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Riforma del 2001 degli artt.

114 e 117 titolo V parte II Cost


Come si è arrivati a tale riforma?  rivendicazione di tipo federalista e autonomista si è sviluppato diventando
sempre più forte lungo tutto l’ultimo decennio del secolo scorso.
I due interventi presentano vari profili di connessione, anche se la differenza data dal tipo di fonte che li ha portati
avanti sono notevoli  legge ordinaria sottoposta ai limiti della costituzione vs legge costituzionale con possibilità
di incidenza molto maggiore.
In entrambi è condiviso un progetto di forte revisione e incidenza sull’assetto dei poteri pubblici nella direzione della
realizzazione di un assetto fortemente decentrato e autonomista.

LEGGE BASSANINI 1
Il primo intervento fu approvato con la legge 59/1997  Conteneva importanti deleghe legislative dirette a mettere
in moto un’ampia riforma con queste tre principali direttrici.
1. Porre in essere il più ampio decentramento possibile realizzabile con legge ordinaria  l’obiettivo era
trasferire dallo stato alle regioni ed enti locali, con lo strumento dell’attribuzione o della delega, tutte le funzioni
e compiti amministrativi relative alla cura delle rispettive comunità, per i quali si potesse realizzare il
trasferimento stesso senza ricorrere a modifiche costituzionali.
Vennero per la prima volta introdotte nel nostro ordinamento i principi di SUSSIDIARIETÀ, ADEGUATEZZA E
DIFFERENZIAZIONE.
2. Riorganizzare, razionalizzare, snellire l’organizzazione amministrativa statale  i ministeri e le loro strutture
periferiche, gli enti pubblici nazionali, gli strumenti di controllo sui costi e sui risultati delle attività delle PA.
3. Semplificare le procedure amministrative e ridurre il più possibile i vincoli burocratici previsti a carico delle
attività private.

LEGGE DI REVISIONE COSTITUZIONALE


La legge arriva in porto nel 2001, ma la sua elaborazione aveva preso avvio nell’ambito dei lavori della commissione
bicamerale per le riforme costituzionali istituita nel 1997, la commissione Dalema.
Tale seconda riforma è stata spesso indicata come riforma in senso federalista, ma in realtà si tratta di un progetto di
piena realizzazione dello stato regionale e delle autonomie degli enti locali minori come
delineato nella prima parte della costituzione.
legge 3/2001 incentrata sulla revisione del titolo V della parte II cost

1. rilettura del principio di autonomia e decentramento enunciato all’art 5 cost  in stretta correlazione con il
principio unitario. Il principio di autonomia non postula una libertà in senso assoluto per le autonomie locali, ma
comporta il riconoscimento agli enti territoriali di potestà pubbliche, nel perseguimento di finalità ed interessi
propri delle loro collettività, secondo un proprio indirizzo tecnico-amministrativo.
Il problema di fondo posto dal principio di autonomia è quello di individuare il punto di equilibrio tra
differenziazione e unità.

2. riformulazione del comma 1 art 114 cost  La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città
metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato.
Il testo originario diceva  la repubblica SI RIPARTE in regioni, province e comuni.
 Lo stato viene menzionato specificamente, il che significa che il termine repubblica con cui si apre la norma
sta ad indicare lo stato ordinamento, mentre il termine stato indica lo stato apparato, lo stato persona
giuridica.
 Sono state incluse le città metropolitane.
 mentre nel testo precedente si partiva dall’ente regione per poi discendere secondo un ordine di
dimensioni e implicitamente di rilevanza, il testo attuale parte dal basso. Tutto ciò sta a significare che si è
voluto mettere in rilievo come sia cambiata la relazione tra i diversi livelli istituzionali, cambiata nel senso di
porli in una pozione di pari dignità istituzionale  principio PLURALISMO ISTITUZIONALE PARITARIO 
viene fatto cadere il principio di gerarchia come collante tra i diversi livelli istituzionali a favore di un
sistema reticolare fondato sulla collaborazione tra i livelli istituzionali.

Va ricordato anche che con riguardo alla distribuzione complessiva delle funzioni ammnistrative, il principio
cardine è il PRINCIPIO DI Sussidiarietà.
Art 118 c 1 cost  Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l’esercizio
unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà,
differenziazione e adeguatezza.
L’attribuzione preferenziale ai comuni significa che come scelta di fondo viene affermato che le funzioni
amministrative devono essere esercitate dall’ente più vicino ai cittadini, perché sono i destinatari
dell’esercizio delle funzioni stesse. Allo stesso tempo, nella consapevolezza della diversità delle funzioni tra
loro e delle diverse situazioni in cui versano i comuni, si introduce un elemento di elasticità.

Il cambiamento nella visione dei ruoli e delle relazioni istituzionali che ha ispirato la riforma del 2001 è alla base di un
rimodellamento del sistema delle fonti di produzione del diritto amministrativo.
La distribuzione del potere normativo nell’ordinamento rispecchia sempre la distribuzione del potere politico tra i
diversi poteri pubblici.
1. riforma della potestà legislativa regionale e dei suoi rapporti con la potestà legislativa statale  art
117 cost c 1 – 5
1 La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli
derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.
Sancisce l’equiparazione ontologica tra legge regionale e legge statale.
Prima della riforma la legge regionale, oltre che alla costituzione, era sottoposta anche ai limiti fissati con legge
statale, non soltanto con riferimento alla potestà legislativa ripartita o concorrente, ma anche con riferimento
alla potestà legislativa esclusiva, di cui le regioni a statuto speciale erano tributarie in alcune materie sulla base
dei loro statuti.
Il cambiamento si riflette anche sul profilo procedimentale  venuta meno fase controllo governativo
preventivo prima essere promulgata dal presidente della regione.
è stata sostituita da un controllo di legittimità costituzionale, ex art 127 cost, sia per violazione ritenute da
parte del governo che delle regioni da parte di atti dell’altro.

Nei commi successivi viene poi delineato un totale ripensamento dell’organizzazione e dell’allocazione del
potere legislativo  inversione del criterio di riparto delle competenze legislative tra stato e regione.
La competenza legislativa dello stato, che in precedenza era di ordine generale (tutte le materia tranne quelle
elencate nella precedente formulazione dell’art 117), passa a ENUMERATE TASSATIVAMENTE NEL C 2 ART 117
 ci sono materia di grandissima rilevanza, le materie che rientrano nelle competenze della sovranità
tradizionalmente ricondotte al potere sovrano come politica estera, immigrazione, ordine pubblico e sicurezza
dello stato, moneta

C 4  Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla
legislazione dello Stato
ALLA REGIONE SPETTA UNA Potestà LEGISLATIVA RESIDUALE  non definita attraverso la determinazione di
un elenco di materie, ma con un criterio di residualità.

C 3  materia attribuite alla legislazione concorrente tra stato e regioni  in tali materie si deve
contemperare un intervento legislativo dello stato, con il compito di determinare i principi fondamentali della
materia e una competenza legislativa della regione che ha il potere legislativo, esteso a tutta la materia, fatta
eccezione la determinazione dei principi fondamentali.

2. riforma della potestà regolamentare dello stato, delle regioni e degli enti locali.
c 6 art 117  La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle
Regioni. La potestà regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia.
I Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina
dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite.

3. costituzionalizzazione dell’autonomia statutaria di comuni, province e città metropolitane.


Art 114 c 2  I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti,
poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione.
La prima legislazione dello stato unitario sull’ordinamento comunale e provinciale del 1865 prevedeva una
competenza regolamentare di provincie e comuni in specifiche materie individuate dalla legge statale. Si parla
della necessità della INTERPOSITIO LEGISLATORIS.
Tale competenza regolamentare era affidata a province e comuni in quanto tali enti erano qualificati come
amministrazione indiretta dello stato ed erano sottoposti a penetranti controlli. Era un potere regolamentare
che sicuramente non era espressione di autonomia politico amministrativa.

Nel 1990, legge 142, ordinamento delle autonomie locali.


Si fa riferimento all’ordinamento di comuni e prov, che fino a quel momento erano stati discipl dal TU del 1934.
Tale riforma costituisce l’attuazione, con un ritardo di 40 anni, della riforma prevista dalla 9 disposizione
transitoria della costituzione  La Repubblica, entro tre anni dall’entrata in vigore della Costituzione, adegua le
sue leggi alle esigenze delle autonomie locali e alla competenza legislativa attribuita alle Regioni
 introduce l’autonomia statutaria di comuni e province, fino a quel momento privi
 attribuisce a tali enti un potere regolamentare di carattere generale, come potere di adottare regolamenti
per la disciplina della loro organizzazione e il compimento delle loro funzioni.

La riforma del 2001 costituzionalizza potere statuario e regolamentare di comuni, province e città
metropolitane. Ciò comporta una particolare tutela a favore di queste fonti normative 
o per modificare o liminare tale potestà è necessario il procedimento di revisione di una legge costituzionale
o rapporti tra statuti e regolamenti degli enti locali e leggi statali e regionali  è regolato sia dal principio di
gerarchia sia da quello di competenza.

Nella realtà effettiva la portata della riforma del 2001 ha risentito della rilevante inattuazione della
riforma costituzionale nel suo complesso. Questa ha infatti subito una molteplicità di ostacoli:
1. cambio di maggioranza governativa, verificatasi poco dopo l’approvazione parlamentare della riforma, che
ha significato che i destini della riforma appena varata sono stati affidati alle forze politiche che in sede
appresentare si erano espressi contro la sua approvazione.
2. Forti resistenze concettuali e culturali che si sono ravvisate in dottrina, giurisprudenza e apparati rispetto al
recepimento della radicale novità della riforma.
3. Forte impatto che ha avuto sugli assetti istituzionali la crisi del 2008, che ha avuto effetti di neocentralismo in
due direzioni:
 Facendo pesare i necessari tagli delle risorse finanziare destinate agli apparati pubblici soprattutto sugli enti
locali
 Prestando il fianco alla diffusione di una cultura orientata a vedere in blocco la politica in termini di
costi economici da tagliare

Le norme della riforma sono ancora vigenti, ma è cambiato il contesto sul piano economico sociale e sul piano della
cultura istituzionale, cambiamento che ha inciso e incide sulla loro interpretazione e applicazione.

FONTI DELL’UNIONE EUROPEA


Con atti che hanno natura di convenzioni interazionali, i Trattati, gli Stati membri dell’UE hanno dato luogo ad un
ordinamento giuridico del tutto particolare, nel quale essi compiono a favore dell’Unione una cessione di sovranità
in materie predeterminate negli stessi Trattati, ma anche in materie che di volta in volta siano identificate come di
interesse europeo (principio di sussidiarietà UE).

Non pub non scorgersi nell’evoluzione del sistema europeo uno spostamento di sovranità dagli Stati nazionali alla
dimensione europea che ha forti affinità con i processi di federalismo; il risultato é quello di un sistema che
riconosce alle fonti dell’Unione non solo una forza privilegiata, ma una peculiare capacità di penetrare negli
ordinamenti degli Stati membri.
Ciò consente alle istituzioni europee di adottare normative, che non hanno il tradizionale effetto obbligatorio tipico
delle convenzioni internazionali, ma un’efficacia diretta  Talune disposizioni europee (regolamenti e direttive self-
executing) sono direttamente applicate negli ordinamenti degli Stati membri, nel senso che esse prevalgono su
diverse disposizioni di legge, anche di rango costituzionale, in vigore presso gli Stati membri.
 In sede di attività amm.  le amministrazioni, in case di contrasto, devono applicare la normativa europea
 in sede giurisdizionale  giudice non annulla la norma nazionale ma la disapplica, cioè applica la norma
europea nel caso concreto al posto della norma nazionale (e decide come se questa non vi fosse).
Per l’Italia questa cessione di sovranità è stata dapprima fondata sull’interpretazione estensiva dell’art. 11 Cost. (che
parla di limitazioni di sovranità) e oggi è resa esplicita dall’art. 117, comma 1, Cost, che fissa il principio del necessario
rispetto da parte della legge nazionale italiana, statale o regionale, dei vincoli dell’ordinamento comunitario.

Fonti primarie dell’ordinamento comunitario, Trattati  come la nostra Costituzione, fissano principi generali che
limitano o individuano obiettivi di azione per le nostre amministrazioni pubbliche.
I Trattati distinguono tra atti legislativi e atti non legislativi  Sono atti legislativi quelli adottati con procedura
legislativa  i regolamenti, le decisioni e le direttive.

Fonti derivate  fonti abilitate dai Trattati a stabilire normative che possono avere l’effetto diretto.

Il contenuto e gli effetti giuridici dei diversi atti sono disciplinati dall’art. 288 TFUE.
1. REGOLAMENTO  ha portata generale,
2. DECISIONE  è obbligatoria in tutti i suoi elementi, NON ha portata generale ed astratta, ma produce i suoi
effetti solo nei confronti dei soggetti cui è rivolta, di norma gli Stati
3. DIRETTIVA  vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva
restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi.
Problema  efficacia fino all’intervento della normativa nazionale di recepimento (effetti diretti delle direttive
non recepite, c.d. direttive selfexecuting), con riferimento alla possibilità per i privati di far valere le previsioni
delle direttive allorché ricorrano chiarezza e precisione nella definizione di diritti in capo ai soggetti; possibilità di
applicazione delle disposizioni della direttiva; intervenuta scadenza del termine del recepimento.
4. ATTI DELEGATI  atti che la commissione può adottare su delega disposta da un atto legislativo per l’adozione
di discipline di portata generale che integrano o modificano determinati elementi non essenziali dell’atto
legislativo.

I REGOLAMENTI AMMINISTRATIVI
IN GENERALE
DEF  Atti caratterizzati dalla particolarità di essere dal punto di vista del contenuto atti normativi e dal punto di
vista formale provvedimenti amministrativi  ATTI SOSTANZIALMENTE NORMATIVI MA FORMALMENTE
AMMINISTRATIVI

Atti di grande importanza, la maggioranza della disciplina della PA è contenuta in tale fonte.
Data la loro particolarità danno esemplificazione della non assoluta corrispondenza tra poteri e funzioni come
prefigurato dallo schema astratto della separazione dei poteri  SONO ATTI NORMATIVI NON EMANATI DAL
PARLAMENTO MA DAL GOVERNO.
Il potere di emanare tali atti spetta agli stessi soggetti cui sono attribuite le funzioni amministrative, quindi la PA 
STRUMENTO DI AUTOREGOLAMENTAZIONE NORMATIVA DA PARTE DELLA PA.

Efficacia normativa come fonti secondarie


 nella gerarchia delle fonti sono subordinati alla legge
 distinguere dai regolamenti comunitari e dai regolamenti parlamentari, che sono fonti normative
rispettivamente super primarie e primarie

Regime giuridico proprio del provvedimento amministrativi:


 sono sottoposti al principio di legalità  La legge non può esaurire la disciplina dell’organizzazione
amministrativa e della sua azione, deve essere completata da fonti secondarie che fissino regole di dettaglio, e
solo l’amministrazione che conosce la materia può definirle, soprattutto nei casi di difficoltà tecnica.
L’autonomia della PA deve sempre avere un fondamento legislativo e muoversi entro i suoi limiti.
 il regime dell’illegittimità è quello degli atti amministrativi e il giudice competente a sindacarla è:
─ in via diretta e con poteri di annullamento, il G.A.
─ in via solo incidentale, e con poteri di sola disapplicazione, il G.O.

Fonti di previsione e disciplina del potere regolamentare


 Le norme costituzionali
o potere regolamentare dello Stato (art. 117, c.6, e anche art. 87)
o potere regolamentare delle Regioni (art. 117, c.6, e anche art. 123)
o potere regolamentare dei Comuni, delle Province e delle Città metropolitane (art. 117, c. 6)

 Le norme di legge ordinaria, tra cui in particolare:


o art. 17, l. 400/1988, sui regolamenti statali
o artt. 6 e 7, d.lgs. 267/2000 Tuel e art. 4, l. 131/2003, su statuti e regolamenti degli Enti Locali.

I REGOLAMENTI STATALI (art. 17, l. 400/1988)


Necessaria afferenza del potere regolamentare statale solo alle materie di competenza legislativa statale

Tipologia
1. governativi  provenienti dall’intero Governo, approvati con deliberazione del CDM
2. ministeriali  approvati dal singolo ministro su previsione legislativa autorizzatrice
3. interministeriali  approvati da più ministri su previsione legislativa autorizzatrice
4. regolamenti del PCDM  non menzionati in cost

Forma
 forma esteriore riconoscibile  necessaria denominazione del decreto che contiene il regolamento, anche non
nel titolo
 fasi obbligatorie del procedimento di formazione
1. parere del Consiglio di Stato
2. deliberazione
3. emanazione:
 con decreto del Presidente della Repubblica per quelli governativi
 con decreto ministeriale quelli ministeriali
 con decreto interministeriale quelli interministeriali
4. sottoposizione al visto e alla registrazione della Corte dei conti
5. pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale

I REGOLAMENTI GOVERNATIVI (art. 17, l. 400/1988)


1. Esecutivi  emanati per regolare l’esecuzione delle leggi e dei decreti legislativi e comunali, anche nelle materie
coperte da riserva di legge assoluta, se rigorosamente esecutivi.
 Dettano ulteriori norme che specificano quelle contenute nella legge, circoscrivendone l’oggetto
 prescrivono in modo pratico quello che i soggetti interessati dovranno eseguire per attuare le norme di
legge (es prevedono un termine)
per essi vige un principio di legalità in senso formale

2. di attuazione e integrazione  delle leggi e dei decreti recanti norme di principio. Danno esecuzione in senso più
ampio del precedente, completano sviluppano.
sono ammessi nelle materie coperte da riserva di legge relativa, ma non in quelle coperte da riserva di legge
assoluta

3. indipendenti  configurabili solo in materie nelle quali non vi siano leggi o atti aventi forza di legge e che non
siano coperte da riserva di legge, né assoluta né relativa.
Discusso in dottrina per contrasti con il principio di legalità, in quanto la sua base legislativa sembrerebbe
costituita solo dalla formale applicazione del principio di legalità cioè dalla previsione della tipologia ex art 17
della legge. Data la scarsa applicazione, il dibattito si è ridimensionato.

4. di organizzazione  emanati per disciplinare l’organizzazione e il funzionamento della PA secondo le


disposizioni dettate dalla legge.
Il criterio distintivo usato dal legislatore per identificarli come categoria riguarda la MATERIA: sotto il profilo del
rapporto con la legge, possono rientrare nell’uno o nell’altro dei diversi tipi (fatta eccezione per i regolamenti
indipendenti, stante la riserva di legge ex art. 97 Cost.)

5. di delegificazione, o delegificanti, o delegificatori, o autorizzati  autorizzati a sostituire con norme di fonte


regolamentare la disciplina in precedenza prevista con fonte legislativa. °.
Per l’emanazione di questi regolamenti occorre:
 che una legge ne autorizzi l’emanazione (quindi è necessaria una specifica autorizzazione volta per volta)
 che si tratti di materia non coperta da riserva di legge assoluta, ma può essere coperta da riserva di legge
relativa
 che la legge fissi le norme generali regolatrici della materia e disponga l’abrogazione delle norme vigenti,
con effetto dall’entrata in vigore delle norme regolamentari. Tali norme devono essere espressamente
specificate, diversamente si darebbe al governo il potere di dettare la nuova disciplina, anche scegliendone
la dimensione dell’ambito di applicazione (condizione di validità della fonte secondo Rescigno, nell’ambito
del dibattito in dottrina sul loro rispetto del principio di formalità sul piano sostanziale)

Recepimento di direttive europee tramite regolamenti di delegificazione, art. 35, l 24/2012, a condizione che si
tratti di materie rientranti nel c 2 art 117 cost, e che non siano coperte da riserva di legge assoluta. È necessaria
la previa autorizzazione da parte della legge di delegazione europea, che deve elencare le direttive interessate a
tale modalità di recepimento, sottoposto ad approvazione.

Ratio  la delegificazione è stata vista come un modo per snellire determinate discipline legislative,
garantendo un più rapido adattamento alle esigenze che di volta in volta si fanno sentire, richiedendo una
modifica del corpo normativo. Il regolamento viene approvato dal CM, dove sono presenti solo forze di
maggioranza, non si richiede il confronto con l’opposizione, è un procedimento più rapido.
Se ne è ampiamente servita la legge Bassanini del 1997, e per controbilanciare la forte espansione del ruolo
governativo di normazione venne introdotto un passaggio parlamentare nel procedimento di approvazione 
parere delle commissioni parlamentari competenti in materia.

GLI ATTI AMMINISTRATIVI GENERALI  ATTI FORMALMENTE E SOSTANZIALMENTE


AMMINISTRATIVI, NON HANNO NATURA NORMATIVA NONOSTANTE CONTENGANO NORME GENERALI.
Es. direttive generali, atti di indirizzo, autorizzazioni generali, programmi, bandi di gara, circolari, ordinanze
contingibili e urgenti

 di competenza di organi diversi, politici e amministrativi, dell’amministrazione statale e degli enti locali
 contengono regole generali
 svolgono una funzione regolatoria  Alla nozione è dato, nella letteratura internazionale, un significato ampio
che ricomprende:
o sia provvedimenti di carattere puntuale (es. il rilascio di un’autorizzazione a un’impresa; o la comminazione
di una sanzione pecuniaria)
o sia l’emanazione di regolamenti, di standard, di criteri generali, ossia un’attività normativa o quasi-normativa,
con cui vengono fissate delle regole (che incidono sull’attività, sulla produzione o sull’organizzazione dei
destinatari) dirette a conseguire determinati obiettivi.

La diversità di regime giuridico tra atti normativi e atti non normativi. solo agli atti normativi si applicano:
 il principio jura novit curia  mentre per regola generale il giudice deve giudicare acquisendo a processo solo i
documenti allegati dalla parte, per quanto riguarda l’atto normativo, il giudice deve tenerne conto
indipendentemente dall’allegazione.
MA non rilevanza di tale principio nel processo amministrativo, in base all’art. 40, c. 1, lett. c), c.p.a  nel
contenuto del ricorso richiede al ricorrente di presentare i motivi del ricorso nell’atto introduttivo

 il ricorso in Cassazione per violazione o falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c.
violazione  interpretazione di una norma in modo diverso dal suo contenuto
falsa applicazione  errore di sussunzione, di riconduzione della fattispecie concreta a norma non pertinente.
MA contro le sentenze del Giudice Amministrativo il ricorso in Cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti
alla giurisdizione (art. 11, u.c., Cost.) e al riguardo non rileva la natura giuridica del provvedimento impugnato.
 i criteri interpretativi di cui all’art. 12 delle preleggi al c.c. (interpretazione letterale e logica, analogia legis,
applicazione dei principi generali dell’ordinamento)
Agli atti amministrativi generali non normativi dovrebbero pertanto applicarsi i criteri interpretativi previsti dal
c.c. per i contratti (artt. 1362 ss.), MA questi ultimi sono solo in parte applicabili agli atti amministrativi generali,
a causa del carattere unilaterale e autoritativo di tali atti, con la conseguenza che ad essi si applica un regime
interpretativo in gran parte coincidente con quello previsto per le fonti normative dalle preleggi al c.c.

I tratti comuni nel regime giuridico tra atti normativi e atti amministrativi generali non normativi
La l. 241/1990 differenzia il regime giuridico degli atti amministrativi generali e dei regolamenti, da un lato, rispetto a
quello previsto dalla medesima legge per i provvedimenti amministrativi
 art. 3, c. 2  sono sottratti all’obbligo di motivazione
 art. 13  sono sottratti alla disciplina generale della partecipazione procedimentale
 art. 24, c. 1, lett. c) il diritto di accesso è escluso nella fase procedimentale istruttoria

I criteri di distinzione tra atti normativi e atti non normativi


 criteri formali:
o denominazione
o procedimento  la legge dà una disciplina ordinaria dei regolamenti statali nell’art 17, prevedendo un
apposito procedimento di emanazione. Tuttavia, essendo previsto per legge, leggi successive hanno
disatteso le previsioni, dando vita al fenomeno della fuga dal regolamento.

 criteri sostanziali
o generalità  idoneità alla ripetizione nell’applicazione per un numero indeterminato di casi
Consiglio di Stato, adunanza plenaria, sent. n. 9/2012  il carattere si presenta in modo diverso negli atti
amministrativi generali e negli atti a contenuto normativo, anche se sembra accomunare le due specie.
 Atti amministrativi secondari (regolamenti)  destinatari indeterminabili sia a priori che a posteriori
 Atti amministrativi generali  i destinatari sono indeterminabili a priori ma determinabili a
posteriori, perché in conformità alla natura amministrativa, gli atti sono destinati a regolare una
vicenda specifica, anche se con numerosi destinatati
 ES REGOLAMENTO CHE DISCIPLINA LE PROCEDURE DI GARA VS BANDO DI GARA
o astrattezza  capacità di regolare un numero indefinito di casi
o innovatività

LE ORDINANZE CONTINGIBILI ED URGENTI


Atto a contenuto atipico che l'amministrazione, sulla base di specifiche previsioni legislative, è abilitata a adottare
per fronteggiare situazioni eccezionali, anche derogando alla disciplina di rango primario ma nel rispetto
della Costituzione e dei principi generali dell'ordinamento, compresi i principi generali del diritto dell'UE

Presupposti  necessità, contingibilità, urgenza  situazione attuale, eccezionale e imprevedibile, che non
sarebbe fronteggiabile con gli istrumenti tipici già a disposizione del nostro ordinamento.
Strumento straordinario dell’ordinamento, anche dette ordinanze extra ordinem.
Fondamento legislativo e tipologia
Nel nostro ordinamento per situazioni di questo tipo abbiamo PREVISTO IN COSTITUZIONE all’art 77 lo strumento del
decreto - legge, che prevede un potere di decretazione urgente in mano al governo.
Le ordinanze invece sono previste da NORME DI LEGGE PRIMARIA.
 Ipotesi più remota  TU delle leggi di pubblica sicurezza, 1931  potere del prefetto di adottare, in caso di
urgenza o grave necessità, i provvedimenti indispensabili per la salute e la sicurezza pubblica
 Ipotesi più recente  art 32 l 933/1978 attribuisce tale potere
o Ministro della sanità, in materie di igiene e sanità pubblica. Sulla base di tale norma sono state adottate le
ordinanze per fare fronte all’emergenza da covid -19, che prevedono che il ministro sia autorizzato a
conferire incarichi di collaborazione coordinata e continuata della durata di max. 90 gg, anche in deroga alle
disposizioni del contratto collettivo e altre disposizioni di legge.
o Presidente della giunta regionale
o Sindaco, nella sua duplice veste di capo dell’amm locale e soprattutto come ufficiale del governo.

Profili strutturali della norma attributiva del potere di ordinanza


La norma individua
1. l’autorità amministrativa a cui il potere è attribuito
2. Il presupposto che deve sussistere per legittimare l’emanazione, in termini generali tramite i CONCETTI
GIURIDICI INDETERMINATI  concetti elastici che possono ricomprendere tante ipotesi, es emergenza
sanitaria
3. Fini pubblici da conseguire, spesso incorporati nell’indicazione dei presupposti

Lascia INDETERMINATO IL CONTENUTO del provvedimento da adottare, così come gli EFFETTI nei confronti delle
situazioni soggettive che da esso verranno influenzate, lasciate alla determinazione dell’autorità che dispone del
potere  ATIPICITÀ CONTENUTISTICA.
quesito conseguente, dibattito in dottrina: deroga al principio di legalità?
Il contenuto può comportare una deroga alle leggi esistenti. Orientamento prevalente parla di deroga ad un suo
corollario, il PRINCIPIO DI TIPICITÀ, che richiede la previa individuazione degli elementi essenziali del potere, a
garanzia dei suoi destinatati.
È quindi una RESTRIZIONE DEL PRINCIPIO DI LEGALITÀ, NON UNA SUA DEROGA, dato che è comunque presente una
legge che prevede tali poteri atipici, le autorità ammesse ad esercitarli, le finalità e le materie, anche se in modo
generico.

I limiti del potere di ordinanza


Che il potere di ordinanza sia sottoposto a limiti è stato chiarito dalla corte cost fin dall’inizio del suo esercizio, in
quanto era ampliamente utilizzato in epoca fascista. Già con sentenza del 1956 ha affermato che possono derogare
alle leggi vigenti purché nel rispetto di:
 Principi generali dell’ordinamento
 Riserva di legge assoluta
 Principi costituzionali

Altri limiti consistono


 Limite della durata temporale  carattere proprio della contingibilità
 Limite dell’obbligo di motivazione  motivi urgenti e connessione tra disposizioni adottati e caratteri sostanziali
della situa di emergenza  proporzionalità

La natura giuridica delle ordinanze contingibili e urgenti


Discussa in dottrina
 Parte minoritaria (Sandulli)  ha visto nelle ordinanze un atto di natura normativa di I°, con rifermento alla
possibilità di contenere disposizioni di deroga, andando ad esaltare la capacità di innovazione dell’atto, seppur
per un tempo limitato. Sandulli afferma che devono ritenersi dotati di forza di legge ma privi di valore di
legge, per cui non saranno soggette al sindacato di costituzionalità.
 Parte maggioritaria (Rescigno)  la forza di legge sussiste solo in un atto che modifica in modo permanente
l’ordinamento. Consilio di stato allo stesso modo afferma che il loro contenuto sia derogatorio e non
innovativo (da ultimo confermato corte cost sentenza 1992)

I REGOLAMENTI DELLE AUTORITÀ INDIPENDENTI


Negli ultimi decenni, in particolare dagli anni ’90, si è sviluppato anche nel nostro paese il fenomeno delle autorità
indipendenti, sulla base di discipline vigenti nei paesi dell’area occidentale (esperienza iniziale degli stati uniti) e
specialmente a partire dalle discipline dell’ordinamento europeo.
Infatti, alcune autorità indipendenti sono inserite in una rete di autorità nazionali che fa capo a un regolatore
europeo, previsto nei trattati o nel diritto derivato (BCE, autorità antitrust, consob, autorità garante della privacy).

Per Autorità indipendenti si intende una serie di poteri pubblici, organismi caratterizzati da un alto grado di
tecnicità e professionalità e da una posizione di indipendenza dal potere politico esecutivo
Questi caratteri sono visti come i più adeguati allo svolgimento del compito ad esse attribuito  SONO PREPOSTE
ALLO SVOLGIMENTO DI FUNZIONI DI REGOLAZIONE DEL MERCATO E DI TUTELA DI DIRITTI FONDAMENTALI IN
SETTORI SENSIBILI (privacy, concorrenza, diritto di sciopero…)

INDIPENDENZA DAL POTERE ESECUTIVO


Tale carattere di indipendenza rappresentata elemento di cambiamento rispetto al modello di PA nello stato
parlamentare  nello stato parlamentare ogni organizzazione statale fa capo ad un ministro, cioè una struttura
politica, che è responsabile a sua volta del settore di amministrazione a cui è preposto davanti al parlamento,
l’organo di rappresentanza di tutta la popolazione.
Questo è il meccanismo della responsabilità politica, che troviamo enunziato all’art 95 comma 2 cost  I Ministri
sono responsabili collegialmente degli atti del Consiglio dei ministri, e individualmente degli atti dei loro dicasteri.
La responsabilità politica del governo e dei singoli ministri trova una espressione particolarmente intensa nella
mozione di sfiducia, che può essere proposta e approvata dal parlamento e può riguardare anche un singolo
ministro.
Il modello delle autorità indipendenti invece sottrae alla sfera della responsabilità politica e ministeriale settori
ammnistrativi ritenuti particolarmente importanti, e le relative organizzazioni, ponendole sotto autorità
indipendenti.

AMPIEZZA DEI POTERI REGOLAMENTARI DELLE AUTORITÀ INDIPENDENTI e dibattito sulla loro
legittimazione costituzionale
Per l’esercizio delle funzioni ad esse attribuite le A.I dispongono di un’ampia gamma di poteri.
Non sono identici da autorità ad autorità (parliamo di un modello, ciascuna è disciplinata da una legislazione specifica
e presenta caratteri peculiari), possiamo però rinvenire in generale:
1. Poteri di vigilanza
2. Poteri di indagine
3. Poteri di proposta e sanzione
4. Ampia potestà di normazione secondaria  esempio regolamenti della consob e delle istruzioni della banca
d’Italia, cui si devono conformare le imprese regolate da tale autorità.

Nell’assetto della nostra cost, il potere normativo è fondato sul principio rappresentativo, si colloca all’interno del
circuito democratico politico rappresentativo. Con riferimento alla figura delle autorità indipendenti e anche
correlativamente al potere normativo ad esse attribuito, si è sollevato in dottrina un dibattito sulla legittimazione
costituzionale di tali figure e dei loro relativi poteri.
Con riguardo al quesito la dottrina è prevalentemente orientata in senso positivo, di un riconoscimento di una
legittimazione costituzionale della autorità, anche se sono diverse le argomentazioni su cui l’orientamento è basato.
Tra le diverse posizioni si richiama quella che rintraccia tale fondamento nell’ordinamento europeo, che ha a sua
volta fondamento costituzionale negli artt. 10, 11 e 117 c 1.
 Sovente le leggi istitutive delle autorità indipendenti richiamano la necessità che queste improntino la loro
interpretazione e attuazione delle norme nazionali alla stregua dei principi generali dell’ordinamento europeo.
 Modello federativo, per cui alcune autorità indipendenti sono inserite in una rete di autorità nazionali che fa
capo ad un regolatore europeo. Questo lo ritroviamo ad esempio con riferimento alla BCE e le altre banche
centrali nazionali, con riguardo all’autorità granate della concorrenza e del mercato.

Considerazioni operate dalla dottrina con riguardo ai poteri normativi delle A.I.
Troviamo distinti argomenti sollevati in proposito
 Da un lato si osserva che tali poteri normativi sono qualificati come fonti normative dalla stessa legge che li
attribuisce alle autorità, c’è un fondamento legislativo. Nei loro confronti le leggi attributive garantiscono
meccanismo ordinario di tutela giurisdizionale.
 Dall’altro lato si osserva criticamente che i poteri regolamentari di tali autorità sono delimitati dalle norme che
li pretendono in modo generico sia nella sezione che nel grado di discrezionalità esercitabile. A volte le norme
poste dalle A.I riguardano ambiti non occupati da fonti di grado primario, e per quanto siano qualificate come
fonti di carattere secondario in realtà il loro carattere sostanziale sembra andare oltre.

Si osserva inoltre che le norme poste dalle A.I spesso promanano dalle prassi, dagli accordi, dalle normative tecniche
che emergono dal mercato o da studi scientifici, quindi da centri diversi.
Tuttavia, una delle considerazioni che ha portato all’istituzione delle A.I è proprio la constatazione che i settori nelle
quali operano presentano caratteristiche tecniche ed economiche complesse, e sono soggette a rapide evoluzioni che
rendono difficile, da parte del parlamento, predefinire per legge parametri certi. Richiedono una vicinanza di tipo
conoscitivo ai destinatari delle regolazioni. SI REALIZZA UNA SORTA DI RAPPORTO OSMOTICO TRA LA REGOLAZIONE
CHE DERIVA DALL’ALTO (normativa statale e comunitaria) E LA REGOLAZIONE CHE PROVIENE DAL BASSO (prassi,
accordi…)

Partecipazione amministrativo all’esercizio dei poteri regolatori delle A.I


Ai soggetti interessati è attribuito il diritto di presentare osservazioni sugli schemi di atti normativi predisposti dalle
A.I e successivamente dalle autorità stesse approvati.
Si parla in tale caso di procedure di NOTICE AND COMMENT.
Un esempio di questo è il provvedimento 146/2019, in cui il garante per la protezione dei dati personali è arrivato a
deliberare, dopo una procedura di consultazione pubblica prevista dallo stesso art 21 del d.lgs. 101/2018, il decreto
che ha disciplinato l’adeguamento ella normativa nazionale al nuovo regolamento UE sul trattamento dei dati
personali (2016), volto ad acquisire osservazioni e proposte riguardo al trattamento di tali particolari (ex dati
sensibili).
A partire da una sentenza del consiglio di stato del 2006, parte della giurisprudenza vede nella partecipazione
amministrativo all’esercizio dei poteri regolatori delle A.I un meccanismo di garanzia sostitutivo rispetto alla
soggezione all’indirizzo politico e alla rappresentanza popolare, quindi una forma di legittimazione indirettamente
costituzionale della figura delle A.I e del loro potere regolamentare.

SOFT LAW – REGOLAMENTAZIONE FLESSIBILE


Nozione e inquadramento giuridico
Nella categoria vengono atti rientrare strumenti diversi  inviti, comunicazioni, segnalazioni, note informative... il
carattere comune di questi strumenti è di essere orientati a raggiungere gli obiettivi cui è indirizzato l’intervento
regolativo NON attraverso l’esercizio del potere regolativo tramite cui condizionare i comportamenti delle autorità
amministrative e dei soggetti destinatari dell’intervento, MA FACENDO LEVA SULLA PERSUASIONE, conseguita
anche grazie al prestigio e all’autorevolezza dell’autorità emanante.

In relazione a tali caratteristiche, interrogandosi sull’inquadramento giuridico della soft law, Clarich osserva che
mette in discussione:
 Il principio di tipicità delle fonti e degli atti ammirativi con valenza regolatoria
 La nozione di vincolatività

Emersione
Dapprima nei paesi anglosassoni e nell’ambito delle organizzazioni internazionali e dell’unione europea. Più di
recente ha fatto ingresso anche nel nostro paese tra i poteri conferiti alle A.I.
La corte di giustizia dell’europea, in una Sentenza del 2016 che ha per oggetto una comunicazione della
commissione sul settore bancario recante criteri interpretativi di direttive dell’UE in materia di aiuti di stato, con
rifermento alle misure ammissibili di sostegno alle banche nel contesto della crisi finanziaria che si è aperta nel 2008,
chiarisce che la comunicazione della commissione in oggetto auto vincola la commissione, mentre non ha effetti
vincolanti nei confronti degli stati membri. Ciò significa che gli stati membri se ne possono discostare proponendo
misure diverse, che dovranno essere valutate dalla commissione caso per caso.

Caso particolare  le linee guida dell’ANAC in materia di contratti pubblici (d.lgs. 50/2016)
Nel nostro ordinamento conviene soffermarci su un caso controverso, che ha dato luogo a diverse interpretazioni
con riferimento al suo inquadramento come soft law.
Il codice contiene diverse disposizioni che prevedono l’emanazione di linee guida dell’ANAC, con funzioni integrativa
e attuativa delle norme del codice stesso.

Art 213  1. La vigilanza e il controllo sui contratti pubblici e l’attività di regolazione degli stessi sono attribuiti, nei
limiti di quanto stabilito dal presente codice, all'Autorità nazionale anticorruzione
(ANAC) […]
2. L'ANAC, attraverso linee guida, bandi-tipo, capitolati-tipo, contratti-tipo ed altri strumenti di regolazione flessibile,
comunque denominati garantisce la promozione dell'efficienza, della qualità
dell'attività delle stazioni appaltanti […] 'ANAC, per l'emanazione delle linee guida, si dota, nei modi previsti dal
proprio ordinamento, di forme e metodi di consultazione, di analisi e di verifica

Nel disegno complessivo del d.lgs. 50/2016, nel dare attuazione a direttive dell’UE aveva inteso riformare
profondamente il precedente assetto delle fonti di disciplina dei contratti pubblici, che era costituito da un codice del
2006 e da un regolamento di attuazione che era stato oggetto di critiche da parte degli operatori economici perché
era stato ritenuto troppo pesante ma comunque inidoneo a prevenire tutti i possibili dubbi interpretativi. L’idea di
fondo perseguita dalla riforma de 2016 era quindi di semplificare l’apparato normativo del settore, sostituendo il più
possibile le preesistenti prescrizioni dettagliate del codice e del regolamento, con un nuovo codice, seguito poi da
linee guida e altri strumenti di regolamentazione più flessibile, adottate con la procedura diretta a coinvolgere anche
i destinatari degli atti stessi (notice and comment).
A sua volta però questo nuovo sistema delle fonti introdotto dal codice del 2016 si è mostrato piuttosto complesso, e
ha dato adito a diverse interpretazioni relative alla valenza vincolatoria delle linee guida.

Il consiglio di stato in due pareri (uno del 2016 e uno del 2019) ha individuato nell’insieme complessivo delle linee
guida dell’ANAC 3 gruppi:
1. Linee guida con funzione propositiva  recepite da regolamenti ministeriali.
Es art 111 codice contratti prevede che con decreto del ministro dei trasporti, su proposta dell’ANAC, siano
approvate linee guida in tema di controllo tecnico, contabile e amministrativo dell’esecuzione del contratto dalla
parte del direttore dei lavori. Di fatto tale tipologia va fatta rientrare nei regolamenti ministeriali.
2. Linee guida attuative non vincolanti  le stazioni appaltanti possono discostarsene, fornendo adeguata
motivazione.
3. Linee guida vincolanti erga omnes  sono riconducibili in questa classificazione alla definizione di altri atti di
regolamentazione flessibile di cui all’art 213 c 2. Sono vincolanti, il che significa che devono essere osservate
pena l’illegittimità degli atti adottati in loro violazione.
Secondo la prospettazione dei consigli odi stato anche questa categoria di linee guida va ricondotta alla categoria
degli atti amministrativi generali non aventi natura normativa.

Tale classificazione non ha eliminato tutti i dubbi lamentati dagli operatori economici. Questo tipo di doglianze è alla
base del recentissimo d.lgs. 32/2019, lo sblocca cantieri, convertito con la l 55/2019.
Si è optato per il ritorno al regolamento unico di attuazione ed esecuzione del codice dei contratti pubblici, quindi
quello che si aveva nel codice previgente. Il decreto 32 prevedeva un termine di 180 per l’emanazione del nuovo
regolamento, con scadenza quindi nel novembre scorso, ma il regolamento non è stato ancora emanato, anche se è
in circolazione una sua bozza. Questo regolamento, una volta approvato, non sostituirà tutte le linee guida nella
materia dei contratti pubblici, quindi si prospetta un sistema delle fonti che difficilmente sarà più semplice del
preesistente, ci sarà una compresenza di regolamento attuativo e linee guida dell’ANAC.
LE CIRCOLARI
Sono gli atti che gli organi in posizione di supremazia nell’organizzazione amministrativa (ministro, prefetto)
indirizzano agli uffici ad essi sotto ordinati o da essi coordinati per trasmettere contenuti diversi a seconda dei casi,
con una finalità di fondo di orientamento e raccordo nei confronti degli uffici stessi.

I contenuti delle circolari sono diversi nelle singole ipotesi concrete:


 illustrazione del contenuto di una legge recente e le modalità da seguire nella sua applicazione  CIRCOLARE
INTERPRETATIVA
 indicazioni, indirizzi, informazioni.
La circolare in sé è un atto PRIVO DI CARATTERE NORMATIVO.

Le circolari sono generalmente indicate come NORME INTERNE. Cosa significa?


È un concetto che ci porta alla concezione dell’amministrazione precedente alle riforme degli anni ’90 (l 241/1990 e
d.lgs. 29/93, confluito nel 2001 nel d.lgs. 65).
 La legge 241/1990 ha innovativamente imposto la pubblicazione degli atti generali con cui le PA dettano regole
sulla loro organizzazione, sugli obiettivi e l’esercizio delle funzioni. Tra tali atti rientrano anche le direttive, gli
ordini di servizio, e le circolari.

Ha inoltre previsto l’accesso agli atti pubblici delle PA.


 Il d.lgs. 29/1993 ha previsto la privatizzazione e contrattualizzazione della maggior parte dei dipendenti pubblici,
che prima erano inquadrati con uno statu particolare, sintetizzato come RAPPORTO DI SUPREMAZIA SPECIALE
DELLA PA NEI CONFRONTI DEL DIPENDENTE.

Prima delle riforme degli anni ’90 la PA era intesa come ORDINAMENTO GIURIDICO PARTICOLARE, in qualche
misura distinto e autonomo dall’ordinamenti generale e statuale.
Tale concezione si inquadrava nella distinzione ispirata alla teoria della pluralità degli ordinamenti che risale a Santi
Romano, di cui abbiamo una traccia nell’attuale art 114 cost.
Distinzione tra:
 lo stato amministrazione o stato apparato (cioè la persona giuridica dello stato), quindi l’ordinamento speciale
dell’amministrazione,
 stato ordinamento o stato comunità dall’altra, che identifica l’intera comunità, il popolo e la corrispondente
organizzazione e normazione.
In base a tale distinzione, lo stato amministrazione costituisce uno degli ordinamenti derivati di quello statuale.

Gli elementi costitutivi di questi ordinamenti settoriali sono:


1. Plurisoggettività  i soggetti che ne fanno parte sono ammessi tramite atti di ammissione.
2. Organizzazione interna stabile, con articolazione di ruoli e competenze
3. Norme interne, emanate dagli ordini preposti al coordinamento settoriale stesso.

Il concetto di norme interne ha questa radice e questo inquadramento storico e teorico.


Per indicare l’organizzazione, la normazione interna dell’amministrazione pubblica si utilizzava l’espressione
INTERNA CORPORIS, per dire che quanto l’amministrazione faceva al proprio interno era qualcosa di irrilevante per
l’ordinamento complessivo.
Abbiamo già visto che c’è stata una evoluzione in attuazione dei principi costituzionali, che ha reso via via rilevante
giuridicamente anche l’organizzazione amministrativa, in conformità al principio di legalità. Quindi anche la
convinzione dell’amministrazione come ordinamento speciale è stata progressivamente superata, o quantomeno
trasformata, nel senso che oggi rimane il riferimento alla PA come ad un insieme organizzativo complesso, quindi
dotato di proprio strumento organizzativi e regole (le norme interne) ma è venuto a cadere l’elemento della
separatezza con le riforme degli anni ’90.

Il significato attuale delle norme interne con rifermento specifico alle circolari è quello di NORME RIVOLTE
DIRETTAMENTE AGLI UFFICI DELL’AMMINISTRAZIONE, con i contenuti di cui abbiamo detto.
Oggi, si riconosce che questi atti possono produrre indirettamente anche effetti sulle situazioni giuridiche individuali,
e proprio per questo a partire dalla legge 241/1990 è prevista la pubblicazione.

Effetti delle circolari


1. Effetti sugli uffici  la circolare è priva di carattere normativo. Questo comporta che l’ufficio giuridico
destinatario possa disattenderla, ma solo qualora vi siano ragioni specifiche e rilevanti. Nel provvedimento
adottato l’ufficio deve adeguatamente motivare la scelta. In mancanza, la conseguenza sarà l’illegittimità del
provvedimento, NON PER VIOLAZIONE DI LEGGE, MA PER ECCESSO DI POTERE. Figura sintomatica della
fattispecie è proprio la violazione di circolare.
Altra conseguenza per il funzionario può essere la sanzione disciplinare.

2. Effetti sui privati  vanno distinti in proposito due ipotesi


o Provvedimento adottato dall’amministrazione in violazione della circolare  il privato nel suo ricorso
contro il provvedimento può addurre la violazione della circolare da parte de provvedimento stesso come
vizio del provvedimento.
o Circolare in contrasto con la legge oggetto della sua interpretazione  il privato può impugnare la
circolare insieme al provvedimento che si è conformato ad essa.

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