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CAPITOLO 1
La Filosofia è nata in Grecia
La storia concorda nel ritenere che il pensiero filosofico occidentale sia nato in Grecia. Le ragioni
che rafforzano questa tesi sono in molte ma le principali sono 3
1. I Greci risultano i primi ad aver scritto i primi testi di filosofia.
2. Le culture e le tradizioni occidentali si basano su quelle della Grecia.
3. I greci sono stati i primi ad impegnarsi ad un indagine critica e razionale nella quale oggi
noi individuiamo le fondamenta della filosofia.
Occidentalisti ed Orientalisti
Il mondo degli storici, sul fatto di dove sia realmente nata la filosofia, si divide in due fazioni: gli
Orientalisti (coloro che pensano che sia nata in oriente) e gli Occidentalisti (coloro che pensano
che sia nata in Occidente).
LE COSMOLOGIE MITICHE
Le narrazioni mitologiche greche avevano per protagonisti uomini, divinità e personaggi
fantastici, le cui vicende spiegavano dei fenomeni naturali, della formazioni dell’universo, del
ruolo degli dei nella vita dell’uomo, di ciò che è bene e di ciò che è male.
I miti che raccontavano l’origine dell’universo sono detti cosmogonie mentre quelli che narrano
della nascita degli dei sono chiamate teogonie.
Il primo esempio scritto si deve a Esiodo, autore di una Teogonia, un poema di circa 1000 versi.
Esiodo fu il primo a cercare il principio delle cose.
I MISTERI E L’ORFISMO
Le religioni misteriche, dette anche misteri, sono un insieme di credenze e pratiche rituali. Il
nome misteri deriva dal fatto che si trattava di una cerchia ristretta di “iniziati”. I misteri
principali furono il culto di Dioniso, il culto di Demètra e l’orfismo.
Il nome orfismo deriva da Orfeo, poeta a cui la tradizione attribuiva una discesa nel mondo degli
Inferi, durante la quale gli sarebbe stato svelato il destino dell’anima umana.
L’importanza dell’orfismo è soprattutto collegata all’antropologia. Gli orfici furono i primi ad
L’importanza dell’orfismo è soprattutto collegata all’antropologia. Gli orfici furono i primi ad
intendere l’uomo come dualità di anima e corpo: L’anima concepita come principio divino e
immortale, il corpo come un involucro contenente l’anima, dove essa potrà uscirne solo alla
morte.
Lo scopo dei riti era quello di purificare l’anima degli iniziati dalle negatività della vita corporea, in
modo da non far trasmigrare l’anima in un altro corpo.
All’orfismo si deve l’dea secondo cui la realtà è divisa in due regioni: una inferiore, materiale e
mortale, una superiore, spirituale ed eterna.
CAPITOLO 2
I Primi Filosofi
I primi filosofi sono chiamati presocratici, autori anteriori a Socrate che si occuparono
principalmente del problema della natura e della realtà.
Tuttavia i primi a spostare il centro della riflessione filosofica dall’universo all’uomo furono i
sofisti. Quindi in realtà coloro che furono chiamati presocratici sono in realtà presofisti.
I presofisti si dividono in numerose scuole e tendenze:
● I fisici ionici, appartenenti alla scuola di Mileto: Talete, Anassimandro e Anassimede;
● I pitagorici, appartenenti alla scuola fondata da Pitagora;
● Gli eraclitei, seguaci di Eraclito;
● Gli eleati, cioè gli appartenenti alla scuola di Elea, seguaci di Parmenide;
● I fisici pluralisti: Empedocle, Anassagora e Democrito.
La Scuola di Mileto
Nel VI secolo a.C. vivono i primi filosofi, nelle colonie Ioniche e precisamente a Mileto. Qui si
sviluppa un'intraprendente civiltà di mercanti, si afferma la democrazia e si stabilisce una nuova
cultura, che si libera dalle credenze magiche, mitiche e religiose, più razionale e basata
sull'analisi scientifica dei fenomeni naturali. In questo periodo nascono nuove figure intellettuali,
con i tratti dei fisici, filosofi e tecnici contemporaneamente.
I primi filosofi della scuola di Mileto si incentrano sullo studio della natura (tutto ciò che nasce,
esiste o accade). I fisici ionici credono che esista una realtà unica ed eterna, che definiscono con
il principio di
arché: questo termine fu introdotto da Anassimandro, un filosofo della scuola di Mileto, per
indicare la materia originaria da cui derivano tutte le cose, la forza che le ha generate e la legge
che ha determinato la loro nascita e la loro morte, nonchè grazie al quale tutto si mantiene in
vita. È il principio unificatore che tutte le cose che esistono hanno in se stesse.
TALETE
Il fondatore della scuola ionica è Talete di Mileto. Egli fu uomo politico, astronomo, matematico
e fisico, oltre che filosofo. Talete non ha lasciato degli scritti filosofici, dobbiamo la conoscenza
della sua dottrina fondamentale ad Aristotele. L’archè di Talete è l’acqua, esso pensava che <La
della sua dottrina fondamentale ad Aristotele. L’archè di Talete è l’acqua, esso pensava che <La
Terra sta sopra l’acqua> ciò significa che l’acqua è sostanza, quindi ciò che sta sotto e che
sostiene.
ANASSIMANDRO
Anassimandro fu un uomo politico e astronomo, ed è il primo autore greco di cui ci siano
pervenuti gli scritti filosofici.
Anassimandro fu l'ideatore del principio dell'arché; tuttavia a differenza di Talete che
identificava il proprio arché in un elemento della natura, l'acqua, l'arché di Anassimandro prende
forma in una sorta di materia primordiale indistinta denominandola apeiron. Esso è un infinito
dove c’è costante movimento. In questo movimento ci sono delle separazioni delle cose che
formano i contrari. Se si esce dall’apeiron si ha una punizione che è la morte. Ciò che ti farà
uscire dall’apairon ti farà tornare in esso. (L’anima ritornerà nell’apeiron).
Anassimandro concepisce in modo del tutto originale la forma della Terra. Essa è un cilindro che
si libera nel mezzo del mondo senza essere sostenuto da nulla.
Per quanto riguarda gli uomini, Anassimandro pensa che non siano nati insieme alla natura. Essi
hanno dunque tratto la loro origine da altri animali: nacquero dai pesci e una volta divenuti
capaci da sé, vengono gettati fuori, abbandonano l’acqua e diventano terrestri.
ANASSIMENE
Anassimene di Mileto, discepolo di Anassimandro. Egli riconobbe come archè l’aria e da essa
attribuì i caratteri del principio di Anassimandro, ovvero l’infinità ed il movimento continuo.
Il mondo di Anassimene è come un animale gigantesco che respira, e il respiro è la sua vita e la
sua anima.
Anassimene descrive il modo in cui dall’aria nascono e si trasformano le cose, esso consiste nel
doppio processo della rarefazione e della condensazione. Rarefacendosi,l ‘aria diventa fuoco;
condensandosi, diventa vento, poi nuvola e, condensandosi ancora, acqua, terra e quindi pietra.
Pitagora e i Pitagorici
Pitagora nasce a Samo e fonda la sua scuola a Crotone
Al suo pensiero filosofico gli si può attribuire la metempsicosi, ovvero la trasmigrazione delle
anime seguendo i principi dell’orfismo. L’unica via per liberare l’anima dal corpo era per lui la
filosofia. Pitagora era considerato il custode della sapienza divina, quindi tutto ciò che lui diceva
non si poteva mettere in dubbio.
L’ANTROPOLOGIA E LA MORALE
Esistono due teorie per l'interpretazione dell'uomo secondo la visione dei pitagorici. La prima è
che hanno considerato l'anima umana come armonia in quanto derivata dalla composizione
armonica delle varie parti del corpo. La seconda invece affermava che secondo i pitagorici il
corpo era la tomba dell'anima dove vi stava per espiare la propria colpa.
Questa visione tragicamente dualistica caratterizzerà un ampio settore della filosofia greca.
Anche per quanto riguarda la morale o pitagorici ricorsero all'armonia, infatti numeri come il 4 e il
9 vennero collegati alla giustizia.
Si dice sia stato un pitagorico il medico Alcmeone che ha individuato nel cervello l'organo
dell'anima umana.
Eraclito
Di Eraclito sappiamo pochissimo, sappiamo che è nato nella colonia ionica di Efeso tra il 5 e 6
secolo, egli era di origini nobili e aveva tendenze aristocratiche.
Eraclito scrisse un’opera in prosa ovvero “Intorno alla natura” composta da aforismi e sentenze
brevi.
LA DOTTRINA DELL’UNIVERSO
La visione cosmologica di Eraclito sfocia nel panteismo, nell'identificazione dell'universo con
Dio, identificandolo come unità di tutti i contrari, mutamento continuo e fuoco generatore.
Eraclito ha una visione ciclica del mondo, secondo cui la vita dell'universo è un eterno alternarsi
di creazione e distruzione.
CAPITOLO 3
La Filosofia Eleatica
L’eleatismo prende il nome dalla città di Elea. Questa corrente filosofia è diversa rispetto a quella
ionica, se infatti gli ionici ricercavano un principio su un qualcosa di fisico, gli eleati invece lo
ricercavano su un qualcosa di unico, eterno e immutabile (astratto).
SENOFANE
L’iniziatore dell’eleatismo fu Senofane di Colofone. E’ nato tra il 580 e il 565, egli scrisse varie
opere in versi in cui sono presenti riflessioni teologiche e filosofiche.
Uno tratti più originali del pensiero di Senofane è la critica risolta contro l’antropomorfismo
religioso.
Senofane afferma che in realtà c’è una sola divinità, identificata come universo.
PARMENIDE
Il fondatore della scuola eleastica fu Parmenide che espose il suo pensiero nella sua opera Sulla
Natura.
IL SENTIERO DELLA VERITA’
Secondo Parmenide, di fronte all’uomo si aprono sostanzialmente due vie:
● Il sentiero della verità, basato sulla ragione.
● Il sentiero dell’opinione, basato sui sensi.
Per Parmenide l’uomo deve imboccare la via della verità.
La ragione ci dice fondamentalmente che: l’essere è e non può non essere ed il non essere non
è e non può essere. Il filosofo intende affermare che solo l’essere esiste, mentre il non essere
non esiste e non può venir pensato.
La tesi di Parmenide secondo cui “l’essere è, il nulla non è” presuppone la validità di due principi
logici:
● Il principio di identità, per il quale ogni cosa è stessa.
● Il principio di Non-Contraddizione, per il quale è impossibile che una cosa sia e nello
stesso tempo non sia ciò che è.
Con Parmenide il termine essere non ha un significato verbale ma piuttosto di sostantivo grazie
soprattutto all’aggiunta dell’articolo determinativo.
Con Parmenide prende avvio quel ramo fondamentale del pensiero filosofico che verrà chiamato
ontologia, cioè “discorso sull’essere”, ovvero lo studio dell’essere nelle sue caratteristiche
universali.
ZENONE
Zenone nasce ad Elea nel 486 a.C. E fu scolaro e amico di Parmenide.
LA DIFESA DI PARMENIDE
Il pensiero di Zenone è una sorta di rinforzo della filosofia parmenidea. Agli avversari di
Parmenide, i quali affermano che se la realtà fosse unica si avrebbero delle contraddizioni,
Zenone risponde dicendo che se la realtà fosse molteplice e mutevole si andrebbe incontro a
contraddizioni ancora peggiori. Quindi Zenone mostra la contradditorialità sulla molteplicità
dell’essere, per rafforzare la tesi di Parmenide.
Il metodo utilizzato da Zenone è detto dimostrazione per assurdo, dove consiste nell’ammettere
per ipotesi che l’affermazione dell’avversario sia vera, per ricavare conseguenze paradossali.
Gli avversari di Parmenide, quindi coloro che ammettevano la molteplicità dell’essere erano i
pitagorici e Anassagora.
LO STADIO
Il primo argomento è detto “dello stadio”. Secondo Zenone non si può arrivare all’estremità dello
stadio partendo dall’estremità opposta, perché bisognerebbe arrivare prima alla metà di esso,
poi alla metà della metà poi ancora alla metà della metà della metà e così all’infinito; ma non è
possibile percorrere in un tempo finito infinite parti di spazio.
ACHILLE E LA TARTARUGA
Il secondo argomento è detto “di Achille e della tartaruga”. Una tartaruga che parte con un
vantaggio rispetto ad Achille non sarà mai raggiunta da quest’ultimo. Perché prima di
raggiungerla Achille dovrà arrivare alla posizione occupata dalla tartaruga che però a sua volta si
sarà spostata più avanti: pertanto la distanza tra Achille e la tartaruga non si ridurrà mai a
zero, pur diventando sempre più piccola.
LA FRECCIA
Il terzo argomento è detto “della freccia”. Infatti una freccia che ci appare in movimento in realtà
è immobile. Infatti, in ogni istante occupa una posizione definita e poiché il tempo in cui la freccia
si muove è fatto di molteplici istanti, per tutti questi istanti la freccia è immobile. Perché dalla
somma di posizioni immobili non può derivare il movimento, così come dalla somma di tanti
zeri non deriva un numero diverso da zero.
CAPITOLO 4
I FISICI PLURALISTI
I fisici pluralisti ritornano ad interessarsi al problema della natura. La loro filosofia è un primo
tentativo di sintesi fra l’eraclitismo e l’eleatismo. Di Eraclito essi accettano l’idea del divenire,
mentre di Parmenide accolgono il concetto dell’eternità e dell’immutabilità dell’essere.
Come possono coincidere queste due opposte affermazioni?
La soluzione di questi filosofi si basa sulla distinzione tra elementi immutabili e composti
mutevoli. Infatti pensavano che nel mondo le cose siano costituite da molteplici elementi eterni
che, unendosi tra loro, provocano la nascita, e disgregandosi, provocano la morte.
Perciò sostengono che nulla si crea e nulla si distrugge ma tutto si trasforma.
Il motivo del quale sono detti appunto fisici pluralisti è perché: fisici in quanto tornano a studiare
i fenomeni della natura; pluralisti in quanto ritengono che i principi della natura siano molteplici.
EMPEDOCLE
Empedocle nasce ad Agrigento nel 486 a.C. Di egli ci sono rimasti molti frammenti, tutti
provenienti da due poemi “Sulla Natura”, di carattere cosmologico, e “Purificazioni”, di carattere
teologico.
LA CONOSCENZA
Il filosofo Empedocle pone il principio fondamentale della conoscenza nella formula “il simile si
conosce con il simile”: Noi conosciamo la terra con la terra, l’acqua con l’acqua, l’etere divino
con l’etere, il fuoco distruttore con il fuoco, l’amore con l’amore e l’odio funesto con l’odio.
La conoscenza, quindi, avviene mediante l’incontro tra l’elemento che è nell’uomo e lo stesso
elemento che si trova al di fuori dell’uomo: quando gli eflussi che provengono dalle cose si
adattano ai pori degli organi dei sensi, producono la sensazione; altrimenti rimangono inavvertiti.
Anche la conoscenza dell’intelletto, secondo Empedocle, avviene allo stesso modo con un
incontro di elementi esterni e interni.
ANASSAGORA
Anassagora fu il primo ad insegnare ad Atene, nasce nella colonia ionica di Clazomene nel 500
a.C., egli scrisse l’opera “Sulla Natura” della quale si hanno pochi frammenti.
I SEMI
Anassagora ammette il principio di Parmenide per il quale nulla nasce e nulla perisce, e come
Empedocle attribuisce alla nascita l’unione e alla morte la separazione.
Gli elementi che appunto si uniscono e si separano sono i “semi”, particelle piccolissime e
invisibili di materia.
Queste particelle sono tra loro differenti: ci sono semi di oro, di pietra, di carne, di ossa ecc. Il
filosofo le chiama semi perché dal seme si genera la pianta, così come da quelle particelle
nascono tutte le cose corporee. Ad esempio l’oro è costituito in prevalenza da semi di oro; in
esso però ci sono anche, in minori quantità, semi di tutte le altre sostanze. Ciò vale per tutti i tipi
di materiali e di corpi. Perciò Anassagora dice che “tutte le cose sono insieme” e “tutte le cose
sono in ogni cosa”.
Il carattere fondamentale dei semi è che possono essere divisi all’infinito. Non esiste una
quantità minima, perché ogni quantità, per quanto piccola, è ancora divisibile in parti minori; e
analogamente non esiste una grandezza massima, perché ogni quantità, per quanto grande, può
essere ancora aumentata.
Questo concetto si rivelò di grande importanza al livello matematico, per il calcolo
infinitesimale.
L’INTELLIGENZA ORDINATRICE
I semi sono comandati da una forza che li fa muovere e li ordina. Questa forza è un noùs, un
intelligenza di natura divina che distingue e organizza i semi originariamente confusi, generando
così il mondo e le cose che ci sono.
All’origine il mondo non è che un caos informe, all’interno del quale i semi vagano senza alcuna
regola; in questo caos il noùs produce un movimento turbinoso che fa dividere i semi delle
diverse sostanze, secondo le opposizioni iniziali del caldo e del freddo, e della luce e
dell’oscurità. La terra così si separa dall’acqua e dall’aria.
Lo stesso movimento turbinoso fa poi staccare dalla terra una serie di masse infuocate che
formano gli astri ed il sole. Gli animali e l’uomo si formano dall’aria, la quale comprende tutti i
semi possibili.
Per lungo tempo gli studiosi si sono interrogati se il noùs avesse carattere spirituale o
materiale. Per la critica contemporanea si tratta tuttavia di una questione mal posta, in quanto la
distinzione tra spirito e materia non appartiene all’orizzonte mentale di Anassagora. La natura del
noùs appare però più vicina a quella della materia che a quella spirituale.
Inoltre, l’azione che esercita il noùs sul mondo ha poco di provvidenziale o di finalistico.
Tutto ciò non toglie però che in Anassagora sia apparsa per la prima volta la teoria di una mente
ordinatrice che sta alla base del mondo.
LA CONOSCENZA
Per quanto riguarda la conoscenza, Anassagora afferma che la sensazione è prodotta non dalle
cose simili, ma piuttosto dalle dissimili. Ad esempio noi percepiamo una cosa calda quando la
nostra mano è fredda. Quindi l’assenza in noi di una determinata qualità ci consente di
cogliere con i sensi questa qualità.
DEMOCRITO
L’esponente più significativo dell’atomismo è Democrito, che viene di solito presentato insieme
ad Empedocle e Anassagora, ovvero presocratici. Ma in realtà egli è post-socratico, infatti risulta
contemporaneo non solo a Socrate ma anche ai suoi discepoli. Proprio per questo il suo sistema
filosofico si mostra aperto principalmente al problema della natura, ma anche ai problemi della
morale, della storia e del linguaggio, manifestando coì una tendenza enciclopedica.
Il maestro di Democrito fu Leucippo di Mileto, di cui abbiamo scarse notizie. Egli in un primo
momento era discepolo degli eleati, in seguito fondò la scuola ad Abdera e scrisse una Grande
cosmologia. Il suo pensiero filosofico, per appunto mancanza di testimonianze, viene attribuito
direttamente a quello del suo allievo Democrito.
LA FIGURA DI DEMOCRITO
Democrito nacque ad Abdera intorno al 460-459 a.C. Sappiamo relativamente poco sulla sua
vita. Egli fu cresciuto tra gli agi e le ricchezze, ma ad un certo punto rinunciò ad una parte di essi
per potersi dedicare agli studi e ai viaggi. Si spinse in Egitto, in Etiopia, in India e soggiornò
anche ad Atene, dove ebbe modo di venire a contatto con la cultura sofistico-socratica, che
lasciò tracce sul suo sistema filosofico.
A Democrito viene inoltra rappresentata la figura del sapiente completamente assorto nella
speculazione.
Gli si sono attribuiti molti scritti, tra cui una Piccola cosmologia e i saggi Sulla Natura, Sulle forme
degli atomi e Sulle parole.
L’EREDITÀ ELEATICA
Anche nel pensiero di Democrito rivive la distinzione eleatica tra apparenza e realtà. Il filosofo
infatti ritiene che l’occhio del filosofo debba cercare di raggiungere la realtà autentica delle cose,
consapevole del fatto che la verità dimora nel profondo.
Questa convinzione si traduce nell’opposizione tra:
○ Conoscenza sensibile, detta anche “oscura”, basata sui sensi, che si limitano a
vagare alla superficie delle cose;
○ Conoscenza razionale, detta anche “genuina”, basata sulla ragione, che riesce a
cogliere invece l’essere vero del mondo.
Mentre negli eleati la sensazione ed il pensiero sono due filoni che non comunicano tra loro, in
Democrito si trovano invece in reciproca continuità e implicanza.
Infatti la conoscenza per Democrito:
1. Parte dalla conoscenza dei fenomeni attraverso i sensi;
2. Si svilluppa mediante un’elaborazione intellettuale e logica basata sui dati dati dai sensi;
3. Giunge a una teoria che è in grado di spiegare ciò che i sensi si limitano a mostrare.
La sostanza materiale complessiva dell’universo, per Democrito, è anch’essa eterna, la quale non
può né aumentare e né diminuire, perché questo implicherebbe una creazione dal nulla o una
dissoluzione nel nulla di una certa quantità di atomi, idea che urterebbe il pensiero eleatico
secondo cui nulla viene dal nulla e nulla torna al nulla.
Poiché alla base del mondo non ammette alcuna forza intelligente e alcun progetto, l’universo
degli atomisti può dare l’impressione di essere sospeso al caso. Lo stesso Dante lo cita nella
Divina Commedia rappresentandolo come: colui che il mondo a caso pone. Bisogna però porre
alcune precisazioni:
● Se per “caso” intendiamo l’assenza di casualità, allora il verso dantesco esprime una
profonda incomprensione del pensiero atomistico, il quale rappresenta la prima forma di
causalismo.
● Se per “caso” intendiamo l’assenza di un disegno consapevole di origine divina, allora
dante evidenzia una caratteristica oggettiva della filosofia atomistica.
LA POSIZIONE DI DEMOCRITO
Per Democrito il mondo ha origine dal movimento degli atomi, i quali urtando accidentalmente tra
loro, si aggregano e disgregano dando origine alle cose.
In continuità con quanto suggerito da Eraclito, Democrito afferma che gli atomi sono mossi dal
caso, nel senso che si muovono automaticamente e spontaneamente.
Eppure per Democrito tutto avviene “secondo ragione” e “secondo necessità”. Ma come può il
caso convivere nello stesso sistema filosofico con la necessità, ovvero con un sistema di cause?
Gli atomisti sono convinti che la natura abbia una sua razionalità, un suo ordine interno; ma
quest’ordine non è quello finalistico di Anassagora , bensì quello proprio dei sistemi meccanici,
per cui, data una causa, ne segue un effetto.
PLATONE
Platone scrisse la Repubblica in cui egli descrive di uno Stato ideale, e di una comunità perfetta.
Questa comunità dovrebbe poi essere guidata da dei filosofi.
LA GIUSTIZIA
Alla domanda “quale sia il fine di una società governata da filosofi” Platone risponde “la
giustizia”. Infatti nessuna comunità umana può esistere senza la giustizia, essa è la condizione
fondamentale della nascita e della vita dello Stato.
Lo stato deve essere costituito da tre classi:
● Governanti, caratterizzata dalla virtù della Saggezza.
● Guerrieri, caratterizzata dalla virtù del Coraggio.
● Lavoratori o Produttori, caratterizzata dalla virtù della Temperanza.
Quest’ultima virtù deve essere comune a tutte e tre le classi.
La giustizia comprende tutte queste virtù e si realizza quando ciascun cittadino attende al
proprio compito e ha ciò che gli spetta.
La giustizia garantisce anche l’unità e l’efficienza dell’individuo, infatti nell’anima individuale
Platone distingue tre parti: razionale (saggezza), concupiscibile (Coraggio) e irascibile
(Temperanza)
LE CLASSI SOCIALI
Per Platone la distinzione degli uomini in classi deriva dal fatto che lo Stato deve per forza essere
diviso in classi, poiché in uno Stato vi sono compiti diversi che devono essere esercitati da
individui diversi.
Per Platone un individuo apparteneva ad una certa classe piuttosto che un’altra perché dipende
dalla preponderanza di una parte dell’anima sulle altre. Abbiamo così gli individui
prevalentemente:
● razionali (portati per la sapienza e al governo)
● Impulsivi (portati ad essere guerrieri)
● Soggetti al corpo e ai suoi desideri (portati al lavoro manuale)
Per Platone la divisione in classi dipende dunque da un inclinazione naturale, ossia da come si è
in quanto uomini.
Tutto ciò trova una semplificazione nel celebre “mito delle stirpi” secondo cui alcuni nascono con
una natura aurea, altri argentea altri ancora ferrea o bronzea.
Platone specifica anche che un bimbo ferreo nato tra gli uomini aurei dovrà essere retrocesso e
viceversa, essa si chiama mobilità sociale.
IL COMUNISMO
Platone suggerisce l’eliminazione della proprietà privata e la comunanza dei beni per le classi
superiori, così che essi possano essere più efficaci nella gestione della cosa pubblica.
I governanti-filosofi dovranno avere case piccole e nutrirsi di cibo semplice, vivere come in un
accampamento e mangiare insieme; essi non riceveranno compensi, se non i mezzi necessari per
vivere. L’oro e l’argento saranno proibiti.
Sia la ricchezza che la povertà sono nocive: pertanto nella città ideale non dovranno esistere.
Quello prospettato da Platone è una sorta di comunismo.
La classe al potere non avrà famiglia. Estendendo il comunismo alla sfera degli affetti, Platone
ritiene perciò che i governanti debbano avere in comune anche le donne. Ma le donne dovranno
godere comunque di una completa uguaglianza rispetto agli uomini.
Tutti i bambini saranno tolti fin dalla nascita ai loro genitori, e si avrà cura che questi non
sappiano quali siano i loro figli e che i bambini ignorino quali siano i loro parenti. In tal modo si
vivrà in una grande e solidale famiglia.
A tal punto ci si può chiedere se i governanti, sottoposti a tali restrizioni, siano felici. Il filosofo
risponde sostanzialmente che la felicità risiede nella giustizia, ossia nell’adempimento convinto
del proprio compito, in vista dell’armonia e della felicità complessiva dello Stato. Inoltre i filosofi
sono felici di per sé.