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Apocalisse

Il termine apocalisse, dal greco apokalypsis a sua volta proviene dal verbo kaluptein (=coprire o avvolgere)
(è lo stesso verbo da cui deriva il nome Calipso), indicava originariamente “rivelazione di cose nascoste”,
ma nel tempo il significato si è esteso ad “anticipazione delle cose ultime”. L’Apocalisse di Giovanni di
Patmos, l’ultimo libro del Nuovo Testamento, ha introdotto la profezia della fine del mondo e la sua
conseguente rinascita su un piano oltremondano. La visione di Giovanni costituisce attualmente il libro
apocalittico per antonomasia. Se ne può parlare come di un vero e proprio genere di scrittura, tutt’oggi
intensamente praticato. Attualmente studiata nei suoi aspetti culturali, sociologici, e di storia della
mentalità, oltre che religiosi. Il tema apocalittico si trasforma così in un modo della scrittura.
Apocalittica → Si tratta di una parola con due gruppi di significato: il genere letterario (che ovviamente riguarda
l’apocalisse); un movimento religioso o corrente di tipo storico.

L’autore dell’Apocalisse non è Giovanni l’Evangelista, ma Giovanni vescovo di Efeso, che scrisse queste
rivelazioni attorno all’anno 94-95 del I secolo, regnante l’imperatore Domiziano. L’Apocalisse di Giovanni
consta di 3 parti:
● Nella prima parte Giovanni indirizza sette lettere alle Chiese dell’Asia Minore, invitandole a rientrare nei
canoni dell’ortodossia e a ripristinare lo spirito originario del messaggio cristiano.
● Nella seconda parte, Giovanni, è ammesso in un cielo gremito di presenze simboliche: il trono divino,
che emette tuoni e lampi; il coro dei 24 presbiteri; gli angeli; le Quattro figure alate; l’agnello. A
quest’ultimo viene affidato il compito di aprire il libro (un rotolo di pergamena) chiuso con sette sigilli
→ ,il tempo si sospende per mezz’ora in attesa della scena successiva. Viene anche introdotto il numero sette, che
ricorre lungo tutta la Bibbia (es: giorni della creazione), ad ognuno dei quali corrisponde una punizione per la
Terra e i suoi abitanti, sotto forma di calamità naturali. Dai primi quattro sigilli scaturiscono altrettanti cavalieri
dell’Apocalisse, inviati ai quattro angoli del mondo a seminare paura e distruzione. Vengono
risparmiati soltanto i 144.000 eletti, che verranno segnati nell’intermezzo fra il sesto e il settimo sigillo.
L’ultimo sigillo contiene a sua volta le sette trombe (Vi è anche la famosa e simbolica scena della
“manducatio”, dove Giovanni mangia il libro che gli è stato dato.) dei sette angeli che annunziano la
lotta fra Dio e Satana. In essa il Diavolo assume la triplice forma di Dragone; di Bestia, cioè di
Anticristo. La settima tromba contiene l’ira di Dio versata dalle coppe in mano ai sette angeli che
provoca altrettante piaghe nel genere umano. Di esse soffriranno soltanto coloro che hanno avuto
commercio con Satana, il quale viene una prima volta sconfitto e dall’angelo cacciato nell’abisso, dove
rimarrà mille anni, trascorsi i quali risorgerà, chiamerà Gog e Magog, ma sarà poi definitivamente vinto
da Dio. Negli Ultimi giorni, i giusti subiranno tremende tribolazioni. Alla fine, tramite il Giudizio
Universale, verrà dissolto il mondo terreno, ed instaurata la nuova Gerusalemme celeste.
● Nella terza ed ultima parte dell’Apocalisse, Giovanni ammonisce chiunque dal contraffare la sua
profezia, che contiene la parola di Cristo.

Nei versi 9-11 troviamo l’esemplificazione delle caratteristiche generali del genere apocalittico:

● Racconto di una rivelazione ricevuta da una creatura umana da parte di uno o più esseri celesti.
● La creatura umana è in stato di trance, si tratta di un rapimento estatico (rapito in estasi);
potremmo fare riferimento al racconto di Dante, anche lui in stato di estasi.

● Primato della parola: questa “comunicazione” avviene in primo luogo attraverso la parola (udii
dietro di me una voce potente).

● Ruolo determinante della scrittura, quindi del libro (rotolo) (scrivilo in un libro e mandalo alle
sette chiese). Curtius dice che “Cristo è l’unico Dio che l’arte antica ha raffigurato con un rotolo scritto fra le
mani”. Dunque Giovanni non è un profeta nel senso biblico del termine: uomo che parla in nome di Dio ma
è anche un personaggio nella storia (auctoritas), che si ribella all’ordine costituito dal re o dai sacerdoti
(potestas) quando questi trasgrediscono le regole di Dio. Giovanni dunque non ricopre questo ruolo (al
contrario di Geremia o Elia). Spesso l’autore utilizza uno pseudonimo, come autore fittizio (riguarda
soprattutto l’apocalittica giudaica).

● Ruolo della visione: le immagini mitico-simboliche viste da Giovanni sono complesse da


codificare e decifrare, poiché non riprende le esatte parole bibliche (citazioni) ma riprende le
immagini (più difficili da riconoscere). Per questo si parla di grammatica figurale dalla decifrazione
affascinante ma ardua. Esempio del cavallo: per gli antichi era simbolo di forza incontrastata, poiché
cavallo e cavaliere erano l’arma più pericolosa dell’esercito (Dio è colui che dimostra la sua potenza
rovesciando cavallo e cavaliere); per noi invece è un simbolo di potenza ma anche, e soprattutto, di
eleganza. Questa differenza ci rende difficile la decifrazione di questo “simbolo”, a meno che non ci caliamo
nell’immaginario collettivo degli antichi. A rendere più difficile questa decifrazione gioca un ruolo
fondamentale la nostra "ignoranza" di una parte della tradizione antica che è andata smarrita e
di cui non possiamo riconoscere le simbologie.

L’Apocalisse è piena di simboli che sono stati codificati e decodificati lungo i secoli:

● Prevalenza del tempo sullo spazio: anche se la rivelazione avviene all’interno di uno spazio,
vi è un’attesa fremente che il tempo si concluda, si compia. Proiezione verso l’avvenire.

● Simbologia zoologica (drago, cavallo) e teriomorfa (immagini di viventi che hanno sembianze
animali).

● Simbologia cromatica (bianco e dorato) e numerologica (7).

Simbolo dell’agnello: figura vincitrice e retta ma anche sgozzato. L’Apocalisse è anche un libro liturgico,
ovvero contiene una serie formule che si possono recitare a messa. Per questo motivo si pensava che esso
fosse già nato come un libro fatto per essere recitato.

Quest’attesa fremente ha alimentato la nascita e diffusione di movimenti di tipo messianico-apocalittico


come spinta rivoluzionaria: profezia di Gioacchino da Fiore (che influenza anche La Commedia di
Dante) e la comunità di Thomas Müntzer che, durante il periodo della riforma protestante, prova a
creare una sorta di società comunista, dove i beni erano in comune.
Nascono anche i cosiddetti “millenarismi”, che portano Scholem a dire che l’Apocalisse, per il suo odio
nei confronti dei rappresentanti della terra (raffigurati sconfitti dal drago), è l’opera tra i più rivoluzionari
della letteratura.

La validità e la vitalità dello schema apocalittico come interpretazione globale della storia e come modo
strutturale della narrazione, sono sostenute da una vasta schiera di studiosi: Frank Kermode nel suo
Il senso della fine richiama l’importanza della morte e del momento apocalittico nell’interpretazione
delle opere letterarie. In particolare, facciamo riferimento agli studi dell’etnoantropologo italiano
Ernesto De Martino che in alcuni suoi saggi e principalmente nel volume La fine del mondo, ha
sviluppato il concetto di apocalisse culturale, tramite la quale le comunità storiche hanno inteso
esorcizzare la paura della fine di tutto, con l’anticiparne modi e tempi mutando l’angoscia in speranza.

Nel Basso Medioevo si segnala per la sua importanza la Visio Pauli che costituisce insieme alle
Apocalissi di Paolo e di Pietro la fonte primaria della letteratura medievale. L'apocalisse del resto
traeva stavolta spunto da antichissimi miti (come i miti babilonesi della lotta di Marduk con i mostri del
caos). più remoti del giudaismo e del Cristianesimo. Risultò assai importante l'interpretazione che di
essa diede Gioacchino da Fiore, il quale aveva dato vita un nuovo ordine monastico, detto Florense, e
la sua intensa attività di studioso delle Sacre Scritture. In una costellazione di scritti concernenti
l'apocalisse espone la tesi secondo la quale alla comunità dei giusti sarebbe accordato un periodo di
beatitudine in terra, successiva agli Ultimi giorni, corrispondente all'epoca dello Spirito Santo. Lo
schema apocalittico è quasi per intero richiamato nel capolavoro dantesco: il viaggio nell'oltretomba
procede da uno stato di smarrimento e di caduta e tramite alcune figure coadiuvanti risale a uno stato di
saggezza filosofica, inoltre l'apocalisse Giovannea è citata più volte. Nella tradizione medievale bisogna
fare il nome anche di Giovanni Boccaccio e del suo Decameron: la peste si pone come momento
apocalittico di una civiltà che ha smarrito i suoi valori fondamentali. Un'altra figura importante nel
panorama letterario medievale è il Lancillotto del Lago di Chrétien de Troyes, improntata a una
struttura apocalittica-cristologica in cui l'eroe viene a liberare i giusti del regno di Logres in esilio nella
terra di Gorre. In essa non è difficile scorgere un’allegoria della chiesa cui appare destinato colui che per
raggiungerla sopporta lo strazio delle stimmate e la mortificazione del proprio orgoglio di valoroso
cavaliere.

Dall'apocalisse discende l'idea della possibilità di una palingenesi totale nel 400 e nel 500. Gli scrittori
erano stimolati dalla disastrosa condizione civile e politica degli stati italiani dell'epoca. Possiamo
ricordare ad esempio Cristoforo Colombo in quanto la conquista dell'America fu vissuta come
scoperta di un nuovo mondo, peraltro fermo ancora nella sua età dell'oro, e dunque potenzialmente
rigenerante. Francesco Doni, scrisse una dichiarazione sopra il XIII dell'Apocalisse, secondo la quale
nella bestia bisognava riconoscere il riformatore protestante Martin Lutero. Nel Seicento si osserva
una curiosa contaminazione fra la cultura scientifica e la tradizione apocalittica. Anche nel trattato
sull'apocalisse di Isaac Newton si verifica una corrispondenza fra la storia astronomica, quella
umana e quella sacra. Per Newton, il mondo non è eterno ma scomparirà nei modi descritti da
Giovanni nell'apocalisse. È nata anche una particolare forma retrovertita dell'Apocalisse rifacendosi al
modello della distruzione finale della terra riflettendolo o anticipandolo nel momento catastrofico
dell'inizio, il big bang, si prendono ad esempio le cosmicomiche di Italo Calvino.
Il Settecento punta a un allontanamento dal mito apocalittico che si conserva nel tentativo di spiegare
l'origine delle grandi calamità naturali. La rivoluzione francese e il mito Napoleonico fungono da
catalizzatori di aspettative messianiche, palingenetiche e stimolano Dunque una rielaborazione di temi
apocalittici. Holderlin Considerava la Rivoluzione Francese la tempesta di Dio Mandata a rinnovare
l'umanità nel pieno di un'età sconsacrata. Il Novecento è un secolo particolarmente ricco di apocalissi
letterarie. Si prende Il fu Mattia Pascal di Luigi Pirandello: solo al termine di un complicato gioco di
scambi d'identità, di morti e di rigenerazioni rituali, il protagonista riesce a pervenire alla sua identità e
si pone in un limbo di non-esistenza. Siamo alla catastrofe del personaggio. Tutta la narrazione prende
avvio in un contesto apocalittico: quello dell'eruzione del vulcano delle Antille che si pone come
simbolo dell'estrema fragilità della condizione umana. Più direttamente apocalittica è la coscienza di
Zeno di Italo Svevo: il romanzo si chiude con la previsione che un uomo inventerà un ordigno capace
di distruggere la terra e un altro si arrampicherà fino alla cima per innescarlo. Non ci sono solo libri
ispirati all'apocalisse ma anche libri che l'hanno vivacemente contestata come l'opera di Lawrence,
secondo il quale la visione di Giovanni è grossolana e volgare e rappresenta un tradimento del
messaggio di Cristo. Nel Novecento Gli scrittori sono portati ad esprimere una visione apocalittica
come conseguenza del modello capitalistico-consumistico; questo concetto è ben espresso dal romanzo
Corporale di Paolo Volponi: il professor Gerolamo Aspri protagonista del romanzo incline agli
sdoppiamenti di personalità, in crisi personale per la morte del Comunismo, concepisce una folle paura
dell'esplosione atomica e pertanto erige un rifugio antiatomico nelle campagne Urbinati. Il seguito di
corporale è il romanzo Il pianeta irritabile, che racconta delle vicende di quattro personaggi (si noti il
numero già presente nell'Apocalisse Giovannea) sopravvissuti ad una serie di catastrofi atomiche: un
nano, un'oca, una scimmia e un elefante. La catastrofe atomica Effettivamente si verificò a Hiroshima e
Nagasaki alla fine della seconda guerra mondiale, ha del resto partorito una notevole messe di
produzione letteraria e in generale nell'immaginario.

CORRENTI APOCALITTICHE:

● Concezione del tempo globale, predeterminata e numerabile. Questo ha dato vita ad una
serie di teorie sulla fine del mondo che sono state poi smentite dalla storia (si pensi alla lettura radicale e
letterale dell’apocalisse da parte dei testimoni di Geova, che dicono che la fine del mondo è vicina).

● Spasmodica attesa di una svolta definitiva della storia del mondo, di solito collegata a catastrofi
cosmiche.

● Fede in una concreta salvezza in un mondo nuovo (definito dal termine “gloria”). L’Apocalisse
difatti annuncia l’avvento di un nuovo mondo e della gloria di Dio, un’eternità di pace. Dunque il
termine “post-apocalittico” che noi sentiamo è una contraddizione con l’idea che noi abbiamo di esso:
se il mondo dopo l’apocalisse è un mondo di pace, è in contrasto con l’idea “post-apocalittica” di guerre e
distruzione.
Perché abbiamo questa visione?

Soprattutto nel Novecento, la minaccia della guerra nucleare, del disastro ambientale e l’eredità delle
immagini dalla prima e seconda guerra mondiale hanno trovato nello scenario biblico dell’Apocalisse
modalità di rappresentazione. Inoltre sono state utilizzate come avvertimento all’umanità (come per dire
che se l’uomo non cambia direzione, finiremo così). In realtà nella Bibbia questa visione di “minaccia” non
è presente, poiché Giovanni dice che in quella direzione ci andremo comunque e non dipende dall’uomo,
ma che soprattutto non dovremo temere perché dopodiché vi sarà la gloria di Dio.

L’Apocalisse cristiana ha un ulteriore problema da affrontare: il Messia è già venuto, ha patito, è morto ed
è risorto (la rivelazione è già compiuta).

I primi cristiani attendevano una seconda venuta di Cristo: è qui che si colloca l’Apocalisse. Questa venuta
del messia per loro era una cosa imminente, che sarebbe potuta accadere anche durante la loro esistenza
stessa. Se prendiamo la prima lettera ai Tessalonicesi (uno dei testi più vecchi), dice (cap.3 vv.16-17):
“Perché il Signore stesso, a un ordine, alla voce dell’arcangelo e al suono della tromba di Dio, discenderà
dal cielo. E prima risorgeranno i morti in Cristo: quindi noi, i vivi, i superstiti, saremo rapiti insieme con
loro tra le nuvole”. Dunque è un’attesa spaventosa verso quella che è una svolta definitiva della storia. Solo
che, generazione dopo generazione, questa venuta non avviene. Perciò l’attesa si ammanta di immagini che
appartengono all’Apocalisse giudaica. Perciò queste immagini vennero prese dai primi cristiani, in
particolare Giovanni. In questo senso vengono lette le prime persecuzioni contro i cristiani (Nerone prima
e Domiziano dopo), viste simbolicamente come le catastrofi che preannunciano la seconda venuta.

Secondo un’affermazione sull’apocalisse gli uomini dovrebbero cambiare atteggiamento affinché


l’Apocalisse non avvenga ma ciò non riprende l’Apocalisse giovannea poiché essa avverrà inesorabilmente.

Secondo Northrop Frye, questa visione apocalittica può essere considerata come un modo per
giustificare e sopportare le persecuzioni ma anche per fare i conti con la delusione che Gesù stava tardando
ad arrivare, al contrario di come pensavano.

L’Apocalisse in realtà è rassicurante. Perché?

Quando si va a vedere un film o si legge un libro di genere apocalittico, si viene rassicurati dal fatto che noi
siamo al sicuro mentre guardiamo o leggiamo queste catastrofi. Naufragio con spettatore di Blumenberg ci
spiega questo fenomeno: noi siamo spettatori di un naufragio e siamo rassicurati del fatto che non sta
accadendo a noi. Creare questo genere di film o libro serve per dare una cornice narrativa alle nostre ansie
e angosce. Un esempio di angoscia reale ai giorni nostri è l’avvento della crisi climatica, così come lo era la
minaccia nucleare circa un secolo fa. Questo discorso si ricollega ai primi cristiani che di fronte all’angoscia
legata alle prime persecuzioni, venivano rassicurati dalla cornice dell’Apocalisse che prometteva loro la
gloria di Dio.

Ernesto De Martino (studioso dell’Apocalisse) dice che noi sappiamo già che la nostra esistenza
terminerà. Si pone due domande:
● come questa “apocalisse individuale” fa i conti con l’apocalisse collettiva?

● quali sono le forme di contenimento e rappresentazione di questa fine?

Egli studia anche i rituali di lutto per la morte di persone care nelle società del sud Italia: egli nota che è
tutto rituale, anche il pianto sembra costituito di moduli che si ripetono (pianto rituale). Dunque in questa
apocalisse individuale (che in questo caso non riguarda noi stessi ma una persona cara), le società
codificano dei rituali che ci dimostrano come la vita continua: come elaborare l’assenza di una persona
cara durante la continuità dell’esistenza.

Rituali (come il funerale), che non esistono per le società laiche.

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