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LA SINDROME

DEI FALSI RICORDI


Cosa sono i falsi ricordi,
come individuarli
e ridurne il rischio
ANTONIO DAMBROSIO
PASQUALE SUPINO
Strum
enti per il lavoro
psico-sociale ed educativo
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Il falso ricordo (false memory) un fenomeno per cui si ricordano cose che non sono
accadute o si rammentano diversamente da come sono accadute.
Molti falsi ricordi confondono frammenti di eventi magari vericatisi in tempi diversi, ma
ricordati come se fossero accaduti insieme, mescolano sogni che vengono interpretati come
eventi realmente vissuti o sono il prodotto di trattamenti indotti dai terapeuti.
I falsi ricordi possono suddividersi in
- falsi ricordi testimoniali, quando un evento a cui si assistito viene ricordato in modo
distorto, parziale o impreciso;
- falsi ricordi autobiograci, quando si crede, in buona fede, di aver vissuto in prima
persona un evento.
La sindrome della falsa memoria una condizione in cui lidentit di una persona e le sue
relazioni interpersonali sono centrate attorno al ricordo di unesperienza traumatica che
oggettivamente falsa, ma in cui la persona crede fortemente. In questo caso la memoria
cos profondamente radicata che orienta tutta la personalit e lo stile di vita del singolo,
al punto da sconvolgere ogni sorta di altro comportamento adattivo. La persona evita
assiduamente il confronto con alcuna prova che possa sdare la memoria, che cos assume
una vita propria, incapsulata e resistente alla correzione e pu provocare conseguenze
catastroche (soprattutto di tipo giudiziario) per la propria vita e per quella degli altri.
Questo libro si propone di passare in rassegna i vari modi in cui la memoria sinscrive
in modo alterato e cerca di delinearne alcune caratteristiche tipiche, nei suoi vari aspetti e
nelle sue conseguenze neuro-cognitive, psicologiche-psichiatriche e forensi.
Antonio DAmbrosio psichiatra, psicoterapeuta cognitivo-comportamentale (docente AIAMC), giudice
onorario presso la Corte dAppello del Tribunale per i Minori di Napoli. Insegna Terapia Comportamentale presso
la Scuola di Specializzazione in Psichiatria della II Universit degli Studi di Napoli e Psicopatologia Forense
presso il Master di Criminologia dellUniversit S. Orsola Benincasa di Napoli. autore del libro La memoria del
testimone (FrancoAngeli, 2010).
Pasquale Supino, laureato in Giurisprudenza, ha conseguito il master in Criminologia presso lUniversit S.
Orsola Benincasa di Napoli.
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LA SINDROME
DEI FALSI RICORDI
Cosa sono i falsi ricordi,
come individuarli
e ridurne il rischio
ANTONIO DAMBROSIO
PASQUALE SUPINO
Prefazione di Maria A. Brandimonte
Strum
enti per il lavoro
psico-sociale ed educativo










































Grafica della copertina: Alessandro Petrini


Copyright 201 by FrancoAngeli s.r.l., Milano, Italy


Lopera, comprese tutte le sue parti, tutelata dalla legge sul diritto dautore. LUtente nel momento in
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Indice
Prefazione
di Maria Antonietta Brandimonte pag. 9
Introduzione: memoria e falsi ricordi 11
1. Testimonianza e memoria 15
1. Il metodo dellintervista 17
2. ll ruolo della dinamica sociale. Le domande sugge-
stive 19
3. La riedizione del ricordo 21
2. I falsi ricordi 23
1. Elizabeth Loftus e leffetto disinformazione 23
2. La Fondazione sulla Sindrome dei Falsi Ricordi
(FMSM, False Memory Syndrome Foundation) 27
3. Quella dei falsi ricordi realmente una sindrome? 28
3. Il disturbo dissociativo dellidentit 31
4. Le tecniche suggestive 43
1. Tecniche di immaginazione guidata 43
2. Eye Movement Desensitization and Reprocessing
(EMDR) 45
3. La tecnica dellinterpretazione dei sogni e lamnesia
infantile 48
4. Falsi ricordi durante lipnosi 51
6
5. Tipologie di falsi ricordi pag. 57
1. Falsi ricordi insoliti e stravaganti: i rapimenti alieni 57
2. Falsi ricordi di abusi sessuali 59
3. Ricordi recuperati di abusi e falsi ricordi autobio-
grafici 64
4. Falsi ricordi, isterie, suggestioni collettive e indagini
sbagliate 66
5. Condizionamenti e pregiudizi possono falsare i
ricordi? 68
6. Teorie a confronto 71
1. Jennifer Freyd e la teoria del betrayal trauma 71
2. Una terza posizione nel dibattito sui falsi ricordi 77
7. Individuare i falsi ricordi e ridurre il rischio che
nascano 83
1. Avvertenze per le psicoterapie: il suggerimento delle
linee guida 83
2. Falsi ricordi: tra valutazione clinica e forense 89
8. Gli aspetti neurocognitivi 95
9. Svelare una menzogna, rilevare una testimo-
nianza accurata, evitare di sollecitare un falso ri-
cordo 105
1. Svelare la menzogna 105
2. Tecniche di recupero non suggestive della memoria
testimoniale: lIntervista Cognitiva, il protocollo
NICDH, le lineup 107
Bibliografia 115
Ai figli, memoria e futuro
9
Prefazione
Avete visto il film Ghost? Vi ricordate lultima scena? Quella in cui
lanima del protagonista si allontana dicendo: meraviglioso, Molly,
lamore che hai dentro. Ti render felice.
Se avete risposto S, avete appena fatto diretta esperienza di un feno-
meno di falso ricordo indotto da informazioni fuorvianti. In realt, il prota-
gonista dice meraviglioso, Molly, lamore che hai dentro. Portalo sempre
con te. Perch, allora, avete creduto di ricordare la frase precedente? Le ra-
gioni sono molteplici. Ma, in generale, il motivo che non esistono ricordi
perfetti e non esistono ricordi perfetti perch la memoria umana (e oggi
sappiamo anche quella di alcuni animali) altamente suggestionabile.
Il concetto di suggestionabilit (cio, la tendenza naturale a incorpora-
re nei propri ricordi informazioni fuorvianti) implica molte cose. Nella co-
struzione di un ricordo, siamo influenzati da altre persone, da materiale im-
maginato, dalle emozioni che proviamo, dai mezzi di informazione ecc. Alte-
riamo i ricordi del passato arricchendoli di emozioni o informazioni acquisite
in un secondo tempo. Tutte le teorie sulle distorsioni mnestiche e sui falsi ri-
cordi poggiano su un assunto di base: la memoria umana ricostruttiva non
riproduttiva. Nel caso della scena del film, probabilmente, linferenza che
avete fatto deriva dallattivazione, nella vostra mente, di unassociazione se-
mantica che ha connesso la ricchezza dellamore che uno prova con la felici-
t. Dopotutto, comunemente accettato e scientificamente documentato che
se ci si trova in uno stato emotivo positivo, si dichiara pi facilmente di sen-
tirsi felici. In questo caso, la suggestionabilit che ha causato il falso ricordo
non preoccupante e certamente siete in buona compagnia. Tutti commet-
tiamo errori di questo genere e ci nonostante i nostri ricordi sono sufficien-
temente affidabili da non compromettere il nostro benessere.
Ma esistono casi in cui la suggestionabilit e la creazione di falsi ricordi
possono avere effetti drammatici e devastanti sulla vita delle persone. In que-
sto libro, Antonio DAmbrosio e Pasquale Supino affrontano con estrema
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chiarezza e in modo circostanziato tutte le forme che possono prendere i falsi
ricordi, fornendo al lettore un quadro completo e affascinante dellestrema
complessit del fenomeno. La suggestionabilit della memoria umana pu
essere preoccupante per varie ragioni: nella testimonianza oculare, domande
tendenziose possono indurre unerrata identificazione del reo, le sedute di
psicoterapia possono stimolare la creazione di falsi ricordi, i metodi spesso
usati negli interrogatori, per esempio di bambini, possono indurre a formulare
accuse di abusi sessuali mai realmente avvenuti, metodi come lipnosi produ-
cono esiti sbalorditivi e molto controversi, tant che i ricercatori hanno svi-
luppato altre procedure per facilitare la ricostruzione testimoniale. Una di
queste, adottata e analizzata da DAmbrosio in un precedente testo, linter-
vista cognitiva, sviluppata negli anni Ottanta. LIntervista Cognitiva si basa
su studi controllati ed evita luso di domande tendenziose che forzerebbero la
risposta. Ci nonostante, allo stato attuale, difficile determinare quanto di
un ricordo riportato sia vero, parzialmente vero o totalmente falso. Questo
perch normalmente nella costruzione di un falso ricordo, informazioni vere
si combinano con dettagli inventati. Inoltre, a meno di non avere accesso al-
levento originale (come si fa in laboratorio quando si studiano i falsi ricordi)
praticamente impossibile sapere se un evento non mai avvenuto o se av-
venuto in modo diverso.
La suggestionabilit rimane un punto estremamente debole della me-
moria umana, ma la buona notizia che oggi sappiamo almeno cosa non
fare per poter evitare, almeno in parte, la creazione di falsi ricordi. La co-
noscenza pi approfondita dei fattori che inducono la suggestionabilit for-
nita dalla ricerca moderna ci permette di ottenere informazioni pi attendi-
bili dalla persona che rievoca. Per esempio, si possono insegnare strategie
metacognitive per resistere alla formazione di falsi ricordi, come leuristica
della distintivit, attraverso la quale si addestra la persona a cercare dettagli
specifici o distintivi relativi a particolari item. La loro assenza nel ricordo
un segno di presenza di un falso ricordo.
In conclusione, la ricerca scientifica oggi pu aiutare non solo a com-
prendere i meccanismi che sottostanno al fenomeno dei falsi ricordi ma a
costruire strumenti di intervento atti a contrastarlo. La lettura di questo li-
bro aiuter chiunque voglia addentrarsi nellaffascinante mondo della me-
moria umana a comprenderne i peccati e le virt.
Maria Antonietta Brandimonte
Ordinario di Psicologia Generale
Presidente del Corso di Laurea Magistrale di Psicologia
Universit S. Orsola Benincasa, Napoli
11
Introduzione: memoria e falsi ricordi
Alla memoria da sempre strata attribuita unimportanza fondamenta-
le. I Greci le riconoscevano una qualit divina, era chiamata Mnemosine,
apparteneva alle Titanesse, divinit molto antiche. Esiodo raccont che era
figlia di Gaia (Terra) e di Urano (Kronos), il Cielo Stellato, padre del Tem-
po. Da questo facile risalire alle sue componenti, legate allesperienza di
vita concreta e, al tempo, responsabile del decadimento della traccia mne-
stica. Limportanza fondamentale della memoria nella cultura e nella storia
rappresentata dal fatto che era considerata consorte di Zeus e capace di
liberare dalloblio ogni mente. Dal ripetuto amplesso con il dio nacquero
nove figlie, le Muse. Esiodo, allo scopo di esaltare la poesia e larte, de-
scrisse che Mnemosine programm deliberatamente la nascita delle figlie,
giacendo in amore con il padre degli dei e degli uomini.
Figura 1 Le Muse, figlie di Mnemosine
La trasmissione di una cultura legata alla memoria illustra perfetta-
mente il concetto di Arte nel mondo classico, come: Calliope (dalla bella
voce) la poesia epica, Euterpe (che dona piacere) la musica, Clio (che pro-
clama) la storia, Erato la poesia amorosa, Melpomene (la Cantatrice) la tra-
gedia, Polimnia la poesia sacra, Tersicore la danza, Talia (la Fiorente) la
12
commedia e Urania (la Celestiale) lastronomia. Perfino Platone, in gene-
rale abbastanza scettico riguardo ai miti, nel Krizia afferma di volere invo-
care soprattutto Mnemosine, dichiarandosi dipendente dal suo favore.
Le Muse, paradossalmente, donavano loblio delle cure, per cui doveva-
no avere il cuore libero da ogni pena, la loro felicit e serenit era dovuta al
fatto che possedevano il dono del canto, della musica, della danza e della
conoscenza. Mnemosine le aveva generate allo scopo di innalzare non solo
lanimo degli dei, ma anche i pi eletti degli umani: i governanti saggi, i
musicisti e i poeti. Erano il tramite tra il passato, il presente e il futuro.
I Romani, che conferivano a Minerva la deit della memoria, assegna-
vano a Giunone lattributo Moneta perch il verbo moneo significa am-
monire e la dea, in questa sua veste, ricordava loro la salvezza portata alla
citt dalle sue oche che difesero il Campidoglio dai Galli di Brenno. Il pas-
sato o meglio la memoria di esso ammonisce a non ripetere gli errori e a
trovare nella grandezza passata un riscatto o almeno una speranza per il
futuro. Il ricordo un fattore di cultura e una garanzia che la storia del-
luomo posta sotto il volere della divinit.
Nella letteratura moderna, Orwell, con il romanzo 1984, evidenzia lim-
portanza politica della memoria e della sua falsificazione. In questo romanzo
era descritta unautorit psico-politica che ricostruiva quotidianamente la
memoria falsificando date e testimonianze. Tutto si confondeva in una neb-
bia. Il passato era cancellato, la cancellatura era stata dimenticata, e la men-
zogna era diventata verit. Il risultato era una memoria perfetta, inoppugna-
bile ma falsa, in cui si ostacolava a qualsiasi frammento del passato di sfuggi-
re alla voracit del tempo: in tal modo erano abolite le incertezze, lin-
trusione, la confusione, la dissonanza. La memoria falsa, menzognera del
passato, diventava cos parte integrante del disegno politico dellignoranza.
Questo fa comprendere che, nonostante la sue origini divine, la memo-
ria umana, a differenza di quanto si creda comunemente, tuttaltro che af-
fidabile: dimenticare il nome di una persona appena conosciuta, il posto in
cui abbiamo lasciato le chiavi dellauto o non ricordare il pranzo di ieri
cosa abbastanza usuale. Queste evidenze quotidiane hanno ispirato vari
esperimenti che hanno dimostrato la fallacia della memoria e la difficolt
con la quale la nostra mente tenta di immagazzinare tutte le informazioni
che riceve. Una delle esperienze pi note quella di Richard Wiseman che
trasforma, con un astuto gioco di prestigio, il dorso di un intero mazzo di
carte da blu a rosso, facendo rimanere invariato solo quello della carta
scelta dalla collaboratrice (www.youtube.com/watch?v=v3iPrBrGSJM). Lo
spettatore, concentrato sul gioco e curioso di scoprire il trucco, non si ac-
corger di altri quattro palesi cambiamenti di colore: la maglia di Wiseman
13
e della sua collaboratrice, lo sfondo del video e addirittura il tavolo da gio-
co. Questo fenomeno, conosciuto come cecit al cambiamento, mette in
dubbio affermazioni come vero perch lho visto con i miei occhi e
non pu essere accaduto perch non lho visto. Il cervello, per concen-
trarsi sul trucco, ignora involontariamente tutti quei dettagli che ritiene se-
condari e marginali, orientando le sue valutazioni su ci che si aspetta di
vedere e tralascia qualsiasi altra cosa, anche vistosa. Oltre a ci la memoria,
a volte, pu ricordare avvenimenti cui non ha mai assistito o episodi che
non ha mai vissuto: questi sono i falsi ricordi. Il soggetto che rivela un
falso ricordo lo fa in assoluta buona fede, perch sicuro che levento ri-
cordato sia effettivamente accaduto. I primi studi sulle distorsioni della
memoria risalgono agli inizi del novecento (Vannucci 2008, pp. 31-46),
tuttavia solo negli anni Settanta, in particolare con i contributi di Elizabeth
F. Loftus sul cosiddetto effetto dellinformazione sbagliata (disinforma-
zione-misinformation), furono messi a punto i primi paradigmi sperimentali
per testare e verificare la possibilit di creare falsi ricordi.
Un aspetto di particolare rilevanza quello che riguarda i testimoni
oculari, che possono sviluppare falsi ricordi se viene suggerita loro unin-
formazione sbagliata.
In questo libro si approfondiranno gli studi e le ricerche sui falsi ricor-
di, per capire come si formano. Infatti la scienza non ha una posizione uni-
voca sulla natura e sulla genesi dei falsi ricordi, su quali siano i fattori che
possono favorirne la creazione.
Uno degli obiettivi questo testo invitare a non sottovalutare le even-
tuali ripercussioni legali, giudiziarie e terapeutiche che scaturiscono da tali
fenomeni.
Inoltre, si vedr, se e come sia possibile distinguere un falso ricordo da
uno vero, il ruolo dello stato emotivo di un soggetto, delle proprie aspetta-
tive e se laverne discusso preventivamente con altri soggetti possa alterar-
ne i ricordi, come accade, in particolare, nelle psicoterapie, specialmente
quelle suggestive.
15
1. Testimonianza e memoria
La testimonianza ricopre un ruolo centrale nel nostro ordinamento giu-
diziario: indagini lacunose, prove occultate o distrutte, reticenze degli im-
putati fanno s che, molto spesso, la dichiarazione di un testimone oculare
di un determinato reato sia lelemento fondamentale dellaccusa e che
orienti in maniera decisiva il convincimento del giudice.
Una recente sentenza della Corte di Cassazione Penale
1
ha statuito che
la testimonianza della persona offesa costituisce una vera e propria fonte di
prova, sulla quale pu essere fondata laffermazione di colpevolezza del-
limputato, anche in maniera esclusiva.
Questa, affinch rappresenti un elemento decisivo del giudizio, deve
avere due caratteristiche: accuratezza e attendibilit.
Attendibilit: conformit tra quello che si racconta e ci che realmente
accaduto.
Accuratezza: corrispondenza tra il contenuto dellevento e quello della
memoria. Si intende la corrispondenza tra quanto visto e quanto suc-
cessivamente raccontato. Non associata n con la quantit di ele-
menti ricordati di un determinato evento (giacch un singolo dettaglio
potrebbe essere utile alla definizione dellindagine), n con let del te-
stimone (se maggiore di 4-5 anni di et).
Let di un teste, lamicizia con un imputato e altri elementi che, in
astratto, potrebbero nuocere alla genuinit della testimonianza vanno valu-
tati con riferimento al caso concreto e non in modo aprioristico da parte del
giudice.
Secondo quanto previsto dallart. 198 c.p.p., il testimone ha lobbligo
di presentarsi al giudice e di attenersi alle prescrizioni date dal medesimo
1
Cass. Penale, sez. III, 3 maggio 2011, n. 28913.
16
per le esigenze processuali e di rispondere secondo verit alle domande che
gli sono rivolte. Non pu essere obbligato a deporre su fatti dai quali po-
trebbe emergere una sua responsabilit penale.
Prima della deposizione, il Presidente avverte il testimone dellobbligo
di dire la verit e delle responsabilit cui potrebbe andare incontro in caso
di dichiarazioni mendaci falsi o reticenti, salvo che sia det inferiore ai 14
anni. Questo quanto riassume, ai sensi dellart. 497, II comma, la formula
di impegno: Consapevole della responsabilit morale e giuridica che as-
sumo con la mia deposizione, mi impegno a dire tutta la verit e a non na-
scondere nulla di quanto a mia conoscenza.
Ma davvero possibile non nascondere nulla di quanto a mia cono-
scenza nel corso della testimonianza? possibile dire tutta la verit e rac-
contare gli eventi cui si assistito in modo dettagliato?
In realt, il tempo trascorso dallevento, condizionamenti ambientali,
problemi di salute o neurosensoriali (per esempio difficolt visive ecc.) e
altri fattori possono influire sullaccuratezza della testimonianza.
Iniziamo a dire che un testimone di un reato , di solito, ascoltato sia
durante le indagini preliminari, sia successivamente, perch nel nostro or-
dinamento previsto che la prova si formi nel dibattimento, con il contrad-
dittorio tra accusa e difesa.
La distanza tra questi due tempi ricopre un ruolo peculiare, poich larco
temporale tra i due momenti imprevedibile e molto ampio (anche anni), in
questo modo il ricordo del testimone va incontro a un progressivo decadi-
mento della traccia iniziale (come rappresentato anche nella curva di Eb-
binghaus) (cfr. DAmbrosio 2010) con un ulteriore rischio di ricordare fatti
sbagliati o imprecisi per effetto anche dellinfluenza di fattori ambientali (per
esempio, misinformation effect). Prima dellintroduzione di particolari tec-
niche di polizia scientifica (come lanalisi del DNA), la falsa identificazione
testimoniale stata la causa principale di molti errori giudiziari e della con-
danna di molte persone innocenti: nel 1996, uno studio del dipartimento di
Giustizia americano pubblic un resoconto dal quale risultava che su ventotto
casi di imputati detenuti, poi scagionati a seguito dellesame del DNA, l80%
era stato condannato sulla base di un riconoscimento testimoniale, rivelatosi
successivamente errato (Vannucci 2008, p. 67).
Riconoscimenti poco precisi o addirittura falsi dipendono anche da al-
cune patologie di cui il testimone potrebbe soffrire, per esempio:
prosopagnosia: difficolt a riconoscere i volti delle persone;
sindromi psico-organiche (per esempio demenza di Alzheimer, stati
tossici di varia origine ecc.).
17
Andreas Kapardis (2010), nei suoi studi pubblicati nel libro Psicologia
e diritto, ha riassunto le variabili della testimonianza oculare in evento,
testimone, autore e interrogatorio e le ha racchiuse nella tab. 1.
Tabella 1 Le variabili della testimonianza oculare
Evento Frequenza, tempo, durata, illuminazione, tipo di evento, arma.
Testimone Fatica, eccitazione fisiologica, ansia cronica, nevrosi, estroversione, pon-
deratezza-impulsivit, bisogno di approvazione\appartenenza, mattutino-
vespertino, autocontrollo, campo di dipendenza, ampiezza di classifica-
zione, livellamento-affilamento, umore, alcool, et, razza, sesso, sche-
mi\stereotipi, bellezza fisica, se anche vittima del reato, fiducia, se il te-
stimone un agente di polizia, testimone collaborativo.
Autore Genere, corporatura, altezza, etnia, andatura.
Interrogatorio Intervallo di memoria, tipo di richiamo, sforzi fatti per ricordare, domande
suggestive, terapia di recupero della memoria, intervista cognitiva
1. Il metodo dellintervista
Ricordi falsi o distorti, inoltre, possono essere provocati anche dal
modo in cui viene posta una domanda. Un esperimento realizzato nel 1974
dagli psicologi Loftus e Palmer (1974) verific comera possibile alterare la
memoria di un testimone oculare di un evento, semplicemente fornendogli
uninformazione sbagliata.
Nellesperimento, fu mostrato ai quarantacinque soggetti il filmato di
un incidente dauto. I soggetti furono poi suddivisi in cinque categorie e a
ognuna di queste venne posta una domanda simile, che differiva solo nel
verbo utilizzato.
1. A che velocit andavano le auto quando si sono scontrate?
2. A che velocit andavano le auto quando si sono colpite?
3. A che velocit andavano le auto quando si sono fracassate?
4. A che velocit andavano le auto quando si sono distrutte?
5. A che velocit andavano le auto quando si sono toccate?
La ricerca dimostr che, pi drastico era il verbo utilizzato, pi era pro-
babile che la velocit stimata dai testimoni fosse alta. Infatti, dai risultati
emerse che, usando il verbo toccare, la velocit media stimata fu di 31,8
miglia lora; con il verbo distruggere, 34,2; con il verbo urtare, 38,1; con il
verbo scontrarsi, 39,3; con il verbo fracassare, 40,5.
Meravigliati e incuriositi da questi risultati, Loftus e Palmer realizzaro-
18
no un secondo esperimento (Loftus e Palmer 1974) ampliando anche il
numero di soggetti analizzati. A centocinquanta studenti venne mostrato un
video di un incidente stradale, poi furono loro poste domande simili a
quelle del precedente studio (per esempio, A che velocit andavano) e
furono rimandati a casa. Riconvocati dopo una settimana dal video, fu posta
loro unaltra domanda: Cera qualche vetro rotto sulla scena?. I soggetti,
ai quali era stata posta la domanda che parlava di auto distrutte, dimostra-
rono pi possibilit di ricordare un vetro rotto rispetto a quelli a cui si parl
di macchine colpite. In realt, sulla scena non cera alcun vetro rotto. Co-
s, si dimostr che il modo di porre una domanda e il verbo usato non solo
possono far cambiare il ricordo di una nostra percezione circa un determi-
nato evento (la velocit di unauto), ma addirittura farci ricordare qualcosa
di inesistente (il vetro rotto sulla scena della collisione).
Un nuovo studio (Loftus 1975) dimostr che, sostituendo larticolo in-
determinativo un (chiedendo Hai visto un faro rotto?), con larticolo
determinativo il (Hai visto il faro rotto?), era pi probabile che i sog-
getti rispondessero in modo affermativo.
Inoltre, la nostra memoria orientata dai processi attentivi, per cui
tende a concentrarsi sullelemento centrale di un episodio (per esempio
quello che rappresenta la reale minaccia: weapon focus) (Berkowitz e
LePage 1967) e non sui dettagli. Chi viene minacciato da unarma da fuo-
co, ha un ricordo molto accurato dellarma (elemento centrale della scena
sul quale si focalizza lattenzione del testimone), ma ricorda in modo
molto sfocato gli altri dettagli dellepisodio (per esempio chi impugnava
larma, eventuali complici ecc.). Un esperimento (Loftus 1979) ha con-
fermato e avvalorato la fondatezza di tale principio, infatti consider due
gruppi di soggetti.
Nel primo, i partecipanti attendevano fuori dal laboratorio, convinti di
essere coinvolti in un esperimento gi iniziato. Mentre erano in attesa, sen-
tivano che in laboratorio si stava discutendo del mancato funzionamento di
certe attrezzature. Infine, dalla stanza usciva una persona, con in mano una
penna e le mani sporche di grasso.
Nel secondo gruppo, la scena era leggermente diversa. Infatti, la con-
versazione era concitata e si concludeva con un rumore di vetri rotti e sedie
fracassate e inoltre la persona che usciva dalla stanza aveva tra le mani un
tagliacarte insanguinato.
In seguito, a tutti i soggetti furono mostrate alcune fotografie e fu
chiesto loro di individuare il colpevole. La percentuale di riconosci-
menti corretti fu del 49% nella condizione senza arma e del 33% con
larma. A causa della paura, della visione dellarma e del sangue, lat-
19
tenzione dei soggetti si era focalizzata su questi elementi, dimenticando
tutti gli altri, seppur importanti (tra cui il volto della persona dalle mani
insanguinate).
2. ll ruolo della dinamica sociale. Le domande suggestive
Oltre agli aspetti cognitivi le difficolt possono riguardare anche quelli
che si riferiscono alla dinamica sociale (DAmbrosio 2010) che quellin-
sicurezza o quel turbamento che si prova nel trovarsi dinanzi a figure
dautorit (per esempio funzionario di polizia, magistrato, psichiatra, psi-
coterapeuta ecc.), in contesti non familiari, proprio in questi casi che la
possibilit di produrre falsi ricordi altissima.
Un soggetto pu aver assistito a un delitto, per questo si trover a de-
porre in un ambiente a lui sconosciuto, dinanzi una Corte di Assise (costi-
tuita in totale da otto componenti, con toghe o fasce tricolori), incalzato dal
Pubblico Ministero o dagli Avvocati (anche loro in toga), alla presenza, il
pi delle volte, di un pubblico numeroso e da vari appartenenti alle forze
dellordine. Non escluso che il soggetto potrebbe avere grandi difficolt a
ricordare (anche perch lattenzione fatalmente distratta da stimoli sva-
riati) ed essere, quindi, pi facilmente influenzato da domande suggestive.
Queste, sebbene vietate dal nostro codice
2
, tracimano nel nostro sistema
penale, specie quando sono camuffate dalla bravura di chi sta interrogando
il testimone o dalla disattenzione delle altre parti processuali. Le domande
possono essere di vario genere, per esempio:
determinative (formulate con pronomi o avverbi interrogativi chi?,
cosa?, quale?, dove?, come?, quando?, perch? sono po-
ste allinizio dellinterrogatorio e servono per cominciare a delineare il
racconto);
disgiuntive (che rappresentano due versioni di una narrazione e che
mettono il teste dinanzi a una scelta forzata La rapina andata cos
o diversamente? che rende pi facile rispondere nel modo prospet-
tato dallinterrogante, soprattutto se un racconto pi preciso e accu-
rato e il secondo, invece, pi vago);
implicative (che danno per assodato un elemento mai emerso nel corso
dellesame o comunque ancora controverso la domanda Lodierno
2
Art. 499, II comma, c.p.p.: Nel corso dellesame sono vietate le domande che posso-
no nuocere alla sincerit delle risposte.
20
imputato impugnava la pistola con una o due mani? d per scontato
che limputato impugnasse unarma);
dubitative-indirette (che permettono allinterrogato di rispondere solo
con un secco s o no e sono poste in modo che la risposta rispecchi
ci che si aspetta linterrogante, che maschera il suggerimento ponen-
do la domanda in modo condizionale per esempio Mi domando se lei
ricorda se ha visto sparare lodierno imputato con una o due mani?).
Secondo parte della dottrina, la presenza di domande determinative e
disgiuntive sarebbe fisiologica allinterno di un processo e, quindi, non do-
vrebbero essere impedite, in quanto strutturate su unalternativa su cui il
teste deve pronunciarsi. La suggestivit forte, invece, si rivelerebbe nelle
domande implicative, fondate su un presupposto non ancora accertato;
quelle contenenti la descrizione minuziosa di un accadimento del quale si
chiede conferma al teste attraverso la rigida alternativa s/no, quelle indi-
rette di tipo dubitativo che mascherano un suggerimento arbitrario (Zava-
glia 2013, p. 10, nota 52)
3
.
Questione controversa se un Giudice monocratico o il Presidente di
un collegio penale possano porre al teste domande suggestive. Secondo due
recenti sentenze della Cassazione del 2010, il divieto non riguarderebbe i
giudici, ma sarebbe soltanto circoscritto alla parte che ha chiesto la citazio-
ne del testimone e a quella che ha un interesse comune, come appunto re-
cita il nostro codice di rito
4
. Pi specificamente, si sostenuto che tale as-
sunto si baserebbe sul fatto che nellesame condotto dal giudice non ci sa-
rebbe il rischio di un precedente accordo tra il testimone e linterrogante
5
.
Tale pronuncia stata confermata successivamente da un ulteriore senten-
za
6
che ha statuito nuovamente che il divieto di porre domande suggestive
non vale per il giudice, tenuto alla ricerca della verit sostanziale.
Un orientamento ancor pi recente
7
, invece, ha statuito che no-
nostante il divieto di formulare al testimone domande suggestive sia
dalla legge espressamente previsto con riferimento alla sola parte che ha
3
In realt, a voler far riferimento, in modo letterale, al codice di procedura penale, art.
499, III comma, c.p.p., le domande determinative non dovrebbero proprio essere considerate
suggestive, perch inidonee a suggerire al teste la risposta da dare.
4
Art. 499, III c., c.p.p. Nellesame condotto dalla parte che ha chiesto la citazione del
testimone e da quella che ha un interesse comune sono vietate le domande che tendono a
suggerire le risposte.
5
Cass. Penale, Sez. III, 30 gennaio 2008, n. 4721 in Esposito (2010).
6
Cass. Penale, Sez. III, 08.03.2010, n. 9157 in Esposito (2010).
7
Cass. Penale, Sez. III, 24.02.2012, n. 7373.
21
chiesto la citazione del teste, lo stesso deve tuttavia applicarsi a tutti i
soggetti che intervengono nellesame testimoniale, operando ai sensi del
comma 2 dellart. 499 c.p.p. per tutti costoro il divieto di porre domande
che possono nuocere alla sincerit delle risposte, anche il giudice deve
assicurarsi, comunque, della genuinit delle risposte ai sensi del comma
6 del medesimo articolo estendendo, di fatto, il divieto anche al giudice
stesso, ribaltando cos le due precedenti pronunce. In ogni caso, stante il
principio di tassativit enunciato dallart. 177 c.p.p.
8
, lassunzione di una
testimonianza basata sulla proposizione di domande suggestive non
comporta linutilizzabilit della prova, anche se inficia la validit e la
genuinit delle risposte.
Tra laltro capita sovente che molti giudici, individuata la suggestivit
di una domanda, invitino la parte che lha posta a riformularla con altri
termini, facendo venir meno la ratio della norma, che mira a evitare sugge-
rimenti al teste. In questo caso la genuinit della fonte di prova sarebbe gi
compromessa e la nuova formulazione sarebbe inidonea a ripristinarla
(Consiglio 2010).
La norma che le vieta molto rispettosa del costrutto di garanzia che le
anima porre dei limiti al potere di condizionamento da parte dellinter-
rogante ma trova un importante limite nellindividuare quali domande
possano nuocere alla sincerit delle risposte e, quindi, essere considerate
suggestive.
La rievocazione guidata e non spontanea di un fatto da parte del teste
sulla base di uno schema ben preciso e definito induce gli interroganti a una
selezione a monte delle domande ritenute rilevanti e pertinenti, anche per
ragioni di economia e celerit del giudizio. In tal modo sia laccusa che la
difesa possono cadere nella prassi di domande che, almeno in parte, con-
tengono suggerimenti pi o meno evidenti sulle possibili risposte (Greco
2006): questo pu orientare la deposizione del testimone e nuocere alla ge-
nuinit del suo ricordo.
3. La riedizione del ricordo
Si ha quando un soggetto, cercando di ricordare un fatto, tende a riem-
pire le ovvie e naturali lacune del suo ricordo con deduzioni o dettagli che
spesso derivano dai suoi schemi esperienziali, che non erano assolutamente
8
Art. 177 c.p.p.: Linosservanza delle disposizioni stabilite per gli atti del procedi-
mento causa di nullit soltanto nei casi previsti dalla legge.
22
presenti nellesperienza vissuta e che, quindi, producono una testimonianza,
seppur solo in alcuni suoi elementi, imprecisa.
Come fa dire Gianrico Carofiglio allavvocato Guerrieri, protagonista
di un suo thriller:
Fra il mentire, cio dire consapevolmente cose false, e dire la verit cio riferi-
re i fatti in modo conforme al loro effettivo svolgimento, esiste una terza possibilit
[]. Quella del teste che riferisce una certa versione dei fatti nellerronea convin-
zione che essa sia vera. Si tratta di quella che potremmo definire la falsa testimo-
nianza inconsapevole (Carofiglio 2002).
Pur essendo tuttaltro che impossibile che un ricordo sia distorto e non
fedele alla realt, occorre rilevare che, esclusa lipotesi della falsificazione
volontaria, in fatto di testimonianza il codice riconosce come causa di di-
storsione della memoria solo una patologia fisica o mentale del testimone,
per questa ragione, quando non ricorre una causa del genere, si presume
che ci sia identit tra ci che stato percepito e quello che viene evocato.
Ci non corrisponde a quello che centinaia di esperimenti hanno mo-
strato circa la difformit tra quanto si visto e quanto si raccontato e que-
sto appare come un fenomeno spesso inevitabile, che dipende dalla fisiolo-
gia e non dalla patologia del ricordare e che, pertanto, presente, anche
quando ricorrono le condizioni soggettive e oggettive pi favorevoli a una
testimonianza fedele (Distefano 2011). Inoltre, secondo il filosofo Umberto
Galimberti, la testimonianza, dal punto di vista psicologico, non si profila
mai come ricordo imparziale e assoluto, ma come interpretazione che im-
plica lattivo e selettivo intervento del testimone, con la sua personalit, la
sua cultura e i suoi inevitabili pregiudizi (Galimberti 1989).
23
2. I falsi ricordi
1. Elizabeth Loftus e leffetto disinformazione
La maggior parte degli studiosi concorda sul fatto che ricordare il
prodotto di un meccanismo di tipo ricostruttivo e non riproduttivo (Bran-
dimonte 2004). Tuttavia, proprio perch nella nostra mente non esiste alcu-
na fotografia o filmato degli eventi cui abbiamo assistito e il ricordo solo
una ricostruzione non fedele di un fatto, facile che un soggetto sviluppi
delle false memorie. Un falso ricordo (in inglese, false memory) il fe-
nomeno che fa ricordare cose che non sono accadute o le fa ricordare diver-
samente da come sono accadute (Roediger e McDermott 1995). Nel box 1
sono esemplificati alcuni tipi di falsi ricordi
Box 1 Tipologie di falsi ricordi
Dopo che i bambini osservano una serie di oggetti di differente lunghezza (per esempio,
una serie di aste che aumentano di dimensione), il ricordo successivo della loro grandezza
subisce una distorsione verso le misure maggiori.
Se si racconta ripetutamente una storia, i dettagli sono riportati in modo distorto, ma si pre-
serva la traccia di base.
Dopo aver studiato una lista di parole (per esempio infermiera, ospedale, malato, cura
ecc.) si collega al ricordo una parola associata in modo semantico, ma non presente nella
lista (per esempio medico).
Dopo aver letto un racconto, i soggetti riconoscono falsamente frasi non dette, che colle-
gano il significato di alcuni passi.
Testimoni di crimini possono riconoscere falsamente degli eventi che sono coerenti con la
natura dei reati, in particolare dopo un suggerimento, oppure riconoscere falsamente i volti
di persone innocenti che hanno lo stesso genere o etnia, presenti tra i sospettati.
Durante le interviste che si concentrano su di un possibile abuso sessuale, i bambini pos-
sono ricordare falsamente episodi di abusi.
Durante una psicoterapia, i clienti che credono che essi possono essere stati vittime di
abusi, ricordano falsamente di essere stati sessualmente abusati da bambini.
Dopo la lettura di una prosa ricca di metafore, i soggetti riconoscono falsamente metafore
non lette ma coerenti con la lettura fatta.
24
Molti falsi ricordi mescolano o confondono frammenti di eventi alcuni
dei quali si sono verificati in tempi diversi ma sono ricordati come se fossero
accaduti insieme , possono riguardare sogni che sono interpretati come
eventi realmente vissuti o possono essere il prodotto di trattamenti in cui
vengono indotti dagli psicoterapeuti (Skeptics Dictionary, False Memory).
Un falso ricordo pu essere di pi tipi:
totalmente inventato, il soggetto descrive un episodio completamente
falso, frutto totalmente della sua memoria;
modificato o alterato ma formato sulla base di un ricordo reale, per
esempio un evento che effettivamente accaduto, ma arricchito di
particolari falsi o appartenenti a un altro evento, assolutamente slegato
dal primo;
derivante da un sogno, piacevole o terrificante, che il soggetto richiama
alla mente tempo dopo e lo trasforma in un evento realmente accaduto;
indotto da un terapeuta tramite trattamenti sanitari errati, oppure cor-
retti ma usati con approssimazione e mancanza di cautela, lesempio
classico quello dellipnosi, cui molti clinici attribuiscono erronea-
mente la capacit di poter far emergere dallinconscio del paziente
ricordi repressi.
Inoltre, i falsi ricordi possono suddividersi in:
falsi ricordi testimoniali: quando cio un evento cui si assistito ricor-
dato in modo distorto, parziale o impreciso;
falsi ricordi autobiografici: si crede, in buona fede, di aver vissuto in
prima persona un evento (come aver fatto un giro in mongolfiera) to-
talmente inventato e falsi ricordi di parole, immagini o suoni si crede
di aver letto o udito una parola o di aver visto unimmagine, quando, in
realt, tutto frutto della nostra immaginazione.
Si produce un effetto di disinformazione, quando i testimoni di un de-
terminato evento sono esposti poi a nuove informazioni. La distorsione del
ricordo deriva da diversi fattori: assimilare sia ci che deriva dal parlare con
altri, sia da quello che si letto sui giornali o visto sulle fotografie di qualche
evento al quale si partecipato di persona realmente (Loftus 1997a).
La disinformazione pu causare due tipi di influenza sul ricordo origi-
nale (DAmbrosio 2010, p. 166):
indebolimento della traccia: in cui lalterazione del ricordo originale
25
provocata dallinclusione completa o parziale della nuova informa-
zione;
indebolimento di recupero: la possibilit che la nuova informazione di-
minuisca laccessibilit al vecchio ricordo.
Per dimostrare in modo sperimentale leffetto disinformazione, la Lof-
tus ha utilizzato un particolare protocollo di ricerca: prima faceva vedere ai
partecipanti allesperimento un video e, successivamente, leggeva una finta
descrizione di ci che era stato appena proiettato, inserendo nel racconto,
allinsaputa dei soggetti, delle informazioni fuorvianti. Molti dei parteci-
panti, quando venivano interrogati, in seguito, sul contenuto del video, non
sapevano distinguere tra il contenuto reale del filmato e linformazione
fuorviante, mescolando e confondendo i propri ricordi.
In altri esperimenti, la psicologa ampli la ricerca e dimostr come fos-
se possibile inculcare, nei soggetti, ricordi assolutamente falsi e completa-
mente inventati, come essersi persi da bambini in un centro commerciale
(Hyman e Loftus 1997, pp. 5-6).
Sono state studiate e analizzate diverse tecniche in grado di produrre
falsi ricordi che avevano la pretesa di aiutare la mente a recuperare memo-
rie di eventi inventati o distorti: tra queste ricordiamo limmaginazione
guidata, lipnosi, lintervista con il sodium amytal (conosciuto pi comu-
nemente come siero della verit), la visualizzazione di vecchie foto e
linterpretazione dei sogni (Hyman e Loftus 1997, p. 4).
Oltre a quelli della Loftus, un altro paradigma ampiamente utilizzato
per indurre e studiare i falsi ricordi in ambito sperimentale il paradigma
DRM (Deese 1959; Roediger e McDermott 1995), acronimo dei cognomi
degli autori che lo hanno creato (James Deese, Henry L. Roediger III e
Kathleen McDermott). I tre studiosi scoprirono che, fornendo ai soggetti
una lista di parole simili o comunque collegate tra loro, la possibilit che
essi ricordassero di aver letto o ascoltato una parola, anchessa correlata a
questa, ma mai scritta o pronunciata, era molto alta.
Tra gli oltre 200 esperimenti che la Loftus ha realizzato e che hanno
coinvolto pi di 20.000 soggetti (Loftus 1997), uno dei pi famosi
quello in cui, con due suoi colleghi, mostr a dei soggetti delle diapositi-
ve di un incidente dauto. La situazione illustrata era molto elementare e
priva di dettagli difficili da memorizzare: unauto blu, ignorando un se-
gnale di stop, si era scontrata con unaltra, proveniente da destra. Tempo
dopo, ai soggetti furono poste delle domande sulla scena rappresentata
tramite le diapositive ma, nel rivolgere degli interrogativi ad alcuni sog-
getti, gli sperimentatori inserirono delle informazioni errate (come il colo-
26
re dellauto verde invece che blu oppure la presenza di un segnale di
dare precedenza invece di quello di stop). I risultati di questo studio
furono inequivocabili: i soggetti a cui vennero forniti elementi fuorvianti,
ricordarono lincidente in modo distorto e non fedele alla realt. In parti-
colare, alcuni riferirono di uninesistente auto verde, mentre altri di un
segnale di precedenza. Altri ancora, addirittura, rimossero delle semplici
informazioni sullo scontro, come il colore delle auto.
A ulteriore riscontro di tale assunto si cita in un recentissimo articolo
di ricerca (Ramirez et al. 2013) di base su un modello animale di distor-
sione del ricordo, cui ha partecipato, in qualit di corresponding author,
Susumu Tonegawa, premio Nobel per la medicina nel 1987. In questo
studio, gli scienziati hanno prima collocato dei topi in un box tranquillo,
per permettere loro di acquisire i ricordi dellambiente e catalogarlo come
sicuro, e in seguito in un secondo box, in cui hanno fatto in modo, tramite
una luce flash, che nei roditori si scatenassero i ricordi della prima came-
ra, per poi colpirli con una leggera scossa. Successivamente, i topi sono
stati rimessi nel primo box, nel quale, nonostante che in precedenza fosse
stato catalogato come non pericoloso, sono subito corsi in un angolo e vi
si sono accovacciati, dimostrando come la conoscenza di quellambiente
fosse stata vanificata dal ricordo della scossa avuta nellaltra camera. In-
fine, quando i topi sono stati messi in una terza camera priva di luce flash,
non hanno provato paura e non hanno avuto memoria delle loro prece-
denti esperienze, reali o immaginarie.
Assodato che uninformazione sbagliata pu stravolgere il ricordo di
una persona, nella maggior parte dei casi il fatto che un ricordo sia reale o
meno attendibile ha conseguenze abbastanza tollerabili: ricordare erronea-
mente di aver fatto un giro in mongolfiera (come vedremo in seguito) non
poi cos drammatico.
Tuttavia, quando questo fenomeno avviene in unaula di tribunale fa-
cendo riferimento ad altri contenuti, pu avere degli effetti devastanti:
quando ci si occupa di abuso di minori, sui quali, come andremo a ve-
dere, leffetto disinformazione ha degli esiti ancora maggiori;
qualora un testimone di un delitto indichi quale autore del reato una
persona innocente;
o, addirittura, quando un individuo adulto accusi un proprio genitore o
parente di aver abusato di lui durante linfanzia.
In questi casi, distinguere un ricordo reale ma preciso e uno totalmente
inventato, diventa di fondamentale importanza.
27
2. La Fondazione sulla Sindrome dei Falsi Ricordi (FMSM,
False Memory Syndrome Foundation)
Nei primi anni Ottanta, negli Stati Uniti vi fu un vertiginoso aumento di
denunce di persone che, a seguito di una psicoterapia, accusarono un cono-
scente o, pi frequentemente, un familiare di aver abusato di loro durante
linfanzia. Le accuse provenivano principalmente da figlie femmine, che ac-
cusavano il padre biologico, e talvolta la madre, di abusi che sarebbero stati
repressi nella loro memoria per decenni e che sarebbero riemersi solo grazie
alla psicoterapia. Molto spesso era riferito che labuso avrebbe avuto un ini-
zio precoce, prima dellottavo compleanno. Comprensibilmente, le accuse e
le presunte memorie recuperate ebbero come conseguenza immediata la de-
vastazione sia della vita dellaccusato che di quella dellaccusatore, proprio
questi ultimi spesso ebbero un peggioramento delle loro condizioni di salute,
non riuscirono a conservare il proprio lavoro, divorziarono e persero la cu-
stodia dei figli minori (Loftus 1997b).
In molti altri casi di ricordi recuperati, le accuse erano spesso cos as-
surde (come un abuso sessuale subito da extraterrestri) o non corroborate da
prove di fatto (esami medici che dimostrarono la verginit di persone che
avevano denunciato uno stupro o un aborto), che, molto spesso, gli stessi
denuncianti ritrattarono le accuse e denunciarono i terapeuti, ottenendo
lauti risarcimenti.
In questo contesto, nel 1992 nacque in America la Fondazione sulla
Sindrome dei Falsi Ricordi (FMSM, False Memory Syndrome Founda-
tion), su iniziativa di una coppia di coniugi, Pamela e Peter Freyd. Questi
diversi anni prima, appresero che la loro figlia Jennifer Freyd (professo-
ressa di psicologia allUniversit dellOregon) credeva che il padre avesse
abusato di lei quando era una bambina. Ritenendo infondate queste accuse
decisero di riunire tutte le persone accusate ingiustamente di abusi su mi-
nori, soprattutto i genitori accusati falsamente dai propri figli di aver abu-
sato di loro. Con il supporto dei terapisti Hollida Wakefield e Ralph Un-
derwager, alla fondazione aderirono centinaia di professionisti e migliaia
di genitori accusati di abusi da figli adulti, che non avevano evidenziato
alcun ricordo di abuso prima di sottoporsi a una qualche forma di terapia
(www.fmsfonline.org/wikipedia-fmsf.html).
La fondazione, che si finanzia attraverso contribuiti volontari, raccoglie
migliaia di membri e si pone lobiettivo di cercare le ragioni della diffusione di
falsi ricordi cos devastanti per le famiglie; lavorare per cercare i modi per pre-
venirla; aiutare coloro che sono stati colpiti dalla sindrome dei falsi ricordi. Il
board scientifico e professionale della fondazione composto da esperti prove-
28
nienti dal campo della medicina, psichiatria, psicologia, diritto e istruzione, che
hanno il compito sia di fornire consulenze e informazioni legali e mediche sia
di aiutare ad aggiornare le linee guida della fondazione stessa.
I suoi membri criticano luso di terapie poco sperimentate per recupera-
re i ricordi, inoltre, sono state identificate alcune cure che potrebbero favori-
re la nascita di ricordi completamente inventati, in particolare quelle che
utilizzano modalit suggestive: per esempio lipnosi, immaginazione guida-
ta, il journaling, linterpretazione dei sogni ecc. La critica che viene mossa a
queste ultime nasce dalla considerazione che non c alcuna evidenza scien-
tifica che tecniche come queste possano dare, come risultato, ricordi reali e
accurati, depurati dai falsi ricordi. Secondo la fondazione il problema ri-
guarda la valutazione attenta delle memorie traumatiche; ci non sminuisce
limportanza dellabuso infantile, che rimane un gravissimo reato (con pe-
santi ripercussioni personali e sociali), su cui porre sempre grande attenzio-
ne. Tuttavia, considerando che esistono molte ragioni che causano difficolt
di memoria (amnesia infantile, trauma fisico, i farmaci o il decadimento na-
turale dinformazioni memorizzate), la controversia riguarda lesattezza
delle dichiarazioni di recupero dei ricordi repressi di abusi, i cui esiti fini-
scono per produrre gravi conseguenze giudiziarie, psicologiche e familiari
che condizionano fatalmente la vita delle persone (www.fmsfonline.org,
What is the recovered-memory controversy about?).
Dopo ventanni dalla sua nascita, la fondazione ha svolto un ruolo im-
portante come centro di smistamento di informazioni e come catalizzatore
per la discussione e la ricerca sulle affermazioni circa la memoria, lin-
fluenza sociale e la pratica terapeutica.
3. Quella dei falsi ricordi realmente una sindrome?
Nonostante numerosi studi e centinaia di esperimenti abbiano dimo-
strato la fallacit della memoria e lalta possibilit di creare dei falsi ricordi,
il DSM V, il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, non in-
clude, tra le sindromi, quella dei falsi ricordi.
Una discussione approfondita su questa problematica non potrebbe
prescindere dal significato della parola sindrome (che non per nulla
univoco e, infatti, quella dei falsi ricordi potrebbe essere considerata una
sindrome o no a seconda del significato che si attribuisce a detto termine
1
).
1
Un articolato approfondimento comunque disponibile su www.fmsfonline.org/about.
html, How did the name get chosen?.
29
Tuttavia, una considerazione di massima pu essere sicuramente fatta:
parlare in modo ampio di sindrome dei falsi ricordi vorrebbe dire consi-
derare affetto da una sindrome chiunque abbia ricordi distorti, non accurati
o inesistenti.
Secondo lo psicologo John F. Kihlstrom (1993, cit. in Perry e Gold
1995), si pu chiamare sindrome dei falsi ricordi:
Il risultato di ricordi distorti o confabulati [ovvero una costruzione fantastica,
che nasce prendendo spunto da un qualunque suggerimento o domanda, di falsi ri-
cordi riferiti a situazioni e avvenimenti irreali, N.d.A.], che produce una condizione
in cui lidentit della persona e i suoi rapporti interpersonali sono centrati intorno
ai ricordi di esperienze traumatiche, oggettivamente false, ma in cui una persona
crede ed convinta che siano vere. Inoltre, questa sindrome non caratterizzata da
falsi ricordi come tali giacch tutti noi abbiamo ricordi che sono inaccurati.
Piuttosto la sindrome pu essere diagnosticata quando questi ricordi
sono profondamente radicati e orientano tutta la personalit e lo stile di vita
delle persone, interferendo con altri comportamenti adattivi.
La fondazione pone laccento anche sul ruolo ricoperto da unaltra pa-
tologia psichiatrica, il disturbo dissociativo (disturbo di depersonalizzazio-
ne / derealizzazione), spesso presente in soggetti con falsi ricordi. Questo
disturbo stato identificato ben 170 anni prima di essere incluso nel 1980
nel DSM-III.
In ogni caso, scientificamente dimostrato che alcuni tipi di psico-
terapia che utilizzano tecniche suggestive favoriscono la formazione di
falsi ricordi.
31
3. Il disturbo dissociativo dellidentit
Il disturbo dissociativo dellidentit anche detto disturbo di de-
personalizzazione/derealizzazione ed ampiamente descritto nella let-
teratura scientifica il legame tra distorsioni di memoria in assenza di
stimolazioni suggestive e dissociazione
1
.
La dissociazione un disturbo della coscienza (DAmbrosio e Vacca
2005) ed espressione di un deficit del normale processo dintegrazione
delle funzioni mentali che determina lisolamento dalla piena coscienza di
un gruppo di contenuti, questo produce la perdita della completa consape-
volezza di s. La segregazione patologica di un gruppo di contenuti mentali
1
In uno studio furono mostrate 40 diapositive costituite per met da oggetti comuni
(per esempio un ombrello, un cavallo ecc.) e per laltra met da espressioni brevi che rap-
presentavano oggetti o situazioni comuni (per esempio forbici sulla scrivania) a 42 stu-
dentesse universitarie. In dieci frasi su venti cera una corrispondenza con limmagine pre-
sentata (per esempio cavallo marrone). Dopo aver visto tutte le 40 diapositive, le ragazze
dovevano riempire alcuni questionari (tra cui quella di valutazione della sintomatologia dis-
sociativa) e fare un test di memoria a sorpresa sulle diapositive viste precedentemente. Il
dato finale evidenzi che i soggetti che presentavano un punteggio elevato alla scala per la
sintomatologia dissociativa facevano pi errori di memoria, ricordando parole o immagini
che non erano mai state mostrate. Unaltra sperimentazione condotta su un gruppo di 70 stu-
denti valutati in precedenza con la scala per la sintomatologia dissociativa e con un inventa-
rio di eventi di vita, ai quali si chiedeva se avessero avuto esperienza di alcune situazioni
riferibili a prima dei 10 anni di et (per esempio Sono stato a Disneyland in gita con la
scuola), dovevano anche valutare quanto si sentivano sicuri del proprio ricordo. Coloro che
avevano un punteggio elevato alla scala per la dissociativit rispondevano a un gran numero
di items che si riferivano a diversi episodi di vita, riguardanti tutti i tipi di esperienze positi-
ve, negative o neutre. Non appare credibile che gli studenti con una maggiore tendenza dis-
sociativa avessero avuto una vita pi ricca di avvenimenti rispetto ai soggetti con un grado
di dissociazione pi basso, ma appare pi credibile che i soggetti con maggiore dissociativit
avessero usato criteri pi personali, nel momento in cui sono stati stimolati a ricordare
eventi della loro infanzia, essi avrebbero avuto una maggiore tendenza a dare risposte deci-
samente positive, associate a una loro marcata sicurezza nel ritenere autentici i loro ricordi
(Merckelbach, Muris e Rassin 1999; Merckelbach, Muris, Horselenberg e Stougie 2000).
32
che non si integrano nella coscienza del soggetto, rende molto pi difficile
il recupero consapevole di alcune memorie episodiche.
Si definiscono disturbi dissociativi linsieme di fenomeni psicopatolo-
gici caratterizzati da unalterazione delle normali funzioni della coscienza,
della memoria, dellidentit o della percezione dellambiente (Kaplan and
Sadocks 2003).
Lipnosi un classico esempio di dissociazione: durante la trance si an-
nulla la percezione di ci che ci sta intorno, perch lattenzione concen-
trata su altri stimoli (Frankel 1990).
Tutti possono avere dei momenti dissociativi, assolutamente benigni:
per esempio quando si guida sovrappensiero lungo strade ben note e ci si
accorge allimprovviso di essere arrivati.
Da questa considerazione nasce la teoria del continuum dissociativo
(Spiegel 1963); che afferma che il numero, la frequenza delle esperienze e
dei sintomi, attribuiti alla dissociazione, sono situati lungo un continuum. Il
vertice sarebbe rappresentato dal disturbo dissociativo didentit e dagli al-
tri disturbi dissociativi, mentre disturbi psichiatrici non dissociativi avreb-
bero differenti gradi despressione di tale sindrome.
In passato, molti sintomi attualmente assegnati al disturbo dissociativo
erano attribuiti allisteria. Ancora oggi la psichiatria anglosassone distingue
tra isteria di conversione, caratterizzata dai sintomi motori, sensitivi, senso-
riali e viscerali, e la cosiddetta isteria dissociativa, che comprende fenome-
ni psichici pi complessi tra cui le amnesie, gli stati di fuga, la personalit
multipla e il sonnambulismo (Invernizzi 2000, p. 211).
I sintomi dissociativi possono essere classificati come Positivi o
Negativi (Spiegel et al. 2011).
I primi possono interferire o fare intrusione nel normale flusso della co-
scienza del soggetto (per esempio, il flashback e/o limprovviso inseri-
mento di unesperienza o di un aspetto della propria identit di cui non
era mai stato consapevole).
I secondi possono influenzare il normale flusso della coscienza produ-
cendo un deficit di memoria, del senso di s e della capacit di percepi-
re o controllare diverse parti del corpo.
Appartengono al primo tipo il disturbo dissociativo didentit e quello
di depersonalizzazione, mentre al secondo lamnesia e la fuga dissociativa.
LAmnesia dissociativa ha come sintomo centrale lincapacit di ricor-
dare informazioni personali importanti, di solito riferibili a un periodo che
comprende eventi di natura stressante o traumatica. Questi sintomi non so-
33
no correlabili ad altre condizioni mediche (traumi cerebrali) o psichiatriche.
Il criterio di base per fare diagnosi di amnesia dissociativa (cos come di
disturbo dissociativo) lesistenza di validi nessi associativi temporali tra i
sintomi e un avvenimento stressante. In qualche caso si possono verificare
in seguito a una serie multipla di stress di minore entit (il modello patoge-
netico definito kindling sensitization), in questi soggetti esisterebbe una
ridotta capacit di elaborazione emotiva in seguito a uno stress (Staniloiu et
al. 2009). Da un punto di vista neurobiologico si verificherebbe una desin-
cronizzazione del ricordo tra il vissuto percettivo e la componente emozio-
nale associata (Markowitsch 2002). Questo blocco potrebbe essere stato
prodotto dal forte stress vissuto, che ha stimolato il rilascio di alcuni ormo-
ni dello stress, tra cui i glucocorticoidi (OBrien 1997; Joels e Baram
2009), i quali agiscono sullamigdala e sullippocampo che presentano
aree con unalta densit di recettori per i glucocorticoidi (Rodriguez, Le-
Doux et al. 2009). Questo processo produrrebbe un cambiamento della
morfologia funzionale delle connessioni che sarebbe la causa del grave e
persistente deficit della memoria autobiografica-episodica.
Secondo la maggior parte degli studi lamnesia dissociativa colpisce
entrambi i sessi allo stesso modo.
pi frequentemente diagnosticata nella terza e quarta decade di vita;
tende a presentarsi, in genere, come episodio singolo; non di rado, dopo un
lieve trauma cranico. Sono stati anche descritti come per la fuga dissocia-
tiva episodi ricorrenti (Coons e Milstein 1992).
Si manifesta anche in comorbidit con la depressione maggiore, i di-
sturbi di personalit, la bulimia nervosa, il disturbo di conversione e di so-
matizzazione. Sono stati descritti anche dei cambiamenti di personalit do-
po linsorgenza di amnesia dissociativa, sotto forma di cambiamenti nelle
preferenze alimentari, fumare o altre abitudini di consumo o di impegno in
varie attivit (Fujiwara et al. 2008; Thomas Anterion, Mazzola, Foyatier-
Michel e Laurent 2008).
Pu essere caratterizzata in base al grado e al tipo di danno (globale o
selettiva, anterograda o retrograda). I tipi pi frequenti di amnesie disso-
ciative sono retrograde e riguardano un blocco della memoria episodica-
autobiografica, che pu comprendere anche lintera vita passata. I pa-
zienti affetti conservano in massima parte le memorie semantiche, sono
capaci di leggere, scrivere, calcolare e sapere come comportarsi in situa-
zioni sociali. Inoltre, possono memorizzare nuovi ricordi autobiografici
episodici, soprattutto se lacquisizione di questi nuovi eventi sono meno
carichi da un punto di vista emotivo, spesso in questi nuovi ricordi manca
quella sensazione di calore e partecipazione e di collegamento alle proprie
34
conoscenze (Reinhold e Markowitsch 2009; Levine, Svoboda, Turner,
Mandic e Mackey 2009). Si possono occasionalmente presentare anche
deficit di memoria anterograda che accompagnano quelli di tipo retrogra-
do. (Staniloiu e Markowitsch 2010).
Quando lamnesia retrograda dissociativa accompagnata da una fuga
improvvisa dal proprio ambiente abituale ed compromessa la consapevo-
lezza dellidentit personale la condizione denominata fuga dissociativa.
Queste condizioni sono state spesso alla ribalta delle cronache del secolo
scorso, anche se spesso erano erroneamente associate con lepilessia (per
esempio lo smemorato di Collegno, fig. 1). I fattori precipitanti traumatici
descritti pi frequentemente sono violenze sessuali o crack finanziari ecc.
Figura 1 Lo Smemorato di Collegno
Per inquadrare la sindrome dissociativa utile riferirsi al sistema di
classificazione diagnostica per i disturbi mentali pi usato, redatto dal-
lAssociazione psichiatrica americana (APA 2000), il DSM IV-TR
2
che
specifica i criteri richiesti per definire i quattro principalidisturbi disso-
ciativi (box 1).
Box 1 Tipi di disturbo dissociativo
Amnesia dissociativa.
Fuga dissociativa (un tempo definita psicogena).
Disturbo dissociativo dellidentit (un tempo definito personalit multipla).
Disturbo da depersonalizzazione.
2
Nella pi attuale classificazione del DSM V lo si definisce disturbo di depersonalizza-
zione/derealizzazione e la fuga e lamnesia dissociativa sono degli indici del disturbo. Inol-
tre le lacune della memoria possono anche non essere dovuti a cause traumatiche e riguarda-
re fatti quotidiani. Nel criterio A sono inclusi dei fenomeni di possessione, descritti in alcune
culture, e/o secondarie ad alcuni disturbi neurologici funzionali. I processi di transizione del-
lidentit possono essere riferiti dal soggetto o da terzi.
35
Il Disturbo dissociativo NAS (registra i disturbi in cui la manifestazione principale un
sintomo dissociativo, ma che non soddisfa i criteri per nessun disturbo dissociativo
specifico).
Dei quattro disturbi dissociativi, quello dissociativo dellidentit il pi
grave, ha un decorso cronico e la guarigione spesso incompleta. A questi
disturbi molto spesso si associa la presenza di falsi ricordi. In questo caso
il disturbo amnesico riguarda la potenziale disponibilit di una memoria
che, al momento, non risulta accessibile.
Il disturbo dissociativo dellidentit caratterizzato (Kaplan and Sa-
docks 2003) dallesistenza, allinterno di una persona, di personalit di-
stinte e separate, ognuna di esse, quando presente, domina gli atteggia-
menti, il comportamento e il modo di vedere se stessi della persona, come
se non esistessero altre personalit. La personalit originaria in genere non
ricorda e non conscia delle altre presenti nel soggetto. Il passaggio da una
personalit allaltra tende a essere improvviso. Alcune personalit possono
essere consapevoli degli aspetti delle altre, ciascuna potrebbe potrebbe es-
sere dotata di proprio bagaglio di ricordi e associazioni e ha generalmente
un proprio nome o caratteristiche individuali.
Le diverse personalit possono avere sintomi fisiologici dissimili, per
esempio necessitare di differenti prescrizioni di lenti da vista. Addirittura,
potrebbero evidenziare risposte non simili ai test psicometrici (per esempio
punteggi diversi ai test per il quoziente di intelligenza QI).
Le personalit possono essere diverse per sesso, et o razza. Una o pi
personalit possono presentare segni di un disturbo psichiatrico coesistente,
come un disturbo del tono dellumore o di personalit.
Bisogna innanzitutto sottolineare che la definizione di altre personali-
t, rappresenta solo una convenzione semantica. Le altre personalit non
sono altre persone, bens, delle rappresentazioni stereotipate e schematiche
di un conflitto interiore, delle emozioni, memorie e cognizioni che sono
state dissociate allo scopo di sopportare una sofferenza altrimenti intollera-
bile. Sono, in altri termini, delle parti di un tutto, pi o meno organizzate e
strutturate, che sono state separate dal normale flusso di coscienza per ri-
spondere a una strategia di sopravvivenza. La loro esistenza giustificata
generalmente da uno scopo e una funzione specifica, ma con il tempo pos-
sono acquistare un discreto grado di autonomia secondaria. Queste parti
hanno unesperienza cos intensa di alienit che possono comportarsi come
se le loro azioni non influissero su un corpo che , ovviamente, unico, que-
sto spiegherebbe alcuni comportamenti conseguenti, per esempio tentativi
di suicidio o ustioni e tagli per punire lestraneo. Per convenzione, si ten-
de a parlare di personalit ospite per definire quella che ha il controllo ese-
36
cutivo del corpo per la maggior parte del tempo, personalit originale per
descrivere il costrutto teorico, lidentit da cui le altre si sono dissociate, e
con vari nomi le altre. interessante citare che in alcuni studi, la tomogra-
fia a emissione di positroni (PET) e la valutazione del flusso ematico cere-
brale hanno dimostrato differenze metaboliche tra le diverse personalit
presenti nello stesso persono.
Caratteristiche specifiche del disturbo dissociativo dellidentit sono le
seguenti:
racconti di distorsioni temporali, errori e discontinuit;
essere informato da altri di episodi comportamentali non ricordati dal
paziente;
essere riconosciuti da altri o chiamati con un altro nome da persone
che il paziente non riconosce;
notevoli cambiamenti nel comportamento del paziente riferiti da un os-
servatore attendibile (per esempio il soggetto pu chiamare se stesso
con un altro nome o riferirsi a se stesso usando la terza persona);
altre personalit rilevate sotto ipnosi;
uso del pronome noi nel corso del colloquio;
scoperta di scritti, disegni o altre produzioni o oggetti (per esempio
carte didentit, vestiti ecc.) tra gli effetti personali del paziente che non
sono riconosciuti o la cui presenza non giustificata;
cefalee;
sentire voci provenienti dallinterno e non identificate come separate;
storia di grave trauma emotivo o fisico in et infantile (di solito prima
dei 5 anni).
I criteri diagnostici dellAmerican Psychological Association sono de-
scritti nel box 2.
Box 2 Criteri diagnostici DSM IV-TR per il Disturbo Dissociativo di Identit
Presenza di due o pi identit o stati di personalit distinti (ciascuno con i suoi modi relati-
vamente costanti di percepire, relazionarsi e pensare nei confronti di se stesso e del-
lambiente).
Almeno due di queste identit o stati di personalit assumono in modo ricorrente il con-
trollo del comportamento della persona.
Lincapacit di ricordare importanti notizie personali troppo estesa per essere spiegata
con una banale tendenza alla dimenticanza.
Lalterazione non dovuta agli effetti fisiologici diretti di una sostanza (per esempio blac-
kout o comportamenti caotici in corso di intossicazione alcolica) o di una condizione medi-
ca generale (per esempio epilessia parziale complessa).
37
Nota: nei bambini i sintomi non sono attribuibili allesistenza di un compagno immaginario o ad
altri giochi di fantasia.
La decima revisione dellInternational Statistical Classification of Diseases and Related Health
Problems (ICD-10) (classificazione dellOrganizzazione Mondiale della Sanit) descrive in
maniera simile i criteri diagnostici per il disturbo dissociativo didentit definendolo come Di-
sturbo da personalit multipla.
Data lestrema complessit del quadro clinico fondamentale essere
molto attenti nella diagnosi differenziale a paragone con le seguenti condi-
zioni cliniche.
Epilessia del lobo temporale. Un soggetto che presenti dei sintomi di
tipo fuga psicogena, deve essere naturalmente sottoposto a un accu-
rato controllo neurologico, poich anche lepilessia temporale si mani-
festa con stati di fuga o esperienze di depersonalizzazione. Lanam-
nesi, lelettroencefalogramma e altre indagini neurologiche permettono
in genere di chiarire la diagnosi in questi pazienti, nei quali, peraltro, i
disturbi amnesici sono meno pronunciati e in cui non si assiste mai al
formarsi didentit parallele strutturate (Kapur 1991; Mesulam 1981;
Schenk e Bear 1981). Lepilessia e in particolare le crisi parziali com-
plesse, tendono, per, a essere di breve durata (pochi secondi o minu-
ti) e a non coinvolgere, in modo cos complesso, lidentit e il compor-
tamento. Sono state inoltre descritte da alcuni Autori delle pseudo-
convulsioni in soggetti con disturbo dissociativo didentit, anche in
questi casi non vi sono alterazioni allEEG.
Disturbi affettivi: sono particolarmente frequenti nella patologia da
personalit multipla le oscillazioni timiche, specialmente depressive,
cos come sono frequenti i fenomeni di depersonalizzazione nei de-
pressi, inoltre ben nota linfluenza dellumore sulla memoria e sulla
descrizione di s. In alcuni casi, esperienze dissociative con fuga psi-
cogena, perdita didentit e amnesia possono seguire a un lutto (Kluft
1988). possibile anche in questo caso che i due disturbi coesistano
e che, quindi, quello timico possa giovarsi di un trattamento farmaco-
logico mirato.
Disturbo bipolare: nel soggetto con disturbo dissociativo presente,
considerando le fluttuazioni cicliche dellumore, una maggiore ipnotiz-
zabilit (Simeon et al. 2002; Butler et al. 1996).
Disturbi del comportamento alimentare: diversi studi evidenziano una
comorbidit tra tali disturbi e quelli dissociativi (Walter 1991; Demi-
track et al. 1990). Alcune pazienti bulimiche, per esempio, commetto-
no i loro eccessi alimentari in un vero e proprio stato di trance, spesso
38
senza conservarne memoria. Non raro ritrovare la presenza di un
abuso sessuale nellinfanzia di pazienti con disturbo alimentare psi-
cogeno, soprattutto se il disturbo di tipo bulimico. Una delle ipotesi
formulate suggerisce che il meccanismo dissociativo possa giocare
un ruolo importante nei disturbi alimentari, producendo e/o mante-
nendo i disturbi del pensiero, dellimmagine corporea e del s, carat-
teristici di questi soggetti e, in particolare, di quelli che tendono a
compiere gesti autolesivi. In questi casi potrebbe esistere un impor-
tante legame fra storie dabuso infantile, sintomatologia dissociativa e
disturbi della condotta alimentare.
Alterazioni del comportamento e del sentimento di s legati allintos-
sicazione di sostanze esogene: importanti in questi casi, per la diagnosi
differenziale sono i dati anamnestici.
Disturbo Borderline di personalit: i sintomi dissociativi sarebbero pre-
valentemente del tipo depersonalizzazione-derealizzazione, molto me-
no frequenti lamnesia e i disturbi legati alla confusione o allalterazione
dellidentit (Clary, Burstink e Carpenter 1984; Fast 1974). possibile
che un disturbo borderline possa coesistere con un disturbo da perso-
nalit multipla.
Simulazione: in questo caso bisogna considerare, per la diagnosi diffe-
renziale, un eventuale guadagno secondario, oltre i dati anamnestici.
Sindromi deliranti rare:
la sindrome di Capgras (Cipriani et al. 2013), caratterizzata dalla
negazione didentit di una o pi persone familiari. Il paziente e
cio convinto che il familiare sia stato sostituito da qualcun altro,
identico fisicamente, ma diverso psicologicamente;
la sindrome di Fregoli (Kochuparackal e Simon 2012; Mojtabai
1994), caratterizzata da un falso riconoscimento sistematico. Il pa-
ziente crede di riconoscere una persona familiare in uno scono-
sciuto, ammettendone la diversit fisica, ma dichiarando la somi-
glianza psicologica;
la sindrome di inter-metamorfosi (Christodoulou, Margariti e Kon-
taxakis 2009), simile alla sindrome di Fregoli, ma con la differenza
che il paziente dichiara anche la somiglianza fisica tra le due per-
sone in causa. In genere egli crede anche che le persone possano
trasformarsi luna nellaltra per una sorta dincantesimo;
la sindrome del Doppio soggettivo (Christodoulou, Margariti e
Kontaxakis 2009), costituita dalla convinzione delirante che uno
sconosciuto sia stato trasformato nel paziente stesso, identico fisi-
camente, ma non psicologicamente.
39
Gli psichiatri raramente fanno diagnosi di disturbi dissociativi. Per
esempio in molte statistiche diagnostiche ufficiali solo l% del totale dei
pazienti ricoverati sono riconosciuti con tale patologia. Nella popolazione
generale la prevalenza di dissociazione patologica varia fra il 2% e il 6%
(Seedat, Stein e Ford 2003).
Per quanto riguarda le ricerche su pazienti ricoverati (Ross et al.
1991; Saxe et al. 1993; Horen, Leichnr e Lawson 1995; Latz, Kramer e
Hughes 1995), si rilevano differenze, tra gli studi effettuati in Europa e
quelli in USA. In questi ultimi, il tasso di prevalenza dei disturbi disso-
ciativi oscilla tra il 14.6% e il 58.3% dei pazienti ricoverati. Negli studi
realizzati in Paesi Europei, invece, si rilevano percentuali nettamente in-
feriori tra il 5% e il 27%.
Queste diversit tra gli studi completati nei diversi continenti, potrebbe-
ro essere dovuti a differenze interculturali nellinterpretazione dei sintomi
dissociativi. possibile che negli studi Europei tale diagnosi sia posta in
relazione a un altro disturbo di Asse I del DSM, mentre i ricercatori Nord
Americani lo interpretano come un sintomo dissociativo a se stante. Le dif-
ferenze statistiche, inoltre, variano in funzione degli strumenti diagnostici
maggiormente utilizzati.
La maggior parte di queste sindromi deliranti accade nel corso di un
processo schizofrenico di tipo paranoideo, ma a volte anche durante una
depressione e in questo caso possono regredire in seguito a opportuno trat-
tamento antidepressivo.
La gravit della dissociazione stata trovata correlata allesperienza di
un evento traumatico, che di solito una violenza fisica, psicologica o un
abuso sessuale, subiti in et infantile (Mulder 1998). La gravit della sin-
tomatologia dissociativa (Kirby, Chu e Dill 1993; Draijer e Langeland
1999) stata strettamente correlata con lassociazione di disfunzioni della
figura materna e di abuso psicologico e sessuale. Lesperienza di trascura-
tezza da parte dei genitori sembra, invece, maggiormente correlata con la
patogenesi della depersonalizzazione (Simeon et al. 2001).
Giovanni Liotti (1999) rileva che, pur essendo dimostrata la relazione
fra trauma e dissociazione, sarebbe sbagliato considerare la dissociazione
come la conseguenza inevitabile del trauma o gli eventi traumatici come
lantecedente necessario dei processi dissociativi. Una minoranza di pa-
zienti, difatti, non riferisce episodi traumatici vissuti nellinfanzia o in epo-
ca immediatamente successiva traumatiche, cos come persone, vittime di
gravi traumi non soffrono di esperienze dissociative.
Putnam (1995) ha distinto due gruppi di soggetti, rispettivamente
con bassa e alta suscettibilit alla dissociazione in seguito a un trauma.
40
La relazione fra trauma e dissociazione, quindi, potrebbe essere compre-
sa allinterno di un modello che giustifichi sia lassociazione statistica
fra queste due variabili sia i casi in cui una simile relazione non pu es-
sere rintracciata.
Inoltre nel saggio sopra citato Liotti evidenzia lattualit del concetto di
dissociazione di Janet.
Secondo Janet (1889) lo scopo principale dellattivit mentale
ladattamento allambiente piuttosto che la difesa da impulsi interni
inaccettabili.
Ladattamento allambiente si raggiunge attraverso la sintesi persona-
le delle strutture di significato. La dissociazione, secondo Janet, il falli-
mento della sintesi personale causata non solo dal trauma ma anche da altre
condizioni quali, per esempio, emozioni violente, variabili di temperamen-
to, malattie debilitanti.
Quando i processi dissociativi sono messi in moto dal trauma, essi
non sono, secondo Janet, una difesa attiva della mente dalle conseguenze
psicologiche dellevento traumatico, ma sono essi stessi le vere conse-
guenze. Un aspetto degli esiti psicologiche del trauma il crollo dei pro-
cessi mentali adattativi che portano al mantenimento di un senso di s in-
tegrato.
Un altro aspetto correlato che la memoria dellevento traumatico as-
sume uno stato subconscio, non come risultato di un meccanismo di dife-
sa, come postulava la teoria di Freud, ma perch non raggiunge mai una
piena rappresentazione nella coscienza. la piena coscienza di un avveni-
mento sinonimo dellessere in grado di raccontare la storia di quel-
lavvenimento stesso.
Secondo Janet, il lavoro della mente una forma di entropia negativa,
un tentativo di creare ordine e significato in opposizione alle tendenze
entropiche molteplici e caotiche che colpiscono gli organi sensoriali. Il
fallimento di questo lavoro mentale conscio che riguarda la formazione di
significato, lestrazione di ordine e unit dallinformazione caotica e va-
ria, lascia qualsiasi tipo di informazione che sfugge alla sintesi personale
(per esempio linformazione traumatica) nello stato disordinato dellela-
borazione subconscia.
Liotti sostiene anche che la dissociazione sarebbe collegata allattivit
del sistema di attaccamento, questo spiegherebbe in motivo per il quale la
memoria dei bambini non risponde con la dissociazione a eventi vitali cata-
strofici (uragani, incendi, incidenti aerei, rapimenti), che avvengono al di
fuori della loro rete familiare di legami emotivi, mentre la memoria degli
adulti reagisce pi frequentemente in questo modo (Spiegel e Cardena
41
1991; Kotre 1995). Nei bambini la sofferenza emotiva indotta da avveni-
menti catastrofici gravi non legata alla dissociazione delle funzioni di
memoria, quando questi avvenimenti non accadono allinterno del contesto
delle relazioni familiari. Questa scoperta stata spiegata con lipotesi che
solo lesposizione cronica a eventi traumatici pu condurre alluso delle di-
fese associative che danneggiano la memoria e la coscienza dei bambini.
Questo, per esempio, pu verificarsi se gli avvenimenti traumatici sono su-
scitati da un genitore maltrattante, al quale il bambino precedentemente
legato da un pattern di attaccamento disorganizzato. In tal caso, forte-
mente rafforzato il paradosso di essere costretto da bisogni innati (il sistema
motivazionale di attaccamento) a fare affidamento, per la protezione, sulla
fonte stessa di pericolo.
Da questo discende la conclusione che livelli estremi di dissociazione
possano essere lesito di una simile situazione interpersonale, non la loro
causa per la messa in atto di processi psicologici difensivi, ma perch non
possibile dace, alcun modo organizzato, un significato accettabile per inter-
pretare una simile situazione.
Il disturbo dissociativo dellidentit non esita in una remissione sponta-
nea, una patologia grave, complicata e, per certi versi, ancora misteriosa,
anche per quanto riguarda la sua prognosi.
Gli indirizzi terapeutici tradizionali danno risultati insufficienti. In
molti casi necessario il ricovero in un reparto psichiatrico a causa dei
tentativi di suicidio o dei comportamenti gravemente disturbati o, spesso,
dellinsostenibilit di una condizione familiare.
43
4. Le tecniche suggestive
1. Tecniche di immaginazione guidata
Tramite la tecnica dellimmaginazione guidata il terapeuta agisce sul
soggetto che richiede il trattamento come una vera e propria guida, invitan-
dolo a immaginare un determinato evento o una particolare situazione, che
spesso sono scelti in maniera da essere, in qualche modo, collegati a quanto
raccontato dal paziente allinizio della terapia o in colloqui precedenti
(Immagina di trovarti in quel determinato posto, con quella persona a te
molto cara).
Il paziente, nellimmaginare la scena, dovr descriverla ad alta voce, in
modo da permettere allo psicologo di condurre la terapia. Utilizzata so-
prattutto per la cura dellansia e come tecnica di rilassamento, il suo utiliz-
zo accresce nei soggetti la convinzione che ci che hanno ricordato
esatto. Qualora un soggetto, affetto da un qualsiasi problema psichico, si
rivolgesse a un terapeuta e questultimo lo invitasse a ipotizzare cosa po-
trebbe essere successo, cosa ti ha portato ad avere questi problemi, prova a
immaginare di aver subto un abuso che potrebbe aver causato tutto ci, la
persona, seguendo il suggerimento del terapeuta, potrebbe iniziare a imma-
ginare in modo cos vivido e convinto una violenza sessuale mai verificata-
si, da riempirla di dettagli e incorporarla nella propria memoria. In tal
modo si potrebbe convincere che si sia effettivamente verificata e, proba-
bilmente, potrebbe denunciare anche colui o coloro che ha percepito, du-
rante limmaginazione guidata, come colpevoli. Infatti, i terapeuti invitano
il paziente a prender parte alla terapia, poi gli richiedono la descrizione del-
limmagine creata, con linformazione sulle tecniche che lo aiuteranno nel
recupero dei ricordi. La formazione dimmagini mentali probabilmente un
processo costruttivo, che fa seguito ai suggerimenti e alle conoscenze pas-
sate (per esempio: immaginare se stessi in una scena di abuso e cercare di
identificare chi sia laggressore). Quando si forma unimmagine chiara, si
44
produce uninfluenza sulle scelte di monitoraggio della realt; la gente ge-
neralmente pensa che i ricordi pi sono vividi pi sono precisi (Hyman e
Loftus 1997, pp. 13-14).
Luso di tale tecnica realmente cos diffuso? Varie indagini su psico-
logi clinici hanno rivelato che l11% invita i propri pazienti a dar sfogo al-
limmaginazione e il 22% a lasciar libero corso allimmaginazione
(Loftus 1997a, pp. 70-75).
Limpossibilit di distinguere un ricordo vero da uno creato ex novo
emerso in terapia, sommato al fatto che, secondo lo studio appena citato, il
33% dei terapeuti fa uso, pi o meno volontariamente, dellimmaginazione
guidata, dimostra quanti ricordi possano riemergere in tali terapie, ma sol-
lecita anche una grande attenzione per avvalorarli.
Vari studi sullimmaginazione guidata e sulla possibilit che faccia svi-
luppare dei falsi ricordi sono stati condotti dalla Loftus e altri psicologi. In
uno di questi (Garry, Manning e Loftus 1996), gli studiosi chiesero ai parte-
cipanti di immaginare che determinati eventi della loro infanzia fossero real-
mente accaduti, per verificare, in seguito, quanti immagazzinavano un falso
evento nel loro bagaglio di ricordi. Tra gli eventi, cera lessere stati salvati
da un bagnino, aver vinto un peluche, aver trovato una banconota da 10 dol-
lari ed essersi recati al pronto soccorso in tarda notte. Ad alcuni dei soggetti
fu chiesto di immaginare di stare giocando in casa dopo la scuola, di sentire
allesterno uno strano rumore, di precipitarsi a una finestra, di inciampare du-
rante la corsa, di cadere, allungare una mano e rompere il vetro. Ai parteci-
panti vennero poi poste alcune domande come Su che cosa siete inciampa-
ti? e Come vi siete sentiti? e fu cos scoperto che, la semplice immagina-
zione di un avvenimento dellinfanzia, per un tempo che andava dai venti ai
sessanta secondi, rafforzava la loro sicurezza nel fatto che gli eventi fossero
realmente accaduti. Infatti, interrogati in seguito, il 24% dei partecipanti, che
aveva immaginato la scena della finestra rotta, manifest una maggiore con-
vinzione che quellevento si fosse realmente verificato, contro il 12% di
quelli ai quali non era stato chiesto di immaginare lincidente. Leffetto ri-
sultante, che accadde in ciascuno degli otto eventi immaginati, fu chiamato
dagli psicologi imagination inflation (dilatazione dellimmaginazione). Gli
stessi studiosi, nellanalizzare i risultati, conclusero che latto dellimma-
ginazione a rendere un evento pi familiare e che tale familiarit erronea-
mente associata ai veri ricordi infantili, anzich allatto dellimmaginazione
che laveva generato.
Questa confusione sullorigine dei ricordi ossia, il non ricordare la
fonte di uninformazione presente nella nostra mente pu essere partico-
larmente preoccupante per le esperienze infantili datate.
45
A tal proposito, gli psicologi Lyn Goff ed Henry L. Roediger III del-
lUniversit di Washington hanno confermato e avvalorato ulteriormente
la possibilit che un evento semplicemente immaginato possa entrar a far
parte dei nostri ricordi. Durante la seduta iniziale dei loro esperimenti
(Goff e Roediger 1998), i ricercatori invitavano i partecipanti non solo a
immaginare di eseguire una determinata azione ma, anche, a compierla
effettivamente o solo ad ascoltare la descrizione dellevento in modo pas-
sivo. Le azioni erano banali e semplici da ricordare: rompere uno stuzzi-
cadenti, far rimbalzare una palla, sollevare una cucitrice, incrociare le di-
ta, ruotare gli occhi. Nella seconda seduta, ai soggetti era chiesto di im-
maginare alcune delle azioni che non avevano eseguito in precedenza per
una tre o cinque volte. Infine, durante lultima seduta, ponevano loro delle
domande circa determinate azioni a cui i soggetti dovevano rispondere, se
le avevano immaginate, semplicemente ascoltate o effettivamente com-
piute. I ricercatori trovarono che il numero di volte in cui i partecipanti
avevano immaginato unazione non compiuta, era associato allalta pro-
babilit con la quale ricordavano di averla realmente compiuta. Questo
produceva, come riferito dagli stessi sperimentatori una potente illusione
di memoria: immaginare di realizzare unazione pu farla ricordare come
se in realt fosse stata svolta.
2. Eye Movement Desensitization and Reprocessing (EMDR)
LEMDR, in altre parole la desensibilizzazione e rielaborazione attra-
verso i movimenti oculari, un metodo clinico utilizzato in psicoterapia
soprattutto per curare il PTSD, il disturbo post traumatico da stress, che si
pu facilmente presentare in vittime di uno stupro o di un abuso: si cal-
colato che circa la met delle donne che hanno subto questorrendo reato,
sono affette da PTSD cronico (Rothbaum, Astin e Marsteller 2005).
In breve, lEMDR una terapia in cui il paziente invitato a immagi-
nare un ricordo traumatico doloroso, mentre concentra la sua attenzione su
una traccia visiva prodotta da rapido movimento delle dita del terapeuta, o
su un altro stimolo (uditivo, luminoso o tattile) alternato destro/sinistro per
migliorare la comunicazione tra le strutture di entrambi gli emisferi.
Lipotesi di partenza unelaborazione accelerata dellinformazione
che si produce seguendo un processo neurofisiologico naturale per favorire
linterposizione di elementi cognitivi ed emozionali. Essendo un metodo
clinico abbastanza recente, mancano pubblicazioni scientifiche esaustive
sui meccanismi che sono alla base dellefficacia di questo trattamento.
46
La tecnica stata sviluppata nel 1987 negli Stati Uniti per opera di
Francine Shapiro e si sviluppa in otto fasi:
1. raccolta dinformazioni del cliente e pianificazione della terapia;
2. preparazione del cliente;
3. assessment;
4. desensibilizzazione;
5. installazione;
6. scansione corporea;
7. chiusura;
8. rivalutazione.
Lo scopo del protocollo di ridurre lemozione associata allesperienza
traumatica (fase 4, desensibilizzazione) e poi di produrre unassociazione con
cognizioni positive (fase 5, installazione), sempre utilizzando la tecnica dei
movimenti ritmici degli occhi o il tamburellamento delle dita o la stimolazio-
ne sonora, tutto in modo bilaterale. La possibilit di suggestione relativa
alla fase 4, in cui il terapeuta interviene se il paziente in fase di stallo e lo
invita a verbalizzare quanto sta accedendo dentro di lui sotto forma di pensie-
ri, sensazioni, emozioni e, soprattutto, connessioni con altri ricordi varia-
mente collegati alla situazione iniziale. Secondo lassociazione per lEMDR
in Italia (www.emdritalia.it/ita/index.html), i pazienti rispondono bene al-
lEMDR sia perch lapproccio incentrato sul cliente (il terapeuta mette-
rebbe in moto un meccanismo di autoguarigione del soggetto, stimolando nel
cervello un innato sistema di elaborazione delle informazioni), sia perch il
modello EMDR contempla la componente fisiologica nelle difficolt emo-
zionali, infine, perch il protocollo affronta le sensazioni fisiche, insieme alle
convinzioni negative, agli stati emotivi e agli altri sintomi disturbanti. Du-
rante questo trattamento, il paziente non fa altro che muovere i suoi occhi a
destra e sinistra, mentre si concentra sul problema che dovrebbe superare:
questo movimento ritenuto capace di sbloccare il sistema di elaborazione
delle informazioni e ristrutturare, cos, la memoria.
Le evidenze scientifiche circa lefficacia di questo trattamento non sono
univoche ma, ai fini del nostro lavoro, interessa analizzare se possibile
che lEMDR possa favorire nel paziente dei cosiddetti falsi ricordi, poi-
ch molto utilizzata nel disturbo post traumatico.
La dottoressa Shapiro, interrogata in proposito, ha risposto che:
Eventuali falsi ricordi possono essere creati durante linfanzia da una variet
di cause. Oltre agli abusi, i bambini possono ascoltare una storia o vedere qual-
cosa in tv e credere che ci sia accaduto loro. Queste esperienze immaginarie
47
possono, quindi, essere conservate. Lelaborazione in corso di terapia EMDR pu
consentire a queste immagini di annullarsi quando il cervello fa le connessioni
appropriate. Nelle terapie parlate, i falsi ricordi possono a volte essere creati at-
traverso i suggerimenti involontari del terapeuta, ma ci improvabile che acca-
da durante lEMDR, terapia in cui linput clinico minimo, mentre il cervello del
paziente esegue le opportune connessioni interne (Aa. Vv. 2012).
In pratica, la Shapiro sostiene che eventuali falsi ricordi sono nella testa
del paziente prima che egli sia sottoposto a EMDR, ma lelaborazione delle
immagini durante la terapia fa si che questi si dissolvano.
Teoria simile quella espressa dalla psicoterapeuta Elena Simonetta,
che sostiene:
Il lavoro con EMDR non distorce la realt oggettuale dei fatti, ma altera il si-
gnificato emotivo che si d ai fatti stessi, con il conseguente rischio non tanto di
indurre dei falsi ricordi, quanto che ci possa essere uno sbiadirsi del ricordo che
perde la sua carica emozionale (Simonetta 2010, p. 132)
e aggiunge che:
Pur essendo, quindi, ingiustificato il timore, da taluni avanzato, che curare i
bambini abusati prima del processo possa inquinare laderenza alla realt della te-
stimonianza, ci pare tuttavia prudente, anche per ragioni cliniche, non affrontare in
questa fase un lavoro diretto sul trauma, concentrandoci piuttosto su un intenso la-
voro di stabilizzazione e sullo sviluppo e installazione di risorse con EMDR (Si-
monetta 2010, ivi).
In realt, non tutta la letteratura scientifica converge su queste posizioni.
Secondo gli studiosi Perry e Gold (1995), le fallacit delle tecniche ipnoti-
che, di cui ci occuperemo tra breve, e la possibilit che queste facciano nascere
dei falsi ricordi sono comuni anche ad altre terapie simili, come appunto
lEMDR. Tuttavia, proprio perch questa procedura abbastanza recente, non
sono disponibili studi, che dimostrino in modo incontrovertibile la possibilit
che un paziente, curato con lEMDR, abbia necessariamente ricordi falsi.
Possiamo, per, dire che i terapeuti che hanno avuto in cura adulti vit-
time di violenze sessuali da bambini, hanno riferito che questi, talvolta, non
ricordavano questi abusi accaduti nellinfanzia allinizio del trattamento,
ma solo in un secondo tempo, durante il corso della terapia. I pazienti che
affermano di aver recuperato questi ricordi traumatici si sono confrontati
con i genitori, che erano ritenuti responsabili di un trauma sessuale infanti-
le, e in alcuni casi li hanno denunciati. A volte, per, i genitori accusati
hanno negato con veemenza la veridiit di questi eventi, sostenendo che
48
questi ricordi traumatici sono un esempio lampante della sindrome dei
falsi ricordi, prodotti nel corso di una terapia (Friedman 1996).
Invece, per lo psichiatra Kluft (Kluft 1997), quando uninformazione vie-
ne repressa, essa entra in uno stato di conservazione in cui pu entrare in con-
tatto ed essere influenzata da una vasta gamma di altri contenuti della mente, e
quando ci che era stato rimosso viene recuperato, pu essere soggetto a note-
voli distorsioni. La natura stessa di ci che represso pu essere fortemente
impregnata di desideri, paure e fantasie che vengono vissute come dotati di
una dimensione interpersonale, potendo rappresentare un terreno fertile per la
generazione di falsi ricordi. Al contrario, ci che dissociato potrebbe essere
mantenuto in un relativo isolamento, per questo motivo, secondo questo mo-
dello, ci che recuperato da una situazione di archiviazione, non per forza
distorto, contaminato o intriso di fantasie. Quando tali informazioni riescono a
filtrare in una seconda modalit, associata con la coscienza consapevole, que-
sta pu manifestarsi in maniera esplosiva, oppure frammentaria e graduale.
Se, invece, vi si accede in modo pi diretto, tramite tecniche come lipnosi o
lEMDR, ipotizzabile che linformazione dissociata si comporter come se
fosse stata sempre disponibile e in piena coscienza. Secondo Kluft, ci che
veramente represso molto pi soggetto a uninfluenza esterna, rispetto a un
ricordo che direttamente accessibile da un sistema di elaborazione, che si
muove in parallelo alle informazioni acquisite. Le informazioni che proven-
gono da processi di memoria dissociata, quando fuoriescono o emergono,
hanno una probabilit intermedia di essere dei ricordi distorti.
Per valutare in maniera definitiva se e in che modo lEMDR favorisca
la formazione di falsi ricordi, poich esiste unopinione non unanime degli
studiosi, non resta che aspettare la pubblicazione di qualche studio scienti-
fico realizzato con paradigmi sperimentali.
3. La tecnica dellinterpretazione dei sogni e lamnesia in-
fantile
Unaltra pratica abbondantemente utilizzata dai terapeuti per favorire il
ricordo e per aiutare i pazienti a far riemergere pensieri nascosti linter-
pretazione dei sogni. Nata con lopera omonima del 1899 dello psicanalista
Sigmund Freud, questa tecnica potrebbe favorire la creazione di falsi ricordi
autobiografici, soprattutto riferiti al periodo dellinfanzia. Per dimostrarlo,
stata definita una procedura sperimentale con lo scopo di indurre in campio-
ne, sottoposto a una sessione di falsa interpretazione dei sogni, dei falsi ricor-
di infantili di eventi, che potevano essere avvenuti nei loro primi tre anni di
49
vita. Uno studio del 1999 (Mazzoni, Lombardo, Malvagia e Loftus 1999)
perfezion e approfond i risultati ottenuti in un altro studio precedente
(Mazzoni e Loftus 1998), nel quale si dimostr che bastava un piccolo sugge-
rimento, affinch i partecipanti riconoscessero degli argomenti provenienti
dai loro sogni, non valutando di averli imparati da una lista letta in preceden-
za. Lalto tasso di falsi riconoscimenti e la convinzione che dimostravano per
questi falsi ricordi, mosse a un successivo approfondimento di ricerca sugli
eventi personalmente pi significativi. Il seguente esperimento sullimmagi-
nazione guidata fu realizzato nel 1999 presso lUniversit di Firenze: a 128
laureandi fu fatto compilare un inventario di eventi vissuti prima dei tre anni,
comprendente anche quello su cui sarebbe avvenuta in seguito la manipola-
zione (come essersi persi in un luogo pubblico, essere stati abbandonati
dai genitori ed essersi trovati soli e perso in un luogo sconosciuto) (v. fig.
1). I partecipanti dovevano indicare, con un punteggio che andava da uno
(minima) a otto (massima), la probabilit che levento si fosse realmente ve-
rificato. In una seconda fase dellesperimento, furono ricontattati i cinquanta
soggetti che erano convinti che gli eventi critici non fossero mai accaduti loro
(avendo realizzato un punteggio inferiore al quattro). Furono suddivisi, in
modo casuale, in due gruppi: il primo ricevette informazioni suggestive sui
propri sogni ricorrenti o recenti, il secondo no. Al primo gruppo, uno speri-
mentatore si present come uno psicologo esperto nellinterpretazione dei
sogni, per cui dava false interpretazioni del racconto, sostenendo che il sogno
era indicativo di unesperienza infantile precoce stressante, come i tre eventi
critici segnalati in precedenza. Infine, il sedicente psicologo clinico chiedeva
se uno qualsiasi degli eventi critici fosse accaduto al soggetto prima dei tre
anni det e, nel caso in cui qualcuno dei partecipanti avesse sostenuto di non
ricordare questi avvenimenti, gli spiegava come alcuni episodi infantili spes-
so sono sepolti nellinconscio, ma possono essere rivelati dai sogni.
Laltro gruppo invece, come detto, non fu sottoposto alla sessione dellin-
terpretazione del sogno. Nellultima fase dellesperimento, i partecipanti furo-
no riconvocati giorni dopo e quelli, che si erano sottoposti allinterpretazione
dei sogni da parte del presunto psicologo clinico, valutarono come pi proba-
bile levento critico, rispetto a quanto avevano affermato nella prima fase.
Che valenza possiamo dare allinterpretazione dei sogni? Come la
Loftus e la Mazzoni sostengono nella conclusione del primo esperimento
che abbiamo descritto, Freud probabilmente pu avere qualche ragione su
qualche aspetto dei sogni, ma anche responsabile delle false idee che oggi
si hanno sui sogni. Per questo sarebbe suggestivo aggiungere alla definizio-
ne di sogno come via regia per arrivare allinconscio", anche quella di
strada maestra per la manipolazione dei ricordi.
50
Figura 1
0,32 0,28 0,44 0,16 1,26 2,95 2,58 2,26
0,5
0,0
0,5
1,0
1,5
2,0
2,5
3,0
3,5
Smarrito in pubblico Abbandonato Solo/perso Media
Controllo
Sogno
La figura mostra la variazione media del punteggio dei cosiddetti LEI (Life events invento-
ry, lista di eventi della vita) per ciascuno dei tre elementi critici (smarrito in un luogo pubbli-
co, abbandonato, solo/perso). Nellultima colonna a destra viene calcolata variazione media
di tutti i tre elementi critici. In condizione di controllo (rettangoli bianchi) i cambiamenti dei
punteggi sono relativamente bassi e non significativi, mentre nel caso dei soggetti sottopo-
sti allinterpretazione del sogno dello psicologo clinico (rettangoli neri), i cambiamenti sono
davvero notevoli.
Fonte: rielaborata da Mazzoni, Lombardo, Malvagia e Loftus (1999)
Lesame dellinterpretazione dei sogni e gli esperimenti appena descritti
si collegano inevitabilmente a un altro fenomeno, quello della cosiddetta
amnesia infantile: come detto, infatti, i partecipanti allo studio dovevano
compilare un inventario circa gli eventi che erano loro capitati nei primi tre
anni di vita. Questet stata scelta deliberatamente perch, a oggi, vari
studi hanno dimostrato che molto improbabile che un adulto ricordi un
evento accaduto nei primi due-tre anni della propria vita. In uno di questi
(Usher e Neisser 1993), lamnesia infantile stata esaminata in un gruppo
di studio composto da studenti chiamati a ricordare quattro eventi databili:
la nascita di un fratello minore, un ricovero in ospedale, la morte di un
membro della famiglia e un trasloco. Gli studenti risposero alle domande
sugli eventi accaduti quando avevano 1, 2, 3, 4 o 5 anni e provenienti anche
da fonti dinformazioni esterne, come dalle storie raccontate in famiglia. Lo
studio conferm che la gente avrebbe potuto ricordare un soggiorno in
ospedale o la nascita di un fratello pi piccolo, quando avevano circa due
anni di et e gli altri due avvenimenti, quando ne avevano circa tre. Loftus
(Sabbagh 2009, p. 18), critic questo esperimento da un punto di vista me-
todologico, poich nella ricerca hanno avuto un peso notevole le persone
che avevano avuto un fratello, nato quando essi avevano due anni, cos che
51
hanno potuto rispondere in maniera maggiore ad alcune domande su di es-
so. Le domande erano Chi ha portato tua madre in ospedale?, pap; oppu-
re Chi ti faceva compagnia, mentre mamma andava in ospedale?, nonna.
Secondo la Loftus, se la prova era prodotta in questo modo, non era con-
vincente levidenza che davvero le persone stessero ricordando gli avveni-
menti descritti. Dunque, a che et sinizia a ricordare? La neuropsicologia
ha recentemente sviluppato lipotesi riguardante i diversi tempi di matura-
zione delle strutture encefaliche (DAmbrosio 2010). Secondo alcuni auto-
ri, impossibile ricordare eventi verificatisi prima della maturazione del-
lippocampo (che avviene intorno ai due-tre anni) (Howe e Courage 1997,
cit. in DAmbrosio 2010, pp. 251). Altri autori, invece, hanno sviluppato
una teoria secondo la quale lo sviluppo e lemergere delle memorie auto-
biografiche sarebbero la diretta conseguenza di una crescita che riguarda,
pi in generale, la gestualit, il linguaggio e la formazione di concetti, inte-
grando la sola ipotesi legata alla maturazione neurologica. La memoria au-
tobiografica emergerebbe insieme al s cognitivo, cio a una struttura di
conoscenze, i cui tratti servono a organizzare la memoria delle esperienze
alle quali lindividuo continuamente confrontato. Questa struttura si svi-
lupperebbe nel corso del secondo anno di vita, che ritenuto essere il limite
inferiore alla memoria autobiografica (DAmbrosio 2010, pp. 251).
4. Falsi ricordi durante lipnosi
Dare una definizione dipnosi non semplice, n unanimemente rico-
nosciuto in che misura una terapia ipnotica possa curare meglio di altri
trattamenti. In questo elaborato, tuttavia, ci interessa solo capire se, tramite
procedure ipnotiche, si possono ricordare fatti o eventi dimenticati da sem-
pre e che attendibilit hanno questi ricordi.
LAmerican Psychological Association Division of Psychological Hyp-
nosis nel 1993 ha definito lipnosi una tecnica condotta da un professionista
della salute che, tramite un processo di induzione, fa sperimentare al sog-
getto alcuni cambiamenti nelle sensazioni, nelle percezioni, nei pensieri o
nel comportamento. In particolare, sono indotte le suggestioni di rilassa-
mento, calma e benessere. Inoltre, durante le induzioni ipnotiche sono ag-
giunte istruzioni di immaginare o di pensare a esperienze passate piacevoli
(o meno). Il vissuto riferito spesso quello di uno stato di coscienza alte-
rato, oppure di uno stato di attenzione focalizzata.
Quello dellipnosi senza dubbio un campo minato, sul quale biso-
gna muoversi con estrema cautela: a tale tecnica, infatti, sono spesso attri-
52
buiti i poteri pi disparati, sino a spingersi alle soglie del paranormale In
realt, lipnosi solo una delle tante tecniche curative utilizzate in psicote-
rapia nelleliminazione o nella gestione di sintomi psicopatologici, in parti-
colare psicosomatici (De Vincentiis 2011).
Sullefficacia di tale tecnica pesa il ruolo di fattori non specifici, come
dimostrato da una metanalisi su 444 studi pubblicati fino al 2002 (Flammer
e Bongartz 2003).
Il termine ipnosi (dal greco hypnos, sonno), seppur conosciuto e utiliz-
zato da centinaia di anni, ha acquistato importanza terapeutica soprattutto
nellultimo secolo: il maggior esperto mondiale di questa tecnica stato
Milton H. Erickson, psichiatra statunitense scomparso nel 1980, che ha de-
dicato allo studio dellipnosi gran parte della sua vita. Erickson, oltre a fon-
dare e presiedere la Societ Americana di Ipnosi Clinica (American Society
for Clinical Hypnosis, ASCH), capovolse il pensiero di Sigmund Freud e
inizi a considerare linconscio non come luogo in cui covavano ricordi ri-
mossi, ma come una vera e propria fonte di risorse da cui attingere positi-
vamente per risolvere i problemi di un paziente. In tutti i suoi oltre 150 arti-
coli sullargomento, Erickson ha sempre avuto, come punto di partenza,
lidea e la convinzione che lipnosi non avesse poteri paranormali e che,
tramite le sedute ipnotiche, non fosse possibile far riemergere ricordi re-
pressi o far regredire il soggetto a vite passate o parallele. Procedure ipnoti-
che, in realt, favoriscono la creazione di falsi ricordi, anche se, ancora og-
gi, alcuni psicologi o psichiatri sono convinti che, tramite una terapia ipno-
tica, il paziente possa recuperare dei ricordi rimossi, sepolti nellinconscio e
che hanno difficolt a riemergere. Nonostante questo non sia supportato da
alcuno studio scientifico o alcuna ricerca realizzata con i paradigmi speri-
mentali, la produzione letteraria di questo genere molto prolifica.
Il dott. Angelo Bona, psicologo italiano, cos sicuro che durante lip-
nosi si possa far regredire il soggetto a vite precedenti, che ha addirittura
fondato lAssociazione italiana dipnosi regressiva: dalla presentazione del
sito, un linguaggio velatamente misterioso (Iniziare un percorso di Ipnosi
Regressiva non equivale a svolgere una psicoterapia, in quanto lanalisi non
si limita allo studio psicologico dei conflitti, ma si estende alla compren-
sione dei temi dellanima, delle vite precedenti, delle dinamiche karmi-
che), sembra far capire che, tramite lipnosi regressiva, si possa regredire a
vite precedenti e scoprire la verit sulla reincarnazione. In realt, questi
temi dovrebbero appartenere pi al campo del paranormale (in cui si pu
tranquillamente credere a qualsiasi cosa, anche se non provata e dimostrata)
che a quello della medicina. Nonostante le convinzioni del dott. Bona, esi-
stono vari esperimenti (Spanos e Chaves 1988; Spanos 2000) che indicano
53
che le descrizioni di vite passate ottenute da soggetti, regrediti sotto leffet-
to dellipnosi, sono soltanto frutto della fantasia di persone con grande im-
maginazione. Questi soggetti si lasciano andare durante procedure ipnoti-
che e, grazie alle suggestioni regressive, raccontino episodi totalmente in-
ventati. Quando in ipnosi, il soggetto in uno stato di coscienza alterato,
simile al sonno, per cui pi incline a immagazzinare immagini e suoni
provenienti dallesterno. In tale condizione pi probabile sviluppare falsi
ricordi, poich il soggetto ritiene di ricordare ci che, in realt, stato in-
volontariamente suggerito dal terapeuta, che ha indotto lo stato ipnotico.
Invitati dal terapeuta a ricordare, a fare uno sforzo o a provare a im-
maginare, i pazienti potranno sviluppare falsi ricordi, convinti che essi
siano genuini.
Ernest Hilgard (1966), psicologo della Standford University che ha de-
dicato molti anni allo studio dellipnosi, sostiene che in stato ipnotico le
persone si abbandonano alle suggestioni che sono loro suggerite, fino al
punto di credere che loggetto che hanno davanti agli occhi non esista o, al
contrario, di vedere cose che non ci sono affatto. La caratteristica principa-
le, secondo lo studioso americano, risiede nel fatto che lessere umano
molto suggestionabile, e le tecniche ipnotiche non sono altro che degli
strumenti per mettere il soggetto in una situazione di tranquillit, di fiducia
tale da poter sfruttare appieno la sua suggestionabilit. Per dimostrare la
scarsa attendibilit dei ricordi che affiorano durante lipnosi, Hilgard sug-
ger a un soggetto, in stato dipnosi profonda, che il giorno prima aveva as-
sistito a una rapina a una banca. bastato questo suggerimento iniziale, se-
guito dallinsinuazione che i ricordi erano, forse, un po confusi a causa
dello shock ricevuto, perch il soggetto cominciasse a fornire la descrizione
della banca assaltata, dei connotati dei rapinatori, della dinamica della rapi-
na. Una volta tornato allo stato di veglia il soggetto era convinto di aver
vissuto nella realt quegli avvenimenti indotti in immaginazione durante la
seduta ipnotica, trasformando eventi completamente falsi e inventati in ri-
cordi reali. Sempre secondo il dott. Hilgard, molto facile completare i
vuoti della memoria creando dei ricordi artificiali, che ben presto si me-
scolano con quelli reali, senza che sia pi possibile distinguere gli uni dagli
altri. Inoltre il soggetto, durante lipnosi, si affida completamente allipno-
tizzatore, a cui devolve il compito di guidare le proprie suggestioni. Da stu-
di fatti sembra che basti, talvolta, un leggero cambiamento nellintonazione
della voce dellipnotizzatore per guidare il soggetto in una direzione anzi-
ch in unaltra. La caratteristica principale dei falsi ricordi emersi sotto ip-
nosi che essi sono raccontati con estrema certezza e convinzione, ricchi di
dettagli totalmente inventati: inoltre, pi gli episodi sono raccontati, pi il
54
protagonista di queste esperienze immaginarie si convince della loro auten-
ticit e attendibilit.
In ogni caso, lidea che, sotto ipnosi, linconscio riemerga, facendo riaf-
fiorare ricordi autentici o accurati del passato, uno dei miti pi persistenti
della psicologia. Non esiste alcun metodo conosciuto per distinguere se i ri-
cordi emersi sotto ipnosi o con qualsiasi altra tecnica siano veri e quali
siano falsi, in assenza di una conferma indipendente. Come abbiamo visto,
dopo numerose sedute con uno psicoterapeuta in buona fede, ma imprepara-
to, i falsi ricordi possono diventare cos vividi e cos radicati nella mente di
un paziente da restarci per tutto il resto della sua vita (Gardner 2006). Sul sito
dellAPA (American Psychological Association) sono presenti vari studi e
articoli che parlano dellalta probabilit di creare false memorie sotto ipnosi,
in modo da mettere in guardia i propri iscritti circa lutilizzo di tecniche ip-
notiche per recuperare ricordi (www.apa.org/topics/hypnosis).
Lalta probabilit che lipnosi e altre tecniche suggestive possano far
nascere dei ricordi falsi e non genuini riconosciuta anche dai nostri legi-
slatori e giudici. Il vigente codice di procedura penale, infatti, proibisce che
i metodi ipnotici possano essere utilizzati per interrogare limputato e i te-
stimoni. Lart. 64 c.p.p., rubricato Regole generali per linterrogatorio al
2 comma, cos recita: Non possono essere utilizzati, neppure con il con-
senso della persona interrogata, metodi o tecniche idonei a influire sulla li-
bert di autodeterminazione o ad alterare la capacit di ricordare e di valu-
tare i fatti, esplicitando il principio della libert morale e di autodetermi-
nazione. Il riferimento alle tecniche preclude luso di strumenti quali
lipnosi, la narcoanalisi, a prescindere dal consenso della persona. Questa
avvertenza evidenzia come le regole dellinterrogatorio debbano tutelare la
libert e la dignit della persona pretendendo che la stessa non sia sottopo-
sta a pressioni o suggestioni o metodi alternativi per far riaffiorare il ricor-
do di particolari avvenimenti.
Un avvertimento simile presente nel libro terzo del codice di procedu-
ra penale dedicato alle prove, in cui lart. 188, rubricato Libert morale
della persona nellassunzione della prova recita Non possono essere uti-
lizzati neppure con il consenso della persona interessata, metodi o tecniche
idonei a influire sulla libert di autodeterminazione o ad alterare la capacit
di ricordare e di valutare i fatti, allo scopo di tutelare il bene supremo della
libert morale e personale del soggetto, da ritenersi bene indisponibile,
quindi sottratto sia alla valutazione dellinteressato stesso, sia alla genuinit
e alla certezza della prova.
Anche la Suprema Corte di Cassazione ha avuto modo di occuparsi, nel
corso degli anni, dellipnosi. A tal proposito, portiamo una recente sentenza
55
delle Sezioni Unite Civili
1
che fa chiarezza sulla possibilit di interrogare,
durante le indagini preliminari, una persona informata sui fatti tramite tec-
niche ipnotiche e sulla possibilit o meno di utilizzare tali dichiarazioni in
dibattimento. Il caso nacque da una decisione di un sostituto procuratore
che, nel corso di indagini preliminari per omicidio volontario, dispose per
un testimone del delitto, che aveva difficolt a ricordare levento, per ef-
fetto dello shock provocato dal fatto delittuoso, una seduta ipnotica al fine
di recuperare ricordi rimossi. In tal modo permise luso di metodiche ido-
nee a pregiudicare la libert di autodeterminazione della persona, violando
il divieto di adozione delle misure limitative della libert personale, se non
nei casi previsti dalla legge. La commissione disciplinare Consiglio Supe-
riore della Magistratura, organo di autogoverno dei Giudici, pun con la
sanzione disciplinare dellammonimento questo comportamento del magi-
strato
2
, ritenendo linduzione ipnotica una metodica idonea a pregiudicare
la libert di autodeterminazione della persona. Il magistrato propose il ri-
corso per la Cassazione del provvedimento disciplinare, ma la Suprema
Corte respinse il ricorso, criticandolo fortemente e censurando lutilizzo di
procedure ipnotiche sul testimone, statuendo che:
I caratteri e lo scopo dellipnosi medica praticata sul M., come descritta dalla
relazione del consulente [era] sicuramente rivolta ad acquisire dallo stesso, infor-
mazioni diverse da quelle che egli era stato in grado di fornire in condizioni di or-
dinaria veglia comportando una condizione mentale in cui era possibile apportare
manipolazioni e alterazioni della volont dipendenti da quella dei soggetti che in-
teragivano con esso.
Appare, quindi, altamente probabile che in un soggetto ipnotizzato pos-
sono attivarsi dei falsi ricordi. Questipotesi stata verificata in vari studi
(cfr. Loftus 1993). Nel primo (Laurence e Perry 1983), i soggetti ipnotizza-
ti, al risveglio dallo stato ipnotico, ricordavano particolari, totalmente in-
ventati, di eventi mai verificatisi. Infatti, durante lipnosi, lo sperimentatore
suggeriva alla persona, che si era svegliata quattro volte durante la notte
precedente per andare in bagno, che una quarta volta era anche caduta
sbattendo il naso. Al risveglio dallo stato ipnotico, la donna era convinta
che gli eventi inculcati dallo sperimentatore, fossero realmente accaduti,
1
Sentenza 1 febbraio 2008, n. 2444, citata in Psichiatria, psicologia e diritto, I, 2, di-
cembre 2009.
2
Proc. n. 80/2006 R. G., sentenza 29 gennaio 2007-8 febbraio 2007, n. 9, Presidente
Mancino, Estensore Romano. La decisione reperibile su Quaderni del Consiglio Superiore
della Magistratura, sezione disciplinare, massimario delle decisioni, anno 2006-2007, pp.
99, 100 e 158.
56
nonostante lo sperimentatore provasse a convincerla con tenacia che gli av-
venimenti li aveva semplicemente sognati. Nel secondo, Laurence e Perry
(1983) ipnotizzarono i soggetti che partecipavano allesperimento, durante
lipnosi chiesero loro di scegliere una sera della settimana precedente in cui
dovevano descrivere le loro attivit durante la mezzora prima di andare a
dormire. Gli sperimentatori impiantarono tra i loro ricordi un suggerimento
aver sentito alcuni rumori molto forti che li avevano fatti risvegliare , in
seguito, dimostrarono che quasi la met dei soggetti aveva fatto proprio il
suggerimento impiantato. Alla fine dello stato ipnotico si rivelavano con-
vinti che il ricordo impiantato fosse un evento realmente accaduto. Come
nellesperimento precedente, anche in questo caso lipnotista prov a con-
fessare ai soggetti di aver suggerito il ricordo che, quindi, non si era mai
verificato, ma i soggetti rimasero impassibili e fermi sulle loro posizioni,
sostenendo di essere certi o abbastanza certi di averli ascoltati!
Avendo verificato che possibile indurre falsi ricordi sotto ipnosi, le-
cito dubitare anche dellautenticit dei ricordi autobiografici infantili, ottenuti
sotto ipnosi. Linattendibilit dei ricordi ottenuti sotto induzione ipnotica
confermata da diversi esperimenti, tra i quali meritano di essere segnalati
quelli dello psicologo Steve Lynn (Vannucci 2008). Lynn utilizzava la regres-
sione ipnotica: dopo aver detto che la tecnica dellipnosi avrebbe sicuramente
fatto ricordare episodi remoti e dimenticati, faceva regredire il soggetto a un
momento precedente della propria vita, per esempio allet di due anni, e gli
chiedeva cosa ricordasse. Come detto in precedenza, impossibile ricordare
eventi dei primi due anni di vita, ma, nonostante ci, i soggetti dellesperi-
mento ricordarono addirittura fatti accaduti nei loro primi dodici o diciotto
mesi di vita. Ci non accadeva, invece, con il gruppo di controllo utilizzato
da Lynn, che non rifer alcun ricordo riguardante i primi anni di vita.
In un altro studio del 1997, Lynn e il suo collega Sivek fecero regredi-
re, sotto ipnosi, met dei partecipanti allet di cinque anni, mentre allaltra
met fu applicata una procedura regressiva di tipo suggestivo, priva
dipnosi. Avendo indicato, a entrambi i gruppi un determinato evento falso
(laver giocato con un particolare giocattolo che allepoca della loro infan-
zia non esisteva), fra gli ipnotizzati il 20% valut le esperienze recuperate
come vere, mostrando una grande sicurezza nei propri ricordi, mentre nes-
suno dellaltro gruppo ricord lepisodio suggerito.
Quando sotto ipnosi emergono ricordi stravaganti o bizzarri, come si
deve valutarli? Devono essere considerati falsi per il solo fatto di essere
strampalati o anche, e soprattutto, per un altro motivo?
57
5. Tipologie di falsi ricordi
1. Falsi ricordi insoliti e stravaganti: i rapimenti alieni
Quello dei presunti rapimenti alieni (abduction) sicuramente il falso
ricordo pi bizzarro e strano studiato dai ricercatori. Nonostante che
lesistenza di forme di vita extraterrestri sia attualmente ancora tutta da di-
mostrare, alcune persone sostengono non solo di aver visto degli alieni, ma
addirittura di essere state rapite da loro, portate con la forza su una loro na-
vicella spaziale e poi rilasciate. A volte sono raccontati anche stupri singoli
o di gruppo effettuati dagli alieni sul malcapitato essere umano. Come in-
terpretare questi ricordi? Devono essere considerati falsi solo perch bizzar-
ri o ci sono altre spiegazioni?
Risolvere e spiegare un caso di un presunto abduction non per
nulla facile: nessun caso, infatti, stato osservato da testimoni, quindi ci
si pu basare solo sul racconto della vittima che, tuttavia, spesso sostie-
ne di essere stata narcotizzata e, quindi, di ricordare solo frammenti del-
levento. Dal punto di vista scientifico non vi alcuna prova che questi
rapimenti siano realmente avvenuti, per questa ragione i motivi che
fanno s che un soggetto possa ricordare un avvenimento cos insolito e
bizzarro vanno ricercati altrove: problemi psicologici (per esempio di-
sturbo dissociativo), disturbi del sonno, credenze deliranti o allucinazio-
ni sono i pi probabili.
Non sono pochi i casi in cui persone in cerca di notoriet sosteneva-
no falsamente di essere stati rapiti dagli alieni, con il solo scopo di farsi
pubblicit e o di vendere la propria storia a qualche giornale scandalisti-
co: non ci occuperemo di questi episodi, poich i falsi ricordi che stiamo
analizzando dallinizio di questo lavoro sono falsi ricordi genuini, in cui
il soggetto non pu essere considerato un bugiardo, ma una persona in
buona fede. Affronteremo un solo caso (o meglio, solo alcuni dettagli di
esso) in cui sono stati creati dei falsi ricordi durante un ipnosi regressi-
58
va, senza che vi fossero sogni da interpretare o cause che abbiamo gi
analizzato.
Una sera di fine dicembre 1961, i coniugi Barney e Betty Hill erano in
macchina, di ritorno da una vacanza in Canada. Improvvisamente, videro
apparire nel cielo un oggetto luminoso, simile a un satellite, che descrissero
come a forma di frittella, con due file di finestrini. Il curioso oggetto
sembrava seguirli, quindi Barney decise di scendere dalla macchina per os-
servarlo pi attentamente con un binocolo: dietro i vetri, vide degli esseri
animati non umani. Spaventato dalla visione e richiamato dalle urla della
moglie, si rimise in macchina per dirigersi verso casa. Arrivati al proprio
domicilio, i coniugi si accorsero di aver impiegato circa due ore pi del
previsto per percorrere il tratto di strada che separava la loro cittadina dal
Canada. In seguito iniziarono ad accusare emicrania, vari dolori fisici e ben
presto sopraggiunsero degli incubi notturni. Fu a questo punto che decisero
di consultare uno psichiatra che, durante le sedute dipnosi, fece riaffiorare
dei ricordi dellavvenimento: i coniugi iniziarono a ricordare di essere
stati rapiti e portati allinterno della navicella, descrissero con dovizia di
particolari lastronave, gli omini allinterno e sostennero di essere stati an-
che sottoposti a particolari esami medici, prima di essere rilasciati e riac-
compagnati vicino allautomobile. Pur essendoci tutti i presupposti per so-
stenere che ricordi dei coniugi Hill fossero falsi (ricordi riaffiorati durante
una seduta dipnosi regressiva, avvenimenti paranormali, assenza di testi-
moni, suggestioni), cera da chiarire come avessero fatto marito e moglie a
descrivere con grandissima dovizia di particolari tutto ci che avevano vi-
sto e senza mostrare mai un minimo dubbio. Inoltre, le loro testimonianze
non furono mai in contraddizione.
Una spiegazione plausibile fu data, anni dopo, da un ufologo, Martin
Kottmeyer: egli si accorse che il 10 febbraio 1964 (appena due settimane
prima della seduta dal terapeuta in cui gli extraterrestri furono descritti con
enormi occhi che coprivano quasi tutta la testa dellalieno) la tv aveva tra-
smesso una serie televisiva, The Outer Limits, in cui erano apparse forme di
vita non terrestri molto simili a quelle descritte dai coniugi Hill
1
.
In questo caso, quindi, i falsi ricordi non sono stati il frutto dellim-
maginazione del soggetto e non furono inculcati direttamente dal tera-
peuta: semplicemente questultimo fece in modo che il soggetto tra-
sformasse inconsapevolmente un evento cui aveva assistito (seppur solo
in televisione) in un ricordo proprio, del tutto simile a un avvenimento
che poteva avere vissuto in prima persona.
1
Lepisodio descritto da Teso (2000).
59
Dunque, come evitare di farsi rapire dagli alieni? Secondo quanto so-
stiene il neurologo Sergio Della Sala:
I ricordi sono sempre congruenti con i nostri schemi, quindi con le nostre
aspettative. Anche se i ricordi di persone rapite da esseri alieni non sembrano, ad
alcuni di noi, molto plausibili. Infatti, i falsi ricordi dei rapimenti di alieni si ri-
scontrano solo in persone che credono negli alieni. Da ci discende che la prote-
zione migliore per non farsi rapire dagli alieni non credere allesistenza degli
UFO! (Montali 2007, p. 35).
Che correlazione c tra i falsi ricordi e gli abusi sessuali? possibile
che un soggetto ricordi falsamente di essere stato abusato?
2. Falsi ricordi di abusi sessuali
Gli abusi sui minori sono il crimine pi aberrante e riprovevole che esi-
sta. Puniti severamente dal codice penale, a chi si macchia di questorrendo
reato sono riservati reparti protetti in carceri tradizionali o istituti di pena de-
dicati, con il duplice scopo di evitare la violenza di altri detenuti e tentare una
sorta di rieducazione. La gravit del fatto, le conseguenze devastanti che
hanno sulla vittima e sulla sua famiglia, ma anche lo stravolgimento della
vita del reo, hanno fatto s che, con il tempo, nascesse la cosiddetta Carta di
Noto, scritta nel 2002 e modificata nel 2011, in cui sono tracciate le linee
guida per lesame del minore in caso di abuso sessuale, con i nobili scopi di
evitare un trauma al bambino costretto a sottoporsi a interrogatori, analisi e a
sconvolgimenti della sua vita e, inoltre, per evitare il rischio che il minore ri-
cordi fatti che non si sono mai verificati.
Se per ogni episodio di abuso sessuale fosse presente un testimone
esterno, non ci sarebbero molti problemi di conferma circa le dichiarazioni
del minore. Purtroppo, la stragrande maggioranza degli abusi avviene in
luoghi chiusi, in assenza di testimoni, per cui la testimonianza del minore
abusato molto spesso lelemento centrale per decidere sulla colpevolezza
dellabusante.
Proprio per questo, varie sentenze della Corte di Cassazione hanno sta-
bilito che, ai fini della colpevolezza di un imputato per reati sessuali, qualo-
ra non vi siano altri testimoni, sono di fondamentale importanza le dichia-
razioni dellabusato. In una pronuncia del 2005
2
i Supremi Giudici hanno
statuito che ai fini della formazione del libero convincimento dellorgano
2
Cass. Penale, sez. IV, 21 giugno 2005, n. 30422.
60
giudicante, ben pu tenersi conto delle dichiarazioni della parte offesa, la
cui testimonianza, ove ritenuta intrinsecamente attendibile, costituisce una
vera e propria fonte di prova, sulla quale pu essere, anche esclusivamente,
fondata laffermazione di colpevolezza dellimputato, purch la relativa
valutazione sia adeguatamente motivata. E ci vale, in particolare, proprio
in tema di reati sessuali, laccertamento dei quali passa, nella maggior parte
dei casi, attraverso la necessaria valutazione del contrasto delle opposte
versioni dellimputato e della parte offesa, soli protagonisti dei fatti, in as-
senza, non di rado, anche di riscontri oggettivi o di altri elementi atti ad at-
tribuire maggiore attendibilit, dallesterno, alluna o allaltra tesi. La va-
lutazione della testimonianza dellabusato svolge, quindi, un ruolo fonda-
mentale circa il giudizio di colpevolezza del reo. Non solo. Come statuito
dalla Corte di Appello di Palermo
3
, nei reati commessi in danno di mino-
renni, il giudice ha il dovere di verificare lattendibilit della testimonianza
della persona offesa, con riferimento al contenuto complessivo del fatto-
reato narrato, con la conseguenza che, ove il minore sia stato ritenuto inat-
tendibile, tale giudizio va esteso allintera narrazione dei fatti. Ne deriva
che lo stesso racconto non pu essere ritenuto inattendibile per alcune delle
ipotesi criminose contestate e allo stesso tempo attendibile per le altre.
Il valore della testimonianza e la valenza che le attribuisce il giudice as-
sume ancora pi valore nei reati di tipo sessuale, in cui, sfortunatamente, non
esistono sintomi chiari e inequivocabili di un avvenuto abuso: n psicologici,
n fisici. Infatti, anche le prove mediche, seppur inequivocabili, possono pre-
starsi a interpretazione, giacch eventuali danni fisici, pur facendo pensare a
un abuso, possono essere stati causati da altri eventi (Mazzoni 2012, pp.
242). Ragion per cui, quanto mai fondamentale comprendere, con unalta
probabilit o con certezza, che un determinato caso di abuso sessuale sia af-
fettivamente avvenuto. Tra due contrapposte scuole di pensiero, la prima so-
stenuta da chi credeva che i bambini non fossero in grado di fornire resoconti
accurati di eventi e la seconda di chi invece sosteneva che il ricordo in bam-
bini anche molto piccoli (4-5 anni) fosse sostanzialmente esatto, una terza
sembra la pi corretta. Secondo la dottoressa Mazzoni.
Latteggiamento corretto quello dello scettico, che non sposa per principio
luna o laltra posizione, ma che invece si pone in posizione di ascolto neutrale per
capire cosa sia accaduto nella realt. Infatti, in alcuni casi le denunce corrispondo-
no a fatti realmente accaduti, in altri casi le denunce sono causate da motivi diversi
e sono fittizie (Mazzoni 2012, p. 242).
3
Corte dAppello di Palermo, sez. I penale, 4 febbraio 2002, Diritto di Famiglia e delle
Persone, n. 4, 2002, p. 879.
61
La valutazione di un sospetto abuso sessuale compiuto su un minore, e
dunque la risposta istituzionale conseguente a essa, unattivit molto
complessa in quanto:
la difficolt della diagnosi di un abuso sessuale non solo di ordine
psicologico ma anche processuale: infatti, i processi che si sviluppano
dalle denunce presentate allautorit giudiziaria sono di solito di tipo in-
diziario;
lesito delle investigazioni di questo tipo di accuse dipende dalla possi-
bilit di ottenere informazioni attendibili dalla vittima;
i riscontri di natura fisica che potrebbero convalidare laccusa sono in-
frequenti e, quando ci sono, confermano levento, ma non il responsa-
bile;
tipicamente, questi reati hanno in genere solo due testimoni: la vittima
e il perpetratore; poich il responsabile solitamente nega labuso, la
conoscenza di ci che veramente accaduto dipende dalle informa-
zioni che possibile ottenere dalla vittima durante le interviste;
la competenza dellesperto, che raccoglie le prime informazioni dal
bambino, un requisito indispensabile; infatti, il ricorso a procedure
inadeguate nel corso delle interviste pu portare sia a un giudizio di
falsit di accuse vere che di veridicit di accuse false (De Cataldo
Neuburger 1997; cit. in Aa. Vv. 2011).
Considerate tutte le difficolt nellaccertare se un abuso si sia o no veri-
ficato, lelemento chiave delle indagini , inevitabilmente, il racconto del
minore. Durante le indagini preliminari, il minore sar sentito dalla Polizia
giudiziaria o dal Pubblico Ministero: solo raramente questultimo nomina
un proprio consulente (di solito uno psicologo) che avr il compito di
ascoltare il minore. Il racconto un momento estremamente delicato, per il
minore pu essere vissuto in modo traumatico, giacch rappresenta il suo
primo approccio con unautorit giudiziaria. In questa fase predibattimen-
tale, per questo tipo di reati si procede, di solito, allincidente probatorio,
che permette di acquisire delle prove da utilizzare nel successivo dibatti-
mento e che si svolge nelle forme dellaudizione protetta.
In questa fase, quanto mai fondamentale il ruolo del consulente del
PM: suo, infatti, il compito di raccogliere la testimonianza del minore nel
modo pi attento possibile, tale da valutare loggettivit e la tangibilit de-
gli episodi narrati e di evitare che il minore sviluppi dei falsi ricordi.
Molto spesso lo psicologo chiamato a raccogliere la testimonianza del mi-
nore fa confusione tra un colloquio investigativo (che serve a raccogliere le di-
62
chiarazioni di una vittima) e il colloquio clinico (che ha come obiettivo la cura
del paziente). Chi interroga un bambino, dovrebbe tenere presenti alcuni ele-
menti, affinch la testimonianza risulti quanto pi attendibile possibile:
i bambini si lasciano suggestionare facilmente dagli adulti, pensano
che questi ultimi sappiano tutto e, quindi tendono ad assecondarli. per
evitare ci, fondamentale creare un rapporto amichevole, alla pari, in
cui si mostra di dare fiducia alle dichiarazioni del bambino;
se si fanno pi interviste ai bambini, maggiore sar la possibilit di ri-
cordi distorti o falsi;
il pensiero del bambino segue regole diverse dal pensiero di un adulto;
ragion per cui, necessario prima approfondire il suo livello cognitivo,
di linguaggio e la sua capacit di collocare gli avvenimenti in una cor-
retta progressione temporale e, poi, procedere allintervista (Cavedon e
Calzolari 2005, p. 86).
Inoltre, occorre stare ben attenti a distinguere situazioni fantastiche di
gioco da situazioni reali, realmente vissute dal minore: disegni strani o se-
gni su parti anatomiche di pupazzi non possono e non devono essere valu-
tati, in via immediata, come sinonimo di abusi.
Cos come possibile distorcere i ricordi degli adulti, possibile che ci
accada anche per i ricordi dei bambini? Se si, in che forma? Nel 1995 fu rea-
lizzato un esperimento (cfr. Mazzoni e Rotriquenz 2012, p. 250) in cui due
classi di bambini assistevano a un evento in cui erano presenti azioni molto
semplici da ricordare: un uomo entrava in classe con un oggetto sotto il brac-
cio, interrompeva la lezione facendo cadere un libro, poi parlava con la mae-
stra, prendeva un altro libro e se ne andava. In seguito a una classe furono
poste delle domande con informazioni corrette relative allepisodio, allaltra,
invece, domande con informazioni errate riguardanti il colore delloggetto
che luomo portava sotto il braccio, le parole scambiate con linsegnante, le
azioni delluomo ecc. In un compito di riconoscimento avvenuto qualche
tempo dopo, i bambini ai quali era stata posta una domanda fuorviante ave-
vano un ricordo pi inesatto e meno nitido dellevento rispetto agli altri, a
dimostrazione che anche il ricordo di un bambino pu essere alterato, qualora
gli sia fornita uninformazione imprecisa.
Una sentenza della Corte di Cassazione penale
4
ha tracciato delle linee
guida valutazione della testimonianza infantile nei casi di sospetto abuso
sessuale su minore. Nellannullare con rinvio una sentenza della Corte
4
Corte Cass. Penale, 17 gennaio 2007, n. 121.
63
dAppello di Firenze, che aveva confermato una condanna di un soggetto
per reato continuato di violenza sessuale ai danni di una minore infra-
quattordicenne, pone dei principi fondamentali, a cui far necessariamente
riferimento durante un procedimento in cui sia coinvolto un minore come
vittima. La portata di questa sentenza straordinaria e segna una svolta de-
cisiva nella giurisprudenza in questa materia, fino a ora poco ricettiva dei
dati scientifici in tema di valutazione della testimonianza infantile e del-
lesame psicologico del minore, presunta vittima di abuso sessuale. In una
materia cos sfuggente come quella concernente la testimonianza dei bam-
bini spesso molto piccoli e spesso unici possibili testimoni, perch vittime
di gravissimi reati era necessaria una puntualizzazione che orientasse gli
interpreti, poich nella pratica forense, di solito emerge uno scollamento
con lesperienza scientifica (Gullotta 2011).
La sentenza, molto lunga, articolata e dettagliata, affronta molti punti
critici: la quasi totale acquiescenza della Corte alle conclusioni del proprio
consulente, senza tener in considerazione le conclusioni opposte del consu-
lente della difesa; le dichiarazioni del minore che si prestavano a interpreta-
zioni non univoche, ma facilmente fraintendibili; la possibilit che particolari
contesti familiari potevano avere stimolato la nascita di suggestioni nei mino-
ri (come nel caso della McMartin School, descritto pi avanti); limportanza
dellintervista con il minore e la centralit delle sue prime dichiarazioni. Per
il nostro elaborato, la parte fondamentale della sentenza unaltra: quella in
cui affrontato il problema dei falsi ricordi. Secondo i Supremi Giudici:
Se reiteratamente sollecitato con inappropriati metodi di intervista che impli-
cano la risposta o che trasmettono notizie, il minore pu, a poco a poco, introiettare
quelle informazioni ricevute, che hanno condizionato le sue risposte, fino a radica-
re un falso ricordo autobiografico; gli studiosi della memoria insegnano che gli
adulti raccontano ricordando mentre i bambini ricordano raccontando struttu-
rando cio, il ricordo sulla base della narrazione fatta. Una volta fornita una ver-
sione, anche indotta, questa si consolida nel tempo e viene percepita come corri-
spondente alla realt.
Inoltre, dimostrando di conoscere anche il funzionamento della mente
umana, continuano argomentando che:
Tale accadimento possibile perch la naturale propensione della mente uma-
na verificazionista; quando ci formiamo una idea, tendiamo naturalmente e in-
consapevolmente a confermarla attraverso lacquisizione di nuove informazioni
coerenti con la stessa e a destinare un trattamento opposto a quei dati che sembrano
andare in direzione contraria.
64
I Giudici di merito concludevano sostenendo che:
Non era importante avere come referente le asserzioni della minore al mo-
mento dello incidente probatorio quando ormai i ricordi, veri o falsi che fossero, si
erano consolidati per la loro reiterazione prolungata nel corso di tre anni. A questo
punto era ormai impossibile discernere tra una memoria genuina e una indotta.
Le motivazioni della sentenza attribuiscono valenza giuridica a tutti
gli esperimenti sulleffetto disinformazione, a quelli sui falsi ricordi auto-
biografici (di cui ci occuperemo anche nel prossimo paragrafo) alla ten-
denza della nostra mente a uniformare i nostri ricordi alle nostre idee e
alla difficolt (che spesso si tramuta in impossibilit) nel distinguere ri-
cordi veri da quelli falsi, qualora il minore sia interrogato in modo inap-
propriato o superficiale.
3. Ricordi recuperati di abusi e falsi ricordi autobiografici
Come accennato in precedenza, negli ultimi anni, soprattutto negli Stati
Uniti, sono aumentate a dismisura le cause per abusi sessuali sui minori
(Childhood Sexual Abuse, CSA): ragazzi o ragazze adolescenti o adulti,
spesso in terapia per problemi psichici, rievocano ricordi di abusi subiti
molti anni prima, a volte decenni, quando erano bambini, abusi subiti spes-
so da genitori o da persone di famiglia. Ci, oltre ad avere delle immediate
conseguenze drammatiche sia per la vittima (presunta o reale, che avrebbe
subto labuso) che per lautore, additato come pedofilo e costretto ad af-
frontare un delicato processo penale, pone una domanda di fondamentale
importanza: quando il ricordo dellabuso, o presunto tale, riemerge a tanti
anni di distanza, a volte addirittura decenni, che tipo di valenza si pu attri-
buire a esso? Ci sono elementi che potrebbero fornire indizi o indicazioni
sulla genuinit del ricordo?
Vari esperimenti hanno dimostrato quanto sia facile impiantare nella
mente delle persone dei falsi ricordi autobiografici, convincendole di aver
vissuto in prima persona nel passato un evento che, in realt non si mai
verificato.
dunque possibile che una persona ormai adulta possa recuperare me-
moria di avvenimenti di tanti anni prima, che non erano mai affiorati?
Andiamo a vedere brevemente tre esperimenti. Nel primo studio in cui
impiantarono dei ricordi falsi (Loftus e Pickrell 1996), gli sperimentatori rac-
contarono ai ventiquattro partecipanti dei racconti di tre eventi realmente ac-
caduti loro durante linfanzia. Insieme con questi, per, fu descritto loro un
65
evento mai verificatosi: essersi smarriti in un centro commerciale per un lun-
go periodo di tempo, per poi essere salvati da un adulto. Tuttavia, ai soggetti
fu detto che tutti e quattro gli eventi erano stati raccontati da figure per loro
autorevoli (genitori e altri parenti), che, quindi, sarebbero state in grado di
sapere determinate cose. Ai soggetti venne chiesto di scrivere ci che ricor-
davano (se lo ricordavano) su ciascuno dei quattro eventi. Nel corso di due
successive interviste, i soggetti furono nuovamente invitati a ricordare il
maggior numero di dettagli su ciascuno dei quattro eventi (tra cui levento
cruciale del centro commerciale, che i parenti avevano espressamente catalo-
gato come falso). I soggetti ricordarono circa il 68% degli eventi realmente
accaduti, ma sei tra i ventiquattro soggetti (25%) ricordarono anche levento
critico falso. Non solo: alcuni di questi soggetti non si limitarono a ricordare
levento, ma continuarono a inventare dettagli dellevento mai verificatosi.
Per quanto indicativo, a questo esperimento possiamo muovere due
critiche. La prima, di tipo metodologico, che ha coinvolto un numero di
soggetti relativamente basso. La seconda, sui risultati ottenuti: ben possi-
bile, infatti, che i soggetti si fossero davvero persi in un centro commerciale
da bambini, ma che n i genitori, n i parenti se ne ricordassero o addirittu-
ra ne fossero a conoscenza (per esempio, si sarebbero potuti perdere mentre
erano con la baby-sitter). Tuttavia, in seguito furono svolti altri esperimenti
simili, con pi partecipanti e con ricordi da impiantare pi improbabili, che
diedero risultati analoghi.
Gli psicologi realizzarono un altro esperimento (Wade, Garry, Read e
Lindsay 2002) in cui tentarono di impiantare un falso ricordo pi improbabile
e, verosimilmente, pi difficile da ricordare: un giro in mongolfiera durante
linfanzia. Ai venti soggetti di ricerca fu mostrata una falsa fotografia otte-
nuta incollando due immagini: quella dei volti del soggetto e di un parente
che furono sovrapposti ai volti di due persone che viaggiavano in mongolfie-
ra. Ai soggetti (di cui i membri della famiglia confermarono che levento non
si era mai verificato) fu chiesto di raccontare tutto ci che ricordavano, senza
tralasciare nulla, anche i dettagli apparentemente banali. Con i soggetti vi fu
pi di un colloquio e, alla fine dellesperimento, il 50% dei soggetti aveva
ricordato, in parte o chiaramente, il finto giro in mongolfiera. Alcuni, se-
guendo linvito degli sperimentatori a non tralasciare alcun ricordo, anche
quello pi insignificante, impreziosirono il loro racconto con dettagli senso-
riali associati a un giro in mongolfiera effettuato durante ladolescenza ma
mai vissuto realmente. Per esempio, un soggetto dichiar: Sono ancora ab-
bastanza certo che sia avvenuto quando ero in prima media a quella scuola
l Sono abbastanza certo che mamma era gi per scattare una foto.
Questo secondo esperimento, per quanto abbia fatto ricordare ai sog-
66
getti che partecipavano alla ricerca un evento falso, alquanto strano e inso-
lito (fare un giro in mongolfiera , per dei bambini, molto meno comune
che perdersi in un centro commerciale), a un occhio attento pu far sorgere
perplessit identiche a quelle che si erano manifestate nel precedente proto-
collo sperimentale: scarso numero di soggetti (venti); la scelta di un evento
che, per quanto improbabile (molto pi del primo), sarebbe stato comunque
plausibile che si fosse verificato, alloscuro dei genitori.
Un terzo esperimento super queste due critiche: coinvolse un numero
maggiore di soggetti (ben 167, di cui 104 donne e 63 uomini) e, soprattutto,
impiant ricordi di un evento talmente falso che non sarebbe mai potuto ac-
cadere. Questa volta il ricordo impiantato riguardava una visita a Disneyland
e, soprattutto, lincontro e la stretta di mano con Bugs Bunny, noto personag-
gio dei cartoni (Braun, Ellis e Loftus 2002). Il 16% dei soggetti, a seguito
dellesperimento, ricord lincontro e la stretta di mano a Bugs Bunny. Que-
sta ricerca ebbe una fase successiva, realizzata da un collaboratore della
Loftus (Grinley 2002), i soggetti che sostenevano di aver incontrato il buffo
personaggio salirono al 25-35%. Vennero, infatti, chiesti anche dei dettagli
dellincontro. Il 46% ricordava di averlo abbracciato e addirittura il 62% di
avergli stretto la mano. Inoltre, alcune persone ricordavano di avergli toccato
le orecchie o la coda e una si ricord che aveva in mano una carota. Queste
scene, ovviamente, non si erano mai verificate perch Bugs Bunny un per-
sonaggio dei cartoni animati Warner Bros e non sarebbe mai potuto essere
presente in un parco giochi di propriet Disney.
A differenza dei primi due esperimenti, in cui i soggetti ricordavano
eventi in parte plausibili (essersi persi nel centro commerciale o aver fatto
un giro in mongolfiera), ma smentiti da genitori e parenti, in questultimo
caso a riemergere stato un ricordo sicuramente falso, poich incontrare
Bugs Bunny in un parco Disney impossibile!
Quindi, lanalisi e la conoscenza di tutti questi esperimenti e dei relativi
risultati devono spingerci a valutare tutti i ricordi recuperati sempre con la
massima attenzione.
4. Falsi ricordi, isterie, suggestioni collettive e indagini
sbagliate
Le convinzioni e le sicurezze dei genitori e le terapie sbagliate o mal
eseguite possano portare alla creazione di falsi ricordi e alla formulazione
di terribili accuse nei confronti di persone innocenti, come dimostrato da
questincredibile storia.
67
In questo racconto, si trova tutto quello che non bisogna fare per racco-
gliere testimonianze accurate in un presunto caso di pedofilia: terapie sba-
gliate, interroganti pieni di pregiudizi, indagini lacunose, assenza di riscon-
tri oggettivi.
Negli anni Ottanta, un terribile caso giudiziario sconvolse gli Stati Uni-
ti: alcuni membri della famiglia McMartin, proprietari e insegnanti di una
scuola dellinfanzia che ospitava bambini dai tre mesi ai tre anni a Man-
hattan Beach, California, furono accusati di abusi sessuali su alcuni dei mi-
nori dei quali si prendevano cura. Accusati di reati terribili, arrivarono ad
accumulare ben 208 capi dimputazione a loro carico.
Tutto ebbe inizio quando la mamma di uno degli alunni si accorse di
alcuni segni sul corpo del proprio figlio. Nonostante i dinieghi del bambi-
no (di poco pi di due anni), si convinse che i segni indicassero chiara-
mente degli abusi sessuali subti dal figlio. Chiamata la polizia, gli agenti
condussero il piccolo da una psicoterapeuta che dirigeva un centro contro
labuso sui minori e inviarono delle lettere ad altri genitori che avevano
figli nella medesima scuola, chiedendo loro di segnalare eventuali segni di
abusi. Gli altri genitori, che fino alla ricezione di quella lettera non aveva-
no notato nulla di strano, chiesero lumi ai figli, che risposero in modo
convinto: No, non successo niente. Nonostante ci, furono tutti portati
dalla medesima psicoterapeuta e dai suoi collaboratori. Intanto, i gestori
della scuola furono arrestati e la notizia fin sui giornali, prima su quelli
locali e poi su quelli nazionali. Da allora, i genitori dei ragazzi iniziarono a
confrontarsi tra loro, in questo modo, grazie a una suggestione collettiva,
iniziarono a sorgere loro dei dubbi: E se i nostri figli fossero stati davvero
vittime di abusi? Del resto, quella volta ho visto su mio figlio quella strana
ferita. Esaminati con tecniche discutibili (tipo luso di bambolotti, cui
abbiamo accennato in precedenza), i bambini iniziarono a ricordare cose
strane, cos come i genitori e addirittura degli ex alunni ormai adulti che,
sottoposti a ipnosi, iniziarono a ricordare episodi strani del passato, avve-
nimenti di cui non avevano avuto memoria fino ad allora, come essere stati
coinvolti in rituali satanici.
La preoccupazione and oltre i confini della scuola e inizi a coinvol-
gere tutti gli abitanti della cittadina, che iniziarono a vedere cose strane
ovunque. Addirittura, la vicenda oltrepass i confini locali e in poco tempo
in tutti gli USA iniziano a fioccare le denuncie di abusi satanici sui minori.
Il processo che ne segu fu il pi lungo e costoso degli USA, riguar-
dando ben 208 capi dimputazione e accuse di abusi su quaranta bambini.
Pian piano, per, le accuse siniziarono a sgonfiare. La signora Johnson,
prima denunciante, fu ricoverata in un istituto di salute mentale per schi-
68
zofrenia paranoide, per aver fatto accuse simili ad altre persone. Inoltre,
gli esperti dichiararono durante il processo che i segni sul corpo erano ar-
rossamenti della pelle e che gli esami, allepoca delle denunce, non erano
stati accurati. Gli interrogatori condotti dalla psicoterapeuta lasciarono
molto a desiderare, poich condotti in base a ununica direttiva: non ac-
cettare il no come risposta. Se il bambino sosteneva di non ricordare,
secondo la dottoressa, era dovuto al fatto che non voleva ricordare. Do-
mande suggestive come vero che Ray ti ha fatto questo e questo su
bambini che sapevano appena parlare e vittime della loro naturale tenden-
za a compiacere i grandi, dicendo quello che gli adulti vogliono sentirsi
dire, erano tuttaltro che una prova attendibile. Non fu trovato alcun ele-
mento oggettivo che la Procura avrebbe dovuto portare come prova, n un
tunnel sotterraneo descritto dai bambini, n le tante foto che avrebbero
dovuto avere gli imputati. Nonostante cinque anni di galera e lincendio
della scuola, alla fine tutti gli imputati furono assolti
5
.
Questo drammatico caso servito per rivedere i parametri dindagine
per i casi che coinvolgono i bambini, usando tecniche dinterrogatorio
adatte e fornendo maggiore attenzione alle risposte.
5. Condizionamenti e pregiudizi possono falsare i ricordi?
Come abbiamo visto, in assenza di altre prove (come filmati o impron-
te), le dichiarazioni di chi era presente sulla scena di un reato assumono una
valenza fondamentale non solo per la descrizione dei fatti, ma soprattutto
per lindividuazione del colpevole. Condizioni atmosferiche, luci soffuse,
distanza tra il reo e il testimone, miopia e problemi fisici sono solo alcuni
dei fattori che possono condizionare e falsare il riconoscimento. possibile
che condizionamenti razziali falsino un riconoscimento, indicando quale
autore di un reato una persona solo perch di razza diversa dalla nostra?
In un episodio descritto dal gi citato racconto del magistrato Gianrico
Carofiglio (Carofiglio 2002), il protagonista del libro, avv. Guerrieri, si tro-
va a difendere un immigrato, accusato di aver ucciso un bambino e di aver-
ne occultato il cadavere. In mancanza di validi riscontri oggettivi, lele-
mento cardine dellaccusa la testimonianza del gestore di un chiosco che
dichiar che il bambino, la sera della scomparsa, era con limmigrato e che
i due stavano spesso insieme. Lavvocato, notando delle incongruenze e dei
5
Lepisodio raccontato da C. Lucarelli, Dee Giallo, il radiodramma di radio DeeJay,
episodio del 17 marzo 2013, disponibile su http://download. deejay.it/podcast/dee_giallo/dee
giallolamcmartinschool_po.mp3.
69
commenti razziali del teste (gli immigrati fanno casino, per me sono tutti
uguali ecc.), decide di adottare unastuta strategia difensiva. Allatto della
testimonianza decisiva del teste chiave, gli mostra dieci foto che rappre-
sentano dieci persone di colore. Poi chiede al teste Ne riconosce qualcu-
no? e, alla risposta negativa di questultimo, sicuro di avere lassoluzine
in mano: due di quelle foto, infatti, mostravano limputato che il teste aveva
in precedenza riconosciuto. Il conclusivo Come spiega: Sono tutti uguali
sti negri pronunciato rabbiosamente dal teste, dimostra come i pregiu-
dizi razziali possono nuocere sulla genuinit della testimonianza.
Per quanto questo sia un racconto di fantasia, nella realt possibile
che avvengano episodi di questo genere. Infatti, come spiega la psicologa
Giuliana Mazzoni:
Nellattivare la memoria, inconsapevolmente riempiamo i vuoti, inserendo
elementi che per noi hanno senso in quel contesto, anche se non sono accaduti
realmente. Per esempio, stereotipi e pregiudizi vengono utilizzati per riempire i
vuoti e un testimone ricorder che il ladro era una persona di colore se il suo ste-
reotipo che la maggioranza dei furti vengono commessi da persone di colore
(Mazzoni in Tinelli 2009).
Patologie e falsi ricordi: la storia di una ragazza ansiosa
6
Eleonora ha ventiquattro anni e una vita regolare e felice, ma, a causa
di uneducazione rigida, non ha mai avuto rapporti sessuali. Tuttavia,
dopo alcune pressioni del suo fidanzato e la convinzione che questo
poteva essere luomo giusto, in prossimit di un progetto matrimoniale,
Eleonora decide di concedersi. Il primo approccio risulta fallimentare; i
ragazzi, quindi, ci riprovano, ma lesperienza altrettanto deludente. A
seguito di una visita da un ginecologo, la ragazza sarebbe affetta da
vaginismo, che fa si che la penetrazione risulti dolorosa. Bench lo
stesso ginecologo ne attribuisca la causa a una probabile fobia dovuta
alla novit del rapporto e dallinesperienza e prescriva un lubrificante, il
quadro clinico non cambia e la cosa comincia a complicarsi.
Durante un ennesimo tentativo fallito di rapporto, Eleonora si sente
particolarmente in colpa nei confronti del partner a tal punto da chie-
dergli scusa piangendo e affermando tra le lacrime: Perdonami, non
colpa tua, non so cosa mi succede, non capisco, forse avr subito
qualche trauma da bambina, non so forse un abuso che non ricordo. Il
6
Lepisodio raccontato da De Vincentiis (2012).
70
fidanzato, ingenuamente, le risponde che se si dovesse trattare di una
cosa del genere avrebbe dovuto scoprirlo. Da quel momento, lipotesi
dellabuso non lascia pi la mente della ragazza che, tra una ricerca su
internet e un continuo interrogarsi, non fa altro che indirizzare ogni suo
pensiero a sforzarsi di ricordare in quale occasione e da chi avrebbe
potuto ricevere qualche molestia o violenza.
Pian piano, nella sua testa iniziano a comparire le immagini di pre-
sunti abusi e, senza alcun riscontro, le ipotesi cominciano a essere
vissute come fatti accaduti. Se fanno cos male devono essere acca-
dute davvero, s, comincio a ricordare, deve essere stato in quel-
loccasione quando la mamma mi lasciava sola con lo zio e lui non
faceva altro che abbracciarmi con la scusa di essermi affezionato e
sono stata molestata sono le frasi che ronzano in continuazione
nella testa della ragazza
Com possibile che una ragazza felice, seppur con un problema di
natura sessuale, finisca per convincersi da sola di essere stata vittima
di abusi?
In primo luogo, nei soggetti ansiosi spesso presente una condizione
chiamata affect as information (convalida o ragionamento emoziona-
le): ossia individui che hanno una particolare predisposizione allansia
tendono ad assumere come una fonte autorevole dinformazione i pro-
pri stati affettivi ed emotivi. Un meccanismo di elaborazione cognitiva
grazie al quale lemozione a dirigere in pensiero ed alla base delle
conclusioni che se ne traggono. Espresso in parole esso cos rias-
sunto: Se mi crea tanto disagio, se mi fa cos paura e sono in ansia
senzaltro vero (De Vincentiis 2012) oppure Se sono tanto ansioso,
vuol dire che c davvero qualcosa che non va.
Anche in questo caso, la ragazza, volendo a tutti i costi riportare alla
mente un avvenimento che era convinta si fosse verificato, si sforza-
va di immaginarlo ripetutamente e la figura di una persona che abu-
sava di lei, per quanto inesistente, entrava a far parte dei suoi ricordi.
Inoltre, quanto pi la ragazza si sforzava di ricordare, tanto pi il ri-
cordo si consolidava fino a diventare parte della sua memoria, insie-
me ai ricordi reali.
71
6. Teorie a confronto
1. Jennifer Freyd e la teoria del betrayal trauma
Recentemente, alle teorie sui falsi ricordi di Elizabeth Loftus che ab-
biamo ampiamente analizzato, se n aggiunta unaltra, diametralmente op-
posta, che vede tra le maggiori esponenti Jennifer J. Freyd. Figlia di Peter e
Pamela Freyd, i fondatori della False memory syndrome foundation, pro-
fessoressa di psicologia allUniversit dellOregon, la Freyd descrive le ca-
ratteristiche del BTT (Betrayal Trauma Theory) in un recente articolo
(Freyd 2012a) e in due studi pubblicati insieme ad altri colleghi (Gold-
smith, Freyd e DePrince 2012; DePrince et al. 2012).
Nel paragrafo successivo verr anche descritta una terza ipotesi, sgan-
ciata sia dal concetto di falsi ricordi che da quello di repressione.
Come introduzione alla teoria, la Freyd ammette che i problemi riguar-
danti i ricordi recuperati sono complessi e controversi proprio perch la
psicologia una materia molto vasta e articolata; fa una differenza tra recu-
perare il ricordo di un evento banale (per esempio dove abbiamo lasciato le
chiavi di casa) e quello di un evento serio, come un abuso sessuale.
Nel primo caso, possibile che ci si ricordi in un secondo momento
dove si sono messe le chiavi (in un posto forse diverso da quello abituale),
mentre in precedenza si pensava che fossero, erroneamente, altrove, perch
erano riposte da unaltra parte. anche pensabile che, pur essendo sicuri
del luogo dove fossero state poste, al momento del controllo ci si accorti
che ci si sbagliava; infine, per ultimo, quando c corrispondenza esatta con
la posizione creduta.
Per verificare se il ricordo di dove abbiamo messo un mazzo di chiavi
corretto basta aprire un cassetto e controllare, la questione pi complessa
per i ricordi riguardanti gli abusi sessuali.
In questo campo, secondo la Freyd, non ci si deve soffermare troppo
sulle teorie dei ricordi recuperati in s, ma pi opportuno concentrarsi
72
sulla teoria che lei chiama del betrayal trauma (trauma a tradimento),
con la quale tenta di spiegare quali siano le caratteristiche dei ricordi recu-
perati, associati ad altri attributi di mancata conoscenza e consapevolezza.
Per betrayal trauma sintende un tipo di trauma che indipendente dalla
reazione al trauma e, secondo la Freyd, accade quando le persone o istitu-
zioni, da cui dipende la sopravvivenza di un soggetto, violano la sua fiducia
o il suo benessere. Gli esempi possono essere abusi fisici, emotivi o ses-
suali perpetrati durante linfanzia da parte del caregiver (Freyd 2012b). Una
piena consapevolezza di tale abuso pu solo aumentare dei rischi per la vit-
tima, causandone degli effetti di sofferenza critica o vari livelli di conflit-
tualit con lautore, che potrebbero comprometterne la sopravvivenza stes-
sa. In tali situazioni il betrayal trauma pu rivelarsi adattivo. Il BTT ha im-
plicazioni soprattutto nel campo dei traumi dimenticati o con ricordi distor-
ti, a causa della possibilit che gli adulti riportino memorie errate di eventi
della loro infanzia o che possano valutare erroneamente la probabilit che
un avvenimento sia realmente accaduto, soprattutto riguardante particolari
episodi negativi.
Inoltre, quando si devono studiare i dati sui ricordi dimenticati degli
abusi, dovrebbero essere considerate diverse questioni metodologiche.
In primo luogo, la ricerca sulla dimenticanza e sul misremembering del
trauma difficile, sia per lanalisi dei fenomeni, sia per i metodi e per i
partecipanti. Per esempio, come si valuta un ricordo che non accessibile
(o mai codificato) riferibile a un evento privato che non stato visto da al-
cuno, al quale ha assistito solo lautore, caso molto comune nelle esperien-
ze di abuso sessuale?
In secondo luogo, i ricordi dinfanzia sono particolarmente soggetti a
elaborazione e interpretazione attraverso quelle capacit cognitive proprie
di un adulto. Eventi che sono ricordati correttamente possono essere omessi
o considerati troppo insignificanti o troppo difficili da riferire.
In terzo luogo, le difficolt che emergono con il self-report sono ac-
centuate solo quando si ricorda un evento traumatico.
In quarto luogo, le precedenti tre problematiche diventano ancor pi
complesse da analizzare, quando si esaminano i ricordi al di fuori del labo-
ratorio, in particolar modo quelli riguardanti la memoria autobiografica.
Secondo la Freyd, ci sono due concetti poco chiari riguardanti i ricordi
recuperati.
Anzitutto, occorre definire con maggiore precisione ci che sappiamo e
ci che ci ignoto, differenziando tutte le varie problematiche coinvolte e
fare domande scientificamente utilizzabili. Bisogna distinguere, in primo
luogo, i fenomeni (che cosa), le motivazioni (perch) e i meccanismi (co-
73
me). Se analizziamo i fenomeni, certo che si possa dimenticare e poi ri-
cordare un evento o una loro successione, questo accade per una questione
sia di motivazione che di meccanismi. Un problema correlato il linguag-
gio usato. Quando si utilizza una frase come ricordi repressi, cosa
sintende: il fenomeno, le motivazioni o i meccanismi? Spesso non chia-
ro, e talvolta i fenomeni di ricordi recuperati sono screditati, perch il mec-
canismo di repressione non supportato da una particolare ricerca.
Laltro concetto da chiarire che non si deve confondere la precisione
del ricordo con la persistenza del ricordo:
per precisione del ricordo sintende il grado in cui questo storica-
mente vero;
per persistenza del ricordo la misura in cui questo rimasto a disposi-
zione nel tempo.
Queste sono due questioni concettualmente indipendenti o distinte, ma
sono state spesso molto confuse nella controversia sui ricordi recuperati. I
ricordi variano in gradi di precisione e persistenza; raramente essi sono as-
soluti (cio perfettamente veri, completamente sbagliati, perfettamente di-
sponibili o completamente non disponibili nella memoria).
La precisione dei ricordi ulteriormente complicata dal fatto che la ve-
rit storica che cosa realmente accaduto ha di solito gli elementi din-
terpretazione (le persone sono spesso in disaccordo circa linterpretazione
degli eventi attuali, figuriamoci in quella di avvenimenti datati!). Inoltre, un
ricordo potrebbe essere straordinariamente accurato sotto un aspetto e
molto impreciso in un altro.
La persistenza dei ricordi, poi, complicata dalla possibilit che le
introspezioni interiori delle persone, riguardanti la disponibilit di ricordi
possono essere soggette a errori (per esempio: si pu dimenticare che una
cosa era stata ricordata in precedenza, oppure, con il senno di poi, si pu
sovrastimare la disponibilit di ricordi). La persistenza del ricordo an-
che complicata dal fatto che la memoria stessa una funzione di molti
sotto-sistemi separati. Per esempio, possiamo non avere il ricordo co-
sciente di un evento, ma mostrare attraverso il nostro comportamento che
abbiamo appreso qualcosa da quella determinata situazione che, attual-
mente, non ricordiamo.
La conclusione della relazione della Freyd viene riassunta dalla frase
Una parola di cautela: i singoli casi meritano una considerazione indivi-
duale, giacch gli studi possono s rivelare tendenze e probabilit generali,
ma non necessariamente possono essere estesi a una determinata situazione.
74
Figura 1
Ricordo reale
Falso ricordo
Non disponibile
o recuperato
Regolarmente
disponibile
Accuratezza
del ricordo
Persistenza
del ricordo
La figura dimostra come, secondo la Freyd, precisione e persistenza di un ricordo siano no-
zioni concettualmente indipendenti luna dallaltra. Un ricordo impreciso potrebbe essere co-
munque sempre disponibile nella mente di qualcuno e un ricordo accurato potrebbe non esse-
re disponibile per un certo periodo di tempo. Allo stesso modo, secondo la psicologa, il fatto
che alcuni superstiti abbiano ricordi continui (anche invadenti) di acclarati eventi traumatici
non smentisce che altri superstiti siano prima inconsapevoli e solo successivamente coscienti
dei ricordi recuperati.
Fonte: rielaborata da Freyd (1997)
Secondo la psicologa, una ricerca sul cancro al polmone ha rivelato che
il fumo aumenta il rischio, ma questo pu essere un fatto importante da
considerare quando si decide di fumare o quando si studia un caso di cancro
ai polmoni. Questo non autorizza a sostenere che tutti i fumatori si amma-
lano di cancro al polmone e nemmeno che un fumatore colpito da cancro ai
polmoni non avrebbe sofferto sicuramente di questa patologia senza aver
fumato, bisogna considerare che il rapporto tra fumo e cancro forte ma
non assoluto. Allo stesso modo, conclude la Freyd, gli studi sui ricordi re-
cuperati potrebbero servire per imparare molto in questo campo di ricerca,
ma i singoli casi di ricordi contestati devono sempre meritare un esame in-
dividuale con una mentalit aperta.
Queste teorie della Freyd possono conciliarsi con i risultati di centi-
naia di esperimenti realizzati dalla Loftus? Per verificarlo, occorre chiari-
re che la Freyd condivide il modello proposto per primo da Pezdek, Fin-
ger e Hodge (1997), in cui stato dimostrato che una condizione necessa-
ria per impiantare un evento suggerito nella memoria che levento sug-
gerito possa essere considerato vero. Di conseguenza, gli eventi plausibili
quelli che gli individui percepiscono come aventi un alto grado di pro-
babilit di verificarsi dovrebbero essere pi semplici da impiantare nella
75
memoria che gli eventi non plausibili. Gli stessi autori hanno prodotto
studi (Pezdek e Hodge 1999) con dei bambini hanno confermato questa
previsione: un evento plausibile ma falso (per esempio, perdersi in un
centro commerciale) ha pi probabilit di essere suggestivamente im-
piantato nella memoria di un evento falso e implausibile (per esempio,
aver messo un clistere rettale). Inoltre, citando un altro studio di Pezdek e
Roe (Pezdek e Roe 1997) condotto su bambini di quattro e dieci anni di
et, sostiene che, anche se relativamente facile cambiare un ricordo di
un particolare evento che si verificato, relativamente pi difficile im-
piantare una memoria per un evento che non si verificato.
In un articolo la Freyd (2003) ha aspramente criticato alcune ricerche
della Loftus, come quella che abbiamo analizzato in precedenza sulla falsa
presenza di Bugs Bunny a Disneyland: la psicologa riporta giudizi poco lu-
singhieri sulla ricerca della collega, sostenendo che dimostrare con la storia
di un finto incontro con un coniglio la possibilit che le persone ricordassero
erroneamente degli stupri era azzardato, che nel cast della Disney vi erano
vari conigli (come il Bianconiglio di Alice nel Paese delle meraviglie) e che,
dunque, i partecipanti allesperimento potrebbero aver incontrato proprio
uno di questi a Disneyland, invece di Bugs Bunny. Inoltre, sostiene che un
punto cruciale circa le imprecisioni della memoria il significato che si d
alla parola errore, poich tutti i ricordi sono soggetti a un certo margine di
errore, tutti siamo un po suggestionabili e possiamo confondere immagina-
zione ed eventi reali. La questione chiave per analizzare laccuratezza di un
ricordo la somiglianza tra esperienza reale e quella ricordata. La plausibi-
lit che un evento si sia realmente verificato nella vita di una persona dipen-
de anche dallanalogia con altri eventi. Per la Freyd, la risposta a plausi-
bile essere abbracciati da Bugs Bunny a Disneyland? tecnicamente no,
perch non un personaggio Disney, ma in realt ci psicologicamente
plausibile, perch il riconoscere precisamente quel determinato personaggio
non probabilmente un evento fondamentale per molti ragazzi.
In precedenza, abbiamo analizzato leffetto disinformazione descriven-
do limpianto dei ricordi in tre particolari esperimenti: il primo, che a no-
stro avviso descriveva un evento abbastanza plausibile (perdersi in un cen-
tro commerciale), il secondo un evento poco plausibile (il giro in mongol-
fiera), il terzo un evento molto implausibile (quello di Bugs Bunny, appun-
to). noto non solo alla Freyd ma anche agli psicologi che sostengono la
tesi dei falsi ricordi, che impiantare un ricordo plausibile pi facile che
indurne uno implausibile: un esperimento che riguardasse bambini a cui si
tentasse di indurre il ricordo di essersi smarriti in Cina, si rivelerebbe, natu-
ralmente, un fiasco totale.
76
Questo dimostrato da alcuni esperimenti sulla cosiddetta falsa me-
moria aggiuntiva.
In uno di questi (Loftus 1975), a due gruppi di soggetti fu mostrato lo
stesso filmato; in seguito, a un gruppo fu posta la domanda A che velocit
andava la macchina quando pass accanto al fienile mentre percorreva la
strada di campagna? e allaltro A che velocit andava la macchina quan-
do percorreva la strada di campagna?. Nel filmato, ovviamente, non era
presente alcun fienile, quando poi tutti i soggetti furono riconvocati per ri-
spondere a delle domande (tra cui Cera un fienile in quel video?), il
17,3% di quelli cui fu posta in precedenza la domanda con linformazione
sbagliata ricordarono la presenza del fienile, contro un 2,7% dellaltro
gruppo. Questo stato possibile soltanto perch era plausibile che, percor-
rendo una strada di campagna, sincontrasse un fienile. Sicuramente, se ai
soggetti fosse stato chiesto Cera un grattacielo in quel video?, la risposta
sarebbe stata completamente negativa.
Inoltre, la stessa Loftus afferma, nelle conclusioni dellesperimento,
che il trascorrere del tempo un fattore importante nellimpianto dei ricor-
di: secondo la psicologa, se ai soggetti fosse stata posta subito la domanda
Cera un fienile?, la risposta sarebbe stata sicuramente negativa, mentre,
se formulata qualche tempo dopo, potrebbe essere autorizzata nei soggetti
unipotesi mentale Mi ricordo qualcosa circa un fienile, quindi credo che
devo aver visto uno, rispondendo, cos, in modo affermativo.
La Freyd continua sostenendo che gli esperimenti come quelli di Bugs
Bunny avrebbero meritato un certo risalto se la Loftus avesse riferito di
aver convinto il 36% delle persone di essere state abbracciate dal Papa a
Disneyland, oppure ricordare che un uomo in un costume da coniglio
aveva mostrato loro i genitali a Disneyland, considerato il tipo di am-
biente protetto e controllato come quello del parco giochi. In realt, a dif-
ferenza di quanto sostiene la Freyd, anche confondere un determinato per-
sonaggio (Bugs Bunny) con un altro simile (il Bianconiglio) un falso
ricordo: questa fallacit, trasferita nella vita quotidiana, potrebbe portare a
scambiare lautore di un reato con un altro che gli somiglia, ma comple-
tamente innocente.
Tornando a una delle domande essenziali, possibile che un bambino
ricordi falsamente di essere stato abusato?. Si potrebbe rispondere, tenen-
do presente ci che ha espresso la Freyd: impiantare un ricordo plausibile
pi facile che indurne uno implausibile. plausibile che un bambino con-
fonda un abuso sessuale con qualche altro avvenimento (tipo un gioco in-
nocente)? possibile, che possa ricordare falsamente di aver subito un abu-
so solo a seguito di una terapia mal condotta? Si deve presupporre che
77
necessario analizzare i fatti sempre caso per caso, poich ognuno presenta
elementi e peculiarit diverse, perci appare limitativo racchiuderli tutti in
una delle teorie accennate. Le conclusioni che ne deriverebbero possono
essere cos formulate:
sotto i due-tre anni di et, come gi detto, molto difficile avere ricordi
nitidi. I ricordi recuperati relativi ai primi anni di infanzia devono essere
necessariamente valutati con molta attenzione;
in alcuni casi i presunti abusi subti non hanno alcun riscontro ogget-
tivo;
moltissimi esperimenti (alcuni citati) dimostrano che vari tipi di terapie
favoriscono la creazione di falsi ricordi, anche senza che il terapeuta si
accorga di favorirne la loro nascita;
centinaia di casi di presunti abusi sessuali sono stati riaperti anni dopo
la condanna del presunto colpevole e chiusi con risarcimenti milionari e
la totale assoluzione di colui che era stato indicato, falsamente (ma in
maniera non volontaria), come autore dellabuso;
anche al di fuori di una terapia, si pu ricordare un evento in modo di-
storto, per esempio a causa di domande suggestive, perch si in
condizioni di stress ecc.
2. Una terza posizione nel dibattito sui falsi ricordi
Negli anni, la polemica sul recupero dei ricordi di un abuso sessuale
infantile si polarizzata su una duplice posizione: quella favorevole alla
tesi di Elizabeth Loftus e a tutte le teorie ed esperimenti che abbiamo vi-
sto in precedenza tesi che riconosce la possibilit che dei soggetti svi-
luppino ricordi falsi di eventi mai verificatisi e unaltra, che si riferisce
alle teorie psicoanalitiche sviluppate pi di un secolo fa da Sigmund
Freud, in cui si pu inquadrare anche quella precedentemente illustrata.
Secondo questultima, linconscio umano reprime i ricordi di abuso ses-
suale, a causa dellintensit del trauma, facendo in modo che tali memorie
vengano ricordate solo molti anni dopo, quando le persone che hanno su-
bto i traumi, sono psicologicamente sicure di farlo. I traumi dimenticati
sarebbero, cos, sepolti nellinconscio, ma continuerebbero a influenzare
emozioni, pensieri e comportamenti. Un buon terapeuta, che ha lobietti-
vo di risolvere eventuali problemi psicologici manifestati dagli adulti, do-
vrebbe recuperare questi ricordi rimossi e trattarli, facendoli riemergere
nel corso di una terapia.
78
Negli ultimi anni, a queste due posizioni polarizzate e inconciliabili,
se n aggiunta una terza ipotesi, sostenuta dagli psicologi Richard J.
McNally ed Elke Geraerts (McNally e Geraets 2009). Questa teoria non
rappresenta una posizione intermedia tra le precedenti, che, cio, si li-
miti ad affermare che alcune volte le persone reprimono e poi recupera-
no i ricordi e altre sviluppano ricordi di CSA (Childhood Sexual Abuse,
abusi sessuali sui minori), ma unipotesi sganciata sia dal concetto di
repressione sia da quello di falsi ricordi, tiene conto unicamente di veri
ricordi recuperati. Infatti, non aver pensato a qualcosa per lungo tempo
non significa n non averla vissuta, n averla repressa: semplicemente,
levento potrebbe non essere stato vissuto come un trauma, altre persone
potrebbero aver dimenticato di aver gi ricordato in precedenza leven-
to, e cos via.
Possiamo schematizzare in quattro punti gli elementi che caratterizzano
questa teoria:
i casi che si spiegano con questa terza interpretazione spesso coinvol-
gono eventi che non sono stati vissuti in modo traumatico, quando so-
no accaduti e, quindi, rammentare un episodio di CSA non equivale a
ricordare un episodio traumatico;
non aver pensato a qualcosa per lungo tempo non equivale a essere
incapace di ricordare. possibile, infatti, che le vittime di abusi sessuali
riescano intenzionalmente per lungo tempo a evitare di soffermarsi sul-
laccaduto, senza che ci debba essere interpretato come una rimozio-
ne dei ricordi;
a volte, le persone ricordano il loro abuso, ma poi dimenticano di averlo
fatto. Cio, alcuni soggetti hanno dimenticano per molti anni che il ri-
cordo dellabuso subito era gi emerso in precedenza, ma hanno di-
menticato di averlo ricordato;
i ricordi di CSA che tornano alla mente in modo spontaneo, al di fuori di
qualsiasi terapia, sono pi accreditati di quelli che affiorano gradual-
mente durante le terapie che hanno lo scopo di recuperarli.
Nellapprofondire e argomentare il primo punto, gli autori sostengono
che labuso sessuale, per quanto moralmente riprovevole, non sempre
traumatico e, citando uno studio realizzato dallo stesso McNally, asseri-
scono che solo due dei 27 soggetti analizzati (scelti tra chi aveva subto
abusi) ricordavano lesperienza come terrificante, opprimente o traumati-
ca. Gli altri soggetti la ricordavano strana, confusa e causa di forte disa-
gio. Il risultato che alcuni soggetti con ricordi recuperati dimenticano il
79
loro abuso, non perch fosse stato estremamente traumatico, ma per il
motivo opposto, cio perch non lo consideravano tale. Pertanto, un ri-
cordo recuperato di CSA non coincide necessariamente con un recupero
di un ricordo di un trauma.
Circa il secondo punto, secondo i due studiosi, le persone che dichiara-
no di non aver pensato ai loro CSA per molti anni a volte avevano
uninsufficiente memoria degli abusi durante il lungo periodo in cui i ricor-
di, a quanto pare, non erano mai venuti loro in mente. Tra laltro, questa
inadeguatezza dei ricordi si sarebbe prodotta in misura maggiore in seguito
a un trasferimento della vittima in un altro quartiere o alla morte sopravve-
nuta di colui che ha perpetrato labuso.
Riguardo alla possibilit di dimenticare di aver gi ricordato gli abusi;
per gli autori, il concetto di un ricordo recuperato presuppone che que-
stultimo non fosse mai venuto in mente durante il lungo periodo in cui il
soggetto affermava di averlo dimenticato. Alcuni soggetti, tuttavia, possono
aver ricordato il loro abuso in precedenti occasioni, ma poi hanno dimenti-
cato di averlo fatto. Questo sarebbe stato confermato da alcuni studi, nei
quali alcuni soggetti erano convinti di non aver mai avuto ricordi specifici
per molti anni, quando, in realt, avevano ricordato gi lesperienza e ne
avevano discusso anche con altri. Unaltra possibilit riguarda il caso in cui
stato ricordato e raccontato il loro abuso senza problemi a unaltra perso-
na; tuttavia, anni dopo, tornando nel loro quartiere dinfanzia, avrebbero
vissuto un improvviso e sorprendente ricordo. Questo avrebbe generato uno
shock emotivo causato dalla reminiscenza traumatica, che si sarebbe pro-
dotto in misura amplificata rispetto a quello iniziale, portando allillusione
di un ricordo traumatico rimosso e riapparso senza alcun precedente accen-
no. Questi individui possono concludere erroneamente che avevano rimos-
so da sempre il loro abuso.
La maggiore possibilit di sviluppare falsi ricordi traumatici durante la
terapia rispetto a quelli che affiorano alla mente in modo spontaneo trova
riscontro nelle seguenti considerazioni: gli esperimenti citati dimostrano
che i ricordi spontanei, al di fuori di terapia, sono stati confermati con un
tasso del 37%, statisticamente indistinguibile da quello di conferma, 45%,
relativo a coloro che non avevano mai dimenticato il loro abuso. Al contra-
rio, non stato possibile confermare e avvalorare alcun ricordo recuperato
tramite terapie suggestive. Anche se, ovviamente, ci si trova di fronte al-
lassenza di un tasso di conferma, non significa necessariamente che i ri-
cordi emersi durante la terapia siano sempre falsi. Perci gli psicologi con-
sigliano cautela nellinterpretazione dei ricordi recuperati durante una tera-
pia suggestiva.
80
In conclusione, secondo McNally e Geraerts, lipotesi della rimozione
non ha resistito al controllo scientifico, mentre linterpretazione falsa me-
moria vera per molti casi di recupero di ricordi di CSA.
stato possibile identificare alcuni fattori che aumentano la probabilit
che un ricordo recuperato di CSA sia autentico in una vittima, ci accade
quando la persona:
ha vissuto levento come confuso, disgustoso o pauroso, ma non come
un trauma terrificante;
labuso si verificato una volta o, al massimo, poche volte;
non riuscita a comprendere lesperienza come sessuale o come un
abuso;
ha evitato con successo di pensare allesperienza, per cui lassenza di
reminiscenza ha favorito la dimenticanza;
ha dimenticato i ricordi iniziali dellabuso, illudendosi che lo avesse di-
menticato da sempre;
ricorda labuso in et adulta, esso riaffiora improvvisamente ed ac-
compagnato dallo shock causato dal fatto che la persona aveva di-
menticato lesperienza avuta;
ricorda spontaneamente, in seguito a richiami o solleciti al di fuori delle
terapie suggestive;
i ricordi che riaffiorano spontaneamente al di fuori della psicoterapia
hanno pi probabilit di essere confermati di quelli che emergono, gra-
dualmente, durante alcuni interventi di psicoterapia suggestiva;
infine, le ricerche di laboratorio indicano che chi recupera spontanea-
mente il proprio ricordo, durante una psicoterapia, mostra una propen-
sione accresciuta per i falsi ricordi sul modello DRM, rispetto a chi re-
cupera il suo ricordo spontaneamente, al di fuori della psicoterapia.
Queste considerazioni rappresentano anche un utile indirizzo per la
pratica psicoterapeutica. Infatti, Liotti (2000), che ha molto approfondito le
tematiche sul rapporto tra trauma ed esperienza dissociativa, suggerisce
che, pi delle varie tecniche da utilizzare, centrale la relazione terapeuti-
ca. Egli scrive:
Quanto (o quando) utile e quanto (o quando) invece dannoso che il tera-
peuta induca attivamente il paziente a ricordare traumi che, spesso, con buone ra-
gioni, pu sospettare vi siano stati e siano stati dimenticati? La sindrome del Falso
Ricordo dimostra chiaramente che almeno talvolta ci decisamente assai danno-
so, perch lipotesi del terapeuta si rileva sbagliata, e il paziente ricorda solo per-
ch nella sua suggestionabilit aderisce alle convinzioni del terapeuta. Ma daltro
81
lato possibile guarire dagli effetti di un trauma se questo c stato e non lo si ri-
corda? la relazione terapeutica e non la mera rievocazione del ricordo, il princi-
pale fattore terapeutico. Lesperienza relazionale positiva che i pazienti fanno nel
corso di una psicoterapia ben condotta si dimostra, di solito, da un lato correttiva
delle precedenti esperienze relazionali traumatiche (o disorganizzante la relazione
di attaccamento), e dallaltro indirettamente capace di stimolare la rievocazione
spontanea di eventuali esperienze dabuso, se queste ci sono state. Compito del te-
rapeuta non dindurre il ricordo di esperienze drammatiche amnesizzate, ma
comprendere a fondo il senso tragico e ascoltarle con rispetto quando i pazienti si
accingono a rievocarle e a descriverle.
83
7. Individuare i falsi ricordi
e ridurre il rischio che nascano
1. Avvertenze per le psicoterapie: il suggerimento delle li-
nee guida
Alcuni dati, che provengono dalla ricerca scientifica, possono suggerire
degli utili accorgimenti per ridurre il rischio di produrre ricordi distorti e
riuscire a dedurre quando un ricordo solo frutto dellimmaginazione
quando, invece, descrive un evento realmente accaduto.
Occorre ripetere che molti falsi ricordi vengono sollecitati a seguito di
una psicoterapia mal gestita o condotta da un terapeuta che non conosce in
modo appropriato le teorie della memoria e le sue fallacit.
Lattenzione per queste problematiche vale principalmente per chi lavo-
ra in ambito psicoterapico, per cui si specificano di seguito alcune racco-
mandazioni:
utilizzare esclusivamente tecniche curative scientificamente valide;
approfondire studi e pubblicazioni di ogni metodologia utilizzata;
non invitare il paziente a ricordare a tutti i costi;
approfondire le teorie sulla memoria;
seguire un costante aggiornamento, consultando e approfondendo su
riviste specializzate gli studi pi recenti.
Inoltre, bisogna avere ben presente le problematiche riguardanti la di-
namica sociale, per cui le figure autorevoli (per esempio, genitori, persone
dotate di particolari ruoli e carisma ecc.), manifestando al soggetto le pro-
prie convinzioni, saranno difficilmente messe in discussione.
possibile che il ricordo di una persona sia alterato per il solo fatto che
levento sia stato ricordato in modo del tutto opposto, da un soggetto consi-
derato credibile e attendibile.
Fortunatamente, molte associazioni professionali di psichiatri e psi-
84
cologi, consapevoli di questi problemi, raccomandano, nelle loro linee
guida, massima attenzione ai propri iscritti per la valutazione dei ricordi
riemersi a seguito di terapie, in particolare se il ricordo affiora a distan-
za di anni.
La sensibilit su questo tema molto presente soprattutto nelle associa-
zioni professionali del mondo anglosassone, in particolare il Royal College
of Psychiatrists, che fin dal 1997 ha redatto delle linee guida per gli psi-
chiatri, allo scopo di sensibilizzarli circa la facilit con cui la mente umana
pu creare falsi ricordi, soprattutto nei casi di sospetti abusi su minori
(Royal College of Psychiatrists 1997).
Il College riconosce la gravit e il significato traumatico di un abuso
sessuale infantile e la sofferenza vissuta dal momento dellabuso fino alla
vita adulta, ma premette che pur essendo in aumento i processi contro i pre-
sunti responsabili, lo sono anche contro gli psicoterapeuti, con il conse-
guente rischio di discredito alla professione, per cui occorre fare attenzione
alla probabilit di trovarsi di fronte a dei falsi ricordi (definiti ricordi che
non si basano su eventi che si sono verificati).
In simili situazioni, una memoria recuperata quella in cui gli eventi
traumatici sono stati completamente dimenticati fino a essere rilasciati o
recuperati in terapia o in seguito a un altro stimolo o esperienza.
Si raccomanda, quindi, quanto segue:
i ricordi sono costantemente dimenticati e possono essere recuperati,
ma occorre fare molta attenzione nei casi in cui la presunta dimenti-
canza e il recupero di ricordi riguardino prolungati e ripetuti abusi ses-
suali, in genere dallinfanzia alladolescenza;
la preoccupazione per questi ricordi recuperati vale soprattutto per
quelli che non hanno alcuna base fattuale, in particolare nei casi in
cui i pazienti riferiscono di aver dimenticato per molti anni un ricordo
di abusi. Negli Stati Uniti la preoccupazione circa tali ricordi recupe-
rati ha portato alla nascita della definizione False Memory Syndro-
me, che, anche se pu apparire fuorviante, ha ormai acquisito un
uso frequente;
quello riguardante la memoria un campo complesso di studi che ha
generato unenorme letteratura e una sovrabbondanza di teorie. Le
evidenze scientifiche mostrano che ricordi di eventi che in realt non
si sono mai verificati si potrebbero sviluppare ed essere considerati
validi con totale certezza. Tali memorie si sviluppano comunemente
sotto linfluenza di individui o in situazioni che favoriscono lo sviluppo
di forti convinzioni.
85
Sebbene sia specificato come le raccomandazioni siano particolarmente
indicate quando si usano specifiche tecniche di recupero dei ricordi, si sot-
tolinea come la distorsione della memoria possa verificarsi in qualsiasi si-
tuazione terapeutica.
Affinch si adotti una corretta procedura, necessario essere consape-
voli dei seguenti concetti.
La prima preoccupazione dello psichiatra devessere il benessere del
paziente e, solo nei limiti imposti dalla necessaria riservatezza, potreb-
be anche essere necessaria unulteriore attenzione per le esigenze dei
membri della famiglia e altri soggetti.
Nei bambini e negli adolescenti, determinati sintomi e comportamenti po-
trebbero allertare il clinico circa la possibilit di abusi sessuali attuali, ma
questi possono solo essere oggetto di un sospetto e non rivelatori di verit.
Abusi sessuali subiti in precedenza, in assenza di ricordi di questi eventi,
non possono essere diagnosticati con una checklist di sintomi.
Agli psichiatri si sconsiglia luso di qualsiasi tecnica di recupero della
memoria che si basi sulla previsione di un abuso sessuale passato di
cui il paziente non ha memoria. Tali tecniche possono includere intervi-
ste con uso di farmaci (siero della verit), ipnosi, terapie di regressione,
limmaginazione guidata, linterpretazione dei sogni ecc. Non ci sono
prove che luso di tecniche, che alterano la coscienza, come per esem-
pio interviste o ipnosi farmaco-mediata, possano rivelare o fare elabo-
rare con precisione informazioni concrete su eventuali esperienze pas-
sate, tra cui labuso sessuale. Terapie regressive, tra cui lage regres-
sion e lipnosi regressiva non hanno dimostrato la propria efficacia.
Tecniche di intervista troppo strutturate o persuasive non sono accetta-
bili nella pratica psichiatrica. I medici dovrebbero essere consapevoli
del fatto che i pazienti sono suscettibili persino a suggestioni sottili, an-
che se queste sono comunicate in modo pi o meno intenzionale.
Lo psichiatra dovrebbe approfondire normalmente con il paziente i suoi
dubbi circa la precisione dei ricordi recuperati, riguardanti un pregresso
abuso sessuale, fino a quel momento, del tutto dimenticati. Questo pu
essere particolarmente importante se il paziente intende prendere inizia-
tive (anche legali) al di fuori della situazione terapeutica. I ricordi, per
quanto possano essere emotivamente intensi e rilevanti per lindividuo,
potrebbero non riflettere necessariamente eventi realmente accaduti.
Pazienti adulti che segnalano un abuso precedentemente dimenticato
potrebbero voler affrontare il presunto violentatore. Tale azione non de-
ve essere incoraggiata dallo psichiatra ed altrettanto opportuno sco-
86
raggiare o addirittura vietare al paziente di avere contatti con il pre-
sunto abusante o membri della famiglia. Lo psichiatra dovrebbe aiutare
il paziente a riflettere sulle possibili conseguenze che potrebbero sor-
gere dal confronto con il presunto abusante. In queste circostanze
opportuno incoraggiare la ricerca di elementi di conferma.
Gli psichiatri dovrebbero fare molta attenzione nel riferire obbligatoria-
mente tutte le accuse o sospetti da parte di adulti circa abusi sessuali
subiti durante linfanzia. Lobbligo di segnalazione , invece, partico-
larmente appropriato nei casi in cui i bambini o gli adolescenti segnala-
no spontaneamente abusi attuali o recenti. Accenni alla possibilit o il
sospetto di abusi sessuali in corso devono sempre essere attenta-
mente valutati e studiati.
Potrebbe essere corretto non mettere in discussione la validit di un
ricordo recuperato fin quando rimane nel chiuso della stanza di analisi,
anche se vi un rischio di creare una storia di vita basata su una falsa
credenza. Al contrario, qualsiasi azione intrapresa al di fuori della stan-
za di psicoterapia, tra cui rivelare le accuse ad altre persone, deve di-
pendere dal singolo caso e dalla volont del paziente. Infatti, una volta
che laccusa portata al di fuori della stanza di psicoterapia, soprattutto
se produce unoccasione di scontro o unaccusa giudiziaria, non giu-
stificabile il rifiuto del terapeuta di incontrare i membri della famiglia.
Inoltre, qualora il presunto violentatore sia ancora in contatto con dei
bambini, devessere presa in seria considerazione lipotesi di informare
i servizi sociali, cosa che va fatta se ci sono motivi per ritenere che le
presunte violenze siano ancora in corso e che altri bambini potrebbero
essere a rischio. Se il caso segnalato da terzi, lo psichiatra deve an-
che essere pronto a esprimersi chiaramente in merito allinadeguatezza
o allirrealt dei motivi dellaccusa. Infine, qualora il paziente desideras-
se consultare un legale per perseguire penalmente il presunto mole-
statore, non saggio incoraggiare o scoraggiare azioni legali ed
inopportuno fare di questa decisione una condizione per continuare il
trattamento. Il compito dello psichiatra di far sempre capire al pa-
ziente quali potrebbero essere le conseguenze di ogni sua azione.
Sebbene vi siano dubbi sulla validit della diagnosi di disturbo dissociati-
vo dellidentit (in precedenza definito disturbo di personalit multipla),
alcuni studi affermano che questa condizione frequentemente asso-
ciata con una storia di abuso sessuale infantile. Non c dubbio che al-
cuni casi di personalit multipla siano stati determinati da eventi iatroge-
ni, per questo gli psichiatri dovrebbero essere attenti a non incoraggiare
in maniera diretta i pazienti a sviluppare alterazioni che potrebbero inve-
87
stire i vari aspetti della loro personalit. Ogni manifestazione spontanea
del disturbo dissociativo dellidentit deve essere considerato con com-
prensivit, ma non dovrebbe essere oggetto di attenzione eccessiva, n
il paziente deve essere incoraggiato a sviluppare ulteriori alias di per-
sonalit. Gli psichiatri dovrebbero essere particolarmente consapevoli
dellinaffidabilit di ricordi riportati in questi casi. Il College segnala, infine,
che gli psichiatri potrebbero non essere consapevoli degli sviluppi circa
la comprensione dei ricordi, suggestioni o abusi sessuali su minori e
delle possibili conseguenze per la psicoterapia degli adulti. Una forma-
zione professionale continua deve pertanto garantire che, attraverso cor-
si e recensioni autorevoli, gli psichiatri siano tenuti aggiornati su questi
temi. opportuno che tutti gli psichiatri abbiano una conoscenza gene-
rale di abusi sui minori e le sue conseguenze. Le competenze necessa-
rie per la valutazione o per la terapia delle vittime di abusi e delle loro
famiglie richiedono una formazione supplementare e unesperienza spe-
cifica. Di conseguenza tutti gli psichiatri dovrebbero essere aperti a nuo-
ve conoscenze e pronti a modificare le loro opinioni e pratiche. La psi-
chiatria come professione deve essere consapevole dei limiti della sua
conoscenza ed esperienza e sono necessarie ulteriori ricerche sulla na-
tura e la validit dei concetti come la repressione, la dissociazione e la
psico-neuro-fisiologia dei ricordi traumatici di ogni tipo. Inoltre, sono fon-
damentali altri studi per definire in modo preciso gli abusi sessuali sui
minori, il ricordo accurato del tipo e della durata, del rapporto tra la vitti-
ma e lautore del reato e let dinizio e la durata dellabuso. Questi studi
hanno bisogno di esaminare la relazione tra diverse variet e gravit di
abusi sessuali su minori e le successive psicopatologie che si sviluppano
da adulti; di considerare linfluenza in generale delle prime esperienze,
inclusi gli effetti di un abuso fisico ed emotivo.
Pi recentemente, la stessa associazione, in un proprio court work, ha
statuito che:
Lesperto non dovrebbe assumere informazioni che vanno oltre la perizia psichia-
trica, per esempio nel fornire pareri sul fatto che una persona stia dicendo la verit. Si
deve prestare attenzione quando la questione riguarda una delle nuove patologie psi-
chiatriche per le quali sono incerte le prove o le condizioni, come la sindrome della
donna picchiata, la sindrome dei falsi ricordi, la sindrome di Stoccolma o la sick
building syndrome, che possono essere riconosciuti dai tribunali, ma per le quali non
esistono criteri diagnostici condivisi o un parere concorde circa la natura della sindrome
o anche sulla sua esistenza. Preoccupazioni analoghe si applicano quando il giudizio
dipende dallaccettazione del tribunale di una determinata ipotesi. In tali circostanze,
88
lesperto in psichiatria dovrebbe chiarire lo stato della condizione o fino a che punto il
suo parere potrebbe condizionare laccettazione di una particolare ipotesi da parte del
tribunale (Royal College of Psychiatrists 2008, p. 9).
Inoltre, lAmerican Medical Association nel 1994 ha dichiarato che i
ricordi recuperati di abuso sessuale infantile sono di autenticit dubbia e
che non ancora noto un metodo per distinguere con sicurezza i ricordi veri
da eventi immaginati (American Medical Association 1994, p. 6).
Nello stesso anno, lAustralian Psychological Society ha sottolineato
che gli psicologi dovrebbero porre attenzione alla particolare sensibilit
dei pazienti a suggerimenti insidiosi, intenzionali o non, e ha raccoman-
dato la massima cautela nella valutazione dei ricordi recuperati, poich il
livello di affidabilit del ricordo, o lemozione legata allo stesso, non so-
no necessariamente un indizio della sua accuratezza (Australian Psycho-
logical Society 1994).
Infine, la Canadian Psychiatric Association, nel 1996, ha ribadito la
gravit e la drammaticit dellabuso sessuale perpetrato a qualsiasi et, per
cui occorre dare la massima attenzione e preoccupazione a tutte le segnala-
zioni spontanee (Canadian Psychiatric Association 1995, p. 306).
Le associazioni professionali concordano sul fatto che, allo stato, non
esistono tecniche conosciute in grado di garantire il recupero accurato di
ricordi storicamente attendibili. Infatti, sia lAmerican Medical Association
e che lAmerican Psychiatric Association hanno dichiarato che non esiste
un modo completamente sicuro per determinare la validit dei racconti in
assenza di prove (cfr. FMSF on-line, http://fmsfonline.org/fmsffaq.html).
Un ambito in cui la probabilit di far nascere dei falsi ricordi alta, il
caso di abusi sessuali subti durante linfanzia, per questa ragione, trovan-
dosi al cospetto di un soggetto che sostiene di essere stato abusato, il tera-
peuta non deve concentrare i propri sforzi sul tentativo di ottenere, a tutti i
costi, il ricordo completo di tali eventi, perch tale insistenza pu aumenta-
re il rischio di creare memorie o credenze illusorie.
Al contrario, quando lesame terapeutico condotto in modo non sugge-
stivo, aperto, senza lutilizzo di particolari tecniche di recupero della memoria,
la probabilit di far nascere falsi ricordi minore. In alcuni casi, addirittura,
possibile che alcuni medici possano credere che sia importante chiedere ai loro
clienti di tentare di ricordare eventi particolari dellinfanzia (Lindsay e Read
1994), anche quando i pazienti si sono rivolti a loro per altri problemi.
Questa vigilanza vale anche per non cadere nellerrore opposto: non tutti
i ricordi emersi a seguito di una terapia sono falsi, cos come non lo sono
tutti quelli bizzarri o strani. Il problema principale che molto difficile ca-
pire la differenza tra i veri ricordi recuperati e le false memorie create. In uno
89
studio (cfr. Hyman e Loftus 1997, p. 19), la fiducia che la gente riportava nei
loro ricordi era essenzialmente uguale per i veri ricordi recuperati e i ricordi
falsi creati. La certezza nei veri ricordi recuperati e nelle false rievocazioni
creati era inferiore a quella che si aveva nelle memorie vere ricordate sempre,
sebbene era superiore alla fiducia nei ricordi di avvenimenti realmente vissuti
ma di difficile recupero. Inoltre, diversi studi hanno dimostrato che, quando i
partecipanti sono stati invitati a scegliere quale avvenimento fosse stato falso,
coloro che avevano creato falsi ricordi, avevano avuto spesso difficolt a
identificare correttamente un evento che non si era mai verificato. Dopo aver
analizzato decine di recuperi di veri ricordi e falsi ricordi creati, risultato
chiaro che ci sono poche cose che distinguono le due categorie (Hyman e
Loftus 1997, p. 19). Perci, senza altre prove (fisiche, materiali, dichiarazioni
di altre persone, registrazioni video o fotografie ecc.), molto difficile distin-
guere un falso ricordo da uno vero.
Queste sono anche le conclusioni che lAmerican Psychological Asso-
ciation esprime nelle proprie linee guida, sottolineando che un valido psi-
coterapeuta sa che le conoscenze attuali non consentono di dire in modo
certo che un ricordo reale o falso, senza che vi siano ulteriori prove a cor-
roborarne la realt (American Psychiatric Association 1995).
2. Falsi ricordi: tra valutazione clinica e forense
Poich esiste unelevata probabilit che i ricordi emersi a seguito di
psicoterapie siano non perfettamente attendibili, necessario che tali ri-
cordi siano valutati con estrema cautela in qualsiasi tipo di processo e
che il giudice sia estremamente critico per orientare su di essi il suo li-
bero convincimento.
Nel corso della propria carriera possibile che uno psichiatra o uno psi-
cologo venga chiamato a svolgere non solo una valutazione clinica, ma anche
forense. Occorre chiarire che i due ambiti hanno scopi e finalit totalmente
diversi. Quando un clinico effettua una valutazione terapeutica, non si aspetta
che i risultati entreranno a far parte di un processo o che sar chiamato a te-
stimoniare in un procedimento giudiziario sulla valutazione effettuata. pos-
sibile, tuttavia, che un paziente possa essere coinvolto in un processo e che,
quindi, la valutazione terapeutica potrebbe entrare a far parte del procedi-
mento giudiziario: necessario, per, che anche in tali circostanze la valuta-
zione terapeutica sia tenuta ben distinta da quella forense e che il clinico non
testimoni mai in qualit di esperto (Heilburn 2001, p. 10). Durante un collo-
quio clinico, infatti, il terapeuta ha lobiettivo di individuare la causa del pro-
90
blema del paziente, per predisporre luso del trattamento migliore, al fine di
ripristinare il suo benessere psico-fisico. Il fine di un accertamento forense
totalmente diverso, infatti, deve descrivere laspetto psicologico del-
lesaminato, indicarne i dati che si rilevano dal suo comportamento e provare
a capire il grado di sincerit presente nelle sue risposte, per coadiuvare il giu-
dice, lavvocato o il pubblico ministero e fornire delle conoscenze di cui que-
sti non dispongono. Tra laltro, nel colloquio clinico sipotizza che il paziente
abbia tutto linteresse a essere schietto e onesto, affinch il terapeuta com-
prenda il suo problema e lo aiuti a superarlo nel modo migliore. Durante
laccertamento forense, invece, ben possibile che il soggetto simuli o dissi-
muli un disturbo e che, a seconda della propria posizione, faccia di tutto per
non agevolare o addirittura provare a orientare in un modo a lui favorevole il
convincimento dellesaminatore. Qualora il soggetto sia un sospettato di un
reato, tender a sminuire e minimizzare le proprie responsabilit del-
lepisodio e probabilmente far credere che, al momento della commissione
del reato, era incapace di intendere e di volere, con lobiettivo di essere di-
chiarato non imputabile (ai sensi dellart. 85 del codice penale). Invece, qua-
lora il soggetto sia la vittima di un reato, cercher di far emergere ed eviden-
ziare il danno subto.
In questi casi, quindi, lesaminante deve porsi in una posizione assolu-
tamente neutra, non dovendo n accettare, n rifiutare a priori lesattezza
delle informazioni che ha assunto, senza averle prima messe a confronto
con altre fonti e, quindi, averle riscontrate e verificate.
Proprio per lutilizzo che potr esser fatto delle informazioni ricavate
dallincontro, allinizio del colloquio forense, a differenza di quanto accade
nel colloquio clinico (in cui prevalente il rispetto del segreto professiona-
le), lo specialista tenuto a chiarire al soggetto lo scopo del suo operato. Le
linee guida deontologiche dello psicologo forense lo specificano chiara-
mente allarticolo 10:
Qualora il mandato gli sia stato conferito da persona diversa dal soggetto esa-
minato o trattato, per esempio da un magistrato, lo psicologo chiarisce al soggetto
le caratteristiche del proprio operato. Lo psicologo forense tenuto al segreto pro-
fessionale, ma altres tenuto a comunicare al soggetto valutato o trattato i limiti
della segretezza qualora il mandante sia un magistrato o egli adempia un dovere
(per esempio trattamento psicoterapeutico in carcere).
Questo obbligo si estende anche nei confronti del minore, per evitare
che i racconti di questultimo siano alterati o non veritieri:
Lo psicologo forense rende espliciti al minore gli scopi del colloquio curando
91
che ci non influenzi le risposte, tenendo conto della sua et e della sua capacit di
comprensione, evitando per quanto possibile che egli si attribuisca la responsabilit
per ci che riguarda il procedimento e gli eventuali sviluppi. Garantisce nella co-
municazione con il minore che lincontro avvenga in tempi, modi e luoghi tali da
assicurare la serenit del minore e la spontaneit della comunicazione; evitando, in
particolare, il ricorso a domande suggestive o implicative che diano per scontata la
sussistenza del fatto reato oggetto delle indagini.
Nella tab. 1 (Heilbrun, Warren e Picarello 2003; cit. in DAmbrosio
2010, p. 160), possibile notare quali e quanto siano marcate le differenze
che intercorrono tra laccertamento forense e quello terapeutico.
Tabella 1 Differenze tra psicologia clinica e forense
Psicologia clinica Psicologia forense
Scopo Diagnosi e cura dei sintomi
della malattia
Assistere il giudice e
lavvocato nel prendere una
decisione
Relazione esaminatore-
esaminato
Ruolo di aiuto Posizione oggettiva o quasi
oggettiva
Comunicazione dello scopo Ipotesi implicite sul proposito
condiviso dal dottore e dal
paziente. Formale, esplicita
notificazione non fatta in
modo tipico
Ammissioni non
necessariamente condivise.
Notificazione formale ed
esplicita
Chi viene assistito Paziente individuale Variabile: pu essere la corte,
lavvocato o il cliente
La natura del campo
che deve essere
considerato
Medico, psichiatrico,
psicologico
Medico, psichiatrico,
psicologico, forense
Origine dei dati Relazione di s, test
psicologico, valutazione
comportamentale, procedure
mediche
Self report, test psicologici,
valutazioni comportamentali,
procedure mediche,
osservazioni fatte da altri,
valutazioni degli atti del
fascicolo legale
Stile di risposta
dellesaminato
Si ipotizza che sia attendibile Non si ipotizza che sia
attendibile
Classificazione
del ragionamento e dei
limiti della conoscenza
Opzionale Molto importante
Resoconto scritto Breve nota conclusiva Lunga e dettagliata:
documenti che trovano le
ragioni e le conclusioni
Testimonianza della corte Non attesa Attesa
92
Peter Fonagy suggerisce agli psicoterapeuti di evitare, quando possibi-
le, di essere coinvolti in procedimenti legali riguardanti un abuso sessuale
infantile. Il modello di riferimento del sistema legale, basato sulla nozione
di verit storica, estraneo al contesto psicoterapeutico.
La conoscenza dei rapporti tra memoria e trauma insegna che lespe-
rienza di maltrattamento infantile subita dal paziente pu emergere in tera-
pia come parte di un racconto confuso. La psicoterapia certamente di
grande aiuto nel chiarire le implicazioni emotive di tali stati mentali confu-
si. Tuttavia, non mira a raggiungere, e neppure in grado di farlo, un al-
trettanto precisa risoluzione del fatto storico; solo una psicoterapia scadente
sindirizzerebbe al particolare dettaglio necessario a raggiungere tale obiet-
tivo. Per gli psicoterapeuti, la vaghezza, la contraddizione sono indicatori di
verit ancorate alle emozioni. Da un punto di vista legale, la chiarezza, la
velocit delleloquio e la mancanza di contraddizione sono garanzie di un
diverso genere di verit (Sandler, Fonagy 2002, p. 115).
Non pu esserci alcuna coincidenza tra ruolo forense e clinico, che
privilegia la cura del soggetto per dei motivi non trascurabili. Questi sa-
rebbero sia di natura etica sia clinica, in quanto il doppio ruolo produr-
rebbe unimperfetta percezione dellalleanza terapeutica dal punto di vi-
sta del paziente. Questo perch il terapeuta potrebbe testimoniare su al-
cune informazioni riservate e/o imbarazzanti che sono emerse durante la
terapia, che il paziente non avrebbe mai immaginato venissero divulgate
pubblicamente. Inoltre, il cliente potrebbe aspettarsi falsamente che il
suo terapeuta possa testimoniare favorevolmente a sostegno della sua
posizione procedurale.
La verit storica di fatti emersi durante la terapia non pu semplice-
mente essere considerata valida e affidabile per scopi legali, considerando
che una diagnosi sbagliata o un racconto errato del paziente possono sem-
pre essere rivisti e corretti in incontri successivi, senza creare alcun parti-
colare tipo di problema. Diverso ci che accade in un colloquio forense,
in cui lesaminatore, tra le altre cose, deve offrire proprie opinioni circa la
verit storica e la solidit dei profili psicologici di un soggetto che parte
del giudizio. Questa valutazione ben pi difficile e delicata da effettuare
in un contesto forense, piuttosto che in uno clinico, in quanto un giudizio
errato non influir negativamente solo sul soggetto esaminato, ma si esten-
der molto probabilmente anche ad altre persone, che potranno essere fal-
samente accusate e condannate a causa di una consulenza superficiale o mal
redatta. Per favorirne il compito, tuttavia previsto che, nel corso di una
valutazione forense, il clinico possa mettere a confronto i fatti narrati dal-
lesaminato con varie fonti, come conversazioni con colleghi, vicini, fami-
93
liari o visione di rapporti di polizia, le cartelle cliniche, deposizioni, testi-
monianze (Greenberg e Shuman 1997).
Linutilizzabilit dei ricordi emersi a seguito di una terapia quanto mai
opportuna alla luce del fatto che quei ricordi possono essere stati favoriti dal-
luso di alcune tecniche suggestive il cui uso, anche se potrebbe rilevarsi utile
a fini curativi, espressamente vietato dal nostro codice di procedura penale.
Questo, come accennato in precedenza, agli art. 64, comma II, e 188 prevede
che, nellambito di tutto il nostro procedimento penale, non possano essere
utilizzati, neppure con il consenso della persona interrogata o interessata,
metodi o tecniche idonei a influire sulla libert di autodeterminazione o ad
alterare la capacit di ricordare e di valutare i fatti. Tale assunto ben chiarito
da una sentenza della Corte dAssise di Caltanissetta del 28.4.1999 che, oc-
cupandosi dellaccertamento peritale, ha statuito che:
Lattivit del perito non sottratta alla regola generale di cui allart. 188 c.p.p.,
la quale si riferisce a tutte le forme di assunzione della prova; ne consegue che so-
no inutilizzabili i risultati dellaccertamento peritale, avente a oggetto lattitudine a
testimoniare di individuo minore di et, condotto attraverso la sottoposizione a ip-
nosi del minore medesimo allo scopo di accertare la presenza e la natura di ele-
menti condizionanti la sua psiche (Cosca 2000).
A prescindere da cosa si pensi dei ricordi recuperati, di quale teoria vo-
gliamo abbracciare, quali esperimenti vogliamo considerare validi, una regola
universale che travalica i confini degli studi che abbiamo approfondito
quella di analizzare sempre con molta attenzione qualunque ricordo, sia di un
evento recente, sia di un fatto accaduto anni fa, sia di un episodio non ricor-
dato per molti anni e poi tornato in modo improvviso alla mente. La cura e la
prudenza dovranno essere ancora maggiori, quando si parla di abusi sessuali:
in questo caso, valutare un evento come vero o falso ha ripercussioni dram-
matiche e perduranti sia sulla vita del reo che su quella della vittima. Per que-
sto, fondamentale trovare, di volta in volta, il maggior numero di prove utili
a corroborare le dichiarazioni di soggetti che raccontano di aver subto un
abuso o una violenza. Queste evidenze serviranno a rendere pi solido e at-
tendibile il racconto della vittima, sia a fini processuali, per una giusta puni-
zione del colpevole, sia a fini clinici, affinch essa segua un percorso terapeu-
tico che le permetta di vivere con serenit, il superamento del trauma subto.
Inoltre, riconoscere e individuare quei casi in cui un abuso non si mai
verificato, permetter di trattare in modo pi duro e incisivo le migliaia, se
non decine di migliaia, di casi in cui i minori sono maltrattati, umiliati o
abusati da genitori, parenti o estranei.
95
8. Gli aspetti neurocognitivi
La memoria umana influenzata da diversi fattori, quali la conoscenza
preventiva di un avvenimento (Jacoby et al. 2010; Long et al. 2008) e lo
stato mentale o emozionale attuale (Smeets, Otgaar, Candel e Wolf 2008),
pertanto non una rappresentazione fotografica perfetta del mondo esterno
(DAmbrosio 2010).
Esempi di distorsioni della memoria sono le confabulazioni presenti in
alcune patologie psichiatriche (per esempio stati deliranti prevalentemente
di origine psico-organica, ma non solo), ma non raro che a causa di tali
distorsioni del ricordo si originino delle conseguenze in ambito forense
(Brainerd, Reyna e Ceci 2008; Loftus 2003; 2005).
I ricordi autobiografici si iscrivono, in particolare, nella cosiddetta me-
moria dichiarativa, che un sistema della memoria a lungo termine alta-
mente flessibile. Essa serve per consentire di adattarci continuamente al
mondo esterno, permettendoci di riconoscere i dati che derivano dalla nostra
esperienza storica. A causa della sua flessibilit facilmente soggetta a erro-
ri e distorsioni e pu essere ulteriormente suddivisa in memoria semantica (i
fatti del mondo e la loro suddivisione in categorie astratte) e in episodica o
di riconoscimento (la capacit di ri-sperimentare un evento nel contesto in
cui si originariamente verificato) (Tulving 1972; 2002). stato dimostrato
che la memoria episodica richiede la partecipazione di sistemi cerebrali, in
aggiunta a quelli che supportano la memoria semantica, essi sono localizzati
in particolare nei lobi frontali (Mitchell e Johnson 2009).
La memoria di riconoscimento utilizzata continuamente nella vita
quotidiana, non sempre in modo consapevole. Quando incrociamo una per-
sona che ci pare di conoscere ci sforziamo allora di ricordare chi sia e in
quale situazione labbiamo conosciuta in precedenza.
Questo riconoscimento di uno stimolo frutto di due giudizi diversi:
familiarit (Ho gi incontrato questa persona?);
96
recupero, nella quale si cercano anche dettagli specifici o informa-
zioni associate a quello stimolo (In quale circostanza ho incontrato
questa persona?).
Le conoscenze sullesistenza dei due elementi nella memoria di ricono-
scimento si sono consolidate negli ultimi quarantanni (Yonelinas 2002),
qualche intuizione si trovava, addirittura, in Aristotele.
Gli studiosi di lingua anglosassone le definiscono recollection (recu-
pero) e familiarity (familiarit) (Mandler 1980; Tulving 1985).
La recollection si riferisce a un ricordo particolareggiato dellinforma-
zione e del contesto spazio-temporale cui associata; comprende gli stimoli
ricollegati allambito spazio-temporale. La familiarity consente di formula-
re un giudizio pi automatico, per cui si ha limpressione di aver gi incon-
trato quello stimolo, senza, tuttavia, ricordare le informazioni del contesto,
a esso associate. In sostanza si riconosce uno stimolo, ma senza richiamare
gli altri dettagli.
La ricerca neuropsicologica recente sta da qualche tempo dibattendo
sulla caratteristica unica o duale della memoria di riconoscimento.
La prima ipotesi (Slotnick e Dodson 2005) si riferisce a un processo
unico, in cui le due distinte prestazioni (familiarity o recollection) sono
prodotte da differenze di ordine quantitativo, secondarie allintensit della
traccia mnesica. In questo modello la recollection dipende da una traccia
forte, che produce anche il richiamo delle informazioni contestuali asso-
ciate al riconoscimento dello stimolo. Viceversa, la familiarity legata a un
segnale debole, incapace di reclutare il richiamo delle altre informazioni
collegate allo stimolo.
Il secondo modello, che invece ha trovato pi conferme sperimenta-
li, quello duale. Una recente review di Yonelinas (2002) descrive lin-
dipendenza dei due processi (familiarity e recollection), la loro disso-
ciabilit e la capacit di operare in parallelo. Questo rappresenta un ar-
gomento fondamentale a favore del modello duale. La loro specificit si
riferisce esclusivamente al tipo dinformazioni di cui favoriscono il ri-
conoscimento e al grado con il quale i rispettivi processi condizionano
la sicurezza nel riconoscimento. Nella familiarity il riconoscimento sa-
rebbe un processo pi rapido e automatico, ma per questo meno perti-
nente; mentre nella recollection, in cui si richiede uno sforzo cognitivo
pi intenso (Brown e Aggleton 2001), lo sviluppo pi lento e preciso,
ma pi ricco dinformazioni qualitative sugli stimoli da ricordare e ca-
pace di fornire un ricordo pi particolareggiato e verosimile (Yonelinas
2002; Eichenbaum, Yonelinas e Ranganath 2007).
97
Le evidenze sperimentali a sostegno della seconda ipotesi sono consi-
stenti e riguardano diversi aspetti:
una maggiore alterazione della recollection, invece che della familiarity,
nei protocolli di divisione dellattenzione (Gardiner e Parkin 1990; Gar-
diner, Ramponi e Richardson-Klavehn 2002) e in seguito alla sommini-
strazione di benzodiazepine (Curran et al. 1993; Hirshman et al. 2002);
una pi rapida velocit dei processi di familiarity a paragone con quelli
di recollection (Yonelinas 1994; Yonelinas e Jacoby 1994; 1995);
i processi basati sulla recollection sono pi stabili di quelli basati sulla
familiarity dopo una distorsione delle caratteristiche percettive della pa-
rola stimolo al test (Rajaram 1993; Rajaram e Geraci 2000).
La differenza funzionale tra questi due processi della memoria di rico-
noscimento, si rifletterebbe anche in una diversa localizzazione neuro-
anatomica (Aggleton e Brown 1999; 2006).
I processi di recollection risiederebbero prevalentemente nellippocam-
po, mentre quelli di familiarity nelladiacente giro para-ippocampale, in
particolare nella corteccia perineale.
Figura 1 Ippocampo, corteccia entorinale e perineale
Ippocampo
Corteccia paraippocampale
Corteccia entorinale
Corteccia peririnale
La connessione tra questi due diversi sistemi si avrebbe tramite il tala-
mo e il lobo temporale. La codifica delle informazioni nella memoria epi-
sodica, che sinnesca durante la recollection, attiverebbe la connessione tra
lippocampo e il talamo anteriore, attraverso il fornice e il tratto mammillo-
talamico. Invece, la familiarity, implicata nei giudizi di riconoscimento, at-
98
tiverebbe la connessione tra la corteccia perineale con i nuclei medio-
dorsali del talamo, con la funzione di mantenere in modo temporaneo i
nuovi stimoli allinterno del sistema di memoria.
Comunque, lazione dei due sistemi sui processi di apprendimento e
di memoria avviene in parallelo, con un differente apporto qualitativo.
Infatti, una conferma si ha in caso di lesioni selettive: se la sede nella
zona talamica anteriore e/o nel tratto mammillo talamico si ha un deficit
della funzione di recollection; se, invece, riguarda il talamo medio-
dorsale oppure le connessioni tra il talamo e la corteccia perineale,
compromessa la familiarity. Inoltre, nel caso di un danno ipossico al-
lippocampo, i soggetti soffrono di un deficit maggiore della recollec-
tion, senza nessun problema sulla familiarity (Aggleton et al. 2005;
Bastin et al. 2004; Holdstock et al. 2002; Holdstock et al. 2005). La
corteccia entorinale interessata in ambedue i sistemi, cos come la
corteccia prefrontale interagisce con entrambi a diversi livelli, allo sco-
po di stimolare strategie di recupero delle informazioni. Ulteriori evi-
denze sugli effetti dellanossia sullippocampo (Quamme et al. 2004)
sono quelle sulle performance di memoria dichiarativa in un gruppo pa-
zienti sopravvissuti a un arresto cardiaco improvviso, esse confermano
la formazione di un danno alla funzione di recollection, ma non a quello
di familiarity. Al contrario, la rimozione di una larga porzione della
corteccia perineale, senza alcun danno per lippocampo, com capitato
a un paziente sottoposto a rimozione chirurgica delle strutture anteriori
del lobo temporale sinistro, per il trattamento di una forma di epilessia
resistente ai farmaci, ha prodotto un deficit selettivo di familiarity con
risparmio della funzione di recollection (Bowles et al. 2007). Tutti que-
sti studi avvallano lipotesi duale dei processi della memoria di rico-
noscimento, con sedi neuroanatomiche distinte.
Questa premessa fisiologica ha una sua enorme importanza per quanto
riguarda eventuali distorsioni funzionali, come le false memorie, che ri-
guardano soprattutto il sistema di memoria episodica, cui appartiene la
memoria di riconoscimento (Brandimonte 2004; Tulving 1972). Bisogna
sottolineare il carattere complesso di questo sistema deputato a ricordare,
per esempio, sia i contenuti delle frasi, che quelli di movimento del corpo
(Straube, Green, Chatterjee e Kircher 2011).
La ricerca sulle false memorie suggerisce che la maggior parte dei
falsi ricordi sono guidati da aumenti di familiarit o di processi riguar-
danti gli aspetti semantici (Brainerd e Reyna 2002; Jacoby 1991; Yoneli-
nas et al. 1996).
Una di esse la Fuzzy-trace Theory, o Teoria della traccia confusa
99
(Reyna e Brainerd 1998), che ipotizza che unesperienza produca due tipi
di tracce:
la prima si riferisce prevalentemente agli aspetti semantici (per esem-
pio di appartenenza astratta a una classe di stimoli), relativi al concetto
espresso nella sua globalit senza attributi specifici (familiarity);
la seconda traccia provvede alla memorizzazione degli attributi specifici
(per esempio quelli di tipo sensoriale), che compongono lesperienza in
questione (recollection).
Ovvia conseguenza di questa doppia traccia che un soggetto, pi si
affida alla traccia semantica, maggiore sar la probabilit che generi un
falso ricordo. Queste tracce sono erroneamente avallate come vecchi
eventi, in base alla loro somiglianza con le precedenti esperienze di fatti
realmente accaduti. Questa somiglianza deriva dal fatto che il precedente
evento vero e quello nuovo-condiviso hanno dei temi o propriet comuni
(per esempio, studiando le parole vacca, pecora, e pollo e possiamo
ricordare falsamente la parola maiale come facenti parte della lista che
abbiamo studiato in precendenza).
Lidea che le false memorie si basino su tale assunto o sulla familiarit
supportata da prove che dimostrano che i falsi ricordi, rispetto a quelli ve-
ri, sono associati con meno dettagli percettivi (Johnson e Raye 1981; Nor-
man e Schacter 1997), hanno maggiori rapporti di familiarit (Brainerd e
Reyna 2002; Roediger e McDermott 1995), tempi di risposta pi lenti (Fa-
biani, Gratton e Coles 2000), livello di fiducia inferiore (Mather, Henkel e
Johnson 1997; Miller e Wolford 1999). Tuttavia, cos come i ricordi veri,
alcuni falsi ricordi hanno presentato dei tempi di risposta rapidi (Loftus e
Hoffman 1989), unalta fiducia (Dennis et al. 2008; Kim e Cabeza 2007;
Loftus e Pickrell 1995; Loftus, Feldman e Dashiell 1995) e il ricordo di
dettagli specifici (Geraci e McCabe 2006; Payne, Elie, Blackwell e Neu-
schatz 1996; Schacter, Norman e Koutstaal 1998).
Questa sovrapposizione nelle caratteristiche dei ricordi veri e falsi sfida la
teoria che tutti i falsi ricordi sono basati esclusivamente sul criterio di familia-
rit, indipendentemente dalla veridicit della memoria, per questo motivo si
sono approfondite le ricerche con tecniche innovative di tipo strumentale.
Il campo delle neuroscienze cognitive si attualmente spostato sulle
tecniche strumentali di neuro-imaging, che utilizzano, in particolare, i po-
tenziali evento-correlati (ERP) e la risonanza magnetica funzionale (fMRI),
queste permettono al ricercatore di sbirciare nel cervello del soggetto,
mentre esegue un determinato comportamento.
100
Gli ERP hanno il vantaggio di catturare la cognizione in tempo reale
(buona risoluzione temporale), ma questa tecnica meno valida nella lo-
calizzazione topografica cerebrale, indicativa di dove la cognizione si sta
verificando (scarsa risoluzione spaziale). La fMRI, al contrario, ha una
buona risoluzione spaziale ma scarsa risoluzione temporale. I ricercatori,
spesso, combinano queste tecniche per ottenere informazioni temporali e
spaziali, utilizzando quella che viene chiamata una procedura evento-
correlato di fMRI.
La maggior parte degli studi ERP e fMRI sulla memoria di riconosci-
mento vera e falsa riguardano il ricordo di elenchi di parole, correlate se-
manticamente. Mentre i soggetti eseguono questo compito, si riesce a mo-
nitorare la loro attivit cerebrale. I risultati di questi studi forniscono pre-
ziose informazioni sulle aree cerebrali che potrebbero essere associate con
la produzione di ricordi veri e falsi.
In particolare, lattivit sensoriale maggiore per i ricordi veri che per i
falsi ricordi, le regioni allinterno del lobo temporale mediale si attiverebbe-
ro maggiormente nella formazione dei falsi ricordi, invece le regioni allin-
terno della corteccia prefrontale sembrano essere coinvolte nei processi di
monitoraggio della memoria, quindi avrebbero una funzione nella riduzione
dei falsi ricordi (Schacter e Slotnick 2004; Straube 2012). Unaltra procedu-
ra, che resa possibile dallimpianto neurochirurgico di elettrodi che regi-
strano lattivit elettrofisiologica in pazienti epilettici resistenti al tratta-
mento, ci fornisce una maggiore prospettiva unitaria spazio-temporale. In
uno studio in cui si utilizzata questa procedura, i soggetti studiavano alcu-
ne liste di parole, poi cercavano di ricordare le parole stesse, dopo un breve
intervallo. I ricercatori hanno confrontato diverse onde cerebrali in cinque
bande di frequenza differenti (delta, theta, alfa, beta e gamma) per le parole
correttamente e incorrettamente ricordate. La banda di frequenza che meglio
evidenziava i ricordi veri o falsi ricordi era quella gamma. Gli autori sosten-
gono che questa potrebbe riflettere il ricordo dinformazioni contestuali, re-
lative alla precedente esperienza, definite recollection memory (Sederberg
et al. 2007a; 2007b). Questi lavori sperimentali riguardano il ricordo di sti-
moli piuttosto semplici, come il ricordo di elenchi di parole, figure o forme.
Tra i molteplici paradigmi per indurre e studiare il falso ricordo in ambito
sperimentale, una delle procedure pi usate il DRM
1
che prevede una fase
di codifica, in cui viene sottoposta a un soggetto una lista di parole semanti-
camente legate a un termine (esca critica) non presente nella lista stessa e
una fase di recupero, in cui, allo stesso soggetto, viene presentata una lista di
1
Acronimo dei suoi inventori: Deese (1959); Roediger e McDermott (1995).
101
termini composta da tre tipi di parole: alcune effettivamente presenti durante
la prima fase (hits), altre non presenti e senza alcun legame semantico con le
prime (distrattori o filler), e infine la parola-esca (esca critica). Esistono al-
cuni studi che riguardano la memoria autobiografica per interi eventi (Ca-
beza e StJacques 2007). I ricercatori chiedono ai soggetti di concentrarsi su
ricordi personali, mentre sono in uno scanner cerebrale (fMRI), successiva-
mente a uno stimolo rappresentato da una parola o da una domanda (per
esempio, quando stata lultima volta che ha mangiato cibo cinese?). In
confronto con gli studi precedentemente descritti con le liste di parole, que-
sti sui ricordi autobiografici potrebbero permetterci, potenzialmente, di com-
prendere le differenze tra veri e falsi ricordi. Diversi studi hanno riscontrato
che soltanto nei veri ricordi si attivano le regioni sensoriali connesse alla
presentazione iniziale dello stimolo, per esempio quelli che si riferiscono
alla corteccia uditiva primaria (Cabeza et al. 2001; Kim e Cabeza 2007) e
alla corteccia visiva, per esempio Area di Brodmann (BA) 17/18 (Okado e
Stark 2003; Slotnick e Schacter 2004; Stark, Okado e Loftus 2010) (fig. 2).
Figura 2 Aree di Brodmann
Emisferi
Sinistro Destro
La ricerca precedente suggeriva che questattivit rappresentasse sia il
recupero, che la riattivazione sensoriale di propriet percettive e item-
specifiche di elementi precedentemente studiati (Vaidya, Zhao, Desmond e
Gabrieli 2002; Wheeler, Petersen e Buckner 2000). I falsi ricordi non con-
tengono tali informazioni e, quindi, mancano di questi segnali di riattiva-
zione sensoriale e tendono ad attivare la corteccia visiva tardiva (per
esempio BA 19/37) (fig. 2), associata con la consapevolezza di aver indivi-
duato un vecchio stimolo (Stark, Okado e Loftus 2010). I risultati fMRI
102
suggeriscono che i processi attentivi e quelli concernenti le funzioni esecu-
tive, sia per i veri che per i falsi ricordi sono mediati tramite il PFC (cortec-
cia prefrontale), mentre i processi di memoria per i veri ricordi sarebbero
individuati, in modo specifico, nel MTL (lobo temporale mediale) posterio-
re sinistro (Van Kesteren, Rijpkema, Ruiter e Fernndez 2010). Tuttavia,
non tutti gli studi concordano su questa distinzione accurata tra le specifi-
che regioni (Duarte, Graham ed Henson 2010; Kahn, Davachi e Wagner
2004; von Zerssen, Mecklinger, Opitz e von Cramon 2001). Non chiaro
se questa differenza sia dovuta al fatto che il falso ricordo impedisce qual-
che forma di riattivazione sensoriale o, pi probabilmente, maggiormente
implicato quel processo di familiarity, che maschera la differenza tra vero e
falso ricordo, perch presente in entrambe le memorie.
La corteccia sensoriale primaria pu mediare i due tipi di ricordo.
Studi di fMRI hanno mostrato unattivit significativamente maggiore
nel ricordo vero rispetto a quello falso. Le regioni associate allo stimolo
sensoriale originario (per esempio corteccia visiva) sono in grado di di-
scriminare il vero e falso ricordo. Tuttavia, entrambi i ricordi condividono
una grande rete di sovrapposizione, questo suggerisce che il falso ricordo
non associato a una distinta rete neurale, ma in gran parte mediato
dalla stessa ricostruzione mnesica relativa alla vera memoria (Giovanello,
Schnyer e Verfaellie 2009). Esistono alcuni studi che avrebbero identifi-
cato le regioni associate con una maggiore attivit per il falso ricordo ri-
spetto a quello vero (corteccia prefrontale destra e sinistra, giro precen-
trale, corteccia parietale bilaterale, giro temporale medio, corteccia ven-
trale anteriore del cingolo) (Cabeza et al. 2001; Garoff-Eaton, Kensinger
e Schacter 2007; Kensinger e Schacter 2005; Kim e Cabeza 2007; Slot-
nick e Schacter 2006).
La maggior parte degli studi non ha usato test capaci di discriminare,
ma soltanto un test binario di riconoscimento (s/no) per sondare il recupero
della memoria; questo ha limitato le opzioni di risposta e non ha consentito
distinzioni tra i processi di recollection e familiarity.
Recenti ricerche nel dominio di veri ricordi hanno dimostrato che tale
distinzione tra recollection e familiarity importante, non solo a livello
comportamentale (Yonelinas 2002), ma anche neurale. Per esempio, mentre
il recollection del ricordo vero stato associato con lattivit neurale nel
lobo temporale mediale (MTL), nella corteccia prefrontale mediale (PFC),
corteccia parietale laterale e posteriore del cingolato, la familiarity vera
stata associata con lattivit della corteccia prefrontale laterale PFC, nel lo-
bo temporale mediale MTL, e nella corteccia parietale superiore (Daselaar,
Fleck e Cabeza 2006; Spaniol et al. 2009; Yonelinas, Otten, Shaw e Rugg
103
2005). I lobi frontali pare che abbiano un ruolo importante nel consolida-
mento dei ricordi veri (Kim e Cabeza 2007).
stato anche analizzato con FMRI un particolare effetto deformante
sulla memoria, quello che si riferisce alla disinformazione, per cui informa-
zioni successive allesperienza di un evento portano a una modifica del ri-
cordo originario. In uno studio, per esempio, venivano mostrate ad alcuni
soggetti una sequenza di fotografie. In seguito gli stessi soggetti ascoltava-
no un racconto, che comprendeva informazioni ingannevoli circa le foto-
grafie precedentemente osservate. Il tutto avveniva mentre era eseguita la
fMRI (Loftus e Hoffman 1989; Stark, Okado e Loftus 2010). Complessi-
vamente lattivit era simile, tuttavia, i veri ricordi attivavano maggior-
mente la corteccia visiva (probabilmente a causa delle informazioni visive),
mentre le false memorie mostravano pi attivazione nella corteccia uditiva
(probabilmente a causa del racconto disinformativo ascoltato). Questi ri-
sultati sono in linea con lipotesi della riattivazione sensoriale, per cui le
stesse regioni sensoriali, interessate nella fase di codifica, lo sarebbero an-
che in quella di recupero.
Questi dati suggeriscono che c una differenza di sede tra veri e falsi
ricordi, quando sono codificati con diverse modalit sensoriali.
105
9. Svelare una menzogna,
rilevare una testimonianza accurata,
evitare di sollecitare un falso ricordo
1. Svelare la menzogna
Svelare se una persona sta mentendo o dicendo il vero unattivit che
riguarda lazione investigativa, che ha usato in alcune realt anche stru-
menti specifici (per esempio poligrafo: lie detector).
Bisogna premettere che ci sono due tipi di bugie: quelle intenzionali e
quelle legate alle false memorie.
Il bugiardo intenzionale spesso sintrappola in una rete complessa di
menzogne, in cui si rilevano spesso contraddizioni. Inoltre, la storia passata
riguardante il suo abituale modo di agire potrebbe essere predittiva del suo
comportamento futuro. Se ha mentito frequentemente, probabile che con-
tinui a farlo, ma alcuni bugiardi possono non mentire spesso.
Una possibilit potenzialmente utile per svelarle coinvolge la valuta-
zione emozionale rilevabile dalle micro-espressioni facciali (Ekman 1992;
Porter e Brinke 2008).
Rimangono, tuttavia, alcuni interrogativi:
Come si fa a scoprire un bugiardo che non sa che sta mentendo?
Se qualcuno crede seriamente a ci che dice, come possiamo indivi-
duare che questa una menzogna?
La semplice ma insoddisfacente risposta che non siamo in grado di
stabilirlo!
Un approccio per determinare se una memoria individuale autentica
quello di analizzare il contenuto del ricordo. In laboratorio si ha il vantag-
gio di sapere quello che si sta ricordando, segnalando con precisione ci
che riferito in modo falso, poich si ha un perfetto controllo della proce-
dura. Si in grado di controllare gli eventi che la persona sperimenta e si
conosce quali sono i nuovi avvenimenti. La sfida, per, di applicarla al
106
mondo reale dove le esperienze possono essere fonte di forti emozioni, per-
sino traumatiche.
Inoltre, nel mondo reale, non sappiamo chi sta dichiarando la verit e
chi sta mentendo, o se i ricordi sono veri e quali sono falsi.
Una tecnica molto usata quella che deriva dalla procedura CBCA
1
. Ori-
ginariamente stata sviluppata per i bambini, ma anche applicata agli adulti.
Lidea di base che le false dichiarazioni sono intrinsecamente diverse e diffe-
renziabili dalle affermazioni vere. Questipotesi si applica sia alle bugie, che
alle false memorie. La tecnica attribuisce dei punteggi ai resoconti di memoria
utilizzando diciannove target sia cognitivi che motivazionali, presenti o assenti
nel report (per esempio, struttura logica, dettagli insoliti, correzioni spontanee).
Questi criteri hanno avuto un certo successo nel differenziare le vere dalle false
memorie, tuttavia, le differenze sono relativamente scarse quando sono esami-
nate in condizione di controllo sperimentale in laboratorio. In una review di
trentasette studi, il criterio che differenziava meglio le vere dalle false dichiara-
zioni era la quantit di dettagli associati (Vrij 2005). In media, i ricordi reali
avrebbero pi informazioni sensoriali e concettuali (visivi, uditivi e dettagli ol-
fattivi) (Suengas e Johnson 1988), quindi, si potrebbe esaminare attentamente
la memoria per vedere se sono presenti pi dettagli sensoriali.
Anche se si trovasse un dettaglio sensoriale, come si pu essere sicuri
che la memoria reale e non il prodotto di una suggestione?
Esistono alcuni consigli derivanti dalla ricerca che possono essere uti-
lizzati con molta discrezione per valutare lautenticit del racconto del sog-
getto (Vrij 2000).
Essere sospettosi. Nella gran parte dei casi le bugie non sono identifi-
cate, perch le persone che le ricevono non sono diffidenti. Fare atten-
zione se la persona poco espressiva nel raccontare il fatto.
Fare delle domande. Chi mente sa che deve fare di tutto per non contrad-
dirsi. In un nuovo resoconto potrebbe aggiungere ulteriori dettagli, per cui
1
Criteria Based Content Analysis (analisi del contenuto basata sui criteri) A. Caratteri-
stiche generali 1. Struttura logica 2. Produzione non strutturata 3. Quantit di dettagli B.
Contenuti specifici 4. Ancoraggio contestuale 5. Descrizione di interazioni 6. Riproduzione
di conversazioni 7. Complicazioni impreviste intervenute nel corso dellevento C. Peculia-
rit del contenuto 8. Particolari insoliti 9. Dettagli superflui 10. Riferimento accurato di det-
tagli fraintesi 11. Associazioni esterne correlate 12. D. Indicazione di stati danimo (pensieri
e sentimenti) soggettivi 13. Attribuzione di stati danimo (pensieri e sentimenti) al-
laggressore E. Contenuti legati alla motivazione 14. Correzioni spontanee 15. Ammissione
di vuoti di memoria 16. Dubbi sulla propria testimonianza 17. Disapprovazione del proprio
comportamento 18. Disponibilit a perdonare il responsabile F. Elementi specifici del reato
19. Dettagli caratteristici del reato.
107
se il racconto non vero, si aggiungeranno delle piccole menzogne alle
altre pi grandi. Questo rende il tutto pi difficile, perch potrebbe non ave-
re previsto tutto, quindi facilmente si svelerebbero alcune contraddizioni.
Tacere ci che si sa. Soprattutto bisogna avere delle informazioni pre-
cise. Si pu contestare uninformazione acquisita in precedenza e que-
sto d sicuramente un vantaggio allinterrogante (per esempio In se-
guito a una rapina in banca, si sospetta della complicit di un testimone
che ha dichiarato che era fuori della banca a prelevare al bancomat,
mentre si compiva la rapina. Disponendo dellinformazione che ha
prelevato i soldi allo sportello automatico, ma non allora da lui indicata,
gli si contesta il fatto, cos da fargli cadere la sicurezza del suo rac-
conto, solo dopo che egli aveva gi reso le sue dichiarazioni).
Far ripetere quello che ha detto in precedenza, anche utilizzando una pro-
cedura di riavvolgimento del nastro (partendo dalla fine del racconto). Un
bugiardo comune non tende a ricordare precisamente quello che ha gi
detto nellordine temporale in cui se lo era preparato. Se mente preoccu-
pato del rischio di contraddirsi, per cui diventer pi sospettoso, quindi
cercher di raccontare il meno possibile.
Mantenere una capacit di ascolto empatico, questo invoglier la per-
sona a parlare di pi, cos ci si potr concentrare sulla gestualit, per
vedere se coartata, poco espressiva o non coerente con i contenuti e
lemozione associata.
Cercare di fare un parallelo tra il comportamento abituale del soggetto
e quello seguente alla menzogna, ma con laccortezza di raffrontare
comportamenti simili. vero che essere sospettati produce, comunque,
un cambiamento significativo delle proprie consuetudini di vita.
Se consideriamo gli indici non verbali, la ricerca (Vieira e Lane 2013)
ha identificato, moderatamente plausibili, solo questi indici: le persone che
mentono annuiscono meno con il capo e muovono meno le gambe e le ma-
ni, in particolare il movimento delle mani notevolmente ridotto nel caso
di mentitori fortemente motivati. Contrariamente a quanto si creda, lo
sguardo sfuggente non considerato un buon indice.
2. Tecniche di recupero non suggestive della memoria testi-
moniale: lIntervista Cognitiva, il protocollo NICDH, le lineup
Per quanto riguarda la tecnica per sollecitare una giusta e corretta rico-
struzione della memoria testimoniale si rimanda a quella che ha avuto pi
108
riconoscimenti di efficacia: lintervista cognitiva (Demarchi e Py 2006;
Memon, Meissner e Fraser 2010). Alla fine degli anni Ottanta questo proto-
collo stato sviluppato negli Stati Uniti, per opera degli psicologi Fisher e
Geiselman con lo scopo di migliorare laccuratezza e la completezza delle
narrazioni dei testimoni oculari.
Infatti, nei testimoni oculari, come accennato in precedenza, pu acca-
dere che, pur avendo assistito in prima persona a un determinato evento, il
ricordo risulti impreciso, alterato o completamente distorto.
Uno dei consigli pi semplici per evitare che ci accada quello di in-
vitare il soggetto a fermare, quanto prima possibile, il suo ricordo del-
levento scrivendo da solo su di un foglio tutti i dettagli principali del fatto,
gli si deve raccomandare di evitare di parlare con altri prima di tale proce-
dura, per non contaminare la genuinit della memoria, contribuendo, cos, a
un suo rafforzamento. altamente consigliabile non parlare dellevento con
altri testimoni: lascolto di altri racconti da parte di altre persone che
lhanno visto da unaltra prospettiva o da una distanza maggiore o minore,
pu influenzare il ricordo originale. probabile, infatti, che nellimmedia-
tezza di un evento criminoso, i testimoni oculari parlino tra loro, influen-
zando reciprocamente i propri ricordi e ricordando falsamente di aver no-
tato un determinato dettaglio, percepito, in realt, solo da un altro osserva-
tore (DAmbrosio 2010; Loftus 2003).
In tutti questi casi, pu essere daiuto la psicologia cognitiva, che iden-
tifica i processi di base della memoria, riducendo notevolmente il rischio di
creare ricordi falsi, imprecisi o alterati. Queste conoscenze sono alla base
dellintervista cognitiva che utilizza i seguenti accorgimenti:
costruzione del rapporto con il testimone;
ricostruzione mentale del luogo e delle azioni prima del fatto;
rievocazione libera;
pensare nuovamente al fatto e riferire altri dettagli;
attivazione delle immagini mentali;
narrazione in ordine diverso e da diverse ottiche;
commiato amichevole, dichiarando la propria disponibilit per nuovi in-
contri.
Lintervista cognitiva strutturata per accrescere la memoria in tre
modi:
aiuta a mettere a fuoco e a comprendere limmagine mentale del-
levento riportata dal testimone oculare;
109
pone il testimone oculare nel ruolo di narratore della storia durante
linterrogatorio;
offre strategie di recupero per laccesso ai ricordi immagazzinati riguar-
danti levento vissuto.
Tra le innovazioni introdotte dallintervista cognitiva, c la libera nar-
razione nella rievocazione del fatto, si incoraggia il soggetto a raccontare
qualsiasi cosa gli venga in mente che collegata con levento vissuto, senza
censurare alcuno dei suoi pensieri, n forzare in modo eccessivo la sua ca-
pacit di ricordare, questo permette di ottenere una panoramica pi ampia
del ricordo. Ovviamente, tale sollecitazione non assolutamente un invito a
inventare o aggiungere al racconto proprie riflessioni personali, che potreb-
bero falsare il ricordo dellavvenimento. Per evitare ci, necessario che
colui che conduce lintervista sia in grado di controllare e ricondurre
linterrogatorio sulla traccia delle informazioni rilevanti, in modo che il te-
stimone si possa concentrare sul comunicare informazioni dettagliate,
esclusivamente inerenti ci che effettivamente avvenuto.
Altro protocollo dintervista, nato appositamente per lascolto dei
minori, che riferiscono di aver subto violenza sessuale il protocollo
NICDH
2
, sviluppato dallo psicologo Michael Lamb e dai suoi collabo-
ratori presso il National Institute of Child Health and Human Deve-
lopment. Esso si basa sul principio che gli elementi raccolti con laiuto
di domande aperte sono pi numerosi e attendibili di quelli raccolti con
domande chiuse (per esempio, il chiedere cosa ti successo? provo-
cher una risposta pi attendibile rispetto alla domanda la persona con
cui eri ieri ti ha fatto del male?). Il protocollo simile a quello del-
lintervista cognitiva, strutturato in pi fasi (dalle prime, in cui
lintervistatore illustra al minore i compiti da eseguire e cerca di fami-
liarizzare, a quelle successive, in cui fa prima parlare liberamente il mi-
nore e poi gli pone domande pi dettagliate). Un recente studio ha sta-
bilito che le testimonianze ottenute con questo protocollo sono molto
pi attendibili di quelle acquisite senza lutilizzo di alcuna tecnica (per
esempio, la credibilit del racconto con lutilizzo di questo protocollo
stata ritenuta plausibile nel 95,2% contro il 38,1%, appena, dei racconti
ottenuti senza lutilizzo di alcun protocollo dintervista).
Tornando a occuparci dei testimoni oculari, per ridurre la possibilit
che chi ha assistito a un determinato evento delittuoso effettui un ricono-
scimento sbagliato del colpevole del crimine, sempre negli Stati Uniti so-
2
Per la traduzione italiana cfr. DAmbrosio (2010).
110
no stati condotti vari studi sulle lineup che nel nostro codice di procedura
penale conosciuto come ricognizione. Molto spesso, infatti, questi si-
stemi didentificazione facilitano la nascita di ricordi inaccurati o distorti.
Senza dilungarci su un argomento molto vasto e su cui sono presenti nu-
merose pubblicazioni, ci limitiamo a segnalare dei semplici accorgimenti
che potrebbero rendere il riconoscimento tramite lineup pi attendibile e
meno alterabile:
formarla con un numero sufficiente di persone, simili tra loro, in modo
da evitare che il colpevole spicchi perch magari mal vestito;
avvisare il testimone che non obbligato a riconoscere il colpevole,
poich possibile che nella lineup non ci sia;
evitare, da parte degli agenti di polizia, suggerimenti pi o meno diretti,
visto che pu bastare un involontario cenno della testa dellinvesti-
gatore, quando un testimone guarda un individuo considerato il pre-
sunto colpevole, per poterne alterare il ricordo. Per evitarlo, basta mu-
tuare dalla ricerca scientifica il cosiddetto doppio cieco, fare in modo
cio che anche lagente sia alloscuro del presunto colpevole, in modo
di non alterare il riconoscimento (Kocsis 2009).
Infine, possibile che un testimone oculare manifesti dei ricordi falsi
o alterati di un evento cui ha assistito non a causa di patologie, del tra-
scorrere del tempo, di disattenzione o per essersi fatto influenzare da altri
testimoni, ma semplicemente per il modo in cui linvestigatore gli pone le
domande. Per esempio, quando chi interroga fornisce, volontariamente o
involontariamente, dei suggerimenti allinterrogato, che, pur non ricor-
dando esattamente lavvenimento, trover pi facile avallarli, piuttosto
che rispondere sinceramente.
Lefficacia dellintervista cognitiva sui falsi ricordi dimostrata da
una ricerca (Memon, Zaragova, Clifford e Kidd 2010) in cui alcuni stu-
denti, dopo aver visto un video di una rapina in banca, erano poi inter-
rogati in due modi diversi: con una modalit standard di ricordo libero o
con lintervista cognitiva. Precedentemente o successivamente, entrambi
i gruppi di soggetti erano stati costretti a rispondere ad alcune domande
di cui non avevano le soluzioni, per cui dovevano inventarsi le risposte.
Otto giorni dopo, tutti i soggetti erano invitati a riconoscere alcuni ele-
menti della scena del crimine; era sorprendente che le risposte, che era-
no stati costretti a fornire, si fossero trasformate in falsi ricordi. Tutta-
via, la frequenza degli errori dei ricordi era ridotta solo nel gruppo che
era stato interrogato, precedentemente, con lintervista cognitiva. Que-
111
sto significa che la testimonianza deve essere raccolta, quanto pi pre-
cocemente possibile, con la tecnica dellintervista cognitiva per evitare
il rischio di falsi ricordi, pi evidente quando il soggetto sottoposto a
una pressione sociale.
Uno studio molto recente (Sharman e Powell 2013) ha dimostrato che
lintervista cognitiva impedisce la formazione di falsi ricordi e convinzio-
ni riguardanti let infantile. Un gruppo di soggetti, con unet tra 18 e 64
anni, era invitato a compilare un questionario in cui si doveva valutare la
plausibilit personale o generale di 10 eventi. In un secondo tempo, dove-
vano indicare in quale misura erano veramente sicuri di aver vissuto, pri-
ma di aver compiuto 10 anni di et, ciascuno di questi eventi, e se conser-
vavano qualche ricordo preciso. Due settimane dopo erano interrogati su
due dei tre eventi. Tutte queste circostanze avevano un contenuto medico,
che differiva per il grado di plausibilit (forte, moderata, debole). Dove-
vano ricordarsi del primo evento servendosi di una delle due tecniche del-
lintervista cognitiva (ricreare il contesto fisico o psicologico oppure
quello del ricordo intensivo, in cui dovevano ricordare quanti pi dettagli
possibili). Invece, per ricordare il secondo avvenimento dovevano usare
ambedue le prescrizioni. Per il terzo evento non era data alcuna consegna.
Dopo questa procedura, i partecipanti dovevano riempire di nuovo il que-
stionario autobiografico iniziale. I risultati hanno dimostrato che i sog-
getti non erano pi sicuri di aver vissuto quegli avvenimenti infantili che
prima avevano identificato. Non hanno poi sviluppato alcun falso ricordo
su questi temi, dopo che erano state date quelle prescrizioni procedurali
relative allintervista cognitiva. In particolare, era influenzato soltanto il
giudizio di plausibilit personale di grado moderato; inoltre i soggetti che
avevano usato due suggerimenti, invece di uno, valutavano maggiormente
plausibile levento stesso. Questo significa che lesposizione di un sog-
getto a un falso evento, seguito da procedure utilizzate nellintervista co-
gnitiva, impedisce limpianto di falsi ricordi.
Uno studio ancora pi recente (LaPaglia et al. in corso di stampa) ha
dimostrato che lintervista cognitiva ha un effetto protettivo contro i falsi
ricordi suggeriti. In questa procedura, due gruppi di soggetti assistevano a
una scena di furto, erano poi indotti a ricordare, tramite lintervista cogniti-
va o con una procedura libera di ricordo. Il gruppo sottoposto allintervista
cognitiva era pi capace di ricordare i fatti accaduti discriminandoli dalle
false informazioni che erano state loro suggerite nel frattempo.
Prima di concludere, vale la pena di evidenziare alcuni esempi di prati-
che suggestive che dimostrano come delle semplici domande possano gui-
dare e orientare la risposta dellinterrogato indotta da un interlocutore.
112
Tabella 1 Procedure suggestive
Procedura Descrizione
1. S-no
Agli interrogati viene chiesto se sono daccordo o in disaccordo con de-
terminati elementi accusatori (Il rapinatore aveva delle sopracciglia folte?)
2. Scelta multipla
Agli interrogati viene chiesto di scegliere tra elementi alternativi (Il
rapinatore ha afferrato il braccio destro o quello sinistro?)
3. Riempimento
Agli interrogati viene chiesto di completare uninformazione (Quale
braccio ha afferrato il rapinatore?)
4. Domanda ripetuta
Le domande vengono poste pi volte, anche se gi hanno avuto una
risposta chiara
5. Familiarizzazione
con la prova
Ai testimoni viene mostrata una prova (come la foto della vittima o
dei dettagli della scena del crimine) su cui dopo saranno interrogati
6. Contestazioni
non coercitive
Una volta che alle domande stata data una risposta, questultima non
accettata e gli interrogati sono invitati a valutare altre possibili risposte
(Sei sicuro che luomo che hai visto non aveva le sopracciglia folte?)
7. Consenso forzato
Coloro che interrogano chiedono agli interrogati di essere daccordo
con gli elementi accusatori che affermano siano veri (Hai visto il ra-
pinatore agitare il proprio pugno sulla sua faccia, vero?)
8. Consenso
non forzato
Una volta che le domande sono state poste e hanno dato le loro ri-
sposte, queste ultime non sono accettate e agli interrogati viene
detto che sono false (Dici di non aver visto il volto. Ma lo sai che lo
hai fatto, non vero? Eri a soli tre metri)
9. Punizione
Gli interrogati sono puniti (mantenuti svegli, privati del cibo) o minac-
ciati di punizioni (come essere accusati di essere implicati nel delitto
o di aver rilasciato false dichiarazioni allinvestigatore) per non aver
fornito determinati elementi accusatori (per esempio, confermare la
descrizione del sospettato fatta dalla vittima)
10. Rinforzo positivo
o negativo
Gli interrogati sono premiati (facendoli dormire, oppure permettendo di
alimentarsi) o vengono promesse loro future ricompense (come non es-
sere accusati di complicit o non aver rilasciato false dichiarazioni al-
linvestigatore) per far fornire loro determinati elementi accusatori (per
esempio, confermare la descrizione del sospettato fatta dalla vittima)
11. Mentire
sullevidenza
Agli interrogati viene detto che determinati elementi accusatori sono
gi stati avallati da altre prove (per esempio, che il rapinatore aveva
le sopracciglia folte, che afferr il braccio della donna, che ha agitato
il pugno sulla faccia della donna)
12. Fare appello
a unautorit
esterna
Agli interrogati affermato che, in base a deduzioni logiche di fatto o di
buon senso, gli elementi accusatori devono esser veri (entrambi sappia-
mo che la strada di notte molto illuminata, quindi chiunque si trovava
nelle vicinanze, deve aver visto cosa indossava questo tizio)
13. Induzione
di uno stereotipo
Agli interrogati vengono fornite informazioni vere o false sui sospetti
che siano coerenti con i reati sotto inchiesta (ai testimoni viene detto
che chi sospettato di aver compiuto una rapina, ha gi dei prece-
denti per piccoli furti)
14. Bias di conferma
I testimoni sono intervistati da investigatori che gi conoscono il caso
in modo dettagliato e che hanno gi interrogato vittime e altri testi-
moni. Lo scopo dellinterrogatorio confermare le teorie degli inve-
stigatori su quel determinato caso.
113
Nella tab. 1 (supra), elaborato da Brainerd e Reyna (2005), troviamo
gli esempi pi comuni di pratiche suggestive. Alcune procedure dinterro-
gatorio, pur non essendo esplicitamente coercitive, sono comunque sugge-
stive, poich mirano a lasciare un ristretto margine di risposta agli interro-
gati (per esempio, le procedure 1, 2 e 3), mentre in altre palese che
linterrogante desideri che linterrogato risponda solo in un determinato
modo (per esempio, la procedura 7).
Alla luce di ci, appare evidente che le risposte che si manifestano a
seguito di un interrogatorio condotto, utilizzando una o pi di queste proce-
dure, debba essere valutate con un grado di affidabilit molto basso.
Non possibile concludere identificando in maniera definita la diffe-
renza tra vero e falso ricordo, a causa della natura della stessa memoria, che
in qualche misura un falso, poich un processo ricostruttivo. Per questo
le nostre esperienze sono inquadrate particolarmente nella cornice della no-
stra conoscenza del mondo, per cui non possiamo ricordare ci che non ri-
conosciamo, ma anche vero che non tutto ci che riconosciamo lo abbia-
mo veramente vissuto in un determinato contesto!
115
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Zavaglia F. (2013), Archivio Penale, n. 1.
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Il falso ricordo (false memory) un fenomeno per cui si ricordano cose che non sono
accadute o si rammentano diversamente da come sono accadute.
Molti falsi ricordi confondono frammenti di eventi magari vericatisi in tempi diversi, ma
ricordati come se fossero accaduti insieme, mescolano sogni che vengono interpretati come
eventi realmente vissuti o sono il prodotto di trattamenti indotti dai terapeuti.
I falsi ricordi possono suddividersi in
- falsi ricordi testimoniali, quando un evento a cui si assistito viene ricordato in modo
distorto, parziale o impreciso;
- falsi ricordi autobiograci, quando si crede, in buona fede, di aver vissuto in prima
persona un evento.
La sindrome della falsa memoria una condizione in cui lidentit di una persona e le sue
relazioni interpersonali sono centrate attorno al ricordo di unesperienza traumatica che
oggettivamente falsa, ma in cui la persona crede fortemente. In questo caso la memoria
cos profondamente radicata che orienta tutta la personalit e lo stile di vita del singolo,
al punto da sconvolgere ogni sorta di altro comportamento adattivo. La persona evita
assiduamente il confronto con alcuna prova che possa sdare la memoria, che cos assume
una vita propria, incapsulata e resistente alla correzione e pu provocare conseguenze
catastroche (soprattutto di tipo giudiziario) per la propria vita e per quella degli altri.
Questo libro si propone di passare in rassegna i vari modi in cui la memoria sinscrive
in modo alterato e cerca di delinearne alcune caratteristiche tipiche, nei suoi vari aspetti e
nelle sue conseguenze neuro-cognitive, psicologiche-psichiatriche e forensi.
Antonio DAmbrosio psichiatra, psicoterapeuta cognitivo-comportamentale (docente AIAMC), giudice
onorario presso la Corte dAppello del Tribunale per i Minori di Napoli. Insegna Terapia Comportamentale presso
la Scuola di Specializzazione in Psichiatria della II Universit degli Studi di Napoli e Psicopatologia Forense
presso il Master di Criminologia dellUniversit S. Orsola Benincasa di Napoli. autore del libro La memoria del
testimone (FrancoAngeli, 2010).
Pasquale Supino, laureato in Giurisprudenza, ha conseguito il master in Criminologia presso lUniversit S.
Orsola Benincasa di Napoli.
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