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RIFORMA TITOLO V

Ha completamente mutato l’autonomia legislativa delle


regioni.Il testo precedente elencava le materie su cui le
regioni ordinarie avevano la potestà legislatia(potestà
concorrente),aggiungendo che le leggi statali potevano
delegare ulteriori competenze alle regioni(potestà
attuativa).Ora invece il nuovo art.117 stabilisce : (un
primo comma contiene 2 principi importanti:

 Con l’intervento del costituente nel 2001 si è


equiparato il potere legislativo dello stato e delle
regioni poiché prima del 2001 non era
assolutamente equiparato perché le regioni
avevano solo una competenza concorrente su
materie poco importanti.Poi c’è stata una
rivoluzione perché vi è una parificazione con il 117
tra potestà legislativa statale e potestà legislativa
regionale
 Importante al primo comma è che
PER LA PRIMA VOLTA VIENE SPECIFICATO CHE LA
NORMATIVA INTERNA(STATALE E REGIONALE),DEVE
RISPETTARE NON SOLTANTO I PRINCIPI COSTITUZIONALI,MA
ANCHE I VINCOLI DERIVANTI DALL’ORDINAMENTO
COMUNITARIO.Significa che vi è un riconoscimento espresso
del principio della prevalenza del diritto comunitario su quello
interno.
Collegamento con art.11. nella parte in cui l’art.sancisce che
l’italia consente in condizione di parità con gli altri stati ,alle
limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che
assicuri la pace e la giustizia tra le nazioni.Cosi la corte ha
potuto leggere nell’art.11 un’autorizzazione costituzionale a
cedere parte della sovranità nazionale per aderire in condizioni di
parità alla comunità europea.ma il risultato è che manca una vera
e propria disciplina dei rapporti tra l’ordinamento italiano e
quello europeo :ciò ha comportato che l’intera disciplina sia
stata elaborata dalla giurisprudenza costituzionale.

si può dire che l’art.117 prevede una suddivisione


rigida in quanto al secondo comma prevede:

 Un elenco di materie su cui c’è potestà legislativa


esclusiva dello stato (per esempio affari
esteri,immigrazione,ordine
pubblico,difesa,cittadinanza) si tratta di settori nei
quali la potestà legislativa spetta esclusivamente
allo stato
AL terzo comma prevede:

 Un elenco di materie su cui le regioni hanno potestà


legislativa concorrente (per esempio tutela e
sicurezza sul lavoro,tutela della salute) .Si tratta dei
settori nei quali si assiste a una suddivisione dei
compiti tra lo stato e regioni:al primo posto spetta il
compito di determinare i principi fondamentali
(attraverso le leggi corniceleggi dello stato
contenenti i principi fondamentali di disciplina di
singole materie ai quali le regioni a statuto
ordinario si devono attenere nell’esercizio della
potestà legislativa concorrente,mentre alle regioni
spetta il compito di emanare la legislazione
specifica di settore.(potestà di dettaglio)
 AL quarto comma prevede:

 Potestà legislativa residuale delle regioni. Nelle


materie diverse da quelle riservate alla potestà
legislativa esclusiva dello stato o a quella
concorrente,alle regioni spetta una potestà
legislativa di tipo primario ossia limitata soltanto al
rispetto delle norme costituzionali, europee e
internazionali
Questo è lo schema generale.Ma comprendere
come funziona bisogna tener presente alcuni fattori
ulteriori,che sono messi a punto di continuo
attraverso la prassi e la giurisprudenza della corte
costituzionale:
1. Gli obblighi internazionali.Mentre in precedenza
era solo la legislazione regionale ad essere
tenuta al rispetto degli obblighi internazionali
contratti dallo stato (sia nel senso del divieto di
assumere impegni giurudici nell’ordinamento
internazionale attrsverso l’assicurazione di
trattati, cioè di esercitare il c.d. potere
estero;sia nel senso del divieto di legiferare in
contrasto con gli impegni assunti dallo stato in
sede internazionale.Il nuovo art.117 sembra
parificare la posizione del legislatore regionale
e quello del legislatore statalevincolando
entrambi al rispetto,oltre che degli obblkighi
derivanti dall’ue,anche degli obblighi
internazionali.
Per la prima volta alle regioni viene consentito
(art.117 com 9) di stipulare ‘’accordi con stati e
intese con enti territoriali interni ad altro stato’’
rinviando alla legge statale la disciplina dei casi
e delle forme’’ con cui questa facoltà può
essere esercitata.
2. le interferenze statali nelle materie
regionali.Tra le competenze’’esclusive’’ dello
stato ve ne sono alcune il cui ambito no né
circoscrivibile.Esse tagliano le materie di
competenza regionale(la corte le ha chiamate
materie trasversali),nel senso che le leggi
statali che perseguono tali obiettivi possono
incidere anche in materie riservate alle
regioni.Sono riservate allo stato per esempio la
tutela della concorrenza,l’ordinamento civile e
penale,la tutela dell’ambiente.
3. La potestà legislativa delle regioni speciali:i
vecchi statuti speciali restano formalmente in
vigore:le modifiche apportate dalla legge
cost.2/2001 riguardano la forma di governo ma
non le competenze .Per questo aspetto restano
legati ancora alla logica per cui si elencano le
attribuzioni regionali e non quelle statali come
il nuovo art.117.:essi contengono diversi
elenchi di materie di competenza
regionale,diversi tipi di potestà regionale:
 Piena o esclusiva
 Ripartita o concorrente
 Integrativa o attuatiiva.
.

La riforma del titolo v si limita a introdurre la c.d.


‘’clausola di maggior favore’’ per cui sino
all’adeguamento dei rispettivi statuti,le disposizioni
della presente legge costituzionale si applicano anche
alle regioni a statuto speciali ed alle province
autonome di Trento e di Bolzano per le parti in cui
prevedono forme di autonomia piu ampie rispetto a
quelle già attribuite.(art.10.legge cost.3/2001).
Con la legge 3/2001 la condizione degli enti locali è
cambiata profondamente.Infatti prima di questa
riforma la loro autonomia risultava sostanzialmente
decostituzionalizzata ,visto che le regole e gli
strumenti della stessa erano demandati alle scelte del
legislatore.Con la riforma costituzionale del 2001
l’autonomia di comuni,province,città metropolitane
ottiene la più ampia garanzia costituzionale,a partire
della regione e dello stato.Vi è quindi la garanzia
dell’autonomia di ciascuno di tali enti del potere di
darsi autonomamente un proprio statuto,il quale
stabilisce le norme fondamentali dell’organizzazione
dell’ente.Ma l’innovazione più importante operata dalla
riforma del 2001 consiste nella previsione
costituzionale secondo cui l’amministrazione pubblica
deve essere un amministrazione locale.Infatti
l’art.118 attribuisce che le funzioni amministrative
sono attribuite ai comuni.

. La sussidiarità è un presidio contro un monismo giuridico innanzitutto.

Nel testo dell’art.118 come novellato dalla cost.3/2001, il riparto delle competenze amministrative avviene
in base al principio di sussidarietà (inteso in senso verticale): le competenze amministrative generali
devono essere affidate all’autorità più vicina ai cittadini ovvero il Comune),in quanto maggiormente in
grado di soddisfarne le aspettative e soltanto in via subordinata qualora lo impongano esigenze di carattere
unitario è possibile passarne la competenza ai livelli di governo successivi(province,città
metropolitane,regioni e stato).Quindi il principio di sussidiarietà verticale postula che il potere proceda dal
basso verso l’alto quasi come un climax appunto andando dai comuni allo stato,in quanto va precisato che
il principio di sussidiarietà implica che la competenza generale vada intestata al livello inferiore ,mentre
solo una funzione precisata e delimitata va imputata al livello superiore. La sussidiarietà può comportare
che alcune funzioni amministrative vengano attratte verso l’alto perché non possono essere esercitate in
basso o perché richiedono un coordinamento centrale.La corte con la famosa sentenza 303/2003 non solo
ha ammesso che lo stato avochi a sé in sussidiarietà una funzione amministrativa di programmazione e
coordinamento ma anche che emani le norme legislative perché una copertura legislativa è imposta dal
principio di legalità.Laddove ai sensi del primo comma lo stato interviene sulla funzione amministrativa
qualora sia necessario per ragioni di unitarietà su queste materie la competenza non spetterà alle regioni
ma necessariamente dello stato.
Il concetto di sussidiarietà è stato introdotto nel nostro ordinamento dal Trattato di Maastricht ed è stato
poi recepito dalla L.59/1997 cosiddetta legge Bassanini che lol ha utilizzato come uno dei principi
fondamentali sulla base dei quali doveva essere attuato il conferimento di funzioni agli enti locali. Si può
fare riferimento al principio di sussidiarietà veriticale citando la legge bassanini 1.Lla legge bassanini si
articola proprio sul principio di sussidiarietà verticale cioè è il caposaldo della leggr bassanini 1 e sarà poi
segnatamente anche la pietra miliare della riforma titolo v perché poi la riforma si instaurerà sulla riforma
bassanini 1 che fissa tra i principi cardine quello della sussidiarietà.

L’art. 118 com.4 consente a tutti gli enti territoriali di avvalersi nell’esercizio delle proprie funzioni,della
collaborazione di soggetti privati giovandosi della loro possibilità di agire con maggior duttilità rispetto agli
altri apparati amministrativi.Detta disposizione costituzionalizza il principio della sussidiarietà orizzontale.

Il senso orizzontale si fonda sul principio che Stato, Regioni, Città Metropolitane, Province e Comuni
devono favorire l’iniziativa dei cittadini, singoli o riuniti in associazioni; il cittadino collabora con le istituzioni
per la definizione degli interventi di tipo collettivo/sociale.

Si può dire quindi che la sussidiarietà impone che lo stato sostenga gli organi più piccoli in quanto più vicini
ai cittadini e ne garantisca al contempo l’ autonomia ;impedisce invece che l’autorità amministrativa e di
governo comprimano gli spazi di libertà riconosciuti alle iniziative private finalizzate alla realizzazione
dell’interesse generale.

Possiamo rintracciare due aspetti per quanto riguarda il principio di sussidiarietà:uno negativo e uno
positivo.

Se facciamo riferimento all’aspetto negativo,ci rifacciamo a un divieto per il soggetto sussidiante di inserirsi
nella sfera d’azione di competenza del soggetto sussidiato finchè quest’ultimo non sia ingrado di agire con i
propri mezzi.

L’aspetto positivo invece è quell’aspetto del principio di sussidiarietà che consiste nel dovere del soggetto
sussidiante di intervenire qualora il soggetto sussidiato abbia difficoltà ad operare nell’ambito della sua
competenza.

7. IL “NUOVO” ART. 119.

Per concludere questa carrellata, a livello di linee generali, sulla riforma del 2001, occorre soffermarsi
sull’art. 119 Cost., che ha operato anch’esso una sorta di rivoluzione per l’autonomia finanziaria.

L’art.119 riconosce l’autonomia finanziaria delle regioni vale a dire la potestà di stabilire e gestire in modo
autonomo le risorse finanziarie di cui necessitano per la realizzazione delle funzioni loro affidate.Ai sensi
dell’art.119,l’autonomia finanziaria attribuita non solo alle regioni ma anche ad enti locali deve essere
esercitata in armonia con i principi costituzionali in materia tributaria e del pareggio di bilancio e nel
rispetto dei principi di coordinamento della finanza pubblica e da parte dello stato del sistema
tributario.Tuttavia la legislazione statale può imporre vincoli alle politiche di bilancio che si traducono in
limitazioni indirette all’automonia di spesa.

Per promuovere lo sviluppo economico,la coesione,la solidarietà sociale,per rimuovere gli squilibri
economici e sociali,per favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona,o per provvedere a scopi diversi
dal normale esercizio delle loro funzioni,lo stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in
favore di determinati comuni,provine,citta metropolitane e regioni
Gli enti territoriali hanno un proprio patrimonio attribuito secondo i principi generali determinati dalla
legge dello stato.Possono ricorrere all’indebitamento solo per finanziare spese di investimento

Le parole ‘’ nel rispetto dell’equilibrio dei relativi bilanci,e concorrono ad assicurare l’osservanza dei vincoli
economici e finanziari derivanti dall’ordinamento dell’ue’’ sono state inserite dalla legge cost.2012 n 1 ai
sensi dell’art.6..Il legislatore ha costituzionalizzato il principio del pareggio di bilancio cioè tale principio
impone all’ordinamento di garantire la parità tra entrate e spese.

L’autonomia finanziaria serve a consentire agli enti locali le funzioni di cui sono titolari.Sta ad indicare il
potere di alcuni enti pubblici di imporre tributi e di utilizzare le risorse finanziarie che l’ente cosi acquisisce.

(tributi ed entrate propri degli enti territoriali costituiscono le risorse finanziarie di cui dispone l’ente
territoriale i tributi sono fissati in maniera autonoma sia mediante l’emanazione di norme legislative che
regolamentari;le entrate sono tutte risorse finanziarie che non hanno natura tributaria.)

Il fondo perequativo istitituito con legge dello stato per i territori con minore capacità fiscale per abitante
comma 3,costituisce uno strumento che dovrebbe compensare eventuali squilibri tra le entrate tributarie
delle regioni;lo scopo è quello di garantire che in tutte le regioni a prescindere dalla capacità di ricavare
risorse fiscali dal loro territorio siano rispettati gli stessi standard nella prestazione di determinati servizi,in
particolare quelli concernenti i diritti sociali.

Il sistema della finanza ordinaria consta sia di entrate proprie delle Regioni che di partecipazioni a
quelle statali riferibili al loro territorio in base al principio della territorialità dell'imposta (per cui
almeno una parte dei ricavato di una imposta deve essere destinato alla comunità che lo ha
generato). In relazione alle entrate proprie degli enti locali la riforma del 2001 ha introdotto
importanti novità. Innanzitutto, l'autonomia finanziaria viene riconosciuta anche in capo ai Comuni
ed alle province oltre che alle Regioni. In secondo luogo, questa indipendenza non copre più solo
l'uso delle risorse (la spesa) ma anche il loro ricavo (l'entrata).

In particolare, agli enti locali è demandato di decidere quali tributi applicare e come farlo nonchè la
loro riscossione. Tuttavia, questa autonomia non è sconfinata perchè soffre almeno due limiti.
Innanzitutto, i principi costituzionali in materia finanziaria (v. 23 e 53 Cost.) che non possono
essere violati. Inoltre, spetta sempre allo Stato dettare le linee di fondo della finanza, anche locale, e
dell'impianto tributario.

Il quarto comma esplicita il principio che, si può ritenere, sta alla base dell'intera disposizione:
quello del finanziamento integrale in ossequio al quale il complesso delle entrate dell'ente locale
(proprie e derivate) deve essere tale per cui l'ente stesso può gestire in autonomia l'esercizio delle
funzioni che gli sono attribuite. Esso, sul versante "esterno", può essere inteso in tal modo: non
possono essere conferite all'ente funzioni cui non sia in grado di far fronte economicamente perchè
tra di esse e le risorse del soggetto pubblico deve esserci un parallelismo.

Il quinto comma disciplina la c.d. finanza straordinaria la quale, cioè, può intervenire a favore di
determinate Regioni (ovvero città o altri enti locali) che versino in situazioni precise, definite oggi
secondo gli standards individuati dalla Comunità Europea nel destinare fondi strutturali.
In sostanza, non esistono zone bisognose a priori perchè collocate in una certa parte del territorio
(ad esempio al sud, come previsto nella precedente formulazione della norma) ma è necessario
verificarne la situazione sulla base di appositi indici della situazione economico sociale. In ogni
caso su queste erogazioni grava un vero vincolo di destinazione rispetto agli scopi enunciati dalla
disposizione in commento. Nel caso del fondo perequativo di cui al precedente comma, invece, ciò
non viene stabilito.

L’art.119 prevede anche la possibiltà che lo stato attribuisca a comuni,province,città metropolitane e


regioni delle risorse aggiuntive per:

 Promuovere lo sviluppo economico,la solidarietà sociale


 Rimuovere gli squilibri economici e sociali
 Favorire l’effettivo eserciziio dei diritti della persona
 Proveddere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni.
Tali risorse caratterizzate da un vincolo di destinazione essendo erogate per il perseguimento di
finalità esplicitamente enunciate,si differenziano dal fondo perequativo che non è sottoposto ad
alcun vincolo.

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