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Diritto regionale e delle autonomie

 Le 5 regioni a statuto speciale hanno una potestà legislativa primaria in


materia dell’ordinamento degli enti locali
 La Costituzione ha previsto uno Stato di tipo regionale. Il titolo 5 disciplina le
regioni ordinarie.
 Art. 117 ci dice che ci sono materie in cui la potestà legislativa viene
esercitata dallo Stato e dalle regioni. C’è un elenco con le materie statali:
immigrazione, la moneta, legge elettorali, cittadinanza, ordine pubblico e
sicurezza
 Poi c’è un secondo elenco di materie che si chiamano di legislazione
concorrente. Queste leggi fanno sia lo Stato che le regioni. Lo Stato fa i
principi fondamentali e le regioni fanno tutto il resto.
 Quando si pensa alla potestà legislativa concorrente, si può immaginare un
quadro. Lo Stato è la cornice. Le leggi che contengono i principi fondamentali
si chiamano leggi quadro. Le regioni fanno il dipinto che però deve essere
dentro la cornice.
 La materia più importante della legge concorrente è la tutela della salute
 Tutto quello che non è elencato nella secondo comma (potestà legislativa
esclusiva dello Stato) e nel terzo comma (potestà concorrente) è potestà
regionale. Si chiama residuale, perché è quello che residua.
 Se una materia non è scritta in uno dei due elenchi, è materia residuale.
 Il turismo, il commercio, l’agriturismo non ci sono in questi due elenchi.
 Se una regione approva una legge in materia dell’immigrazione che è una
materia dello Stato, la Corte costituzionale annulla la legge.
 La Corte costituzionale garantisce che le leggi rispettano la Costituzione.
Quindi se una regione approvi una legge in materia di immigrazione, lo Stato
impugna alla Corte costituzionale quella legge.
 Nel caso opposto, cioè se lo Stato approva una legge in una materia di
competenza regionale, la regione impugna quella legge alla Corte
costituzionale e la Corte decide.
 Qual è il criterio di risoluzione in caso di contrasti fra leggi statali e leggi
regionali? Il criterio è quello della competenza. Se è competente lo Stato,
prevale la legge statale, se è competente la regione, prevale la legge
regionale.
 Sulla gerarchia delle fonti, leggi statali e leggi regionali sono sullo stesso piano
e sono subordinati solo alla Costituzione.
 Per vedere in quale ambiti sono competenti le regioni ordinarie, si
consulta l’art. 117 della Costituzione.
 Se voglio sapere in quale ambiti approva leggi la regione Trentino-Alto Adige,
si deve consultare lo Statuto di Autonomia. Lo Statuto di Autonomia ci dice in
quale materia è competente quella regione speciale. Dalle 5 regioni speciali,
ogni regione ha lo suo statuto speciale diverso e quindi diverse competenze.
 Alle regioni speciali non applico 117, ma applico le previsioni dallo
statuto speciali. L’ordinamento degli enti locali è una competenza che hanno
tutte le 5 regioni.
 La riforma del titolo 5 aveva il senso di rafforzare le regioni, dando più poteri
agli enti regionali.
 Questo 117 che abbiamo visto è il 117 del 2001 (riforma del titolo 5). Dopo il
2001 i contrasti davanti alla Corte costituzionale tra Stato e regioni sono
esplosi.
 Incidentale: L’incidente si verifica in un processo davanti a un giudice. La
questione sulla legittimità può essere sollevata d’ufficio (dal giudice) o su
richiesta delle parti. Il giudice deve avere dei dubbi sulla legittimità
costituzionale. Se ha dei dubbi fa una ordinanza con cui interpella la Corte
costituzionale e il processo è sospeso fino alla decisione della Corte.
 Via principale: Lo Stato approva una legge e la pubblica in Gazzetta Ufficiale.
Dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale c’è un termine di 60 giorni, entro il
quale i regioni possono sollevare questioni alla Corte. La legge statale viene
pubblicata in GU, la legge regionale viene pubblicata nei bollettini ufficiali della
regione.

Forme di Stato
1) Stato unitario/accentrato: Uno stato in cui si realizza una concentrazione di
poteri a livello centrale e una imitata autonomia dei territori. I poteri sono
esercitati tutti a livello unitario. Si sviluppa in Europa continentale.
2) Stato federale: Uno stato che nasce dalla volontà di preesistenti stati sovrani
di collegarsi insieme in una nuova entità.
3) Stato confederale
4) Stato regionale: Nasce da una evoluzione dallo stato unitario. È caratterizzato
da una valorizzazione del principio della autonomia locale.
Le forme di stato si distinguono per la organizzazione diversa dei poteri.
Nello stato unitario/accentrato i tre poteri (legislativa, esecutiva, giurisdizionale)
sono affidati esclusivamente ad organi appartenenti alla struttura centrale dello
Stato. In alcuni casi sono presenti gli enti locali (es. comuni), ma hanno modesti
poteri amministrativi.
Nello stato federale i tre tradizionali poteri sono suddivisi verticalmente tra la
federazione e gli stati membri. Il potere legislativo è diviso fra la federazione e gli
stati membri.
Se c’è un contrasto tra il diritto dello stato membro e il diritto della federazione in
una materia di competenza della federazione, prevale la federazione (supremacy
clause). Il potere esecutivo è diviso fra gli organi esecutivi della federazione e gli
organi esecutivi degli stati federati e così anche il potere giudiziario. Gli stati
partecipano alla formazione delle leggi federali.
Lo stato regionale si caratterizza per un’attenuazione dei poteri degli organi
centrali in favore delle entità locali che generalmente si chiamano regioni o
comunità autonome. Questa divisione del potere tra le strutture centrali e le entità
locali riguarda il potere legislativo, il potere esecutivo. Quello che non è però
ripartito tra centro e periferia nello stato regionale è il potere giurisdizionale. Negli
stati regionali l’organizzazione della giustizia è potere dello stato centrale.
Fino alla Seconda guerra mondiale la forma di stato prevalente era lo stato
unitario sul modello francese. A partire con le costituzioni del secondo dopoguerra
si assiste ad una valorizzazione del principio dell’autonomia.

Elementi di distinzione tra Stato federale e regionale


1) Il criterio di riparto delle competenze
- Negli stati federali la federazione ha competenze enumerate. La
costituzione elenca le competenze della federazione. Le entità federati/gli
stati hanno una competenza residuale.
- Negli stati regionale lo Stato ha competenza residuale e le regioni
competenze enumerate.
Se guardiamo poi all’esperienza dei singoli Stati vediamo che sono delle
varianti degli Stati regionali e negli stati federali. Il Belgio è uno stato
federale, ma la Costituzione elenca le competenze delle entità federate.
La Spagna presenta un catalogo delle competenze dello stato.
La differenza tra modello federale e modello regionale è emersa anche
dalla tendenza delle Corti costituzionali degli Stati federali a interpretare
estensivamente le competenze delle federazioni. Le competenze della
federazione sono enumerate, però c e la tendenza di interpretare
estensivamente le competenze dello stato. Ad esempio utilizzando alcune
clausole costituzionale. Negli USA la commerce clause è stata usata per
estendere le competenze della federazione.
Il principio di sussidiarietà è un principio flessibile che è presente in molti
contesti statali, in cui una certa competenza deve essere attribuito a livello
più vicino al cittadino, ma se questo livello non è in grado di esercitarla in
modo sufficiente, allora questa competenza deve essere esercitata a livello
prelevato.
2) Presenza di una seconda Camera
- Negli stati federali tradizionalmente è prevista una seconda camera
rappresentativa degli Stati membri. Le entità federate sono rappresentate
in questa seconda camera.
- Negli ordinamenti regionali tendenzialmente la seconda camera non
esiste, oppure non si differenzia dalla prima (Italia).
Ci sono camere territoriali anche in stati che non sono federali (Francia).
Anche negli stati federali (USA), si discute se i senatori siano
effettivamente rappresentativi degli stati.
3) Diverso coinvolgimento degli enti territoriali nella revisione costituzionale
- Questo procedimento negli stati federali coinvolge le entità federate che
partecipano al processo di revisione. Questa partecipazione avviene
mediante:
o Partecipazione della seconda camera
o Necessario assenso di un certo numero di stati membri
- Negli stati regionali le regioni non partecipano in maniera significativa al
procedimento della revisione costituzionale
- Negli stati federali i singoli stati hanno una costituzione propria, negli stati
regionali no. Le regioni hanno uno statuto di autonomia (statuto ordinario o
statuto speciale).

4) Presenza di una Corte costituzionale per risolvere conflitti tra federazione ed


entità federati
- Negli stati federali la Corte costituzionale risolve questi conflitti
- Anche gli stati regionali hanno questo meccanismo di Corte costituzionale
- Solo negli stati federali alla individuazione dei giudici costituzionale
partecipano le entità federate

5) Assetto finanziario
L’assetto finanziario negli stati federali è generalmente un assetto finanziario
improntato alla separatezza. La federazione raccoglie le risorse fiscali e le
entità federati raccolgono risorse per sé e per i loro bisogni.
La finanza degli stati regionali è una finanza derivata. È lo stato centrale che
raccoglie le finanze per gli enti locali e le regioni.
Ci sono dei sistemi di perequazione, che sono dei sistemi tali per cui l’assetto
fiscale federale e quello delle entità federate si incrociano, ad esempio perché
c’è un’esigenza di aiutare gli stati meno forti economicamente.
Perequazione verticale: La federazione dà agli stati più deboli.
Perequazione orizzontale: Gli stati più ricchi che danno contributi a quelli più
deboli.
6) Carattere statuale delle entità federate
Negli stati federali gli stati membri conservano degli elementi di sovranità
consistenti nelle 3 tradizionali funzioni, mentre negli stati regionali ciò non
avviene.

Federalismo e regionalismo nella giurisprudenza costituzionale


Sentenza 365/2007
Aveva ad oggetto una legge della regione Sardegna con cui la regione aveva
istituito una consulta che aveva il compito di fare una revisione dello statuto
speciale. La regione speciale non può modificare lo statuto speciale perché lo
statuto speciale è a livello costituzionale nella gerarchia dei fonti. Le leggi
speciali si approvano mediante un procedimento del 138. L’organo che
approva una legge costituzionale è il Parlamento. Gli statuti di autonomia
possono essere modificati solo dal Parlamento. In questo caso la regione
Sardegna non riscriveva lo statuto speciale, ma ha istituito un organo
consultivo con i corpi che fanno la revisione dello statuto. Questa legge viene
dichiarata in parte incostituzionale in quanto attraverso all’utilizzazione del
termine sovranità si riferisce alla pretesa attribuzione alla Regione di un
ordinamento profondamente differenziato da quello individuale.
La regione non può utilizzare il termine di sovranità. Il termine sovranità fa
riferimento a modelli di stato federale, che nasce normalmente di processi di
federazione. Questo modello non è il modello italiano. L’utilizzazione del
termine sovranità è un’utilizzazione impropria.

Perché gli statuti speciali sono approvati con legge costituzionale e non come
gli statuti ordinari con una semplice legge regionale?
Per avere maggiori competenze di quelle scritte in Costituzione, è necessario
una fonte che ha lo stesso livello della Costituzione.

Sentenza 118/2017
Riguarda un caso relativo alla legge regionale del Veneto. Questa legge
provvedeva l’indizione di un referendum consultivo sull’indipendenza del
Veneto. La regione prevedeva una consultazione dei cittadini Questa legge è
impugnata nel termine dei 60 giorni dalla pubblicazione del Governo e la corte
costituzionale la dichiara incostituzionale. È dichiarata incostituzionale perché
è lesiva del principio di principio di unità e invisibilità della Repubblica (art. 5
Cost). L’art 5 ci dice che la Repubblica è invisibile. Questo principio
rappresenta uno degli elementi essenziali dell’ordinamento costituzionale.
Questo principio deve convivere con altri principi costituzionali, ma questa
convivenza non consente che di tali principi si fa una interpretazione così
estrema da portare alla frammentazione dell’ordinamento.
Il principio di autonoma non può essere portato agli estremi di mettere in
pericolo l’ordinamento. Non può essere richiesta l’opinione dei cittadini sulla
secessione che è una indipendenza di una parte del territorio italiano perché
la secessione è incompatibile con la legalità costituzionale. Si andrebbe contro
il principio fondamentante dell’ordinamento costituzionale. Questo principio
non può essere modificato nemmeno con un processo di revisione
costituzionale.

La vicenda storica del regionalismo italiano


L’ordinamento italiano è un ordinamento che inizialmente è improntato
all’unitarietà e accentramento. L’ordinamento italiano nasce dall’unificazione
dei precedenti stati sovrani sotto casa Savoia. Il regno di Sardegna è stato
fortemente influenzato dall’esperienza francese. Dopo la restaurazione Italia
ha optato per il sistema francese unitario-accentrato in cui al centro
dell’amministrazione è il Governo-ministro degli interni e a livello periferico il
prefetto che esercitava un controllo sugli enti locali.

Questo sistema, presente anche nel regno di Sardegna fu ristrutturato nel


1847 prevedendo sempre l’ente comunale in cui però gli elettori eleggevano il
consiglio comunale secondo il sistema elettorale di tipo censitario, cioè
soltanto chi pagava una certa imposta poteva votare. Il Sindaco era nominato
e revocato dal Re tra questi consiglieri eletti. Erano previsti anche previsti enti
sovracomunali (provincie e divisioni). In questo contesto non era spazio per le
regioni.
Quando nel 1861 si realizza l’unità d’Italia ci si chiede se articolare il nuovo
stato in regioni. L’idea regionale viene studiata e anche proposta dal ministro
Minghetti che propone al Parlamento 4 progetti e uno di questi progetti aveva
ad oggetto l’amministrazione regionale. L’ente regione veniva configurato
come un consorzio di provincie competenti a decidere in determinate materie
(scuola, lavori pubblici,..). Questo progetto di Minghetti NON viene approvato.
Dice che siamo tutti contro i due estremi, cioè no al centralismo e no al
federalismo, ma fra questi due estremi possono essere tanti varianti.

Il modello del nuovo regno di Italia era un modello unitario-accentrato di


matrice francese con strutture periferiche del potere centrale (prefetture) e la
presenza di enti locali (comuni e province). Il sindaco viene ancora nominato
dal Re.

Con la riforma di crispine (1896) il sindaco viene eletto dal consiglio comunale
e si procede anche a una riorganizzazione della provincia. In tutto questo
sistema unitario-accentrato con alcuni enti locali l’idea regionale è
sostanzialmente accantonata. Riemerge soltanto in alcuni studiosi e a livello
politico l’idea del partito popolare che viene istituito nel 1919 da Don Sturzo. È
un partito di ispirazione cattolica. Fra le sue proposte politiche c’è anche
quella del regionalismo nel senso di portare l’amministrazione più vicino ai
cittadini attraverso l’istituzione di questo nuovo ente.

Questa è l’idea che è però incompatibile con l’era fascista. La riforma fascista
è una riforma molto centralizzata. Questa riforma fascista del 1926 elimina
l’elezione diretta dei rappresentanti locali e concentra l’amministrazione dei
comuni nelle mani del Podestà di nomina regia e conferisce a livello
provinciale maggiori poteri al Prefetto. Questa riforma è del 1926 e poi una
legge del 1926 entra a fare parte del Testo Unico degli Enti Locali del 1934.
Questo testo del 1934 che disciplina provincie e comuni è rimasto in vigore,
pur modificato, fino al 1990.

Con la caduta del fascismo si ha un ritorno al precedente ordinamento per cui


ritorna l’elettività dei consigli comunali e provinciali. In questo caso il suffrago
(Wahlrecht) è universale ma rimangono sempre elementi di controllo dello
stato centrale rispetto agli enti locali. La provincia è presieduta dal Prefetto, il
sindaco è capo dell’amministrazione e per certe funzioni il Sindaco è anche
Ufficiale di governo. Ogni comune ha un segretario comunale che era
nominato dal ministero dell’interno per far rispettare la legalità nei comuni.

Quando si va a scrivere la Costituzione ci si interroga di quale forma di stato


dare al nuovo paese. Durante il periodo transitorio si erano verificati alcuni
episodi e alcune vicende che hanno segnato poi le scelte successive.
Il periodo transitorio è il periodo che va dalla caduta del fascismo in luglio del
1943 fino alla entrata in vigore della Costituzione il 1° gennaio 1948.
Durante il periodo transitorio:
- era stata concessa una certa autonomia ad alcuni territori. La Sicilia e la
Sardegna già nel 1944 erano dotati da organi provvisori:
o un alto commissario, nominato dal Presidente del Consiglio
o Consulta regionale

- Per la Sicilia si arriva alla scrittura di uno statuto di autonomia che viene
elaborato da una commissione e poi adottato con decreto legislativo
luogotenenziale 455/1946
- Nel 1945 è stata concessa autonomia anche alla Valle d’Aosta
- Il 5 settembre 1946 il presidente del Consiglio e ministro degli esteri
italiano Degasperi aveva concluso con il ministro degli esteri austriaco
Gruber, un accordo per il riconoscimento di un’autonomia legislativa e
amministrativa per la popolazione di lingua tedesca della provincia di
Bolzano.

Queste vicende erano già avvenute quando l’Assemblea costituente iniziò a


discutere della Costituzione e a scrivere la Costituzione.
- Democrazia cristiana: favorevole alle regioni
- Partito repubblicano favoriva una soluzione di tipo federalista
- PCI e PSI: contrari agli enti regionali.
- PLI: contrari al modello regionale

L’Assemblea costituente che scrisse la Costituzione era composta da 556


componenti che decisero di formare una commissione più piccola che
avrebbero poi scritto il progetto da presentare a tutta l’Assemblea. Questa
commissione da 75 membri era composta in maniera proporzionale rispetto ai
partiti politici.
Questa commissione si articolò in 3 sottocommissioni con il compito di
scrivere ciascuno una parte diversa.
- 1a commissione: diritti e doveri dei cittadini
- 2a commissione: ordinamento repubblicano
- 3a commissione: rapporti economico-sociali
Per quanto riguarda la questione regionale fu istituito il comitato dei 10
all’interno della 2a sottocommissione con il compito di fare proposte in materia
del ordinamento regionale. Questo comitato era presieduto da un deputato
cristiano (Ambrosini). La proposta che viene da questo comitato è una
proposta a favore del regionalismo. Questo modello si presta ad essere
applicato in modo elastico per poter tener conto alle esigenze delle varie
regioni e particolarmente di quelle che per ragioni storiche hanno ragioni per
chiedere più ampi poteri autonomi. La Sicilia, la Sardegna, la Valle d’Aosta e il
Trentino-Südtirol avevano già un’autonomia riconosciuta.
Ambrosini presenta il sistema regionale e fa riferimento a 4 realtà rispetto alle
quali l’autonomia regionale deve risultare differenziata.
Questo si traduce in un progetto del Comitato dei 10 che prevedeva:
 l’istituzione della regione come ente intermedio tra il Comune e lo Stato
 scomparsa delle provincie
 organi elettivi: la regione era configurata come un ente territoriale con
organi elettivi (consiglio regionale eletto dai cittadini)
 3 tipi di potestà legislativa: primaria, concorrente e una attuativa
Questa era la proposta di Ambrosini che poi fu depotenziata in alla 2a
sottocommissione:
 per le regioni ordinarie fu eliminata la potestà legislativa primaria
 Alle regioni ordinarie viene riconosciuta solo una potestà legislativa
concorrenziale. Lo stato fa i principi e la regione fa il resto.
 Nella Costituzione del 1948, art. 117 prevedeva un elenco di materie
concorrenti
 Fu anche eliminata la previsione che i consigli regionali eleggessero
una parte del Senato
 Si ridussero a pochi elementi i meccanismi di partecipazione nelle
regioni alle funzioni statali
Il modello previsto dall’Assemblea costituente consentiva la distinzione tra
regioni a statuto speciale e regioni a statuto ordinario. In particolar modo l’art.
116 individua le regioni a statuto speciale. Oltre alle 4 regioni già previsti, la
Costituzione prevede anche il Friuli-Venezia-Giulia a cui si riconoscono più
ampi poteri sulla base degli statuti speciali adottati a collegio costituzionale.
Nelle disposizioni transitorie la Costituzione aveva prevista che entro il 31
gennaio l’Assemblea costituente avrebbe potuto continuare a lavorare tanto
che alla fine di gennaio vengono approvati gli statuti dei 4 regioni Sardegna,
Sicilia, Valle d’Aosta e Trentino-Alto Adige. Lo statuto del Friuli-Venezia-Giulia
fu approvato nel 1963
Le regioni a statuto speciale hanno un sistema autonomo definito dagli statuti
speciali, ma le regioni a statuto speciale non sono tutte uguali. Le regole delle
autonomie sono diverse fra le regioni a statuto speciale. Il Trentino-Alto Adige-
Südtirol è più speciale di tutte, seguite dalla Sicilia. Ogni sistema regionale
speciale e diverso dagli altri, mentre gli altri 15 regioni hanno ad oggi un
sistema uniforme con gli stessi poteri e funzioni. Il sistema uniforme è
disciplinato dal titolo 5 della Costituzione.
Nella parte delle disposizioni transitorie si prevedeva che le lezioni dei consigli
regionali dovessero essere indette entro 1 anno dell’entrata in vigore della
Costituzione e che entro 3 anni la Repubblica dovesse adeguare le sue leggi
alle esigenze delle autonomie locali. In realtà questi termini non furono
rispettati e l’ordinamento regionale fu realizzato solo nel 1970.
Dopo l’entrata in vigore della Costituzione fu un periodo di inattuazione
costituzionale per un ostruzionismo della maggioranza nel senso che la
maggioranza non fu particolarmente sollecita nel dare attuazione a tante
previsioni costituzionali e in particolar modo all’ordinamento regionale per la
paura che determinate regioni venissero governate dal partito comunista. Solo
quando la democrazia cristiana iniziò ad aver bisogno del partito socialista per
governare si realizzò un’attenuazione costituzionale.
Nel 1968 fu approvata la legge elettorale per l’elezione dei consigli regionali e
la legge sulla finanza regionale nel 1970. Nel 1970 erano le prime elezioni dei
consigli regionali. Il Testo Unico degli enti locali fu approvato solo nel 1990
(legge 142/1990).
Nel 1970 quelle regioni che erano soltanto sulla carta vengono istituite con
elezione dei consigli regionali. Il consiglio regionale ha il compito di approvare
le leggi regionali. Il primo compito dei consigli regionali era di approvare i
rispettivi statuti ordinari. All’epoca gli statuti ordinari erano prima approvati dai
consigli regionali a maggioranza assoluta e poi dal Parlamento, quindi c’erano
2 approvazioni. Nella prassi c’era un’approvazione da parte dei consigli
regionali, la trasmissione di questi statuti ordinari al Parlamento, l’esame di ciò
al Senato e l’asteniazione dell’approvazione di questi statuti ordinari alla
commissione affari costituzionali.
Questa commissione del Senato praticamente trattava informalmente con le
singole regioni dicendo quali aspetti devono essere modificati per poter
approvare lo statuto. Gli statuti ordinari disciplinavano l’organizzazione interna
della regione, il procedimento legislativo, i referendum, ma si tratta di un atto
che deve rispettare la costituzione e che quindi non contiene le competenze,
mentre lo statuto speciali ci dice le materie.
Le regioni ordinarie per le materie fanno riferimento alla Costituzione. Lo
statuto ha una funzione diversa di disciplina dell’organizzazione. Se da punto
di vista dall’organizzazione ogni regione ha il suo statuto, per le competenze
c’è solo la Costituzione.
Lo statuto speciale disciplina non solo l’organizzazione ma anche le
competenze perché è legge costituzionale. Disciplinare l’organizzazione
interna vuol dire organizzare la forma di governo della regione. I statuti
optavano tutti per una forma di governo in cui l’organo centrale era il consiglio
(modello assemblare-parlamentare), perché al centro era l’assemblea che è il
consiglio regionale.
Lo stato doveva procedere a trasferire funzioni amministrative di cura degli
enti pubblici, svolte dallo Stato alle regioni. Queste funzioni amministrative fino
a questo punto sono state svolte da uffici statali. Queste funzioni e anche il
personale degli uffici doveva essere trasferito alle regioni. Questo veniva fatto
con una legge delega a cui seguivano dei decreti legislativi. Questi decreti
legislativi trasferivano scarsissime funzioni amministrative alle regioni,
conservando allo Stato molte competenze residue.
Questa difficoltà fu aumentata dal fatto che nelle materie affidate alle regioni
mancavano le leggi cornice dello Stato. L’originario 117 prevedeva un elenco
di materie concorrenti, perché la legge fa la regione ma nei limiti dei principi
fondamentali stabiliti dallo Stato. Rispetto a questo elenco c’era il problema
che lo Stato non aveva adottato leggi con i principi fondamentali e quindi le
regioni si trovavano a fare leggi senza che ci fossero leggi cornice. Questi
decreti legislativi aiutavano però a capire quali erano i contenuti che le regioni
potevano adottare nella loro legislazione.
Lo stato non era contento di trasferire poteri alle regioni per paura che ognuna
seguisse indirizzi diversi e quindi si inventò con questa legge finanziaria
281/1970 una funzione di indirizzo e coordinamento delle attività
amministrative delle regioni. Lo stato si tiene il potere di indirizzo e di
coordinamento in modo che se ci sono esigenze unitarie ci pensa lo Stato.
Il primo passo della regionalizzazione non fu un passo molto ampio. Già nel
1975 c’era l’esigenza di dare un po’ più funzioni alle regioni e quindi si
approvava una seconda legge delega che realizzava un trasferimento delle
funzioni amministrative per settori organici.
Il regionalismo italiano è stato modellato molto dalla Corte costituzionale. La
Corte costituzionale è stata caratterizzata da una posizione pro-stato. Se gli
interessi hanno una dimensione nazionale, ci pensa lo stato.
Se manca la legge cornice, lo stato può già fare la legge o deve aspettare che
lo stato adotti la sua legge cornice? La legge finanziaria del 1970 aveva
previsto che questa potestà legislativa concorrente potesse essere esercitata
dalle regioni anche in assenza della legge cornice statale. Quando manca la
legge cornice dello stato, la regione può adottare la sua legge, ma deve
comunque rispettare i principi fondamentali della materia che trova nella
legislazione vigente.
La Corte costituzionale ha anche giudicato le leggi regionali alla luce
dell’interesse nazionale. È il parlamento che può dire che una legge è
contrario all’interesse nazionale, ma non l’ha mai fatto. Questo interesse
nazionale è stato utilizzato dalla Corte costituzionale per dichiarare
eventualmente incostituzionale una legge regionale. Se c’è un interesse
nazionale, questo interesse nazionale lo deve disciplinare lo stato, anche se in
una materia concorrenziale.
La Corte costituzionale ha poi considerato legittima la funzione di indirizzo e
coordinamento introdotta nel 1970 e poi disciplinata più approfonditamente
negli atti successivi. Lo stato poteva indirizzare legittimamente le funzioni
amministrative delle regioni.
Un altro aspetto fondamentale della giurisprudenza costituzionale è la
valorizzazione del principio di leale collaborazione. La Corte costituzionale
invita lo Stato e le regioni di rapportarsi in maniera leale e cooperativa. Questa
cooperazione viene portata avanti a partire dalla conferenza stato-regioni nel
1983.
Il regionalismo non creava quelli aspetti positivi che si aspettava, perché la
struttura dei partiti italiani è sempre stata una struttura nazionale e quindi
difficoltà per le regioni di avere una classe politica effettivamente autonoma.
Negli anni 90 c’era una crisi del sistema politico e nasce il partito
secessionista che voleva la secessione del nord. Questo porta a una
tendenza di voler valorizzare il potenziale delle regioni. Questo avviene prima
in via legislativa e poi con riforma costituzionale. In via legislativa, la legge più
importante è la legge Bassanini che realizza la Terza regionalizzazione. In
quel caso il trasferimento delle funzioni amministrative alle regioni viene fatto
secondo un nuovo principio, che è il principio di sussidiarietà, per cui
tradizionalmente la titolarità spetta all’ente locale o alla regione. La legge
elenca gli aspetti che rimangono nella titolarità statale, tutto il resto delle
funzioni è di competenza regionale o locale.
Le riforme alla Costituzione arrivano nel 1999 che sono stati anticipati dalla
riforma elettorale regionale nel 1995. Si passa dall’elezione dal sindaco da
parte del consiglio comunale a un’elezione del sindaco da parte dei cittadini.
Si modifica anche la legge elettorale della camera e del senato e si modifica
anche la legge elettorale delle regioni introducendo un sistema misto
proporzionale e maggioritario, ma un sistema che attribuendo un premio di
maggioranza alla coalizione vincente voleva stabilizzare gli esecutivi regionali.
Basta sapere che c’è una modifica della legge elettorale in senso
maggioritario. Il Presidente era sempre eletto dal Consiglio regionale. Per
modificare l’elezione del Presidente della regione, occorreva modificare la
Costituzione. Questo veniva fatto nel 1999. Si introduce in Costituzione
l’elezione a suffragio universale e diretto del presidente della giunta regionale.
Quando si va a eleggere il Consiglio, si elegge anche il Presidente. Il
Presidente eletto nomina e revoca gli assessori. Si prevede anche un
meccanismo per rendere più stabile il Presidente. Questo meccanismo è lo
scioglimento del Consiglio che è un meccanismo di stabilizzazione che poi è
stato chiamato “meccanismo di simul stabunt simul cadenz”. Questo vuol dire
“come stanno insieme, come insieme cadono”. Come vengono eletti insieme il
Presidente della Regione e il Consiglio della Regione, se per qualsiasi motivo
viene meno il Presidente, si va sempre a nuove elezioni. Se il Consiglio
regionale sfiducia il Presidente, non solo il Presidente deve dimettersi, ma si
scioglie anche il Consiglio.
Si dà alle regioni la possibilità approvando uno nuovo statuto di confermarla o
di darsi una nuova forma di governo. Tutti 15 regioni a statuto ordinario hanno
confermato questa forma di governo. Oltre a questa riforma che è la legge
cost. 1/1999 che introduce l’elezione diretta e rafforza potestà statuale delle
regioni, appena 2 anni dopo lo Stato approva la legge di revisione del Titolo V.
Quello che è il titolo V è riformato prima negli articoli 121, 123, 126 dalla legge
costituzionale nr. 1 del 1999: forma di governo e potestà statutaria.
Nel 2001 si riscrivono tutte le altre norme del Titolo V. Prima nel 1999 è
cambiato la forma di governo e lo statuto ordinario. Nel 2001 cambiano le
competenze legislative, amministrative e l’autonomia finanziaria. Si prevede
una equiordinazione degli enti territoriali, cioè l’art 114 ci dice oggi che la
Repubblica è costituita dai comuni, provincie, città metropolitane, dalle regioni
e dallo stato.
Si mantiene la distinzione tra regioni ordinarie e regioni speciali, ma si
aggiunge il meccanismo del regionalismo differenziato che consente alle
regioni ordinarie che lo consentano di diventare un po' speciali. Per quanto
riguarda le competenze legislative la grande modifica è il superamento
precedente criterio di riparto. Mentre prima c’era un elenco di competenze
regionali concorrenti, oggi c’è competenze tassative dello Stato e competenza
residuale generale delle regioni.
Regionalismo differenziato (116): Le 15 regioni ordinarie possono ottenere
più poteri. In questo caso è però necessario seguire un procedimento Questo
procedimento prevede che l’iniziativa parte dalla Regione e che questa
regione prima senti i suoi enti locali, che ci sia una intesa tra lo Stato e la
regione e sulla base di questo accordo, il Parlamento adotta una legge a
maggioranza assoluta. Fino ad ora n nessun caso è stata la legge nel
Parlamento.
Con questo meccanismo può succedere che la regione possa acquistare
competenze. Quali possono essere le nuove competenze? Le materie
concorrenti (tutta o alcune), alcune materie esclusive dello stato (istruzione,
ambiente, giustizia di pace). I contenuti concreti li fissa la singola regione in
accordo con lo Stato.
Ovviamente avere più competenze ha senso se ho i fondi, le risorse
economiche-finanziarie per esercitare quelle competenze. Il 116 quindi dice
che devono essere rispettate i limiti del 119 (legge finanziaria). Questo è il
punto più critico perché la situazione finanziaria delle regioni italiane è una
situazione critica.
Invece dall’entrata in vigore del Titolo V ad oggi c’erano 2 proposte di riforma
di questo Titolo V, perché la riforma del Titolo V è la prima che fu adottata
senza il consenso ampio delle forze politiche. Fu approvata solo con 7 voti di
maggioranza del centro-sinistra.
Nel 2005 il Parlamento con maggioranza centro-destra approvava una riforma
della seconda parte della costituzione, comprendente una riforma del Titolo V.
L’obiettivo di questa riforma era un potenziamento delle regioni. Questa
riforma non è mai entrata in vigore perché è stata richiesta referendum e il
referendum aveva esito negativo.
Anche la seguente riforma Renzi-Boschi nel 2016 aveva esito negativo. La
riforma Renzi-Boschi era una riforma centralista. Questa riforma non è mai
entrata in vigore.
Le specialità del TAA/Südtirol

Fino alla fine della Prima Guerra Mondiale il TAA apparteneva all’impero austro-
ungarico. Con la sconfitta dell’impero austro-ungarico, il TAA viene annesso al Regno
d’Italia (trattato di Saint Germain). L’effettiva annessione occorre poi il 10 ottobre
1920.
L’annessione comportava che la cittadinanza italiana veniva estesa a popolazione
che non aveva né cultura né lingua italiana. Questa questione sollevava dei problemi
di cui erano consapevoli i politici dell’epoca.
Lo stato prometteva che il territorio annesso poteva mantenere la sua autonomia e le
tradizioni – una promessa che non è stata mantenuta.
Nel 1922 c’era la marcia su Roma e l’accesa con il fascismo. Incompatibile con il
fascismo è il riconoscimento di qualsiasi autonomia locale. Uno dei punti
fondamentali del programma del fascismo è la progressiva italianizzazione del TAA.
Principali aspetti della politica fascista in Alto Adige:
- Divieto dell’uso della lingua tedesca nella vita pubblica
- Massiva immigrazione di famiglie italiane
- 1938: accordo tra Hitler e Mussolini delle “opzioni”
Opzione 1: optare per il trasferimento nei confini del Reich con l’acquisto della
cittadinanza tedesca
Opzione 2: rimanere e rinunciare alla propria lingua e cultura
La maggior parte della popolazione optava per rimanere tedesca e lasciare l’Alto
Adige e 75.000 altoatesini si trasferivano nel Reich. Il progetto fu arrestato dalla
guerra e parte degli optanti tornavano alla fine della Seconda guerra mondiale.
Alla fine della Seconda guerra mondiale sia l’Austria che l’Italia erano da parte degli
sconfitti e c’era la domanda del TAA. La scelta era di mantenerlo allo Stato italiano.
L’accordo Gruber-Degasperi è legato agli trattati di pace ed è posto alla fine della
guerra. Questo accordo internazionale costituisce fondamento dell’autonomia locale
dell’TAA-Südtirol.
L’accordo riconosce:
- la piena uguaglianza di diritti fra cittadini di lingua italiana e tedesca.
- Insegnamento primario e secondario nella lingua madre
- Uso paritario della lingua tedesca e italiana nella PA, nei documenti ufficiali
e nella toponomastica
- Uguaglianza nell’ammissione di dipendenti pubblici
- Provvisione di un’autonomia legislativa e amministrativa della Regione
L’accordo Degasperi-Gruber è scritto in inglese. Gli oggetti trattati in questo contratto
erano i parlanti tedeschi che abitavano nella Provincia di Bolzano e i confinanti città
bilingue della Provincia di Trento. Su questa definizione si è costituita la Regione TAA
comprendente le provincie di Trento e Bolzano. Questa autonomia fu riconosciuta in
Costituzione.
Art. 6 Cost: La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche.
La Costituzione non ci dice quale sono le minoranze linguistiche, ma ci dice che
saranno tutelate con apposite norme. Fino al 1999 queste “apposite norme” erano
solamente gli statuti speciali.
Nel 1999 è stata approvata una legge dello Stato italiano sulle minoranze linguistiche
storiche che contiene un elenco delle minoranze: tedesco, ladino, catalano, sardo,
albanese, frivulano, francese etc.
Primo statuto di autonomia (1948)
È stato approvato dall’Assemblea costituente. Tentava di attenuare i principi
dell’accordo Degasperi-Gruber. Tuttavia, non riusciva pienamente. Il fatto di aver
creato una regione Trentino-Alto Adige metteva in minoranza il gruppo tedesco. Non
è stata una parificazione della lingua tedesca e l’insediamento nei pubblici uffici.
1957 Grande protesta pacifica a Sigmundskron
Il gruppo linguistico tedesco per la prima volta cambiava un po’ il suo motto da “Los
von Rom” a “Los von Trient”. L’obiettivo era quello di un’autonomia effettiva della
Provincia Alto Adige rispetto a Trento, considerato che l’accordo Degasperi-Gruber
non è stato attuato, perché il gruppo tedesco non aveva un’autonomia legislativa e
amministrativa, non era una parificazione delle lingue, gli pubblici uffici erano
occupati 9/10 da italiani.
Questa situazione ha poi comportato a una serie di attentati a simboli dello stato
italiano. La questione altoatesina è così relativa, che l’Austria porta la questione
altoatesina alle nazioni unite denunciando che questo accordo internazionale non ha
ricevuto attuazione. L’Assemblea delle Nazioni Unite ha approvato approvano 2
risoluzioni (1960 e 1961) in cui l’Assemblea invita le due controparti a riprendere i
negoziati. Questa sollecitazione internazionale convinceva l’Italia di trattare con la
SVP e col Austria.
1961: Creazione della commissione dei 19 per riesaminare tutta la questione
dell’autonomia del TAA.
1964: La commissione propone il “Pacchetto”, contenente 137 provvedimenti che
sono destinati a ridisegnare l’Autonomia della regione
Questo pacchetto viene approvato sia dal Parlamento italiano che dal parlamentino
dell’SVP e del Parlamento austriaco e a partire degli anni 1970 inizia la
concretizzazione di questi 137 provvedimenti.
1971: Viene approvata una legge costituzionale che riscrive lo statuto di autonomia.
1972: Viene approvato un Testo Unico in cui sono contenuti tutte le leggi
costituzionali concernenti il TAA (secondo statuto).
Oltre allo statuto sono state previste altre misure che sono state adottate con norme
di attuazione. Per l’adozione di queste misure ci sono voluti 20 anni. La piena
attuazione di tutte le misure contenenti nel Pacchetto è avvenuta nel 1992.
Nel 1992 l’Austria e l’Italia notificano la risoluzione della controversia alle Nazioni
Unite.
L’autonomia del TAA-Südtirol è l’autonomia più forte perché è riconosciuta a livello
internazionale.
FONTI

Principio di autonomia: consente agli enti territoriali di assumere un proprio


indirizzo politico anche in contrapposizione al governo centrale
Principio di unità: impone un limite alle differenze in nome di valori essenziali per
l’intera comunità
I sistemi federali e regionali cercano di realizzare un equilibrio tra questi due sistemi.
Questo equilibrio dipende in parte dalle regole costituzionali che attengono al potere
legislativo, amministrativo e giudiziario, ma non solo. Anche le vicende storiche,
economiche e sociali possono influire sull’equilibrio tra questi due principi.
Dall’art. 114, primo comma ci dice che tra i diversi livelli di governo: comuni,
provincie, città metropolitane, regioni e Stato esiste una equiordinazione. Questi
livelli hanno poteri diversi.
Il principio di autonomia si caratterizza per una attribuzione di competenze normative
agli enti locali.
Potestà normative:
La potestà di revisione costituzionale spetta esclusivamente allo Stato.
Il potere di fare le leggi spetta sia allo Stato che alle regioni (esclusiva: statale,
concorrente: stato e regione e residuale: regione).
Il potere di fare regolamenti spetta anche agli enti locali (comuni, provincie, città
metropolitane).
Le regioni e gli enti locali si possono dare anche uno statuto.
Funzioni amministrative sono ripartite tra i diversi livelli di governo secondo i
principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza. Vuol dire che si privilegia il
livello di governo più vicino al cittadino (di solito il comune).
Funzione giudiziaria spetta in via esclusiva allo Stato
Principio di unità della Costituzione (art. 5): Spetta allo Stato il compito di tutelare
gli interessi di dimensione nazionale
Chiamata in sussidiarietà: Questo è un istituto che è stato introdotto dalla Corte
costituzionale. Questa lista di materie presenta qualche problema, ad esempio
manca qualche materia (lavori pubblici). Nel 2003 il Parlamento approva una legge di
riforma degli enti pubblici. Questa legge viene impugnato dalle regioni. La Corte la
risolve inventandosi un istituto, che consente di rendere flessibile quel riparto di
competenze che la Costituzione ha previsto come rigido. La Corte parte dal art.118.
La funzione amministrativa può essere assegnata a livello statale se ci sono
esigenze unitarie.
- Lo statuto ordinario è una legge regionale rinforzata
- Interessi unitari sono tutelati da materie di esclusiva competenza dello
Stato, di materie trasversali (non sono ambiti, ma finalità): tutela
dell’ambiente. In questi casi non c’è una materia, ma una finalità. Queste
materie trasversali servono per proteggere interessi nazionali.
- Ogni funzione amministrativa deve avere un fondamento nella legge. Se la
funzione viene esercitata dallo Stato, è lo Stato che può adottare leggi che
disciplinano questa materia.
- È un meccanismo di interessi di dimensioni nazionali in riferimento alla
funzione legislativa e che introduce un elemento di flessibilità che nel
sistema italiano non c’è.
- Potere sostitutivo: lo Stato si sostituisce agli organi delle regioni o degli enti
locali in presenza di determinate situazioni. Quando gli organi regionali o
gli enti locali non rispettano norme a trattato internazionale o norme
europee, interviene lo Stato. Se non viene rispettato una norma
internazionale, chi è responsabile è sempre lo Stato.
- Controlli degli organi regionali: Con decreto motivato dal Presidente della
Repubblica, lo Stato ha la possibilità di sciogliere gli organi locali e di
rimuovere il presidente della giunta regionale.
- Possibilità di ricorso alla Corte costituzionale, quando il Governo ritiene
che una legge regionale sia in contrasto con la Costituzione.
- Prima del 1999 la legge elettorale dei consigli regionali era una legge
statale uguale per tutti i consigli regionali ordinari
- Dopo il 1999 il sistema di elezione disciplinato con leggi della regione nei
limiti stabiliti dalle leggi dello Stato (competenza concorrente)
- Lo statuto diventa legge ordinaria e ha più autonomia nel disciplinare
l’organizzazione della regione
- Gli statuti ordinari NON sono Costituzioni, quindi sono diversi dagli statuti
delle regioni speciali che sono a livello costituzionale
- Contenuti necessari: contenuti che ci devono essere e dei contenuti
eventuali
- Organi della regione: consiglio regionale, presidente della giunta e giunta
- La forma di regione NON è oggetto dello statuto regionale
- Lo statuto ordinario non disciplina la materia elettorale ma disciplina la
materia elettorale è disciplinata dalla legge della regione nei limiti dei leggi
della Repubblica
-

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