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YANN REDALIÉ

Note introduttive sulla letteratura apocalittica


e l’Apocalisse di Giovanni

Apocalisse, Rivelazione di Gesù Cristo 1, che Dio gli diede per mostrare ai suoi servi le
cose che devono avvenire tra breve, e che egli ha fatto conoscere mandando il suo angelo al
suo servo Giovanni.

Parola iniziale dell’ultimo scritto della Bibbia, il sostantivo apocalisse si


presenta come il suo titolo e così lo capirà Ireneo 2. Il termine apocalittico/a
invece viene usato solo dall’800 per indicare come “letteratura apocalittica”
delle composizioni letterarie paragonabili all’Apocalisse di Giovanni. Né
Daniele né Giovanni di Patmos hanno creato la letteratura apocalittica, ma si
iscrivono in una corrente letteraria già conosciuta tra il secondo secolo prima di
Cristo e il secondo secolo dopo Cristo.
La qualificazione di “apocalittico/a” però, è oggetto di dibattito e nella ricerca di
una definizione del termine si tende a distinguere tre ordini di preoccupazioni:
innanzitutto l’identificazione di movimenti sociali, di gruppi portatori di testi, per i
quali gli anglosassoni usano spesso il termine di “apocalypticism”; quindi la defini-
zione di un genere letterario, la qualificazione di testi, per cui ci si limita all’uso del
termine “apocalypse”; infine la presa in considerazione di una comprensione del
mondo e della realtà, per cui si parla di una “apocalyptic eschatology”.

1. Dei movimenti sociali “apocalittici”?

Se il dibattito è largamente aperto sulla nascita dell’apocalittica giudaica e


sulle influenze che raccoglie, possiamo dire che si iscrive in un largo movimen-

1
∫Apokáluyiv ∫Ihsoû Cristoû.
2
Adv. Haer 5,30,2. Il termine “apocalupsis” compare 19 volte nel Nuovo Testamento, il
verbo “apokaluptein” rivelare, togliere il velo, 26 volte nel Nuovo Testamento.

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to di protesta, esteso a tutto il mondo mediterraneo, in reazione alle conquiste di


Alessandro Magno e alle loro conseguenze geopolitiche. Il crollo degli stati
locali e la formazione di Imperi regionali, come ad esempio quello dei Seleucidi
in Siria, dei Lagidi in Egitto, provocano, contro l’imperialismo ellenistico e suoi
funzionari cupidi, dei movimenti “nazionali” nei quali si fanno anche sentire la
nostalgia delle indipendenze passate nonché le frustrazioni del clero locale.
Per il mondo giudaico il regno di Antioco IV Epifane (175-164 a.C.) rappre-
senta un periodo nero. La cultura e la religione greca vengono imposte a tutti,
l’osservanza del sabato e la circoncisione sono proibite, il tempio profanato con
una statua di Zeus. L’avvenimento si è fissato nella memoria collettiva 3. Si apre
il tempo della resistenza, della repressione, dei martiri. La rivolta dei Maccabei
non è un caso isolato. Il libro di Daniele, vero e proprio scritto di resistenza, è
animato dallo scontro tra gli Ebrei pii e il loro persecutore Antioco IV. Due pen-
sieri universalisti, la fede giudaica e il pensiero greco, si combattono 4.
A partire da questo scenario, tra il secondo secolo a.C. e il secondo secolo
d.C., diversi gruppi esprimono attraverso la scrittura apocalittica la convinzione
di avere una storia, un futuro e una speranza 5.

2. Una letteratura apocalittica?

2.1. Dall’oracolo allo scritto

Già dal tempo dell’esilio si è trasformata la relazione con la parola profetica.


Mentre Geremia riceve nella sua bocca le parole di Dio: «Poi il SIGNORE stese
la mano e mi toccò la bocca; e il SIGNORE mi disse: “Ecco, io ho messo le mie
parole nella tua bocca...”»6, Ezechiele viene invitato a mangiare il libro:

1 Egli mi disse: «Figlio d’uomo, mangia ciò che trovi; mangia questo rotolo, e va’ e parla
alla casa d’Israele». 2 Io aprii la bocca, ed egli mi fece mangiare quel rotolo. 3 Mi disse:
«Figlio d’uomo, nùtriti il ventre e riempiti le viscere di questo rotolo che ti do». Io lo man-
giai, e in bocca mi fu dolce come del miele7.

3
Mc 13,14 richiama l’abominazione della desolazione posta là dove non deve stare; cfr.
anche Dn 9,27; 11,31; 12,11; 1M 1,54ss; 2M 6,2.
4
Su questo periodo vedere E. NOFFKE, Introduzione alla letteratura mediogiudaica,
Torino, Claudiana, 2004, pp. 19-43.
5
Questo discorso però non vale per dei testi come 1Enoch (Libro dei Vigilanti), vedi E.
NOFFKE, cit., pp. 59-64.
6
Gr 1,9.
7
Ez 3,1.

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Note introduttive sulla letteratura apocalittica e l’Apocalisse di Giovanni

Il profeta apocalittico sarà un uomo della meditazione scritta. Questo viene


anche illustrato dalla cornice comunicativa della visione delle quattro bestie di
Daniele 7. Così viene introdotta, al versetto 1:

Nel primo anno di Baldassarre di Babilonia, Daniele fece un sogno, mentre era a letto, ed
ebbe delle visioni nella sua mente. Poi scrisse il sogno e ne fece il racconto.

e così si conclude al versetto 28:

Qui finisce il racconto. Quanto a me, Daniele, fui molto spaventato dai miei pensieri e il
mio volto cambiò colore. Ma conservai tutto questo nel mio cuore.

E in conclusione del libro viene ordinato a Daniele:

Tu, Daniele, tieni nascoste queste parole e sigilla il libro sino al tempo della fine. Molti lo
studieranno con cura e la conoscenza aumenterà8.

Questo segna una novità riguardo alla profezia antica nella quale predomina-
va la forma orale dell’oracolo. Inoltre, a differenza dalla profezia classica per la
quale il profeta legge in chiaro il senso delle visioni, l’apocalittico ha bisogno di
un angelo interprete.

2.2. Che cos’è una apocalisse?Quali scritti considerare apocalittici?

Si fa spesso riferimento alla definizione di J.J. Collins:

‘Apocalisse’ è un genere di letteratura di rivelazione con una cornice narrativa, in cui una
rivelazione è mediata da un essere ultramondano a un ricevente umano, schiudendo una realtà
trascendente che è sia temporale, nella misura in cui ha in vista la salvezza escatologica, che
spaziale, nella misura in cui implica un altro mondo, soprannaturale […] [il fine è] di inter-
pretare presenti circostanze terrene alla luce del mondo soprannaturale e del futuro, e di
influenzare sia la comprensione che il comportamento del pubblico mediante l’autorità
divina9.

8
Dn 12,4.
9
Definizione citata da E. NORELLI, “Apocalittica: come pensarne lo sviluppo?”, Ricerche
storico-bibliche 7 (1995/2), p. 170, che mette insieme delle definizioni apparse in una prima
versione in Semeia 14 (1979), p. 7, riprese da A. YARBRO COLLINS, “Early Christian Apoca-
lypticism. Introduction”, Semeia 36 (1986), p. 2. Nella citazione riportata, la parte finale a
partire da [il fine è] è una aggiunta, a mio avviso utile, proposta da Norelli. Sulla ricerca di
definizione vedi anche B. CORSANI, L’Apocalisse e l’apocalittica del Nuovo Testamento, Bolo-
gna, EDB, 1997, cap. 1 “Di che cosa stiamo parlando?”, pp. 11-17; E. NOFFKE, cit., pp. 53-57.

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Si tratta di una letteratura dotata di un’ossatura narrativa in cui una rivelazio-


ne divina viene trasmessa a un prescelto, il più delle volte mediante un angelo.
La realtà trascendente oggetto di rivelazione è, nel contempo, temporale nella
misura in cui considera la salvezza escatologica, futura, e spaziale, nella misura
in cui annuncia la venuta di un mondo nuovo, ma già reale altrove, nel cielo.
Diversamente da Collins che dà la preferenza al genere letterario, Paolo
Sacchi insiste sul contenuto: gli «elementi fondanti di ogni apocalittica [sono]:
1. le credenza nell’immortalità (sia per risurrezione, sia per immortalità dell’ani-
ma), 2. la convinzione che il male abbia origine in una sfera al di sopra dell’u-
mano»10.
Queste ricerche di definizione nascono anche dall’interrogarsi su quali siano
i testi da considerare apocalittici. Per esempio, a Qumran nessun testo ha la
forma di un’apocalisse, eppure tutti si accordano nel riconoscere negli scritti di
Qumran la presenza di molti tratti apocalittici. Non sono pochi i testi giudaici e
cristiani che appartengono, da vicino o da lontano, ad una letteratura apocalitti-
ca. Nell’Antico Testamento, si trovano motivi apocalittici in certi testi profetici
post-esilici: Isaia 24-27, per esempio, viene chiamato a volte la «grande apoca-
lisse d’Isaia», e Isaia 34-35, la «piccola apocalisse d’Isaia». Anche in Zaccaria
9-14 o in Ezechiele 11. Ma è soprattutto l’ultima parte del libro di Daniele12 che
presenta le caratteristiche di un’apocalisse tradizionale.
Il termine ‘apocalisse’ viene anche attribuito a un certo numero di scritti
rimasti fuori dal canone biblico. Tra le apocalissi giudaiche extra-bibliche:
l’Apocalisse di Abramo, l’Apocalisse siriaca di Baruc (II Baruc), l’Apocalisse
greca di Baruc (III Baruc,) Apocalisse di Elia, IV Esdra, Apocalisse etiopica di
Enoc (I Enoc), il Libro dei segreti di Enoc (II Enoch oppure Enoc Slavo), Libro
dei Giubilei, il Testamento d’Abramo. Si trovano anche dei frammenti apocalit-
tici in altri scritti (come nel Testamento dei dodici Patriarchi)13.
Nel Nuovo Testamento, oltre all’Apocalisse di Giovanni, ultimo libro della
Bibbia, in Marco 13 (quindi anche sinotticamente in Matteo 24s e in Luca 21)
un lungo discorso di Gesù sulla fine dei tempi costituisce quella che si usa chia-
mare «l’apocalisse sinottica». Nello stesso modo, alcuni testi del corpus paoli-
no14 l’Epistola di Giuda e alcuni passi di 2Pi hanno caratteristiche apocalittiche.
Infine, la letteratura apocrifa cristiana conta a sua volta un certo numero di
apocalissi, vi sono l’Apocalisse di Pietro, Il Pastore di Erma, il libro di Elcasai,

10
P. SACCHI, Apocalittica giudaica e la sua storia, Brescia, Paideia, 1990, p. 78.
11
Vedi Ez 38-39, il conflitto di Israele contro Gog e Magog.
12
Dn 7-12.
13
Su questi testi vedi E. NOFFKE, Introduzione alla letteratura mediogiudaica, Torino,
Claudiana, 2004.
14
Per esempio, 1Ts 4,13 – 5,11; 2Ts 2,1-12.

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Note introduttive sulla letteratura apocalittica e l’Apocalisse di Giovanni

5 Esdra 2,42-48; l’Ascensione di Isaia (poi l’Apocalisse di Paolo, l’Apocalisse


di Adamo, le Questioni di Bartolomeo, le due Apocalissi di Giacomo, la prima
Apocalisse apocrifa di Giovanni, ecc.).

2.3. Tratti caratteristici della letteratura apocalittica

Malgrado una certa diversità possono essere individuate alcune caratteristi-


che condivise da un buon numero di questi scritti.
La pseudepigrafia: in un’epoca nella quale la grande profezia biblica ha
segnato il passo, lo scritto viene attribuito ad un autore archetipico. Una figura
prestigiosa del passato, dall’autorità incontestata (Mosè, i patriarchi, Enoch,
Ezrà, Baruc, ecc.), rilegge la storia come profezia e rivelazione di avvenimenti a
venire. Così viene rafforzata la convinzione che il piano di Dio, fissato dalle ori-
gini, viene ora rivelato.
Il determinismo: tutto è già deciso dall’origine secondo il piano di Dio; Dio
ha dato dei giorni per ogni cosa15 niente potrà turbare questa volontà16. In questo
l’apocalittica si distingue dalla profezia classica. Per il profeta, anche se c’è il
piano di Dio, l’oracolo di minaccia è fatto per il pentimento, per il cambiamen-
to. C’è posto per il dialogo, la responsabilità e la decisione.
Il simbolismo: l’autore di apocalissi rivela dei segreti, però solo gli iniziati li
capiscono con l’aiuto dello Spirito e di un intermediario. Il linguaggio è codifi-
cato. I numeri, i colori, le rappresentazioni mitologiche alludono anche a delle
figure o degli avvenimenti storici. Così ci si può permettere anche di prendere
di mira il tiranno17.
Il sopranaturalismo: l’apocalittica rivela un mondo altro dal mondo apparen-
te, oltre questa realtà. Due mondi si scontrano e stanno per succedersi, il mondo
attuale o “eone” (età) attuale sottoposto al male e il mondo futuro o “eone” futu-
ro che appartiene a Dio. Il veggente viene spesso trascinato in un viaggio dove
può già contemplare ciò che avverrà nel futuro in quanto è già presente in cielo.
Il dualismo e il pessimismo: questo mondo è il luogo di uno scontro tra le
forze del male che lo dominano e le forze di Dio che saranno un giorno vittorio-
se. C’è un combattimento nel quale hanno un posto importante angeli e demoni.
Le lotte nel mondo celeste hanno conseguenze nel mondo degli uomini. Il pessi-
mismo che considera il mondo attuale sulla strada della distruzione è affiancato
da una speranza nella vittoria finale di Dio che il veggente contempla già in spi-
rito.

15
Come scritto in 1En 92,2.
16
4Esd 4,37.
17
Si veda sotto § 5.3 a proposito del linguaggio simbolico nell’Apocalisse di Giovanni.

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3. Una comprensione del mondo

Queste ultime considerazioni ci introducono alla visione del mondo veicola-


ta dalla letteratura apocalittica. Scritture di un tempo di crisi, nel loro pessimi-
smo le visioni annunciano anche che “un altro mondo è possibile”, o meglio che
“un altro mondo è in arrivo”, anzi è già reale, il profeta apocalittico lo ha visto.
La crisi non coinvolge solo la storia del popolo d’Israele oppresso, ma l’intero
cosmo. In questo la visione apocalittica va oltre l’oracolo profetico. Anche la
sua comprensione del tempo è radicale, questo “eone” destinato alla perdizione
viene contrapposto all’“eone” futuro dei tempi messianici e del regno di Dio.
L’aspettativa non è più nel tempo, all’interno della storia, ma alla fine e fuori
dal tempo. La fine del persecutore è l’inizio della fine dei tempi dei quali Dio
rimane padrone. Oltre e contro l’apparenza, rileggendo il passato, ricordando le
promesse incompiute, c’è una speranza da comunicare, una promessa di libera-
zione e di salvezza, il futuro non è incerto, lo sbocco finale sarà felice, l’apoca-
littico l’ha visto. L’apocalittico si pensa alla fine dei tempi: è teso verso il com-
pimento di questo mondo e verso il mondo nuovo. La giustizia di Dio sarà pro-
clamata. Infatti se il vecchio eone è arrivato al suo termine e il nuovo deve
advenire è anche affinché la Signoria di Dio sia riconosciuta; il mondo nuovo
irrompe per contestare il vecchio mondo.
Infine, e questo è certamente un elemento essenziale, questo mondo futuro
che sta per venire ed è già reale in cielo, viene vissuto nel culto e nella liturgia.
A Qumran, per esempio è forte il legame tra attesa escatologica e espressione
liturgica. Ciò che le apocalissi rivelano ai visionari privilegiati, la liturgia lo
comunica ai fedeli18. Così la liturgia alla quale il veggente assiste nelle sue
visioni celesti ha forti analogie con quella vissuta nella comunità.

4. Gesù, un profeta apocalittico?

Prima di passare al libro dell’Apocalisse va segnalato un ambito centrale


della ricerca storico esegetica sulle origini cristiane, che non può essere trattato
nello spazio di queste note introduttive. L’interrogativo potrebbe essere espresso
da due ordini di domande. Primo, le domande, che concernono il Gesù della sto-
ria: Gesù era un profeta apocalittico? Che cosa intendeva quando annunciava il
Regno di Dio già presente? Pensava se stesso alla svolta degli “eoni”, profeta
della regalità di Dio che ormai aveva fatto irruzione nella storia19? Il secondo

18
P. PRIGENT, L’Apocalypse de Saint Jean (CNT XIV), Genève, Labor et Fides, 2000, p. 21.
19
Vedi G. BARBAGLIO, Gesù Ebreo di Galilea, indagine storica, Bologna, EDB, 2002;
part. Capitolo 8 “Evangelista del Regno di Dio”, pp. 255-297; J. P. MEIER, Un Ebreo margi-
nale. Ripensare il Gesù storico, Vol 2, Mentore, Messaggio, Miracoli, Brescia, Queriniana,

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Note introduttive sulla letteratura apocalittica e l’Apocalisse di Giovanni

gruppo di domande allarga la questione alle origini del movimento cristiano e si


chiede se la tensione apocalittica delle prime comunità cristiane è stata “la
madre di tutta la teologia cristiana” secondo l’espressione di Ernst Kaese-
mann20, che ha suscitato non poche discussioni nella seconda metà del ’900.

5. Apocalisse di Giovanni

5.1. Un libro di visioni

“Apocalisse di Gesù Cristo”: la prima parola del libro gli dà la prospettiva di


“rivelazione” (scoprire, svelare, rivelare) attraverso delle visioni guidate da un
angelo e destinate ad un veggente. L’agire salvifico di Dio, la sua opera di giu-
dice che scende dal cielo, la rivelazione mostra ciò che sta per accadere fino al
termine della storia nella Gerusalemme celeste.
Malgrado la molteplicità delle proposte di strutturazione dell’Apocalisse di
Giovanni, si può proporre un’articolazione del testo in due sequenze di visioni.
Le visioni della prima sezione (Ap 4-11) hanno una dimensione universale,
quelle della seconda (Ap 12-21) un carattere più storico. Questo dittico è intro-
dotto da sette lettere ad altrettante comunità dell’Asia Minore (Ap 2-3; cfr.
Ap 1, 4-8), nelle quali l’autore insiste sul rischio che esse corrono di conformar-
si alla realtà del mondo presente (Ap 2,4; 2,14; 2,20; 3,1; 3,17). A loro volta
queste lettere sono precedute da una visione inaugurale (Ap 19-20) del «Figlio
d’uomo» rivestito degli attributi del suo potere divino.
La prima sequenza di visioni (Ap 4,1a Ap 11,19) inizia con una celebrazione
cosmica (una liturgia celeste, 4-5) dove vengono adorati Dio e l’Agnello. Il giu-
dizio del mondo, segno della collera di Dio, viene poi rappresentato dai settena-
ri dei sigilli (Ap 6,1-17; 8,1-5) e delle trombe (Ap 8,6-9,21; 11,15-19). Queste
serie di catastrofi 21 vengono interrotte due volte per sottolineare la necessità
della testimonianza, una prima volta dalla presentazione dei 144.000 eletti e di
una folla immensa (Ap 7), la seconda volta dall’episodio del libretto aperto e
dei due testimoni (Ap 10,1-11,14).

2002, spec. parte II° “Messaggio” i Cap. XIV, XV, XVI sul Regno di Dio, pp. 285-592 (orig.
Ingl A Marginal Jew. Rethinking the Historical Jesus, Vol II, New-York, Doubleday, 1994);
G. THEISSEN – A. MERZ, Il Gesù storico, Un Manuale, Brescia, Queriniana, 1999 (orig. Ted.
Der historischen Jesus: ein Lehrbuch, Göttingen, Vandenhoeck u. Ruprecht, 1996, 19992),
part. § 9, “Il Gesù profeta: l’escatologia di Gesù”, pp. 300-347.
20
E. KAESEMANN, “Gli inizi della teologia cristiana”, in ID. Saggi esegetici, Marietti, Casale
Monferrato, 1985, p. 101.
21
È da questo tipo di descrizione che viene l’uso corrente del termine apocalittico come
“catastrofico”.

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La seconda serie di visioni (Ap 12-21) rappresenta in modo simbolico il con-


flitto escatologico che oppone Dio, Cristo e il suo popolo alle forze di questo
mondo sotto il potere di Satana (le bestie....), fino alla vittoria finale e alla venu-
ta sulla terra del mondo nuovo.
Infine, nell’epilogo dell’opera (Ap 22,6-21) viene ribadito l’oggetto del
libro, la certezza della vittoria finale di Cristo che, nell’attesa della sua piena
manifestazione universale, trova la sua espressione vissuta nella liturgia del
culto della comunità. È da lì che attingono la forza di vivere e di farsi carico del
presente. La certezza del compimento si esprime nella proclamazione liturgica
finale: «Amen! Maranatha, vieni, Signore Gesù!» (Ap 22,21) [vedi nell’appen-
dice la proposta di schema dell’Apocalisse].

5.2. Assenza di pseudonimia e autore

Abbiamo indicato come caratteristica della letteratura apocalittica la pratica


della pseudonomia. L’Apocalisse di Giovanni fa eccezione, non usa il nome di un
grande antenato, l’autore si identifica nel primo versetto (Ap, 1,1 Rivelazione di
Gesù Cristo, [...] che egli ha fatto conoscere mandando il suo angelo al suo servo
Giovanni). Ci sono buone ragioni di pensare che per Giovanni la sola autorità di
Cristo fonda la proclamazione dell’avvento del mondo nuovo e dunque non c’è
bisogno di appropriarsi dell’autorità di un grande personaggio del passato. In un
certo senso, «le visioni di Giovanni non “mostrano” altro che la rappresentazione
simbolica della vittoria pasquale del Cristo sulla morte e sulle potenze».
Chi è Giovanni? La questione è oggetto di dibattito, Giovanni il figlio di
Zebedeo, discepolo di Gesù? L’“Anziano” del quale parla Papia? La critica
rimane prudente limitandosi a qualche tratto d’identikit: una figura influente
delle comunità asiatiche della fine del primo secolo, forse un membro autorevo-
le di un circolo di profeti cristiani itineranti (cfr. Ap 22,6). Considerando le let-
tere alle sette chiese, i destinatari appartengono all’Asia Minore. Di che natura è
l’esilio di Giovanni che scrive dall’isola di Patmos? Una ipotesi che interpreta
la motivazione “a causa della parola di Dio e della testimonianza di Gesù”
(Ap 1,9) nel senso del moderno “reato di opinione” trae anche argomento dalla
presentazione della relazione tra la testimonianza e il martirio come relazione di
causa ed effetto (Ap 6,9; 20,4).
Per la data della redazione dell’Apocalisse due periodi sono presi in conside-
razione. Si è pensato al regno di Nerone (tra il 68 e il 70) in quanto si parla fre-
quentemente di martiri. Per la maggior parte degli esegeti però, il regno di
Domiziano (89-96) sembra più convincente come contesto politico religioso.
Infatti, l’Apocalisse di Giovanni prende di mira il culto imperiale (Ap 2,13;
Ap 13) che si diffuse con più intensità sotto Domiziano e in modo particolare in
Asia Minore.

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Note introduttive sulla letteratura apocalittica e l’Apocalisse di Giovanni

5.3. Un linguaggio simbolico

Se, come dice il teologo svizzero Karl Barth, il discorso teologico è sempre
“approssimazione”, l’apocalisse, che intende rappresentare l’avvento del mondo
nuovo e l’azione stessa di Dio, lo sarà a maggiore ragione. Si esprime dunque in
un linguaggio simbolico che si apre a una realtà più profonda, oltre le descrizio-
ni proposte.
Sul piano socio-religioso i simboli presenti nell’Apocalisse esprimono anche
l’appartenenza a comunità particolari che condividono tale linguaggio. In fin dei
conti, “solo gli eletti possono capire le immagini, i simboli, le visioni”. E questo
rafforza l’identità dei destinatari. Eppure non si può considerare il linguaggio
dell’Apocalisse di Giovanni esoterico. Infatti, in gran parte è patrimonio di certi
gruppi del primo secolo. Molti simboli hanno le loro radici nelle Scritture giu-
daiche, le allusioni dirette o indirette all’Antico Testamento sono più di cinque-
cento, soprattutto a Ezechiele, Isaia, Geremia, Daniele e ai Salmi. Inoltre, l’au-
tore utilizza anche le tradizioni liturgiche delle comunità cristiane delle origini.
Fra queste, menzioniamo le dossologie (1,6; 4,9; 5,13; 7,12), le acclamazioni
(4,11; 5,9b-10; 5,12), le preghiere di rendimento di grazie (11,17 s.), le lamenta-
zioni dei martiri (6,10) e gli inni di lode (12,10; 15,3s.; 16,5; 18,20; 19,1-8).
Infine, certe allusioni saranno state riconoscibili nel contesto storico e culturale
del tempo (critiche al potere, alla corruzione, a Roma).
L’interpretazione letterale di un testo così marcato dal linguaggio simbolico,
benché spesso proposta nel corso della storia della chiesa, è fuorviante.
L’Apocalisse non offre il calendario degli eventi finali, la descrizione del loro
svolgimento cronologico, ma annuncia “nella storia degli esseri umani la vitto-
ria di Dio e del suo Cristo sul male e su Satana”.

5.4. Nelle città dell’Impero, la visione di mondo nuovo inaugurato a Pasqua

5.4.1. Pasqua il nuovo inizio

L’Apocalisse di Giovanni rivisita in una prospettiva cristologica il quadro di


riferimento della letteratura apocalittica. Se il vecchio mondo è alla fine, se il
nuovo è alle porte, se lo spartiacque dei due tempi è l’intervento ultimo di Dio
che «giudicherà gli empi e ricompenserà i suoi eletti che attraversano la tribola-
zione degli ultimi tempi», ebbene questa discontinuità radicale è stata inaugura-
ta nell’evento pasquale. Questa prospettiva viene indicata fin dall’incipit «Rive-
lazione di Gesù Cristo». Non si tratterà dunque di una mera descrizione del
calendario degli eventi finali, bensì di una proclamazione dell’avvento della fine
nell’evento Gesù Cristo. Ne consegue una critica della realtà malvagia del

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mondo attuale. La fine annunciata è la fine delle potenze, delle potenze di


morte, di Roma. Attesa futura certo, ma anche realtà nella fede che sprona alla
speranza e alla perseveranza nel presente.

5.4.2. Futuro e presente, cielo e terra

Presente e futuro, cielo e terra, l’Apocalisse di Giovanni esprime il parados-


so e la tensione tra il “già” e il “non ancora”, trasversali di tutti primi scritti cri-
stiani, in un rimescolamento dei parametri dello spazio e del tempo.
Così quando l’Apocalisse di Giovanni intende «mostrare […] le cose che devo-
no avvenire tra breve» (Ap 1,1) sembra proporre un calendario escatologico. Il giu-
dizio deve ancora venire ed è il motivo di numerose visioni. Però a ben guardare
non c’è una vera successione cronologica passato / presente / futuro. «Non si sa più
veramente a quale periodo della storia appartenga ciò di cui parla l’apocalittico. La
vittoria del Cristo è presente fin dal primo capitolo ma si ripete lungo tutto il libro
(nel culto celeste, nei capp. 7, 11, 12, 19, 20). La chiesa regna con l’Agnello e, tutta-
via, deve lottare in questo mondo (Ap 1,9; 7; 11; 14; 20). Il giudizio del mondo è
imminente, è già avvenuto, e deve venire (cfr. 6 e 7; 8-9; 18)” 22.
Questo rimescolamento dei tempi è legato all’intreccio dello spazio e della
storia e del soprannaturale. Cristo ha sconfitto le potenze del male, eppure il
male c’è ancora e i cristiani, quaggiù, devono subire persecuzioni e sofferenze.
Già nelle 7 lettere (2,9s.13; 3,9), il male viene riferito a Satana la cui attività ha
una dimensione cosmica che viene svelata nel cielo in 12,3s “Apparve ancora
un altro segno nel cielo: ed ecco un gran dragone rosso, che aveva sette teste e
dieci corna e sulle teste sette diademi. 4 La sua coda trascinava la terza parte
delle stelle del cielo e le scagliò sulla terra”. Poi c’è battaglia tra Michele e suoi
angeli e il Dragone e suoi angeli. “Le battaglie finali si combattono nei cieli e
per questo è essenziale il carattere divino e preesistente di Cristo (Ap 19,11-
20,3; 20,9s)»23. Ed è anche un motivo per la rappresentazione, in forte tensione
tra l’uomo morto e il suo statuto attuale di vivente (2,8; 3,14), della doppia
appartenenza paradossale di Cristo, alla storia e alla dignità divina nella figura
dell’agnello sgozzato e vittorioso, rivestito di potenza (Ap 5, 6: “Poi vidi, in
mezzo al trono e alle quattro creature viventi e in mezzo agli anziani, un
Agnello in piedi, che sembrava essere stato immolato, e aveva sette corna e
sette occhi che sono i sette spiriti di Dio, mandati per tutta la terra […] 2 Essi
dicevano a gran voce: «Degno è l’Agnello, che è stato immolato, di ricevere la
potenza, le ricchezze, la sapienza, la forza, l’onore, la gloria e la lode»”.

22
E. CUVILLIER, L’apocalisse di Giovanni in D. MARGUERAT (a cura di), Introduzione al
Nuovo Testamento, Torino, Claudiana, 2004, p. 426.
23
E. NORELLI, “Apocalittica: come pensarne lo sviluppo?”, cit., pp. 163-200.

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Note introduttive sulla letteratura apocalittica e l’Apocalisse di Giovanni

5.4.3. Politica e liturgia, un altro mondo è possibile, anzi reale

La pretesa dell’impero è totalizzante, ingloba tutto. L’intera esistenza umana


non può sfuggire alla rete politica e economica tessuta attraverso le sue città
dalla potenza imperiale. La potenza dell’impero non è solo forza ma anche
seduzione. Ora annuncia l’apocalisse, si può e si deve abitare il mondo, le città
dell’impero in un altro modo, se l’agnello sgozzato è vittorioso. C’è un’altra cit-
tadinanza, un’altra identità di persone «di “tutte le nazioni, tribù popoli e lin-
gue” (Ap 7,9) il cui nome è conosciuto solamente da colui che lo riceve»
(Ap 2,17) – cioè la cui integrità è al riparo dalle potenze – e scritto «nel libro
della vita» (3,5; 13,8; 17,8; 20,15; 21,27). Il luogo simbolico di questa cittadi-
nanza, di questo altrove è «nei cieli», nella «Nuova Gerusalemme» (Ap 21,2 e
10) che ne scenderà alla fine.
Attraverso tutta l’Apocalisse l’accento sarà messo sulla testimonianza resa
all’evento pasquale, testimonianza che contesta il mondo. Si tratta di allertare i
destinatari, di ricentrare le comunità su questo compito. Giovanni, nelle lettere
alle sette chiese (2-3) denuncia la tendenza delle chiese all’adagiarsi al mondo,
a non reggere la durata nella fede, a lasciarsi dirottare su altre strade.
Ma come segnare la differenza e rendere forte la testimonianza? Come ren-
dere fruibile la forza dirompente delle visioni? Certamente un elemento impor-
tante della risposta è nella dimensione liturgica dell’Apocalisse. La comunità
liturgica celebra davanti al mondo la vittoria dell’Agnello sulle potenze (Ap 4
e5). È attraverso questa espressione della fede che il credente abita la città in un
altro modo, senza lasciarsi affascinare da “Babilonia” e dalla sua potenza. Nel
cuore delle città asiatiche dell’Impero le comunità cristiane pregano, cantano,
proclamano che la vera città è altra e altrove (Ap 7; 11; 12; 19; 20). Il culto
celebra come presenti adesso realtà escatologiche, e come presenti qui delle
realtà celesti24. La ricchezza simbolica del linguaggio liturgico trasforma lo
sguardo sulla realtà presente. Le liturgie e le visioni dell’Apocalisse non rappre-
sentano un distacco o una fuga dal mondo, bensì una sua contestazione radicale,
e l’Apocalisse sarà spesso la lettura sovversiva di movimenti di contestazione
dello stato delle cose.

24
P. PRIGENT, l’Apocalypse de Saint Jean (CNT XIV), Genève, Labor et Fides, 2000, p. 33.

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Yann Redalié

Appendice 1: Alcuni simboli usati nell’Apocalisse 25


La simbologia numerica
• Tre e mezzo (metà di sette): imperfezione, tempi di persecuzione; stesso significato per
42 mesi o 1260 giorni (3 anni e mezzo). Esempio: Ap 11,9: «vedranno i loro cadaveri per
tre giorni e mezzo…»; v. 11: «Ma dopo tre giorni e mezzo uno spirito di vita procedente
da Dio entrò in loro…».
• Quattro: il mondo creato (i 4 punti cardinali); Ap 7,1: «vidi quattro angeli che stavano in
piedi ai quattro angoli della terra».
• Sei: imperfezione totale (Ap 7,1); da cui 666, il numero della bestia; i numerosi calcoli per
scoprire il significato di questo numero misterioso (Ap 13,18) sono sempre aleatori. Il calcolo
più plausibile sarebbe attraverso il valore numerico delle lettere (ghematria); così la somma di
questo valore per l’espressione imperatore Nerone (Qesar Nero in caratteri ebraici) darebbe
666. Avremmo un’allusione all’immagine di Nerone rimasta impressa nella memoria colletti-
va dei cristiani come la bestia persecutrice. (forse anche l’ottavo re/bestia di Ap 17,11).
• Sette: perfezione; numero divino (sette lettere, sette coppe, sette trombe… i settenari).
• Dodici (4x3): antico (12 tribù) e nuovo (12 apostoli) Israele (cfr. il 12 nella nuova
Gerusalemme Ap 21,14 Le mura della città avevano dodici fondamenti, e su quelli stavano i
dodici nomi di dodici apostoli dell’Agnello; si vedano anche i multipli (24 anziani in Ap 4,4).
• 1000: grande quantità, concetto di pienezza, soggiorno paradisiaco (cfr. Ap 20). 144.000:
il quadrato di 12 (numero del popolo di Dio) moltiplicato per 1000 (grande quantità),
esprime il «resto» dei credenti nati dal popolo d’Israele, al quale viene ad aggiungersi
«una folla immensa che nessuno poteva contare», altrimenti detta quella dei credenti pro-
venienti da «tutte le nazioni, tribù, popoli e lingue» (cfr. Ap 7,9).

Figure e rappresentazioni simboliche.


• Agnello contro bestia: Cristo contro Satana.
• La donna come comunità messianica (cfr. Is 54,5; Gr 3,6-10; Ez 16,6; Os 2,19-20);
• Grande prostituta/Babilonia (Roma e l’impero; cfr. Is 23,16s applicato a Tiro) contro la
sposa 21,9 (chiesa).
• Il dragone, il serpente (allusione al racconto delle origini), il tentatore (12 e 20): imma-
gine di Satana.
• «trinità» diabolica: dragone, bestia, falso profeta.
• Il mare è simbolo del male (Israele è un popolo di contadini: non ci sarà il mare nella
nuova Gerusalemme); dal mare vengono gli invasori, dunque il mare è il luogo in cui
soggiorna la bestia (abisso).
• Il cielo è il luogo in cui risiede Dio;
• La terra è il luogo in cui si affrontano cielo e mare, Dio e Satana.
• Corno: potenza.
• Capelli bianchi: eternità e non vecchiaia.
• Vestito lungo: dignità sacerdotale.
• Cintura in oro: potere reale.
• Bianco (5x): purezza, vittoria. Appartenenza a Cristo.
• Rosso: omicidio, violenza, sangue dei martiri.
• Nero: empietà, minaccia e disgrazia.

25
(da E. CUVILLIER, “L’apocalisse di Giovanni” in D. MARGUERAT (a cura di), Introdu-
zione al Nuovo Testamento, Torino, Claudiana, 2004, p. 49).

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Note introduttive sulla letteratura apocalittica e l’Apocalisse di Giovanni

Appendice 2: Schema dell’Apocalisse di Giovanni 26

Prefazione (1,1-3)
Visione inaugurale e lettere alle chiese (1,4-3,22)
1,4-8 Indirizzo dell’opera
1,9-20 Prima visione (Figlio dell’uomo)
2,1 – 3,22 Lettere alle sette chiese
Prima serie di visioni: l’universo e la creazione (4,1 –11,19)
4,1 – 5,14 Culto celeste: prospettiva teocentrica (4,1-11); prospettiva cristocentrica,
annuncio dei sette sigilli (5,1-14)
6,1-17 Apertura dei primi sei sigilli
7,1-17 Presentazione degli eletti: i 144.000 (7,1-8);
la folla che nessuno può contare (7,9-17)
8,1 – 9,21 Il settimo sigillo (8,1-5) e le prime sei trombe (8,6 – 9,21)
10,1 –11,4 Il libretto (10,1-11) e i due testimoni (11,1-14)
11,15-19 La settima tromba
Seconda serie di visioni: storia dell’umanità (12,1 – 22,5)
12,1-18 Visione inaugurale: la donna, il figlio e il dragone
13,1-18 La prima (13,1-10) e la seconda bestia (13,11-18)
14,1-20 L’agnello e i suoi redenti (14,1-5); annuncio di giudizio e mèsse (14,6-20)
15,1 – 16,21 Giudizio sulla natura, sugli uomini, sulla creazione; i sette angeli e gli ultimi
flagelli (15,1-8), le sette coppe (16,1-21)
17,1 – 19,10 Giudizio su Babilonia: la grande prostituta (17,1-18);
la caduta di Babilonia (18,1-24); proclamazione di vittoria (19,1-10)
19,11-21 Vittoria del Messia sulla Bestia e sul falso profeta
20,1-15 Vittoria su Satana, millennio, giudizio finale
21,1 – 22,5 La nuova creazione:
mondo nuovo (21,1-8); Gerusalemme celeste (21,9-27); paradiso (22,1-5)
Epilogo (22,6-21)

26
Lo schema è preso da E. CUVILLIER, L’apocalisse di Giovanni in D. MARGUERAT, cit.,
pp. 414s.

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