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XX Convegno Nazionale dei Dottorati di Ricerca in Filosofia Istituto Banfi, Reggio Emilia 16-19 febbraio 2010

Alessandro Novembre

IL GIOVANE SCHOPENHAUER E FICHTE

Mi chiamo Alessandro Novembre e frequento il Dottorato di ricerca in Filologia ed Ermeneutica del testo presso lUniversit del Salento. Il titolo della mia ricerca : Il giovane Schopenhauer e Fichte. Il mio tutor il professor Domenico Fazio, presidente del Centro interdipartimentale di ricerca su Arthur Schopenhauer e la sua scuola dellUniversit del Salento. Tra il 2008 e il 2009 ho trascorso dieci mesi a Mainz, dove ho potuto approfondire la mia conoscenza della lingua tedesca nonch svolgere le mie ricerche sotto la supervisione del mio cotutor, il prof. Matthias Kossler, presidente della Schopenhauer-Gesellschaft e direttore della Schopenhauer Forschuungsstelle. Il mio lavoro di tesi riguarda la genesi del pensiero di Schopenhauer, e in particolare gli appunti che questi ha preso durante le lezioni di Fichte nel semestre invernale 1811-1812 presso luniversit di Berlino. Schopenhauer stesso scrive in una lettera che, poco pi che ventitreenne, dopo aver frequentato per quattro semestri presso luniversit di Gottinga, nellestate del 1811 decise di trasferirsi a Berlino nella speranza di incontrare, in Fichte, un grande filosofo e un grande spirito 1 . Ebbe cos modo di frequentare quattro lezioni introduttive allo studio della filosofia, tenute da Fichte nella settimana precedente linizio del semestre (21 ottobre 1811); il corso sui fatti della coscienza, che si svolse dal 21 ottobre al 20 dicembre 1811; e infine il corso sulla dottrina della scienza, tenuto dal 6 gennaio al 20 marzo 1812. Gli appunti di Schopenhauer concernenti queste lezioni sono stati interamente pubblicati per la prima volta nel 1985 nel secondo volume delledizione del Nachlass schopenhaueriano a cura di Arthur Hbscher 2 ; nel 2004 essi hanno trovato posto nelledizione della Gesamtausgabe fichtiana 3 (tranne la parte che riguarda il corso sulla dottrina della scienza, per la quale si viene rimandati alledizione Hbscher). Arthur Hbscher, nellintroduzione al II volume del Nachlass schopenhaueriano, sostiene che questi appunti sono stati stesi a memoria dopo le lezioni e rappresentano una messa in forma assolutamente autonoma, da parte di Schopenhauer, della materia offerta da Fichte 4 . In effetti, come riporta Schopenhauer negli appunti relativi alla quarta delle lezioni introduttive, Fichte pretendeva proprio questo dagli allievi: che essi annotassero a lezione soltanto brevi proposizioni, ad ausilio della memoria, e che, dopo aver meditato per proprio conto il contenuto della lezione, lo mettessero per iscritto in un modo che si adattasse alla loro individualit 5 . Tuttavia, che Schopenhauer abbia seguito queste raccomandazioni di Fichte, unipotesi senzaltro da scartare: ci sono infatti almeno quattro luoghi di questi stessi appunti che la smentiscono in modo indiretto ma chiaro. Al proposito, basti rilevare, semplicemente, che lintestazione del contenuto di questi appunti condotta da Schopenhauer, a partire dalla seconda met
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Artuhr Schopenhauer, Gesammelte Briefe, hrsg. von A. Hbscher, Bouvier, Bonn 1978 p. 654. A. Schopenhauer, Der handschriftliche Nachla in fnf Bnden, hrsg. von A. Hbscher, Band 2: Kritische Auseinandersetzungen (1809-1818), Deutscher Tascehnbuch, Mnchen 1985, dora in poi H. N. II, p. 16-216. 3 G. Fichte, Kollegnachschrieften 1810-1812, hrsg. von E. Fuchs, R. Lauth, H. G. v. Manz, I. Radrizzani, P. K. Schneider, M. Siegel und G. Zller, Stuttgart-Bad Canstatt 2004. 4 H. N. II, p. XV. 5 Idem, p. 28.

del corso sui fatti della coscienza, in base al numero del protocollo. Ora com noto, il termine protocollo rimanda alla prassi giuridica di trascrivere quello che accade nelle udienze, e non ha certamente nulla a che fare con una personale messa in forma da parte del compilatore. perci fortemente verosimile che questi appunti siano una trascrizione abbastanza fedele di quanto Fichte ha detto a lezione. Ci per non toglie il grandissimo valore di questo materiale ai fini della ricerca schopenhaueriana. Esso documenta non soltanto un episodio importante della formazione universitaria di Schopenhauer, ma anche la reazione di questi allincontro con la filosofia fichtiana. Schopenhauer ha infatti registrato, oltre allesposizione di Fichte, anche annotazioni che sono senzaltro riconoscibili come suoi commenti personali, poich sono separate dal testo della lezione (si trovano quasi sempre sul lato esterno di ogni foglio, che Schopenhauer lasciava a tal fine libero), e recano spesso esplicitamente lintestazione Ego 6 (per questo motivo, tali annotazioni non hanno trovato posto nelledizione della Gesamtausgabe fichtiana pocanzi citata). Questi commenti testimoniano come Schopenhauer consider ben presto delusa la propria speranza di incontrare, in Fichte, un grande filosofo e un grande spirito, e (secondo le parole di Hbscher) come la resistenza contro lesposizione si sia trasformata gradualmente in aperta avversione e discussione critica 7 . Nella Critica della filosofia kantiana, appendice al Mondo come volont e rappresentazione, Schopenhauer scrive di non riconoscere che tra lui e Kant sia accaduto qualcosa in filosofia, e di riallacciarsi perci direttamente a lui 8 ; dunque, Fichte, Schelling e Hegel non sarebbero nulla di cui tenere conto! La recente ricerca storiografica ha invece individuato un forte legame tra il pensiero di Fichte e il pensiero di Schopenhauer, a partire dal libro di Harald Schndorf del 1982 Der Leib im Denken Fichtes und Schopenhauers 9 , fino poi a rinvenire analogie fortissime su altri singoli punti: Gnter Zller nel 2006 ha parlato addirittura di unorigine del Mondo come volont e rappresentazione nel Sistema di etica di Fichte del 1798 e nella Dottrina della scienza del 1812 10 , la cui esposizione appunto Schopenhauer ha ascoltato. Nonostante queste e altre importanti ricerche, manca a tuttoggi uno studio specifico sugli appunti di queste lezioni (se si eccettua il breve saggio di Matteo Vincenzo dAlfonso dal titolo Schopenhauer als Schuler Fichtes 11 ). La traduzione italiana del secondo volume del Nachlass schopenhaueriano (il volume in cui questi appunti sono stati pubblicati) non ancora disponibile. Ho dovuto quindi, preliminarmente, tradurre queste pagine: per poter lavorare sul loro contenuto, mi era infatti indispensabile poterle leggere in italiano. Va subito detto che il testo delle lezioni di Fichte non di facile intendimento, n tanto meno di facile traduzione. Mi sono per questo giovato principalmente delle traduzioni italiane dei corsi fichtiani dellanno accademico precedente (1810-11): i Fatti della coscienza 12 e la Dottrina della
Idem, p. VII. Idem, p. XVI. 8 A. Schopenhauer, Il mondo come volont e rappresentazione I 493, trad. it. di S. Giametta, Bompiani, Milano 2006, p. 803. 9 Harald Schndorf, Der Leib im Denken Fichtes und Schopenhauers, Johannes Berchmanns, Mnchen, 1982. 10 Gnter Zller, Kichtenhauer. Der Ursprung von Schopenhauers Welt als Wille und Vorstellung in Fichtes Wissenschaftslehre 1812 und System der Sittenlehre, in: Die Etik Arthur Schopenhauers im Ausgang vom Deutschen Idealismus (Fichte/Schelling), hrsg. von L. Hhn, Ergon Verlag, Wrzburg 2006, pp. 365-386. 11 M. V. dAlfonso, Schopenhauer als Schluler Fichtes, in Fichtes Sptwerk im Vergleich, Amsterdam NY 2006, pp. 201-211. 12 J. G. Fichte, I fatti della coscienza 1810/11, a c. di M. V. dAlfonso, Guerini e Associati, Milano 2007.
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scienza 13 . Ritengo infatti che il lavoro che la disponibilit di questi appunti esige, anche dal punto di vista della ricerca schopenhaueriana nel cui orizzonte il mio lavoro si inscrive , sia innanzitutto lanalisi dellesposizione fichtiana: cio necessario determinare esattamente con che cosa il giovane Schopenhauer entrato in contatto. La finalit del mio lavoro di tesi quindi, innanzitutto, quella di documentare dettagliatamente, attraverso lanalisi dei testi, la frequenza di Schopenhauer dei corsi fichtiani. E tuttavia, poich questi appunti sono stati redatti proprio nel periodo in cui il pensiero di Schopenhauer cominciava lentamente e faticosamente a delinearsi, attraverso la loro analisi risultano illuminate anche, di necessit, le coordinate teoriche aurorali della filosofia schopenhaueriana. Per questo, le osservazione personali di Schopenhauer relative ai contenuti delle lezioni meritano di essere esaminate anche nelle loro zone pi implicite, in modo da portare alla luce gli elementi teorici positivi, che si celano nella negativit del confronto critico e in virt dei quali, tuttavia, tale confronto viene condotto. Non si deve peraltro dimenticare che qui non ci si trova dinanzi al confronto tra due sistemi di pensiero maturi, ma, piuttosto, al confronto tra il pensiero di Fichte nella sua fase finale (Fichte morir due anni dopo) e il pensiero di Schopenhauer, allinizio della sua fase di gestazione (Il mondo come volont e rappresentazione verr pubblicato sette anni dopo). In ogni caso, per una storia della genesi della filosofia schopenhaueriana, nonch per determinare leventuale influsso di Fichte sul giovane Schopenhauer o il rapporto storico e teorico tra le filosofie di questi due autori, queste pagine sono imprescindibili. Accanto e contemporaneamente allesposizione analitica delle lezioni di Fichte e dei relativi commenti di Schopenhauer esposizione che cercher di portare alla luce le tensioni implicite del testo mi propongo appunto di indicare il possibile campo di influsso di Fichte sul giovane Schopenhauer. A questo proposito, il tema che mi sembra pi degno di rilievo quello della duplicit della coscienza. stato detto che le speranze di Schopenhauer di trovare in Fichte un maestro si spensero abbastanza rapidamente. In effetti, il tema della duplicit della coscienza emerge nelle lezioni di Fichte molto presto: anticipato nella terza della quattro lezioni introduttive allo studio della filosofia, ed definito poi chiaramente nella prima lezione del corso sui fatti della coscienza. Com noto, il giovane Schopenhauer formul a partire dal 1812 il filosofema della coscienza migliore, lasciandolo poi cadere via via che elaborava la sua metafisica della volont: a proposito di tale filosofema egli nomina due volte la duplicit della nostra coscienza 14 . Hans Zint ha scritto sullargomento un importante saggio dal titolo Schopenhauers Philosophie des doppelten Bewutseins, apparso nello Jahrbuch della Schopenhauer-Gesellschaft del 1921. Nella terza delle lezioni introduttive allo studio della filosofia, Fichte definisce la filosofia come il sapere che ha ad oggetto il sapere stesso, e precisa:
Ma per capire soltanto la definizione di filosofia, ci si deve essere portati alla coscienza del sapere. Chi guarda qui la stufa, cosciente della stufa, il fuoco del suo sapere la stufa, egli dice: la stufa . Ma se egli si reca in s e comprende di essere cosciente della stufa, il fuoco del suo sapere non pi la stufa, ma il suo essere cosciente della stufa. Se ora egli diventa allo stesso modo cosciente della sua coscienza di tutte le percezioni e di tutto il suo sapere i loro fondamenti, e rende

J. G. Fichte, Dottrina della scienza (esposizione del 1811), a c. di G. Rametta, Guerini e Associati, Milano 1999. 14 A. Schopenhauer, I manoscritti giovanili 1804-1818, a c. di S. Barbera, Adelphi, Milano 1996, n. 99 p. 90; p. 179 n. 234.

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appunto questo il fuoco del suo sapere, egli ha il fenomeno del sapere, che per la filosofia oggetto da fondare. 15

Nella quarta lezione, Fichte denomina questo punto di vista del sapere il sapere absolute Besonnenheit (presa di coscienza assoluta). A riguardo di coloro che si rifiutano di ammetterlo, Schopenhauer scrive: Questo significa essere cocciuti, come per esempio G. E. Schulze, professore di misosofia a Gottinga16 . notevole che in questa circostanza lo studente Schopenhauer si trovi finalmente daccordo con il professore Fichte: tutte le sue precedenti annotazioni avevano espresso sempre dissenso. Per Schopenhauer, rifiutarsi di ammettere il punto di vista del sapere il sapere significa essere cocciuti. Nella prima lezione del corso sui Fatti della coscienza, che ha la finalit di condurre lascoltatore al punto di vista della presa di coscienza assoluta, di fargli vedere il fenomeno che la dottrina della scienza fonda 17 , Fichte introduce il concetto di percezione della percezione 18 , il cui punto di vista egli chiama ancora absolute Besonnenheit o hheres Bewutsein, coscienza superiore. La coscienza naturale, scrive Fichte, percepisce simpliciter; il filosofo, attraverso il senso interno, percepisce di percepire, e per colui il quale non sia provvisto di un senso interno, non possibile alcuna filosofia. Si profila cos da subito la duplicit tra la coscienza che percepisce, e la coscienza che percepisce questo percepire. Fichte sostiene che, se si giunge al punto di vista della presa di coscienza assoluta ovvero della percezione della percezione, si consegue il nastro che collega tutti gli oggetti: la percezione (ovvero il loro essere percepiti). Al proposito, Schopenhauer scrive un appassionato commento:
Ego. Il nastro che collega gli oggetti per il senso comune il concetto di mondo, cio la totalit dei possibili oggetti della percezione, nella percezione dei quali soltanto, esso [il senso comune] diviene daltra parte consapevole della propria [percezione]. Il mero concetto intellettuale della percezione della percezione, al quale gli ammirati ascoltatori sono, per la maggior parte, rimasti fermi, d difficilmente di pi rispetto appunto a quel concetto di mondo. Il punto della presa di coscienza assoluta, al quale Fichte li vuole condurre, , mi sembra, il punto di una coscienza esistente per s, non dipendente dalla percezione e non data mediante essa, coscienza dalla quale scaturisce lo stupore filosofico sul mondo, cio su quella seconda coscienza nella percezione (che per il senso comune lunica). Questo stupore fa il filosofo e il filosofo un uomo che si sforza di riunire quelle due coscienze del tutto diverse. Il fallimento ha portato alcuni a negare la coscienza non data mediante la percezione, questi si chiamano realisti e materialisti; altri a negare la coscienza data nella percezione, e questi sono gli idealisti. Uno, a seconda che pieghi, per una certa predisposizione filosofica, pi verso i realisti o gli idealisti, chiede: Come arriva nella mia coscienza [data] mediante la percezione, quella coscienza che non in essa?. Oppure: Come giungo alla coscienza della percezione?. Questo ancora, esattamente, il punto della presa di coscienza assoluta, che Fichte denomina, di certo del tutto giustamente, un percepire il percepire, solo che questa parola usata la prima volta [] in modo figurato, perch la cosa stessa, come tutto ci che non preso dalla percezione o dal mondo dellesperienza, non pu avere alcun nome. Se lascoltatore non conosce gi la cosa, credo,
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H. N. II, p. 26.

Ibidem. Idem, p. 28. 18 Idem, p. 30.

rimane fermo alla metafora (ovvero al concetto dellintelletto), e si ritrova dopo dove era prima. 19

Analizzando il passo citato la cui rilevanza, sottolineata da Arthur Hbscher 20 , mi pare evidente , facile accorgersi che in esso emergono i nodi teorici con i quali Schopenhauer si confronter per tutta la vita. Nel concetto fichtiano della percezione della percezione presente un doppio modo di considerare le cose: esse, al punto di vista comune delluomo, appaiono appunto come cose; al punto di vista del filosofo, appaiono come percezioni, cio come cose percepite, rappresentate. A questo doppio aspetto delle cose corrisponde una duplicit della coscienza: la coscienza il cui fuoco sono le cose in quanto tali, e la coscienza il cui fuoco il sapere, il percepire le cose, ossia le cose in quanto sapute, percepite. Si deve ora tenere presente che il capolavoro di Schopenhauer comincia con la proposizione: Il mondo la mia rappresentazione, tesi che presentata come la verit filosofica per eccellenza, come ci con cui comincia la riflessione filosofica [die philosophische Besonnenheit] 21 . Schopenhauer, per connotare il punto di vista in cui il mondo rappresentazione, usa la parola Besonnenheit; e nel frammento giovanile labsolute Besonnenheit fichtiana era appunto considerata come ci da cui si origina la meraviglia del filosofo. Inoltre, Schopenhauer scrive che la percezione della percezione pu essere chiamata percezione solo in modo figurato (bildlich), poich solo impropriamente ci, che non appartiene allesperienza, pu essere designato con un nome di qualcosa che appartiene allesperienza. Si vede bene che qui il problema della doppia coscienza in stretto rapporto col problema di come si possa indicare una dimensione al di l del fenomeno (fenomeno che loggetto della coscienza inferiore), senza ipostatizzare una determinazione dello stesso mondo fenomenico: poich chiaro che una tale ipostatizzazione vanificherebbe il tentativo di oltrepassarlo. Il problema che qui si pone in rapporto alla parola percezione, nella filosofia matura di Schopenhauer si porr in rapporto alla parola volont (la definizione della cosa in s come volont avverr appunto secondo una denominatio a potiori 22 ). Si deve considerare che le lezioni di Fichte da cui ho tratto le citazioni sono state tenute nel 1811; il primo frammento schopenhaueriano che riguarda la coscienza migliore invece del 1812 23 . Ora il tema della duplicit della coscienza senzaltro presente nei primissimi manoscritti di Schopenhauer, precedenti il 1812, ma espresso in termini religiosi di contrapposizione tra essere corporeo ed essere spirituale 24 , ovvero tra essere temporale ed essere sovratemporale delluomo 25 . Dal 1812 in poi questa duplicit prende le forme di quella tra coscienza migliore e coscienza empirica. I punti da determinare sarebbero allora: le modalit del passaggio dalla prima alla seconda duplicit, le differenze tra esse, e il loro rapporto con la duplicit di cui parla Fichte. Parallelamente allanalisi di questi appunti, user perci, come chiave di lettura diacronica e al tempo stesso teorica dei frammenti giovanili di Schopenhauer, levoluzione del concetto di duplicit della coscienza. La mia ipotesi attuale che il filosofema della coscienza migliore sia la fusione, piuttosto problematica, tra liniziale duplicit religiosa e la duplicit fichtiana della coscienza (la duplicit tra la coscienza
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Idem, pp. 30-31. A. Hbscher, Un filosofo contro corrente, a c. di G. Invernizzi, Mursia, Milano 1990 p. 121. Cfr. anche p. 22. 21 A. Schopenhauer, Il mondo cit., p. 41. 22 Idem, 22 p. 243. 23 A. Schopenhauer, I manoscritti giovanili 1804-1818 cit., n. 35 p. 30. 24 Idem, n. 12 p. 11. 25 Idem, n. 22 p. 20.

per la quale le cose sono cose, e quella per la quale esse sono percepite). In un frammento del 1814, Schopenhauer scrive che quando la coscienza migliore fa il suo ingresso, diventa chiaro che la realt della materia era rappresentazione, dipendeva dal comparire della coscienza come soggetto 26 . Cercher anche di giustificare labbandono, da parte di Schopenhauer, di questo filosofema. La mia ipotesi, al riguardo, la seguente: ci che la coscienza migliore vede (leterno), sempre visto da una coscienza, anche se migliore: sempre oggetto per un soggetto. Dunque il darsi, nel giovane Schopenhauer, di una coscienza migliore in generale di una coscienza che contempla qualcosa che non fenomeno, era in contraddizione con laltro assunto teorico (che alla fine avr la meglio) secondo cui la divisione in soggetto e oggetto propria esclusivamente del mondo fenomenico (come detto nella Dissertazione del 1813 27 ; lultima annotazione sulla coscienza migliore del 1814 28 ). Nel frammento del 1814 al quale cui prima mi riferivo, questa contraddizione si rivela nella necessit della differenza tra la coscienza migliore e lessere soggetto: potendo essere coscienza migliore, la coscienza dimostra di poter comparire anche altrimenti che come soggetto 29 . Il filosofema della coscienza migliore la contraddizione (in questo frammento formulata, ma non rilevata come tale) di una coscienza che non soggetto del conoscere. Concludendo, mia intenzione, attraverso lanalisi degli appunti che Schopenhauer ha preso a lezione da Fichte, documentare un evento importante della formazione filosofica di Schopenhauer, e cercare al contempo, testi alla mano, di determinare il possibile influsso della filosofia fichtiana sul giovane Schopenhauer.

Bibliografia Artuhr Schopenhauer, Gesammelte Briefe, hrsg, von A. Hbscher, Bouvier, Bonn 1978. A. Schopenhauer, Der handschriftliche Nachla in fnf Bnden, hrsg. von A. Hbscher, Band 2: Kritische Auseinandersetzungen (1809-1818), Deutscher Taschenbuch, Mnchen 1985. A. Schopenhauer, I manoscritti giovanili 1804-1818, a c. di S. barbera, Adelphi, Milano 1996. A. Schopenhauer, Il mondo come volont e rappresentazione, trad. it. di S. Giametta, Bompiani, Milano 2006. J. G. Fichte, Dottrina della scienza (esposizione del 1811), a c. di G. Rametta, Guerini e Associati, Milano 1999. J. G. Fichte, Kollegnachschrieften 1810-1812, hrsg. von E. Fuchs, R. Lauth, H. G. v. Manz, I. Radrizzani, P. K. Schneider, M. Siegel und G. Zller, Stuttgart-Bad Canstatt 2004. J. G. Fichte, I fatti della coscienza 1810/11, a c. di M. V. dAlfonso, Guerini e Associati, Milano 2007.

26 Idem n. 234, pp. 180-181. 27 A. Schopenhauer, La quadruplice radice del principio di ragion sufficiente, a c. di A. Vigorelli, Guerini e Associati, Milano 1990, 16 p. 43. 28 A. Schopenhauer, I manoscritti giovanili 1804-1818 cit., n. 286, pp. 233-235. 29 Idem, n. 234 p. 181.

J. B. Rieffert, Die Lehre von der empirischen Anschauung bei Schopenhauer und ihre istorische Voraussetzung, in Abhandlungen zur Philosphie und ihrer Geschichte, vol. 42, Halle 1914 (sullinflusso di Fichte: pp. 162-190). Hans Zint, Schopenhauers Philosophie des doppelten Bewutseins, in Zehntes Jahrbuch der Schopenhauer-Gesellschaft fr das Jahr 1921, Carls Winters Universittbuchhandlung, Heidelberg, pp. 3-45. Harald Schndorf, Der Leib im Denken Fichtes und Schopenhauers, Johannes Berchmanns, Mnchen, 1982. Y. Kamata, Der junge Schopenhauer, Verlag Karl Alber Freiburg / Mnchen, 1988. A. Hbscher, Un filosofo contro corrente, a c. di G. Invernizzi, Mursia, Milano 1990. N. De Cian, Redenzione, colpa, salvezza. Allorigine della filosofia di Schopenhauer, Trento Verifiche 2002. S. Barbera, Une philosophie du conflit. Etudes sur Schopenhauer, Perspectives Germaniques, Paris 2004. S. Furlani, Lultimo Fichte. Il sistema della dottrina della scienza negli anni 1810-1814, Guerini e Associati, Milano 2004. M. V. dAlfonso, Schopenhauer als Schluler Fichtes, in Fichtes Sptwerk im Vergleich, Amsterdam NY 2006, pp. 201-211. L. Hhn (hrsg. von), Die Etik Arthur Schopenhauers im Ausgang vom Deutschen Idealismus (Fichte/Schelling), Ergon Verlag, Wrzburg 2006. M. V. dAlfonso (hrb von), Schopenhauers Kollegnachschriften der Metaphysik- und Psychologievorlesungen von G. E. Schulze (Gttingen 1810-11), Ergon, Wrzburg 2008.

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