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Commedie plautine

le commedie del servus callidus


Le commedie "Pseudolus, Bacchides, Mostellaria e il Miles Gloriosus" rientrano nello
schema degli intrecci e personaggi ricorrenti, ma non hanno l'elemento del
matrimonio finale. In queste commedie gli antagonisti sono quasi sempre le figure
del padre, del lenone e del soldato; ricorrentemente i giovani vengono perdonati dai
padri che di conseguenza perdonano anche i servi che aiutano i giovani nelle loro
malazioni.
Le beffe solitamente le subiscono le figure di antagonisti esterni alla famiglia tra cui
molto spesso il soldato e il lenone (o ruffiano).
Il protagonista effettivo di questo tipo di commedie è il servo che, nelle vicende
drammatiche, aiuta l'adulescens innamorato. Su di lui (il servo) è frequente
l'attenzione del pubblico; inoltre è una figura abile nel mettere in scena beffe e
inganni, grazie anche al carattere spavaldo, sfacciato e burlesco.
Gli antagonisti inerenti a questa tipologia di commedie sono solitamente
rappresentati tramite "caricature iperboliche": ad esempio, il "Miles Gloriosus"
nell'omonima commedia, Ballione nella commedia dello "Pseudolus" i quali
incarnano, di fatti, la spudoratezza propria del lenone, con una comicità acuta ed
esaltata in modo esageratamente grottesco e caricaturale.

pseudolus

Pseudolus (Pseudolo) è una commedia di Plauto composta e rappresentata per la


prima volta in occasione dei Giochi Megalesi del 191 a.C., mentre era in carica il
pretore urbano Marco Giunio.[1] Fu scritta da Plauto intorno ai 60 anni d'età e
rappresenta una delle commedie varroniane più celebri e meglio riuscite, di cui
Plauto stesso era particolarmente orgoglioso

Classica commedia plautina, lo Pseudolus (il bugiardo) vede come protagonista un


omonimo servo.

Un giovane s' innamora di una cortigiana che il lenone Ballione ha promesso a un


soldato in cambio di un compenso. L'astutissimo servo del giovane innamorato
riesce a farsi beffa del lenone, del messo del soldato e perfino del suo vecchio
padrone (il padre del giovane).

Trama
Il giovane Calidoro è l’amante di Fenicia, una cortigiana del lenone Ballione. Tuttavia
ella viene promessa ad un militare macedone in cambio di venti mine. Calidoro,
allora, interpella Pseudolo, suo fedele ed astuto schiavo, il quale gli promette che
riuscirà a trovare il modo per liberare Fenicia. Il servo pensa allora di rivolgersi,
prima di tutto, a Ballione, dal quale viene a sapere che il militare gli ha già depositato
un anticipo di quindici mine, con la promessa che il suo attendente Arpace gli
avrebbe consegnato le restanti cinque portando con sé un sigillo prestabilito.
Pseudolo, fingendosi uno schiavo di Ballione, raggira Arpace e lo convince a
consegnargli la lettera recante il sigillo. Grazie all’aiuto di Carino, amico di Calidoro,
che gli offre le cinque mine restanti e con esse uno schiavo, Scimmia, Pseudolo può
portare a compimento il suo piano. Scimmia, fingendosi Arpace, si presenta da
Ballione il quale, cadendo nell’inganno, gli consegna Fenicia. Dopo poco arriverà
però il vero Arpace. Ballione, questa volta, crede che questi sia stato mandato da
Pseudolo per ingannarlo e, solo dopo l’arrivo di Simone, padre di Calidoro, il quale
gli rivela tutto il piano ordito da Pseudolo, capisce di essere stato ingannato e di non
poter fare più nulla. Calidoro, così, ottiene la sua amante e Pseudolo, come
ricompensa, del vino in abbondanza.
personaggi
Calidoro è il coprotagonista della commedia, nonché il soggetto su cui si basa l'intera
vicenda. È il giovane figlio di Simone, il padrone di Pseudolo e l'amante di Fenicia.
Pseudolo è il protagonista e servo fidato di Calidoro, disposto ad aiutare il giovane
padrone in qualsiasi modo, ideando brillanti imbrogli e stratagemmi. Egli è non
curante dell'autorità, sprezzante della condizione schiavile, abile persuasore e
oratore. È proprio del tòpos del servus callidus plautino ed è un esempio di "nome
parlante"[5], infatti Pseudolo significa "bugiardo"[6].
Ballione è una sorta di antagonista della vicenda e riveste il ruolo di lenone, ossia è il
padrone di diverse cortigiane tra cui Fenicia. È caratterizzato da un atteggiamento
superbo e arrogante ed è ossessionato dal desiderio di beni materiali, tra cui denaro
e beni di lusso.
Simone è il padre di Calidoro e vecchio padrone di Pseudolo. Riveste il ruolo del
vecchio avaro e severo, tipico della commedia plautina.
Fenicia è la cortigiana amata da Calidoro, posseduta da Ballione e promessa a un
mercenario macedone. Anche se non interviene mai nella rappresentazione, riveste
un ruolo chiave nella trama della vicenda.

Lo Pseudolo, come tutte le commedie plautine, è stato ispirato da una precedente


commedia greca, il cui nome tuttavia non è stato conservato sino a oggi. Ha subito
inoltre una sicura contaminatio da parte della commedia plautina Curculio, analoga
allo Pseudolo nella struttura fondamentale. Plauto ha rimarcato la struttura del
Curculio in parecchie parti, anche a discapito del modello greco originario,
sfoggiando un'accurata abilità nel congiungere più trame differenti. Il punto di
giuntura delle due trame è riconoscibile nella terza scena del secondo atto, dove
Pseudolo dopo aver già escogitato un piano (conforme a quello del modello greco)
abbandona quest'ultimo per ingannare Arpace e confluire nello stesso modello del
Curculio. Qui entra in scena Carino che sostituisce nel ruolo dell'aiutante Callifone,
personaggio che nel modello greco svolgeva sicuramente un ruolo più importante
sino a riconoscere Fenicia come propria figlia. Plauto tuttavia mantiene la liberazione
di Fenicia[19] nello Pseudolo per non stravolgere i valori della società romana e per
non recare danno al vecchio padrone, ricalcando il modello greco. Egli non esplicita
che i festeggiamenti finali per la ricongiunzione tra Calidoro e Fenicia siano la loro
festa di matrimonio, poiché ha comunque parlato di Fenicia come una prostituta da
bordello e quindi non adatta a un giovane nobile come Calidoro

miles gloriosus
Miles gloriosus (Il soldato fanfarone, anche tradotto Il soldato millantatore o Il soldato
spaccone) è una commedia di Plauto scritta tra la fine del III e l'inizio del II secolo
a.C.
Il titolo è riferito al soldato Pirgopolinìce, un millantatore vanaglorioso, noto per le
sue spropositate e infondate vanterie. Ma il soldato verrà punito dal solito servo
furbo che, alleato con altri personaggi, permetterà alla ragazza, rapita dal soldato, di
ricongiungersi con il suo padrone. In realtà, quasi la metà dei versi escono dalla
bocca del servo Palestrione, che è il vero protagonista della scena, con i suoi piani
che gli fanno più volte meritare il titolo di architetto.
È la commedia più lunga di Plauto (1437 versi), quella più ricca di dialoghi a scapito
delle parti cantate (solo il 5%) e una di quelle con il maggior numero di personaggi
(quelli parlanti sono ben dodici).
trama
Il giovane ateniese Pleusicle ama la meretri­ce Filocomasio ed è da lei corrisposto. In
sua assenza però Filocomasio viene rapita dal soldato Pirgopolinice, che la tiene ad
Efeso come concubina. Il servo di Pleusicle, Palestrione., imbarcatosi alla ricerca del
padrone, è catturato dai pirati e rivenduto, anche lui, al soldato. Avvertito per lettera
da Palestrione, Pleusicle giunge ad Efeso e i due innamorati tornano ad incontrarsi,
clandestinamente (grazie ad un foro praticato da Palestrione nella parete divisoria),
nella casa di un vicino compiacente, il vecchio scapolo Periplectomeno.
Ma Sceledro, servo di fiducia del soldato, scopre Filocomasio a baciarsi con
Pleusicle, e Palestrione, per farlo tacere, inventa l’esistenza di una “gemella” di
Filocomasio: la ragazza interpreta a turno le due parti finché lo scomodo testimone
deve convincersi che non era lei a baciarsi col giovane straniero, bensì sua sorella
Giustina (propriamente Dicea, trascrizione latina del greco “Dixia”, giusta).
Palestrione inventa poi un piano per liberare la ragazza e farla tornare ad Atene con
Pleusicle.
Il servo fa passare la meretrice Acroteleuzio per la giovanissima e insoddisfa moglie
di Periplectomeno, bruciata d’ardente amore per Pirgopolinice. Il soldato, credendo
di essere il più bell’uomo della terra, cade nella trappola, accetta di incontrarsi con la
sua spasimante nella casa stessa del vicino e, per facilitare l’impresa, licenzia la
concubina ricolmandola di doni, sotto consiglio di Palestrione. Recatosi
all’appuntamento, è colto sul fatto da Periplectomeno che gli infligge un’esemplare
bastonatura, mentre i due veri innamorati e il fido Palestrione veleggiano indisturbati
alla volta di Atene.
personaggi
Pirgopolinìce: è l'emblema del soldato fanfarone (il nome, un composto di tre parole,
significa in greco "espugnatore di torri e città" da pyrgos, "torre", polis, "città", e nike,
"vittoria"), una delle maschere della palliata. Esagerato nelle sue vanterie, sia in fatto
di donne che di azioni guerresche o di parentele illustri, sembra vivere su un altro
pianeta, tanto da non mettere mai in dubbio se stesso e ritenersi sempre nel giusto.
In questa figura si assommano i caratteri dei futuri Capitan Fracassa e Don
Giovanni.
Artotrògo: è il parassita di Pirgopolinice (il nome significa "roditore di pane") e
compare solo nel primo atto. La sua funzione, che si esaurisce subito, è quella di
spalleggiare nelle sue vanterie Pirgopolinice, per ottenere del cibo. Le esagerazioni
delle sue lodi sono pari soltanto alla sua fame, come si addice a questa maschera
della commedia latina del III secolo. È molto furbo nel far credere a Pirgopolinice
delle fandonie: aver affrontato e ucciso soldati e belve ed essere un guerriero
invincibile. Dice poi che le donne lo cercano sempre e gli dicono in continuazione: "È
Achille costui?" ed egli risponde "No, è suo fratello". In un altro momento della scena
Pirgopolinice si dimostra negato nei calcoli aritmetici e Artotrogo li sbaglia apposta
per farsi apprezzare dal soldato.
Filocomasio: è la cortigiana divenuta preda del soldato e oggetto del tentativo di
riconquista da parte dell'adulescens, è astuta e abile ingannatrice.
Pleusicle: è il giovane che organizza l'inganno ai danni del soldato per riprendersi la
sua ragazza. Il nome è basato sul verbo greco plein, "navigare": in effetti il giovane è
costretto a navigare fino a Efeso per salvare l'amata.
Palestrione: è il furbo servo di Pleusicle (ma anch'egli ora al servizio del soldato) che
organizza come un regista i suoi collaboratori e inventa ingegnosi stratagemmi per
liberare la ragazza.
Periplectomeno: è il vecchio vicino di casa di Pirgopolinice che aiuta da scapolo
generoso ed esperto di vita il giovane Pleusicle, figlio di un suo amico. Dimostra il
suo buon senso e la sua umanità in una lunga digressione sulle sue virtù di amico,
conviviale e cittadino.
Acroteleuzio e Milfidippa: sono entrambe meretrici. La seconda, anche se
subordinata alla prima, ricopre uno spazio maggiore, anche se in un ruolo di minore
importanza per l'obiettivo finale. Donne, cioè, per la cultura classica, ingannatrici e
subdole, delle maghe della recitazione, soprattutto quando tesa a far del male (come
ammette la stessa Acroteleuzio). Pedine importanti, al pari di Filocomasio, nella
scacchiera di Palestrione.
Sceledro: è uno schiavo di Pirgopolinice. Il suo compito è tener sotto controllo
Filocomasio ma, dopo dei dubbi iniziali, viene agevolmente gabbato da Palestrione.
Altri personaggi di contorno sono: Lucrione, uno schiavo di Pirgopolinice; uno
schiavetto di Periplectomeno; il cuoco Carione e altri schiavi.

ANALISI Il Miles Gloriosus ha per modello una commedia greca intitolata ‘Alazwn
(Alazòn), come è infatti affermato da Palestrione nel secondo atto della commedia:

«Alazon Grasce huic nomen est comoediae;


Id nos Latine gloriosum dicimus».

“Essa s’intitola in greco Alazòn; è quello che noi, in latino, chiamiamo un fanfarone.”

Non si sa chi sia l’autore di questa commedia, perché Plauto non ne fa il nome.
Comunque si è pensato più volte a Menandro, principale commediografo della
commedia Nuova Ellenistica.
I motivi principali della commedia sono:
il danno iniziale, e cioè il rapimento e la prigionia di Filocomasio;
il ricongiungimento di Filocomasio e Pleusicle grazie al foro fatto nella parete della
casa da Palestrione;
la parte centrale della commedia, rappresentata nell’architettare la beffa a
Pirgopolinice per liberare Filocomasio;
il lieto fine, il ritorno dei due giovani amanti ad Atene e la punizione e l’umiliazione
del soldato fanfarone.
In sostanza l’intreccio è tipico della commedia di Plauto: l’ambientazione è la Grecia,
ma i personaggi hanno caratteristiche più romane che greche. Le figure che
appaiono nelle commedie sono figure costanti e anche le trame sono piuttosto
costanti: iniziano con un danno iniziale provocato dall’antagonista che di solito
rapisce la donna amata dall’adulescens, l’inganno architettato dal servus callidus, la
sconfitta dell’antagonista e il lieto fine della commedia.
L'intreccio del Miles gloriosus si basa su due motivi fondamentali: l'intrigo amoroso,
per il quale i due protagonisti maschili, Pirgopolinice e Pleusicle, sono impegnati a
contendersi l'amore di Filocomasio, e la beffa ordita dal servo, grazie al quale il
giovane Pleusicle rientrerà in possesso dell'amata. La presenza, accanto all'inganno
principale, di una beffa "minore" ordita dallo schiavo Palestrione alle spalle dello
schiavo Sceledro, e finalizzata a convincerlo del fatto che Filocomasio abbia una
sorella gemella, inserisce nell'intreccio un altro tema caro a Plauto, quello dei
simillimi o del doppio. Anche in questa commedia il personaggio dello schiavo svolge
una funzione metateatrale: tocca a lui, infatti, architettare, organizzare e mettere in
scena in qualità di "regista" una serie di ludificationes, cioè di beffe destinate ad
essere rappresentate dagli altri personaggi, come accade a Filocomasio, chiamata a
recitare il ruolo della propria gemella, o alla cortigiana Acroteleuzio, che assume
invece il ruolo di moglie di Periplectomeno
È lo stesso Plauto a citare esplicitamente nel prologo della commedia l'originale
greco da lui utilizzato per la composizione del Miles gloriosus: si tratta di Alazón,
ovvero "Lo spaccone", di cui però non è indicato il nome dell'autore. Oltre allo spunto
dall'Alazón, come fa dire Plauto al servo furbo nel II atto, Plauto trae ispirazione
anche dal Fantasma e dall'Adulatore, due opere del commediografo greco
Menandro.

L'epoca della composizione del Miles gloriosus è stabilita in base all'allusione


contenuta nel testo (Atto II Scena II 211-212) alla prigionia di Nevio: poiché questa
avvenne nel 206, se ne deduce che la commedia possa risalire a quell'anno o al
precedente. Il Miles sarebbe dunque una tra le più antiche commedie di Plauto,
come conferma l'analisi stilometrica che rileva una estrema povertà di parti liriche
rispetto a quelle recitate, in controtendenza rispetto all'evoluzione della
drammaturgia plautina nel senso di uno spazio sempre maggiore attribuito ai
cantica.

mostellaria
La Mostellaria (la Commedia del Fantasma) è una commedia di Plauto ed è inserita
nel ciclo della beffa. È sicuramente una delle più note commedie plautine, e
semplifica la tipologia fondamentale dell'intreccio comico di Plauto, cioè l'inganno, la
gozzoviglia, la pigrizia e la beffa come motori degli eventi.

Nella commedia il vecchio Teopropride parte per un viaggio in Egitto. Il figlio


Filolachete, prima ragazzo diligente e atletico, comincia a sperperare tutto il
patrimonio del padre in banchetti e si indebita enormemente con un usuraio per
liberare l'amata cortigiana Filemazio. Improvvisamente Teopropride torna dal suo
viaggio e così l'astuto schiavo Tranione inganna il padrone dicendogli prima che la
casa (in cui in quel momento si trovavano Filolachete e amici a banchetto) è stata
infestata da un fantasma, poi che tutto il patrimonio è stato speso per acquistare una
nuova casa. Alla fine Teopropride capisce di essere stato ingannato e si accinge a
torturare lo schiavo Tranione ma grazie all'intercessione dell'amico Callidamate lo
schiavo, il padre e il figlio si riconciliano.

trama
Il giovane Filochete, aiutato dal suo servo Tranio, dilapida in gozzoviglie e
divertimenti il patrimonio del padre Teopropide, lontano per affari ormai da tre anni.
Filolacheteha inoltre contratto un oneroso debito con uno strozzino allo scopo di
affrancare e avere tutta per se la bella cortigiana Filematia. A casa del giovane si
presenta, con una dama, il suo compagno di bagordi Callidamate, perennemente
ubriaco: gli amici stanno per godere insieme dell’ennesimo banchetto quando dal
porto giunge trafelato Tranione, annunciando l’imprevisto ritorno ad Atene
diTeopropide. Ma ilservo già meditando una via d’uscita per il padroncino: chiude in
casa i convitati, serrando l’uscio dall’esterno, quindi attende l’arrivo del vecchio: E
quando torna Teopropide, si presenta alla propria dimora e bussa più volte per farsi
aprire, compare Tranio, il quale lo scongiura di allontanarsi: l’abitazione – così
sostiene il servo, è ormai disabitata e maledetta a causa di un antico delitto scoperto
soltanto di recente in seguito all’apparizione del fantasma dell’ucciso in sogno a
Filolachete. Si ode poi una voce dall’interno e Tranio afferma che è quella del
Fantasma: il vecchio, terrorizzato, si dà alla fuga. Di lì a poco però ritorna e per caso
incontra l’usuraio, che reclama il denaro prestato a Filochete. Per trarsi d’impaccio,
Tranio deve allora inventare un’altra frottola: il suo padroncino, non potendo più
vivere nella casa maledetta, è stato costretto ad acquistarne un’altra, chiedendo i
soldi per la caparra allo strozzino. Il vecchio gli crede e liquida il creditore con una
promessa di pagamento, ma insiste per vedere la nuova dimora. L’ardito bugiardo gli
fa invece visitare quella di Simone, un vicino dal quale riesce a farsi accogliere
grazie all’ennesima menzogna: gli dice infatti che Teopropide, volendo ammogliare il
figlio e cambiare la disposizione di alcune stanze nella propria abitazione, ha scelto
come modello la sua. Al termine di quella visita, tuttavia, Teopropide scopre la verità:
infatti incontra due servi che cercano il loro padrone, Callidamate, proprio in casa di
Filolachete, una casa, quindi, tutt’altro che disabitata. A poco a poco, così, il vecchio
si rende conto di tutti gli imbrogli di Tranio. E soltanto un saggio intervento di
Callidamate, eccezionalmente sobrio, fa si che egli perdoni il figlio pentito e, seppure
ancora a denti stretti, anche il servo intrigante.
personaggi
Tranione: protagonista. È lo schiavo. È un tipo astuto e ingannatore. È intorno a lui
che girano tutte le vicende. È un personaggio statico, in quanto in tutta la storia ha
un solo pensiero: quello di farla franca.

Filolachete: principale. È il figlio. È un ragazzo irresponsabile, dalla personalità


debole. È innamorato di Filemazio.

Teopropide: antagonista. È il padre. È un uomo ingenuo e credulone. Ha un animo


buono, in quanto alla fine perdona entrambi. È molto interessato ai soldi.

Grumione: Comparsa. È uno schiavo. È molto fedele e rispettoso del proprio


padrone.

Callidamate: secondario. È il miglior amico di Filolachete. È un ubriacone.

Filemazio: Secondario. È una prostituta. È innamorata di Filolachete, il quale dovette


spendere 30 mine per liberarla. Ella corrisponde il suo amore. È ingenua.
Scafa: commparsa. È una prostituta, amica di Filemazio. Sembra avere più
esperienza dell'amica e perciò tenta, invana, di metterla in guarda a proposito di
Filolachete.

Delfio. Comparsa. Prostituta di Callidamate.

Misargiride: Secondario. È l'urusaio. È un uomo estremamente avido, con il vero e


proprio atteggiamento da strozzino. Costituisce uno degli ostacoli di Tranione. È un
personaggio statico. In quanto per tutta la vicenda il suo unico pensiero è di riavere i
soldi prestati.

Simone: secondario. È il vicino di casa. È un uomo discreto, che non si fa gli affari
altrui. È un uomo di cui al primo impatto sembra che ci si può fidare. In realtà è un
personaggio dinamico, in quanto all'inizio della vicenda prende le parti di colui che
tenta di aiutare il servo. Mentre alla fine lo infama al padrone.
Fanisco e Pinacio: comparse. Sono i servi di Callidamate. Sono coloro che svelano
tutta la verità a Teopropide.

I personaggi di conosco tramite tecniche dirette, soprattutto in soliloqui e dalle azioni.

Di ciascun personaggio però è messo in risalto pochi aspetti del carattere. Non vi
sono portavoci dell'autore e non c'è un coro.

I personaggi emblematici è Tranione, in quanto rappresenta la caratteristica


dell'uomo di approfittare della fiducia a lui data, comportandosi da irresponsabile.

In questa commedia è ben presente la caratteristica del teatro plautino dei nomi
parlanti. Infatti tutti i nomi dei personaggi sono collegati alla storia, ad esempio il
nome "Teopropide" significa "Figlio di Indovino", in contrapposizione alla lentezza
con cui il vecchio comprende l'inganno orditogli.
Come in molte commedie plautine sono presenti numerosi cantica.
La presenza dello schiavo Tranione, artefice degli intrecci della commedia, è un
classico della commedia del servo di Plauto, ovvero il servus callidus ("servo
astuto").
La narrazione è piena di battute a doppio senso ed oscene, che spesso non
vengono rese nella traduzione in italiano.
In molti punti della commedia è presente il termine pergraecari (gozzovigliare alla
greca), che rappresenta il modo con cui molti romani vedevano i greci, cioè come
fannulloni perdigiorno. La commedia, infatti, si svolge ad Atene.

bacchides
In questa commedia è ben presente la caratteristica del teatro plautino dei nomi
parlanti. Infatti tutti i nomi dei personaggi sono collegati alla storia, ad esempio il
nome "Teopropide" significa "Figlio di Indovino", in contrapposizione alla lentezza
con cui il vecchio comprende l'inganno orditogli.
Come in molte commedie plautine sono presenti numerosi cantica.
La presenza dello schiavo Tranione, artefice degli intrecci della commedia, è un
classico della commedia del servo di Plauto, ovvero il servus callidus ("servo
astuto").
La narrazione è piena di battute a doppio senso ed oscene, che spesso non
vengono rese nella traduzione in italiano.
In molti punti della commedia è presente il termine pergraecari (gozzovigliare alla
greca), che rappresenta il modo con cui molti romani vedevano i greci, cioè come
fannulloni perdigiorno. La commedia, infatti, si svolge ad Atene.

trama
Il giovane Mnesìloco, in viaggio d’affari ad Efeso, si innamora di una ragazza di
Samo, Bacchide II, avente a sua insaputa una sorella gemella. Ma il milite
Cleòmaco, marito di Bacchide II, si reca ad Atene e porta con sé la moglie, che una
volta giunta in città chiede aiuto alla sorella, Bacchide I ( definita prima in quanto è la
prima a proferire parola nella commedia).
Intanto Mnesìloco, trattenutosi all’estero, scrive al caro amico Pistoclèro
incaricandolo di rintracciare la ragazza. Pistoclero riesce nell’intento, trovandola, ma
s’infatua della sorella (Bacchide I), nonostante l’estremo disappunto del suo
pedagogo Lido e del padre Filosseno.
Successivamente torna ad Atene Crìsalo, il servo di Mnesìloco e, rifilando al vecchio
padrone Nicòbulo una fantasiosa storia di pirati e banchieri, riesce a trattenere dal
ricavato della spedizione a Efeso la somma necessaria per riscattare Bacchide II,
somma che consegna al padroncino, tornato a sua volta ad Atene.
Una volta giunto nella sua dimora, Mnesìloco sorprende Lido e Filossèno dialogare
animatamente, e dalla loro conversazione ne deduce che l’amico Pistoclèro lo
avesse tradito innamorandosi della ‘’sua’’ Bacchide; così in preda all’ira e lo
sconforto, restituisce la somma al padre Nicòbolo.
Quando Mnesìloco apprende che di Bacchidi ce ne sono due, è l’intervento del suo
servo astuto Crìsalo a salvare la situazione: quest’ultimo fa credere a Nicobòlo che
Cleòmaco, appena sopraggiunto, fosse il marito della Bacchide II, così tutto si
aggiusta. Nel finale, i due vecchi padri, Nicobolo e Filosseno, organizzano una
spedizione punitiva contro le corruttrici dei loro prediletti Mnesiloco e Pistoclero, ma
le due donne accalappiano anche loro e li trascinano dentro ad animare il già
movimentato festino.
personaggi
1) Bacchide I e Bacchide II: meretrici. Entrambe dotate di grandi capacità seduttive,
riescono a gestire la situazione in loro favore, in particolare la Bacchide I, più
esperta, che aiuta la sorella
2) Pistoclèro : adulescens. Inizialmente sembra essere titubante all’avvio di una
relazione amorosa, ma alla fine cede inevitabilmente alle moine delle due cortigiane.
3) Mnesìloco : adulescens. Caro amico di Pistoclèro, è assieme a questo
protagonista della vicenda, di ritorno da un viaggio di affari da Efeso,
commissionatogli dal padre. Incarica l’amico di ritrovargli Bacchide, la donna di cui si
era innamorato
4) Filossèno : senex. Padre di Pistoclèro. A differenza di Nicòbolo, ha una
atteggiamento meno serioso nei confronti del figlio, forse perché si rivede in lui
quando era giovane, e si scontra animatamente con il pedagogo che invece
condannava il comportamento del ragazzo.
5) Nicòbolo : senex. Vecchio padre severo e beffato dal figlio Mnesìloco.
6) Lido : pedagogo di Pistoclero, cerca di ostacolare le sue azioni ed è incredulo di
fronte al comportamento sfrontato del suo allievo, che si intrattiene con delle
cortigiane. Ma pur essendo in piena ragione, le sue prediche non vengono ascoltate
e ricopre un ruolo secondario.
7) Crìsalo : servo ‘astuto’ di Mnesiloco. Si può definire l’aiutante del padroncino, che
grazie al suo carattere sfrontato e la sua grande intelligenza e furbizia, riesce
sempre ad affrontare qualsiasi situazione e risolvere il problema. E’ la figura più
grandiosa, il vero motore delle fabulae plautine, personaggio sfrontato e geniale,
spavaldo orditore di incredibili inganni a favore dell’adulescens e contro l’arcigna
taccagneria dei senex.
8) Cleòmaco : milite. Il soldato sbruffone che rappresenta l’ostacolo tra Mnesiloco e
Bacchide, della quale detiene la proprietà. Egli, infatti, esige del denaro per
rinunciarvi, e la ricerca dei soldati sarà il fulcro attorno alla quale ruota la vicenda.

Plauto si ispira ai modelli greci, ma rivela autonomia, operando una sintesi geniale e
originale con elementi presi dalla vita quotidiana romana e dalla tradizionale farsa
italica. Le commedie plautine, tuttavia, non sono semplici trasposizioni dal greco, ma
libere interpretazioni di quei modelli: egli, infatti, ricorre alla cosiddetta
"contaminatio", inserisce cioè in una commedia derivata da un originale greco una o
più scene, uno o più personaggi attinti da un’altra commedia sempre greca,
mescolando dunque l’originale con altre commedie. Gli intrecci sono quelli
caratteristici della commedia nuova attica, che si caratterizzava per il passaggio
dalle tematiche sociali alle problematiche dell'individuo, non contengono satira di
costume o ammiccamenti alla vita contemporanea romana e, tanto meno,
l'atteggiamento pensoso e malinconico dell'ateniese Menandro, che impronta gran
parte del teatro di Terenzio. Il suo è un mondo di farsa popolaresca, incalzante e
aggressiva, di cinismo spregiudicato e di assoluta amoralità, in cui si fanno largo
solo gli astuti e gli imbroglioni: quello che conta è dilettare il pubblico, perciò l'autore
non si cura minimamente di dare valutazioni etiche o messaggi esistenziali.

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