloro che si recavano
nella basilica del Principe degli Apostoli, dapprima con cadenza centennale, ridotta in seguito a 50
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anni e poi a 25 per consentire di lucrare l’anno Santo a tutta la popolazione. Queste ricorrenze
periodiche, correlate ad una sacralizzazione del tempo che deriva dalla sua calendarizzazione, quasi
sempre di origine religiosa, fanno parte dell’innato desiderio dell’uomo di controllare l’universo. In
questo modo si esorcizza un tempo continuo, omogeneo, informe e lo si collega con quello umano,
segnato irreversibilmente dalla scansione nascita/ morte. Prima della riforma gregoriana del 1582,
l’organizzazione del tempo in Europa non era uniforme: in Spagna l’anno iniziava il 1° gennaio, a
Venezia il 1° marzo, in parte della Francia, Germania, Inghilterra e a Firenze il 25 maggio.
La pratica del Giubileo venne favorita dalla diffusione del pellegrinaggio: a tale proposito il XIII
secolo costituì un’epoca d’oro, con la nascita di due ordini religiosi (francescani e domenicani) che si
proponevano appunto di vivere come itineranti, cioè in pellegrinaggio continuo. I due ordini, spesso
contrapposti in una sorta di rivalità, pubblicizzavano i poteri taumaturgici dei loro confratelli in
competizione tra loro, ma erano entrambi oggetto di critiche. I francescani per il loro voto di povertà
(rappresentato da uno dei tre nodi del cordone che cinge il saio, mentre gli altri due simboleggiano
obbedienza e castità) e per il rifiuto dell’etica mercantile venivano accusati di voler realizzare
l’impossibile e di minacciare la stabilità sociale, mentre i domenicani venivano indicati come i
difensori della ragione di stato. Dante nel Paradiso XI fa illustrare da S. Tommaso d’Aquino la
diversità dei due ordini.
I pellegrini più antichi, a dimostrazione dell’avvenuta redenzione dei peccati, tornavano da Roma
ostentando dei pezzi di stoffa da portare al collo detti scapolari (sibilis cucullus) o delle pazienze
(patientiae) formate da un quadrato di stoffa benedetta che si appendeva al collo per lo più sotto il
giustacuore, ed in seguito con delle quadrangole cioè placchette in piombo uniface di circa 3 cm di
lato, con rozze immagini dei SS. Pietro e Paolo, il presepe, il crocifisso, la deposizione, la Veronica, la
natività e la morte del Redentore. Nel XVI sec. le quadrangole furono sostituite dalle prime medaglie
devozionali per pellegrini.
I pellegrini romei si distinguevano perchè sul cappello, sul bastone o sul mantello portavano
l’immagine della “Veronica”, mentre quelli di Compostela avevano una conchiglia e quelli della Terra
Santa una palma. Già a quel tempo, all’interno della cultura cristiana, non mancavano gli oppositori di
queste pratiche (“La salvezza va raggiunta per mezzo di una vita santa, non di luoghi santi” oppure
“sono pochi quelli che per il fatto di andare in pellegrinaggio diventano più santi”). Dal ‘500 il
pellegrinaggio diventò un rito collettivo rigorosamente organizzato dalle confraternite, quasi sempre
collegate con strutture aventi sede a Roma che provvedevano al loro alloggiamento e sostentamento.
Questi pellegrini giungevano in gruppo, con abiti, musiche e stendardi personalizzati.
La perdita della fortezza di Acri alla fine del XIII secolo, aveva reso molto più pericoloso e costoso il
viaggio in Terra Santa, per cui Roma spesso diventava meta finale del pellegrinaggio. La Chiesa
inoltre, creando la possibilità per i fedeli di intervenire nel destino delle anime grazie alle indulgenze,
rafforzava la centralità di Roma nella quale concentrava le reliquie (Sancta Sanctorum e Scala Santa)
Dopo l’anno mille la devozione verso la Veronica di provenienza bizantina, accrebbe il ruolo di Roma
città santa, mediante l’esposizione del venerdì santo e varie ostensioni private a personaggi illustri.
Nel 1208 Innocenzo III istituì la processione del volto santo, in cui ogni prima domenica dopo
l’Epifania l’immagine veniva portata da S. Pietro all’ospedale di S. Spirito. Niccolò IV nel 1289
sostenne che la reliquia della Veronica era più importante di quella dell’apostolo Pietro e anche Dante,
nel canto XXXI del Paradiso, descrive il trepidante arrivo al suo cospetto dei pellegrini. Nel corso del
XIII secolo venne introdotto nella cultura cristiana un terzo luogo dell’Aldilà : il Purgatorio (eliminato
di recente da Benedetto XVI), da cui ebbe origine la pratica delle indulgenze, già proposte da monaci
itineranti irlandesi nel VI sec., che prevedevano una tariffa per ciascuna colpa e in cui il
pellegrinaggio in Terra Santa costituiva la penitenza per i peccati più gravi. Spesso i pellegrini
venivano trasportati via mare da Venezia, come ben descritto nel libro “Viaggio da Venezia al S.
Sepolcro ed al Monte Sinai” di padre Noè (‘500). La credenza nel Purgatorio prende vigore anche
grazie alla conferma di visioni mistiche e teorizzazioni teologiche, suggellando l’amore tra i vivi e i
morti. Le prime indulgenze plenarie, dopo quelle concesse ai crociati, furono legate al pellegrinaggio
alla Porziuncola di Assisi il 1° agosto e quella all’abbazia di Collemaggio dell’Aquila (perdonanza di
Collemaggio) concessa da Celestino V il 1295, in analogia a quella concessa da Innocenzo III nel
1208 a coloro che assistevano alla processione della Veronica.
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Giubileo 1300 – fu il primo anno santo, organizzato da Bonifacio VIII, che stabilì un periodismo
centennale. Con la celebrazione giubilare riuscì ad assorbire le tensioni escatologiche aumentando la
stabilità della chiesa e riducendo il numero di movimenti millenaristici presenti nella cultura
protestante priva di tali scadenze. Bonifacio VIII venne molto criticato da Dante: fu il primo papa ad
usare il proprio stemma famigliare come insegna della chiesa, e fece languire in prigione Jacopone da
Todi. Egli amplificò il significato delle insegne pontificie con cui si fece ritrarre (chiavi = potere
pontificio di aprire la porta del cielo, e tiara = simbolo di unità e potenza della chiesa) Il giorno di
Natale del 1299 un’incredibile folla di pellegrini si recò ad assistere alle funzioni nella basilica di S.
Pietro, per cancellare la macchia di tutte le colpe. Anche il 1° gennaio (in cui si celebrava l’ottava del
Natale e la circoncisione del Signore) e il 17 gennaio, per la processione della Veronica, accorsero
tantissimi pellegrini che per lucrare l’indulgenza dovevano visitare quotidianamente per 30 giorni S.
Pietro e S. Paolo fuori le mura. Visti gli incidenti dovuti all’elevato numero di romei (per il
sovraffollamento vi furono anche alcuni morti) durante le feste di Pasqua, di S. Pietro e di fine anno
vennero ridotti i giorni di visita alle basiliche necessari ad ottenere il perdono. I pellegrini, nonostante
fossero quasi sempre di umile classe sociale, erano molto disciplinati, tant’è che Dante nel XVIII
canto dell’Inferno, descrive il loro attraversamento del ponte S. Angelo in due file ordinate. Vennero
raccolti 17 milioni di fiorini, soprattutto con offerte di moneta spicciola, e si narra che due chierici
rastrellavano quantità infinite di denaro presso l’altare di S. Paolo. Anche le botteghe di merciai,
orefici, librai, venditori di immaginette fecero ottimi affari, sfruttando il desiderio del pellegrino di
riportare a casa un ricordo. Sempre Dante, nel II canto del Purgatorio che si immagina scritto proprio
nel 1300, parla di anime raccolte alla foce del Tevere.
Giubileo 1350 – il giubileo sopravvisse nonostante l’esilio avignonese, che dal 1305 al 1377
trasportò la sede pontificia in Francia. Cola di Rienzo ottenne una bolla con cui Clemente VI istituiva
un giubileo a Roma, e per lucrare il giubileo poneva anche la visita di S. Giovanni in Laterano. La
celebrazione fu funestata da pestilenze, e ad un forte terremoto che danneggiò la città il 9 settembre
1349. Tuttavia l’entusiasmo di recarsi a Roma era contagioso, tanto da far scrivere da Petrarca
all’amico Guglielmo di Pastrengo “Cosa fai? Non ti disponi a visitare Roma?”. Volontarie coordinate
da Brigida di Svezia assisterono i pellegrini.
Giubileo 1390 – conseguentemente allo scisma quarantennale iniziato nel 1378 in seguito al tentativo
di riportare la sede papale da Avignone a Roma, papa Urbano VI residente a Roma proclamò la
riduzione della cadenza giubilare a 33 anni, benché l’intervallo inizialmente proposto, e
immediatamente dimezzato, fosse di cento anni. Il suo successore Bonifacio IX in un’atmosfera di
forte ostilità con il papa di Avignone, si trovò ad affrontare l’assalto dei pellegrini in una città con non
più di 25.000 abitanti che di notte veniva invasa dai lupi. Anche questo giubileo fu funestato dalla
peste ma nonostante ciò le offerte furono abbondanti e permisero, detratto il 50% spettante al papa, la
ristrutturazione delle basiliche.
Giubileo del 1400 – proclamato dal papa di Avignone, vide affluire a Roma numerosi pellegrini che
ricordavano il grande giubileo del ‘300 e la cadenza secolare mai abolita. Anche in questo caso si
ripetè l’epidemia di peste con oltre 800 morti al giorno. Bonifacio IX, pur non proclamando il nuovo
giubileo, di fatto prolungò quello del 1390 raccogliendone i frutti
Giubileo 1423 – questo evento, scarsamente documentato dalle cronache, deriva da una scansione di
33 anni. Fu celebrato nonostante le pessime condizioni dell’Urbe, in cui il Foro Romano era divenuto
pascolo per greggi, assumendo il nome di Foro Vaccino e il Campidoglio, per analoghi motivi, quello
di Monte Caprino. Questo anno Santo sanciva in ogni caso la fine dello scisma e il ritorno di Roma al
centro della cristianità, con l’elezione di Martino V nel 1417. Vennero revocate le indulgenze e i
giubilei fuori Roma concessi durante lo scisma
Giubileo 1450 – con questa celebrazione si tornò all’antica scansione cinquantennale. Niccolò V, con
la consulenza di Leon Battista Alberti, emanò il primo piano urbanistico della città, comprendente la
ricostruzione delle basiliche patriarcali e altre importanti opere, finanziate proprio con le entrate
giubilari, tra le quali il trasferimento della sede pontificia dal Laterano al Vaticano, e l’affresco della
cappella privata del papa da parte del Beato Angelico. La grandiosità degli edifici e dei monumenti
doveva servire a testimoniare l’opera dello stesso Dio. Durante l’anno vi furono frequenti ostensioni
della Veronica e la canonizzazione di Bernardino da Siena. Nell’estate scoppiò la solita pestilenza e vi
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furono problemi di approvvigionamento di grano e farina per la grande affluenza di pellegrini, con
morte di circa 170 persone affogate nel Tevere o calpestate per cedimento della spalletta di un ponte.
Si contavano 1022 osterie con insegna e molte case private erano state trasformate in ostello, ma
nonostante ciò molti pellegrini furono costretti a dormire sotto i porticati delle chiese o negli orti.
Quell’anno il pontefice depositò presso i Medici l’incredibile cifra di 100.000 fiorini, che destinò in
particolare per l’acquisto e la trascrizione di codici manoscritti, che costituirono il nucleo iniziale della
Biblioteca Vaticana, la prima biblioteca pubblica del mondo, con oltre 5000 volumi.
Giubileo 1475 – nel 1470 Paolo II ridusse l’intervallo a soli 25 anni, per mediare tra la scansione
cinquantennale e quella di 33 anni, per cui Sisto IV celebrò questo giubileo revocando tutte le
indulgenze plenarie concesse al di fuori di Roma, per accrescerne il valore. Venne ricostruito
l’ospedale di S. Spirito in Sassia, e fu ristrutturata S. Maria del Popolo, con annesso ospedale
agostiniano, S. Cosimato, S. Pietro in Montorio e SS. Apostoli (chiese francescane, nelle quali erano
proibite le colonne), S. Sisto (chiesa domenicana), mentre in S. Pietro si fece edificare da Donatello
un nuovo ciborio sull’altare maggiore. Venne inoltre costruito un nuovo ponte (ponte Sisto) sulle
rovine di Pons Valentiniani. Fu il primo giubileo celebrato dopo l’invenzione della stampa, per cui la
bolla venne stampata ed inviata ovunque, con relativi fogli di istruzione e guida della città A
novembre la piena del Tevere aveva sommerso la città e S. Paolo fuori le Mura poteva essere
raggiunta solo con le barche; analoga situazione si ripetè a gennaio con S. Pietro, mentre nei mesi
successivi vi fu una scarsa affluenza a causa di una pestilenza. Dopo la presa di Costantinopoli da
parte dei Turchi nel 1453, gli ottomani stavano avanzando in Europa, minacciando il Friuli.
Giubileo 1500 – il papa Alessandro VI benedì la conquista dell’ America da parte degli spagnoli nel
1493, inviando missionari nella nuova terra e tracciando una linea di demarcazione del territorio
colonizzabile dagli spagnoli e dai portoghesi. Fu un papa molto nepotista, che ebbe 4 figli prima di
diventare sarcerdote e 5 dopo, ai quali assegnò vantaggi e rendite senza alcun ritegno. A Firenze
Savonarola si fece portavoce di una battaglia, sollecitando un concilio per deporre questo papa in
quanto simoniaco, corrotto e infedele, e non risparmiò neppure la pratica delle indulgenze : “O quanto
ancor più sciocchi sono ora coloro che s’empiono il collo di brevi e di cedolette di indulgenze, che
sembrano proprio merciai che vanno alla fiera”. Com’è noto, per questi violenti attacchi il frate venne
condannato al rogo… Alessandro VI, con il suo cerimoniere tedesco, Giovanni Burcardo, rinnovò la
festa giubilare incentrandola sulla frase di Gesù : “Io sono la porta, chi entrerà attraverso di me sarà
salvo….”, e pertanto aprì l’anno santo facendo cadere la muratura della Porta Santa della Basilica di
S. Pietro, demolita in anticipo, nel Natale del 1499. Porta Santa – anche l’esistenza delle porte auree
o porte sante delle 4 basiliche (S. Pietro, S. Giovanni in Laterano o Lateranense, S. Maria Maggiore o
Liberiana, S. Paolo fuori le Mura o Ostiense) si perde nella tradizione, tuttavia dal 1500 grazie ad
Alessandro VI essa assume a simbolo di festività giubilare, perché diventa la porta speciale che i
pellegrini convenuti a Roma dovevano per forza varcare per iniziare le pie visite onde meritarsi il
perdono. Terminate le celebrazioni giubilari le porte venivano murate sino alle successive. Queste
porte venivano dapprima rappresentate con due colonne sovrastate da un timpano a cuspide, e
successivamente con l’avvento del barocco con un timpano a lunetta circolare; in tempi più moderni
sulle medaglie ufficiali prevalgono le forme barocche mentre su quelle private le neoclassiche.
Venne inoltre realizzata una nuova via su progetto di Sangallo il Vecchio e di Bramante, che
collegava il ponte S. Angelo al Vaticano; essa rappresenta la prima strada cerimoniale dell’ Europa
moderna. Anche il carnevale fu celebrato con sfarzo e ostentazione, e accorsero soprattutto gli
spagnoli, che con l’oro americano rifecero il soffitto a cassettoni di S. Maria Maggiore. Partecipò al
giubileo anche lo scienziato polacco Niccolò Copernico. Nel 1506, papa Giulio II incaricò il
Bramante di un radicale intervento di ricostruzione della basilica di S. Pietro, ed il suo successore
Leone X, per far fronte alle immense spese, non seppe far di meglio che incrementare la vendita delle
indulgenze, con la bolla Sacrosanctis Salvatoris.
Giubileo 1525 – fu un giubileo sfortunato, dilaniato dalle pestilenze, dalle guerre e dallo scisma
luterano scoppiato nel 1517, anno in cui il frate agostiniano Martin Lutero affisse sul portale della
Chiesa di Wittenberg le 95 tesi che contrastavano il potere papale, l’esistenza del Purgatorio,
rifiutavano le indulgenze e criticavano la destinazione del denaro raccolto con il sacro commercio. Si
metteva pertanto in discussione la macchina di salvezza, ottenibile secondo i luterani soltanto
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attraverso la responsabilità e la sincerità di ogni singolo cristiano. I principi tedeschi vedevano sempre
più nella chiesa di Roma un vorace esattore delle tasse, che si impadroniva di molte delle loro risorse
economiche attentando alla loro indipendenza attraverso la nomina di vescovi con giurisdizioni anche
di tipo civile. Intanto il monaco domenicano Johann Tetzel continava a battere cassa con lo slogan
“cade il soldin nella cassetta, sale l’anima in ciel benedetta !”. La lentezza con la quale procedeva la
ricostruzione della basilica di S. Pietro, unita alle voci che il denaro delle indulgenze finisse nelle
tasche della sorella di Leone X e che le pietre destinate al cantiere durante la notte venissero
trasportate nel palazzo in costruzione di Giulio de’ Medici (futuro Clemente VII e nipote di Leone X),
contribuirono ad alimentare il clima di scandalo e di ostilità che culminò nel saccheggio di Roma del
1527 da parte dei Lanzichenecchi (eretici luterani agli ordini del cattolicissimo Carlo V), che
profanarono tutte le sacralità con cui vennero a contatto. In seguito Lutero sposò una ex monaca.
Giubileo 1550 – tutte le reliquie disperse vennero ritrovate al loro posto dai pellegrini,
verosimilmente tramite sostituzioni con copie. Visto che il conclave si protrasse a lungo, l’anno santo
venne proclamato il 24 febbraio dal neo-eletto Giulio III. Seguendo le indicazioni del Concilio di
Trento, iniziato nel 1545, la vita religiosa venne riportata ad una più austera spiritualità: venne
ufficialmente approvata la Compagnia di Gesù e fu rafforzata la funzione dell’Ufficio
dell’Inquisizione Romana, fondata nel 1542 per il controllo sull’ortodossia. Dal 1548 era operativa la
Trinità dei Pellegrini fondata da Filippo Neri; importante fu anche la fondazione dell’Ospedale di S.
Maria della Pietà. Unica innovazione al rituale fu la decisione papale di estendere il pellegrinaggio
alle “Sette chiese” pratica già suggerita da Filippo Neri. Le sette chiese, in cui erano conservate
preziose reliquie, sono : S. Giovanni in Laterano (in passato sede dei pontefici - capelli e latte di
Maria, camicia di Gesù), S. Pietro (sudario di Cristo con il volto santo, ferro della lancia che trafisse il
costato), S. Paolo fuori le mura (catena con cui fu legato S. Paolo), S. Maria Maggiore (la prima
chiesa di Roma edificata in onore della Vergine Maria), S. Lorenzo (graticola su cui venne bruciato il
santo), S. Sebastiano (catacombe), S. Croce in Gerusalemme (ampolla con il sangue di Cristo, spugna
imbevuta di aceto, due spine della corona e un chiodo della croce, uno dei 30 denari)
Questo anno santo venne lucrato anche dal Vasari (celebre il suo quadro di S. Rocco conservato ad
Arezzo nel quale vengono riportati tutti gli emblemi che fregiavano i cappelli, le vesti e i bastoni dei
pellegrini) in compagnia di Michelangelo.
Giubileo 1575 – le cronache del tempo osservano che tutti i pellegrini si mettevano in fila. La
Compagnia della Trinità, fondata nel 1548 da Filippo Neri, provvide anche a distribuire appositi
libretti con una sintesi della dottrina, e ospitò 70.000 pellegrini . La confraternita del Suffragio
mobilitò 25.000 volontari impegnati nell’assistenza dei pellegrini e la chiesa di S. Luigi fece
altrettanto per i francesi, quella di S. Giuliano per i fiamminghi e quella di S. Maria dell’Anima per i
tedeschi. Questo anno santo vide la partecipazione di Carlo Borromeo. Dopo 50 anni dall’attacco
sferrato dai Riformati, la chiesa ribadì la piena legittimità delle indulgenze romane contro le accuse
calviniste e luterane. Nonostante la vittoria di Lepanto contro i Turchi del 1571, la cristianità era
ancora dilaniata e l’impero ottomano si era riorganizzato rapidamente. La rinnovata devozione alle
reliquie fu sottolineata dalla sistemazione della Scala Santa e del Sancta Sanctorum; nella ressa della
cerimonia di apertura della Porta Santa morirono 17 persone. Il desiderio di possedere oggetti sacri fu
esaudito da Gregorio XIII che fece preparare 250 grandi casse di medaglie in cera chiamate agnus dei,
che offrì personalmente. Ad ogni pellegrino vennero distribuite indulgenze, medaglie e sacre
immagini. Per l’iperafflusso la permanenza fu ridotta da 30 a 5 giorni e per la prima volta venne estesa
la possibilità di guadagnare le indulgenze nei sei mesi dell’anno successivo. Particolare attenzione
venne data ai catecumeni e ai neofiti, a coloro cioè che fuggivano dai paesi protestanti perdendo tutti i
loro beni per farsi cattolici. La repressione non conobbe sosta : sempre più netta e intransigente portò
a morte 38 persone contro le 27 del 1550. Particolare scalpore fece la conversione del pronipote di
Calvino Etienne de la Favergue che divenne carmelitano.
Giubileo 1600 – Clemente VIII per evitare disordini fece visitare le basiliche a giorni alterni da
uomini e donne. Davanti a ogni basilica venne posto un obelisco a cui era legata un’indulgenza (10
anni e 10 quarantene) che il confessato e comunicato otteneva passandovi davanti e pregando per la
chiesa e per il santo padre. Il Caravaggio dipinse nella Cappella Cantarelli, l’allegoria della Chiesa
rappresentata dall’approdo di una nave. Venne completata la gigantesca cupola di Michelangelo nella
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basilica di S. Pietro. Il 17 febbraio a Campo dei Fiori venne celebrato l’epilogo di un famoso
processo durato otto anni, quello a Giordano Bruno, frate domenicano accusato di eresia e di ateismo;
a 52 anni salì gli scalini della pira dove venne arso vivo, e successivamente davanti alla basilica di S.
Pietro bruciarono i suoi libri, quelli sull’arte della memoria e opere di cosmologia che per la prima
volta parlavano di universo infinito. Ancora una volta gli irregolari di ieri, gli eredi dei numerosi
martiri degli albori della Chiesa, si ersero al ruolo di scomunicatori, dimentichi delle proprie origini.
Clemente VIII invitò 12 poveri alla sua mensa, servendoli personalmente, lavò i piedi e confessò
numerosi pellegrini. Dal 1582 su invito di Gregorio XIII venne soppressa la Santa Veronica dal
martirologio cristiano, e così pure fece Carlo Borromeo per il rito ambrosiano.
Giubileo 1625 – indetto da Urbano VIII; la compagnia della Trinità ospitò 200.000 pellegrini. Si
inaugurano l’interno della basilica di S. Pietro e la cappella Sistina, in cui gli affreschi di
Michelangelo rappresentano la risurrezione della carne e la perfetta gioia delle anime di ritrovare
finalmente il proprio corpo. Nel corso del giubileo venne dato particolare risalto alla festa della
Madonna del Rosario (vittoria di Lepanto contro i Turchi, celebrata nella chiesa domenicana di S.
Maria della Minerva) I missionari cominciavano a raccogliere successi grazie all’istituzione, nel
1622, della propaganda fide.
Giubileo 1650 – si svolse sotto il papato di Innocenzo X. Le tensioni tra i cristiani (cattolici e
protestanti) si placarono con la pace di Westfalia del 1648. La chiesa di Roma, sicura della propria
sopravvivenza e della propria forza, grazie anche al successo delle missioni in America e in Asia,
celebrò la ritrovata tranquillità trasformandosi in città monumentale. Per Urbano VIII (morto nel
1644) lo scopo dell’arte era di accrescere il culto e la venerazione, alimentando devozione e pietà,
mentre per i suoi antagonisti la pompa di Roma e la sua grandiosità consistevano nella appariscenza
della devozione. L’organizzazione confraternitale del pellegrinaggio giunse al suo apogeo, mentre
calò in modo significativo nei giubilei successivi fino scomparire nel 1775. I visitatori della basilica di
S. Pietro annotarono: “ All’entrata si rimane rapiti, è la più grande, la più magnifica e la più celebre di
tutte le chiese del mondo”. Tutti desideravano portare a casa delle reliquie, per le quali era necessaria
una richiesta ufficiale di un vescovo, da consegnare presso il custode delle reliquie desiderate. Molto
ambiti erano anche i rosari, le medaglie, i medaglioni in cera benedetti dal papa (agnus dei) ai quali i
pellegrini attribuivano poteri miracolosi di protezione e concessione di grazie. L’interesse principale
era soprattutto per le indulgenze, per sé stessi, per famigliari amici e defunti; il formulario prevedeva
però la possibilità di iscrivere solo 12 amici, oltre i parenti di primo grado. I romei lasciavano la città
con un vero e proprio tesoro di oggetti benedetti dal papa o resi sacri poiché accostati alle reliquie più
famose, quali ad esempio le catene di S. Pietro, conservate in S. Pietro in vincoli .Venne restaurata
dal Borromini la basilica di S. Giovanni in Laterano. Nel corso del giubileo gli spagnoli celebrarono la
resurrezione in piazza Navona, spendendo 12.000 scudi. Il martedì santo Innocenzo X visitò
personalmente l’ospizio della confraternita della Trinità, lavando i piedi a 7 pellegrini. Partecipò
all’anno santo anche l’infanta Margherita di Savoia, figlia di Carlo Emanuele II e Caterina d’Austria.
Giubileo 1675 – venne stabilito che il marito poteva recarsi liberamente a Roma, mentre la moglie
che compie il viaggio senza permesso del marito pecca mortalmente, ma se il viaggio è breve o il
marito ha la possibilità di accompagnarla o di farla accompagnare esso peccherebbe gravemente se le
negasse la licenza. L’ospizio della SS. Trinità si trovò a ricevere più di 2000 pellegrini e di 250
pellegrine durante la settimana santa. Venne inaugurato il colonnato del Bernini, che costruì anche la
scala Regia accanto a S. Pietro, le fontane dei 4 fiumi a piazza Navona, quella del Tritone, delle api,
le statue del ponte S. Angelo ed altre cappelle e palazzi. I pellegrini poterono assistere al capolavoro
effimero realizzato dai gesuiti davanti alla chiesa del Gesù, dove venne allestito uno scenario sontuoso
come sfondo all’esposizione dell’Eucarestia. La regina di Svezia partecipò alla lavanda delle
pellegrine e Clemente X pur sofferente il venerdì santo fece servire alla confraternita della SS. Trinità
a sue spese una cena per 13.000 persone. Venne canonizzata Rosa da Lima, domenicana del Perù e
prima santa americana, e due missionari, il domenicano Luis Bertrand e il francescano Francesco
Solano.
Giubileo 1700 – si svolse durante il papato di Innocenzo XII (deceduto il 27 settembre). Questa
manifestazione perdette il potere di richiamare a Roma, come accadeva ai tempi di Dante, Petrarca,
Vasari e Tasso, le classi colte europee ed italiane che si andavano secolarizzando. Il grand tour
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(Roma, Firenze, Venezia) divenne un percorso culturale ed archeologico, in cui gli aspetti religiosi
erano relegati a curiosità antropologiche (Richard Lassels, 1680: “Il fine del viaggiare è di fare un
uomo saggio, esercitando lo spirito nei modi e nelle massime della nazione che ha civilizzato l’intero
mondo e insegnato all’uomo la maturità”). Si pensava che la conoscenza delle rovine di Roma, delle
sculture di Michelangelo e di Bernini, dei dipinti di Raffaello, Mantegna, del paesaggio toscano,
offrisse una straordinaria esperienza estetica, tale da affinare la sensibilità intellettuale ed artistica del
viaggiatore. Il cattolicesimo era additato come manifestazione di ignoranza, fanatismo e intolleranza.
La Chiesa era impegnata contro gli eretici e gli illuministi, e si aprirono infuocati dibattiti riguardo al
perdono ed alle indulgenze. Il Giansenismo, movimento filosofico-religioso nato in Francia che si
accompagnava ad un deciso anti-assolutismo politico, caldeggiava una religiosità rigorosa e spirituale
(essi vennero condannati nel 1713 con la bolla Unigenitus).
Giubileo 1725 – Roma venne arricchita da due opere spettacolari: la fontana di Trevi e la scalinata
che porta alla chiesa della Trinità dei Monti, che per sapiente alternanza tra rampa unica e tre rampe
intrecciate doveva indurre alla meditazione sul dogma della Trinità. Papa Benedetto XIII, austero
domenicano, preparò un editto con il quale vietava ai sacerdoti l’uso della parrucca ed ai laici il
collarino. Tra le proteste generali vietò anche il gioco del lotto per tutta la durata del giubileo,
favorendo così il lotto clandestino. Venne aperto il nuovo ospedale di S. Gallicano, per malati affetti
da lebbra, tigna e rogna e per le malattie legate alla povertà ed alla sporcizia. L’unica festa celebrata
nel corso giubileo fu quella per la liberazione di 370 schiavi, condotti a Roma dai padri mercenari.
Giubileo 1750 – le polemiche si focalizzarono sull’eccessivo numero di feste che stavano abituando
all’ozio i cristiani dello stato pontificio. Benedetto XIV fece restaurare la basilica di S. Maria
Maggiore e destinò parte del ricavo del gioco del lotto all’assistenza dei pellegrini. Pur non toccando
più le punte massime del ‘500 e ‘600, nel ‘700 aumentarono i pellegrini che arrivavano da lontano, e
nelle celebrazioni di questo anno santo destarono molta curiosità 200 pellegrini armeni accompagnati
dalle loro famiglie con le mogli velate. Il papa per rendere i riti più consoni alle devozioni canoniche,
invitò a operare nella città sacra Leonardo di Porto Maurizio, che di fronte a migliaia di devoti e alla
luce delle fiaccole il 27 dicembre 1750 piantò la croce nell’arena del Colosseo, che sei anni dopo
veniva consacrato come chiesa pubblica e dedicato alla memoria di tutti i martiri cristiani. Il papa
inoltre, nel corso di queste manifestazioni, fece sottolineare l’importanza di pagare le mercedi agli
operai, iniziando ad inserire la chiesa nella questione sociale.
Giubileo 1775 – il quadro sociale dei pellegrini è completamente mutato: il 99% è sostenuto
dall’elemosina o a malapena riesce a pagare il costo della permanenza nella più stretta economia. La
mistica della salvezza non ossessionava più gli uomini, come era avvenuto fino al secolo precedente. I
Gesuiti caldeggiavano la benevolenza della Chiesa nei confronti dei peccatori, che si poteva anche
tradurre in indulgenze. I Benedettini insistevano sul valore dell’elemosina. Le tesi lassiste ebbero
sopravvento sul rigorismo giansenista imputato dell’indebolimento della carità, dell’affievolimento
delle fede e della stessa rivoluzione francese. Pio VI concesse nel corso del giubileo frequentissimi
indulti, per facilitare il conseguimento delle indulgenze da parte dei membri delle corporazioni delle
arti e dei mestieri. Clemente XIV nel 1773 decretò la soppressione della compagnia di Gesù, che fece
seguito alla cacciata dei Gesuiti iniziata in Portogallo e poi estesa agli altri paesi europei, conseguente
all’eccessivo potere assunto da questo gruppo. Nel corso del giubileo venne eletto Pio VI, morto in
esilio in Francia nel 1779 come prigioniero di stato della repubblica francese.
Giubileo 1800 – il giubileo del centenario non potè essere proclamato, perché il papa era in esilio e
trionfavano in tutta Europa la secolarizzazione e l’anticlericalismo.
Giubileo 1825 – proclamato nel 1824 da Leone XII, secondo Stendhal radunò a Roma 400 mendicanti
contro i 400.000 pellegrini di tutte le classi venuti in passato. L’ospizio della SS: Trinità accolse
94.000 pellegrini In questo periodo le catacombe furono sottoposte a ricerche intensive di nuovi
martiri, favorendo il culto di nuovi santi, poco documentati storicamente (clamoroso fu il caso di S.
Filomena). Nel 1823 un terribile incendio distrusse quasi completamente la basilica di S. Paolo fuori
le mura, l’unica delle 4 basiliche giubilari che avesse mantenuto la sua veste paleocristiana. La sera di
Pasqua fu illuminata per la prima volta con il gas la cupola di S. Pietro, alla presenza delle principesse
di casa Savoia, tra i pochi regnanti ad avere accettato l’invito del papa. I 10.000 soldati austriaci che
tornavano dalla repressione dei moti del ’21 in Campania poterono lucrare il giubileo con la sola visita
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di S. Pietro. Il 23 settembre entrò in Roma il brigante Gasparone con la sua banda, consegnatosi per la
possibilità di perdono che gli concedeva la ricorrenza giubilare. Il 20 novembre vennero decapitati in
piazza del Popolo Montanari e Targhini accusati di far parte di una setta politica clandestina. Il 99%
dei pellegrini erano contadini dello stato della Chiesa e del reame di Napoli, e solo l’1% erano
stranieri. Date le condizioni di indigenza di questi romei, visto che delle 11 confraternite addette
all’ospitalità ne rimanevano solo 3 ridotte in miseria, il papa consentì di lucrare l’indulgenza con soli
2 giorni di soggiorno anziché 15. Questo giubileo fu l’ultimo della Roma dei papi.
Giubilei 1850-1875 – secondo quanto dichiarato da Pio IX non vennero celebrati per la luttuosa
ragione dei tempi, anche se il papa promulgò ugualmente un perdono generale senza la necessità di
compiere il viaggio a Roma. A partire dalla Rivoluzione Francese la chiesa si era trovata a
confrontarsi non più con altri cristiani che mettevano in dubbio la via di salvezza (es. Lutero o i
Giansenisti) ma con un numero sempre crescente di persone che mettevano in dubbio l’esistenza
stessa di Dio. Nel 1850 Pio IX non celebrò l’anno santo per difficoltà materiali insormontabili, mentre
nel 1875 diede disposizione di celebrarlo senza solennità nelle singole diocesi, come testimoniato da
numerose medaglie private italiane e straniere.
Giubileo 1900 – Leone XIII promulgò ugualmente l’anno santo anche se, trovandosi sotto
dominazione nemica, non poteva più svolgere processioni e cerimonie pubbliche per le vie cittadine,
così come nei precedenti giubilei. L’assassinio di Umberto I avvenuto il 29 luglio del 1900 e la
negazione dei funerali religiosi solenni inasprì il clima e gli anticlericali ed i massoni celebrarono il III
centenario del rogo di Giordano Bruno, con grande affluenza di pubblico nel cortile della Sapienza,
dove già dal 1889 era stato innalzato un monumento al filosofo nolano. Venne inoltre organizzato un
contropellegrinaggio laico per visitare il Pantheon, il Granicolo , Porta Pia e il Campidoglio,
festeggiando con particolare solennità l’anniversario del 20 settembre, cioè della presa di Roma.
L’unica nuova opera è stata la costruzione della chiesa di S. Anselmo sull’Aventino. Eccezionale
concorso di popolo si verificò per la cerimonia di canonizzazione di Jean Baptiste de la Salle e di Rita
da Cascia, nello stesso giorno in cui venne inaugurata l’illuminazione elettrica della basilica di S.
Pietro Da questo giubileo cambia radicalmente la figura del pellegrino, che non svolge più il sacrificio
di un viaggio disagevole ed isolato, ma attraverso i nuovi mezzi di trasporto e gli sconti ferroviari
ottenuti dal Comitato per l’Anno Santo, appositamente costituito da Leone XIII (dal 40% all’80% a
seconda delle dimensioni delle comitive), il pellegrinaggio si trasforma in turismo religioso, in cui i
fedeli spesso giungono raggruppati in categorie professionali, aziendali, in associazioni ecc. In questo
modo possono raggiungere Roma anche le donne e gli strati più poveri della popolazione, che non
avrebbero avuto i mezzi finanziari né culturali per fare il viaggio da soli. Per il soggiorno, visto che le
opere pie erano state secolarizzate ed i beni delle confraternite addette al ricevimento dei pellegrini
incamerati dallo stato, gli istituti religiosi organizzarono nuove mense e posti letto. Questa
trasformazione venne in seguito gestita da organizzazioni religiose quali ad es. i pellegrinaggi paolini.
Nel 1900 i pellegrini furono poco meno di 400.000. Alla fine del Giubileo la stampa scrisse che il
pellegrinaggio dimostra quale influenza determinante abbia sempre la Chiesa nella società italiana.
Questi pellegrini danno la prova che il papato oggi è la maggior forza gerarchica del mondo.
Giubileo 1925 – la bolla di indizione promulgata da Pio XI Infinita Dei misericordia proponeva come
obiettivi il ritorno stabile alla pace e la conversione dei non credenti, in un clima molto difficile per la
recente presa di potere di Mussolini e per la comparsa di un nuovo nemico, il comunismo. La Russia
fu l’unico stato completamente assente dalle celebrazioni giubilari e dall’esposizione missionaria, poi
trasformata in mostra permanente. Nel corso della celebrazione venne posta la prima pietra
dell’università gregoriana. Si calcola un afflusso di circa 600.000 pellegrini. Per questo anno santo le
ferrovie offrirono una tessera scontata che, oltre al viaggio a Roma e a sconti sui tram della capitale,
includeva anche escursioni ad Assisi, Loreto e Pompei. La tessera serviva anche per accedere alle
catacombe, per ritirare la medaglia-ricordo, il distintivo ed il vademecum del pellegrino. La folla
delle grandi occasioni ha assistito alla canonizzazione di Teresa di Lisieux, nello stesso giorno in cui
si inaugurò l’illuminazione elettrica della cupola di S. Pietro.
Giubileo 1950 – indetto da Pio XII che propose il dogma dell’assunzione in cielo di Maria
annunciato il 14 agosto; fu accolto con molto favore da Gustav Jung che benché protestante lo
interpretò come l’inserimento di un elemento femminile accanto alla Trinità. La stampa comunista
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scriveva “Dove sono i pellegrini? Mancia competente a chi li trova”. In ritardo, solo per Pasqua,
venne terminata via della Conciliazione. Vi fu un afflusso di 2.500.000 pellegrini, con 300.000 accessi
ai Musei vaticani. Da quel momento l’arte sacra non fa più parte del percorso penitenziale religioso,
ma diventa oggetto di ammirazione estetica nei musei, dove confluirono anche le reliquie della Sancta
Sanctorum che Leone X aveva riposto in una cavità sigillata della cappella, verificate da Leone XIII e
da Pio X che nel 1907 le trasferì ai Musei Vaticani. Molti pellegrini iniziarono ad usare l’aereo,
atterrando a Ciampino; 5000 motociclisti giunsero con le loro motociclette; i ciclisti del Giro d’Italia
con Bartali e 300 mutilatini con Don Gnocchi. Data la folla (oltre 1 milione di fedeli), per la
canonizzazione di Maria Goretti e la proclamazione del dogma di Maria in cielo, il papa fu costretto a
celebrare direttamente sulla piazza. Poco prima della conclusione, Pio XII diede al mondo la notizia
del ritrovamento della tomba del principe degli apostoli, proprio nei sotterranei dell’omonima basilica
ad opera dell’archeologa Margherita Guarducci.
Giubileo 1975 – (Paolo VI) a causa della crisi petrolifera non venne intrapresa nessuna nuova opera.
Si calcola un afflusso di 8.700.000 persone. A causa di questo straordinaria folla venne addirittura
innalzato un altare sul sagrato di S. Pietro e la cerimonia di apertura della Porta Santa venne trasmessa
in mondovisione, con estensione dell’indulgenza plenaria anche a coloro che seguivano il rito
attraverso radio e TV, dando inizio alla partecipazione virtuale alle cerimonie religiose. Nella dottrina,
pur rimanendo il concetto di comunione dei santi e di un tesoro che la Chiesa può dispensare a sua
intenzione, non venne più menzionato il Purgatorio, ed il premio dell’indulgenza non fu più
quantificato in mesi o anni condonati, ma in una trasformazione interna del peccatore che arriva a
comprendere la gravità del peccato. Queste novità minarono oggettivamente la ragion d’essere del
giubileo, ed il cardinal Luciani, patriarca di Venezia, sull’Osservatore Romano riconobbe che spesso
in passato sulle indulgenze vi erano stati degli abusi; egli fece notare che tuttavia l’indulgenza non è
imposta a nessuno e che di per sé non è necessaria ad alcuno, ma nonostante ciò rimane cosa utile e
bella. Secondo il nuovo orientamento, l’anno santo doveva portare ad un rinnovamento interiore e
personale, in cui ognuno è chiamato a ripensare al senso della sua vita in questo mondo e non a quello
dell’anima dopo la morte. Una mostra sui giubilei dal 1300 al 1975, aperta a Roma in quell’anno
santo, ricostruendo le antiche radici ne sancì d’altra parte il carattere di passato storico. Il giubileo del
1975 era ormai un’altra cosa, volta verso una totale spiritualizzazione e conseguente privatizzazione
della religiosità, favorita dalla laicizzazione degli stati occidentali e della società moderna. Pur
essendo stato ribadito anche nel Concilio Vaticano II che le indulgenze ricevute si possono anche
applicare ai morti, questa pratica ebbe un forte declino per l’impossibilità di comperarle (da cui derivò
il termine “lucrare”) con conseguente isolamento del mondo materiale.
Giubileo 2000 – (Giovanni Paolo II) celebrato contemporaneamente a Roma e in terra Santa e nelle
chiese di tutto il mondo, con l’intento di glorificare la Trinità, invitando alla partecipazione anche i
seguaci di altre religioni e quanti sono lontani dalla fede in Dio. Vi furono due importanti novità:
riguardo al perdono Giovanni Paolo II richiese la cancellazione dei debiti internazionali dei paesi del
Terzo Mondo, con richiamo alla tradizione ebraica; le indulgenze vennero scollegate dalla donazione
di denaro favorendo l’interiorizzazione e la personalizzazione della religione. E’ il giubileo della fine
della guerra fredda e del comunismo, che di fatto ha aumentato il peso politico delle identità religiose
dopo un secolo di secolarizzazione che aveva comportato un tendenziale appiattimento delle
differenze. Il papa, anziché perdonare, ha chiesto lui stesso perdono a nome della chiesa per gli errori
compiuti in passato dai suoi figli e dai suoi ministri (ad esempio perdono chiesto ai protestanti in
Slovacchia e per la condanna di Galileo). Questa inversione della prassi giubilare si basa sempre sull’
assunto teologico su cui era costruita l’elargizione del perdono e cioè sulla comunione dei santi. La
Chiesa che esiste da 2000 anni si pone così come unica coscienza collettiva possibile di quella parte di
mondo che si riconosce nella matrice cristiana, riassumendo il ruolo di guida culturale dell’occidente.
Anni Santi straordinari o minori – di durata variabile (da pochi giorni fino ad un anno) indetti per
impetrare l’aiuto divino in momenti particolarmente difficili per la chiesa o per promuovere solenni
manifestazioni di culto, anche fuori dell’Urbe. Secondo il Bullarium Romanum si annoverano i
seguenti anni santi straordinari: 1413 Alessandro V (dovette imporsi su due papi rivali, e chiuse lo
scisma promettendo ai Romani di indire un giubileo straordinario) – 1518 Leone X (per la battaglia
dell’ Ungheria contro i Turchi) – 1545 Paolo III (per la pace con i protestanti ed il buon esito del
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concilio di Trento) – 1551 Giulio III (per la lotta contro la mezza luna) – 1554 Giulio III (per
l’effimero ritorno dell’Inghilterra in seno alla chiesa di Roma), – 1555 Marcello II (per la lotta contro
la mezza luna culminata con la vittoria di Lepanto) – 1560 Pio IV (per la prosecuzione del concilio di
Trento) – 1566 Pio V (per l’unione dei fedeli e difesa della cristianità contro i Turchi) – 1571 Pio V
(per la lotta contro la mezza luna culminata con la vittoria di Lepanto) – da Sisto V 1585 a tutto il
‘700 ogni papa celebrò anche un giubileo straordinario di elezione – 1596 Clemente VIII (per la
conservazione della fede cattolica in Francia) – 1599 Clemente VIII (per la conservazione della fede
cattolica in Spagna) – 1605 Paolo V (per l’inizio del pontificato) – 1608 Paolo V (per l’elezione del
patriarca dei maroniti) – 1609 Paolo V (per i fedeli della Polonia) - 1610 Paolo V (per i fedeli del
Perù) – 1617-19 Paolo V (per i bisogni della chiesa) – 1621 Gregorio XV (per inizio pontificato) –
1623 Gregorio XV (per i fedeli d’America) – 1627 Urbano VIII (per i fedeli etiopi) – 1628 Urbano
VIII (per ringraziamento all’aiuto divino) – 1629 Urbano VIII (per l’aiuto dei cattolici dell’orbe) –
1631 Urbano VIII (per le necessità della chiesa) – 1634 Urbano VIII (per allontanare i pericoli nella
chiesa tedesca) – 1636 Urbano VIII (per l’aiuto divino) – 1638 Urbano VIII (per la pace in Italia e
nelle isole adiacenti) – 1643 Urbano VIII (a gennaio e a dicembre per aiuto divino a Roma) –
Innocenzo X: 1644 inizio pontificato, 1648 aiuto divino a Roma, 1654 a gennaio aiuto al Belgio,
giugno alle Indie – Alessandro VII: 1655 inizio pontificato,1656 divino soccorso, 1661 aiuto contro i
Turchi, 1663 divino soccorso, 1664 aiuto contro i Turchi – Clemente IX: 1664 inizio pontificato, 1669
per la Francia e per l’aiuto contro i turchi febbraio a maggio per la repubblica Ragusina – Clemente X:
1670 inizio pontificato, 1672 unione dei principi cristiano contro i Turchi, Innocenzo XI: 1681 per la
chiesa, 1683 per l’aiuto contro i Turchi, Alessandro VIII: 1689 inizio pontificato – Innocenzo XII:
1691 inizio pontificato, 1693-1695 pace tra i principi cristiani – Clemente XI: 1701 inizio pontificato,
1706 pace tra i principi cristiani, 1715 aiuto contro i Turchi e felice esito delle armi venete –
Innocenzo XIII: 1721 inizio pontificato – Benedetto XIII: 1724 per inizio pontificato, 1728 aiuto di
Dio per Roma Italia ed isole, Clemente XII: 1730 inizio pontificato, 1732 aiuto di Dio a Roma Italia e
isole, 1734 per la pace universale, 1739 per l’aiuto contro i turchi e contro la peste - Benedetto XIV:
1740 inizio pontificato, 1744 per i cristiani dell’Italia e delle isole limitrofe che imploravano l’aiuto
divino contro la peste, 1745 contro la minaccia della peste in Francia – Clemente XIII: 1758 inizio
pontificato, – Clemente XIV 1769 per inizio pontificato – Pio VI 1782 per coloro che compiono
buone opere dalla IV domenica di quaresima alla domenica delle palme, 1792 per le diocesi dello
stato pontificio – Pio VII 1802 per il Concordato napoleonico – Pio VIII 1829 per inizio pontificato –
Gregorio XVI 1832 inizio pontificato – Pio IX 1846 inizio pontificato, 1851 per compensare quello
ordinario del 1850 non celebrato, 1854 dogma Immacolata Concezione, 1869 per il Concilio
EcumenicoVaticano I – Leone XIII 1879 inizio pontificato, 1881 contro le calamità della chiesa, 1885
pratica delle virtù cristiane, 1896 a gennaio per la Francia e per il XIV centenario del battesimo di
Clodoveo, a luglio per il congresso eucaristico di Orvieto – Pio X 1904 50° anniversario del dogma
dell’Immacolata, 1913 XVI° centenario editto di Costantino – Pio XI 1929 50° giubileo sacerdotale e
della conciliazione, Pio XI 1933-34 19° centenario della redenzione del genere umano con solenne
apertura della porta santa, da celebrare tutti i secoli nell’anno che finisce per 33 a ricordo dell’età di
Gesù Cristo) – Paolo VI 1966 chiusura Concilio Ecumenico Vaticano II).
Giubileo straordinario 1983 o della Redenzione – indetto da Giovanni Paolo II in occasione del
1950° anniversario dalla morte e resurrezione di Cristo. Vide l’affluenza di oltre 10 milioni di
pellegrini provenienti da tutti i continenti, e per la prima volta le catacombe furono inserite tra le mete
ufficiali del giubileo. Il 16 ottobre Giovanni Paolo II affidò il mondo alla Madonna di Fatima. Per la
domenica delle Palme il pontefice per la prima volta convocò a Roma i giovani, per parlare loro di
Cristo in croce, morto, risorto e presente in mezzo a noi. Inaspettatamente giunsero a Roma per la
messa in piazza S.Pietro oltre 300.000 ragazzi, cogliendo di sorpresa giornali e televisioni che non
avevano previsto un afflusso così massiccio da parte di quella che veniva definita la generazione del
disimpegno. Da questo evento scaturirono poi i successivi incontri internazionali (Le Giornate
Mondiali della Gioventù o Festival della Speranza) e nacque il fenomeno dei “papa-boys” che giunse
al culmine nel giubileo del 2000
Giubilei straordinari locali – un giubileo straordinario particolare si celebra poi a Zaffaria, borgata
di Messina, dal ‘400, negli anni in cui la festa dell’Annunziata che cade il 25 marzo coincide con il
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sabato santo (l’ultimo fu nel 1989-90) Altri giubilei locali: S. Giacomo di Compostela quando il 25
luglio cade di domenica (cfr.Leone XIII 1884), nella chiesa primaziale di Lione quando la festa di S.
Giorgio cade il venerdì santo e quella del Corpus Domini coincide con la festa di S.Giovanni Battista
(accade una volta ogni secolo). Nella chiesa di nôtre Dame di Le Puy quando l’annunciazione (25
marzo) coincide con il venerdì santo

Turismo religioso – le medaglie devozionali sono anche una testimonianza del cosiddetto turismo
religioso, iniziato con l’anno santo del 1900 e andato via via sempre più sviluppandosi. Di recente la
regione Piemonte, con un’apposita legge approvata all’unanimità, ha sponsorizzato lo sviluppo delle
iniziative volte alla rivalutazione di tutti i centri devozionali piemontesi; lo stanziamento è stato di 1
milione di euro per fare conoscere i santi sociali e i missionari del Piemonte, anche attraverso la
realizzazione di filmati, musei multimediali ed etnografici, circuiti teatrali, recupero del patrimonio
culturale artistico-religioso, sviluppo dell’organizzazione dell’accoglienza a basso costo e formazione
di operatori specializzati. Il turismo religioso e più in generale il turismo culturale sta diventando
trainante rispetto al tradizionale turismo balneare e montano. Questi interessi, impensabili sino a
qualche anno fa, derivano anche dalla crescente digitalizzazione dei reperti e dei manoscritti più
antichi, che hanno dato luogo ad un vero e proprio rinascimento digitale. Nel Lazio sono stati
organizzati percorsi spirituali seguendo gli itinerari di S. Francesco da Assisi a Roma, passando per la
valle reatina (il percorso unisce 10 santuari francescani) e in Umbria lungo la via Benedicti, che
unisce Norcia a Montecassino. Sono poi state riscoperte : la via francigena, che parte da Canterboury,
percorre la contea del Kent, arriva alla Manica, prosegue attraversando Francia e Svizzera, e nel
cantone di Vaud entra in Italia attraverso la Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Liguria, Emilia
Romagna e Toscana raggiungendo infine il Lazio, e quella che porta alla la tomba di S. Giacomo a
Santiago di Compostela in Galizia, partendo dalla Francia. Con questi pellegrinaggi sono ricomparse
anche le vesciche ai piedi e le tendiniti. L’Opera romana dei pellegrinaggi, in collaborazione con la
compagnia aerea Mistral fondata da Bud Spencer nel 1981 e ora gestita dalle Poste Italiane, il 27
agosto del 2007 ha fatto partire il primo volo Fiumicino-Lourdes, il santuario più visitato in assoluto
con 7 milioni di presenze/anno di cui il 20% italiano. Anche se i voli sono iniziati da oltre 20 anni si
tende ora ad offrire un servizio tutto compreso in cui viaggio e soggiorno di 5 giorni costano 600 euro.
Ulteriori informazioni in merito agli organigrammi della chiesa ed alla gestione dei luoghi di culto
possono essere desunte dagli annuari pontifici e dalla guida telefonica del Vaticano

Fede e malattia – In medicina la valorizzazione dei fattori spirituali del paziente rappresenta il
cosiddetto “fattore dimenticato”. Chi frequenta le corsie degli ospedali o le case dei pazienti avrà
senz’altro notato l’esposizione di santini e immaginette sui comodini degli ammalati, o la presenza di
medagliette sui loro indumenti. A questo proposito alcune recenti ricerche hanno dimostrato come la
fede possa servire a combattere la depressione conseguente alla perdita della salute: ad esempio in
alcune malattie cerebro-vascolari (ictus), cardiologiche (infarto) e neoplastiche (carcinoma
mammario) la fede è risultata utile per contrastare questo tipo di reazione. Non è invece ancora chiaro
se possa facilitare o accelerare la guarigione, e per proseguire nello studio i ricercatori hanno cercato
di introdurre un sistema per misurare la fede. Benché l’Italia sia un paese cattolico, in cui vi sono
parecchie cliniche e ospedali gestiti da religiosi, si è scoperto che nell’approccio clinico-anamnestico
ai pazienti non veniva mai “misurata” la loro spiritualità; negli ospedali inglesi invece, si valuta
normalmente anche la visione della vita, che viene definita a seconda dei casi “religiosa” (adesione ad
una dottrina, a precetti, a regole o a partecipazioni comunitarie), “spirituale” (sentimento di chi pensa
che vi sia una realtà superiore al di fuori di quella sensoriale e materialistica) o “filosofica”
(esistenzialismo, umanesimo, libero pensiero e ateismo). Attualmente si pensa che un intervento
riabilitativo globale del paziente non possa prescindere dalla valutazione del cosiddetto coping, cioè
del suo processo di contrasto nei confronti della malattia: in questo ambito il religious coping
parrebbe uno dei più validi strumenti di lotta che il malato abbia per opporsi alla patologia invalidante.
Già 2000 anni fa si teneva in grande considerazione la componente spirituale dell’individuo, tanto che
un imperatore pagano come il divino Adriano, noto per i suoi costumi liberi e disinibiti, sentì il
bisogno di dedicare dei celebri versi alla sua anima “Animula, vagula, blandula// hospes, comesque,
23
corporis, // quo nunc abibis? in loca// pallidula, rigida, nudula, // nec ut soles dabis iocos.” (Anima
piccolina mobile e blanda, // ospite del corpo e sua compagna, // ora dove te ne andrai ? In una landa//
nuda, rigida, pallida, // né come fai sempre scherzerai”) Questo imperatore riuscì inoltre a sviluppare
la conoscenza spirituale attraverso lo studio dei simboli, in quanto iniziato ai culti misterici in onore
di Demetra e della figlia Persefone che si celebravano ad Eleusi (già luogo sacro della civiltà micenea
nel XV sec. a.C.) e ai quali potevano accedere tutte le categorie sociali, purchè conoscessero il greco e
non avessero commesso omicidi o sacrilegi. E’ infatti solo la conoscenza spirituale (ancor oggi
impedita dal solo utilizzo di metodologie scientifiche razionalistiche) che consente all’uomo di
tendere verso l’assoluto, a differenza della morale che è sempre relativa e particolare, in quanto varia
secondo le latitudini, le epoche storiche e i gruppi sociali, tanto da aver fatto affermare a Pascal che
“la vera morale si burla della morale” !
-.-.-.-
In questa pubblicazione vengono illustrati 2000 oggetti religiosi, costituiti da medaglie devozionali,
ma anche commemorative e/o celebrative, onorificenze, distintivi, sigilli, tessere e gettoni.
Di tutti gli oggetti, con diametro uguale o inferiore a 4,5 cm., sono stati riprodotti in scala 1:1 sia il
diritto (O = obverse) sia il rovescio (R = reverse). Di ogni esemplare sono stati segnalati, quando noti,
la data, il luogo di emissione, l’incisore e il metallo; vengono inoltre indicati il peso (W = weight), il
diametro (D = diameter), lo spessore (T = thick), l’orientamento dei conii (H = hour), il numero di
inventario (Inv. n°) il taglio (E = edge). Sono state poi descritte le leggende e le figure presenti sulle
due facce, sono stati riportati alcuni dei principali riferimenti bibliografici, le varianti esistenti ed
eventuali cenni storici.
Il materiale è stato suddiviso in 4 sottogruppi: il primo relativo alle medaglie successive al 1800 (dal
n. 1 al n.1378) – il secondo relativo alle medaglie fabbricate dal 500 al 1800 (dal n. 1379 al n.1754) –
il terzo comprendente un oggetto votivo antecedente al 500 (n.1755), il quarto costituito da tessere,
gettoni,, distintivi, onorificenze e medaglie celebrative di eventi associativi religiosi (dal n.1756 al
n.2000). Purtroppo in alcuni casi non è stato possibile definire il luogo e/o il soggetto rappresentato.
Quando oggetti simili sono apparsi in vendita, nelle note bibliografiche in calce alla scheda è stato
indicato il corrispettivo catalogo d’asta. Dal CD è inoltre possibile estrarre e raggruppare le medaglie
secondo diversi criteri: ad esempio tutte le raffigurazioni di Maria, di Cristo, dei vari Santi, e Beati,
oppure le medaglie delle confraternite, degli anni santi e dei principali santuari, o ancora quelle di un
determinato ordine religioso, di un tipo metallo impiegato., di una certa data, di un luogo, di un
incisore ecc.. In origine la ricerca doveva limitarsi alle medaglie devozionali prodotte da incisori per i
quali era già attestata la produzione di gettoni. A questo riguardo, si è avuta una conferma che le
botteghe dei medagliari spesso producevano anche gettoni e talora pesi monetari: oltre alle grandi
ditte (v. ad esempio Johnson e Lorioli di Milano) è stata evidenziata la produzione di incisori più o
meno noti, tra cui mi fa piacere ricordare il nome Olivieri e De Gregorio a Napoli e di Tua a Torino.
Questo riscontro ci permette di affermare che nell’analisi stilistica dei gettoni e nella loro collocazione
cronologica risultano utili anche le notizie che provengono da questa nicchia della medaglistica che
studia appunto le medaglie devozionali.
Le circa 4000 immagini di questa pubblicazione consentiranno di arricchire la mente, incantare gli
occhi e riscaldare il cuore. Esse sono la testimonianza di garbo, armonia, pazienza, fede: valori
preziosi e necessari anche oggi, insieme alla disponibilità e gratuità tanto care a Padre Secondo
Pastore, cappuccino del Monte e caro amico di famiglia, di cui ricorre quest’anno il 24° anniversario
della morte, avvenuta nel giorno dell’Assunta del 1984 per un tragico incidente alpinistico. Più volte
Padre Provinciale, preside della Facoltà di Teologia del Cottolengo, docente di Escatologia (in Francia
i suoi scritti furono giudicati i migliori dal tempo dell’Eminenza Grigia), apprezzato pittore e
appassionato di montagna, Secondo era un esempio di operosità e di collaborazione nella vita del
convento, in cui svolgeva anche le mansioni più umili (più volte sono stato accolto da lui mentre
svolgeva personalmente le pulizie dei bagni comuni). A questa straordinaria figura di frate voglio
dedicare questo mio faticoso lavoro di classificazione e di ricerca, che mi ha portato ad addentrami
in un campo tanto interessante quanto difficile e lontano dalle mie attività abituali. Oltre a ricordare i
valori proposti ed applicati da padre Secondo nella sua vita, mi fa piacere proporlo come artefice di un
insolito evento prodigioso: il “miracolo preventivo”. All’epoca degli anni di piombo, quando
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celebrava la messa delle 11 nella chiesa della Madonna di Campagna, con la sua parola, la sua
sensibilità e la sua intelligenza riuscì a disarmare in modo pacifico e insperato numerosi affiliati alla
lotta armata, evitando in questo modo il proliferare dei fatti di sangue propri di quel periodo.
A smentita del detto secondo cui “gli occidentali sono liberi di dire quello che pensano perché non
pensano a quello che non sono liberi di dire”, voglio perciò addentrarmi con profonda convinzione nel
campo minato di una nuova attribuzione ad un frate minore francescano. I cappuccini - ordine che da
sempre raccoglie più estimatori che cortigiani – oltre ad annoverare ben tre santi con le stigmate (S.
Francesco, S. Maria Francesca Alcanderina e S. Pio) e l’apparizione mariana più eclatante della storia
(a Caslpusterlengo la Madonna fu vista nel 1574 da oltre 4000 persone), potranno vantare così anche
il capostipite di un nuovo ed importantissimo filone di miracoli!

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