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Fidia fu uno scultore greco attivo in epoca classica, nel V secolo avanti Cristo e autore delle statue
che decoravano il Partenone di Atene.
Interpretazioni e simbologia
La statua rappresenta una donna guerriera come descritta nella mitologia classica. Secondo il mito a
capo della comunità guerriera esclusivamente femminile vi era una regina.
L’opera originale risale al 440 a.C. circa. Fidia realizzò l’originale in marmo in occasione di una
gara indetta dal Santuario di Efeso intorno al 435 a.C. A tale competizione parteciparono anche altri
scultori tra i quali Policleto.
Lo stile
Fidia fu uno sculture molto importante del periodo classico. Le sue opere decoravano il Partenone
di Atene ed evidenziano una grande abilità tecnica nel rendere l’anatomia ed i panneggi.
La tecnica
La scultura è una copia romana in marmo dell’originale fuso in bronzo con la tecnica a cera persa.
La struttura
In origine la figura poggiava le mani sull’asta che arrivava fino a terra. La struttura della scultura è
quindi condizionata da tale elemento. Gli archeologi nel 1955 ritrovarono una copia dell’Amazzone
ferita di Fidia. Questa copia rivelava una ferita sanguinante sulla gamba destra. Da questo
particolare gli studiosi ipotizzarono che l’asta fungesse da sostegno per la guerriera.
Fidia fu un apprezzato scultore ateniese dell’Età classica e operò nella seconda metà del V secolo
a.C. Lo scultore è considerato dagli storici dell’arte con uno dei più grandi geniali creatori di forme
scultoree di ogni tempo. Fortunatamente, dell’artista si sono conservate un numero sufficiente di
opere originali che permettono di approfondire la sua conoscenza. Le tracce della sua opera di
scultore si ritrovano nei fregi del Partenone di Atene. Fidia ed i suoi allievi furono impegnati per
molti anni, dal 447 al 432 a.C. nella creazione di 92 metope, circa 40 statue a tutto tondo per i due
frontoni e un fregio di 159 metri. Esistono copie di sue statue quali Athena Lemnia, Apollo nudo e
l’Anadumenos.
Diversamente dal carattere ideale della rappresentazione di un corpo atletico come nel Discobolo di
Mirone e nel Doriforo di Policleto, nell’Athena Parhènos di Fidia occorre considerare la finalità
religiosa dell’opera. Fu il carattere della religione dell’epoca a dettare le condizioni di realizzazione
della statua destinata al Partenone. La perfezione formale che è la caratteristica principale delle
statue degli atleti, in Athena e in Zeus di Olimpia, è solo una delle componenti. Così, per
rappresentare la sacralità della dea o del dio, Fidia utilizzò materiali preziosi e dimensioni
monumentali. In seguito, nel IV secolo a.C. le rappresentazioni delle divinità torneranno ad essere
di dimensioni reali.
Lisippo
Lisippo fu uno scultore greco di epoca classica che lavorò per Alessandro Magno realizzando
diversi suoi ritratti e in seguito per Cassandro I.
Lo stile
Lisippo realizzò principalmente sculture in bronzo.
Lisippo è considerato dagli storici come un importante
maestro della scultura greca classica.
La tecnica
La copia custodita presso i Musei Capitolini di Roma è in marmo ed è alta 123 cm.
Apoxyómenos di Lisippo
L’Apoxyómenos di Lisippo raffigura un giovane atleta che deterge il
proprio corpo dall’olio e dalla polvere dopo la fatica della lotta.
Interpretazioni e simbologia
dell’Apoxyómenos di Lisippo
Apoxyómenos (ἀποξυό μενος) è un termine del greco antico che
significa “colui che si deterge”. Il giovane è raffigurato nell’atto di liberare la propria pelle
dall’olio, dal sudore e dalla sabbia accumulati dopo la competizione. Infatti era uso cospargere il
corpo dell’atleta con olio per favorire la gara. La sabbia invece era usata per rimuovere l’olio e
levigare la pelle. Lo strumento che utilizza l’atleta è lo strigile, un raschietto ricurvo in metallo,
ferro o bronzo. Questo strumento era usato solo dai maschi.
La struttura
La scultura in marmo si sviluppa in verticale ed è in equilibrio grazie alla posizione del giovane
atleta. Inoltre un tronco scolpito contro il polpaccio sinistro contribuisce ad aumentare la base di
sostegno.
Secondo alcuni storici la posizione del dio e lo stile del modellato si ispirano alle opere di Lisippo.
Verosimilmente, si tratta della produzione di uno scultore di Roma Antica.
La tecnica
L’Hermes di Lisippo custodito a Napoli è una fusione in bronzo con tracce di altri metalli. Il globo
oculare è di osso o avorio mentre le pupille sono in pietra grigia e le iridi in pietra nera.
La struttura
Il corpo di Hermes se osservato di profilo crea una triangolazione per via della posizione assunta.
La struttura compositiva è quindi sviluppata in obliquo a partire dal piede destro in basso. La
scultura in bronzo infine poggia su una base in altro materiale sagomata in forma di sedile roccioso.
Gli archeologi trovarono solo il tronco della copia dell’Ercole di Napoli. Infatti alla statua
mancavano la mano, l’avambraccio sinistro e le gambe. L’avambraccio ora ricostruito è in gesso
mentre le gambe furono scolpite nel Cinquecento da Guglielmo Della Porta, allievo
di Michelangelo. In un secondo momento gli archeologi rinvennero le gambe originali ma i curatori
decisero di mantenere quelle ricostruite per via della loro migliore qualità. Verso la fine del
Settecento infine, il restauratore Carlo Albacini decise di sostituire le gambe originali.
Durante la civiltà romana si produssero un gran numero di copie che testimoniano la fama raggiunta
da questa interpretazione di Ercole.
La tecnica
La scultura è in marmo e misura 317 cm di altezza.
Le ombre si intensificano nella testa di Ercole, nei tratti del viso dove le parti scure permettono di
definire lo sguardo e la piega delle labbra. Profondi solchi sono poi presenti tra i capelli e nella
barba dove modellano le ciocche e i ricci molto accentuati. Lo stesso effetto si ritrova nella pelle del
leone Nemeo posata sulla clava a destra. Un’ombra scura e profonda segna le fauci spalancate e
modella la criniera ricciuta. Inoltre lo scuro contribuisce, verso il basso, a identificare la clava
coperta parzialmente dalla pelle. Il masso che sorregge la clava, infine, presenta deboli rilievi che lo
rendono più naturale ma non sbilanciano l’equilibrio visivo della composizione.