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L’autonomia finanziaria
Per poter esercitare le proprie funzioni, le regioni hanno bisogno di risorse economiche
L’autonomia finanziaria dipende dalla quantità delle risorse che la regione ha a disposizione
ma anche dalla qualità di queste risorse. Se le risorse sono decise per intero dallo Stato, le
possibilità di autonoma decisione della regione sono limitate. Se invece le decisioni relativo
alle risorse sono dalle regioni, hanno spazi di decisione più ampie.
L’autonomia finanziaria è uno degli aspetti modificati nel 2001 (art. 119). Il vecchio 119
riconosceva già autonomia finanziaria alle regioni. Questa autonomia finanziaria si doveva
esplicare nelle forme e nei limiti stabiliti dalla legge.
Prevedeva 3 categorie di entrate provinciali: tributi propri, quote e tributi erariali e contributi
speciali.
Alla fine, il modello di finanza regionale era un modello dello Stato. La legge dello Stato
riconosceva alle regioni solo il potere di fissare aliquote/tributi statali però la legge dello stato
fissava il minimo e il massimo.
Quando lo Stato ha assegnato le risorse alle regioni ha stabilito anche per quali scopi doveva
usare queste risorse.
Il nuovo art. 119 riconosce alle regioni autonomia finanziaria di entrata e di spesa. Prevede
che le regioni hanno risorse autonome e che queste risorse sono costituite da tributi ed
entrate proprie.
La disciplina di questi tributi ed entrate proprie deve avvenire in armonia con la Costituzione
e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica. L’autonomia regionale deve
rispettare i principi ella finanza pubblica.
Una quota dei tributi riscossi dallo Stato rimane alle regioni.
È previsto un fondo perequativo in favore alle regioni meno ricchi.
L’art. 119 prevede la possibilità di prevedere risorse aggiuntive a singoli enti o gruppi di enti
territoriali.
Nel 2012 fu introdotto il principio dell’equilibrio di bilancio che non vincola soltanto lo Stato
ma anche tutti gli enti territoriali.
Le regioni e gli enti locali possono indebitarsi ma è necessario che questo indebitamento sia
accompagnato da piani di ammortamento e che ci sia una condizione generale della regione
che lo consente. I debiti della regione non hanno in nessuna parte una garanzia da parte
dello Stato.
Nel 2022 si introduce un comma che prevede che la Repubblica riconosce le peculiarità delle
isole e di promuovere misure necessarie per rimuovere gli svantaggi.
Il nuovo art. 119 ha 3 obiettivi principali:
o ridurre i margini di scelta del legislatore statale
o adottare un modello che responsabilizzasse le regioni nel confronto dei loro cittadini.
Se la leva delle risorse è una leva statale, la regione è meno responsabilizzata. L’idea è
quella di legare la responsabilità delle decisioni finanziarie a livello di Governo. La
regione è responsabile nei confronti dei loro cittadini.
o Estensione, per quanto possibile, agli enti locali, delle garanzie assicurate in materia
alle regioni.
Lo Stato può prescrivere principi, criteri e obiettivi in materia finanziaria ma non può nel
dettaglio imporre le misure di riduzione dei costi. Lo Stato può stabilire limiti generali al
risparmio, ma i limiti puntuali dove risparmiare gli fissa la singola regione.
Il legislatore statale ha la possibilità di dare risorse aggiuntive ai territori però con determinati
limiti. Lo stato può adottare finanziamenti ad hoc per determinati enti.
Avere delle risorse che posso essere manovrate in autonomia, vuol dire essere anche
responsabile. Se una regione si indebita lo Stato non è tenuto alla garanzia di questo prestito.
Il fondo perequativo aiuta quelle regioni con minore capacità fiscale per abitante e le regioni
sono responsabili per l’uso delle somme di questo fondo perequativo.
L’art. 23 della Costituzione prevede che nessuna prestazione personale o patrimoniale può
essere imposta se non in base a una legge. Le prestazioni patrimoniali devono avere un
fondamento nella legge. Una nuova imposta può essere stabilita solo da una legge (riserva di
legge).
Quando la riforma è entrata in vigore si è posta la questione degli effetti di questa riforma in
particolare per quanto riguarda le entrate in tributi ci si è chiesto sei le regioni possono
stabilire tributi propri senza aspettare l'intervento del legislatore statale che fissa i principi di
coordinamento della finanza pubblica oppure se è necessario che lo stato definisca prima
questi principi di coordinamento della finanza pubblica
il 119 riconosce alle regioni il potere di istituire tributi propri però in rispetto e in armonia
con i principi di coordinamento della finanza pubblica stabiliti dallo
generalmente la regola generale è che le regioni non devono aspettare
questa è una materia particolare di tributi che gravano sui cittadini e rispetto a questa potestà
legislativa concorrente la Corte ha adottato una diversa soluzione, cioè la Corte ha detto che
le regioni non possono istituire tributi propri se lo stato non ha definito i principi di
coordinamento della finanza pubblica, cioè il quadro dei principi deve essere già presente
solo in quel momento le regioni potranno istituire tributi propri
Il legislatore statale deve intervenire per coordinare l’insieme della finanza pubblica e
determinare le grandi linee dell’intero sistema tributario e indicare gli spazi e limiti entro i
quali si potrà esplicare la potestà di Stato, regioni ed enti locali
Prima che le regioni possono stabilire nuovi tributi, è necessario l’intervento del legislatore
che fa il coordinamento del sistema tributario
L’effetto immediato è quello di evitare passi indietro di ridurre l’autonomia finanziaria delle
regioni
Se si deve aspettare l’intervento dello Stato, in attesa lo Stato non può fare leggi al contrario
del 119 e sopprimere gli spazi di autonomia già riconosciuti dalle leggi statali
Il divieto del passo indietro non esclude che lo Stato possa anche eliminare delle voci di
entrata fruibili dalle regioni che sono imposte statali
Quello che non può fare è ridurre le entrate a disposizione delle regioni in modo tale di
mettere in pericolo la possibilità delle regioni di adempiere i loro compiti.
C’è un approccio graduale al fine di rendere le regioni più autonome nel governo delle loro
finanze.
L’impatto sulla parte versante ha portato il divieto da parte dello Stato di concedere
finanziamenti con vincolo di destinazione
Il vincolo di destinazione è la concessione di un finanziamento finalizzato a un determinato
fine
Prima della riforma del titolo V, lo Stato era solito a concedere dei finanziamenti alle regioni
per perseguire determinati finalità
La Corte costituzionale dichiara illegittime quelle norme statali che dopo la riforma del Titolo
V avevano previsto nuovi fondi vincolati in materie di competenza residuale o concorrente
Se i fondi non sono vincolati, l’autonomia di spesa delle regioni è più ampia (16:34).
Questo divieto di vincolo di destinazione vale anche per il fondo perequativo che serve per
aiutare quelle regioni che hanno una minore capacità fiscale per abitante. Non vale per i
contributi e gli interventi speciali.
Nelle materie di competenza esclusiva dello Stato sono ancora possibili vincoli di
destinazione.
Non sono ammissibili tali forme di intervento vincolati nella destinazione nelle materie
regionali residuali o concorrenti
Nel caso in cui i finanziamenti con vincolo di destinazione abbiano ad oggetto materie di
competenza legislativa delle regioni, le regioni devono essere coinvolte nella decisione e nel
riparto dei fondi all’interno del proprio territorio.
Legge 42/2009
Tributi propri derivati (IRAP): sono quelli tributi che sono istituiti e disciplinati dallo Stato, ma
il gettito è attribuito in tutto o in parte alle Regioni. La legge regionale ha possibilità di
intervenire ma nei limiti che gli lascia il legislatore statale.
Tributi propri: Quelli tributi istituti e regolati dalle leggi regionali su presupposti diversi da
quelli tassati dallo Stato.
Addizionali ai tributi statali: Lo Stato autorizza le regioni a introdurre delle variazioni delle
aliquote su tributi statali e quella addizionale rimane alla regione
Compartecipazione al gettito di tributi erariali (IVA): tributi dello Stato che sono disciplinati
dallo Stato. Una parte del gettito viene attribuita alle Regioni.
La natura dei tributi viene legata alla titolarità del gettito e guardano dove vanno i soldi.
Qualificano come regionale anche tributi che sono stabiliti dallo Stato.
Per la Corte costituzionale i tributi propri sono solo quelli stabiliti con legge regionale.
Molti presupposti sono già tassati dallo Stato e quindi il d. legislativo del 2011 ha deciso di
trasformare alcuni tributi statali in tributi propri regionali
La legge del federalismo fiscale ha previsto delle sedi di collaborazione tra lo Stato, le regioni
e gli enti locali
Conferenza unificata: sono presenti le regioni ma anche gli enti locali
Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica: organo che definisce gli
obiettivi della finanza pubblica.
Tavoli di confronto tra il Governo e le singole regioni e province autonome
Il regime finanziario RS
Quello del federalismo fiscale è il punto più critico nelle relazioni tra Regioni a statuto
speciale e Regioni a statuto ordinario
Una percentuale del gettito dei tributi dello Stato è riservata per le Regioni a statuto speciale.
Questa percentuale può andare da 5% a 100%. Hanno una maggiore autonomia finanziaria.
Il Titolo VI dello Statuto si occupa dalla Finanza della Regione e delle Provincie
Questa parte del testo statutario può essere modificata tramite legge ordinaria dello Stato
previo accordo tra Governo, Regione e provincie.
Il primo Statuto di autonomia del 1948 attribuiva maggiori competenze alla Regione
autonoma Trentino Alto Adige/Südtirol che alle provincie autonome.
La maggior parte delle risorse finanziarie erano per la Regione. Le provincie avevano risorse
limitate e dipendevano finanziariamente dalla Regione e dallo Stato.
La Regione si finanziava con tributi propri, compartecipazioni in quota fissa, quota variabile
che doveva essere definita annualmente tra il Governo e il presidente della Giunta regionale.
Con lo Statuto del 1972 si ha un CAMBIO nel senso che l’ente principale diventa la provincia.
La maggior parte delle competenze è trasferita alla provincia.
Il sistema di finanziamento non cambia perché l’autonomia finanziaria di ciascuna provincia si
basava su una quota fissa + quota variabile da negoziare ogni anno tra Provincia e Governo
nazionale.
Nel 1971 c’era una riforma tributaria a livello nazionale che prevedeva la soppressione di vari
tributi che erano previsti nello Statuto. La quota variabile ha assunto un’importanza maggiore
della quota fissa.
La conseguenza che la quota variabile è più importante di quella fissa è che la provincia non è
certa di quanto avrà perché questo dipende dal negoziamento che si deve fare ogni anno con
il Governo.
A partire dagli anni 90 si avevano una serie di riforme volte a ridurre la quota variabile e
aumentare la quota fissa.
Attualmente la maggior parte del gettito fiscale percepito sul territorio viene trattenuto dalle
Provincie autonome.
Dopo la riforma del 1989 circa l’85% delle entrate provinciali basate sulla compartecipazione
a tributi erariali veniva devoluto in quota fissa, il restante 15% in quota variabile
A partire di questa riforma aumenta la quota fissa e si riduce la quota variabile che è oggetto
di accordo tra provincie e Governo.
Le due provincie autonome hanno ottenuto una maggiore stabilità e una maggiore
autonomia sul piano finanziario perché sono meno dipendenti dalla discrezionalità dello
Stato.
Le provincie autonome cominciano di farsi carico di compiti dello Stato
La legge 42/2009 che dà attuazione al federalismo fiscale si preoccupa anche dalle Regioni
speciali e ha previsto che anche le RS siano coinvolte nella perequazione finanziaria ma
questo può avvenire solo attraverso un processo di collaborazione concordato.
Il regime fiscale rimane quello dello Statuto ma questo non esclude che la RS sono coinvolte,
ma le modalità vengono stabilite insieme.
L’accordo di Milano è un accordo tra Stato, Governo e le due provincie autonome.
Questo accordo ha aumentato il numero dei tributi statali che sono soggetti al ritorno dei
9/10. Vuol dire che i 9/10 del gettito dei tributi statali elencati nello Statuto speciale rimane
nel territorio.
Rimane l’autonomia finanziaria delle RS fondata sulla compartecipazione del gettito ai tributi
statali e tributi propri.
Tributi propri
L’accordo di Milano ha previsto un ampiamento dal potere di stabilire nuovi tributi da parte
della provincia di stabilire nuovi tributi in materia di propria competenza ma anche di
intervenire nell’ambito dei tributi statali.
La PAB ha introdotto una legge provinciale che ha istituito l’IMI che sostituisce sul proprio
territorio le imposte comunali immobiliari istituite con leggi statali (TASI e IMU)
Ricorso indebitamento
Le Regioni e le Provincie possono anche indebitarsi per fare spese di investimento e come per
le Regioni ordinarie è esclusa ogni garanzia da parte dello Stato.
L’accordo di Milano è entrato in vigore nel 2009 e quindi al tempo della crisi economica che
ha portato lo Stato all’adozione di una serie di misure di contenimento della spesa pubblica.
Lo Stato ha adottato una serie di misure di risparmio attraverso DECRETI LEGGE
Nel 2012 in Costituzione è stato introdotto l’obbligo dell’equilibrio di bilancio per tutti gli enti
pubblici
Questi interventi hanno riguardato anche le finanze delle Regioni speciali.
La procedura per intervenire sulle risorse finanziarie delle RS è una procedura concordata ma
qualche volta il legislatore non ha rispettato quelle procedure concordate e questo ha portato
a ricorsi davanti alla Corte costituzionale.
Lo Stato ha trattenuto le maggiori entrate provenienti da nuove imposte oppure dall’aumento
delle aliquote.
Patto di garanzia