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Nel testo dell’art.118 come novellato dalla cost.3/2001, il riparto delle competenze amministrative avviene
in base al principio di sussidarietà (inteso in senso verticale): le competenze amministrative generali
devono essere affidate all’autorità più vicina ai cittadini ovvero il Comune),in quanto maggiormente in
grado di soddisfarne le aspettative e soltanto in via subordinata qualora lo impongano esigenze di carattere
unitario è possibile passarne la competenza ai livelli di governo successivi(province,città
metropolitane,regioni e stato).Quindi il principio di sussidiarietà verticale postula che il potere proceda dal
basso verso l’alto quasi come un climax appunto andando dai comuni allo stato,in quanto va precisato che
il principio di sussidiarietà implica che la competenza generale vada intestata al livello inferiore ,mentre
solo una funzione precisata e delimitata va imputata al livello superiore. La sussidiarietà può comportare
che alcune funzioni amministrative vengano attratte verso l’alto perché non possono essere esercitate in
basso o perché richiedono un coordinamento centrale.La corte con la famosa sentenza 303/2003 non solo
ha ammesso che lo stato avochi a sé in sussidiarietà una funzione amministrativa di programmazione e
coordinamento ma anche che emani le norme legislative perché una copertura legislativa è imposta dal
principio di legalità.Laddove ai sensi del primo comma lo stato interviene sulla funzione amministrativa
qualora sia necessario per ragioni di unitarietà su queste materie la competenza non spetterà alle regioni
ma necessariamente dello stato.
Il concetto di sussidiarietà è stato introdotto nel nostro ordinamento dal Trattato di Maastricht ed è stato
poi recepito dalla L.59/1997 cosiddetta legge Bassanini che lol ha utilizzato come uno dei principi
fondamentali sulla base dei quali doveva essere attuato il conferimento di funzioni agli enti locali. Si può
fare riferimento al principio di sussidiarietà veriticale citando la legge bassanini 1.Lla legge bassanini si
articola proprio sul principio di sussidiarietà verticale cioè è il caposaldo della leggr bassanini 1 e sarà poi
segnatamente anche la pietra miliare della riforma titolo v perché poi la riforma si instaurerà sulla riforma
bassanini 1 che fissa tra i principi cardine quello della sussidiarietà.
L’art. 118 com.4 consente a tutti gli enti territoriali di avvalersi nell’esercizio delle proprie funzioni,della
collaborazione di soggetti privati giovandosi della loro possibilità di agire con maggior duttilità rispetto agli
altri apparati amministrativi.Detta disposizione costituzionalizza il principio della sussidiarietà orizzontale.
Il senso orizzontale si fonda sul principio che Stato, Regioni, Città Metropolitane, Province e Comuni
devono favorire l’iniziativa dei cittadini, singoli o riuniti in associazioni; il cittadino collabora con le istituzioni
per la definizione degli interventi di tipo collettivo/sociale.
Si può dire quindi che la sussidiarietà impone che lo stato sostenga gli organi più piccoli in quanto più vicini
ai cittadini e ne garantisca al contempo l’ autonomia ;impedisce invece che l’autorità amministrativa e di
governo comprimano gli spazi di libertà riconosciuti alle iniziative private finalizzate alla realizzazione
dell’interesse generale.
Possiamo rintracciare due aspetti per quanto riguarda il principio di sussidiarietà:uno negativo e uno
positivo.
Se facciamo riferimento all’aspetto negativo,ci rifacciamo a un divieto per il soggetto sussidiante di inserirsi
nella sfera d’azione di competenza del soggetto sussidiato finchè quest’ultimo non sia ingrado di agire con i
propri mezzi.
L’aspetto positivo invece è quell’aspetto del principio di sussidiarietà che consiste nel dovere del soggetto
sussidiante di intervenire qualora il soggetto sussidiato abbia difficoltà ad operare nell’ambito della sua
competenza.
Per concludere questa carrellata, a livello di linee generali, sulla riforma del 2001, occorre soffermarsi
sull’art. 119 Cost., che ha operato anch’esso una sorta di rivoluzione per l’autonomia finanziaria.
L’art.119 riconosce l’autonomia finanziaria delle regioni vale a dire la potestà di stabilire e gestire in modo
autonomo le risorse finanziarie di cui necessitano per la realizzazione delle funzioni loro affidate.Ai sensi
dell’art.119,l’autonomia finanziaria attribuita non solo alle regioni ma anche ad enti locali deve essere
esercitata in armonia con i principi costituzionali in materia tributaria e del pareggio di bilancio e nel
rispetto dei principi di coordinamento della finanza pubblica e da parte dello stato del sistema
tributario.Tuttavia la legislazione statale può imporre vincoli alle politiche di bilancio che si traducono in
limitazioni indirette all’automonia di spesa.
Per promuovere lo sviluppo economico,la coesione,la solidarietà sociale,per rimuovere gli squilibri
economici e sociali,per favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona,o per provvedere a scopi diversi
dal normale esercizio delle loro funzioni,lo stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in
favore di determinati comuni,provine,citta metropolitane e regioni
Gli enti territoriali hanno un proprio patrimonio attribuito secondo i principi generali determinati dalla
legge dello stato.Possono ricorrere all’indebitamento solo per finanziare spese di investimento
Le parole ‘’ nel rispetto dell’equilibrio dei relativi bilanci,e concorrono ad assicurare l’osservanza dei vincoli
economici e finanziari derivanti dall’ordinamento dell’ue’’ sono state inserite dalla legge cost.2012 n 1 ai
sensi dell’art.6..Il legislatore ha costituzionalizzato il principio del pareggio di bilancio cioè tale principio
impone all’ordinamento di garantire la parità tra entrate e spese.
L’autonomia finanziaria serve a consentire agli enti locali le funzioni di cui sono titolari.Sta ad indicare il
potere di alcuni enti pubblici di imporre tributi e di utilizzare le risorse finanziarie che l’ente cosi acquisisce.
(tributi ed entrate propri degli enti territoriali costituiscono le risorse finanziarie di cui dispone l’ente
territoriale i tributi sono fissati in maniera autonoma sia mediante l’emanazione di norme legislative che
regolamentari;le entrate sono tutte risorse finanziarie che non hanno natura tributaria.)
Il fondo perequativo istitituito con legge dello stato per i territori con minore capacità fiscale per abitante
comma 3,costituisce uno strumento che dovrebbe compensare eventuali squilibri tra le entrate tributarie
delle regioni;lo scopo è quello di garantire che in tutte le regioni a prescindere dalla capacità di ricavare
risorse fiscali dal loro territorio siano rispettati gli stessi standard nella prestazione di determinati servizi,in
particolare quelli concernenti i diritti sociali.
Il sistema della finanza ordinaria consta sia di entrate proprie delle Regioni che di partecipazioni a
quelle statali riferibili al loro territorio in base al principio della territorialità dell'imposta (per cui
almeno una parte dei ricavato di una imposta deve essere destinato alla comunità che lo ha
generato). In relazione alle entrate proprie degli enti locali la riforma del 2001 ha introdotto
importanti novità. Innanzitutto, l'autonomia finanziaria viene riconosciuta anche in capo ai Comuni
ed alle province oltre che alle Regioni. In secondo luogo, questa indipendenza non copre più solo
l'uso delle risorse (la spesa) ma anche il loro ricavo (l'entrata).
In particolare, agli enti locali è demandato di decidere quali tributi applicare e come farlo nonchè la
loro riscossione. Tuttavia, questa autonomia non è sconfinata perchè soffre almeno due limiti.
Innanzitutto, i principi costituzionali in materia finanziaria (v. 23 e 53 Cost.) che non possono
essere violati. Inoltre, spetta sempre allo Stato dettare le linee di fondo della finanza, anche locale, e
dell'impianto tributario.
Il quarto comma esplicita il principio che, si può ritenere, sta alla base dell'intera disposizione:
quello del finanziamento integrale in ossequio al quale il complesso delle entrate dell'ente locale
(proprie e derivate) deve essere tale per cui l'ente stesso può gestire in autonomia l'esercizio delle
funzioni che gli sono attribuite. Esso, sul versante "esterno", può essere inteso in tal modo: non
possono essere conferite all'ente funzioni cui non sia in grado di far fronte economicamente perchè
tra di esse e le risorse del soggetto pubblico deve esserci un parallelismo.
Il quinto comma disciplina la c.d. finanza straordinaria la quale, cioè, può intervenire a favore di
determinate Regioni (ovvero città o altri enti locali) che versino in situazioni precise, definite oggi
secondo gli standards individuati dalla Comunità Europea nel destinare fondi strutturali.
In sostanza, non esistono zone bisognose a priori perchè collocate in una certa parte del territorio
(ad esempio al sud, come previsto nella precedente formulazione della norma) ma è necessario
verificarne la situazione sulla base di appositi indici della situazione economico sociale. In ogni
caso su queste erogazioni grava un vero vincolo di destinazione rispetto agli scopi enunciati dalla
disposizione in commento. Nel caso del fondo perequativo di cui al precedente comma, invece, ciò
non viene stabilito.