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Diritto regionale

CAP 1: Le diverse tecniche di organizzazione territoriale possono farsi risalire alla nascita dello Stato
costituzionale moderno. Era fondamentale la presenza di un atto, la costituzione, volta a fissare limiti al
potere sovrano. La situazione cambia, in quanto prima vi era un monarca che non era sottoposto alla legge.
Modello francese -> unitario e centralizzato, trova espressione nel principio di unità ed indivisibilità dello
Stato (si trova anche all’art 5 cost italiana). Nella versione originaria tale principio trovava la propria
traduzione storica in ordinamenti che non consentivano forme di autonomia territoriale. Si aveva l’elettività,
che tuttavia non consentiva di astenersi dagli ordini impartiti dal potere centrale. Tale impostazione aveva
dietro di sé la politica dello smantellamento di tutti i residui pluralisti di ascendenza medievale, e la teoria
del popolo inteso come entità unitaria.
Modello statunitense -> presenta caratteri di un’entità complessa, si parla di Stato composto, costituito a
propria volta da Stati. Negli Stati Uniti il processo di unificazione è partito con la “confederazione”, intesa
come unione internazionale per la difesa e il benessere comune. A questa spettava l’esercizio di alcune
competenze nell’interesse degli Stati membri e si presentava come associazione di Stati. L’avvento della
federazione ha posto in termini diversi la questione di sovranità, l’atto costitutivo dello Stato federale e la
costituzione federale e, la sua entrata in vigore necessita solo della maggioranza qualificata degli Stati.
Nel XIX secolo alcuni ordinamenti hanno dato vita a Stati federali, come la Svizzera, Germania e l’Italia
Austria. In Italia l’unificazione nazionale è avvenuta tardi, verificata attraverso una serie di annessioni
territoriali al regno di Sardegna, ha trovato espressione in un modello di stampo francese dello Stato
unitario centralizzato. A metà del 1900 l’assemblea costituente italiana riesuma il tipo istituzionale dello
Stato regionale spagnolo rompendo con la tradizione centralistica pregressa. Questo avviene per ragioni
politiche (risposta istituzionale alle tensioni autonomistiche) e ragioni relative all’eterogeneità del paese,
assieme alle diversità morfologiche dovute alla geografia ed alle diverse culture. Nella riforma dello Stato si
riteneva che la creazione di una solida rete di poteri regionali e locali potesse infatti contribuire al
superamento di molti mali.
Negli anni 70 in Spagna ci fu la concreta costituzione delle regioni ad autonomia ordinaria, in Portogallo
questo avvenisse solo nelle isole e in Belgio ci furono riforme in senso regionale per dare risposta ai
problemi di diversi gruppi linguistici; anche nel Regno Unito ci fu l’istituzione di tre regioni devolute: Scozia,
Galles, Irlanda del Nord.
Tra gli Stati federali (USA, Svizzera, Germania) e gli Stati regionali (Italia e Spagna) sono riscontrabili alcune
differenze strutturali: gli Stati di una federazione conservano le funzioni tipiche di uno Stato, le regioni
dispongono delle sole funzioni loro attribuite dallo Stato, tali funzioni non comprendono la giurisdizione.
Inoltre nello Stato federale le competenze e numerate sono quelle generali della federazione, nei sistemi
regionali la competenza generale spetta allo Stato e quelle enumerate alle regioni. Abbiamo ancora il
bicameralismo: negli stati federali esiste una seconda camera rappresentativa degli Stati membri, che
rappresenta le istituzioni federate, acquista aspettano tecniche di preposizione dei titolari in ufficio e si
configura come organo di primo grado o secondo grado. Negli Stati regionali invece la seconda camera o
non esiste o è uguale alla prima. Ricordiamo ad esempio il Senato Italiano, eletto a base regionale, svolge
funzione di garanzia di rappresentanza minima alle regioni, indipendentemente dalla consistenza
demografica di ciascuno. La differenza tra i due rami del parlamento attiene a due elementi: diversa
disciplina dell’elettorato attivo e passivo (età), e nel Senato sono presenti membri a vita e cinque senatori
scelti dal PD R tra i cittadini che abbiano illustrato la patria. La durata della legislatura è di cinque anni per la
camera, sei per il Senato. Il parlamento si basa sul bicameralismo perfetto, in base al quale le due camere
sono dotate di medesime funzioni e medesimo potere.
Un’altra differenza attiene al procedimento di revisione della costituzione: negli ordinamenti federali, il dato
costante è rappresentato dalla seconda camera, chiamata a concorrere al procedimento di revisione, la
variabile è costituito dal necessario assenso di un certo numero di Stati membri. Negli Stati regionali, le
regioni non partecipano al procedimento di revisione. Per quanto riguarda la competenza costituzionale,
negli stati federali le entità federate si danno proprie costituzioni complete in tutto e per tutto e che
regolano l’organizzazione degli Stati e i rapporti tra lo Stato e il cittadino.

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Nel principio unitario trova traduzione normativa la supremazia non sovrana dello Stato centrale rispetto le
entità sub statali, le tecniche giuridiche per realizzarlo rappresentano la variabile. I poteri sostitutivi
mettono capo a due figure distinte. Abbiamo la coercizione federale, che mette lo Stato centrale in
condizione di costringere le entità sub statali ad adempiere a doveri determinati. Ha però carattere di
strumento straordinario utilizzabile solo in situazioni di gravità. Previsto dalla costituzione austriaca, in Italia
questo è uno strumento di intervento preventivo. Inoltre si prevede che le regioni, nelle materie di loro
competenza possono concludere accordi con gli Stati esteri solo nei casi e con le forme disciplinate dalla
legge dello Stato, la legge ordinaria ha il compito di modellare il potere affinché posso questo essere
salvaguardato. Tra le tecniche costituzionali a garanzia dell’autonomia abbiamo: esistenza di livelli sub statali
di governo in posizione intermedia tra Stato centrale ed ente locale, costituzionalizzazione del riparto di
competenze, competenze autenticamente legislative, garanzia di tali competenze. La garanzia di esistenza è
dislocata sul versante dell’identificazione geografica (1), Dove negli ordinamenti di tipo federale i confini
delle entità statali sono di segnati dalla storia, preesistono; per gli ordinamenti di tipo regionale, le entità
statali sono individuate o dalla costituzione o da un’identificazione autoritativo delle regioni mediante un
atto di volontà del legislatore costituente. (2) Variazioni territoriali, la garanzia massimo è rappresentata dal
principio del consenso, che trova applicazione tutte le volte che la costituzione subordina la variazione
territoriale all’assenza dell’ente, vi sono quindi atti di iniziativa, pareri, elettorati in referendum
confermativo. In Italia ci sono regioni ad autonomia ordinaria e ad autonomia speciale, che si differenziano
in termini di competenze. Per la costituzionalizzazione del riparto di competenze, possono distinguersi due
tecniche di costituzionalizzazione: quella diretta, tipica degli ordinamenti federali dove le costituzioni
individuano direttamente oggetto i limiti delle competenze, e indiretta, che trova applicazione negli Stati
regionali, l’Italia prevede la presenza di entrambi i modelli. Entrambi i modelli hanno potestà legislativa e tu
te la giurisdizionale. Il modello italiano è informato sulla simmetria: è la stessa costituzione a richiedere che
ci siamo le regioni, le cui le competenze sono contenute nella costituzione o negli statuti propri speciali.
CAP 2: l’istituzione delle regioni ha modificato l’assetto precedente centralistico, arricchendo
l’articolazione di competenze legislative ed amministrative su base regionale. La tecnica utilizzata è di
ascendenza spagnola, le regioni sono state configurate come enti a competenze enumerate. Il titolo V della
costituzione stabilisce direttamente la ripartizione delle competenze fra Stato e regioni, volta a porre riparo
da interventi del legislatore in appropriate. Infatti proprio la costituzione garantisce il contenuto
dell’autonomia identificando i limiti e gli ambiti di competenza. La disciplina costituzionale da un lato diceva
di che cosa le regioni possono occuparsi, e dall’altro chiariva come le regioni devono operare. Questa
disciplina si basava sul parallelismo delle funzioni, con coincidenza di oggetto tra legislazione ed
amministrazione regionale. Il carattere concorrenziale ha ripudiato la cosiddetta competenza concorrente,
in base al quale il legislatore centrale non occupa ambiti assegnati a quello periferico o alla costituzione.
Dunque quando questo modello regionale entra in crisi, si riforma il titolo V cost: abbiamo un riparto
verticale delle competenze legislative, esclusività delle competenze amministrative delle regioni e
costituzionalizzazione delle materie chiamate ad individuare l’oggetto di entrambe le competenze regionali.
A questa crisi contribuì molto la presenza di partiti politici nazionali fortemente centralizzati, ricordiamo
negli anni 90 il crollo del muro di Berlino, l’introduzione del sistema elettorale maggioritario, Tangentopoli.
Prima della riforma del titolo V si tentò di sostituire il regionalismo con un assetto di tipo federale.
Compresa l’esigenza di superare alcuni limiti del modello costituzionale, si procede con l’integrazione
funzionale tra i due livelli territoriali di governo e con la sovrapposizione su indirizzo e amministrazione,
tutto ciò col fine di creare una riforma. Inizialmente ci furono due equivoci: quello delle macro regioni (in
base al quale le 20 regioni ordinarie avrebbero dovuto essere sostituite da entità maggiori) e quello delle
quattro competenze (si fonda sull’idea che lo Stato debba occuparsi di difesa, giustizia, politica estera,
moneta). Dunque, per quanto riguarda le tecniche costituzionali di riparazione delle competenze, nel
modello federale classico le competenze enumerate spettano allo Stato centrale e la competenza generale
spetta alle entità sub-statali; nel modello regionale è esattamente il contrario. Sì è previsto il superamento
del ruolo tutorio dello Stato e la sussidiarietà, prevedendo che ai fini della distribuzione di funzione e
compiti, dovesse darsi precedenza agli ambiti istituzionali o sociali più vicini agli interessati. La svolta
radicale si ha con l’eliminazione dell’approvazione statale degli statuti regionali, che ehi stata sostituita con
un’approvazione referendaria della popolazione della regione, ma si riserva allo Stato competenza e
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numerata e alle regioni competenza residuale. Sì sono valorizzati comuni, province e città metropolitane
individuando l’ambito in cui possono essere istituite e fissando il procedimento per la loro concreta
attuazione. Allo Stato rimane il potere di revisione costituzionale, sostitutivo nei confronti delle regioni,
potere di disporre anticipatamente lo scioglimento del consiglio regionale e competenza sugli enti locali. Per
gli enti locali, rimane il riconoscimento costituzionale di autonomia, l’attribuzione ad essi di potestà di
regolamentare la disciplina e l’organizzazione delle funzioni, autonomia finanziaria. Sul versante regionale si
sono verificati alcuni interventi come l’adozione di nuovi statuti regionali e legge statuaria da parte di
regioni ad autonomia speciale; nell’attuale legislatura 17ª, si è avviato un processo di riforma della forma di
Stato e forma di governo, oltre che del bicameralismo secondo un percorso che comprende l’affidamento
della funzione referente ad un organo bicamerale.
CAP 3: La legge 1/99 attribuisce alle regioni una competenza statuaria e non un’autentica competenza
costituzionale, dunque i nuovi statuti regionali italiani sono chiamati ad occuparsi dell’organizzazione
regionale e non anche del riparto di competenze tra Stato e regioni. La nuova disciplina ha eliminato
l’approvazione parlamentare degli statuti, tali atti devono formare oggetto di doppia deliberazione da parte
del consiglio regionale a maggioranza assoluta, possono essere sottoposti al vaglio della corte costituzionale
o a referendum confermativo. L’articolo 123 cost permette l’esame in modo separato della forma di
esercizio, dell’oggetto oltre dei limiti della competenza prevista dall’autonomia statutaria. Il ricorso
governativo alla corte costituzionale può essere proposto entro 30 giorni, mentre il referendum entro tre
mesi dalla pubblicazione. La questione che si pone è se la pubblicazione prevista per l’uno e l’altro siano
cosa diversa oppure no. Bensì ai fini della promozione del ricorso alla corte costituzionale, si deve
riconoscere all’adempimento pubblicitario il carattere della necessarietà (pubblicazione necessaria, oltre
che giuridicamente rilevante). Ancora, l’oggetto della competenza statuaria mantiene nell’ambito di
competenza l’esercizio del diritto di iniziativa e del referendum su leggi e provvedimenti amministrativi della
regione e dei regolamenti e leggi regionali. Vi sono state delle innovazioni rispetto al vecchio articolo 123,
l’ampliamento del potere della regione di disciplinare la propria forma di governo e la riduzione della
competenza dello statuto alla fissazione dei principi fondamentali, lasciando la restante disciplina alla legge
regionale. Tra le forme di governo, ricordiamo la forma di governo parlamentare, che ha ad oggetto il
collegamento istituzionale permanente tra legislativo ed esecutivo; presidenzialismo americano, incentrato
sulla separazione e; infine, modello dittatoriale svizzero, costruito su collegamento istituzionale solo iniziale
tra i due organi. In materia di forma di governo, parte della dottrina tende ad ampliare l’oggetto della
competenza statutaria. Si ritiene infatti che la competenza in materia di governo, abiliti lo statuto a fissare
fini e principi che devono ispirare l’azione della regione. Lo statuto contiene i cd principi fondamentali negli
ambiti di organizzazione e funzionamento: quindi lo statuto in tali ambiti è tenuto a fermarsi sul piano dei
principi senza scendere nel dettaglio e la loro violazione è rilevabile dalla Corte costituzionale. Con
riferimento all’organizzazione, la previsione che lo statuto ponga principi fondamentali, si traduce in una
riduzione dell’originale competenza; mentre con riferimento al funzionamento, essa presenta i caratteri di
un ampliamento, il cui ambito è quello delle norme statutarie programmatiche. La nostra corte inoltre ha
accolto la tesi di fungibilità tra principi espressi e principi impliciti, non ammettendo vuoti nell’ambito dei
principi statali nel cui rispetto deve svolgersi la legislazione regionale concorrente. Tra i contenuti
programmatici introdotti negli statuti abbiamo: concessioni alla retorica ed all’ecumenismo assiologico,
formule lapalissiane e cloni di norme costituzionali. Per quanto riguarda altri oggetti della competenza
statutaria abbiamo il fatto che nel prevedere che lo statuto regoli gli oggetti indicati nel suo periodo finale
non lasci spazio ad un eventuale disciplina integrativa, osta il vincolo di armonia con la costituzione che
viene imposto dal legislatore statutario. Ancora, accanto ai referendum abrogativo e confermativo, abbiamo
il referendum consultivo (ad esempio in Campania vi è il referendum approvativo, chiamato cioè a sostituire
la deliberazione consiliare di una legge qualora proposte di iniziativa popolare sottoscritte da molti elettori
entro sei mesi dalla loro presentazione). L’iniziativa popolare è assoggettata ai limiti non previsti per le altre
forme di iniziativa, decade per la fine della legislatura e ammette i promotori all’esame istruttorio. Il CAL
prevede che in ogni regione lo statuto disciplina il consiglio delle autonomie locali quali organo di
consultazione tra regioni ed ente locale; è dunque un organo necessario alla regione che si aggiunge al
consiglio, giunta ecc. Ricordiamo sempre che lo statuto deve sottostare ad un limite: “in armonia con la
costituzione”: questo limite è rivolto ad assicurare il rispetto da parte degli statuti dello spirito della
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costituzione e non consente un eccesso di costruttivismo interpretativo. Tra competenza è l’attribuzione alle
regioni di disciplinare l’elezione degli organi regionali, cioè del consiglio oltre che del presidente di giunta.
Per questo sono chiamate 3 fonti diverse: statuto regionale, legge statale e legge regionale. In merito a ciò
abbiamo la legge in materia elettorale che ha dettato: prescrizioni combinabili con diverse forme di
governo, come ad esempio il divieto di mandato imperativo per il presidente di giunta e per i consiglieri
regionali. In merito al rapporto tra lo statuto, legge statale e legislazione regionale, la corte ha chiarito che
la disciplina della prorogatio degli organi regionali rientra nella competenza statutaria in materia di forma di
governo e non nella competenza legislativa dello Stato.
CAP 4: la tecnica utilizzata dal legislatore costituzionale nel 2001 ha riconosciuto allo Stato competenza
esclusiva nelle materie enumerate (anche ad ambiti che altre disposizioni della costituzione demandano al
legislatore centrale) più il porre i principi fondamentali, ed alle regioni la competenza residuale (la restante
disciplina). Questo riconoscimento alle regioni rappresenta un elemento innovativo: per suo effetto viene a
cadere la presunzione di competenza in favore del legislatore statale, la potestà del quale si configura come
eccezione. Col 2001 si è ritenuto che le regioni abbiano una competenza tendenzialmente esclusiva, da non
confondere con la competenza delle regioni ad autonomia speciale le quali incontravano limiti in decisioni
riconducibili alle legislatore statale. Le competenze così definite mettono il legislatore centrale in condizione
di penetrare negli ambiti previsti dalla clausola residuale, vincolando i legislatori locali. La novella
costituzionale ha introdotto una novità importante, con riferimento al limite del rispetto degli obblighi
internazionali. Si tratta di un principio volto ad impedire che lo Stato violi impegni con gli altri Stati
commettendo illecito internazionale. Tutto ciò viene attuato tramite la modalità di adattamento ai trattati,
che avviene in maniera quasi automatica, e con la collocazione gerarchica delle norme di adattamento al
diritto internazionale pattizio, cioè in caso di conflitto il giudice è tenuto ad interpretare la norma interna in
chiave del diritto internazionale. La violazione dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario non deve
essere necessariamente accertata dalla corte costituzionale, ma può essere verificata da qualunque giudice
previo rinvio pregiudiziale alla giurisdizione europea. La corte rimane l’unico giudice a pronunciarsi in
questa materia, poiché manca un giudice che possa direttamente disapplicare una norma non conforme al
diritto europeo. La competenza concorrente si fonda su un riparto di tipo verticale per il cui effetto, sugli
oggetti, è chiamato ad intervenire il legislatore statale per la fissazione dei principi fondamentali e il
legislatore regionale per l’attuazione dei principi. La competenza può anche essere delegata, nel suo
esercizio il legislatore regionale opera in regime di stretta subordinazione gerarchica rispetto al legislatore
statale. Diversa è invece la competenza integrativa istituzionalizzata, la quale ha ad oggetto materie
direttamente individuate dalla normativa statutaria. Il titolo V della costituzione in primo luogo detta i
capisaldi che attengono al riparto verticale, ossia che lo Stato pone i principi fondamentali ed anche quelli
nel dettaglio attraverso determinate norme. Il secondo caposaldo fa riferimento la riserva di legge in
materia di principi fondamentali. La novella introduce il superamento della vecchia prassi in forza della
quale lo Stato adottava norme cedevo o cogenti di dettaglio nelle materie di pertinenza delle regioni. Il
legislatore centrale non può intervenire con disposizioni che non siano di principio (non gli obblighi
comunitari).
L’art. 117 comma 2 e 3 indicano in appositi elenchi le materie di competenza: tali elenchi non individuano
l’oggetto delle competenze delle regioni, ma quello delle competenze dello Stato. La competenza
concorrente è divisa in legislazione centrale e locale. Il criterio da usare ai fini dell’interpretazione e quello
storico normativo, eccetto nei casi in cui il legislatore costituzionale usi formule senza storia o nozioni
riconducibili alla tradizione normativa, allora l’interprete deve fare riferimento al significato palese delle
parole. L’interpretazione delle materie elencate non risolve tutti i problemi di collocazione degli oggetti, si
registrano infatti oggetti ad imputazione multipla, riferibili cioè allo stesso tempo a materie diverse. In
questo senso se l’oggetto lo consente si affida al criterio di prevalenza, ritenendo la competenza attratta
nell’orbita della materia quella prevalente. Se la prevalenza non possa invocarsi, il giudice ricorre ad un
principio non scritto. Le cosiddette materie non materia non individuano l’oggetto, bensì gli scopi che
mediante la materia devono essere raggiunti. E’ stata definita come una competenza trasversale ed è senza
oggetto (sono chiamate a definire se stesse mediante il proprio esercizio, quindi gli atti adottati sulla loro
base possono legittimamente incidere su oggetti disparati) ed è duttile (le norme che le contemplano non
configurano rigidamente i termini del rapporto tra legislazione centrale e regionale, in quanto è affidato il
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governo alla prima). Per la sindacabilità di atti di esercizio, c’è il sindacato teologico, che ha lo scopo di
verificare la coerenza dell’intervento legislativo con il fine assegnato alla competenza; e il sindacato
funzionale, finalizzato ad accertare che l’intervento statale sia limitato a quanto necessario al
perseguimento del fine stesso. Le competenze finalistiche permettono allo Stato di intervenire anche in
ambiti spettanti in principio alle regioni: altro elemento che si è introdotto in via giurisprudenziale è quello
della attrazione in sussidiarietà, elaborato dal giudice costituzionale per risolvere il problema di allocazione
delle competenze legislative. Questo consente che funzioni amministrative siano spostate ad un livello
istituzionale superiore quando ciò sia richiesto dalla necessità di esercizio unitario delle funzioni riallocate
nel rispetto dei principi di sussidiarietà e adeguatezza. L’art. 117 comma 6 prevede che allo Stato spetta la
potestà regolamentare nelle materie assegnate alla sua competenza legislativa esclusiva, in tutte le altre
materie la potestà regolamentare spetta alle regioni; infine prevede la delegabilità dallo Stato alle regioni
dei poteri regolamentari attribuiti al primo. Rispetto la delega dei poteri regolamentari dello Stato, si
deduce che spostamenti di competenza non possono realizzarsi per altra via. Tale delega va esercitata dalle
regioni a mezzo di atti regolamentari e non legislativi. La forma legislativa, la delega attribuisce alle regioni
la titolarità della competenza regolamentare rispetto le materie che ne formano oggetto; regolamenti degli
enti locali, gli enti locali hanno il potere di disciplinare in via regolamentare organizzazione e svolgimento
delle funzioni loro attribuite. La potestà regolamentare dell’ente si fonda sull’ intervento del legislatore che
esclude che atti di tale potestà possano operare in regime di riserva rispetto leggi statali e regionali.
All’autonomia regolamentare degli enti locali va ricondotto quindi il potere di adottare i propri statuti, i quali
rimangono subordinati alle leggi statali, ma sopra ordinati ai regolamenti locali. I regolamenti regionali si
differenziano per titolarità, che prevede che il consiglio esercita le potestà legislative attribuite alla regione
e definisce la giunta come organo esecutivo della regione; e per tipologia, le regioni non possono adottare
regolamenti indipendenti, che cioè intervengono in materie carenti di disciplina, in quanto i regolamenti da
queste adottate devono trovare fondamento in leggi che le abiliti ad adottarli.
CAP 5: Le funzioni amministrative sono attribuite ai comuni salvo che siano conferite a province città
metropolitane. Queste ultime infatti sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con
legge statale o regionale. Le importanti novità sono: il rapporto di tali funzioni con le competenze legislative
(si assiste al superamento del principio per il quale le funzioni amministrative spettano al medesimo ente
che esercita quelle legislative) e tecnica giuridica usata in materia di funzioni amministrative (a differenza
del riparto delle competenze legislative, quelle amministrative sono in buona parte dei costituzionalizzar
te). Ci sono stati diversi problemi di coordinamento tra articolo 118 e 121, ma per superare il problema si è
fatto leva sul principio di sussidiarietà, sostenendo che qualora sia sufficiente che a livello centrale si
svolgano funzioni di indirizzo, sia proprio il suddetto principio ad esigere che lo Stato non si occupi anche
della gestione ma si limiti ad impartire le istruzioni dell’articolo 121. Rispetto l’identificazione del legislatore
competente all’allocazione delle funzioni amministrative: la costituzione continua a non riconoscere alle
regioni competenze sugli enti locali ubicati nel rispettivo territorio; questo apre la strada ad un intervento
sia da parte del legislatore centrale che regionale. Mentre a regime la competenza ad allocare le funzioni
amministrative segue la disciplina generale delle competenze legislative, in sede di prima attuazione spetta
alle legislatore statale. Il principio di sussidiarietà è stato utilizzato ampiamente, in base a tale principio le
funzioni vanno attribuite al livello istituzionale più vicino gli interessati, solo in caso di inadeguatezza
potranno essere conferite a livelli superiori. Abbiamo la declinazione verticale, il rispetto cioè il rapporto tra
enti territoriali, ammette spostamenti verso l’alto di funzioni in issa con prese sulla base del principio di
sussidiarietà cui affianca quelli di adeguatezza e di differenziazione: il primo subordina l’allocazione della
competenza amministrativa in favore di un certo livello territoriale di governo all’idoneità di questo a
svolgerla, il secondo permette di non trattare allo stesso modo enti della medesima categoria. La
declinazione orizzontale, riguarda il pubblico e del privato, trova proprio riconoscimento nell’ultimo comma
della disposizione che impone agli enti territoriali di favorire l’autonoma iniziativa dei cittadini per lo
svolgimento di attività di interesse generale sulla base del principio. L’art. 118 cost non produce effetti solo
tra pubblico e privato, in quanto ne produce anche all’interno dell’ambito pubblico. Con la legge Bassanini
vengono in considerazione tre previsioni in essa contenuto: esclusione dal processo di riallocazione delle
funzioni alle regioni ed agli enti locali dei compiti esercitati in regime di autonomia funzionale delle camere
di commercio eccetera; precisazione che il principio di sussidiarietà comporta l’attribuzione della
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responsabilità pubbliche ad autorità territorialmente più vicine cittadini; il legislatore delegato dovesse
favorire l’assorbimento di funzioni di rilevanza sociale da parte di famiglie ed associazioni.
CAP 7: le autonomie speciali sono il segno più tangibile dell’influenza del modello spagnolo accolto poi
anche dalla nostra costituzione. Risale alla costituzione spagnola infatti l’idea che le autonomie regionali
non debbano avere caratteri di assoluta omogeneità; la differenza tra la soluzione italiana e quella spagnola,
sta nella previsione che accanto alle regioni ad autonomia speciale vi fossero anche delle regioni ad
autonomia ordinaria, tale diversità affonda le sue radici nelle condizioni dei territori degli Stati e dei gruppi
sociali su questi stanziati. In Italia si ricordano movimenti autonomistici presenti in Sicilia, Sardegna e Valle
d’Aosta, che indussero le autorità a sperimentare in tali territori le prime forme di autonomia regionale;
diversa è la situazione dell’alto Adige, che strinse accordi con Italia ed Austria. Con l’art 116 cost sì è
riconosciuto a cinque regioni forme e condizioni particolari di autonomia, secondo statuti speciali adottati
con legge costituzionale. Con la legge costituzionale 2/2001, vengono introdotte importanti modifiche
rispetto al procedimento di revisione degli statuti speciali: l’articolo ha esplicitato la regola che l’iniziativa
aspetti anche al consiglio regionale, ed ha modificato il procedimento di revisione sotto due aspetti:
prevedendo obbligatoria la consultazione del consiglio regionale qualora il progetto di modificazione dello
statuto sia governativa o parlamentare, e sottraendo al referendum confermativo le modifiche dello statuto
speciale. Nella riforma della riforma invece si prevedeva che ci fosse un’intesa tra Stato e regione
interessata che sarebbe dovuto a collocarsi tra la prima e la seconda deliberazione delle due camere, tutto
cioè ebbe però effetto negativo. Tra le forme e condizioni particolari di autonomia, si intende una disciplina
derogatorie che fa riferimento a diversi versanti: 1) organizzazione: il massimo di specialità si registra nella
disciplina dettata dallo statuto del Trentino, con affianco le due province autonomi di Trento e Bolzano, esse
sono divenute il centro gravitazionale dell’ordinamento del tridentino. Significativa è poi la modifica
strutturale del sistema delle assemblee legislative, che prevede il consiglio regionale composto da membri
del consiglio provinciale di Trento e Bolzano; 2) competenza, oltre a quella legislativa e quella integrativa
attuativa, c’è anche quella legislativa piena o primaria e istituzionalizzata; 3) rapporto con lo Stato, in tale
ambito si fa riferimento al regime dei controlli ed il coinvolgimento procedimentale nell’adozione delle
norme di attuazione dello statuto, l’unico istituto che mantiene attualità e dato dal controllo preventivo
sulle leggi regionali siciliane con la clausola di equiparazione; permane invece il coinvolgimento
procedimentale sconosciuto alle regioni di autonomia ordinaria degli statuti. Le norme che li contemplano
prevedono che al procedimento partecipi una commissione paritetica alla quale spetta l’elaborazione della
proposta da sottoporre al governo; 4) regime finanziario, la disciplina prevista dagli statuti speciali ha
anticipato in riferimento il riconoscimento alle regioni speciali del potere di istituire leggi con tributi propri.
Le leggi statutarie, si differenziano dagli statuti regionali ordinarie, sia dal punto di vista procedimentale sia
per i limiti apposti alla competenza. Le leggi statutarie infatti rappresentano un nuovo tipo di fonti del
diritto, a differenza degli statuti ordinari non necessitano della doppia deliberazione dell’assemblea
legislativa, ma basta un’approvazione a maggioranza assoluta. Le leggi statutarie sono poi sottoposte ad un
preventivo referendum confermativo, queste poi sono sottoposte allo stesso controllo preventivo di
costituzionalità previsto per gli statuti regionali ordinari. Per quanto riguarda l’oggetto, la legge statutaria
cumula la competenza delle leggi ordinarie e quella attribuita alle leggi elettorali degli enti stessi. Le regioni
si occupano della forma di governo e della modalità di elezione. L’iniziativa legislativa riguarda solo quella
popolare, il referendum si limita a riconoscere allo statuto il potere di regolare quest’ultimo su leggi e
provvedimenti amministrativi della regione. Invece i limiti si riscontrano nel fatto che le leggi statutarie non
sono tenute solo ad armonizzarsi con la costituzione, ma anche con i principi dell’ordinamento giuridico
della Repubblica. Gli autori della nuova riforma costituzionale, in particolare hanno: mantenuto le
autonomie speciali, la legislazione prevede che sia il legislatore regionale ad avere competenza legislativa
regionale, a differenza del nuovo titolo quinto, gli statuti speciali mantengono il principio del parallelismo
delle funzioni amministrativa e legislativa, controllo sugli enti locali; hanno inoltre previsto in via transitoria
l’applicazione alle regioni che ne sono dotate della nuova disciplina dell’autonomia ordinaria, e infine hanno
ammesso parziale estensione di forme di autonomia speciale a singole regioni ordinarie. La clausola di
equiparazione è invece definita anche di maggiore favore, tesa a riconoscere anche agli enti locali maggiori
poteri propri delle regioni di diritto comune. La funzione della clausola è quella di accrescere gli spazi di
autonomia delle regioni speciali su due versanti: versante delle prerogative (viene in rilievo la regola
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attinente i controlli sulla legislazione e amministrazione) versante delle competenze (la clausola comporta
l’attrazione ad autonomia differenziata di maggiori poteri attribuiti alle regioni di diritto comune dal nuovo
titolo quinto). Abbiamo poi effetti accrescitivi e competenze finalistica in materia di ordinamento della
comunicazione e di tutela della salute ad esempio. Dopo l’entrata in vigore della riforma del titolo V ci si era
domandati se la clausola di equiparazione si rivolgesse solo alle regioni speciali e province autonomi, o se
invece riguarda il complesso delle autonomie. Ebbene si applica alle regioni speciali e non nelle regioni
speciali, ciò non significa che gli enti locali nei territori regionali speciali siano tagliati fuori dalle
competenze, ma che queste per effetto della clausola di equiparazione non devono soggiacere alla regola
del parallelismo delle funzioni. Con l’art 116 cost sì è ottenuto il riconoscimento alle regioni ad autonomia
ordinaria della possibilità di accedere a forme e condizioni particolari di autonomia speciale attraverso
alcuni passaggi: iniziativa della regione, parere degli enti locali, approvazione con legge da adottare a
maggioranza assoluta, intesa tra Stato e regione.
CAP 8: I quattro organi che implicano le funzioni fondamentali delle regioni sono: consiglio regionale,
presidente, giunta, CAL. Questi organi sono detti necessari. Il consiglio regionale, costituisce il parlamento,
è un organo assembleare eletto dal popolo che investe funzione legislativa. I consiglieri regionali sono come
quelli parlamentari, con riferimento al divieto di mandato operativo e al diritto all’indennità. Invece per
quanto riguarda l’insindacabilità, tale garanzia rende esenti anche i consiglieri da ogni responsabilità
giuridica derivante dalle opinioni espresse e nell’esercizio delle funzioni. Altre immunità non sono
riconosciute. Quanto alla verifica dei poteri per la competenza, questa è riconosciuta alle assemblee
rappresentative a valutare i titoli di ammissione dei propri componenti, verificando se sussistano o meno
cause di ineleggibilità o di incompatibilità. I consigli devono articolarsi in commissioni permanenti composte
in modo proporzionale alla consistenza di gruppi consiliari, le commissioni possono svolgere funzioni
redigenti o deliberanti. I gruppi consiliari sono invece organi a struttura associativa corrispondenti ai partiti
nelle cui liste sono stati eletti dai consiglieri come nel parlamento. Il ruolo del regolamento interno
dell’assemblea varia in funzione della struttura che di volta in volta presenta l’organo legislativo; il
regolamento è deliberato solo dal consiglio ed è sottratto da qualsiasi interferenza esterna in ambito
regionale. Gli statuti regionali quindi possono contemplare i regolamenti interni e riservare loro determinati
oggetti. Quanto al funzionamento va menzionata la disciplina riguardante il quorum, poiché gli statuti
prevedono sia quello strutturale sia quello funzionale. Con quello strutturale si individua il numero di
membri necessario alla valida costituzione del collegio, con quello funzionale si fa riferimento alla
maggioranza necessaria per la delibera. Quanto alle funzioni abbiamo in primis: legislativa, statutaria,
approvazione di mozione di sfiducia a, legislativa statale, referendaria statale. A questi si affiancano altre
funzioni: funzione di indirizzo (l’assemblea detta istruzioni o raccomandazioni all’esecutivo); funzioni di
controllo politico sull’esecutivo (inchieste, indagini conoscitive, audizioni ed interpellanze per la valutazione
politica della giunta), potestà regolamentare, funzione di alta amministrazione. La Giunta ha sia un potere
esecutivo, quanto intrattiene un rapporto di responsabilità politica con l’assemblea rappresentativa. La
giunta è fondamentalmente incommensurabile rispetto al governo dello Stato, poiché il presidente di essa
gode di posizione di supremazia rispetto agli altri componenti del collegio, proprio in base al principio di
collegialità e la reiezione del modello ministeriale che trova accoglimento a livello statale. Il presidente della
giunta rappresenta la regione, e qui non abbiamo la mozione di sfiducia, ma la mozione individuale di
censura o di non gradimento. Il presidente, nomina e revoca i componenti della giunta; il potere di nomina
va esercitato entro i limiti fissati dagli statuti, limiti che sono anzitutto di ordine quantitativo. Tra i limiti
invece qualitativi va ricordata la previsione di un componente necessario: il vicepresidente. Ci sono poi dei
dispositivi di stabilizzazione dell’esecutivo: rivolti ad evitare il procedimento finalizzato al voto di sfiducia, a
scongiurare agguati, a ridurre il rischio di crisi ideologiche, a responsabilizzare i parlamentari appartenenti
alla maggioranza di infedeltà. Il funzionamento della giunta si basa sui principi che governano la fissazione
dell’ordine del giorno, la presidenza delle sedute, il numero legale eccetera. Se le votazioni che si svolgono
in giunta si concludono con un pareggio, la prevalenza è riconosciuta all’opzione a favore della quale ha
votato il presidente. Al presidente, la costituzione delega: la rappresentanza della regione, la direzione della
politica dell’aggiunto, la promulgazione di leggi di regolamenti regionali, direzione delle funzioni
amministrative delegate dallo Stato alla regione. Quanto alla giunta si ricordano: attuazione programma di
governo, predisposizione di bilanci e documenti di programmazione economico finanziaria, gestione del
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bilancio e l’amministrazione dei beni della regione, delibera di regolamenti regionali, ratifica, CAL (consiglio
autonomie locali). I CAL rappresentano una new entry nel programma degli organi delle regioni, ad oggi il
consiglio delle autonomie locali è necessario in tutte le regioni, si deve configurare come organo
rappresentativo degli enti locali, esercita funzioni consultive ed è disciplinato dallo statuto. Gli statuti hanno
cercato di valorizzare la funzione consultiva disponendo che per discostarsene sia necessaria la maggioranza
assoluta. Tra le funzioni bisogno: iniziativa legislativa regionale, formulazione di proposte ed osservazione
ad organi della regione, potere di rivolgersi agli organi di garanzia statutaria, potere di procedere alla
designazione dei rappresentanti del sistema delle autonomie locali. La costituzione prevede anche gli
organi di garanzia statutaria, definiti consulte statutarie: sono organi di collegi di tipo amministrativo,
composti da cinque o sette membri eletti dal consiglio regionale. La loro funzione principale è di esprimersi
relativamente la legittimità statutaria di atti normativi o amministrativi, acquista si collegano le valutazioni
di ammissibilità dei referendum regionali e delle iniziative legislative popolari, la formulazione di pareri sulla
disciplina statutaria delle competenze e sui ricorsi che la regione intende proporre alla corte costituzionale.
La funzione di garanzia dell’organo si riflette sulla sua composizione e può adempiere alle funzioni che gli
sono demandate disponendo di competenze tecniche giuridiche. Altri organi previsti dagli statuti sono ad
esempio il consiglio regionale dell’economia e del lavoro, il difensore civico, la commissione per le pari
opportunità.

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