Sei sulla pagina 1di 20

FILOSOFIA TERZO ANNO

CAPITOLO 1
La Filosofia è nata in Grecia
La storia concorda nel ritenere che il pensiero filosofico occidentale sia nato in Grecia. Le ragioni
che rafforzano questa tesi sono in molte ma le principali sono 3
1. I Greci risultano i primi ad aver scritto i primi testi di filosofia.
2. Le culture e le tradizioni occidentali si basano su quelle della Grecia.
3. I greci sono stati i primi ad impegnarsi ad un indagine critica e razionale nella quale oggi
noi individuiamo le fondamenta della filosofia.

Occidentalisti ed Orientalisti
Il mondo degli storici, sul fatto di dove sia realmente nata la filosofia, si divide in due fazioni: gli
Orientalisti (coloro che pensano che sia nata in oriente) e gli Occidentalisti (coloro che pensano
che sia nata in Occidente).

LE RAGIONI DEGLI ORIENTALISTI


Gli Orientalisti fanno notare come, prima dell’esordio del pensiero filosofico in Grecia, ci siano in
Oriente delle forme filosofiche-religiose importantissime, come ad esempio l’induismo, il
taoismo, il buddismo ecc. Diversamente dalla filosofia Occidentale, che ha come principale
oggetto di ricerca la natura e le sue forze, la filosofia occidentale fonda le sue basi sulla
liberazione dell’uomo dalle cattiverie del mondo. Appunto per questo che la filosofia Orientale è
concepita come via della salvezza ed il filosofo è detto illuminato e santo.
Gli orientalisti sottolineano anche come alle civiltà pre-greche si possano attribuire delle
scoperte di medicina, chirurgia, astronomia e matematica. Ad esempio già nel 17esimo secolo
gli Egiziani cominciarono a studiare le malattie e a classificarle in base all’organo interessato,
nell’astronomia invece di grande rilievo furono i Caldei che cominciarono a studiare i primi
fenomeni celesti.
Infine sostengono anche degli scambi commerciali e soprattutto culturali tra l’Oriente e
l’Occidente.

LE RAGIONI DEGLI OCCIDENTALISTI


Gli Occidentalisti osservano che la tesi di una possibile derivazione orientale della filosofia greca
non si trova in nessun documento di qualche autore dell’età classica. Sebbene si hanno accenni
alle conoscenze matematiche, mediche e astronomiche degli Egizi e dei Caldei, mancano invece
testimonianze di una presunta influenza della filosofia orientale su quella greca. Inoltre, anche se
si presume ad un’influenza della filosofia orientale su quella greca, di certo non sono uguali,
perché la sapienza orientale è soprattutto di tipo religioso e tradizionalistico, mentre la sapienza
greca si presenta invece come un atto di libertà di fronte alla tradizione e al costume. Infine
mentre il sapere orientale è prettamente religioso, il filosofare greco tende invece ad un indagine
razionale fondata unicamente sulla forza del pensiero.
Anche per quanto riguarda la scienza, oggi si è accettato il fatto che la Grecia abbia preso
“spunto” dall’oriente nel campo appunto della matematica, medicina, astronomia e geometria. Ma
di certo non si può dire che la maniera in cui vengono studiate ed approfondite sia uguale. Infatti
mentre gli orientali studiavano le scienze per uno scopo prettamente pratico ed immediato, gli
occidentali invece è prettamente teoria e alla continua ricerca di risposte alle domande.
Quanto si è detto spiega il perché gli storici continuano a ripetere che la filosofia e la scienza
sono nate in Grecia.

I Fattori Storico-Politici che favorirono la nascita della Filosofia


Quali sono i fattori che spiegano il sorgere del pensiero greco? A questa domanda si può certo
rispondere soltanto chiarendo alcune delle condizioni politiche, sociali, economiche e culturali
che hanno favorito il germoglio del pensiero.

L’ORIGINALITÀ DELLA CIVILTÀ GRECA


Le civiltà pre-greche erano monarchie stataliste e accentratrici, esse presentavano un carattere
tendenzialmente autoritario e tradizionalista. In questo tipo di società, lo sbocciare di una libera
indagine critica e razionale avrebbe ovviamente trovato grossi ostacoli.
In Grecia invece la situazione era diversa:
● All’antica monarchia patriarcale erano succeduti governi e repubbliche di tipo
aristocratico.
● Non era uno Stato accentratore anzi era suddiviso in città-stato chiamate poleis.
● Le aristocrazie dominanti non erano di certo quelle sacerdotali e guerriere, anche perché i
sacerdoti avevano poco potere e scarsa rilevanza.
Per queste ragioni le poleis continuarono ad evolversi verso forme di organizzazione
democratica dello stato. Il motivo di questa evoluzione è ancora oggi tema di discussione. A
determinarla contribuì una classe danarosa formata da borghesie commerciali e dai cittadini,
essi finirono per ingaggiare una lotta senza quartiere contro la vecchia aristocrazia a base
agraria, favorendo il formarsi del principio dell’isonomìa e la trasformazione delle poleis in delle
comunità di uomini liberi che decidono autonomamente. Proprio la discussione e lo scontro
critico per far si che le altre persone credano nella tua tesi, quindi in un ambiente socio-politico
dinamico la filosofia ebbe modo di emergere.

IL DINAMISMO DELLA SOCIETÀ GRECA


La connessione tra pensiero filosofico e società dinamica ci permettono di capire due punti:
– Perché la filosofia non si sia sviluppata in una società come quella spartana.
– Perché la filosofia greca sia fiorita prima nelle colonie e dopo nella madrepatria.
Per quanto riguarda il primo punto, una società militaristica, accentratrice e autoritaria come
quella spartana non poteva di certo ospitare un pensiero filosofico. Le colonie ioniche dell’Asia
Minore presentavano invece presentavano tutte le condizioni adatte per lo sviluppo di un
pensiero filosofico. Infatti nelle colonie si possono rintracciare molteplici scambi commerciali,
culturali, ideali ed esperienze che concorsero a determinare, prima ancore della madrepatria, un
tipo di società aperta.

Politica, Classi Sociali e Religione nella vita della Poleis


Ciò che si è detto finora sul genere di civiltà creato dai Greci e sulle strutture della polis
dev’essere integrato da alcune precisazioni.
Innanzitutto occorre notare che nella Grecia antica ogni cosa era legata alla vita della città. La
sfera privata e quella pubblica del cittadino greco coincidevano, quindi c’era un interesse
verso la politica che animò gran parte delle riflessioni dei primi filosofi.
In secondo luogo il dibattito politico era riservato per una cerchia ristretta ed elitaria di persone.
Nelle città greche vi era inoltre una contrapposizione tra due componenti sociali: l’aristocrazia
con una mentalità più conservatrice, ed il popolo, con una mentalità progressista. Di
conseguenza la filosofia si divise in due filoni principali: il démos con un atteggiamento
progressista ed uno più legato all’aristocrazia con un atteggiamento progressista. Questi due
filoni finirono per unirsi e formare una filosofia più complessa.

I Primordi e il Retroterra culturale della filosofia greca


Prima che la filosofia prendesse esplicitamente avvio, la cultura greca aveva già abbronzato
alcune riflessioni generali sull’uomo e sulla realtà. Ciò era avvenuto soprattutto nelle cosmologie
mitiche, nelle dottrine religiose dette “misteri”, nelle sentenze morali e nella riflessione etico-
politica.

LE COSMOLOGIE MITICHE
Le narrazioni mitologiche greche avevano per protagonisti uomini, divinità e personaggi
fantastici, le cui vicende spiegavano dei fenomeni naturali, della formazioni dell’universo, del
ruolo degli dei nella vita dell’uomo, di ciò che è bene e di ciò che è male.
I miti che raccontavano l’origine dell’universo sono detti cosmogonie mentre quelli che narrano
della nascita degli dei sono chiamate teogonie.
Il primo esempio scritto si deve a Esiodo, autore di una Teogonia, un poema di circa 1000 versi.
Esiodo fu il primo a cercare il principio delle cose.

I MISTERI E L’ORFISMO
Le religioni misteriche, dette anche misteri, sono un insieme di credenze e pratiche rituali. Il
nome misteri deriva dal fatto che si trattava di una cerchia ristretta di “iniziati”. I misteri
principali furono il culto di Dioniso, il culto di Demètra e l’orfismo.
Il nome orfismo deriva da Orfeo, poeta a cui la tradizione attribuiva una discesa nel mondo degli
Inferi, durante la quale gli sarebbe stato svelato il destino dell’anima umana.
L’importanza dell’orfismo è soprattutto collegata all’antropologia. Gli orfici furono i primi ad
L’importanza dell’orfismo è soprattutto collegata all’antropologia. Gli orfici furono i primi ad
intendere l’uomo come dualità di anima e corpo: L’anima concepita come principio divino e
immortale, il corpo come un involucro contenente l’anima, dove essa potrà uscirne solo alla
morte.
Lo scopo dei riti era quello di purificare l’anima degli iniziati dalle negatività della vita corporea, in
modo da non far trasmigrare l’anima in un altro corpo.
All’orfismo si deve l’dea secondo cui la realtà è divisa in due regioni: una inferiore, materiale e
mortale, una superiore, spirituale ed eterna.

LE SENTENZE MORALI DEI SETTE SAVI


Accanto al primo balneare della filosofia nei miti cosmogonici, troviamo i sette savi, ovvero 7
figure sapienti vissuti tra il settimo e sesto secolo a.C. ad ognuno dei quali sono attribuite dei
brevi motti. Essi sono tutti consigli di natura pratica o morale. I sette savi sono variamente
numerati dagli scrittori antichi e sono: Talete, Biante, Pittaco, Cleobulo, Misone e Chilone.

LA RIFLESSIONE ETICO-POLITICA DEI POETI


Anche la poesia contribuì in modo determinante per far fiorire la filosofia greca.
Fra le grandi produzioni poetiche spiccano i poemi omerici. L’Odissea è pervasa dalla fede in una
giustizia divina che determina nelle vicende il trionfo del giusto e la punizione dell’ingiusto.
Esiodo personifica questa legge nella dea Dìke, la quale è figlia di Zeus e siede accanto al padre
vigilando affinché siano puniti gli uomini ingiusti.
Anche Solone canta nei suoi versi il tema della giustizia. Egli afferma l’infallibilità della punizione,
che anche quando il colpevole riesce a scamparsela la punizione ricadrà inevitabilmente sui suoi
discendenti.

Le diverse Concezioni di Filosofia presso i Greci


La parola filosofia compare relativamente tardi. Il primo ad usarla fu Pitagora. Egli paragonava la
vita alle grandi feste di Olimpia, c’è chi è li per affari, chi per partecipare a gare sportive e chi li
solo per guardare ciò che succedeva. Ed è proprio a quest’ultimi che Pitagora paragona i filosofi,
i quali si dedicano ad una contemplazione disinteressata del mondo e della vita.
In Grecia la parola Filosofia ebbe anche il valore di una saggezza che deve guidare la vita
concreta, proprio a questo tipo di concetto a cui sono legati i sette savi.
Più tardi la parola filosofia ha assunto due significati principali:
● Il primo è quello di una ricerca autonoma e razionale, a prescindere dal campo scientifico
in cui si svolge, quindi in questo caso tutte le scienze fanno parte della filosofia.
● Il secondo,è quello di una particolare ricerca che ha come oggetto di studio ciò che in
qualche modo è fondamentale in relazione alla realtà. In questo caso la ricerca filosofica
antica si articola in tre rami: la metafisica, la logica e l’etica.

I Periodi della Filosofia Greca antica


Nella filosofia greca antica è possibile distinguere diversi periodi caratterizzati ognuno dal
problema a cui gravità la ricerca.
problema a cui gravità la ricerca.
● Il periodo cosmologico (scuole presocratiche) dominato dal problema di rintracciare
l’unità che garantisce l’ordine del mondo.
● Il periodo antropologico (sofisti e Socrate) dominato dal problema dell’uomo.
● Il periodo ontologico (Platone e Aristotele) dominato dal problema dell’essere.
● Il periodo etico (Epicureismo, Stoicismo, Scetticismo ed Eclettismo) dominato dal
problema della condotta dell’uomo.
● Il periodo religioso (Scuole Neoplatoniche) dominato dal problema di trovare per l’uomo la
via di ricongiungimento con Dio.

CAPITOLO 2
I Primi Filosofi
I primi filosofi sono chiamati presocratici, autori anteriori a Socrate che si occuparono
principalmente del problema della natura e della realtà.
Tuttavia i primi a spostare il centro della riflessione filosofica dall’universo all’uomo furono i
sofisti. Quindi in realtà coloro che furono chiamati presocratici sono in realtà presofisti.
I presofisti si dividono in numerose scuole e tendenze:
● I fisici ionici, appartenenti alla scuola di Mileto: Talete, Anassimandro e Anassimede;
● I pitagorici, appartenenti alla scuola fondata da Pitagora;
● Gli eraclitei, seguaci di Eraclito;
● Gli eleati, cioè gli appartenenti alla scuola di Elea, seguaci di Parmenide;
● I fisici pluralisti: Empedocle, Anassagora e Democrito.

La Scuola di Mileto
Nel VI secolo a.C. vivono i primi filosofi, nelle colonie Ioniche e precisamente a Mileto. Qui si
sviluppa un'intraprendente civiltà di mercanti, si afferma la democrazia e si stabilisce una nuova
cultura, che si libera dalle credenze magiche, mitiche e religiose, più razionale e basata
sull'analisi scientifica dei fenomeni naturali. In questo periodo nascono nuove figure intellettuali,
con i tratti dei fisici, filosofi e tecnici contemporaneamente.
I primi filosofi della scuola di Mileto si incentrano sullo studio della natura (tutto ciò che nasce,
esiste o accade). I fisici ionici credono che esista una realtà unica ed eterna, che definiscono con
il principio di
arché: questo termine fu introdotto da Anassimandro, un filosofo della scuola di Mileto, per
indicare la materia originaria da cui derivano tutte le cose, la forza che le ha generate e la legge
che ha determinato la loro nascita e la loro morte, nonchè grazie al quale tutto si mantiene in
vita. È il principio unificatore che tutte le cose che esistono hanno in se stesse.

TALETE
Il fondatore della scuola ionica è Talete di Mileto. Egli fu uomo politico, astronomo, matematico
e fisico, oltre che filosofo. Talete non ha lasciato degli scritti filosofici, dobbiamo la conoscenza
della sua dottrina fondamentale ad Aristotele. L’archè di Talete è l’acqua, esso pensava che <La
della sua dottrina fondamentale ad Aristotele. L’archè di Talete è l’acqua, esso pensava che <La
Terra sta sopra l’acqua> ciò significa che l’acqua è sostanza, quindi ciò che sta sotto e che
sostiene.

ANASSIMANDRO
Anassimandro fu un uomo politico e astronomo, ed è il primo autore greco di cui ci siano
pervenuti gli scritti filosofici.
Anassimandro fu l'ideatore del principio dell'arché; tuttavia a differenza di Talete che
identificava il proprio arché in un elemento della natura, l'acqua, l'arché di Anassimandro prende
forma in una sorta di materia primordiale indistinta denominandola apeiron. Esso è un infinito
dove c’è costante movimento. In questo movimento ci sono delle separazioni delle cose che
formano i contrari. Se si esce dall’apeiron si ha una punizione che è la morte. Ciò che ti farà
uscire dall’apairon ti farà tornare in esso. (L’anima ritornerà nell’apeiron).
Anassimandro concepisce in modo del tutto originale la forma della Terra. Essa è un cilindro che
si libera nel mezzo del mondo senza essere sostenuto da nulla.
Per quanto riguarda gli uomini, Anassimandro pensa che non siano nati insieme alla natura. Essi
hanno dunque tratto la loro origine da altri animali: nacquero dai pesci e una volta divenuti
capaci da sé, vengono gettati fuori, abbandonano l’acqua e diventano terrestri.

ANASSIMENE
Anassimene di Mileto, discepolo di Anassimandro. Egli riconobbe come archè l’aria e da essa
attribuì i caratteri del principio di Anassimandro, ovvero l’infinità ed il movimento continuo.
Il mondo di Anassimene è come un animale gigantesco che respira, e il respiro è la sua vita e la
sua anima.
Anassimene descrive il modo in cui dall’aria nascono e si trasformano le cose, esso consiste nel
doppio processo della rarefazione e della condensazione. Rarefacendosi,l ‘aria diventa fuoco;
condensandosi, diventa vento, poi nuvola e, condensandosi ancora, acqua, terra e quindi pietra.

Pitagora e i Pitagorici
Pitagora nasce a Samo e fonda la sua scuola a Crotone
Al suo pensiero filosofico gli si può attribuire la metempsicosi, ovvero la trasmigrazione delle
anime seguendo i principi dell’orfismo. L’unica via per liberare l’anima dal corpo era per lui la
filosofia. Pitagora era considerato il custode della sapienza divina, quindi tutto ciò che lui diceva
non si poteva mettere in dubbio.

LA NASCITA DELLA MATEMATICA


Ai pitagorici si deve la nascita della matematica come materia scientifica. Infatti trattavano la
matematica come una vera e propria scienza e stabilirono il carattere rigoroso della
dimostrazione che costituì in seguito l’ideale di ogni disciplina scientifica.

IL NUMERO COME PRINCIPIO DEL COSMO


Per i pitagorici il numero è la sostanza di tutte le cose, infatti è considerato come un insieme di
unità e ad ogni unità corrisponde un punto geometrico, ad esempio il numero 10, considerato
perfetto, perché rappresentato come un triangolo equilatero.
Ogni figura in geometria è numerabile, ovvero formata da una serie di punti che costituiscono
un’unità e ogni numero in aritmetica è una figura geometrica.
Tutto il mondo è formato da numeri e la vera natura del mondo è considerata un’ordinamento
geometrico per cui tutto é misurabile, per esempio in musica, la melodia e l’armonia risultano
piacevoli solo se le note seguono un determinato ordine che può essere espressa sotto forma di
rapporti matematici.
Secondo Filolao l’armonia è considerata la concordanza delle discordanze, infatti essa mette
d’accordo gli opposti. La musica era anche un aspetto della cosmologia; erano convinti che le
sfere celesti producessero suoni che producevano una melodia, che gli esseri umani non
pensano di udire ma nel momento in cui essa dovesse cessare se ne renderebbero tutti conto.
Considerato come un tutto armonico si dice che l’universo dei pitagorici sia un cosmo ovvero un
“ordine”.

L’OPPOSIZIONE COSMICA TRA IL LIMITE E L’ILLIMITATO


Essendo che tutte le cose sono numerabili le opposizioni sono indicate dai pari e dai dispari. I
pari sono illimitati quindi difettosi poiché non completi, i dispari limitati quindi perfetti. Essi
vedevano nel limite il principio determinante e attivo delle cose. Mentre l’illimitato l’elemento
passivo e bisognoso di essere determinato.
A questa opposizioni ne vennero accostate altre tra cui 10 principali:
limitato illimitato, dispari pari, unità molteplicità, destra sinistra, maschio femmina, quiete
movimento, retta curva, luce tenebre, bene male, quadrato rettangolo.
Questi opposti erano conciliati da un principio di ordine universale. Il pitagorismo si può definire
quindi come una forma di dualismo.

L’ANTROPOLOGIA E LA MORALE
Esistono due teorie per l'interpretazione dell'uomo secondo la visione dei pitagorici. La prima è
che hanno considerato l'anima umana come armonia in quanto derivata dalla composizione
armonica delle varie parti del corpo. La seconda invece affermava che secondo i pitagorici il
corpo era la tomba dell'anima dove vi stava per espiare la propria colpa.
Questa visione tragicamente dualistica caratterizzerà un ampio settore della filosofia greca.
Anche per quanto riguarda la morale o pitagorici ricorsero all'armonia, infatti numeri come il 4 e il
9 vennero collegati alla giustizia.
Si dice sia stato un pitagorico il medico Alcmeone che ha individuato nel cervello l'organo
dell'anima umana.

Eraclito
Di Eraclito sappiamo pochissimo, sappiamo che è nato nella colonia ionica di Efeso tra il 5 e 6
secolo, egli era di origini nobili e aveva tendenze aristocratiche.
Eraclito scrisse un’opera in prosa ovvero “Intorno alla natura” composta da aforismi e sentenze
brevi.

SVEGLI E DORMIENTI, OVVERO FILOSOFI E UOMINI COMUNI


Alla base del pensiero di Eraclito c'è la contrapposizione tra la filosofia, cioè la conoscenza della
verità, e la mentalità comune, che egli ritiene fonte di errore.
Eraclito pensava che la maggioranza degli uomini erano dormienti, perché incapaci di
comprendere le autentiche leggi del mondo. A essi si contrapponevano gli uomini svegli, cioè i
filosofi, i quali, andavano oltre alle apparenze immediate.
Il filosofo vero per Eraclito è colui che abbandonando la conoscenza illusoria, riflette in
solitudine sui meandri della propria anima, in una ricerca senza fine. Possiede una visione
profonda del mondo e sa elevarsi a una vista complessiva dell'essere. È in grado di individuare
una predilezioni degli uomini volgari.

LA DOTTRINA DEL DIVENIRE


Eraclito viene ricordato come il filosofo del divenire, in quanto descrive il mondo come un flusso
perenne in cui tutto scorre, in greco panta rei, come fa la corrente di un fiume.
Perciò per Eraclito la forma dell'essere è il divenire.
Siccome di Eraclito abbiamo pochissimi frammenti e testimonianze, alcuni critici sono giunti alla
conclusione che probabilmente la dottrina del panta rei non sarebbe propria di questo filosofo,
ma soltanto dei suoi discepoli.
Secondo Eraclito il principio di tutte le cose è il fuoco, l'elemento mobile e distruttivo per
eccellenza.
Per Eraclito tutto ciò che esiste proviene dal fuoco e ritorna al fuoco, secondo il duplice
principio del:
1. via all'ingiù → il fuoco si condensa e diventa prima acqua e poi terra.
2. via all'insù → la terra, rarefacendosi, diventa acqua e poi fuoco.

LA DOTTRINA DEI CONTRARI


La parte più originale del pensiero di Eraclito è la dottrina dei contrari, di cui abbiamo molti più
frammenti.
Secondo Eraclito un opposto non può esistere senza il suo corrispondente (ad esempio, il bene
non può esistere senza il male, o la vita non ci può essere se non c'è anche la morte). Nel mondo,
infatti, c'è una legge segreta che risiede proprio nella stretta connessione dei contrari, che in
quanto opposti, lottano tra di loro ma allo stesso tempo non possono stare l'uno senza l'altro,
perché esistono l'uno in virtù dell'altro (giorno e notte, luce e ombra, salute e malattia, sazietà e
fame, giustizia e offesa... ).
Ciò che all'inizio può sembrare disordinato e irrazionale, cioè la lotta dei contrari, in realtà segue
una certa razionalità, in quanto un opposto non può esistere indipendentemente dall'altro.
Questa legge viene definita da Eraclito logos.
Quindi secondo Eraclito ci sono due principi:
● Il principio fisico, che segue la dottrina del fuoco come principio di tutte cose.
● Il principio universale, che segue la dottrina dei contrari o del logos.

LA DOTTRINA DELL’UNIVERSO
La visione cosmologica di Eraclito sfocia nel panteismo, nell'identificazione dell'universo con
Dio, identificandolo come unità di tutti i contrari, mutamento continuo e fuoco generatore.
Eraclito ha una visione ciclica del mondo, secondo cui la vita dell'universo è un eterno alternarsi
di creazione e distruzione.

LA DOTTRINA DELLA CONOSCENZA


Eraclito critica i dormienti, cioè gli uomini che si fermano alle apparenze e non indagano a fondo
nella natura delle cose, restando così esclusi dalla comprensione del logos, cioè l'unità dei
contrari. Soltanto gli uomini svegli, cioè i filosofi, arriveranno alla conoscenza delle leggi che
regolano il mondo.
Eraclito ha una visione piuttosto semplice della conoscenza: egli crede nella affidabilità
dell'esperienza immediata e nella veridicità delle informazioni che ci vengono fornite dai 5 sensi.

CAPITOLO 3
La Filosofia Eleatica
L’eleatismo prende il nome dalla città di Elea. Questa corrente filosofia è diversa rispetto a quella
ionica, se infatti gli ionici ricercavano un principio su un qualcosa di fisico, gli eleati invece lo
ricercavano su un qualcosa di unico, eterno e immutabile (astratto).

SENOFANE
L’iniziatore dell’eleatismo fu Senofane di Colofone. E’ nato tra il 580 e il 565, egli scrisse varie
opere in versi in cui sono presenti riflessioni teologiche e filosofiche.
Uno tratti più originali del pensiero di Senofane è la critica risolta contro l’antropomorfismo
religioso.
Senofane afferma che in realtà c’è una sola divinità, identificata come universo.

PARMENIDE
Il fondatore della scuola eleastica fu Parmenide che espose il suo pensiero nella sua opera Sulla
Natura.
IL SENTIERO DELLA VERITA’
Secondo Parmenide, di fronte all’uomo si aprono sostanzialmente due vie:
● Il sentiero della verità, basato sulla ragione.
● Il sentiero dell’opinione, basato sui sensi.
Per Parmenide l’uomo deve imboccare la via della verità.
La ragione ci dice fondamentalmente che: l’essere è e non può non essere ed il non essere non
è e non può essere. Il filosofo intende affermare che solo l’essere esiste, mentre il non essere
non esiste e non può venir pensato.
La tesi di Parmenide secondo cui “l’essere è, il nulla non è” presuppone la validità di due principi
logici:
● Il principio di identità, per il quale ogni cosa è stessa.
● Il principio di Non-Contraddizione, per il quale è impossibile che una cosa sia e nello
stesso tempo non sia ciò che è.
Con Parmenide il termine essere non ha un significato verbale ma piuttosto di sostantivo grazie
soprattutto all’aggiunta dell’articolo determinativo.
Con Parmenide prende avvio quel ramo fondamentale del pensiero filosofico che verrà chiamato
ontologia, cioè “discorso sull’essere”, ovvero lo studio dell’essere nelle sue caratteristiche
universali.

IL MONDO DELL’ESSERE E DELLA RAGIONE


Dalla tesi secondo cui il non essere non esiste, Parmenide ricava una serie di attributi dell’essere
vero:
1. Egli sostiene che l’essere è ingenerato e imperituro, perché se nascesse o perisse
implicherebbe il non essere.
2. L’essere è eterno, poiché se fosse nel tempo implicherebbe un passato in cui non era e un
futuro in cui non è.
3. L’essere è immobile e immutabile, perché se si muovesse o mutasse implicherebbe di
nuovo il non essere.
4. L’essere è quindi unico e omogeneo, perchè se fosse molteplice implicherebbe degli
intervalli di non essere.
5. L’essere è finito, poiché la finitudine è sinonimo di compiutezza e perfezione.
A questo punto Parmenide attribuisce gli attributi filosofici di un essere ontologicamente
perfetto. Quindi l’essere parmenideo si configura come una realtà necessaria, per esprimere
questa necessità dell’essere, Parmenide ricorre ai concetti di “giustizia” e di “destino”.
Per alcuni l’essere parmenideo è una realtà metafisica o teologica, per altri una realtà fisica e
corporea, per altri ancora una costruzione logico-grammaticale.

IL MONDO DELL’APPARENZA E DELL’OPINIONE


Il nostro mondo implica il non essere e dunque è pura apparenza o illusione.
Infatti nella sua seconda parte del poema, il filosofo espone, presentandola come opinione, una
spiegazione verosimile del mondo dell’esperienza sensibile e dell’apparenza. Questa consiste
in una teoria fondamentale dualistica, secondo la quale il mondo sarebbe governato da due
principi opposti: luce e notte.

ESSERE, PENSIERO E LINGUAGGIO


Parmenide fonda la l’intera sua dottrina sull’affermazione che l’essere si può pensare e dire,
mentre il non essere non si può né pensare né dire. Questo significa che per lui la sfera
dell’essere e quella del pensiero formano un tutt’uno con quella linguistica: ontologica, logica e
linguaggio risultano pertanto indissolubilmente connessi.
Il linguaggio appare come una costruzione artificiosa dell’uomo, una convenzione priva di
spessore ontologico.

LA PROBLEMATICA “TERZA VIA” DI PARMENIDE


A questo punto le vie prospettate da Parmenide sono tre:
1. La via dell’assoluta verità, che dice solo l’essere.
2. La via dell’opinione ingannevole, che dice anche il non essere.
3. La via dell’opinione plausibile, che offre una spiegazione verosimile della realtà percepita
con i sensi.

ZENONE
Zenone nasce ad Elea nel 486 a.C. E fu scolaro e amico di Parmenide.

LA DIFESA DI PARMENIDE
Il pensiero di Zenone è una sorta di rinforzo della filosofia parmenidea. Agli avversari di
Parmenide, i quali affermano che se la realtà fosse unica si avrebbero delle contraddizioni,
Zenone risponde dicendo che se la realtà fosse molteplice e mutevole si andrebbe incontro a
contraddizioni ancora peggiori. Quindi Zenone mostra la contradditorialità sulla molteplicità
dell’essere, per rafforzare la tesi di Parmenide.
Il metodo utilizzato da Zenone è detto dimostrazione per assurdo, dove consiste nell’ammettere
per ipotesi che l’affermazione dell’avversario sia vera, per ricavare conseguenze paradossali.
Gli avversari di Parmenide, quindi coloro che ammettevano la molteplicità dell’essere erano i
pitagorici e Anassagora.

GLI ARGOMENTI CONTRO LA PLURALITÀ


Per confutrare la moteciplità delle cose, Zenone afferma che se gli esseri fossero molteplici
dovrebbero essere allo stesso tempo finiti e infiniti:
● Finiti perché non potrebbero essere nè più nè meno di quanti sono
● Infiniti perché tra due cose c’è ne sarà sempre una terza, e fra essa c’è ne sarà un altra
ancora e così all’infinito.
Quindi affermare che le cose sono molteplici implicherebbe chiudersi in una contraddizione.
Un’altra contraddizione si incontra se si ammette che ogni cosa è costituita da molte unità:
● Se queste unità non hanno grandezza, anche le cose da esse composte non avranno
grandezza.
● Se queste unità hanno una certa grandezza, le cose avranno una grandezza infinita.

GLI ARGOMENTI CONTRO IL MOVIMENTO


Gli argomenti più conosciuti di Zenone sono quelli contro il movimento. E sono in tutto 4:

LO STADIO
Il primo argomento è detto “dello stadio”. Secondo Zenone non si può arrivare all’estremità dello
stadio partendo dall’estremità opposta, perché bisognerebbe arrivare prima alla metà di esso,
poi alla metà della metà poi ancora alla metà della metà della metà e così all’infinito; ma non è
possibile percorrere in un tempo finito infinite parti di spazio.

ACHILLE E LA TARTARUGA
Il secondo argomento è detto “di Achille e della tartaruga”. Una tartaruga che parte con un
vantaggio rispetto ad Achille non sarà mai raggiunta da quest’ultimo. Perché prima di
raggiungerla Achille dovrà arrivare alla posizione occupata dalla tartaruga che però a sua volta si
sarà spostata più avanti: pertanto la distanza tra Achille e la tartaruga non si ridurrà mai a
zero, pur diventando sempre più piccola.

LA FRECCIA
Il terzo argomento è detto “della freccia”. Infatti una freccia che ci appare in movimento in realtà
è immobile. Infatti, in ogni istante occupa una posizione definita e poiché il tempo in cui la freccia
si muove è fatto di molteplici istanti, per tutti questi istanti la freccia è immobile. Perché dalla
somma di posizioni immobili non può derivare il movimento, così come dalla somma di tanti
zeri non deriva un numero diverso da zero.

LE MASSE NELLO STADIO


Il quarto argomento è quello “delle masse nello stadio”. Esso afferma che un punto mobile si
sposta ad una certa velocità e nello stesso momento ad una velocità doppia in base a con chi
viene rapportato.
Supponiamo che tre treni (A, B, e C) si trovino sui binari paralleli e che A e B corrono alla stessa
velocità di 100 km orari, ma in direzioni opposto, mentre C è immobile. Prendendo in
considerazione il treno B in rapporto al treno C, immobile, la velocità apparirà di 100 km orari;
mentre messo a rapporto con il treno A, velocità di 100 km orari e direzione opposta a B, la
velocità apparirà di 200 km orari. Uno stesso treno si muoverebbe dunque
contemporaneamente a due velocità diverse, l’una doppia dell’altra.

LE DISCUSSIONI CRITICHE SULL’ARGOMENTO DI ACHILLE E LA TARTARUGA


Il presupposto concettuale dell’argomento di Achille e della tartaruga consiste nella tesi secondo
cui, posta l’infinita divisibilità dello spazio, un corpo che si muove in esso non potrà mai
raggiungere la propria meta.
Aristotele cercherà di risolvere il problema distinguendo tra il piano della realtà e quello del
pensiero: nella realtà esiste solo il finito, mentre l’infinito è la possibilità mentale di aumentare o
diminuire indefinitamente una qualsiasi quantità. Se nella realtà esistono solo distanze finite, un
corpo in movimento può dunque raggiungere la propria meta. Se è vero che un tratto finito AB di
lunghezza 1 può essere indefinitamente scomposto nella metà della metà e così via, è anche vero
che tale progressione infinita non può mai essere superiore alla quantità finita inizialmente data.
La confutazione aristotelica è valida solo se si presuppone che lo spazio reale sia finito. Poiché
l’ipotesi della divisibilità all’infinito è logicamente e matematicamente legittima, il valore
dell’argomento zenoniano risiede proprio nel costringere ad ammettere una “sfasatura” tra il
piano logico-matematico e quello fisico-reale. Per questo motivo alcuni matematici-filosofi, a
partire dal britannico Bertrand Russell, tendono piuttosto a esaltare Zenone per aver individuato
un’autentica difficoltà del pensiero umano. In particolare, si celebra Zenone per aver ammesso la
possibilità teorica della divisione all’infinito.

CAPITOLO 4
I FISICI PLURALISTI
I fisici pluralisti ritornano ad interessarsi al problema della natura. La loro filosofia è un primo
tentativo di sintesi fra l’eraclitismo e l’eleatismo. Di Eraclito essi accettano l’idea del divenire,
mentre di Parmenide accolgono il concetto dell’eternità e dell’immutabilità dell’essere.
Come possono coincidere queste due opposte affermazioni?
La soluzione di questi filosofi si basa sulla distinzione tra elementi immutabili e composti
mutevoli. Infatti pensavano che nel mondo le cose siano costituite da molteplici elementi eterni
che, unendosi tra loro, provocano la nascita, e disgregandosi, provocano la morte.
Perciò sostengono che nulla si crea e nulla si distrugge ma tutto si trasforma.
Il motivo del quale sono detti appunto fisici pluralisti è perché: fisici in quanto tornano a studiare
i fenomeni della natura; pluralisti in quanto ritengono che i principi della natura siano molteplici.

EMPEDOCLE
Empedocle nasce ad Agrigento nel 486 a.C. Di egli ci sono rimasti molti frammenti, tutti
provenienti da due poemi “Sulla Natura”, di carattere cosmologico, e “Purificazioni”, di carattere
teologico.

LE 4 RADICI E IL CICLO COSMICO


Come Parmenide , anche Empedocle ritiene che l’essere non può né generare e né perire, ma a
differenza di Parmenide, egli spiega la nascita e la morte, e lo fa ricorrendo all’idea del unirsi e
del dividersi di quattro elementi, la cui unione rappresenta la nascita e la disunione la morte.
Questi 4 elementi sono: il fuoco, l’aria, l’acqua, la terra. Questi elementi sono animati da due
forze : l’amore, che tende ad unirle, e l’odio, che tende a separarle.
L’amore e l’odio sono due elementi di natura divina, ed essi determinano le fasi del ciclo
cosmico.
1. Il ciclo parte da una fase in cui domina solo l’amore ed è detta “Sfero”, nel quale tutti gli
elementi sono unificati e legati nella più complessa armonia.
2. L’azione dell’odio spezza questa unità separando gli elementi. Non si tratta di una
separazione distruttiva, poiché la forza della contesa unendosi a quella opposta
dell’amore, formano le cose nel mondo. Esso sta a metà strada quindi fra il regno
dell’amore e quello dell’odio.
3. L’odio prende gradualmente il sopravvento sull’amore determinando così la distruzione
delle cose e l’instaurarsi quindi del regno del caos, nel quale gli elementi sono tutti
separati.
4. Allora spetterà di nuovo all’amore ricominciare la riunificazione degli elementi; a metà
strada si avrà di nuovo il mondo attuale, mescolanza d’odio e amore, e finalmente si
ritornerà allo sfero, dal quale ripartirà un nuovo ciclo.

LA CONOSCENZA
Il filosofo Empedocle pone il principio fondamentale della conoscenza nella formula “il simile si
conosce con il simile”: Noi conosciamo la terra con la terra, l’acqua con l’acqua, l’etere divino
con l’etere, il fuoco distruttore con il fuoco, l’amore con l’amore e l’odio funesto con l’odio.
La conoscenza, quindi, avviene mediante l’incontro tra l’elemento che è nell’uomo e lo stesso
elemento che si trova al di fuori dell’uomo: quando gli eflussi che provengono dalle cose si
adattano ai pori degli organi dei sensi, producono la sensazione; altrimenti rimangono inavvertiti.
Anche la conoscenza dell’intelletto, secondo Empedocle, avviene allo stesso modo con un
incontro di elementi esterni e interni.

ANASSAGORA
Anassagora fu il primo ad insegnare ad Atene, nasce nella colonia ionica di Clazomene nel 500
a.C., egli scrisse l’opera “Sulla Natura” della quale si hanno pochi frammenti.

I SEMI
Anassagora ammette il principio di Parmenide per il quale nulla nasce e nulla perisce, e come
Empedocle attribuisce alla nascita l’unione e alla morte la separazione.
Gli elementi che appunto si uniscono e si separano sono i “semi”, particelle piccolissime e
invisibili di materia.
Queste particelle sono tra loro differenti: ci sono semi di oro, di pietra, di carne, di ossa ecc. Il
filosofo le chiama semi perché dal seme si genera la pianta, così come da quelle particelle
nascono tutte le cose corporee. Ad esempio l’oro è costituito in prevalenza da semi di oro; in
esso però ci sono anche, in minori quantità, semi di tutte le altre sostanze. Ciò vale per tutti i tipi
di materiali e di corpi. Perciò Anassagora dice che “tutte le cose sono insieme” e “tutte le cose
sono in ogni cosa”.
Il carattere fondamentale dei semi è che possono essere divisi all’infinito. Non esiste una
quantità minima, perché ogni quantità, per quanto piccola, è ancora divisibile in parti minori; e
analogamente non esiste una grandezza massima, perché ogni quantità, per quanto grande, può
essere ancora aumentata.
Questo concetto si rivelò di grande importanza al livello matematico, per il calcolo
infinitesimale.

L’INTELLIGENZA ORDINATRICE
I semi sono comandati da una forza che li fa muovere e li ordina. Questa forza è un noùs, un
intelligenza di natura divina che distingue e organizza i semi originariamente confusi, generando
così il mondo e le cose che ci sono.
All’origine il mondo non è che un caos informe, all’interno del quale i semi vagano senza alcuna
regola; in questo caos il noùs produce un movimento turbinoso che fa dividere i semi delle
diverse sostanze, secondo le opposizioni iniziali del caldo e del freddo, e della luce e
dell’oscurità. La terra così si separa dall’acqua e dall’aria.
Lo stesso movimento turbinoso fa poi staccare dalla terra una serie di masse infuocate che
formano gli astri ed il sole. Gli animali e l’uomo si formano dall’aria, la quale comprende tutti i
semi possibili.

Per lungo tempo gli studiosi si sono interrogati se il noùs avesse carattere spirituale o
materiale. Per la critica contemporanea si tratta tuttavia di una questione mal posta, in quanto la
distinzione tra spirito e materia non appartiene all’orizzonte mentale di Anassagora. La natura del
noùs appare però più vicina a quella della materia che a quella spirituale.
Inoltre, l’azione che esercita il noùs sul mondo ha poco di provvidenziale o di finalistico.
Tutto ciò non toglie però che in Anassagora sia apparsa per la prima volta la teoria di una mente
ordinatrice che sta alla base del mondo.

LA CONOSCENZA
Per quanto riguarda la conoscenza, Anassagora afferma che la sensazione è prodotta non dalle
cose simili, ma piuttosto dalle dissimili. Ad esempio noi percepiamo una cosa calda quando la
nostra mano è fredda. Quindi l’assenza in noi di una determinata qualità ci consente di
cogliere con i sensi questa qualità.

DEMOCRITO
L’esponente più significativo dell’atomismo è Democrito, che viene di solito presentato insieme
ad Empedocle e Anassagora, ovvero presocratici. Ma in realtà egli è post-socratico, infatti risulta
contemporaneo non solo a Socrate ma anche ai suoi discepoli. Proprio per questo il suo sistema
filosofico si mostra aperto principalmente al problema della natura, ma anche ai problemi della
morale, della storia e del linguaggio, manifestando coì una tendenza enciclopedica.
Il maestro di Democrito fu Leucippo di Mileto, di cui abbiamo scarse notizie. Egli in un primo
momento era discepolo degli eleati, in seguito fondò la scuola ad Abdera e scrisse una Grande
cosmologia. Il suo pensiero filosofico, per appunto mancanza di testimonianze, viene attribuito
direttamente a quello del suo allievo Democrito.

LA FIGURA DI DEMOCRITO
Democrito nacque ad Abdera intorno al 460-459 a.C. Sappiamo relativamente poco sulla sua
vita. Egli fu cresciuto tra gli agi e le ricchezze, ma ad un certo punto rinunciò ad una parte di essi
per potersi dedicare agli studi e ai viaggi. Si spinse in Egitto, in Etiopia, in India e soggiornò
anche ad Atene, dove ebbe modo di venire a contatto con la cultura sofistico-socratica, che
lasciò tracce sul suo sistema filosofico.
A Democrito viene inoltra rappresentata la figura del sapiente completamente assorto nella
speculazione.
Gli si sono attribuiti molti scritti, tra cui una Piccola cosmologia e i saggi Sulla Natura, Sulle forme
degli atomi e Sulle parole.

L’EREDITÀ ELEATICA
Anche nel pensiero di Democrito rivive la distinzione eleatica tra apparenza e realtà. Il filosofo
infatti ritiene che l’occhio del filosofo debba cercare di raggiungere la realtà autentica delle cose,
consapevole del fatto che la verità dimora nel profondo.
Questa convinzione si traduce nell’opposizione tra:
○ Conoscenza sensibile, detta anche “oscura”, basata sui sensi, che si limitano a
vagare alla superficie delle cose;
○ Conoscenza razionale, detta anche “genuina”, basata sulla ragione, che riesce a
cogliere invece l’essere vero del mondo.
Mentre negli eleati la sensazione ed il pensiero sono due filoni che non comunicano tra loro, in
Democrito si trovano invece in reciproca continuità e implicanza.
Infatti la conoscenza per Democrito:
1. Parte dalla conoscenza dei fenomeni attraverso i sensi;
2. Si svilluppa mediante un’elaborazione intellettuale e logica basata sui dati dati dai sensi;
3. Giunge a una teoria che è in grado di spiegare ciò che i sensi si limitano a mostrare.

LA STRUTTURA ATOMICA DELLA REALTÀ


La dottrina di Leucippo e Democrito viene indicata con il termine “atomismo”, in quanto descrive
l’universo formato dal vario aggregarsi di un numero infinito di “atomi”.
Quest’idea è una sorta di fisicizzazione dell’essere e del non essere eleatico, in quanto l’essere è
identificato con il pieno, quindi con la materia, ed il non essere con il vuoto, cioè con lo spazio in
cui le particelle di materia si muovono.
La dottrina di tali filosofi è il frutto di una deduzione razionale, che a sua volte discende da una
riflessione sul problema della divisibilità all’infinito sollevata da Zenone.
Contro di essa gli atomisti affermano che la divisibilità all’infinito vale solo in campo logico-
matematico, ma non su quello reale, in quanto non è possibile pensare di dividere la realtà
materiale percepita dai sensi, perchè dividendo sempre la materia, la realtà si dissolverebbe nel
nulla, e quindi dalla materia si passerebbe alla non materia.
Di conseguenza, per Democrito, se si vuole spiegare razionalmente ciò che appare, si è obbligati
ad ammettere che esistano dei costituenti ultimi della materia, ossia delle particelle minime non
ulteriormente decomponibili.
Anche l’idea che gli atomi sono immersi in uno spazio vuoto viene dedotta per via razionale: se
c’è movimento, ci deve essere per forza il vuoto in cui gli atomi si spostano.

LE PROPRIETÀ DEGLI ATOMI


Per Democrito le caratteristiche essenziali degli atomi sono:
● Pieni; Immutabili, Ingenerati, Eterni.
Tra gli atomi non vi sono differenze qualitative, in quanto fatti dallo stesso materiale e si
distinguono tra loro per gli aspetti quantitativi della forma e della grandezza.
Essi determinano la nascita e la morte delle cose rispettivamente con la loro unione e
separazione.
Essi determinano anche la diversità ed il mutamento con i loro rapporti d’ordine e di posizione.
Poichè tutte le qualità dei corpi dipendono o dalla forma dei singoli atomi o dall’ordine e dalla
posizione con cui essi si combinano, l’apparente differenza qualitativa tra i fenomeni non è che
l’aspetto superficiale di una struttura profonda fatta di rapporti quantitativi.

IL MOVIMENTO DEGLI ATOMI E L’INFINITÀ DEI MONDI


Per molto tempo gli studiosi hanno ritenuto che per Democrito gli atomi fossero in continua
caduta secondo un moto rettilineo e che i più pesanti, cadendo più rapidamente, urtassero
contro i più leggeri provocando una serie di collisioni interatomiche. Oggi invece si tende a
ritenere che questo punto di vista non sia di Democrito ma di Epicuro.
Infatti per Democrito il movimento delle particelle materiali si configura piuttosto come un loro
volteggiare caotico in tutte le direzioni. Questo moto dava origine a incessanti contatti e a
continue aggregazioni tra corpuscoli simili, che si concretizzavano in veri e propri “vortici”
atomici, con le particelle più grandi al centro e quelle più piccole alla periferia.
Poichè gli atomi erano considerati infiniti, Democrito riteneva che vi fossero anche infiniti mondi
che perpetuamente nascevano e morivano: per egli esistevano mondi totalmente diversi ma
anche mondi analoghi al nostro.
Anche l’universo per Democrito era spazialmente infinito, poichè egli riteneva impensabile un
limite oltre il quale non si potesse procedere.

LA SPIEGAZIONE MATERIALISTICA DEL MONDO


Tutta la dottrina atomistica si regge su un postulato. Gli atomisti individuano il movimento come
caratteristica originaria degli atomi. Democrito infatti ritiene che la materia abbia in se stessa la
propria causa motrice e che il movimento sia una proprietà strutturale si essa.
Di conseguenza, in Democrito il problema della causa del movimento non si pone e all’interno del
suo sistema, se ha senso cercare la causa di questo o quell’evento, non ha senso chiedersi quale
sia la causa del movimento della materia, poichè ne segue ncessariamente il suo movimento,
secondo l’equazione: materia=movimento.

La sostanza materiale complessiva dell’universo, per Democrito, è anch’essa eterna, la quale non
può né aumentare e né diminuire, perché questo implicherebbe una creazione dal nulla o una
dissoluzione nel nulla di una certa quantità di atomi, idea che urterebbe il pensiero eleatico
secondo cui nulla viene dal nulla e nulla torna al nulla.

L’atomismo rappresenta la prima radicale forma di materialismo dell’antichità, secondo cui la


materia è l’unica sostanza e l’unica causa delle cose.
Connessa al materialismo atomistico è una particolare forma di ateismo. Infatti Democrito
riteneva che alla base del mondo non vi fosse alcuna intelligenza.

Parte integrante del materialismo democriteo è il meccanicismo. In generale, si dice finalistica


una spiegazione della realtà che ricorra alle nozioni di fine, scopo. Si dice invece meccanicistica
una spiegazione delle cose che richiami l cause che la producono.
Pertanto, se nella prospettiva del finalismo comprendere un oggetto significa chiedersi per quale
fine o progetto esso esista, per il meccanicismo spiegare un oggetto significa invece chiedersi in
virtù di quale causa o legge di natura esso esista.
Il meccanicismo atomistico è anche un esempio di causalismo, ovvero di una prospettiva
secondo cui tutto ciò che avviene nell’universo presuppone un sistema ben preciso di cause che
lo ha prodotto. La mentalità causalistica degli atomisti ha rappresentato uno degli ingredienti
fondamentali della scienza.

Poiché alla base del mondo non ammette alcuna forza intelligente e alcun progetto, l’universo
degli atomisti può dare l’impressione di essere sospeso al caso. Lo stesso Dante lo cita nella
Divina Commedia rappresentandolo come: colui che il mondo a caso pone. Bisogna però porre
alcune precisazioni:
● Se per “caso” intendiamo l’assenza di casualità, allora il verso dantesco esprime una
profonda incomprensione del pensiero atomistico, il quale rappresenta la prima forma di
causalismo.
● Se per “caso” intendiamo l’assenza di un disegno consapevole di origine divina, allora
dante evidenzia una caratteristica oggettiva della filosofia atomistica.

QUAL È L’ORIGINE DEL MONDO?


Prima di democrito: eraclito
Eraclito delinea una visione ciclica del mondo, in cui vige una perenne alternanza di fasi di
aggregazione e disgregazione della materia.
Per Eraclito, la legge che regge il cosmo è una continua e inesorabile lotta fra contrari, e il suo
simbolo è il fuoco, che è un elemento mobile e distruttore per eccellenza, esso è anche energia
pura, aliena da qualunque intelligenza.
Eraclito dà così avvio a un filone di pensiero che potremmo definire “necessitaristico” che
all’interrogativo sull’origine del mondo risponde escludendo l’idea di una mente che l’abbia
progettato e organizzato in vista di un fine.

LA POSIZIONE DI DEMOCRITO
Per Democrito il mondo ha origine dal movimento degli atomi, i quali urtando accidentalmente tra
loro, si aggregano e disgregano dando origine alle cose.
In continuità con quanto suggerito da Eraclito, Democrito afferma che gli atomi sono mossi dal
caso, nel senso che si muovono automaticamente e spontaneamente.
Eppure per Democrito tutto avviene “secondo ragione” e “secondo necessità”. Ma come può il
caso convivere nello stesso sistema filosofico con la necessità, ovvero con un sistema di cause?
Gli atomisti sono convinti che la natura abbia una sua razionalità, un suo ordine interno; ma
quest’ordine non è quello finalistico di Anassagora , bensì quello proprio dei sistemi meccanici,
per cui, data una causa, ne segue un effetto.

PLATONE
Platone scrisse la Repubblica in cui egli descrive di uno Stato ideale, e di una comunità perfetta.
Questa comunità dovrebbe poi essere guidata da dei filosofi.

LA GIUSTIZIA
Alla domanda “quale sia il fine di una società governata da filosofi” Platone risponde “la
giustizia”. Infatti nessuna comunità umana può esistere senza la giustizia, essa è la condizione
fondamentale della nascita e della vita dello Stato.
Lo stato deve essere costituito da tre classi:
● Governanti, caratterizzata dalla virtù della Saggezza.
● Guerrieri, caratterizzata dalla virtù del Coraggio.
● Lavoratori o Produttori, caratterizzata dalla virtù della Temperanza.
Quest’ultima virtù deve essere comune a tutte e tre le classi.
La giustizia comprende tutte queste virtù e si realizza quando ciascun cittadino attende al
proprio compito e ha ciò che gli spetta.
La giustizia garantisce anche l’unità e l’efficienza dell’individuo, infatti nell’anima individuale
Platone distingue tre parti: razionale (saggezza), concupiscibile (Coraggio) e irascibile
(Temperanza)

LE CLASSI SOCIALI
Per Platone la distinzione degli uomini in classi deriva dal fatto che lo Stato deve per forza essere
diviso in classi, poiché in uno Stato vi sono compiti diversi che devono essere esercitati da
individui diversi.
Per Platone un individuo apparteneva ad una certa classe piuttosto che un’altra perché dipende
dalla preponderanza di una parte dell’anima sulle altre. Abbiamo così gli individui
prevalentemente:
● razionali (portati per la sapienza e al governo)
● Impulsivi (portati ad essere guerrieri)
● Soggetti al corpo e ai suoi desideri (portati al lavoro manuale)
Per Platone la divisione in classi dipende dunque da un inclinazione naturale, ossia da come si è
in quanto uomini.
Tutto ciò trova una semplificazione nel celebre “mito delle stirpi” secondo cui alcuni nascono con
una natura aurea, altri argentea altri ancora ferrea o bronzea.
Platone specifica anche che un bimbo ferreo nato tra gli uomini aurei dovrà essere retrocesso e
viceversa, essa si chiama mobilità sociale.

IL COMUNISMO
Platone suggerisce l’eliminazione della proprietà privata e la comunanza dei beni per le classi
superiori, così che essi possano essere più efficaci nella gestione della cosa pubblica.
I governanti-filosofi dovranno avere case piccole e nutrirsi di cibo semplice, vivere come in un
accampamento e mangiare insieme; essi non riceveranno compensi, se non i mezzi necessari per
vivere. L’oro e l’argento saranno proibiti.
Sia la ricchezza che la povertà sono nocive: pertanto nella città ideale non dovranno esistere.
Quello prospettato da Platone è una sorta di comunismo.
La classe al potere non avrà famiglia. Estendendo il comunismo alla sfera degli affetti, Platone
ritiene perciò che i governanti debbano avere in comune anche le donne. Ma le donne dovranno
godere comunque di una completa uguaglianza rispetto agli uomini.
Tutti i bambini saranno tolti fin dalla nascita ai loro genitori, e si avrà cura che questi non
sappiano quali siano i loro figli e che i bambini ignorino quali siano i loro parenti. In tal modo si
vivrà in una grande e solidale famiglia.
A tal punto ci si può chiedere se i governanti, sottoposti a tali restrizioni, siano felici. Il filosofo
risponde sostanzialmente che la felicità risiede nella giustizia, ossia nell’adempimento convinto
del proprio compito, in vista dell’armonia e della felicità complessiva dello Stato. Inoltre i filosofi
sono felici di per sé.

LE DEGENERAZIONI DELLO STATO


Platone è ben consapevole del fatto che lo Stato da lui descritto non esiste. Esso rappresento un
modello ideale con il quale è possibile migliorare gli Stati esistenti.
La società ideale platonica può essere definita come un’aristocrazia di filosofi. Quella aristocrazia
può essere considerata come la forma fisiologica di governo. Di essa Platone elenca quattro
possibili degenerazioni:
● La timocrazia, cioè dal governo fondato sull’onore, che nasce quando i governanti si
appropriano di terre e di case e cominciano a perseguire l’affermazione personale.
● L’oligarchia , cioè il governo fondato sul censo, nel quale il comando è riservato a pochi.
● La democrazia, nella quale i cittadini sono liberi e ad ognuno di essi è concesso di fare
quello che vuole.
● La tirannide è la forma di governo più spregievole.

Potrebbero piacerti anche