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In realtà, lo scopo della Costituzione era ben diverso e molto più importante di
quanto si potrebbe, a prima vista, pensare. Si voleva cioè evitare che argomenti di
tale importanza fossero lasciati alla discrezionalità degli organi amministrativi,
della polizia ad esempio, o delle direttive ministeriali o governativa. Insomma, si
voleva evitare il ripetersi dell’esperienza del fascismo dove un ministro qualsiasi o
il capo dell’esecutivo avrebbero potuto calpestare i diritti dei cittadini.
La seconda conseguenza: la riserva di legge si riferisce non solo alla legge del
Parlamento ma anche a quella del Governo, ossia al decreto legge e al decreto
legislativo. Questi ultimi infatti, pur essendo atti dell’Esecutivo, restano
comunque soggetti al controllo del Parlamento, con la legge di conversione (nel
caso del decreto legge) o la legge delega (nel caso del decreto legislativo).
La terza: la presenza della riserva di legge impone che la disciplina generale sia
regolamentata da una legge, ma nulla toglie – come vedremo meglio nel
successivo paragrafo – che, per la definizione dei dettagli più tecnici, la legge rinvii
a sua volta a un atto amministrativo come, ad esempio, un decreto ministeriale.
La quarta: la riserva di legge non può essere assolta con leggi regionali ma solo
statali.
Secondo alcuni, tuttavia, l’idea che il Governo, senza confronto con le minoranze e
senza dibattito parlamentare, possa intervenire, adottando atti aventi forza di
legge, in materia di diritti fondamentali, sia assolutamente inaccettabile, perché in
contrasto con la ratio stessa della riserva che risiederebbe:
È stato evidenziato come l’istituto della riserva di legge sia già da tempo oggetto
di trasformazione per effetto di due differenti processi che stanno trovando
applicazione nell’ambito del nostro ordinamento: