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Spinoza materialista?
Principali direttrici di ricerca su Spinoza in Francia dal
1968 ad oggi
di Tommaso Tuppini
G. Van Riet, Actualité de Spinoza, in «Revue philosophique de Louvain», 1968, n. 66, pp.
36-84. L’articolo sarebbe poi confluito nel più ampio studio intitolato Philosophie et religion,
Louvain-Paris, Publications universitaires de Louvain-Éd. Béatrice Nauwelaerts, 1970.
Ibidem, p. 40. Bisogna per altro rimarcare la ristrettezza dell’orizzonte storico-filosofico
di lingua francese fino al 1968, quanto, seppur in modo larvato, alcune delle
nuove esigenze interpretative che di lì a poco si sarebbero imposte come
imprescindibili per una più adeguata comprensione di Spinoza. Appartiene
in tutto e per tutto alla lettura primonovecentesca lo schiacciamento del
pensiero di Spinoza sui presupposti della filosofia dialettica. Appartiene
invece ad un’impostazione differente della ricerca l’allusione, per quanto
fugace, ad un orizzonte di semplice positività dell’essere – dunque irriduci-
bile ad ogni schema di comprensione dialettico – che sarebbe consustanziale
al pensiero di Spinoza al di qua della lettura che ne avrebbe fatto Hegel
nelle Vorlesungen über die Geschichte der Philosophie, le quali per più di un
secolo avrebbero significato una sorta di cerchio magico descritto intorno
all’autore dell’Etica e dal quale, fino ad un passato recente, non sembrò
possibile di farlo fuoriuscire.
Anticipando il risultato di questa rassegna si potrebbe dire che, nel suo
complesso, la critica francese degli ultimi quarant’anni ha finito per rinvenire
in Spinoza i fondamenti di un pensiero antidialettico e materialista nel senso
che verremo specificando. Individuare nella speculazione spinoziana una pie-
ga del pensiero materialista non rappresenta certo una novità interpretativa
nella plurisecolare vicenda della ricerca storiografica. Come ha dimostrato
con chiarezza Emilia G. Boscherini, a partire dall’articolo Spinoza di Bayle
per giungere agli Enciclopedisti francesi, per lo più il pensiero di Spinoza è
stato compreso come tale; almeno fino al suo grande recupero da parte dei
pensatori tedeschi impegnati verso la fine del XVIII secolo nella polemica
innescata dalla pubblicazione delle Spinozabriefe e di Hegel che ne fece un
exemplum del filosofare tout court (dello stesso avviso sarà, circa un secolo
dopo, Bergson, per il quale ogni pensatore pensa almeno due cose alla volta,
il proprio pensiero e quello di Spinoza). Una tale denuncia di materialismo,
quando veniva fatta nel contesto dell’âge classique, era giustificata per lo
più in base al fatto che Spinoza sostiene l’appartenenza dell’attributo del-
l’estensione all’ambito del divino, il che fa sì che anche Dio sia in qualche
modo comprensibile come cosa estesa. Tuttavia è possibile individuare nello
spinozismo che si va diffondendo in Francia grossomodo dopo il 1968 una
rilettura materialistica di Spinoza più sfumata e complessa.
L’intervento che forse rende meglio l’idea di ciò che può essere compre-
so come «materialismo di Spinoza» nella Francia di quegli anni è quello del
1986 di André Tosel. I francesi che si occuparono di Spinoza in quel torno
di tempo si proibirono di comprendere la nozione di materialismo come
un elemento della polarità materialismo-idealismo, là dove con il termine
di «materialismo» avremmo a che fare con una tra due differenti opzioni
teoriche di cui è fin troppo facile tratteggiare le differenze, ma di cui non
de Bayle et la lutte philosophique au XVIIe siècle, Paris, Les Belles Lettres, 1971. Più in genera-
le, il lavoro di riferimento in Francia circa l’interpretazione «materialista» di Spinoza nel ’700
rimane quella di P. Vernière, Spinoza et la pensée fraçaise avant la Révolution, Paris, Presses
Universitaires de France, 1954. Sul complesso di questo panorama storiografico: G.F. Frigo,
«L’ateo di sistema». Il «caso Spinoza» nella storiografia tedesca dall’Aufklärung alla Romantik,
in «Verifiche», 1977, n. 4, pp. 811-859. Per il Novecento si veda l’antologia curata da G.L.
Kline, Spinoza in Soviet Philosophy, London, Routledge and Kegan, 1952.
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A. Tosel, Du materialisme, de Spinoza, 1986, in Du materialisme de Spinoza, Paris, Kimé,
1994, pp. 127-153. Tosel era già stato autore di uno studio specifico sul Trattato teologico-po-
litico (dal titolo Spinoza ou le crepuscule de la la servitude, Paris, Aubier-Montaigne, 1984) in
cui il pensiero politico di Spinoza viene riguardato come un progetto di liberazione cui inerisce
sempre una critica della religione rivelata. Di Tosel, sul medesimo argomento, cfr. anche Que
faire avec le Traité théologico-politique? Réforme de l’imaginaire religieux et/ou introduction à
la philosophie?, in «Kairos», 1998, n. 11, pp. 167-194.
10
Cfr. ad es. J.G. Walch, Philosophisches Lexicon [1726], Hildesheim, Olms, 1968, vol.
II, p. 62, «Materialismus. Es zeigt dieses überhaupt einen Irrthum, oder falschen Begriff an,
den man in Ansehung der Materie hat, welches auf verschiedene Art geschehen kan. Denn
man nennet dasjenige einen Materialismum, wenn man die geistliche Substanzen leugnet und
keine andere, als körperliche zulassen will. Unter den neuren gehöret dahin der Benedictus
de Spinoza, der nur eine einzige Substanz zugiebt, und daher die Seele des Menschen vor
körperlich halten, alle andere Geiste aber leugnen muss». Per la prospettiva, assai importante
dal punto di vista della ricezione di Spinoza come ateo e materialista, di Buddeus, in gran
parte coincidente con quella di Walch, cfr. M. Longo, Joh. Franz Buddeus, in Storia delle storie
generali della filosofia, a cura di G. Santinello, Brescia, La Scuola, 1979, vol. 2, pp. 373-406.
11 E. Bloch, Tübinger Einleitung in die Philosophie [1970], Frankfurt a. M., Suhrkamp,
1985, p. 202. La riflessione blochiana non riguarda esplicitamente Spinoza (di cui si parla
per altro diffusamente in altre pagine dello stesso libro, ma secondo una prospettiva che è in
tutto e per tutto quella di Hegel); appunto per questo ci permettiamo di farne uso in questo
contesto come di un’ipotesi di ricerca che la critica francese ha in qualche modo fatto propria
per scandagliare la struttura della sostanza spinoziana.
12 A. Tosel, Du materialisme de Spinoza, cit., p. 130.
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che ha già cominciato senza di noi, prima di noi, una natura che noi cominciamo,
per quel che ci riguarda, a ricevere ed incontrare come esterna […]. Esso presup-
pone sempre il riconoscimento […] di qualche cosa come un dato che noi non
abbiamo prodotto e che neppure è stato prodotto anzitutto da una ragione, da un
logos oggettivo, separato o eminente13.
13
Ibidem, p. 131. Lo stesso anno dell’intervento di Tosel un articolo di B. Rousset, L’être
du fini dans l’infini selon l’«Étique» de Spinoza, in «Revue philosophique de la France et de
l’Étranger», 1986, n. 2, pp. 222-247 giungeva più o meno alle stesse conlcusioni. Rousset
avrebbe poi ribadito questo punto di vista nell’articolo Le problème du matérialisme dans le
spinozisme, in «L’Enseignement philosophique», 1991, n. 5, pp. 3-19. Questi ed altri interventi
di Rousset su Spinoza sono stati raccolti nel volume L’immanence et la salut. Regardes spino-
zistes, Paris, Kimé, 2000.
14 Soprattutto per quest’ultimo aspetto cfr. A. Tosel, Du matérialisme de Spinoza, cit., pp.
147-149. Queste ragioni di ordine generale che ci sembra di poter individuare nell’interpreta-
zione francese di Spinoza successiva al 1968 in parte coincidono ed in parte divergono dalle
ragioni che troviamo ad esempio esposte da J. Ruiz, Spinoza et le matérialisme, in «Revue de
Métaphysique et de Moral», 1981, n. 1, pp. 38-53.
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15 Mi sento di integrare in questo senso l’affermazione contenuta nella peraltro assai utile
rassegna di S. Gandini, Linee di tendenza della critica francese del ’900 intorno a Spinoza, in
«Rivista di Storia della Filosofia», 1987, n. 42, pp. 736-747, secondo la quale (cfr. p. 743) il
dato di novità della ricerca spinoziana francese che si è aperta verso la fine negli anni Sessanta
consiste solo in una maggiore obiettività della lettura, ormai libera dalle forzature teoriche degli
studi d’inizio secolo.
16 M. Gueroult, Spinoza, I: Dieu, Paris, Aubier-Montaigne, 1968, il secondo volume dello
stesso studio sarebbe uscito sei anni dopo: Spinoza, II: L’âme, Paris, Aubier-Montaigne, 1974,
il terzo volume, che avrebbe dovuto riguardare i libri III-IV-V dell’Etica, non sarà portato a
termine a causa della morte dell’autore. Di esso è stato però pubblicato un paragrafo che verte
sulla nozione dell’affectus nella «Revue philosophique de la France et de l’Étranger», 1977,
n. 1, pp. 285-302. A testimonianza della vasta eco che i due volumi (soprattutto il primo)
di Gueroult ebbero nel panorama filosofico francese, cfr. alcune tra le numerose recensioni
che seguirono: P. Agaesse, Le Spinoza de M. Gueroult, in «Archives de Philosophie», 1969, n.
32, pp. 88-96; G. Dreyfus, La methode structurale et le Spinoza de M. Gueroult, in «Age de
la Science», 1969, n. 3, pp. 240-275; L’analyse des structures de l’«Étique» par M. Gueroult,
in «Kant-Studien», 1975, n. 66, pp. 467-489; J.-P. Deschepper, Les yeux de l’âme. Le Spinoza
de M. Gueroult, in «Revue philosophique de Louvain», 1971, n. 69, pp. 465-494; S. Zac, Le
Spinoza de M. Gueroult, in «Revue de Synthèse», 1971, n. 92, pp. 251-279; Le Spinoza de M.
Gueroult. La théorie de l’imagination dans le livre II de l’«Étique», in «Revue de Synthèse»,
1975, n. 3, pp. 245-282; J. Berhardt, Infini, substance et attributs. Sur le spinozisme (à propos
d’une étude magistrale), in «Dialogue», 1975, n. 14, pp. 551-583; A. Doz, Remarques sur les
onze premières propositions de l’Étique de Spinoza. A propos du Spinoza de M. Gueroult, in
«Revue de Mètaphysique et de Morale», 1976, n. 3, pp. 221-261.
17
G. Deleuze, Spinoza et le problème de l’expression, Paris, Minuit, 1968.
18 Molto analitica, a questo proposito, la ricerca che sarebbe stata pubblicata di lì a poco
di J.-M. Gabaude, Liberté et raison. La liberté cartésienne et sa réfraction chez Spinoza et chez
Leibniz, Toulouse, Association des Publications de l’Université de Toulouse-Le Mirail, 1970.
19 Solo uno il riferimento di Deleuze a Nietzsche nel grande studio del 1968. La tesi della
complicità teorica tra Nietzsche e Spinoza sarebbe diventata più esplicita in quella sorta di
compendio della precedente pubblicazione uscito due anni dopo: Spinoza. Philosophie pratique,
Paris, Minuit, 1970. Non è senz’altro casuale che la nascita di una nuova sensibilità speculativa
nella ricerca spinoziana verso la fine degli anni ’60 si accompagni in Francia ad una rinascita
279
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Il sistema spinozista deve avere per principio una definizione; questa definizione,
essendo principio, esprime necessariamente una idea prima che lo spirito si forma
necessariamente senza riguardo ad altre idee. […] L’essere che è causa di sé non
ha altra ragione d’essere, altro fondamento che se stesso. Di conseguenza non può
riferirsi ad alcunché di precedente, è piuttosto ad esso che ogni cosa si riferisce; non
è attributo di alcunché, rimane pur sempre soggetto22.
degli studi nietzscheani. Nel caso di Deleuze poi, questa coincidenza è rappresentata in modo
paradigmatico (cfr. in particolar modo lo studio Nietzsche et la philosophie, Paris, Presses
Universitaires de France, 1962). Un testo di poco successivo in cui il richiamo alla nozione
nietzscheana di «innocenza» risulta strategico per la comprensione dell’Etica è quello di J. Ruiz,
Lecture de Spinoza, Paris, La Pensée Universelle, 1972. Il nesso Nietzsche-Spinoza, a partire
dalla prospettiva di Deleuze, viene affrontato da P. Zaoui, La «grande identité» Nietzsche-Spi-
noza, quelle identité?, in «Philosophie», 1995, n. 47, pp. 64-84.
20
Cfr. il suo articolo Spinoza et la méthode generale de M. Gueroult, in «Revue de Métaphy-
sique et de Morale», 1969, n. 74, pp. 426-437.
21
L. Brunschvicg, Spinoza et ses contemporains, Paris, Presses Universitaires de France,
19715. La prima parte della quinta edizione dell’opera, la più consistente, è la riedizione di
un saggio del 1894, cui l’autore ha poi aggiunto una serie di articoli comparsi sulla «Revue de
Métaphysique et de Morale» tra il 1904 ed il 1906.
22
Ibidem, pp. 36-37.
23
Ibidem, pp. 39-40, 46. Allo stesso modo J. Lagneau, Quelques notes sur Spinoza, in
Célèbres leçons et fragments, Paris, Presses Universitaires de France, 19642, p. 78 (si tratta di
un articolo apparso per la prima volta postumo nella «Revue de Métaphysique et de Morale»
del 1895) definisce la sostanza come quella cosa «che non è determinata da nulla, che nessun
pensiero in particolare, nessuna esperienza potrebbero definire, circoscrivere» e che si sviluppa
per «gradi inferiori» (sul rapporto Lagneau-Spinoza cfr. J.-M. Le Lannou, L’au-delà de la sub-
stance: le dialogue Lagneau/Spinoza, in «L’Enseignement philosophique», 1991, n. 4, pp. 44-58).
Così P. Lachiéze-Rey, Les origines cartésiennes du Dieu de Spinoza, Paris, Vrin, 1932, p. 119:
«si potrebbe ammettere […] che l’unità dell’estensione e del pensiero si realizza al di là della
loro essenza nella misura in cui noi la concepiamo, visto che l’attributo da noi concepito non
è l’attributo nella sua interezza […]. L’attributo è ciò che noi riguardo la sostanza concepiamo
della sostanza» e ciò «non implica che noi per ciò stesso concepiamo l’intera essenza della
sostanza; [la definizione dell’attributo] non esclude una sua [della sostanza] interiorità, né ciò
280
Spinoza materialista?
Non vi sarebbe alcun metodo sintetico e genetico se il generato non fosse in una
certa maniera uguale al generatore (da cui discende che i modi non sono alcunché
di più o di meno che la sostanza), e se il generatore non fosse esso stesso oggetto
di una genealogia che fonda la genesi del generato (da cui discende che gli attributi
sono elementi genealogici della sostanza e principi genetici dei modi)26.
chte der neueren Philosophie e della trattazione che in esso è riservata a Spinoza, cfr. M. Longo,
Johann Eduard Erdmann, in Storia delle storie generali della filosofia, a cura di G. Santinello e
G. Piaia, Padova, Antenore, 2004, vol. 5, pp. 53-88.
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srahi, L’être et la joie. Perspectives synthétiques sur le spinozisme, Paris, Encre Marine, 1997, pp.
135-136, «sostanza, attributi, modi [sono] diversi aspetti dell’Essere, […] non si organizzano
secondo una gerarchia discendente che andrebbe da un Dio nascosto verso la molteplicità
empirica e sensibile degli esseri […]. In Spinoza tutto accade […] come se si avesse a che
fare con un’ontologia orizzontale, vale a dire un’ontologia le cui articolazioni sono tutte situate
sul medesimo piano».
282
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32
M. Gueroult, Spinoza, cit., vol. I, p. 238. Il richiamo esplicito a L. Robinson, Kommentar
zu Spinozas Ethik, Hamburg, Meiner, 1928, vol. I, pp. 246-48, 275-287 ed alla nozione qui
sviluppata della kausale Einheit gioca un ruolo strategico in questo passaggio dello studio gue-
roultiano. Il commentario di Robinson sviluppa con chiarezza l’idea radicale che «die göttliche
Substanz nichts ausser ihren Attribute sei», da cui consegue che «die Einheit müssen wir nicht
hinter den Attributen, sondern in denselben suchen» p. 247. Sulla questione dell’unità causale
degli attributi cfr. anche P. Fontan, Dieu, premier ou dernier connu. De Spinoza à saint Thomas
d’Aquin, in «Revue Thomiste», 82, 1974, n. 74, pp. 244-278
33
G. Deleuze, Spinoza et la méthode, cit., p. 431.
34 Cfr. a questo proposito un’affermazione in larga parte coincidente con quelle deleuziane:
283
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zismo rifiuta l’idea che la coscienza possa in qualche modo essere causa di
alcunché. L’io-penso non è mai origine, bensì è sempre derivato rispetto
all’idea di cui è coscienza. L’io, in particolar modo, non è mai soggetto,
sostrato delle idee, esso è semmai il contraccolpo, il prodotto residuo di
quella fisica delle idee, in virtù della quale le idee si raddoppiano l’una con
l’altra secondo le proprietà strutturali di una delle due potenze della sostan-
za (da non confondersi con i due attributi a noi noti), quella di pensare. Le
idee della mia coscienza sono idee dei loro ideati, vale a dire dei corpi, che
attualmente agiscono sul mio corpo, e dei loro effetti. È dunque il gioco
di forze che s’istituisce tra i corpi e le idee a produrre, in ultima istanza in
modo residuale e per nulla fondamentale, qualcosa come una coscienza.
Su di una comprensione non religiosa della beatitudine come affezione
attiva pongono l’accento le conclusioni di uno studio di Rousset uscito
nello stesso anno36. Anche Rousset enfatizza l’importanza del concetto di
«espressione» in Spinoza, ch’egli riporta «ai teologi neoplatonici e, molto
probabilmente, al pensiero di Boehme che aveva avuto una grande eco
nei Paesi Bassi»37. Oltre alla sottolineatura di quello che abbiamo definito
il «patetismo» di Spinoza, molto affine alle tesi del libro di Deleuze è in
quello di Rousset il rifiuto del paradigma dell’analogia e dell’eminenza per
la comprensione del nesso sostanza/modi, per esempio quando si tratta di
comprendere la nozione dell’eternità: avere un’idea dell’essenza delle cose
sub specie aeternitatis, non significa che l’eternità è un genere divino di cui
i modi possono partecipare impropriamente secondo una qualche specie di
perfezione, ma sta a significare la possibilità di esprimere conoscitivamen-
te un quantum di eternità che appartiene ai modi considerati in sé e per
sé38.
Della stessa portata rinnovatrice degli studi di Gueroult e Deleuze fu
senz’altro quello di Alexandre Matheron uscito un anno dopo39, riguardante
però, prevalentemente, il pensiero politico di Spinoza. Matheron è oggetti-
vamente vicino alla piega interpretativa di Gueroult e Deleuze40: anch’egli,
in qualche modo, parte dall’acquisizione di uno Spinoza «univocista» (Ma-
theron ripropone con insistenza uno dei pensieri più radicali del Trattato
36
B. Rousset, La perspective finale de l’«Étique» et le problème de la cohérence du spino-
zisme. L’autonomie comme salut, Paris, Vrin, 1968, pp. 225-240.
37
Ibidem, p. 50.
38
Ibidem, p. 54.
39
A. Matheron, Individu et communauté chez Spinoza, Paris, Minuit, 1969. Per una sintetica
ricostruzione del recente dibattito sul pensiero politico di Spinoza che individua proprio nel
libro di Matheron una nuova sensibilità speculativa, fondata essenzialmente sullo statuto della
multitudo, cfr. A. Herla, La démocratie: utopie ou projet? Balibar, Negri, Spinoza, in «Cahiers
internationaux du symbolisme», 2001, nn. 98-99-100, pp. 243-257. Altri contributi più specifici
di Matheron alla comprensione del pensiero politico di Spinoza saranno, tra i numerosi pubbli-
cati, Le Christ et la salut des ignorants chez Spinoza, Paris, Aubier-Montaigne, 1971; una serie di
articoli scritti negli anni Settanta e raccolti in Anthropologie et politique au XVIIIe siècle (études
sur Spinoza), Paris, Vrin, 1986; Le problème de l’évolution de Spinoza du Traité théologico-poli-
tique au Traité politique, in Spinoza. Issues and Direction, a cura di E. Curley e A. Matheron,
Chicago, Brill, 1990, pp. 258-70; Physique et ontologie chez Spinoza: l’énigmatique réponse a
Tschirnhaus, in «Cahiers Spinoza», 1991, n. 6, pp. 83-110; L’amour intellectuel de Dieu, partie
éternelle de l’«amor erga Deum», in «Les Études Philosophiques», 1997, n. 2, pp. 231-248.
40 Il manoscritto di Matheron era già pronto, quando il primo libro di Gueroult su Spinoza
venne pubblicato, ma il suo contenuto era in gran parte noto a Matheron grazie ai suoi collo-
qui privati con Gueroult; debito di conoscenza ribadito nell’Avvertenza alla seconda edizione
(Paris, Minuit, 1988, pp. I-V) che per il resto riproduce fedelmente la prima.
284
Spinoza materialista?
politico, per cui «un individuo non è nient’altro che la stessa attività divina
nella misura in cui essa si dà una struttura determinata»41) e genealogizzante
(anche nell’ambito del pensiero politico Spinoza desidera «ricostruire gene-
ticamente le strutture concrete del reale»42). Il Dio di Spinoza è essenzial-
mente il Deus quatenus del panteismo (o panenteismo, secondo l’espressione
di Gueroult, che non nullifica, anzi fonda metafisicamente l’individualità43),
allo stesso modo «Spinoza ha scongiurato ogni forma di trascendenza nella
morale e nel diritto»44. L’analisi di Matheron si sviluppa istituendo il più
ferreo parallelismo tra l’ontologia ed il pensiero politico di Spinoza 45: il
prodotto di quest’ultimo è, in ultima istanza, quella cassazione del dualismo
tra natura e diritto che discende direttamente dall’appiattimento già operato
nell’Etica di essere e valore, ontologia e morale sullo stesso piano. Il libro
di Matheron enfatizza l’identificazione di diritto e potenza46 e la lontananza
di Spinoza dai presupposti che stanno a fondamento del pensiero politico
di Hobbes, ovvero: la subordinazione dei movimenti animali al movimento
vitale-vegetativo in funzione meramente conservativa, la discontinuità fra lo
stato di natura e l’istituzione del diritto e, conseguentemente, la concezione
contrattualistica della vita sociale intesa come esercizio di alienazione della
propria forza47.
41 Ibidem, p. 22.
42 Ibidem, p. 30.
43 Ibidem, p. 21.
44 G. Courtois, Le «Jus sive potentia» spinoziste, in «Archives de Philosophie du Droit»,
1973, n. 18, p. 355. La parte dell’articolo di Courtois dedicato al pensiero politico di Spinoza,
nonostante qualche osservazione polemica, è una sorta di utile compendio del libro di Mathe-
ron. Su temi giuridici in Spinoza Courtois sarebbe ritornato anni dopo con l’articolo La loi
chez Spinoza et saint Thomas d’Aquin, in «Archives de Philosophie du Droit», 1980, n. 25,
pp. 159-189.
45 O anche, si potrebbe dire, parallelismo tra fisica dei corpi, fisica delle passioni e politica.
Cfr. in primo luogo il saggio di M. Schaub, Spinoza ou une philosophie politique galileénne, in
Histoire de la philosophie. Idees, doctrines, a cura di F. Chatelet, Paris, Hachette, 1972, vol. 3,
pp. 162-195, secondo la quale la denuncia del finalismo come ideologia e la fondazione di un
pensiero politico democratico e della potenza deriva dal salto intrinsecamente galileiano fatto
da Spinoza dal regno della qualità a quello della quantità. Cfr. anche P. Jacob, La politique
avec la physique à l’âge classique, principe d’inertie et conatus, Descartes, Hobbes, Spinoza, in
«Dialectiques», 1974, n. 6, pp. 99-121 (il quale però, a differenza di Matheron, appiattisce
la posizione di Spinoza su quelle di Descartes e Hobbes) e R. Caillois, Métaphysique et Po-
litique, in «Les Études Philosophiques», 1977, n. 3, p. 319: «la chiave dei differenti aspetti
della politica spinozista si ritrova incontestabilmente nella concezione metafisica della natura».
Differenti da quelle di Matheron sono poi le conclusioni cui perviene lo studio di Caillois che
vede proprio in questa commistione tra pensiero politico e ontologia la pregiudiziale poco
feconda di un naturalismo eternalista anche in ambito storico. La stessa inscindibilità tra i due
aspetti del pensiero viene sostenuta da S. Zac, La philosophie politique de Spinoza, in «Revue de
l’Enseignement philosophique», 1976/1977, n. 2, pp. 1-18, ma proprio per sottolineare come
l’eternità spinoziana non significhi in alcun modo estraneità alla storia.
46
Cfr. a questo proposito il capitolo dedicato a Spinoza, con sensibilità anticipatoria rispetto
alle future ricerche, nel libro di J. Fallot, Pouvoir et morale. Machiavel, Spinoza, Hegel, Marx,
Lénine, Gramsci, Paris, Anthopos, 1967, pp. 426-445.
47 Il confronto con il pensiero politico di Hobbes è uno dei motivi più costanti della ricerca
spinoziana francese. Si può dire, per altro, che le argomentazioni di Matheron fissino in modo
assai chiaro i punti salienti che gl’interpreti successivi avrebbero accettato come inoppugnabili
per dimostrare la divergenza tra le due fondazioni della vita sociale. Cfr. oltre allo studio
ponderoso di L. Mugnier-Pollet, La philosophie politique de Spinoza, Paris, Vrin, 1976 (per il
quale il definitivo distacco da ogni forma di hobbesianesimo accade solo con la scrittura del
Trattato politico), tra le pubblicazioni più recenti a questo riguardo, C. Lazzeri, Droit, pouvoir,
liberté. Spinoza critique de Hobbes, Paris, Presses Universitaires de France, 1998.
285
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48
A. Matheron, Individu et communauté chez Spinoza, cit., p. 327.
49 Ibidem, p. 613.
50 S. Zac, L’idée de la vie dans la philosophie de Spinoza, Paris, Presses Universitaires de
France, 1963. Dello stesso autore vedi anche La morale de Spinoza, Paris, Presses Universitaires
de France, 1959; Vie, conatus, vertu, in «Archives de Philosophie», 1977, n. 40, pp. 405-28;
Spinoza et l’État des Hébraux, in «Revue philosophique de la France et de l’Étranger», 1977,
n. 1, pp. 201-232.
51 R. Misrahi, Spinoza, Paris, Seghers, 1964.
52 S. Zac, L’idée de la vie dans la philosophie de Spinoza, cit., p. 250.
286
Spinoza materialista?
53
Ibidem, p. 251.
54
È neanche troppo velatamente contro l’ipotesi di un umanismo spinoziano che si può
leggere l’intervento di A. Matheron, L’anthropologie spinoziste?, in «Revue de Synthèse», 1977,
nn. 89-91, pp. 175-185, per il quale nell’Etica, sostanzialmente, si parla anche dell’uomo, nella
misura in cui si parla della struttura dei modi dell’estensione e del pensiero cui la modalità-
uomo non può che appartenere, ma quasi mai dell’uomo-in-quanto-tale, dunque piuttosto di
un’«essenza sopra-specifica» (ibidem, p. 179). Si tratta della trascrizione dell’intervento che
Matheron fece al colloquio internazionale che si tenne a Parigi nel 1977, in occasione del
tricentenario della morte di Spinoza ed a cui infatti segue, in sede di discussione, l’intervento
di Misrahi, il quale sostiene l’assurdità di negare una antropologia spinoziana fondata sulla
nozione di desiderio (ibidem, p. 186).
287
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55
S. Breton, Spinoza. Theologie et politique, Paris, Desclée, 1977, p. 166. Questo libro trae
le conseguenze e ripropone con maggiore coerenza certe tesi già esposte dallo stesso autore
in Politique, Religion, Écriture chez Spinoza, Lyon, Profac, 1973 e nell’articolo Les fondements
théologique du droit chez Spinoza, in «Archives de Philosophie du Droit», 1973, n. 18, pp.
93-105.
56 P.-F. Moreau, Althusser et Spinoza, in Althusser philosophe, a cura di P. Raymond, Paris,
Presses Universitaires de France, 1997, p. 75. Sul rapporto Althusser-Spinoza cfr. inoltre V.
Morfino, Lettura e politica tra Spinoza e Althusser, in Louis Althusser. Ermeneutica filosofica e
interpretazione psicoanalitica, a cura di P. D’Alessandro, Milano, Marcos y Marcos, 1993, pp.
165-182.
57 L. Althusser et al., Lire le Capital, Paris, Maspero, 1965, 2 voll.; L. Althusser, Elements
288
Spinoza materialista?
289
Tommaso Tuppini
senza chiusura che non [è] altro dal rapporto attivo delle parti»60. In ter-
mini propriamente spinoziani (questo Althusser non lo dice esplicitamente,
ma discende con stringenza dal suo ragionamento) la sostanza coincidereb-
be in tutto e per tutto con i modi infiniti immediati, e forse anche con i
modi infiniti mediati. In fondo è questa la prospettiva che si affaccia in un
commento di Breton ad Althusser nel tentativo di formulare la proposta di
un nuovo «materialismo integrale»: per istituire qualcosa come un pensiero
non più inficiato da alcuna forma di dualismo (implicitamente idealistico)
«sarebbe sufficiente […] unire i due modi infiniti della natura e della storia
in una Materia-Energia che, dotata di attributi infiniti, si svilupperebbe, per
la sola forza della causa sui, configurandosi come universo, in facie totius
universi»61. Althusser si oppone dunque non solo, come è evidente, ad ogni
lettura che supponga un qualche residuo di trascendenza nella sostanza,
ma anche ad ogni sua esistenza in-sé o concepibilità per-sé. Vale a dire,
riportando ciò che abbiamo appena detto ai termini di una questione ben
nota della teologia tradizionale: Althusser svuota il pensiero spinoziano del-
l’argomento ontologico dell’esistenza di Dio62.
Vediamo come a questo proposito si era espresso un interprete più con-
venzionale di Spinoza, Joseph Moreau:
se io posso affermare che Dio necessariamente esiste, non è perché non può essere
concepito altrimenti che esistente; ma è perché a differenza degli oggetti finiti, non
può essere concepito senza esistere […]. Bisogna considerare che in Dio l’esistenza
non è una semplice conseguenza dell’essenza, ma che l’essenza di Dio è l’esistenza
stessa, l’atto di esistere, l’ipsum esse come diceva S. Tommaso o, come dice Spino-
za, la potenza di esistere […] Se l’assoluto fosse considerato solo come la potenza
produttrice delle cose, se fosse concepito solo in funzione dei suoi oggetti, ci si
potrebbe chiedere se questo concetto implichi l’esistenza reale63.
60
Va da sé che quando Althusser scrive di Spinoza egli cerca allo stesso tempo di giungere
in chiaro sul proprio esercizio speculativo. Di un «detour spinoziste d’Althusser» si sarebbe letto
esplicitamente in S. Breton, Spinoza aujourd’hui, in «La Nouvelle Critique», 1977, n. 110, pp.
56-60, l’articolo è un estratto del libro di Breton già citato, ma si rivolgeva ad un pubblico
senz’altro più vasto rispetto alla sola comunità scientifica essendo stato pubblicato su di una
rivista del Pcf. Sullo spinozismo di Althusser vedi anche A. Tosel, Du matérialisme de Spinoza,
cit., pp. 204-10.
61
S. Breton, Spinoza. Theologie et politique, cit., p. 168.
62
Sulla versione spinoziana dell’argomento ontologico di Anselmo si veda il breve, ma
interessante articolo di J. Moreau, L’argument ontologique chez Spinoza, in «Les Études Phi-
losophiques», 1972, n. 3, pp. 379-383. Sulla peculiarità dell’esistenza della sostanza rispetto a
quella dei modi, con argomentazioni affini a quelle adoperate da Moreau, cfr. L. Nguyen-Dinh,
Réalité et existence chez Spinoza, in «Études Philosophiques. Annales de la Faculté de Lettres
et Science Humaines de Nice», 1973, n. 20, pp. 81-93.
63
J. Moreau, L’argument ontologique chez Spinoza, cit., pp. 381-382. Interessante l’osserva-
zione di Moreau circa la convergenza tra l’essentia actuosa della sostanza spinoziana e l’ipsum
esse di S. Tommaso, che s’inserisce in un contesto di ricerca, come abbiamo potuto rilevare,
in cui spinozismo e tomismo sembrano configurarsi come due strade alternative e divergenti
del pensiero. Questa sorta di spessore della sostanza, di cui consiste la potenza di Dio che
afferma sé, sembra in qualche modo la stessa individuata nello studio di M. Henry, Le bonheur
de Spinoza, Paris, Presses Universitaires de France, 2004. Lo studio di Henry risale al 1943, ma
è stato pubblicato nella sua integralità solo di recente e fa della fruitio della sostanza di per
sé, dell’idea che l’esistenza della sostanza non sia soltanto quella di cui essa gode nei modi, il
proprio fulcro teorico.
290
Spinoza materialista?
64
J.-M. Gabaude, Ambiguïté spinozienne, cit., p. 2. O, come lo stesso autore avrebbe scritto
in Spinoza: la pratique et la politique, in «La Nouvelle Critique», 1977, n. 110, p. 62, «ridurre
Dio a Natura significa, per il lettore che non si ferma davanti alle apparenze tradizionaliste
della lettera, appropriarsi di Dio fino all’ateismo».
65
F. Kaplan, La définition de Dieu dans l’«Étique», in «Les Études Philosophiques», 1972,
n. 3, pp. 343-344. Una autonoma ricostruzione del rapporto sostanza-modo in Spinoza verrà
espressa da Kaplan in Definitions de la substance et du mode par Spinoza, in «Les Études
Philosophiques», 1989, n. 1, pp. 21-37.
66 Lo stesso tipo di osservazione (questa volta con un riferimento esplicito anche allo stu-
dio di Deleuze) troviamo espressa da C. Troisfontaines, Dieu dans le premier livre de l’Étique,
in «Revue Philosophique de Louvain», 1974, n. 72, pp. 467-481 e, in modo esplicitamente
critico, da D. Giovannangeli, Spinoza et le problème de l’analogie, in «Cahiers internationaux
du symbolisme», 1985, n. 51-52, pp. 55-71, in cui proprio la nozione dell’analogia viene nuo-
vamente invocata come termine differenziante per evitare una sovrapposizione della sostanza
e dei suoi attributi.
291
Tommaso Tuppini
67
L. Althusser, Le courant souterrain du matérialisme, cit., vol. I, p. 543.
68 Ibidem.
69 Cfr. ibidem, p. 546.
70 Ibidem, p. 555. S Breton, Spinoza. Theologie et politique, cit., p. 166 propone un’efficace
descrizione della nozione althusseriana di causa strutturale applicata alla sostanza di Spinoza:
«strana sostanza che si sparpaglia in una molteplicità di attributi indipendenti quasi ad evocare
se non proprio un atomismo della dispersione, ciò nondimeno il regno pressoché incontrollabile
di uno spazio mallarmeano di “disseminazione”».
71 R. Misrahi, Spinoza, cit., p. 44.
292
Spinoza materialista?
Spinoza per primo aveva gettato Deleuze. Per Althusser Spinoza è il primo
filosofo ad aver definito, con il genere di conoscenza immaginativo, i tratti
peculiari di ciò che più tardi sarebbe stato definito dal pensiero filosofico
come ideologia. «Ideologica» diventa la sovrapposizione, per così dire, del-
l’ordine della finalità a quello della causalità, dell’intimità privata ed idiosin-
cratica del soggetto alla causalità strutturale della sostanza: «nella metafisica
di Spinoza l’essere, la sostanza è la sua stessa razionalità; nel suo ordine,
che è una connessione causale di eventi, non c’è posto per la volontà, il
tempo, l’individuo agente, la mobilità, perché queste sono determinazioni
della possibilità, cioè del soggetto»72. Tuttavia, per mezzo della sua fonda-
zione spinoziana, l’ideologia come esercizio dell’immaginazione acquista una
propria sede nell’ordine genealogico rigoroso procedente dalla sostanza.
Forse l’incontro tra Althusser e Spinoza ha rappresentato l’episodio più
fecondo dell’uso marxista di Spinoza e, in generale, dell’incontro di Spinoza
con una «scuola». Altri esempi di quest’incontro in area francese non man-
cano, ma a fronte dell’esempio althusseriano, va rimarcato come essi per lo
più si siano sviluppati come ricerche di semplice affinità tra i due filosofi
in base a prove di carattere documentario, più che teorico. Ad una rico-
struzione filologica delle letture che Marx fece da giovane di Spinoza sono
significativamente dedicati diversi articoli contenuti nel primo dei Cahiers
Spinoza73, che dal 1977 sarebbero stati pubblicati a Parigi, inizialmente
con cadenza annuale, in seguito più irregolarmente, per i tipi di Réplique.
Il saggio più interessante di questo primo numero sembra essere quello di
Igoin. Esso, partendo dalla problematizzazione dei rapporti che società civile
e Stato intrattengono nel pensiero di Hegel e Marx, giunge ad individuare
l’originalità della teoria politica di Spinoza, nella quale accade «il contrario
di Hegel, la potentia multitudinis è anteriore allo Stato […]. L’essenza dello
Stato è la potenza, la sua espressione esistenziale è il potere (potestas) di
Stato»74. I rapporti tra potere e potenza, Stato e nazione, vengono descritti
attraverso un’espressione che merita di essere riportata: «circolazione della
potenza»75. Anche se l’impronta della riflessione di Igoin rimane pur sempre
di stampo dialettico, attraverso questa nozione della «circolazione» si allude
in qualche modo all’istituzione di un meccanismo statale che «non cada
nella trappola della rappresentazione»76 e dunque si collochi, in nome del
potere assoluto della multitudo organizzata democraticamente, al di qua di
ogni principio della mediazione o contrattualistico.
La nozione che comunque, dal grande studio di Matheron in poi (il
quale pure, in quella sede, non fa esplicitamente riferimento a Marx), risulta
72
M. Giacometti, Spinoza per Althusser, in La cognizione della crisi (saggi sul marxismo di
Louis Althusser), a cura di M. Giacometti, Milano, F. Angeli, 1986, p. 178.
73
«Cahiers Spinoza», 1977, n. 1, cfr. in particolar modo gl’interventi di M. Rubel, Marx à
la rencontre de Spinoza, pp. 7-28, A. Matheron, Le traité Teologico-politique vu par le jeune
Marx, pp. 159-212, A. Igoin, De l’ellipse de la théorie politique de Spinoza chez Marx, pp. 213-
228. Ma cfr. anche la pubblicazione precedente di R. Olmedo, L’hegelianisme et le spinozisme
de Marx, in «La Pensée», 1973, n. 169, pp. 14-29, in cui si prospetta una sintesi di Hegel e
Spinoza nel nome del materialismo dialettico. Il riferimento a Marx è tutt’ora presente nella
letteratura critica spinoziana, citiamo a semplice titolo d’esempio G. Albiac, Spinoza/Marx: le
sujet construit, in Architectures de la raison. Mélanges offertes à Alexandre Matheron, a cura di
P.-F. Moreau, Paris, ENS Éditions, 1996, pp. 11-17.
74 A. Igoin, De l’ellipse de la théorie politique, cit., p. 221.
75 Ibidem, p. 224.
76 Ibidem.
293
Tommaso Tuppini
più feconda nella discussione apertasi in Francia sulle «fonti spinoziane» del
marxismo è senz’altro quella dell’alienazione. A questo proposito è para-
digmatico un intervento di Maximilien Rubel77, per il quale vero e proprio
prodromo al pensiero rivoluzionario di Marx possono a buon diritto essere
state le proposizioni dell’ultima parte dell’Etica, nel loro risoluto tratteggiare
una sorta di «eziologia dell’alienazione politica»78.
Per quello che riguarda un differente incontro in terra di Francia tra
Spinoza e una ben riconoscibile tradizione di pensiero, significativo è
senz’altro il percorso di ricerca di un altro studioso, Joseph Moreau, il quale
si può dire tenti una singolare conciliazione tra Spinoza e il pensiero della
Scolastica. Abbiamo già visto come in un articolo Moreau argomentasse a
favore della conciliabilità tra la concezione che di Dio ha Spinoza e l’argo-
mento teologico di Anselmo. Così in un intervento del 198379, oltre a ritor-
nare sulla distinzione d’essenza tra Dio e creature, si procede in direzione
opposta rispetto alle coeve ricerche degli accademici francesi e l’impronta
monista della sostanza spinoziana viene messa sul conto di una radicaliz-
zazione della concezione del Dio biblico, dal quale tutto dipende, e di cui
Spinoza opererebbe una sorta di deellenizzazione, nella misura in cui è un
portato della grecità sovrapporre all’idea della dipendenza senza residui del
mondo quella di un Dio-demiurgo che organizza un sostrato materiale ad
esso estraneo. Moreau non ritiene sbagliato individuare nel pensiero spino-
zista diverse analogie con il pensiero neoplatonico, prima fra tutte l’esistenza
«di una gerarchia d’individui animati a gradi differenti», il che, insieme ad
altri aspetti del pensiero di Spinoza, «si oppone manifestamente al monismo
materialista al quale si è voluto ricondurre lo spinozismo»80. Non si può
dire che questo tentativo di conciliazione tra Spinoza e alcuni aspetti della
teologia scolastica rappresenti qualcosa di completamente isolato nel conte-
sto della ricerca spinoziana di quegli anni (basti pensare al successivo studio
di Jean-Claude Piguet81 per rendersene conto), ma è certo che si tratta di
un filone ermeneutico minoritario.
77
M. Rubel, Marx à l’école de Spinoza, in Proceedings of the first italian international con-
gress on Spinoza, a cura di E. Giancotti, Napoli, Bibliopolis, 1985, pp. 381-99.
78
Ibidem, p. 389.
79
J. Moreau, Spinoza est-il moniste?, in «Revue de Théologie et de Philosophie», 1983, n.
115, pp. 23-35.
80
Ibidem, p. 26. Il tema neoplatonico di una gerarchia degli enti in Spinoza è un classico
delle interpretazioni d’anteguerra, cfr. a titolo d’esempio É. Lasbax, La Hiérarchie dans l’uni-
vers chez Spinoza, Paris, Alcan, 1919. In seguito il tema della gradazione verrà ripreso, vedi
ad es. R. Bouveresse, «Omnia, qualmvis diversis gardibus, animata sunt»; remarques sur l’idée
d’animisme universel chez Spinoza et chez Leibniz, in Spinoza. Science et Religion. De la méthode
géométrique a l’interpretation de l’écriture sainte, a cura di R. Bouveresse, Paris, Vrin, 1988,
pp. 33-46; F. Tinland, La notion d’individu et la hiérarchie des modes finis selon l’Étique, in
Spinoza. Science et Religion, a cura di R. Bouveresse, cit., pp. 19-32; C. Ramond, Critique des
«qualités occultes» et individuation par la quantité chez Spinoza, in Philosophies de la nature, a
cura di O. Bloch, Paris, Publications de la Sorbonne, 2000, pp. 105-114 (quest’ultimo studio
riprende sostanzialmente un intervento contenuto nell’ampia monografia Qualité et Quantité
dans la philosophie de Spinoza, Paris, Presses Universitaires de France, 1995; l’articolo appena
citato è stato raccolto insieme ad altri di Bloch in Spinoza et la pensée moderne. Consitutions
de l’Objectivité, Paris, L’Harmattan, 1998), ma con una sostanziale differenza d’intenti: si tratta
per questi ultimi autori di specificare ciò ch’è una differenza tra i quanta d’intensità dei modi,
senza alcuna implicazione di perdita di valore ontologico per i gradi più piccoli.
81 J.-C. Piguet, Le Dieu de Spinoza, Genève, Labor et fides, 1987. Lo studio di Piguet,
294
Spinoza materialista?
denza interna», che dovrebbe sintetizzare i due motivi d’ispirazioni spinoziani (la tradizione
metafisica occidentale e quella ebraico/neo-platonica) per rendere conto del dinamismo che
tiene insieme modi e sostanza.
82 F. Alquié, Le rationalisme de Spinoza, Paris, Presses Universitaires de France, 1981. Di
Alquié esiste anche la trascrizione di due corsi alla Sorbona del 1958/1959 intitolati Nature et
verité dans la philosophie de Spinoza e Servitude et liberté selon Spinoza pubblicati recentemente
sotto il titolo Leçons sur Spinoza, Paris, La Table Ronde, 2003.
83 F. Alquié, Le rationalisme de Spinoza, cit., p. 119.
84 Ibidem, pp. 107-124.
295
Tommaso Tuppini
85 Ibidem, p. 352.
86 P. Macherey, Hegel ou Spinoza?, Paris, La Découverte, 1990. Questa edizione riproduce
la prima edizione assoluta che era uscita nel 1979 per i tipi di Maspero. Tra le recensioni a
questo volume vedi S. Breton, Hegel et Spinoza: l’enjeu d’une alternative, in «Cahiers Spinoza»,
1983, n. 4, pp. 61-87; D. Souche-Dagues, Spinoza et Hegel. Réflexions sur un livre recent, in
«Les Études Philosophiques», 1983, n. 1, pp. 87-100; A. Doz, Spinoza lecteur de Hegel? A
propos d’un ouvrage de P. Macherey, in «Revue de Métaphysique et de Moral», 1984, n. 89,
pp. 99-122.
296
Spinoza materialista?
«Il diritto di ciascuno si estende fino a dove si estende la sua determinata poten-
za». […] Preso alla lettera ciò significa che la nozione di «diritto» non è prima: la
nozione prima è quella di potenza. Si può dire che la parola «diritto» (jus) esprime
la realtà originaria della potenza (potenza) nel linguaggio politico. Ma quest’espres-
sione non introduce alcuno scarto: essa non significa né «emanare da», né «fondarsi
su» […]. La questione non è effettivamente di dare una giustificazione del diritto,
ma di dare un’idea adeguata delle sue determinazioni, del modo in cui opera90.
87
P. Macherey, Introduction à l’Étique de Spinoza, Paris, Presses Universitaires de France,
1997-2001, 4 voll.
88
Raccolti poi in Avec Spinoza. Études sur la doctrine et l’histoire du spinozisme, Paris,
Presses Universitaires de France, 1992.
89
É. Balibar, Spinoza l’anti-Orwell. La crainte de masses, 1985, in La crainte de masses.
Politique et philosophie avant et aprés Marx, Paris, Galilée, 1997, pp. 57-99.
90 É. Balibar, Spinoza et la politique, Paris, Presses Universitaires de France, 1985, p. 72.
Spinoza, Roma, DeriveApprodi, 1998, che però, visti i limiti di competenza di questo inter-
vento, non possiamo trattare.
297
Tommaso Tuppini
Dagli anni Novanta fino ad oggi molte sono le pubblicazioni che ri-
sollevano le classiche questioni dello spinozismo, discutendo del pensiero
dell’Etica e degli scritti politici. In particolar modo ritornando al tema
dell’affettività in Spinoza. A questo proposito ricerche ampie e significative
sono state senz’altro quelle di Laurent Bove e di Sylvaine Malinowski-Char-
les. La prima98 incentrata sul tema della variazione affettiva e quello del
93
É. Balibar, Spinoza l’anti-Orwell, cit., p. 73.
94
Ibidem, p. 75.
95
È qui che si gioca il contrasto tra la prospettiva di Balibar e quella di Negri.
96 La medesima riserva nei confronti di una forma assoluta di autogoverno (la massa può
1996.
298
Spinoza materialista?
99
S. Malinowski-Charles, Affects et conscience chez Spinoza. L’automatisme dans le progrès
étique, Hildesheim-Zürich-New York, Olms, 2004.
100
Cfr. a titolo d’ulteriore esempio di questa ricerca recente sui temi classici dello spinozi-
smo R. Glauser, Substance et attribut chez Spinoza, in «Studia Philosophica», 1995, n. 53, pp.
225-48. J.-D. Rougemont, Spinoza et le totalitarisme. Fiction et realité, in «Revue de Théologie
et de Philosophie», 1995, n. 2, pp. 127-141; P. Danino, Le statut des notions de bien et de mal
dans l’étique de Spinoza, in «L’Enseignement philosophique», 1996, n. 5, pp. 3-26; G. Boss,
L’infinité des attributs chez Spinoza, in «Revue Philosophique de la France et de l’Étranger»,
1996, n. 4, pp. 487-502.
101
J.-L. Marion, Spinoza et les trois noms de Dieu, in Herméneutique et ontologie. Hom-
mage à Pierre Aubenque, a cura di R. Brague e J.-F. Courtine, Paris, Presses Universitaires de
France, 1990, pp. 225-245, (Marion aveva già pubblicato in precedenza il breve intervento Le
fondemet de la Cogitatio selon le De intellectus emendatione, in «Les Études Philosophiques»,
1972, n. 3, pp. 357-368.
102 A. Badiou, L’ontologie implicite de Spinoza, in Spinoza: puissance et ontologie, a cura di
Revault d’Allones e H. Rizk, Paris, Kimé, 1994, pp. 54-70. Tutti gl’interventi del colloquio
sono del più grande interesse; ci limitiamo qui a citare i nomi degli autori, i quali, oltre ai due
curatori e Badiou sono: J. Barash, F. Duroux, P. Macherey, A. Matheron, T. Negri, B. Rousset,
A. Scala, O. Ueno, J.-M. Vaysse, F. Zourabichvili.
103 A. Badiou, L’être et l’événement, Paris, Seuil, 1988, pp. 129-137.
104 A. Badiou, L’ontologie implicite de Spinoza, cit., p. 58.
299
Tommaso Tuppini
105 P.-F. Moreau, Spinoza. L’expérience et l’éternité, Paris, Presses Universitaires de France,
1994. Una sorta di utile auto-presentazione di questo testo così voluminoso si può trovare
nella trascrizione dell’intervento di Moreau al Colloquio internazionale di Santiago del Cile
del 1995, Spinoza et l’expérience, in Spinoza et la politique, a cura di H. Giannini et al., Paris,
L’Harmattan, 1997, pp. 25-33. Moreau era già stato autore del saggio divulgativo Spinoza et le
spinozisme, Paris, Presses Universitaires de France, 1973.
106 C. Jaquet, Sub specie aeternitatis. Étude des concepts de temps, durée et éternité chez Spi-
noza, Paris, Kimé, 1997. Dello stesso anno è Spinoza ou la prudence, Paris, Quintette, 1997.
300
Spinoza materialista?
sarebbe una specie di durata senza fine con tutto l’accompagnamento di ri-
cordi, speranze, passioni e rappresentazioni parziali/casuali che essa di per sé
implica. Se l’eternità appartiene senz’altro alla sostanza, nella misura in cui
«l’eternità è la proprietà di un’essenza che implica l’esistenza necessaria»107,
le cose concepite sub specie aeternitatis includono anch’esse qualcosa come
un’esistenza incancellabile: «se io concepisco la mia esistenza come implicata
nell’essenza di Dio, allora la concepirò come necessaria ed eterna»108. È la
determinazione dell’eternità come nozione comune che permette di pensare
la comunicazione fattane da Dio ai modi, salve le differenti modalità in cui
si può divenire coscienti di questo statuto di eternità, dato che «tutti lo
possiedono, ma non tutti ne hanno pienamente coscienza. Allo stesso modo
in cui per Marx gli uomini fanno sempre la propria storia, anche se non ne
hanno sempre coscienza, per Spinoza gli uomini sono sempre eterni, anche
se non ne hanno sempre coscienza»109. Questo tema dell’eternità come no-
zione comune verrà poi ripreso ed inserito dalla autrice in una cornice più
vasta, delimitata dalla nozione della potentia, in uno studio che ritorna sui
temi spinoziani del corpo e degli affetti110.
Lo stesso piglio ontologico si ritrova in una recente pubblicazione di
Pascal Sévérac111. Il pensiero di Spinoza viene definito in sede d’Introduzio-
ne «una ontologia dell’affermazione assoluta della potenza»112, pensiero da
cui discendono dettagliate considerazioni sullo statuto dell’attività e della
passione, le quali trovano un loro primo momento di coagulazione nella
domanda su come distinguere soggettivamente (ossia: non dal punto di
vista del filosofo che osserva, ma da quello di chi effettivamente le prova)
le gioie attive da quelle passive. La prospettiva finale del testo indica uno
dei problemi che già stavano al centro del libro di Deleuze, vale a dire
la fondabilità in Spinoza di qualcosa come un progresso etico: progresso
riconosciuto, appunto, come evento del «divenir-attivo», prendere possesso
della propria potenza misconosciuta, installarsi in quel luogo del proprio sé
da cui sempre ci allontaniamo in occasione dei nostri dolori e delle nostre
gioie, comunque passivi. Per Sévérac questa prospettiva di progresso etico è
pensata da Spinoza come, in qualche modo, già sempre compiuta. In questa
cornice di «ontologia piena», senza uno sfondo di potenza non attualizza-
ta»113, se la potenza di ciascuno è già sempre identificata al suo agire, per
ciò stesso essa non può darsi a riconoscere in nessuna circostanza come
«alienata» (così come ancora i testi di Deleuze o Matheron possono lasciare
intendere). Il progresso etico non significa mai il passaggio da una potenza
107
C. Jaquet, Sub specie aeternitatis, cit., p. 93.
108
Ibidem.
109
Ibidem, p. 200.
110
C. Jaquet, Les expressions de la puissance d’agir chez Spinoza, Paris, Publications de la
Sorbonne, 2005. Temi, questi, già affrontati in una pubblicazione molto più sintetica di poco
precedente L’unité du corps et de l’esprit. Affects, actions et passions chez Spinoza, Paris, Presses
Universitaires de France, 2004 e nell’intervento Le problème de la différence entre le corps chez
Spinoza, in Les significations du «corps» dans la philosophie classique, a cura di C. Jaquet e T.
Pavlovitis, Paris, L’Harmattan, 2004, pp. 127-141.
111 P. Sévérac, Le devenir actif chez Spinoza, Paris, Champion, 2005. Le precedenti pubblica-
zioni spinoziane di Sévérac sono state L’Ethique de Spinoza, Paris, Ellipses 1997; L’Appendice à
la Première Partie de l’Etique, Paris, Ellipses, 1999; la cura (insieme a C. Jaquet e A. Suhamy)
di Fortitude et servitude, lectures de l’Etique IV de Spinoza, Paris, Kimé, 2003.
112 P. Sévérac, Le devenir actif chez Spinoza, cit., p. 20.
113 Ibidem, p. 431.
301
Tommaso Tuppini
114
Sévérac aveva già analizzato il tema specifico della convenientia in Spinoza nell’articolo
Convenir avec soi, convenir avec autrui: étique stoïcienne et étique spinoziste, in «Studia Spino-
zana», 1996, n. 12, pp. 105-119.
115
F. Zourabichvili, Le conservatisme paradoxal de Spinoza. Enfance et royauté, Paris, Presses
Universitaires de France, 2002. Ricerca proseguita in Spinoza. Une physique de la pensée, Paris,
Presses Universitaires de France, 2002, in cui viene messo particolarmente a fuoco il tema
della forma.
116 Ibidem, p. 3 L’espressione di Spinoza si trova in Etica, IV, 39, scolio.
117 Cfr. J. Lagrée, Spinoza et Plotin: l’amour et l’eternité, in «Studia Spinozana», 1996, n.
Spinoza, Van Gorcum, Assen 2000. Levy era già stata autrice del contributo Chose et subjec-
302
Spinoza materialista?
cit., p. 32.
303
Tommaso Tuppini
125
Ibidem.
126
A. Tosel, Quel devenir pour Spinoza? Rationalité et finitude, in Quel avenir pour Spinoza?,
a cura di L. Vinciguerra, cit., p. 56.
127 In questo senso un nuovo percorso di ricerca dal punto di vista storico-filosofico è stato
aperto da S. Ansaldi, Spinoza et le baroque. Infini, désir, multitude, Paris, Kimé, 2002, con il
tentativo di indagare proprio la nozione spinoziana di potenza nelle sue filiazioni, parentele
ed eccentricità rispetto alla cultura barocca spagnola, la quale, sviluppandosi «seguendo delle
linee e delle curve in perpetua variazione» (p. 365), allude ad una sensibilità speculativa, e non
solo, difforme da quelli che, appunto, un Foucault avrebbe definito i presupposti dell’episteme
classica.
304
Spinoza materialista?
305