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LA PROVA DI
LINGUA INGLESE
PER LA SCUOLA PRIMARIA
E PER LA SCUOLA DELL’INFANZIA
CONCORSO a CATTEDRE
2012
Manuale per la
preparazione alle
prove scritte e orali
di lingua inglese
LIB R I PIÙ
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SIMONE
EDIZIONI
dicembre 2012
526/A1 • L
a prova di lingua inglese per la scuola primaria e dell’infanzia. Concorso a
cattedre 2012
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La pubblicazione di questo volume, pur curato con scrupolosa attenzione dagli Autori e dalla re-
dazione, non comporta alcuna assunzione di responsabilità da parte degli stessi e della Casa edi-
trice per eventuali errori, incongruenze o difformità dai contenuti delle prove effettivamente som-
ministrate in sede di concorso.
Premessa
Capitolo 1
L’insegnamento precoce della lingua stra-
niera in Italia
i n I ta l i a
(“Non esiste prova alcuna che lo studio della LS avviato in età precoce conduca
a migliori risultati nel profitto” Stern, anni 70 - “Solo la variabile «tempo» ac-
quista rilevanza nello studio precoce della lingua” Carrol, stesso periodo), oggi
è opinione generalizzata dei linguisti che il periodo di età compresa tra i 4 e i
10 anni sia quello in cui le lingue (anche più lingue contemporaneamente) si
imparino con minore sforzo, con migliore e duratura pronuncia. Si ritiene, inol-
tre, che tale studio migliori l’intelligenza in generale e le capacità di apprendi-
mento delle altre discipline, tra cui la stessa lingua materna, oltre a ingenera-
re un habitus di curiosità ed apertura mentale nei confronti di culture diverse.
Lo stesso Titone, già nel 1973, scriveva il libro Bilingui a tre anni (Armando Edi- 7
tore) che appare emblematico, e il fondatore dell’industria giapponese Sony,
Masaru Ibuka, pur non essendo né un pedagogista né un educatore di profes-
sione, sulla base delle sue esperienze con il figlio disabile, dimostrò l’utilità
della precocità non solo nell’apprendimento delle lingue, ma anche in quel-
lo dell’uso del violino, o dei pattini e divenne direttore dell’ “Associazione per
l’educazione precoce” di Tokio e della “Talent Education” di Matsumoto che ha
“allevato” ormai migliaia di violinisti al di sotto dei 6 anni.
Contemporaneamente ci sono insegnanti nel nostro Paese che hanno difficoltà
nell’accogliere in prima classe un uditore con soli pochi mesi meno dell’età “legale”.
In verità hanno ragione entrambi, perché a tre anni si può anche imparare a
suonare il violino ma a condizione che il violino sia piccolo, adatto alle piccole
mani e che la metodologia sia calibrata per quella età; la stessa cosa non può
farsi in una scuola strutturata con obiettivi e metodologie ben diverse.
Per quanto attiene allo specifico “lingue straniere” si avranno insuccessi (come
pare sia avvenuto in Inghilterra) se i docenti non sapranno mettere al centro
della loro attenzione il bambino, con la sua età, con i suoi interessi e abilità, ma
metteranno al centro “la lingua straniera”, riproponendo, a volte in buona fede,
a volte inconsciamente, le stesse metodologie grammaticali o nozionali, o an-
che nozionali-funzionali che a loro volta essi hanno “subito” precedentemente.
Parte I
Più è precoce l’apprendimento linguistico, più esso deve essere di tipo comunicativo,
ludico, “naturale”, empatico e gioioso. Solo in questo caso i risultati saranno positivi.
Il panorama europeo offre una varietà interessantissima di esperienze relative
all’ insegnamento delle lingue straniere, sia per quanto attiene alla scelta della
lingua da insegnare, sia per quanto riguarda insegnanti e metodologie da utiliz-
P r i n c ipi t e o r i c i g e n e r a l i
zare, sia per quanto si riferisce all’ età dei discenti e alle ore di insegnamento.
Quali errori chi insegna lingue, particolarmente nella scuola primaria (o in
tutti i casi in cui si cominci ad insegnare una lingua straniera), non deve com-
mettere per non innescare processi talora irreversibili di rigetto o disaffezio-
ne nell’apprendimento linguistico?
È fondamentale tenere presente il motto latino: PRIMUM NON LAEDERE cioè,
innanzitutto non arrecare danni, perché quasi sempre questi danni saranno o
irreparabili o la loro correzione costerà moltissimo.
Ecco quali sono gli errori da evitare:
— l’apprendimento mnemonico sistematico di regole grammaticali;
— l’apprendimento mnemonico di elenchi di parole fuori contesto;
— la traduzione letterale di frasi isolate e fuori contesto;
— lo svolgimento di esercizi strutturali non motivati da un contesto o da un’esi-
genza concreta (anche indotta);
— la somministrazione di nozioni di letteratura o di cultura del popolo stra-
niero, non giustificata da una esigenza reale della situazione o da un desi-
derio conoscitivo (anche indotto) degli alunni;
— la pura e semplice ripetizione di brani o frasi tratte dal libro di testo, sen-
8 za un creativo adattamento personale o situazionale.
Vi sono ancora altre abitudini da considerare errate, anche se per alcuni non
lo sono affatto, come abituare a scrivere sistematicamente sul libro di testo la
traduzione del lessico sconosciuto e scrivere sistematicamente, accanto alla
parola straniera, la pronuncia.
Alcuni, infatti, sostengono che scrivere la traduzione o la pronuncia accanto
alla parola straniera (o su un foglio a parte) sia fondamentale per consentir-
ne l’apprendimento.
Invece, se i termini sconosciuti vengono introdotti con gradualità (il che signi-
fica non più di 5 o 6 parole nuove per ogni lezione), e se la traduzione e la pro-
nuncia vengono legate ad un’emozione (mimica, tono, canto, gioco, etc.), il pic-
colo sforzo di memoria che l’alunno deve compiere per ricordare serve a fis-
sare più stabilmente l’apprendimento.
Al contrario, l’aver delegato agli appunti l’impegno di “ricordare” la pronuncia
e la traduzione, induce ad abituarsi a queste “stampelle mnemoniche” senza le
quali difficilmente si riuscirà a procedere autonomamente.
Ma l’errore più grave che, se commesso, porterà quasi certamente all’insucces-
so nell’apprendimento della lingua straniera e in un atteggiamento di rifiuto
del discente è quello di gestire male il primo incontro con gli alunni.
C1
Se essi percepiranno lo studio della lingua straniera come un ulteriore “peso”
da sopportare, o come qualcosa di difficile, complicato, o, viceversa, di bana-
le, stupido, poco interessante, allora sarà molto arduo in quella classe ottene-
re risultati qualitativamente significativi.
Anche Burstell afferma che la motivazione è fattore primario.
Ed ecco come è possibile per l’insegnante suscitarla:
i n I ta l i a
— “legando” abitualmente ogni lezione ad esigenze di vita concreta, ad espe-
rienze reali degli alunni o attualizzando le situazioni necessariamente lon-
tane dall’esperienza degli alunni;
— “legando” quanto più possibile l’apprendimento a sensazioni emotive e an-
che ad attività corporee (movimento, espressività corporea, mimica, into-
nazione della voce, etc.).
In una parola, evitando che la lezione sia una “lezione” o uno studio “lezioso”,
bensì un formidabile gioco di curiosità, creatività ed emotività che, solo con
la maturità degli anni successivi, potrà poi trasformarsi in studio sistematico. 9
spesso continuerà per tutta la vita, se non altro perché è in tenera età che si
formano le abilità degli organi fonatori. Ecco perché è importante che l’inse-
gnante, oltre a seguire le indicazioni ministeriali, debba innanzitutto preoccu-
parsi sia della corretta pronuncia della lingua madre sia delle lingue straniere.
Nelle scuole successive sarà molto più facile insegnare una corretta pronun-
cia in lingua straniera a chi nulla sa di tale lingua, che cancellare o modificare
abitudini di pronuncia errate.
Approfondimento
La lingua inglese è entrata a far parte integrante nell’attività della scuola pri-
maria già da lungo tempo e molte sono le sesperienze positive che si registrano
in proposito. Tuttavia, gli insegnanti sembrano generalmente restii ad insegnare
10 aspetti legati alla pronuncia in modo sistematico, perché ritengono che possa
risultare troppo difficile o noiosa per i bambini.
In realtà sarebbe forse auspicabile annoverare come prassi, tra le tante buone
pratiche esercitate dagli insegnanti, alcune attività propedeutiche alla corretta
pronuncia dei suoni con il conseguente uso della fonologia in classe. In questo
senso il percorso formativo glottodidattico degli insegnanti che opereranno nella
scuola primaria, potrebbe approfondire questo aspetto linguistico lasciato forse
un po’ in disparte.
L’applicazione sistematica e concreta della fonologia ha lo scopo di favorire un’ac-
quisizione più consapevole della lingua straniera in generale ed in particolare
della lingua inglese, aiutando gli allievi a discernere autonomamente i differenti
suoni abbinandoli ai differenti significati.
Recentemente, in alcuni libri di testo per la scuola primaria si nota l’inserimento
sistematico di attività legate ai vari fonemi e ciò rappresenta uno spunto interes-
sante da cui partire con i propri alunni in classe.
Nel testo che segue, illustrerò, attraverso un’attività sperimentata in aula, come
in realtà insegnare la pronuncia sfruttando la fonologia e i suoi simboli, possa
essere utile, divertente ed appagante sia per gli alunni che per gli insegnanti.
C1
1. Cos’è la fonologia?
La fonologia si occupa delle modalità dei suoni e della pronuncia nel linguaggio.
Crystal (1995:236) afferma che le origini della lingua scritta hanno le loro radici
nella lingua parlata e non viceversa. La fonologia è lo studio del sistema dei suoni
del linguaggio e delle proprietà che lo regolano. La pronuncia dei suoni può essere
analizzata da due punti di vista: quello della fonetica e quello della fonologia. La fo-
i n I ta l i a
produrre, è un suono distintivo che non può essere sostituito da un altro senza
causare appunto una variazione di significato. Quando parliamo di sistema dei
suoni ci riferiamo al numero di fonemi che sono usati nel linguaggio e di come
essi sono organizzati (Crystal 1995:236).
2. Fonologia e metodologia
Uno dei compiti dell’insegnante di lingua inglese è quello di aiutare gli studenti
ad interpretare il sistema dei suoni. La lingua inglese presenta 44 fonemi, ma
un numero inferiore di lettere per rappresentarli; è quindi importante aiutare gli
11
allievi a produrre correttamente i suoni attraverso attività specifiche: ad esempio
l’uso dello specchio per osservare la propria bocca nell’ atto di pronunciare o della
mano appoggiata sulle corde vocali per distinguere suoni sonori da suoni sordi.
Dato che raramente esiste una sola corrispondenza tra l’alfabeto scritto di una
lingua e il relativo sistema di suoni, i fonemi di una lingua sono rappresentati da
simboli che vengono scritti tra barre /p/ (1). L’inglese britannico, nella codifica-
zione standard Received Pronunciation (RP), ha quarantaquattro fonemi distribuiti
in ventiquattro consonanti e venti vocali. A scopo didattico i fonemi sono spesso
raccolti in griglie o phonemic charts. Nella codificazione internazionale The In-
ternational Phonetic Alphabet (IPA) (2) i simboli sono invece scritti tra parentesi
quadre: [t] (3) (Thornbury 2006: 161-163).
(1) Gimson A.C. è l’autore di uno dei sistemi di simboli grafici più usati.
(2) Approfondimenti disponibili in: http://weston.runter.net/projects/ipa-chart/view e in: Roach P., 2001,
Phonetics, Oxford: Oxford University Press.
(3) Questi due diversi tipi di parentesi rappresentano in realtà due diversi approcci alla pronuncia: la parente-
si quadra si riferise al suono visto dal punto di vista fonetico, ossia puramente come suono senza considerarne
il ruolo all’interno del sistema dei suoni. Le barre oblique sono invece usate quando il suono è discusso da un
punto di vista fonologico, cioè come parte di un sistema di suoni, senza porre attenzione a come viene artico-
lato (Crystal 1995:236-237).
Parte I
Lo studio dei suoni della lingua è importante in quanto una pronuncia corretta e
intellegibile è fondamentale al fine di poter realizzare una conversazione efficace,
che permetta di farsi comprendere, di comprendere a propria volta e di affrontare
più facilmente anche il procedimento di lettura. Nixon e Tomlinson (2005:9)
affermano che esistono due tipi di competenza linguistica: la prima, condivisi-
P r i n c ipi t e o r i c i g e n e r a l i
i n I ta l i a
quindi a rischio di fossilizzazione.
4. Attività
Nella pratica didattica sono molte le attività che si possono realizzare in classe e
che si prestano ad un uso sistematico e coinvolgente (4). Ad esempio, è possibile
stimolare gli studenti ad abbinare termini noti a vocaboli nuovi ma simili nella
pronuncia, oppure si può scegliere una frase nota e farla ripetere assegnandole
espressioni legate a diversi stati d’animo: in questo modo gli allievi imparano
ad attribuire diverse intonazioni a diversi significati ad esse collegati. L’uso di
filastrocche ripetute in varie modalità è poi sempre gradito e permette di la- 13
vorare sull’intonazione. Almond (2007:25-26) consiglia di iniziare ogni attività
con degli esercizi facciali per aiutare i bambini, o gli adulti, a familiarizzare con
l’apparato vocale. Nella scuola primaria questo tipo di preparazione diverte molto
ed aiuta l’insegnante ad introdurre l’esercizio di pronuncia in modo accattivante.
Harmer (2001:255-259) indica, tra le varie attività possibili, il Bingo come un
valido strumento per aiutare gli studenti a fissare la corretta pronuncia dei termi-
ni contenenti i suoni più difficili, mentre consiglia l’uso dei Cuisendire Rods per
insegnare ad individuare lo stress nella frase. Si tratta, in questo ultimo caso,
di rappresentare ogni parola con un pezzo dei rods a seconda del colore e della
lunghezza: il pezzo più lungo segna lo stress d’intonazione. Questa esercitazione
in particolare risulta molto utile nella scuola primaria perché permette di mani-
polare la lingua in modo concreto e divertente.
Scrivener (1994:293) suggerisce tra le attività utili all’apprendimento della pro-
nuncia l’uso della poesia.
Nella scuola primaria i libri di testo offrono una grande varietà di brevi testi po-
etici in rima che si prestano ad un’infinità di esercizi divertenti e coinvolgenti.
i n I ta l i a
di trasformare il contenuto del mio insegnamento nelle regole di un gioco vero
e proprio che ha entusiasmato i bambini fin dall’inizio. Ho scelto, tra le tante
disponibili, una Phonemic Chart (6) che abbinasse l’immagine di un oggetto al
simbolo fonetico, in modo da renderne più facile il riconoscimento. Per prima
cosa ho riprodotto ogni simbolo su larga scala in modo da formare via via un
alfabeto fonetico murale da tenere esposto in classe. Ho considerato le vocali
come punto di partenza perché sono i suoni più interessanti da riprodurre. Crystal
(1995:237-238) puntualizza che esistono circa venti vocali e la qualità dei loro
suoni può variare considerevolmente in rapporto all’ accento. Da un punto di vista
fonologico le vocali sono unità di suono che occupano il centro o nucleo della 15
sillaba come nella parola /kæt/, mentre le consonanti si trovano alle estremità
della sillaba come si può vedere nel precedente esempio. Le vocali producono una
vibrazione nelle corde vocali e la diversa risonanza è prodotta dalla forma assunta
dalla bocca e dalla posizione della lingua all’interno dell’apparato orale. Queste
caratteristiche rendono i fonemi vocalici estremamente affascinanti agli occhi dei
bambini perché si prestano ad attività inconsuete come ad esempio indovinare
se si tratta di un suono sonoro e trovare il punto sulle corde vocali dove suona di
più. Ho presentato i simboli due per volta in modo da formare coppie minime, che
gli stessi alunni hanno facilmente suggerito semplicemente frugando nel proprio
bagaglio lessicale. Ho invitato i bambini a scegliere parole monosillabiche in
quanto contenenti un solo fonema vocalico e pertanto più semplici da utilizzare
nella successiva fase di abbinamento lettera-simbolo fonetico. In questo stadio è
importante che l’insegnante mantenga vivo l’aspetto ludico dell’ attività, avendo
cura di presentare in modo accattivante ogni simbolo e rimandando sempre gli
alunni all’idea del codice segreto. È stata così realizzata una banca dati conte-
nente tutti i simboli fonetici e le parole ad essi abbinate scelte dai bambini. Gli
i simboli fonetici, da scambiare con i compagni che a loro volta dovevano deco-
dificare in lettere o, come dicevano i bambini, “in inglese vero”. Questa attività
è stata giudicata particolarmente divertente […].
Le attività che si possono mettere in pratica utilizzando i simboli fonemici sono
comunque molteplici e tutte molto divertenti. Ad esempio è molto efficace orga-
nizzare una caccia al tesoro dove le istruzioni sono trascritte in fonemi. Gli alunni
divisi in gruppi (secondo il numero degli allievi nella classe) si lanciano nella
decodifica dei simboli con grande entusiasmo e mettono in pratica, giocando, ciò
che apparentemente potrebbe sembrare noioso o magari difficile. È sorprendente
infatti come i bambini riescano ad apprendere un aspetto così tecnico della lin-
gua senza il minimo sforzo; inoltre il lavoro in gruppo si presta anche a situazioni
di cooperative learning (Cohen1999), che mettono gli allievi più deboli a proprio
agio e in condizione di partecipare al gioco senza esclusioni.
Questa attività che io ho denominato laboratorio di fonologia, ha coinvolto i
bambini in modo specifico per un’ora alla settimana per tutto l’anno scolastico;
tuttavia i bambini stessi hanno trovano il modo di utilizzare i simboli fonetici
anche durante le altre attività previste dal programma, dimostrando tra l’altro
di saper utilizzare i simboli come strumento per decodificare parole nuove. At-
tualmente sto lavorando come insegnante specializzata e questo mi dà modo di
16
operare collegamenti anche con la lingua italiana. Gli allievi intervengono spesso
trovando connessioni fonetiche nelle parole italiane e ritrovando l’esistenza di
alcuni fonemi nella propria lingua madre. Naturalmente ogni bambino è un mondo
a sé, che opera secondo attitudini e stili (7) personali e pertanto non tutti ap-
prendono allo stesso modo l’argomento, tuttavia ho potuto osservare che tutti gli
allievi acquisiscono la consapevolezza che il suono delle lettere varia e determina
una diversità di significato e questo è senza dubbio un primo passo verso quella
awareness (8)che è indispensabile per produrre una comunicazione efficace.
Conclusioni
Quando si considera la scuola primaria, l’immagine che immediatamente ci appare
è quella relativa a bambini piccoli che iniziano un percorso ex-novo. In realtà essi
entrano a far parte della comunità scolastica con un bagaglio di conoscenze mol-
to vario; l’inglese è già entrato nel loro mondo fin dalla prima volta che si sono
(7) Per approfondimenti sulla Teoria dell’intelligenza multipla: Gardner, H., 1993. Multiple Intelligences: The
Theory in Practice, New York: Basic Gardner, H., 1983. Formae mentis. Saggio sulla pluralità dell’intelligenza,
Milano: Feltrinelli.
(8) Consapevolezza.
C1
avvicinati ad un computer, hanno visto uno spot pubblicitario o hanno ascoltato
una delle tante canzoni in lingua inglese che accompagnano la vita di tutti i
giorni. Certo, non si tratta di conoscenze consapevoli, ma sicuramente contribui-
scono a tracciare dei segni nelle loro menti. La scuola non può e non deve trascu-
rare questo aspetto importante, se si vuole considerare l’alunno realisticamente
in rapporto al suo mondo. Si tratta di un mondo variegato, ricco di strumenti
i n I ta l i a
da un punto di vista diverso ciò che in molti casi già sapevano, e renderli più
autosufficienti nel loro apprendimento. L’inserimento della fonologia nel curricolo
di lingua inglese ha comportato una variazione nel mio modo di insegnare, che
è andato di pari passo con le nuove abilità degli alunni: sono così stati in grado
di formulare nuove domande, che hanno a loro volta determinato nuove attività
didattiche e nuovi collegamenti con altre discipline, in particolare con la lingua
italiana. I bambini hanno acquisito in molti casi una notevole consapevolezza
fonetica ed affrontano la lettura del testo in lingua inglese con minore difficoltà
rispetto a prima: ora leggono il significato (?) ed hanno imparato ad attribuire il
giusto suono alla lettera scritta senza fermarsi all’ apparenza grafemica.
17
(da La formazione in lingua inglese dei
docenti di scuola primaria. Esperienze e proposte - MIUR)
Ufficio scolastico regionale per il Veneto
Parte I
Capitolo 2
L’apprendimento della lingua straniera
P r i n c ipi t e o r i c i g e n e r a l i
1. La comprensione orale
Un messaggio è tanto più efficace (cioè compreso, coinvolgente) o didatti-
co (capace di indurre processi di apprendimento e/o consolidamento) quan-
to più esso è:
— adeguato all’età, al livello d’istruzione, al retroterra culturale di chi ascolta;
— formulato con un codice linguistico riconoscibile;
— corredato di elementi paralinguistici che ne completino la comprensione o
la rendano possibile allorché il solo codice linguistico risultasse poco chiaro;
— capace di suscitare interesse personale o appagante.
L’ascolto (come anche la lettura) può essere finalizzato, fondamentalmente:
— per capire le linee generali, lo scopo di un messaggio. (Ascolto globale);
— per individuare alcune informazioni particolari, alcuni dettagli: a che ora
18 si arriva o si parte, in quale luogo si ha un appuntamento etc. (Ascolto selet-
tivo);
— per recepire al massimo tutto il messaggio, in generale e nei particolari
come quando dobbiamo, per esempio, capire le istruzioni di montaggio,
etc. (Ascolto intensivo).
È importante evidenziare che la sperimentazione su classi diverse e in un arco
temporale piuttosto vasto e recente ha portato a preferire spesso la sostitu-
zione della prima fase con un’altra che si può definire “effetto sorpresa”, con-
sistente appunto nel non fornire spiegazioni prima, non parlare in lingua ma-
dre, ma “catturare l’attenzione” degli ascoltatori con la suggestione della lin-
gua straniera supportata da un coinvolgimento mimico, gestuale, emoziona-
le tale da destare la massima attenzione, in un breve periodo di tempo. Curio-
sità e interesse sono le “molle” dell’apprendimento che solo a posteriori deve
essere didascalico, ma sempre coinvolgente e empatico.
Presupposto fondamentale è, in ogni caso, il massimo silenzio degli ascoltato-
ri (anche il silenzio va insegnato), unito a piccoli “trucchi del mestiere” quale
quello di non prolungare la fase di ascolto per più di pochi minuti, o di non stare
fermi in una posizione (dietro la cattedra, ad esempio) ma spostandosi per co-
stringere inconsciamente gli ascoltatori a seguire l’insegnante costantemente.
C2
2. La produzione orale
Perché avvenga la “produzione orale” sono necessarie:
— la conoscenza di un numero adeguato di espressioni linguistiche per “dire”
qualcosa;
— la conoscenza degli elementi caratteristici della lingua (pronuncia, intona-
L ’ a pp r e m n d i m e n t o d e l l a
zione, ritmo);
— la conoscenza cosiddetta “paralinguistica” cioè delle capacità comunicati-
ve non propriamente legate alla parola (gesti, mimica, espressione etc.);
— la conoscenza della situazione comunicativa, cioè dello specifico obiettivo
lingua straniera
che vogliamo raggiungere nei confronti di uno specifico interlocutore, in una
specifica situazione (voglio convincere, stupire, assecondare, blandire etc.).
In altri termini chi insegna lingue deve essere consapevole che chi parla, pri-
ma di farlo, dovrà scegliere cosa dire e come dirlo (in relazione all’interlocu-
tore, alla situazione, allo scopo etc.). Mentre parla dovrà curare sia gli aspetti
contenutistici, sia quelli formali (pronuncia, intonazione, pause etc.) che pa-
ralinguistici.
Questo è il motivo per cui molti docenti rilevano una grande difficoltà da par-
te di alcuni alunni ad esprimersi oralmente.
Questo accade in quanto subentra una sorta di paura del ridicolo sia nei con-
fronti dei compagni più pronti o più bravi (timore di non essere all’altezza),
che nei confronti dei meno bravi (poiché questi sarebbero pronti a cogliere e
sottolineare gli errori altrui per giustificare i propri), considerando anche la
sonorità inusuale tipica di qualsiasi lingua straniera. 19
Particolarmente nella scuola primaria è appropriato l’uso dei tempi più “sem-
plici” (presente, passato, futuro, participio passato, infinito), ma è importan-
te abituare gli alunni fin dall’inizio ad usare gli articoli giusti al posto giusto e
la corretta pronuncia.
Particolare rilievo per la formazione dell’abilità di produzione orale riveste la
drammatizzazione, che molti insegnanti non affrontano o posticipano a tem-
po indeterminato. Invece è bene incentivarla sin dai primi approcci, incorag-
giando i “primi voli” e invitando successivamente ad una produzione sempre
più slegata dalla ripetitività, e sempre più creativa.
3. La comprensione scritta
Anche per la lettura si può ripetere ciò che è stato detto per l’ascolto, ma con
il vantaggio di poter determinare il tempo per rileggere, ripensare, meditare,
confrontare, collegare, reinterpretare ciò che si è letto.
Come già detto per l’ascolto, le modalità di lettura possono essere globale, se-
lettiva, intensiva, ma anche “estensiva”, cioè finalizzata al piacere personale,
al rilassamento (un parallelismo nell’ascolto lo potremmo trovare in una nin-
na-nanna, una filastrocca etc.).
Parte I
Qualcuno ha definito la lettura come un «indovinello psicolinguistico» nel sen-
so che, consapevolmente o inconsapevolmente, cerchiamo nel testo risposte
alle nostre domande, ovvero è la lettura stessa che le pone a noi.
Certamente (come nell’ascolto avviene per l’aspetto, il tono, la mimica del par-
lante) la lettura è molto influenzata dal titolo, dal carattere di stampa, dalle il-
P r i n c ipi t e o r i c i g e n e r a l i
4. La produzione scritta
La produzione scritta non solo presuppone la capacità di formulare un mes-
saggio che tenga conto di quanto già detto per la produzione orale, ma anche
l’abilità di saper:
— scrivere in modo grammaticalmente corretto. (Aspetto formale);
— scrivere in modo leggibile. (Aspetto grafico: calligrafia, ortografia, punteg-
20 giatura);
— esprimere compiutamente il proprio messaggio, possibilmente con origi-
nalità ed efficacia. (Aspetto contenutistico).
In realtà è una cosa complicata, che presuppone la padronanza di diverse abi-
lità e che, a differenza dell’espressione audio-orale, non consente ripensamen-
ti, ripetizioni, balbettii di circostanza, pause, mimica.
Al contempo, sia per la “magia” con cui la scrittura riesce a “fissare” ciò che si
pensa, sia perché produce un “documento” tangibile e ostentabile, è un’abi-
lità con cui la maggioranza dei bambini ha desiderio precoce di cimentarsi.
Nella scheda di valutazione attualmente in uso nella scuola primaria manca un
indicatore riguardante l’abilità della scrittura, e i programmi vigenti testual-
mente recitano: “Successivamente ci si potrà avvalere, con opportuna gradua-
lità, anche di materiali che propongono all’alunno esempi molto semplici di
lingua scritta (…) attraverso tale fase (…) l’alunno diverrà capace, senza inde-
bite forzature, anche di una elementare produzione scritta”.
Solitamente i libri di testo per le scuole primarie sono concepiti anche in tale
funzione e offrono diverse possibilità di ricopiatura, sostituzione di parole, cru-
civerba, anagrammi, abbinamenti di frasi e risposte, tabelle, questionari, per
arrivare infine alla formulazione di un testo libero.
C2
Soprattutto i fautori del metodo comunicativo suggeriscono all’insegnante di
essere “elastico” nell’evidenziare gli errori che l’alunno commette con la scrit-
tura perché è importante che la comunicazione ci sia, e poi non bisogna fru-
strare i primi tentativi. In realtà, forse è meglio fare in modo che l’alunno sia
messo nella condizione di non compiere errori (utilizzare il lessico già acqui-
sito, ripetere schemi comunicativi consolidati etc.) ma se gli errori appaiono
L ’ a pp r e m n d i m e n t o d e l l a
bisogna che lo studente li individui e li corregga.
La concordanza relativa al genere dei nomi, la corretta scrittura delle parole
(che gli alunni sono portati a scrivere così come si pronunciano) devono essere
corrette perché non divengano abitudini e ingenerino mancanza di chiarezza.
lingua straniera
Circa l’uso dei verbi si può essere più tolleranti, ma va proposta sempre la for-
mulazione corretta. Alcuni libri di testo di qualche anno fa includevano in ap-
pendice le tavole con i verbi irregolari e gli ausiliari; adesso esse sono scom-
parse. Se qualche collega le usava per farle imparare a memoria (nella scuola
elementare) non le rimpiango troppo, ma se servivano quale strumento di au-
tocontrollo e verifica nei casi di incertezza di scrittura, ne sento la mancanza.
21
Parte I
Capitolo 3
Approcci per l’insegnamento della L2
P r i n c ipi t e o r i c i g e n e r a l i
1. Il metodo tradizionale
L’analisi linguistica portata avanti dai Greci tra il IV sec a.C. ed il II sec d.C. com-
prendeva la maggior parte dei concetti di base che ancora oggi costituiscono il
fulcro centrale del termine grammar. È utile notare in primo luogo che la pa-
rola grammatica deriva dal greco “gramma” e significa “lettera”. La classifica-
zione delle parole secondo i generi (maschile, femminile e neutro) fu operata
da Protagora e dai Sofisti del V sec. Gli Stoici stabilirono la flessione del verbo
e la distinzione tra verbi transitivi e intransitivi, tra voci attive e passive. De-
finirono inoltre la funzione del nominativo e dei casi obliqui. Gli Alessandrini
classificarono tutte le parole greche in termini di casi, generi, voci, modi, tem-
pi. La grammatica tradizionale era basata sulla lingua scritta.
Ancora nel XVI sec. Lyly definì la grammatica come “l’arte di scrivere corretta-
22 mente”. La tendenza della grammatica tradizionale, particolarmente dal pun-
to di vista del suo uso scolastico, era quella di porre l’enfasi sullo studio della
sintassi basandosi sul metodo deduttivo.
Per tutto il XIX secolo il presupposto teorico del metodo grammaticale tradut-
tivo fu che l’apprendimento di una seconda lingua doveva effettuarsi attraver-
so un procedimento di confronto atto ad evidenziare similitudini e differenze
tra lingua materna e lingua straniera. Tale procedimento si realizzava in una
sorta di sovrapposizione delle due lingue ed in una registrazione dei rispetti-
vi scarti. Il punto di partenza era l’analisi grammaticale astratta della lingua
straniera. Il metodo grammaticale-traduttivo, quindi, anteponendo l’insegna-
mento delle regole grammaticali della lingua, ricalca il tipo d’insegnamento
del latino e del greco, cioè di lingue che non possono rappresentare uno stru-
mento di comunicazione orale, il cui fine principale consiste nella compren-
sione del testo scritto. Le frasi vengono scomposte in unità grammaticali mi-
nime, su cui appuntare l’attenzione indipendentemente dal contesto. L’inter-
vento dell’alunno si attua solo nel senso di un esercizio mentale di memoria e
di confronti grammaticali: gli è consentito e consigliato l’uso del vocabolario
bilingue fin dalle prime lezioni. Le strutture che sono tradotte dall’una all’altra
lingua (e le liste di vocaboli, spesso non del tutto fondamentali) sono analizza-
C3
te minuziosamente e poi imparate a memoria (spesso per tradurre frasi il cui
uso è sporadico o inesistente). A livello lessicale il metodo si dimostra quan-
to meno dispersivo; a livello di comunicazione orale assolutamente inefficace
App r o c c i p e r l ’ i n s e g n a m e n t o
e a livello grammaticale estremamente restrittivo, in quanto non tiene conto
delle molteplici varietà semantiche che ogni vocabolo e ogni struttura posso-
no implicare, a seconda del contesto in cui operano. Il fatto che questo meto-
do sia largamente escluso e condannato dalle attuali correnti scientifiche te-
stimonia che il metodo basato sulla grammatica tradizionale ignora il contri-
buto della linguistica moderna e della psicolinguistica alla didattica delle lin-
gue. Il metodo grammaticale traduttivo tende, infatti, alla descrizione della lin-
gua ed il suo insegnamento si basa principalmente sull’analisi contrastiva tra
la lingua materna e la lingua straniera. Ancora il metodo grammaticale tradut-
tivo punta prevalentemente sull’apprendimento della lingua scritta che è sol-
tanto una delle modalità comunicative. Ne deriva che l’insegnamento della L2
pone gli allievi di fronte ad uno studio scarsamente connesso con la realtà in
della l2
cui si manifesta, risultando, perciò, demotivante.
2. Strutturalismo
A una metodologia puntata essenzialmente sull’uso scritto della lingua si è
opposta una metodologia che, invece, fa leva su un concetto di base: l’appren-
dimento linguistico deve essere un apprendimento orale. La lingua viva, cioè
parlata, deve essere al contempo il mezzo e il fine della comunicazione e la L2
deve essere appresa attraverso quegli stessi meccanismi che hanno reso pos-
sibile gli apprendimenti della lingua materna. Questi principi, messi a punto 23
verso la fine dell’Ottocento, sembrano ancora oggi moderni, ma, naturalmen-
te, se la metodologia diretta ha il merito di privilegiare la lingua orale essa ha
ugualmente il torto di credere che l’apprendimento della lingua straniera pos-
sa sfruttare gli stessi canali dell’apprendimento della lingua madre. Lenneberg
ha dimostrato l’esistenza di un centro corticale, naturalmente programma-
to per la registrazione e l’organizzazione dei dati linguistici, ma sembra logi-
co pensare che, essendo le condizioni dell’apprendimento della lingua mater-
na completamente diverse da quelle in cui una seconda lingua viene studiata,
l’acquisizione della L2 possa avvalersi degli stessi canali.
Il metodo naturale parte da un apprendimento fonetico: tenta di abituare l’orec-
chio del discente ai suoni della lingua straniera, e fa dunque procedere l’inse-
gnamento linguistico vero e proprio da una fase piuttosto lunga di esercizio
orale utilizzando la simbologia dell’alfabeto fonetico internazionale.
Il passaggio alla lingua scritta avviene più tardi per evitare che l’ortografia inter-
ferisca con la pronuncia. L’enfasi, insomma, tutta sull’oralità cioè su Listening e
Speaking ha determinato la nascita dell’audio Oral Method, un metodo che ha
caratterizzato la metodologia dell’insegnamento linguistico fino agli ultimi de-
cenni. Le origini del metodo audio orale si possono ritrovare nell’opera dei lin-
Parte I
guisti strutturalisti americani e degli studiosi di antropologia culturale che la-
voravano in sintonia con i sostenitori della psicologia comportamentale i quali,
specie negli anni Venti e Trenta, investigarono con intenti scientifici ed oggettivi
le forme del comportamento umano. La nuova metodologia di studio della lin-
gua straniera nasceva, infatti, dai presupposti teorici della psicologia compor-
P r i n c ipi t e o r i c i g e n e r a l i
App r o c c i p e r l ’ i n s e g n a m e n t o
in base ai quali si costruiscono le grammatiche, cioè la formulazione della
struttura linguistica.
Chomsky distingue tra competenza ed esecuzione (competence and perfor-
mance). Competenza è la capacità di costruire un numero infinito di frasi gram-
maticalmente corrette. Esecuzione, invece, è la capacità di mettere in pratica
questa conoscenza teorica.
Occorre chiarire che “grammaticale” per Chomsky non significa avere senso.
Le due frasi: Colourless green ideas sleep furiously; Furiously sleep ideas green
colourless sono entrambe prive di senso, ma qualsiasi parlante nativo ricono-
sce come grammaticale la prima frase non la seconda. La prima, infatti, può es-
sere presentata con un’intonazione di frase appropriata, mentre la seconda, se
della l2
presentata da un nativo, sarà necessariamente pronunciata come una serie di
unità lessicali isolate, ognuna probabilmente con una intonazione discendente.
Chomsky sostiene che in ogni lingua esistono strutture profonde e struttu-
re superficiali: le strutture profonde sono quelle che solo i nativi compren-
dono; le strutture superficiali possono essere comprese sia dai nativi che dai
non nativi. Per spiegare la differenza tra queste due strutture Chomsky fa ri-
ferimento alle due frasi:
— John is eager to please;
— John is easy to please. 25
La prima è una struttura superficiale, la seconda una struttura profonda. In-
fatti anche se strutturalmente in entrambe John è il soggetto, è solo nella pri-
ma che il soggetto è attivo, nella seconda John non compie l’azione ma la su-
bisce. Solo attraverso una serie di trasformazioni che il nativo compie in ma-
niera automatica ed inconscia ( LAD -Language Acquisition Device) è possibi-
le passare da John is easy to please a “it is easy to please John”.
Chomsky suddivide la grammatica in tre parti, corrispondenti all’incirca ai tre
livelli principali in cui si articola lo studio del linguaggio. A livello dell’analisi
in costituenti immediati Chomsky fa corrispondere una componente a strut-
tura sintagmatica che contiene le regole per formare le Kernel Sentences
cioè frasi nucleari.
A livello delle relazioni formali tra differenti tipi di frasi corrisponde una se-
rie di regole grammaticali particolari dette di trasformazione. Il terzo livello si
presenta sotto forma di sistema di regole morfofonemiche che specificano la
struttura fonemica di qualsiasi frase.
Parte I
4. Approccio funzionale nozionale (FNA)
L’approccio funzionale nozionale è in contrasto sia con la grammatica tra-
sformazionale di Chomsky sia con gli approcci audio orali, in quanto conside-
ra come punto di partenza la capacità comunicativa senza però perdere di vi-
P r i n c ipi t e o r i c i g e n e r a l i
App r o c c i p e r l ’ i n s e g n a m e n t o
Level” cioè un inventario di funzioni e di nozioni che sono necessarie per
un primo elementare livello di competenza comunicativa.
I sostenitori dell’Approccio Funzionale Nozionale asseriscono che esso pren-
de coscienza dei bisogni elementari degli esseri umani; fornisce il materiale
linguistico appropriato ai cinque bisogni umani.
Il sillabo è di per sé motivante dal momento che è specificamente designato
per soddisfare gli effettivi bisogni sociali, culturali o vocazionali dei discenti.
Inoltre il sillabo prende in considerazione il fatto che ogni essere umano ha
un personale ritmo di apprendimento e, ancora più importante, il FNA utiliz-
za una tecnica a spirale (Spiral Approach) perchè presenta la stessa funzione
o la stessa nozione in differenti situazioni culturali.
della l2
5. Approccio comunicativo (CA)
L’approccio comunicativo rappresenta un superamento dell’ approccio fun-
zionale- nozionale in quanto, mentre quest’ultimo si configura come un silla-
bo, cioè come un elenco di funzioni e di nozioni, l’approccio comunicativo è
invece un curricolo, riguarda, cioè, non solo cosa insegnare ma anche come
e quando.
I sostenitori dell’approccio comunicativo (Richards, Widdowson, Brumfit,
Holden) enfatizzarono i bisogni reali dell’alunno di comunicare e sottolinea- 27
re l’esigenza di partire non da frasi isolate (patterns) o da funzioni ma dal te-
sto autentico e graduato.
Il principio fondamentale è che l’alunno impari a comunicare attraverso l’uso
della lingua, cioè attraverso una pratica che non sia limitata ad esercizi ma
sia estesa all’attività comunicativa. La comunicazione si apprende attraverso
la comunicazione. Le attività comunicative sono attività globali, che compor-
tano l’uso della lingua finalizzata, cioè così come si manifesta nella vita rea-
le. Infatti, diversamente dall’esercizio tradizionale generalmente basato su di
un particolare aspetto linguistico, l’attività comunicativa è una catena di atti-
vità pratiche che coinvolgono l’uso orale e scritto, ricettivo e produttivo della
lingua. Le attività globali, naturalmente, devono essere in sequenza e stretta-
mente interconnesse in modo da dare agli studenti la possibilità di riciclare e
trasferire l’informazione riformulandola a seconda del tipo diverso di testo e
della differente situazione discorsiva.
L’approccio comunicativo è diverso dal FNA perché:
1) il FNA enfatizza il ruolo della funzione sulla nozione mentre il CA pone en-
trambi sullo stesso piano di importanza;
Parte I
2) il FNA aveva posto l’ alunno al centro del processo di apprendimento, il CA
pone il task, il materiale linguistico, il compito, la comunicazione.
6. Monitor model
P r i n c ipi t e o r i c i g e n e r a l i
App r o c c i p e r l ’ i n s e g n a m e n t o
ma grammaticale non possa garantire una comunicazione efficace. Per Lewis,
il teorico del Lexical approach, l’aspetto più importante della lingua è comuni-
care significato e ciò che produce significato è il lessico inteso non come sin-
goli vocaboli ma come abbinamenti fissi, forti, frequenti, cioè unità indivisi-
bili e solo parzialmente modificabili. L’idea di fondo è che la lingua è costitui-
ta da “chunks”, “pezzettini” di lingua prefabbricati più complessi delle singo-
le parole. Se il lessico è al centro del processo di apprendimento, sarà neces-
sario che abbia uno spazio di rilievo nel materiale degli alunni. È importante
che sia fatto in modo rigoroso perché da come immagazziniamo il lessico di-
pende la possibilità di utilizzarlo.
della l2
Un’unità didattica basata sul Lexical Approach per la seconda classe
L’Unità potrebbe essere strutturata in quattro fasi:
Prima fase: presentazione del materiale
Seconda fase: identificazione
Terza fase: acquisizione del lessico
Quarta fase: produzione comunicativa.
Nella prima fase l’insegnante presenta un brano appositamente preparato o
accuratamente ricercato del tipo:
Mr Smith and his family bought a beautiful house at number 59 Covent Garden, 29
London. On their first morning in their new house they were surprised. They
looked out of the window and saw some people taking photographs of their front
door………
La seconda fase, il pedagogical chunking, consiste nell’identificazione di elementi
lessicali composti nella lingua presente nel testo. Gli alunni sono aiutati in questo
dal modo in cui suddividiamo il testo mentre lo si legge. Il pedagogical chunking
assicura una comunicazione efficace, un’acquisizione affettiva; in altre parole
garantisce quello che in linguistica si chiama passaggio dall’input all’intake. Per
realizzare questa seconda fase si chiede agli alunni di suddividere il brano in
unità lessicali.
Dopo il pedagogical chunking il testo si presenta così:
Mr Smith and his family
Bought
A beautiful house
At number 59
Covent Garden
London
On their first morning
In their new house
Parte I
They were surprised
They looked out
Of the window
And saw
Some people
Taking photographs
P r i n c ipi t e o r i c i g e n e r a l i
30
Approfondimento
App r o c c i p e r l ’ i n s e g n a m e n t o
stici e culturali dei paesi anglofoni non possono più costituire gli unici punti di
riferimento, ma uno tanti in termini di conoscenza e quindi di competenza ed
educazione plurilingue e pluriculturale.
L’utilizzo diffuso della lingua inglese a livello globale significa anche che i nostri
apprendenti hanno un contatto sempre più frequente e precoce con questa lingua
nel loro mondo quotidiano, tramite la TV, la pubblicità, la musica, i videogiochi,
internet; questi contatti non sono sempre e necessariamente legati ai parlanti
dei paesi in cui questa lingua è materna, nonostante, in particolare nel caso dei
media, i valori veicolati si riferiscano spesso a modelli culturali “americanizzati”.
In termini di pluralità di lingue e culture, la presenza sempre maggiore di allievi
non-italofoni nelle nostre classi aggiunge un ulteriore elemento in termini di
contatto, che ha implicazioni importanti in termini didattici: “la didattica dell’in-
della l2
glese deve saper cogliere positivamente ed integrare nella sua prassi il senso di
diversità, che scaturisce da contatti culturali e linguistici diversi presenti nelle
nostre comunità multiculturali. Bisogna, pertanto, evitare qualunque forma di
prevaricazione, affinché il contesto di apprendimento non sia English-only, ma
sempre più plurilingue (Plastina 2008:3).
Incontrare lingue e culture altre avviene per definizione nella classe di lingue e
implica di per sé educazione alla tolleranza e al relativismo linguistico-culturale
(cfr. Balboni e Serragiotto 2008; Freddi 1999, 2008). In termini di educazione
linguistica, questo significa guidare alla consapevolezza “che non esistono lingue
31
più o meno belle, ma solo lingue dotate di bellezza diversa; che non esistono
lingue più o meno logiche, ma soltanto lingue provviste di logiche diverse (Fred-
di 2008a: II). In termini di cultura e intercultura, educare al fatto ”che non
esistono culture più avanzate o meno avanzate, se non per aspetti particolari;
che nel nostro pianeta la diversità è la norma, non è un’eccezione e tanto meno
uno svantaggio; che gli altri popoli vanno “capiti e spiegati, partendo dalla loro
mentalità e dal loro mondo” (ibid.).
L’insegnamento della lingua inglese, quindi, in questo panorama si pone — non
ultimo per la sua presenza massiccia in ambito educativo — come luogo privile-
giato per un’educazione che non sia solo “culturale” ma interculturale, di apertura
a mondi altri tramite una lingua che è diventata lingua franca, al di là di frontiere
e modelli nazionalistici di riferimento. Le implicazioni in campo didattico, in
particolare per quanto riguarda gli aspetti legati alla cultura e civiltà, sono che
“il genere di conoscenze culturali tradizionali, che insegniamo e che abbiamo
insegnato ai nostri allievi nelle aule ESL/EFL, non è più idoneo per un’educazione
plurilingue. […] i background personali, culturali e linguistici estremamente vari
dei nostri allievi forniscono una risorsa costante per creare materiali didattici per
la lingua inglese. Sia che a questa fonte contribuiscano la presenza di allievi non-
italiani o gli incontri interculturali esperenziali dei nostri allievi nel loro paese
Parte I
o all’estero, tale risorsa rappresenta un punto di partenza autentico per generare
attività interattive in lingua inglese, basate su rappresentazioni di riferimento e
su quelle funzionali. Ciò consente di perseguire la finalità di impegnarci in dia-
loghi interculturali per mezzo della lingua inglese senza prevaricazione di sorta”
(Plastina 2008: 9).
P r i n c ipi t e o r i c i g e n e r a l i
(1) Generalmente ci si riferisce a “civiltà” per quegli aspetti relativi alla cultura e alla vita del popolo collegato
alla lingua in apprendimento, anche se, come specificano Balboni e Serragiotto (2008: 10) “la cultura indica
tutti i modelli culturali, la way of life di un popolo” , mentre “civiltà indica quei modelli culturali che per un
popolo assumono valore particolare, condiviso”, dei “valori culturali alti, delle idee, dei modi di organizzare la
vita sociale e personale che permettono a un popolo di identificarsi” (ibid.); è a questi ultimi che di solito si fa
riferimento in glottodidattica.
(2) “many school textbooks tend to present a reductionist, fact-based and even clichéd view of other cultures.
CruciaI to the task of the textbook writer seems to be a move away from presenting culture in terms of an
external block of knowledge, which the student is informed about, to seeing it as examples of attitudes, vaIue
system, expectations etc. — both of one’s own culture and of others — which the learners will gradually beco-
me aware of” (traduzione nostra).
C3
Christmas, Easter, le proposte sono state in genere focalizzate unicamente sulle
tradizioni/storia legate a questi paesi. Anche tematiche più generali quali ad
esempio gli animali domestici (pets) o stereotipi (cibo, freddezza, amore per
App r o c c i p e r l ’ i n s e g n a m e n t o
parchi e animali) sono stati affrontati in quest’ ottica, spesso incentrata unica-
mente sulle differenze dei modelli culturali piuttosto che su prospettive allargate
in ottica interculturale (3). Non sono mancate un alcuni casi, tuttavia, riflessioni
personali che potrebbero costituire un adeguato punto di partenza per l’allarga-
mento di prospettiva nell’introduzione di argomenti legati alla cultura nella classe
di scuola primaria in ottica interculturale. Un esempio in questo senso potrebbe
essere costituito dalla proposta di un approccio al lessico per gli apprendenti del
primo biennio, inteso come punto di partenza e primo incontro con una cultura
diversa ove vengono percepite maggiormente le somiglianze, su cui potrebbe poi
innescarsi una successiva riflessione “per favorire una maggiore consapevolezza
nel confronto con una cultura diversa dalla propria (in questo caso quella inglese)
e scoprire che esistono vocaboli relativi a comportamenti e usanze che non hanno
della l2
traduzione nella nostra lingua (ad es. crackers)”, ove “la costruzione dell’oggetto
da parte del bambino permette sia la comprensione linguistica (che cos’è) che
l’apertura a tradizioni diverse ma non per questo meno divertenti e importanti”
(elaborato della corsista Cadorin, I love Christmas, attività nell’ambito Edutain-
ment, come animare feste e culture).
(3) Relativamente all’approccio per similitudini/differenze, come notano Balboni e Serragiotto (2008: 12-13).
“nella tradizione dell’insegnamento linguistico si ha la tendenza ad accentuare le differenze (“gli inglesi guida-
no a destra, a differenza del resto d’Europa”), che sono le più immediate nel motivare, nel suscitare la curiosità,
mentre nella prospettiva di una diffusa educazione alla pace nonché della costruzione di un’identità europea
l’enfasi sulle matrici comuni è indispensabile” .
Parte I
che l’incontro con una lingua e cultura altra dovrebbe promuovere nella classe di
lingue, a partire sin dagli apprendenti più giovani. La competenza comunicativa
interculturale è stata definita come “l’abilità di comunicare in modo efficace in
situazioni cross-culturali e di relazionarsi in modo appropriato in una varietà
di contesti culturali” (Lázár et al 2007: 9) (4). Byram (1997) in particolare ha
P r i n c ipi t e o r i c i g e n e r a l i
App r o c c i p e r l ’ i n s e g n a m e n t o
possibile quadro di riferimento metodologico per l’introduzione di elementi cul-
turali e interculturali sin dalla scuola primaria. La focalizzazione sull’utilizzo della
lingua in contesto (cfr. ad es. Bianchi, Corasaniti, Panzarosa 2004; Coonan 2002;
Langé 2000,2007; Mehisto e al. 2008) e le possibili interconnessioni in ottica in-
terdisciplinare possono infatti offrire opportunità per ampliare il campo, spostan-
do il focus dalla way of life dei paesi anglofoni come unico punto di riferimento
e obiettivo di apprendimento, ad una visione allargata degli elementi culturali
che possono costituire oggetto di riflessione in classe. Questi ultimi si legano
in quest’ottica ad una più allargata “conoscenza del mondo”, e possono essere
quindi direttamente collegati non solo all’ esperienza diretta, anche di socializ-
zazione, degli allievi (classi multilingue e multiculturali), ma anche diventare
della l2
occasione di educazione in senso più allargato alla tolleranza, all’interculturalità,
alla cittadinanza.
L’adozione di una metodologia CLIL può migliorare sia il livello di coinvolgi-
mento e di motivazione degli allievi (fare con la lingua) che l’apprendimento,
in quanto sposta “l’attenzione dell’ allievo dall’ oggetto di apprendimento, che
rimane sullo sfondo e viene acquisito in assenza di una consapevolezza esplicita”
(Langé 2007:3). L’adozione di materiali autentici (sia in termini linguistici, ad
es. con la ricerca guidata in siti web, che in termini di interesse e rilevanza per
gli apprendenti) e l’adozione di metodologie interattive e cooperative di lavoro
possono inoltre supportare l’interesse, la curiosità ed il coinvolgimento socio- 35
affettivo. Inoltre, anche in termini di metodologie operative e di gestione della
classe questa metodologia, se coniugata con approcci di tipo cooperativo e di
Project-work (Cfr. ad es. Quartapelle 1999, Cicardi 1999), può stimolare la motiva-
zione e l’inclusione di abilità diverse, sia in termini di processo che di prodotto.
Attraverso la realizzazione di prodotti finali, quali ad es. la raccolta di materiali,
la realizzazione di poster/depliant/esposizioni/giornalini di classe/istituto, la
preparazione di cibi e piatti correlati, la realizzazione di rappresentazioni/con-
certi da condividere poi con la comunità-scuola e/o con il territorio, il legame tra
esperienza scolastica e vissuto quotidiano può assumere un significato diverso ed
allargato, e promuovere quindi dimensioni diverse di conoscenza (savoir), atteg-
giamenti e convinzioni (savoir être, faire).
App r o c c i p e r l ’ i n s e g n a m e n t o
in un quadro di ricerca delle somiglianze”; a partire dalle esperienze di contatto
linguistico dei bambini con parole inglesi nell’ esperienza quotidiana, per stimo-
lare la riflessione sull’” abitudine a codici altri” (che possono essere non solo la
lingua straniera ma anche il dialetto) come momento formativo per “far sì che
venga sviluppata la capacità di proiettarsi nello spazio sempre più esteso della
comunicazione e dell’interscambio assumendo un ruolo attivo nell’ avvicinamento
e nella comprensione di culture altre”.
5.1 Proposte dalle corsiste in formazione
Alcune proposte appaiono orientate alla presentazione di argomenti legati alla
cultura in ottica di educazione interculturale, con un approccio interdisciplinare
che spesso include anche elementi CLIL. Ad esempio, uno degli elaborati (Cadorin,
della l2
Balanza, “Lingua e Cultura” collegato all’attività di laboratorio Rhymes, proverbs
and popular culture) propone un’attività per la classe quarta legata all’Educazione
alimentare, in particolare collegata alle mele. L’attività include collegamenti a
filastrocche inglesi e italiane, con una possibile espansione relativa alla frutta
più comunemente consumata nei paesi dei piccoli allievi non-italofoni eventual-
mente presenti in classe, confrontando “i nomi della frutta nella loro lingua con
il nome inglese e quello italiano”. Un’altra proposta, “Andare al mercato” (On-
garo, De Dea) è incentrata sulla metodologia CLIL e sul collegamento con disci-
pline diverse (Lingua Italiana, Educazione all’immagine, Geografia, Matematica,
37
Informatica, Storia). L’attività proposta pone come presupposto il collegamento
diretto all’ esperienza degli alunni, rinforzato dalla visita al mercato più vicino,
con la realizzazione di un mercatino all’interno dell’aula ove role-plays e attivi-
tà di simulazione nella compravendita contribuiranno all’utilizzo della lingua in
apprendimento e a “sviluppare atteggiamenti positivi verso le lingue”; questo
tipo di attività potrebbe prevedere l’inclusione di cibi e prodotti provenienti da
culture diverse presenti in classe o sul territorio.
Particolarmente interessante appare poi la proposta “Festa degli alberi” (Gaiardo,
Tomaselli), ove tra gli obiettivi viene esplicitamente incluso quello di “conoscere
aspetti della cultura implicita nella lingua per confrontare abitudini sociali e
stili di vita”. A partire da elementi relativi alla storia della festa dell’ albero at-
traverso civiltà diverse dall’epoca romana a tempi più recenti, attenzione viene
posta sul valore educativo e formativo in termini di cittadinanza e di coscienza
ambientale. Sia la lingua italiana che quella inglese sono coinvolte nelle attività,
che includono ricerca di materiale didattico on line, la creazione di flashcards e
di disegni con i nomi degli alberi in inglese e la rielaborazione della canzone “If
you’re Happy”.
Parte I
5.2 Altri possibili modelli operativi
Una possibile via in cui elementi culturali vengono affrontati attraverso la meto-
dologia CLIL in ottica interdisciplinare è costituito proprio dall’ organizzazione
dei contenuti intorno ad aree tematiche generali (cfr. ad es. Moon 2000). Lauder
(2009) propone un interessante percorso organizzato intorno al calendario, in
P r i n c ipi t e o r i c i g e n e r a l i
cui per ogni mese vengono proposti spunti tematici legati sia a culture che a
tematiche diverse, sempre in ottica interdisciplinare:
Come si può osservare dalla tabella riassuntiva, diversi argomenti sono legati
a festività o celebrazioni di culture diverse, o a problematiche ambientali, che
spesso sono anche oggetto di giornate di sensibilizzazione a livello mondiale. Le
discipline coinvolte sono differenziate, come pure le attività, che vanno dalla
realizzazione di esperimenti, osservazioni, poster, display e modellini, alla ricerca
di informazioni da fonti diversificate, internet incluso.
C3
Altri spunti di lavoro in questo senso potrebbero essere offerti dai seguenti,
organizzati per stagioni:
App r o c c i p e r l ’ i n s e g n a m e n t o
english and other languages*)
Winter New Year’s celebrations in the Science, Geography, History, Arts and Crafts,
world Music
Hanukkah
Candelora
Spring Spring Solstice Geography, History, Science, Arts and Crafts,
Spring Celebrations Health and Education, Music
The Celts
Butterflies
Carnival in the world
April Fool’s Day
February: Dental Health Month
della l2
Kites
Earth Day
Summer At the beach Science; Physical Education, Arts and Crafts,
Summer fun and activities Health and Education, Music
Summer crafts
Summer friends
Ice cream
Watermelon
Autumn Autumn Equinox Science, Geography, Health and Education,
Back to school in the world Music, Civics, Socials
Autumn fruits: apples 39
Bats and spiders
United Nations Day
* Sia in apprendimento che parlate da allievi presenti nella classe
Parte I
E ancora, con collegamenti più specifici a celebrazioni anche in paesi anglofo-
ni — temi quindi che potrebbero essere utilizzati come nodo per l’inclusione di
prospettive diverse:
App r o c c i p e r l ’ i n s e g n a m e n t o
ti, relativamente ed argomenti incentrati su tematiche diversificate quali Nature
and Landscape, Portraits and Faces, Symbols and publicity, Faity tales and Folk
tales, Cooking, Buildings.
Ricco anche il materiale del training kit elaborato dall’ECML di Graz Plurilingual
and pluricultural awareness in language teacher education (Bernaus M. et al 2007),
che contiene anche un CD allegato con numerosi itinerari di attività dedicati alla
formazione degli insegnanti sui temi della diversità, identità e atteggia¬menti
nei confronti delle lingue e culture.
Conclusioni
Visto il ruolo che l’inglese ha assunto come lingua internazionale di comunicazio-
della l2
ne, con crescente funzione di lingua franca, e quindi di tramite di interazione tra
persone di cultura diversa, appare fondamentale un cambiamento di prospettiva
relativamente agli aspetti legati alla cultura che vengono proposti nella classe di
lingue. Inoltre, spesso l’incontro con elementi di diverse culture, incluse quelle
anglofone, avviene già in giovane età, sia attraverso i media che con il contatto
con persone di lingua e cultura diversa (non ultimo con la crescente presenza di
allievi non-italofoni). Appare quindi imprescindibile promuovere sin dalla scuola
primaria atteggiamenti di apertura, attraverso un’educazione all’interculturalità
che includa esempi da culture diverse, anche nell’insegnamento/apprendimento
della lingua inglese. Questo può avvenire promuovendo atteggiamenti di curiosità 41
e apertura al diverso/altro-da-sé in termini sia linguistici che culturali, includen-
do temi interdisciplinari e metodologie che promuovano motivazione, sensibiliz-
zazione e riflessione su culture diverse, inclusa la propria, in contesti che possano
favorire l’uso della lingua altra a questo fine.
(da La formazione in lingua inglese dei
docenti di scuola primaria. Esperienze e proposte - MIUR)
Ufficio scolastico regionale per il Veneto
Parte I
Capitolo 4
Le quattro abilità di base
P r i n c ipi t e o r i c i g e n e r a l i
1. Listening
La prima delle quattro abilità fondamentali, il Listening si riferisce alla deco-
dificazione della comunicazione della lingua orale. Nel processo della deco-
dificazione del messaggio verbale, interagiscono vari fattori a diversi livelli:
— riconoscimento e discriminazione di elementi soprasegmentali (accenti
verbali e frasari, schemi intonativi etc.);
— riconoscimento e discriminazione di fenomeni segmentali;
— comprensione delle strutture morfosintattiche;
— comprensione del lessico.
Ciascuno di questi fattori è verificabile per mezzo di prove oggettive. L’ascol-
to è un’operazione complessa che integra componenti distinti di percezione e
di conoscenza linguistica. Gli psicologi hanno cercato di spiegare l’ascolto da
punti di vista differenti; sembra comunque che oggi si sia raggiunta una certa
42 univocità almeno su un fatto fondamentale: non è un processo passivo ma at-
tivo, comporta il possesso di numerose altre microabilità.
Valutare la comprensione dell’ascolto presenta problemi teorici e pratici. Il proble-
ma fondamentale è dato dal fatto che perfino l’espressione comprensione dell’ascol-
to è poco chiara: è difficile dare una definizione di ciò che si intende per compren-
sione dell’ascolto dal momento che i fattori coinvolti sono articolati e molteplici.
Massaro, nel 1975, sosteneva che ascoltare significava astrarre un significa-
to da un segnale acustico attraverso un processo psicologico, che attivava una
reazione mentale al momento della presentazione di uno stimolo linguistico.
In tempi più recenti Richards afferma che nell’ascolto sembra siano riscontra-
bili tre livelli di discorso, che classifica come:
1) identificazione di ciò che viene detto;
2) interpretazione della forza allocutiva;
3) l’attivazione della conoscenza del mondo reale.
Nell’ascolto ci sono problemi di natura generale:
1) come mantenere “puro” un testo per la comprensione dell’ascolto, cioè
come concentrare l’attenzione alla verifica soltanto dell’ascolto e non con-
temporaneamente di altre abilità di base;
C4
2) se per tali verifiche i testi presentati dall’ascolto debbano essere costruiti
di materiale autentico o “contrived”, cioè appositamente preparato;
3) quale sia la lunghezza giusta del materiale linguistico perché la verifica, il
test, sia valido ed il risultato affidabile.
L e q uat t r o a b i l i t à d i ba s e
Inoltre, ci sono problemi pratici, particolari della verifica della capacità di
ascolto, come per esempio il genere di voce da usare per la registrazione e le
modalità di verifica degli aspetti prosodici (stress, intonazione); infine il tor-
mentato problema cosiddetto “reliability”, cioè l’affidabilità che i test presen-
tati all’ascolto, generalmente tendono ad avere; un test presenta caratteristi-
che di affidabilità soltanto quando, ripetuto nelle stesse circostanze, produce
gli identici risultati. Ci sono, inoltre, i diversi fattori che l’ascolto implica e che
si riferiscono a chi ascolta, a chi parla, al luogo in cui l’ascolto viene prodotto
ed al mezzo con cui l’atto linguistico viene effettuato.
Tra questi fattori i più importanti sono i seguenti:
a) Nell’emittente:
— qualità dell’atto linguistico: chiarezza, pronuncia, accento, velocità;
— uso di gesti o sussidi visivi.
b) Nel messaggio:
— difficoltà del testo in relazione ai pensieri e alle idee.
c) Nel ricevente:
— età e condizione fisica;
— conoscenza pre-requisita sia generale sia dell’argomento di cui si tratta; 43
— livello di abilità linguistica della lingua straniera o lingua 2;
— esperienza e pratica nell’ascoltare la lingua;
— motivazione: attitudine ed interesse verso l’argomento e/o verso chi parla;
— potere di alterazione concentrazione e memoria.
d) Ambiente in cui l’atto linguistico viene prodotto:
— ambiente desonorizzato;
— ambiente particolarmente rumoroso.
2. Speaking
Nell’ambito dell’abilità “orale” rientrano gli aspetti attivi della comunicazione
verbale. Mentre nella capacità di ascolto si tratta di decodificazione del mes-
saggio, per la capacità di “parlare” il processo è di codificazione. Anche questo
processo, come quello relativo all’ascolto, risulta dall’ interazione di numerosi
elementi, tra cui i principali sono di natura:
— fonologica: capacità di riprodurre esattamente intonazioni, accenti, suoni;
— morfosintattica: la capacità di operare una appropriata scelta di strutture
e di impiegarle in modo esatto;
Parte I
— lessicale: la padronanza di un’adeguata scelta di vocaboli;
— pragmatica: appropriare il messaggio al contesto sociale a cui esso è indi-
rizzato.
L’abilità nel parlare in una lingua straniera presuppone innanzitutto la padro-
nanza del nuovo sistema fonologico (ritmo e intonazione). L’articolazione dei
P r i n c ipi t e o r i c i g e n e r a l i
L e q uat t r o a b i l i t à d i ba s e
rere all’insegnante, può soddisfare le sue curiosità ed interessi. Affinché l’alun-
no partecipi al processo di apprendimento dell’abilità di lettura, è necessario
capire bene come avvicinarsi al testo scritto, quali gli obiettivi che si vogliono
raggiungere e con quali strategie.
Ci sono varie strategie di lettura, le principali sono:
1) skimming: lettura veloce per cogliere il significato del testo;
2) skanning: lettura che consiste nel ricercare nel testo un’informazione par-
ticolare;
3) lettura estensiva: lettura di testi più lunghi di solito fatta per soddisfare un
proprio piacere;
4) lettura intensiva: lettura di testi più brevi per estrarre informazioni speci-
fiche.
Naturalmente questi modi di leggere non sono esaustivi né si escludono l’un
l’altro.
Saper leggere non sempre significa comprensione letterale di un testo, ma com-
prensione interpretativa come capacità che ognuno ha di prevedere il messag-
gio che gli viene comunicato e selezionare i fatti linguistici più produttivi per
determinare il messaggio dello scrittore. Vale a dire che ogni testo è una strut-
45
tura in relazione esplicita con i processi comunicativi, con il contesto verba-
le e non verbale.
La cornice necessaria che permette di interpretare concettualmente qualsiasi
messaggio verbale è l’esperienza mentale del lettore sia culturale che affetti-
va e cognitiva. A livello psicolinguistico, la lettura è quindi un processo cogni-
tivo volto all’interpretazione semantica dei contenuti concettuali.
“Ogni lettore riesce a capire ciò che legge solo in quanto capace di portare lo sti-
molo al di là dell’informazione data e di inserirla in una struttura concettuale
appropriata già immagazzinata nella mente”.
4. Writing
La lingua scritta, come quella orale, ha un suo processo fisiologico tipico e va
perciò tenuto separato da quello fisiologico caratterizzante la lingua orale. I
due codici si sono evoluti in epoche e direzioni diverse.
Luria (un eminente psicolinguista) scrive:
“Rappresentando una forma particolare di attività verbale, la scrittura e la lettu-
ra si distinguono nettamente dal linguaggio orale sia per la loro genesi e la loro
Parte I
struttura psicofisiologica che per le loro particolarità funzionali.
Mentre il linguaggio orale si sviluppa negli stadi precoci dell’infanzia come pro-
cesso di comunicazione diretta, il linguaggio scritto com’è noto, appare notevol-
mente più tardi e rappresenta il risultato di uno speciale apprendimento, diver-
samente dal linguaggio orale, che si svolge in maniera sufficientemente automa-
P r i n c ipi t e o r i c i g e n e r a l i
tizzata e senza una particolare analisi della sua componente sonora, il linguag-
gio scritto, fin dall’inizio, rappresenta un’attività organizzata volontariamente
e caratterizzata da un‘analisi cosciente dei suoi costitutivi ”.
Contrariamente a chi scrive, il parlante ha una vasta gamma di possibilità
espressive a sua disposizione: a parte le parole che usa, può fare leva sui tratti
soprasegmentali quali l’intonazione e l’accento, il che lo aiuta ad indicare qua-
le parte di ciò che sta dicendo è più o meno importante: mentre sta parlando
può ristrutturare quello che sta dicendo, può rallentare o accelerare la velo-
cità con cui si esprime e questo in relazione al feedback che riceve dal suo in-
terlocutore, il quale, con una varietà di mezzi a sua disposizione, può dimo-
strare di capire o non capire, di approvare o disapprovare quello che gli vie-
ne detto. Chi parla poi può servirsi della cinetica prossemica che lo aiutano a
trasmettere il messaggio.
Un’altra differenza tra la lingua orale e la scritta è costituita dall’accuratez-
za. Quando si parla spesso ci commettono “errori”: si esita, si dice la stessa
cosa in modo diverso, si cambia spesso argomento e si fanno digressioni (ec-
cetto le situazioni estremamente formali) senza che questo venga considera-
to come fatto anomalo.
46 Ben diverso è il caso di chi scrive; frasi a metà, espressioni tronche sono con-
siderate “scorrette”.
La necessità di una organizzazione logica nella scrittura è determinata dal fatto
che il lettore non può chiedere spiegazioni né fare affidamento a elementi para
o extra linguistici. Molti hanno quindi pensato che la lingua scritta dovesse esse-
re introdotta solo dopo che gli alunni avessero acquisito le altre abilita di base.
L’osservazione può essere fatta nel caso dell’insegnamento della lingua 1 ma
genera molta perplessità quando viene riferita all’insegnamento della lingua 2.
L’impegno della lingua scritta ha tre scopi principali:
— rinforzare quanto è stato già appreso oralmente, attraverso la trascrizione
e il completamento di dialoghi, esercizi di sostituzione, esercizi di rinforzo
strutturali e lessicali;
— produrre messaggi comunicativi, essenzialmente in forma di lettere;
— preparare al discorso scritto come abilità di studio e attività cognitive. Par-
tendo dalla produzione guidata di semplici frasi si passa al collegamento
in paragraphs mediante l’uso dei connettori logici e sintattici e alla stesu-
ra di brevi testi (relazioni-riassunti).
C4
Approfondimento
L e q uat t r o a b i l i t à d i ba s e
Catia Longo
L e q uat t r o a b i l i t à d i ba s e
a destreggiarsi nell’uso della lingua orale.
Durante lo svolgimento di attività orali, in alcuni casi si possono verificare diffi-
coltà nella gestione della disciplina, in quanto l’elemento competitivo presente
in alcuni giochi o l’entusiasmo suscitato da questi possono portare i soggetti più
vivaci ad atteggiamenti troppo esuberanti. Ogni situazione deve essere valutata
singolarmente, ma strategie efficaci si sono dimostrate l’esclusione dal gioco di
chi esagera, i giochi di squadra e l’alternanza di attività eccitanti (stirrer activi-
ties) e attività tranquillizzanti (settler activities). Particolare attenzione dovreb-
be, poi, essere posta alla durata delle proposte: un gioco troppo lungo può più
facilmente portare a difficoltà di gestione. In particolare nelle prime due classi
di scuola primaria, dove alle attività orali deve essere dedicata la maggior parte
del tempo, sarebbe opportuno che l’insegnante specialista effettuasse interventi
brevi, in modo da limitare le difficoltà a cui si è appena accennato. A volte questo
risulta difficile nell’ organizzazione dell’ orario settimanale: il problema dovrebbe
essere posto in sede di Consiglio d’Interclasse, in modo da poter predisporre un
orario funzionale alle esigenze delle prime classi.
Per un sereno syolgimento delle attività si rende indispensabile un’accurata infor-
mazione delle famiglie in merito alla metodologia seguita nelle lezioni di lingua
straniera. L’ampio spazio da dedicare alla lingua orale è uno degli aspetti che
49
differenzia la didattica della lingua straniera da quella delle altre discipline, e la
non visibilità a casa di quanto svolto a scuola potrebbe dare origine a frainten-
dimenti. La spiegazione dell’approccio alla base degli interventi aiuta a fugare i
dubbi che possono insorgere.
Dopo l’ampio spazio dedicato alle attività orali gli alunni dovrebbero aver svi-
luppato la capacità di comprendere e usare attivamente gli elementi linguistici
presentati. Una volta accertato questo, si può passare alla presentazione della
lingua scritta. Anche in questa fase la didattica ludica si rivela una strategia
vincente. Molte delle attività proposte nella fase orale, come ad esempio i giochi
con le flashcard, possono essere riproposte con le parole scritte, in modo che gli
alunni familiarizzino con la grafia di vocaboli e frasi. Nel percorso di esposizione
alla lingua scritta si rendono utili anche strumenti quali schede ed esercizi da
eseguire sul libro di testo o sul quaderno individuale. Se alla base c’è una buona
acquisizione della lingua orale, non sarà necessario dedicare un tempo molto lun-
go ad attività di reading, e quando gli alunni dimostrano una buona abilità nella
lettura si potrà prevedere il passaggio alla scrittura. È opportuno richiedere ini-
zialmente la copiatura di parole e frasi, per passare successivamente alla scrittura
autonoma. Anche per la scrittura, attività con aspetti ludici, quali cruciverba,
puzzle e giochi di parole, si rivelano molto motivanti.
Parte I
Con le ultime classi della scuola primaria, la capacità degli alunni di gestire anche
la lingua scritta può consentire loro di svolgere attività in cui sia previsto il contat-
to con coetanei che parlano la lingua straniera, come lingua madre o come frutto
di apprendimento scolastico. Esperienze di corrispondenza epistolare o elettronica,
oltre a fornire un contesto di comunicazione autentica, possono far sperimentare
P r i n c ipi t e o r i c i g e n e r a l i
l’uso veicolare della lingua inglese e promuovere il contatto diretto con altre cultu-
re. La necessità di una comunicazione reale, inoltre, stimola gli alunni a trasferire
ciò che hanno appreso in contesti nuovi, favorendo, così, lo sviluppo di nuove
competenze.
L e q uat t r o a b i l i t à d i ba s e
TRUE/FALSE GAME
Spiegate che mostrerete una flashcard e direte una parola: quando quello che
dite è vero (cioè quando la parola corrisponde all’immagine) i bambini dovranno
alzarsi in piedi, in caso contrario dovranno sedersi.
POINT TO THE PICTURE
Attaccate le flashcard in diversi punti dell’aula. Dite le parole in successione e
chiedete ai bambini di indicare con un dito le flashcard nominate. Variate la
velocità e l’ordine di successione delle parole. Dopo un po’ invitate un alunno a
prendere il vostro posto.
ANSWER YES OR NO
Mostrate ai bambini una flashcard (ad esempio a cat) e chiedete Is it … (a cat)?
Invitate la classe a rispondere Yes quando la risposta è affermativa, No in caso
contrario. Potete decidere di eliminare chi dà la risposta sbagliata.
FIND THE MISTAKE
Scegliete una serie di flashcard. Dite in successione le parole e per alcune imma-
gini dite un termine diverso rispetto al soggetto raffigurato. Invitate i bambini
a battere le mani ogni volta che sentono un errore.
TOUCH THE CARD 51
Disponete sulla cattedra un certo numero di flashcard. Chiamate due o tre alunni
e spiegate che direte una parola: essi dovranno toccare l’immagine corrispon-
dente.
LISTEN AND NUMBER
Fornite ai bambini in fotocopia le immagini di alcuni soggetti. Dite i nomi di
questi in un ordine diverso rispetto a quello in cui compaiono sulla scheda e
invitate i bambini a numerare le figure.
HIDDEN CARD
Coprite una flashcard con un foglio di carta e lasciate visibile solo un piccolo par-
ticolare, poi chiedete ai bambini What is it? Ascoltate le risposte e poi mostrate
il disegno per vedere chi ha indovinato.
KIM’SGAME
Mettete alcuni oggetti all’interno di una borsa scura di stoffa. Passate la borsa
ai bambini e chiedete loro di toccare un oggetto dall’esterno della borsa. Aprite
la borsa per vedere quali oggetti sono stati individuati.
MIME THE WORD
Dividete i bambini in due squadre e chiedete a una squadra di scegliere una
parola da mimare. Fate eseguire il mimo. L’altra squadra dovrà capire di cosa
Parte I
si tratta e dire la parola correttamente per poter ottenere un punto. Dopo 5 o
6 mimi, invertite i ruoli.· Vince la squadra che riesce a indovinare più parole.
GUESS MY FLASHCARD
Nascondete una flashcard e chiedete ai bambini di indovinare cosa avete nasco-
sto. Ascoltate la risposta di ciascuno, poi mostrate la flashcard.
P r i n c ipi t e o r i c i g e n e r a l i
L e q uat t r o a b i l i t à d i ba s e
te a un alunno una palla di carta e accendete una brano musicale. Invitate gli alunni
a passarsi la palla di carta di mano in mano finché c’è il sottofondo musicale. A un
certo punto spegnete la musica e rivolgetevi al bambino che ha la palla in mano:
mostrategli una flashcard e chiedetegli di dire la parola. Se risponderà in modo cor-
retto potrà rimanere in gioco, diversamente verrà eliminato (o avrà una penalità).
REMEMBER THE WORDS
Attaccate alla lavagna alcune flashcard e fatele osservare per circa 20 secondi,
poi toglietene una. Chiedete alla classe di dire la parola che manca. Fate la stessa
cosa con un’altra flashcard e chiedete ai bambini di dire tutti e 2 i vocaboli che
mancano. Continuate allo stesso modo finché avrete tolto tutte le immagini: gli
alunni dovranno dirvi tutte le parole presentate.
BINGO
Consegnate a ogni bambino 6 immagini relative a un certo argomento (o chie-
dete loro di disegnare) e fatele appoggiare sul banco. Nominate i soggetti rela-
tivi all’ argomento uno alla volta: ogni volta che un bambino si accorge di avere
quella figura, dovrà capovolgerla. Il primo a capovolgere tutte le figure dovrà
dire Bingo e sarà il vincitore.
RAISE A CARD
Consegnate a ogni bambino una serie di immagini. Dite una parola e invitate gli
53
alunni a sollevare l’immagine corrispondente. Aumentate man mano la velocità
di successione delle parole.
SNAP!
I bambini avranno bisogno di una serie di immagini ciascuno sottoforma di car-
te da gioco. Disponete la classe a coppie. Dite alle coppie di mescolare assieme
le loro serie di carte e di distribuirne la metà a ciascuno. I bambini dovranno poi
girare una carta alla volta e appoggiarla sul tavolo rivolta verso l’alto. Quando
verranno girate due carte uguali, il primo a dirne il nome prenderà tutto il maz-
zo. Il gioco continua finché un giocatore rimane senza carte.
MEMORY
Consegnate a ogni alunno una serie di carte illustrate. Dividete la classe a cop-
pie. Dite ai bambini di posizionare sul banco le due serie di carte “a faccia in
giù”. I bambini dovranno trovare le coppie. Ogni volta che capovolgono una carta
dovranno dire il nome del soggetto raffigurato. Vince chi alla fine ha più coppie.
LISTEN AND ORDER
Consegnate ai bambini una serie di carte ciascuno. Spiegate loro che direte le
parole raffigurate: essi dovranno posizionare le carte sul banco seguendo l’ordi-
ne con cui voi pronunciate i vocaboli. Alla fine fate ripetere le parole in ordine.
Parte I
FIVE-MINUTE ACTIVITIES
Vengono di seguito elencate brevi attività che possono essere utilizzate per
avviare una lezione (warmer), per concludere un intervento, o per rompere e
variare il ritmo delle lezioni.
ASK ME QUESTIONS
P r i n c ipi t e o r i c i g e n e r a l i
Ripassate con la classe una serie di vocaboli, sceglietene uno e invitate gli
studenti a rivolgervi domande per indovinarlo. Le domande dovranno essere
formulate in modo che la risposta possa essere solo Yes o No (ad esempio: Is it
big? Is it an animal? Is it a noun? Did we learn it last week? …).
BINGO!
Ripassate con la classe un certo numero di vocaboli (che voi dovrete aver scritto
su un foglio), poi invitate ogni studente a sceglierne otto o dieci e a scriverli.
Nominate le parole in un certo ordine e chiedete agli alunni di cancellare con
un segno quelle chiamate. li primo a cancellare tutti i vocaboli dovrà dire Bingo!
Variante. Anziché leggere le parole, potete darne la definizione. [Chiedete agli
alunni di disegnare i soggetti anziché di scrivere le parole].
CHANGE THE SENTENCE
Scrivete alla lavagna una frase (ad esempio I usually have tea in the afternoon) e
chiedete agli studenti di dirne altre che abbiano la stessa struttura (nell’ esempio
citato: soggetto, avverbio di frequenza, verbo, complemento oggetto, indicatore
temporale - I never have pizza at lunchtime, I always drive my car on Sundays ... ).
[Dite oralmente la frase modello e utilizzate delle immagini come aiuto per le
nuove frasi].
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CROSSWORD
Scrivete una parola alla lavagna. Chiamate uno studente e chiedetegli di scriver-
ne un’altra che si incroci con essa. Continuate con altri studenti.
B
HOUSE
O
K
CROSSWORD COMPETITION
Dividete la classe in due o tre squadre. Proponete l’attività precedente, ma date
un tempo di 10 secondi per trovare una parola da incrociare. La prima squadra
che riuscirà a trovare una parola otterrà un punto.
CUT THE SENTENCE
Dite una frase e chiedete a uno studente di ripeterla togliendo da una a tre pa-
role. La nuova frase dovrà essere grammaticalmente corretta e ancora dotata di
senso logico. Dopo il primo, un secondo studente dovrà fare la stessa cosa, e cosÌ
via finché rimarrà solo una parola. Ad esempio:
In the morning at seven fifteen I usually have a black coffee in my warm and big
kitchen with my husband.
C4
In the morning at seven fifteen I usually have a black coffee in my warm and big
kitchen with my husband.
In the morning at seven fifteen I usually have a black coffee in my warm and big
kitchen with my husband.
L e q uat t r o a b i l i t à d i ba s e
EXPAND THE SENTENCE
Questa attività funziona allo stesso modo della precedente, ma agli studen-
ti viene richiesto di arricchire la frase anziché tagliarla (facendo riferimento
all’esempio precedente si può partire dalla frase minima I have coffee).
FIND SOMEONE WHO...
Chiedete agli studenti di trovare all’interno della classe qualcuno con certe
caratteristiche (ad esempio Find someone who has your same name/who was
born in your same month/who has a red car/who has the same favourite colour as
you...). Lasciate gli studenti liberi di muoversi nell’ aula per rivolgere domande
ai loro compagni. [Distribuite agli alunni coppie di immagini. Ogni bambino
dovrà trovare chi ha la sua stessa immagine chiedendo ai compagni Have you
got a ... (car)?]
FIND THE MISTAKE
Dite una frase che contenga un errore e chiedete alla classe di trovarlo. Potete
anche scrivere la frase alla lavagna.
Variante 1. Scrivete alla lavagna parole con errori di spelling.
Variante 2. Dividete la classe in gruppi e fornite a ogni gruppo una serie di
frasi, o parole, con errori. Sarà vincitore il gruppo che riuscirà a trovarli tutti
nel tempo più breve.
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FIND THE WORD IN YOUR BOOK
Dite una parola che gli studenti hanno incontrato in qualche brano di lettura del
libro di testo. Invitate la classe a trovare la pagina in cui è presente la parola
detta. Variante. Descrivete un’immagine presente nel libro di testo e invitate gli
studenti a trovarla.
GUESS MY WORD
Ripassate con il gruppo una serie di vocaboli presentati precedentemente. Fate
lo spelling di una di queste parole e chiedete alla classe di dire la parola intera.
Invitate gli studenti, a catena, a fare lo stesso. La stessa attività può essere
svolta a coppie.
GUESS THE MISSING WORD
Scrivete un certo numero di parole su foglietti di carta (una parola per foglio).
Fatele leggere alla classe, poi sceglietene una e nascondetela. Fate leggere
quelle rimaste e chiedete agli studenti di dire quella che manca. Continuate
togliendo altre parole. Variante 1. Chiedete alla classe di indovinare cosa avete
scelto, senza far leggere le altre parole. Variante 2. Dividete la classe in gruppi
e chiedete a ogni gruppo di indovinare il vocabolo. Un punto verrà assegnato
alla squadra che indovina. Variante 3. Fate leggere tutte le parole e date la de-
Parte I
finizione di una di esse perché venga indovinata. [Utilizzate immagini anziché
parole scritte].
GUESS THE WORD FROM THE PICTURE
Disegnate alla lavagna una piccola parte di un oggetto (ad esempio i raggi della
ruota di una bicicletta), poi chiedete What is it? Invitate gli studenti a rispon-
P r i n c ipi t e o r i c i g e n e r a l i
L e q uat t r o a b i l i t à d i ba s e
WHAT’S THIS?
Mostrate alla classe un libro e chiedete What’s this? gli studenti vi risponderan-
no It’s a book. Aprite il libro, mettetelo a forma di tetto e dite No, it’s a roof
Invitate gli studenti a immaginare creativamente gli oggetti dell’ aula e a rivol-
gere alla classe la stessa domanda. L’attività può essere svolta anche a coppie.
WRITE WHAT COMES NEXT
Date un foglio a ogni studente. Scrivete alla lavagna una battuta di dialogo (ad
esempio It’s raining today) e chiedete a ogni studente di scrivere sul proprio
foglio un’altra battuta per continuare il dialogo. Fate passare il foglio allo stu-
dente successivo, chiedete a questi di leggere ciò che ha scritto il compagno e
di aggiungere un’altra battuta. Fate piegare il foglio in modo che si legga solo
l’ultima frase scritta, e fate continuare il dialogo allo stesso modo finché rag-
giunge le cinque o sei battute. Leggete i dialoghi ad alta voce.
WRITE WORDS
Scrivete alla lavagna un certo numero di lettere dell’alfabeto e chiedete agli
studenti di scrivere il maggior numero possibile di parole con le lettere date,
utilizzando ogni lettera solo una volta.
Variante 1. Dividete la classe in squadre di quattro o cinque giocatori e asse-
gnate un tempo per scrivere le parole. Sarà vincitrice la squadra con il maggior 57
numero di parole o che avrà scritto più parole lunghe.
Variante 2. Scrivete alla lavagna parole e chiedete agli studenti di creare frasi.
Capitolo 5
Tecniche per l’insegnamento della lingua
P r i n c ipi t e o r i c i g e n e r a l i
straniera
Sommario: 1. Principi generali. - 2. Lingua straniera e lingua italiana: interfaccia didattico. - 3.
Fondamenti teorici della Glottodidattica Ludica. - 3.1 Il quadro teorico di riferimento. - 3.2 I con-
cetti-chiave. - 3.3 Una Glottodidattica Ludica a misura di studente. - 4. Glottodidattica Ludica per
bambini. - 5. La lingua straniera nella scuola dell’infanzia. - 5.1 Acquisizione e apprendimento. -
5.2 Gli approcci naturali. - 5.3 Alcune teorie dell’apprendimento linguistico. - 5.4 L’input. - 5.5 Rou-
tines. - 5.6 Il silent period. - 5.7 La lingua straniera integrata nel curricolo. - 5.8 La lingua straniera
veicolo del curricolo. - 5.9 Esempi di progetti.
1. Principi generali
Il dibattito sulle metodologie da adottare per l’insegnamento delle lingue stra-
niere è stato spesso appassionante, coinvolgente e intenso. Il tratto caratteriz-
zante il dibattito fino agli anni Settanta si è risolto nel principio, per cosi dire,
dell’esecuzione: ogni nuova teoria escludeva quasi totalmente la possibilità di
apporti costruttivi da parte dei metodi precedenti, anche se basati su di una
stessa concezione. Così è comprensibile che i sostenitori del metodo diretto si
58 scagliassero contro quelli del metodo grammaticale traduttivo sostenendo
che bastava esporre il discente alla lingua autentica perchè questi imparasse
senza bisogno di noiosi e inutili esercizi di traduzione o di regole grammaticali.
I sostenitori del metodo diretto reagiscono con vigore all’insegnamento gramma-
ticale e rifiutano l’uso della lingua materna anche soltanto per veicolare significati
che non possono essere manifestati con il mero riferimento a fenomeni concreti.
Anche i fautori del metodo diretto, tuttavia, ritornano dopo un breve periodo alla ne-
cessità di insegnare la grammatica, ma usano la stessa lingua straniera per tale obiet-
tivo, con qualche comprensibile difficoltà di apprendimento da parte dei discenti.
È apparentemente meno comprensibile che gli strutturalisti si scagliassero
contro il metodo grammaticale traduttivo, specie se si considera che entrambi
i percorsi di insegnamento prevedevano la imprescindibilità dell’insegnamen-
to delle strutture grammaticali per imparare a comunicare in lingua straniera.
In sostanza gli strutturalisti rimproverano al metodo grammaticale di ispirar-
si ai metodi di insegnamento delle lingue classiche, greco e latino principal-
mente. Ambedue le scuole di pensiero fondano le proprie teorie sulle medesi-
me premesse: lo strutturalismo, tuttavia, chiama a sostegno la psicologia per
difendere la necessità della ripetizione, ad ogni costo e comunque, di struttu-
re che, per il mero fatto di essere ripetute, venivano memorizzate e diveniva-
no quindi parte del patrimonio del discente.
C5
Siamo a Skinner e Pavlov e al comportamentismo: la ripetizione sistematica
di un atto impianta un comportamento ripetitivo, per cui, se si reitera sempre
una stessa struttura, si finisce inevitabilmente ad usarne ogni volta che si ri-
T e c n i c h e p e r l ’ ii n s e g n a m e n t o
creino le medesime condizioni.
Il metodo situazionale respinge la concezione meccanicistica della ripetizio-
ne nel vuoto e introduce il concetto di situazione. La lingua, si sostiene, non si
T e c n i c h e p e r l ’ ii n s e g n a m e n t o
sto risultati apprezzabili sul piano degli apprendimenti.
La riflessione pedagogica ha mostrato che si apprende meglio e più volentie-
ri se siamo interessati ai contenuti, se le strategie proposte ci coinvolgono e
T e c n i c h e p e r l ’ ii n s e g n a m e n t o
6) scoperta intuitiva delle strutture e delle regole in L2;
7) rinforzo strutture nascenti in L2.
3.2 I concetti-chiave
Secondo Giovanni Freddi, uno dei padri fondatori della glottodidattica italia-
na, i principi fondamentali su cui deve basarsi la Metodologia Ludica sono:
SENSORIALITÀ: nell’apprendere la lingua lo studente deve poter attivare tut-
ti i canali sensoriali per creare rappresentazioni mentali e neurologiche sta-
bili. Le parole, ad esempio, si possono imparare meglio se sono associate ad
immagini, odori, sapori ed esperienze sensoriali.
MOTRICITÀ: la lingua è un mezzo di comunicazione pragmatico e funzionale;
attraverso la lingua possiamo far fare un’azione, dare ordini, e associare la lin-
gua ai più svariati tipi di movimento; perciò l’insegnamento ludico della lingua
deve riservare uno spazio rilevante alla dimensione motoria.
SEMIOTICITÀ: la lingua straniera fa parte del linguaggio verbale, che è solo
64 uno dei tanti linguaggi che lo studente ha a disposizione (linguaggio del cor-
po, espressioni del volto, modo di vestire…); il compito dell’insegnante consi-
ste anche nel favorire lo sviluppo armonico e l’integrazione della lingua stra-
niera nell’insieme dei linguaggi a disposizione dello studente.
RELAZIONE INTERPERSONALE: la glottodidattica ludica deve favorire le rela-
zioni tra gli studenti e con l’insegnante, per sviluppare nell’allievo anche com-
petenze sociali; la lingua infatti nasce come strumento di comunicazione inter-
personale, all’interno di contesti sociali precisi, e dunque la dimensione socio-
relazione non può essere ignorata nella didattica delle lingue.
PRAGMATICITÀ: con i bambini in particolare, è fondamentale che la lingua sia
presentata come strumento concreto e utile per “fare delle cose”; il bambino
percepisce così che la lingua straniera può essergli utile per raggiungere i suoi
scopi e soddisfare i suoi bisogni (pragmatici, affettivi, relazionali, comunicati-
vi). Anche gli studenti adulti, con le dovute differenze, possono apprezzare che
l’insegnante sottolinei gli aspetti più pragmatici della lingua e che ne metta in
luce l’utilità per soddisfare i loro bisogni (professionali, affettivi, culturali…).
EMOZIONE: la lingua si può imparare meglio se è associata ad emozioni posi-
tive (senso di appartenenza ad un gruppo, voglia di mettersi in gioco, senso di
sfida e competizione); il gioco glottodidattico può far nascere emozioni molto
C5
forti, perché coinvolge lo studente in attività stimolanti e sfidanti; ma il sen-
so di sfida può essere stimolante per un allievo e frustrante per un altro; sarà
compito dell’insegnante fare in modo che si crei sempre un equilibrio tra com-
T e c n i c h e p e r l ’ ii n s e g n a m e n t o
petizione e cooperazione, in modo da non generare emozioni negative (stress,
frustrazione, ansia, senso di incapacità).
T e c n i c h e p e r l ’ ii n s e g n a m e n t o
zia italiana (definita spesso “una scuola del bambino e per il bambino” è quel-
la di porre il piccolo alunno al centro di qualsiasi intervento pedagogico. Ogni
intervento è finalizzato alla crescita cognitiva e affettiva del bambino e si co-
T e c n i c h e p e r l ’ ii n s e g n a m e n t o
degli stimoli esterni (input e feedback linguistico): perché si possa ‘stampa-
re’ un abito verbale bisogna che l’individuo sia esposto più volte allo stes-
so tipo di stimolo e che dia più volte lo stesso tipo di riposta allo stimolo.
5.4 L’input
L’input è di fondamentale importanza nel processo d’acquisizione linguistica, è
necessario accertarne le caratteristiche specifiche. Esistono diversi tipi di input.
Il motherese o caretaker speech (Ellis, 1984: 85-89), è un input di tipo interat-
tivo che fa da sostegno agli sforzi del bambino di farsi capire: la madre (o chi
per lei) pone domande di chiarimento, dà segni di comprensione e di atten-
zione, ripete gli enunciati del bambino. Può elaborare gli enunciati del bam-
bino attraverso espansioni, estensioni, parafrasi verbali. Un altro aspetto col-
legato con la visione interattiva dell’acquisizione linguistica riguarda il modo
in cui la produzione dell’adulto viene usata dai bambini come un’impalcatu-
Parte I
ra per costruire i propri significati nella lingua. Il bambino incorpora tutto o
parte dell’enunciato del suo interlocutore per creare significato e le doman-
de dell’adulto orientano il bimbo verso una sempre maggiore sintattizzazione
delle frasi. Viene così a crearsi attraverso un collaborative discourse un verti-
cal construction perche l’enunciato, anziché svilupparsi in orizzontale, si svi-
P r i n c ipi t e o r i c i g e n e r a l i
luppa in verticale.
I teacher talk (Ellis,1985: 133-142) riguarda aspetti formali e interattivi
(dall’adulto al bambino) ed è molto usato in ambito scolastico.
Le caratteristiche dell’input dall’adulto al bambino sono costituite da una mag-
giore semplicità a livello fonologico, sintattico e semantico. Rispetto alla norma,
l’intonazione viene esagerata; il tono della voce è più alto; l’articolazione è più
chiara; le pause fra un enunciato e l’altro sono più lunghe; la velocità d’emissio-
ne è più ridotta; gli enunciati sono più brevi e meno vari; gli enunciati conten-
gono un numero inferiore di verbi, aggettivi e avverbi; minore subordinazione
e coordinazione; il vocabolario è più ristretto, più concreto, riferito al contesto;
si fa costante riferimento a oggetti nella situazione descrivendoli in termini di
nome, qualità, posizione, e appartenenza (come si chiama, dov’è, com’è e di chi è).
5.5 Routines
Un ulteriore concetto di supporto per chi deve impostare un discorso metodo-
logico per l’introduzione delle lingue straniere nella scuola dell’infanzia pro-
viene dagli studi cognitivisti.
La vita di un bambino è costellata da situazioni routinizzate a lui familiari.
70 Ciò significa che diverse situazioni si ripetono ogni giorno, anche più volte al
giorno, e che queste situazioni hanno qualcosa di rituale anche dal punto di
vista linguistico:
• l’adulto tende a fornire lo stesso input al bambino usando le stesse strut-
ture e lo stesso lessico.
• l’adulto usa quello che è stato chiamato canned speech (Hatch, 1983 cita-
to in Ellis, 1985), enunciati formulaici, blocchi precostituiti di lingua, asso-
ciati a specifiche situazioni.
Bruner (1983) individua l’importanza, ai fini dell’acquisizione di una lingua, di
questo aspetto del comportamento linguistico dell’adulto con il bambino chia-
mandola LASS — Language Acquisition Support System. Lo studioso america-
no individua nei giochi le proprietà del format. Bruner individua diversi tipi
di format linguistici costitutivi delle interazioni, tra cui:
• requesting format (format dove si chiede qualcosa al bambino);
• indicating format (format dove si indica e nomina qualcosa);
• greeting format (le formule per salutare).
Nel momento in cui si svolge il format l’adulto tende ad usare sempre le stesse
formule linguistiche semplificando così il compito di comprensione del bam-
C5
bino. Il bambino comincia ad anticipare la lingua associata alla situazione, me-
morizza lui stesso le forme, comincia ad usarle (i ruoli si scambiano) e succes-
sivamente può trasformarle in patterns, da usare in altre situazioni, sostituen-
T e c n i c h e p e r l ’ ii n s e g n a m e n t o
do, aggiungendo o togliendo elementi al suo interno.
Il concetto di format, di situazioni routinizzate dove si propongono al bambi-
no le stesse forme linguistiche, ossia i routines, è di grande utilità per chi ope-
T e c n i c h e p e r l ’ ii n s e g n a m e n t o
Tema: Il corpo
Obiettivo cognitivo
Nella programmazione si intende sviluppare, durante il trimestre, i seguenti
Tema: Halloween
Obiettivo culturale
Gli insegnanti di sezione (come anche tutta la scuola) elaborano un progetto
di lavoro su alcune festività — tema che, per quanto trasversale, riguarda
soprattutto la formazione dell’identità personale. Obiettivo principale è fare
scoprire e far capire ai bambini le diverse origini di molte festività che si
celebrano durante l’anno.
Parte I
L’insegnante che cura le attività di tipo linguistico ritiene di poter contribuire
all’obiettivo prefissato lavorando sul tema di Halloween — festività ormai en-
trata nella tradizione italiana e nota a tutti i bambini.
I . Individuazione dell’obiettivo culturale:
L’insegnante fa proprio l’obiettivo: “far scoprire ai bambini le origini americane
P r i n c ipi t e o r i c i g e n e r a l i
74
C6
Capitolo 6
6. L’approccio olistico
L’approccio olistico permette un reale apprendimento perché libera la crea-
tività dei più dotati e facilita gli altri apprendenti da sempre penalizzati in una
scuola ancora troppo solo per “visivi” ed “uditivi”.
Questo approccio è mutuato direttamente dalla PNL (Programmazione Neu-
rolinguistica) che permette ad ogni bambino di avvicinarsi in modo naturale
alla scoperta del mondo, che deve essere fatta in prima persona.
L’applicazione di questo approccio consiste inizialmente nella preparazione
del seguente materiale:
Schede graduate con attività per diversi stili cognitivi e con diverse aree di in-
teresse che i bambini e le bambine possono scegliere di eseguire liberamente
82 senza alcuna assegnazione del lavoro da parte dell’insegnante;
Materiale che prevede flash cards raggruppate in diversi livelli di difficoltà
da un primo livello di parole foniche (es. pig) alle parole composte o con dif-
ficoltà diverse di pronuncia;
Scatole “grammaticali” contenenti stringhe linguistiche formate da biglietti-
ni con le parti della frase codificate attraverso i colori (es. soggetto-viola, ver-
bo-rosso, aggettivo-blu etc.) per permettere una riflessione grammaticale in-
diretta che sfrutta la tanto efficace memoria inconscia e che permette di me-
morizzare attraverso la memoria visiva e cinestesica (spostamento dei bigliet-
tini per la formazione della frase);
Scatole con schede di Role Play;
Materiale vario per la drammatizzazione (costumi, puppets).
Questa organizzazione del materiale permette agli alunni di lavorare singolar-
mente, a coppie o a piccoli gruppi e all’insegnante di individualizzare il per-
corso per consentire ad ogni alunno ed ad ogni alunna di esprimersi al meglio
delle proprie capacità rispettando il proprio ritmo di apprendimento.
Uno dei presupposti della PNL è che mente e corpo siano connessi; perciò, per
poter apprendere, è necessario che gli alunni siano in condizioni ottimali e che
fattori ansiogeni ed altri elementi disturbanti non danneggino troppo l’ambiente
C6
di apprendimento. Certo nelle classi numerose è difficile che tutti gli alunni e le
Stile di
Attività
apprendimento
uso di disegni, colori, diagrammi, flash cards, poster, parole scritte
Bambini VISIVI:
(word cards), video, giochi con le carte (tipo “memory game”)
canzoni, chants e rhymes, poesie, audiocassette (esercizi di listening
Bambini UDITIVI: comprehension), attività quali ascoltare/ripetere una storia, lavorare
a coppie in esercizi orali (speaking)
attività di movimento o manipolazione degli oggetti ; Role play e
mimo; attività creative quali disegnare, colorare, tagliare e incolla-
Bambini CINESTETICI:
re; routines quali cancellare la lavagna, distribuire o raccogliere; gio-
chi tipo “Simon says”
C7
Capitolo 7
Programmazione - schemi - schede - libri
Programmazione - schemi -
di testo
ACQUISISCE OPERA COMPRENDE LEGGE CONFRONTA IDENTIFICA OSSERVA UTILIZZA ASCOLTA RIELABORA
2. Programmazione didattica di lingua inglese
Un minimo di 20
vocaboli relativi
alle seguenti aree
semantiche: Azioni
abituali - corpo - cibo
- giocattoli - animali
selvatici - capi d’ab-
bigliamento
La propria presenta-
zione e lo spelling di
semplici parole
Semplici domande e
brevi dialoghi
Immagini semplici
parole
Le festività inglesi
con quelle italiane
Persone, animali,
cose
Immagini, cartelloni,
flash-cards, video-
tape
Libro di testo, schede
preordinate, flash-
cards, giornali, rivi-
ste, giochi strutturati
Audiocassette
Le consegne dell’in-
segnante
Gli elementi lingui-
stici acquisiti per
comunicare con i
compagni
PREREQUISITI (in entrata) STANDARD MINIMI (in uscita) STANDARD MASSIMI (in uscita)
1. Ascolta e comprende un breve dialogo mimato 1. Ascolta e comprende il significato di almeno 1. Utilizza in maniera autonoma il lessico e le
2. Riconosce ed utilizza i termini in L2 indicanti 10 vocaboli strutture apprese per comunicare
i colori primari e i numeri da 1 a 6 2. Legge con corretta pronuncia 10 parole già 2. Sostiene un breve dialogo in L2
3. Completa schede preordinate inerenti al acquisite oralmente
lessico appreso 3. Esprime con corretta pronuncia 10 parole in L2
Programmazione - schemi -
87
C7
Programmazione - schemi -
Ordini (stand up, sit down, open, close, go to, come in, come here)
Oggetti (ruler, book, pen…window, door, chair…)
Animali (dog, cat, mouse, bird…)
Programmazione - schemi -
estese. Gli allievi sapranno rivolgere domande e rispondere, esprimere opinioni
e preferenze, descrivere luoghi familiari, raccontare quanto si è in grado di fare.
92
P r i n c ipi t e o r i c i g e n e r a l i
AREE
MODULI FONDAMENTI CONOSCITIVI OBIETTIVI DI APPRENDIMENTO
SEMANTICHE
Ascolta e comprende il lessico presentato Routine giornaliera Capacità di presentarsi e salutare nel
MODULO N°1
Ascolta e comprende semplici domande e brevi frasi Le parti del corpo registro formale e informale
Ascolta e comprende semplici e brevi dialoghi Capacità di riconoscere le azioni che si
Ascoltare e comprendere
Ascolta e comprende istruzioni e semplici consegne svolgono abitualmente
semplici messaggi
Ascolta e intuisce il significato di semplici canzoni e filastrocche Capacità di identificare e denominare
alcune parti del corpo
MODULO N°2 Il cibo
Riconosce parole della lingua inglese molto usate in italiano Capacità di numerare da 1 a 10
I giocattoli
Conosce alcuni aspetti della cultura anglosassone: Capacità di identificare i giocattoli
Leggere e comprendere Gli animali domestici
la festa di Halloween, il Natale e la Pasqua in Gran Bretagna Capacità di identificare gli animali do-
5. Esempi di percorsi modulari
brevi testi
mestici
MODULO N°3 Usa espressioni di saluti formali e informali I capi di abbigliamento Capacità di denominare alcuni capi di
Sa presentare se stesso Halloween -Natale - abbigliamento
Sostenere una facile Sa chiedere semplici informazioni ad altri Pasqua Capacità di drammatizzare un racconto
conversazione Sa numerare da 1 a 12 popolare: “Magic Trousers”
utilizzando un lessico Sa descrivere oggetti in base al colore e al numero Capacità di conoscere le principali festivi-
gradualmente più ampio Sa esprimere vocaboli relativi alle diverse aree semantiche tà: Halloween, Natale, Carnevale, Pasqua
Indicazioni metodologiche: Problem posing – Brain Storming – Ricerca - azione – Mastery learning – Individualizzazione – Istruzione programmata –
Problem-solving.
Strumenti e mezzi: Strumenti multimediali, materiale strutturato e non, Cartelloni murali, Materiale di facile consumo, Flash-cards, giornali, libro di testo,
Giochi strutturati etc.
Tempi: I moduli saranno trattati e sviluppati in parallelo con gli altri moduli, tuttavia ciascun modulo avrà la durata di 6/8 settimane circa.
Verifica e Valutazione: V. Formativa attraverso schede, questionari, tabelle, grafici. V. Sommativa attraverso le osservazioni sistematiche. Valutazione
bimestrale attraverso griglie predisposte.
CURRICOLO ESSENZIALE PERCORSO MODULARE
AREE
MODULI FONDAMENTI CONOSCITIVI OBIETTIVI DI APPRENDIMENTO
SEMANTICHE
Ascolta e comprende il significato del lessico presentato Saluti
MODULO N°1 Ascolta e comprende semplici istruzioni e facili consegne Numeri Capacità di salutare, presentarsi e congedarsi
Ascolta e comprende semplici e brevi dialoghi Colori Capacità di eseguire semplici comandi
Ascoltare e comprendere Ascolta e comprende informazioni sulla Gran Bretagna Capacità di identificare e denominare i numeri
semplici messaggi Ascolta e intuisce il significato globale di semplici canzoni e da 1 a 12
filastrocche Capacità di chiedere e indicare il numero di telefono
Capacità di chiedere e indicare l’età
MODULO N°2 Legge e comprende parole già acquisite oralmente Oggetto d’uso sco-
Capacità di identificare i colori primari e secondari
Abbina parole ad immagini lastico
Capacità di identificare gli oggetti d’uso scolastico
Leggere e comprendere Conosce alcuni aspetti della cultura anglosassone: Animali domestici
Capacità di identificare gli animali domestici
brevi testi la festa di Halloween, il Natale e la Pasqua in Gran Bretagna I giorni della settimana
Capacità di denominare i giorni della settimana.
Utilizza le diverse forme di saluti I capi di abbigliamento Capacità di descrivere il proprio abbigliamento e
Sa presentare se stesso e riferire la propria età Cibi e bevande quello degli altri
MODULO N°3
Sa chiedere semplici informazioni ad altri Halloween - Natale - Capacità di saper chiedere ed esprimere sensazioni
Esegue semplici comandi Pasqua e stati d’animo
Sostenere una facile
Sa numerare da 1 a 20 Capacità di esprimere i propri gusti relativi a cibi
conversazione
Sa chiedere e riferire il numero di telefono e bevande
utilizzando un lessico
Sa esprimere sensazioni e stati d’animo Capacità di conoscere le principali festività: Hallo-
gradualmente più ampio
Sa descrivere oggetti in base al colore e al numero ween, Natale, Carnevale, Pasqua
Sa esprimere vocaboli relativi alle diverse aree semantiche
Indicazioni metodologiche: Problem posing – Brain Storming – Ricerca - azione – Mastery learning – Individualizzazione – Istruzione programmata – Problem-solving.
Strumenti e mezzi: Strumenti multimediali, materiale strutturato e non, Cartelloni murali, Materiale di facile consumo, Flash-cards, giornali, libro di testo, Giochi strutturati etc.
Tempi: I moduli saranno trattati e sviluppati in parallelo con gli altri moduli, tuttavia ciascun modulo avrà la durata di 6/8 settimane circa.
Verifica e Valutazione: V. Formativa attraverso schede, questionari, tabelle, grafici. V. Sommativa attraverso le osservazioni sistematiche. Valutazione bimestrale
attraverso griglie predisposte.
Programmazione - schemi -
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C7
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P r i n c ipi t e o r i c i g e n e r a l i
AREE
MODULI FONDAMENTI CONOSCITIVI OBIETTIVI DI APPRENDIMENTO
SEMANTICHE
Ascolta e comprende messaggi orali e sa fornire risposte Saluti Capacità d salutare utilizzando espressioni ap-
MODULO N°1 verbali Numeri propriate
Ascolta e comprende informazioni riguardanti cose e persone L’ora Capacità di identificare e denominare i numeri
Ascoltare e comprendere Ascolta e comprende il significato globale di un breve dialogo da 12 a 30
semplici messaggi Ascolta e comprende semplici istruzioni e consegne Capacità di chiedere ed esprimere l’ora intera e
Riconosce una frase interrogativa, negativa e affermativa le frazioni di ora
Capacità di identificare gli animali domestici, della
Legge e comprende un breve messaggio Animali
MODULO N°2 fattoria, dello zoo
Legge e comprende il significato di semplici canzoni filastroc- Cibi e bevande
Capacità di esprimere il possesso
che e poesie Provenienza e nazio-
Leggere e comprendere Capacità di esprimere i propri gusti relativi a cibi
Conosce alcuni aspetti della cultura anglosassone: nalità
brevi testi e bevande
la festa di Halloween, il Natale e la Pasqua in Gran Bretagna
Capacità di indicare e chiedere il Paese di prove-
È capace di salutare presentarsi e congedarsi utilizzando La casa nienza e la nazionalità
espressioni appropriate L’alfabeto Capacità di descrivere la casa
Sa riferire e chiedere la nazionalità e la provenienza Halloween - Natale - Capacità di localizzare oggetti, persone, animali
MODULO N°3
Esegue semplici istruzioni. Sa numerare da 12 a 30 Carnevale - Pasqua Capacità di riconoscere i simboli dell’alfabeto
Sa localizzare oggetti, persone, animali inglese per operare lo spelling di semplici parole
Sostenere una facile
Esprime gusti e preferenze. Esprime il possesso Capacità di parlare di ciò che si è/non si è in grado
conversazione
Sa dire ciò che può / non può fare di fare
utilizzando un lessico
Sa riconoscere le azioni in corso di svolgimento Capacità di riconoscere le azioni in corso di
gradualmente più ampio
Sa esprimere vocaboli relativi alle diverse aree semantiche svolgimento
Capacità di conoscere le principali festività: Hallo-
ween, Natale, Carnevale, Pasqua
Indicazioni metodologiche: Problem posing – Brain Storming – Ricerca - azione – Mastery learning – Individualizzazione – Istruzione programmata – Problem-solving.
Strumenti e mezzi: Strumenti multimediali, materiale strutturato e non, Cartelloni murali, Materiale di facile consumo, Flash-cards, giornali, libro di testo, Giochi strutturati etc.
Tempi: I moduli saranno trattati e sviluppati in parallelo con gli altri moduli, tuttavia ciascun modulo avrà la durata di 6/8 settimane circa.
Verifica e Valutazione: V. Formativa attraverso schede, questionari, tabelle, grafici. V. Sommativa attraverso le osservazioni sistematiche. Valutazione bimestrale
attraverso griglie predisposte.
CURRICOLO ESSENZIALE PERCORSO MODULARE
AREE
MODULI FONDAMENTI CONOSCITIVI OBIETTIVI DI APPRENDIMENTO
SEMANTICHE
Ascolta e comprende il significato di un semplice brano Alfabeto Capacità d salutare utilizzando espressioni appropriate
Ascolta e comprende informazioni riguardanti oggetti, per- Numeri ordinali Capacità di riconoscere i simboli dell’alfabeto
MODULO N°1 sone, animali Data inglese per operare lo spelling
Ascolta e comprende informazioni riguardanti orari, date, Mesi e stagioni Capacità di identificare e denominare i numeri
Ascoltare e comprendere tempo atmosferico ordinali da 1 a 31
semplici messaggi Ascolta e comprende messaggi, istruzioni e consegne Capacità di utilizzare i numeri ordinali per espri-
Riconosce una frase interrogativa, negativa e affermativa mere la data
Ascolta e comprende informazioni sulla Gran Bretagna Capacità di chiedere e dire i mesi dell’anno e le stagioni
Capacità di osservare e chiedere informazioni sul
Legge correttamente brani composti da due o più frasi Tempo atmosferico
tempo atmosferico
MODULO N°2 Legge e completa brevi messaggi sostituendo parole ad I nomi dei negozi
Capacità di riconoscere i diversi tipi di negozi
immagini
Capacità di saper acquistare qualcosa
Leggere e comprendere Legge e coglie informazioni e dati da un testo descrittivo
Capacità di esprimere sensazioni fisiche
brevi testi Legge e comprende il significato di semplici canzoni e fila-
Capacità di chiedere e dare informazioni sulle azioni
strocche
che si compiono abitualmente (presente)
Utilizza la L2 per parlare di sé e degli altri, delle preferenze, Il sistema scolastico Capacità di chiedere e dare informazioni sulle azioni
degli hobbies inglese che si sono già compiute (passato)
MODULO N°3
Utilizza la L.2 per chiedere e dare informazioni Halloween - Natale - Capacità di chiedere e dare informazioni sulle azioni
Simula situazioni concrete di conversazioni brevi in L.2 Carnevale - Pasqua che si compiranno (futuro)
Sostenere una facile
Conosce i principali tempi verbali (cenni) Capacità di formare il plurale regolare e irregolare
conversazione
Utilizza gli articoli determinativi e indeterminativi Capacità di conoscere gli aggettivi possessivi e
utilizzando un lessico
Sa formare il plurale dimostrativi
gradualmente più ampio
Conosce gli aggettivi possessivi e dimostrativi Capacità di conoscere le principali festività:
Sa esprimere vocaboli relativi alle diverse aree semantiche Halloween, Natale, Carnevale , Pasqua
Indicazioni metodologiche: Problem posing – Brain Storming – Ricerca - azione – Mastery learning – Individualizzazione – Istruzione programmata – Problem-solving.
Strumenti e mezzi: Strumenti multimediali, materiale strutturato e non, Cartelloni murali, Materiale di facile consumo, Flash-cards, giornali, libro di testo, Giochi strutturati etc.
Tempi: I moduli saranno trattati e sviluppati in parallelo con gli altri moduli, tuttavia ciascun modulo avrà la durata di 6/8 settimane circa.
Verifica e Valutazione: V. Formativa attraverso schede, questionari, tabelle, grafici. V. Sommativa attraverso le osservazioni sistematiche. Valutazione bimestrale
attraverso griglie predisposte.
Programmazione - schemi -
95
C7
PLESSO
FUNCTION
STRUCTURES VOCABULARY
96
Programmazione - schemi -
e colore delle illustrazioni, contenuti linguistici, fonetici, etc.
chiarezza, adeguatezza, gradualità degli obiettivi e degli argomenti;
MADRELINGUA: SI NO
CONSIDERAZIONI PRATICHE
P r i n c ipi t e o r i c i g e n e r a l i
MADRELINGUA: SI NO
TIPO DI APPROCCIO:
sì no
sì no
sì no
sì no
Ludico sì no
Coinvolge la corporeità sì no
Per argomenti sì no
Affettivo/emotivo sì no
ABILITà
L’allievo può “esercitare” tutte le abilità linguistiche a lui sì no
necessarie per soddisfare i suoi “bisogni”
Le abilità sono tra esse “bilanciate” sì no
L’esercizio di una singola abilità è integrato con le altre sì no
TIPO DI LINGUAGGIO USATO (e
sue varietà)
Uso esclusivo della lingua straniera sì no
Prevalenza di dialoghi sì no
Occasione per “recepire” la lingua, anche se a livello passivo sì no
La lingua utilizzata è al giusto livello per gli allievi sì no
Le “nuove” strutture sono introdotte in un contesto realistico sì no
99
e motivante
Le “nuove” strutture sono introdotte in maniera progressiva sì no
Il linguaggio utilizzato rispetta i “bisogni” degli allievi sì no
Il linguaggio utilizzato è quello della “vita reale” sì no
TIPO DI TESTI CONTENUTI
Varietà sì no
Testi pragmatici sì no
Testi descrittivi sì no
Testi poetici sì no
Testi narrativi sì no
Testi connotativi sì no
Testi regolativi (es. giochi) sì no
Canti/filastrocche sì no
CONTENUTO dei materiali proposti
Rilevante per l’allievo sì no
Realistico (almeno una minima parte) sì no
Vita quotidiana sì no
Civiltà, tradizioni e festività sì no
Parte I
ANALISI DEL LIBRO DI TESTO
GRIGLIA DI VALUTAZIONE
TITOLO: AUTORE: EDITORE:
MADRELINGUA: SI NO
Geografia “essenziale” sì no
P r i n c ipi t e o r i c i g e n e r a l i
Interessante sì no
Vario sì no
INDICAZIONI PER L’INSEGNANTE
Nel testo stesso sì no
Apposita guida sì no
Dettagliate sì no
Spunti per ulteriori attività di facile consultazione sì no
MATERIALE COLLEGATO AL
TESTO
Guida per l’insegnante sì no
Audiocassetta sì no
Videocassetta sì no
Workbook sì no
Cd rom sì no
Flashcard sì no
Altro sì no
100
Parte II
Questions and answers
Parte II
mastery of form which they need for effective communication. Both teachers and
textbook writers have the responsibility of seeing that they do not ‘short change’
the learners for reasons that are sometimes ideological rather than pedagogical.
as near as possible to the ideal one the child can produce. That’s why only correct
techniques should be demonstrated.
The success of any classroom game depends on the teacher’s attitude. Even a
well prepared teacher, if he lacks a contagious enthusiasm, may preside over the
demise of what could be an effective teaching approach. Children are extremely
sensitive to adult moods- and perform accordingly. Games are most effective when
the teacher projects enthusiasm. But the children should never be allowed to
get out of the control. Equally important is the concept of fair play: if you do not
stick to the rules but permit even one student to break a rule you will establish
an unfortunate precedent that can lead to hostility among the students. It is
best always, therefore, to prevent all problems of this kind by playing the game
according to the rules
primary level.
Pupils will always work well at material or activities which involve them, so we
need to find topics and tasks that will engage students physically, emotionally,
socially and intellectually in learning the new language. Different writers
emphasise different kinds of involvement. Asher’s Totally Phycal Response, as he
name suggests, sets high store by giving students instructions to follow through
overt physical activities. Gertrude Moscowitz in “Caring and Sharing in the Foreign
language Classroom” empasises the importance of affective or emotional factors:
-“affective learning is effective learning”. – exhorting us to encourage our students
to talk about things that are of real interest and concern in their lives, to express
their feelings as well as their thoughts.
In her recent handbook, Developing Reading Skills, Francoise Grellet gives three
reasons why authentic texts should be used where possible. While her concern
is with the development of reading, there three factors equally apply to the need
for authentic listening texts. Her points are as follows:
1) Simplified texts are often more difficult for students, paradoxically, as the
systems of references, repetition, inbuilt linguistic redundancy and discourse
markers have been removed or radically altered.
2) The difficulty of a reading exercise or listening exercise depends more on
the type of task set than on the text itself. It is the grading of exercises rather
than of texts which is necessary.
3) Standardizing the presentation of texts in a textbook negates their authenticity
and reduces interest and motivation. This “doctoring” moreover makes the
text more difficult for students — different typefaces, the relative weight and
size of print in a text and the use of non-linguistic support material such as
pictures all convey meaning to the reader, in the same way inauthentic pre-
written dialogues and faultless monologues for listening are misleading to
students and often leave them cold. They should be left on the shelf in favour
of authentic audio material.
112
32) Basic principles in the teaching of English in the primary school.
There are five guidelines to put into practice:
1. Language teaching at the lower primary level must be active and dynamic.
Furthermore, it must respond to the child’ urge to create and his desire for
activity. The teacher therefore would do well to keep in mind this dictum:
when the children touch, see, and say, they learn.
2. Language teaching at the lower primary level should place greatest empha-
sis on socializing activities-that is, activities that help the pupil fit himself
into his own situation- with their consequent ample use of language.
3. The lesson should consist of self-contained segments that (because of the
short attention span of children this age) do not last much longer than five
minutes.
4. To maintain the children’s interest, the methods and materials used in con-
tiguous segments should be as dissimilar as possible.
5. The teacher should strive to present any given item (a pronunciation, a new
word, a cultural or structural item) in as many different ways and contexts
as possible, in order to reinforce it.
(from an article by George Wilcox “Ideas for Teaching Young Children” )
Parte II
33) Oral production in the teaching of English at elementary level.
The use of language for purposes of real communication is difficult to achieve
especially for the fact that the learner cannot rely on the language he is studying
as his language of communication with people around him. It is likely, therefore,
that for some time his chief opportunity of using the language as a necessary
means of communication will be through the receptive skills of aural and
written comprehension, with the aid, if possible, of the radio, dvds, films, …
40) Are there any part of lesson which need more stirring or more
settling. Show some settler activities and stirring activities.
SETTLER ACTIVITIES
A. Vocabulary
Use simple vocabulary categorising or brainstorming activities. For example give
children 12 words randomly across the board and ask them to put them into the 115
correct category. Revise familiar lexical sets or reinforce the topic you are currently
teaching. Then ask children to add other lexical items.
STIRRING ACTIVITIES
A. Use songs
All children are motivated by songs and these kinds of activities are all-inclusive,
catering for all levels of learner.
42) How can a teacher prevent pupils from boring and stressing?
— Give the children confidence.
— Explain why the children have to listen.
— Make sure the learners are clear about why they are listening.
— Help children develop specific strategies for listening. An important strategy
that the teacher should teach is “intelligent guesswork”. Pupils are used to
drawing on their background knowledge to work out something they are not
sure of.
— Set specific listening tasks.
— Rely, when possible, on teaching aids.
116 (adattato da TeachingEnglish- British Council)
47) Are vernacular dialects different from “bad English” and if so, how? 117
To realize that differences among regional and social dialects of English or another
language are a matter of regular, contrasting patterns in their sound systems,
grammar, and lexicons — rather than errors — educators need a solid grounding
in sociolinguistics and in language behavior across cultures.
Schools must help children who speak vernacular varieties of English master the
standard variety required for academic development, and they must respect the
dialects that children use in their families and primary communities.
Recognizing how language influences adults’ perceptions of children and
how adults relate to children through language is crucial to teachers’ work.
Educators need enough knowledge to keep speakers of vernacular dialects from
being misdiagnosed and misplaced in school programs. In addition, they need
knowledge about language variability in order to make sound decisions about
instruction.
only provide access to the language, they also provide clues as to how to combine
and communicate ideas, information, and intentions. Teachers must know enough
about language and language learning to evaluate the appropriateness of various
methods, materials, and approaches for helping students succeed.
References
August, D., & Hakuta, K. (Eds.). (1998). Educating language minority children.
Washington, DC: National Academy Press.
Cummins, J. (1984). Bilingualism and special education: Issues in assessment and pedagogy.
Clevedon, England: Multilingual Matters.
Fillmore, L.W. (1991). Second language learning in children: A model of language learning
in social context. In E. Bialystok (Ed.), Language processing by bilingual children (pp.
49-69). New York: Cambridge University Press.
McCabe, A. (1995). Chameleon readers: Teaching children to appreciate all kinds of good
stories. New York: McGraw-Hill.
Snow, C.E., Burns, M.S., & Griffen, P. (Eds.). (1998). Preventing reading difficulties in
young children. Washington, DC: National Academy Press.
This Digest summarizes a paper by Lily Wong Fillmore and Catherine Snow, “What
Teachers Need to Know About Language.
Parte III
PASSAGES* FOR TEACHING ENGLISH
AT ELEMENTARY LEVEL
Pa s sag e s f o r t e ac h i n g e n g l i s h
Sommario: 1. The magic of story time. - 1.1 Where the ‘magic’ lies. - 1.2 Sources of stories. - 1.3
Supporting children’s understanding. - 1.4 The storytelling process. - 2. Stirrers and settlers for
the primary classroom. - 2.1 Analyse a lesson!. - 2.2 Settling students. - 2.3 Settler activities. - 2.4
Stirring students. - 2.5 Stirring activities. - 3. Listening to body language. - 3.1 Conclusion. - 4. Making
listening an authentic experience. - 4.1 Types of listening tasks. - 4.2 Preparing students for listening.
- 4.3 Making listening more authentic. - 4.4 An authentic approach. - 4.5 Some problems with an
at e l e m e n ta r y l e v e l
authentic approach. - 4.6 Conclusion. - 5. A framework for planning a listening skills lesson. - 5.1
The basic framework. - 5.2 Pre-listening. - 5.3 While listening. - 5.4 Post-listening. - 5.5 Applying
the framework to a song. - 5.6 Conclusion. - 6. Pre-listening activities. - 6.1 Why do pre-listening
tasks?. - 6.2 Aims and types of pre-listening tasks. - 6.3 Selection criteria. - 7. Stop, go back dictation.
- 7.1 Preparation. - 8. Listening for key words in songs. - 8.1 Preparation. - 9. Listen for your word.
surprise, worry or fear. We can also use different voices to portray different
characters, for example, a deep voice for Father Bear and a high-pitched voice
for Baby Bear in the traditional Goldilocks story;
— using facial expression — to enhance the way we express a range of emotions
such as the examples given above;
— using mime and gesture — to demonstrate the meaning of unfamiliar
vocabulary e.g. the way the giant ‘strode’ across the room, or pretending
at e l e m e n ta r y l e v e l
Pa s sag e s f o r t e ac h i n g e n g l i s h
and the inbuilt scaffolding that this provides. With each re-telling, children
become more confident and fluent in using the language the story contains.
3. It caters for diversity
The storytelling process allows for all children to participate successfully
at the level at which they are ready to do so. By the end of the storytelling
process, some children may only be producing key vocabulary or phrases
at e l e m e n ta r y l e v e l
from the story, whereas others may know the whole story off by heart, and
others may be ready to invent their own. In either case, stories provide a
context for learning which allows all the children to participate fully and
to fulfil their own individual potential for learning.
4. Variety is essential
In order to keep children engaged, variety is essential in the way we re-
tell the story. As a rule of thumb, it is advisable never to tell a story in the
same way twice, and always to get the children to do something different
(increasing the level of challenge each time) in response. There are many
techniques we can use for doing this, such as getting children to hold up
vocabulary cards when they hear the words in the story, or move cut-out
characters on their desks as they speak, or act out the story with pencil or
finger puppets. A wealth of ideas which can be adapted to different stories
can be found in the books and online resources listed below.
5. There are opportunities for transfer
As part of the storytelling process, we need to provide frequent opportunities 125
for children to transfer the language they learn from stories to other
personalised, relevant and meaningful contexts. In terms of evaluation of
the storytelling process, it is this that ultimately provides us with feedback
about the learning that has taken place, and the level of competence and
independence in using the language which the children have achieved.
In conclusion, the ‘magic of story time’ provides a powerful vehicle for language
learning throughout the kindergarten and primary school years, and the
storytelling process enables us to maximise the benefits for all the children
we teach.
(By Carol Read)
to use short, sharp activities so that children can sustain their attention. If
concentration flags, change the activity. Teachers need to plan a balance of
‘heads up’ and ‘heads down’ activities, alternating the interaction patterns
between individuals/pairs/groups and whole-class activities.
— Likewise teachers will need to take into account the learning styles of the
different children in the class. Different types of activities will be more
suited to visual/ auditory/ kinaesthetic /tactile learners.
— Finally, there is often a need to build in some ‘quiet time’ into a lesson. This
time helps students as well as teacher sanity. Silent reading or an individual
quiet activity can help prepare a class for learning - for example if they arrive
after a noisy P.E. lesson. The teacher can take the opportunity during these
kinds of activities to deal with classroom, check who knows what and/or
give individual help where necessary.
126 Think about any lesson you have taught recently and analyse the pattern and
balance of the lesson. Draw a graph with a horizontal and vertical axis. Write
the activities you did with the class on the bottom axis and then plot the noise
and activity level. Remember noise is not always negative! Then analyse your
graph. Are there any parts of the lesson which needed more “stirring” or more
“settling”? This technique is useful to evaluate a lesson you were not happy
with and can help you to pinpoint the areas to plan in greater detail.
Pa s sag e s f o r t e ac h i n g e n g l i s h
children 12 words randomly across the board and ask them to put them into
the correct category. Revise familiar lexical sets — clothes, colours, numbers,
animals or reinforce the topic you are currently teaching. Ask children to add
other lexical items.
at e l e m e n ta r y l e v e l
Mammals Reptiles Birds Insects
of furniture this will require some planning. Vary pairs and groups by assigning
random numbers. With large classes organise “Home” groups so that children
move into these automatically for group work.
Encourage movement as much as possible. Even asking children to come out
to the front and write an answer on the board provides variety and livens up
dull exercises.
at e l e m e n ta r y l e v e l
Pa s sag e s f o r t e ac h i n g e n g l i s h
our young learners who are learning English as an additional language. I will
identify a number of learning theories, together with a list of considerations
and cautions with some insights that I have gained from trying to make listening
in my classroom more comprehensible.
• The nature of listening
• Why we need to develop listening skills
at e l e m e n ta r y l e v e l
• Theories I consider when I develop listening skills
• Some considerations for classroom listening
• What I do to be more comprehensible
• Conclusion
direct their pupils’ attention to specific points that have to be listened for
“using activities that actively support learners” understanding and guide their
attention to specific parts of the spoken text.
Wells says a lot of children’s learning “is dependent on making connections
between that they know and what they are able to understand in the speech
they hear” but they don’t learn only listening, motivation for learning language
is to be able to communicate “using all the resources they have already acquired
at e l e m e n ta r y l e v e l
to interact with other people about their needs and interests”. This seems to
be in line with social constructivist theories.
1. Piaget believed that a young learner “constructs” or builds understanding
over time.
2. Vygotsky believed that learning was ahead of development and for
development to occur, interaction with adults or peers who are more
knowledgeable is needed. This has been termed the “zone of proximal
development”.
3. Bruner extended Vygotsky’s ZPD theory by defining the role of the more
knowledgeable “other” as someone who is actively involved in the learning
processes by closing the gap between what has been partially and fully
understood. This has been termed “scaffolding”.
Pa s sag e s f o r t e ac h i n g e n g l i s h
It is therefore our duty as teachers to ensure that the materials we use are
comprehensible to our young learners, as well as within the range of what
they are developmentally ready for. Listening is also hard work! And can be
stressful! So in order to maximise the potential for acquisition of language, we
need to ensure that our young learners are not stressed about this process.
at e l e m e n ta r y l e v e l
(by Wendy Arnold)
Pa s sag e s f o r t e ac h i n g e n g l i s h
— When teachers deal with listening in class, this is most commonly done with
the use of recorded text on audio tape or CD, so these more visual factors
in the communication are neglected in our students’ second language
development.
— Many of these traits of communication can have different meanings or be
interpreted in completely different ways in different cultures.
at e l e m e n ta r y l e v e l
How to teach body language
So how can we deal with body language and help our students to interpret it.
For me one of the most useful mediums for this has been video and particularly
video without the sound. Whenever I use video clips in class with my students
I always play them through at least once without the sound on first.
There are a number of different tasks that I’ve used depending on the type of
clip being shown.
— It’s often interesting to play the clip through and get students to speculate
about the relationships of the people in the scene.
— Who is emotionally closest or involved with which other characters?
— What’s the relationship between characters?
— Who is feeling angry?
— What is each person feeling or thinking?
— You can also try to get students to predict what they think characters are
talking about or even what they are saying. If their level is low then they can 133
predict what kinds of things they would be saying in their mother tongue.
— If you have access to, or can transcribe the script for the clips you use, you
can get your students to try to act out the scene using the script before
they hear it. Just let them watch first and think about what the character
they have to play is likely to be thinking or feeling. This gets the students
attempting to interpret their body language and express it through the way
they read the script.
— I’ve also found it interesting to do cultural comparisons using a scene from
the target culture with a similar scene on a video from their own culture. Just
choose something fairly straightforward, like a group of friends in a café or
restaurant and aks students to look for differences in the way they interact.
— Do they touch when they meet?
— How close do they sit when they talk?
— Do they touch whilst talking?
— Do they make eye contact?
— Do they openly express any emotions?
— If you can’t find parallel clips, then you could just watch a clip from the
target culture and ask your students to think about how the scene would
be different if it were in their country.
Parte III
— Getting students to view silently before they listen to a scene or video clip
can also help them to look for ‘subtext’. It is often the case that things are
Pa s sag e s f o r t e ac h i n g e n g l i s h
being implied which aren’t stated in words. Getting students to focus on these
factors can help to raise their awareness of the non-verbal communication,
which is happening.
— If you have time, try preparing two ‘false’ scripts for a scene. These can be
slight variations on the authentic one. Then give the three scripts to the
students and get them to watch the clip silently and deduce which of the
scripts is the correct one.
at e l e m e n ta r y l e v e l
— If you can’t get access to video from the target culture then you can still use
clips from the students’ mother culture. Things like politicians speaking
or televised debates where there are a number of people round a table
discussing something can be really useful. You can pause and get students
to predict who will be speaking next, or who is making a point.
4.1 Conclusion
I believe that whatever kind of silent viewing you do and whatever you choose
to focus on will ultimately help your students to understand when it comes
to listening. They will at least have developed a conceptual framework for
what they need to understand and will have built up some expectations of
what they will hear. Listening should not be an activity we do divorced from
visual context. What we see is part of the comprehension experience and body
language forms a large part of how we communicate our message, even if at
times we are unaware of it. Comprehension of body language may not help
134 them when it comes to expressing themselves, but it’s surprising just how
much you can understand without ever hearing a word. If you don’t believe
me, why not try turning the volume off the next time you are watching TV.
You’ll be surprised.
(by Nik Peachey)
Pa s sag e s f o r t e ac h i n g e n g l i s h
— Some problems with an authentic approach
— Conclusion
at e l e m e n ta r y l e v e l
listening activity and you will find these. Sometimes they will be multiple-
choice questions, sometimes true/false statements and sometimes open wh-
questions. In many ways there is nothing wrong with this, but how often do we
really do these kinds of tasks in our everyday lives? Do you sit down to watch TV
or listen to the radio with a set of questions in front of you? I very much doubt
it. As such these types of activities aren’t developing our students’ abilities to
understand and process what they’ve heard in any meaningful kind of way.
purpose of the text should define the task we assign our students and in so
doing we develop our students’ abilities to understand and process what they
hear rather than just achieving a score.
Below are a few suggestions that link types of text to possible tasks:
Pa s sag e s f o r t e ac h i n g e n g l i s h
Many students expect us as their teachers to make things easy for them and to
help them. This is also our instinct on seeing our students struggling, but we must
try to resist this urge to do the work for them and help students to see that by
doing the work for them we undermine their potential to achieve for themselves.
5.6 Conclusion
at e l e m e n ta r y l e v e l
I have for some time been adopting this approach, and while it does have its
initial drawbacks for students that come from an educational culture that puts
emphasis on testing and teacher dependence, if as teachers we are prepared
to persevere, in the long term I have found that the students do understand,
appreciate and benefit from a more authentic listening experience.
(by Nik Peachey)
Contextualisation
When we listen in our everyday lives we hear language within its natural
environment, and that environment gives us a huge amount of information
about the linguistic content we are likely to hear. Listening to a tape recording
in a classroom is a very unnatural process. The text has been taken from its
original environment and we need to design tasks that will help students to
contextualise the listening and access their existing knowledge and expectations
to help them understand the text.
Preparation
To do the task we set students while they listen there could be specific
vocabulary or expressions that students will need. It’s vital that we cover this
before they start to listen as we want the challenge within the lesson to be an
act of listening not of understanding what they have to do.
Pa s sag e s f o r t e ac h i n g e n g l i s h
or ‘thinking’ space between listenings. I usually get my students to compare
their answers between listenings as this gives them the chance not only to have
a break from the listening, but also to check their understanding with a peer
and so reconsider before listening again.
6.4 Post-listening
at e l e m e n ta r y l e v e l
There are two common forms that post-listening tasks can take. These are
reactions to the content of the text, and analysis of the linguistic features used
to express the content.
Reaction to the text
Of these two I find that tasks that focus students reaction to the content are
most important. Again this is something that we naturally do in our everyday
lives. Because we listen for a reason, there is generally a following reaction.
This could be discussion as a response to what we’ve heard — do they agree
or disagree or even believe what they have heard? — or it could be some kind
of reuse of the information they have heard.
Analysis of language
The second of these two post-listening task types involves focusing students
on linguistic features of the text. This is important in terms of developing their
knowledge of language, but less so in terms of developing students’ listening
skills. It could take the form of an analysis of verb forms from a script of the 139
listening text or vocabulary or collocation work. This is a good time to do form
focused work as the students have already developed an understanding of the text
and so will find dealing with the forms that express those meanings much easier.
— Students find new words in the song and find out what they mean
— Students make notes of common collocations within the song
6.6 Conclusion
Within this article I have tried to describe a framework for listening development
that could be applied to any listening text. This isn’t the only way to develop
our students listening or to structure a listening lesson, but it is a way that I
have found to be effective and motivating for my students.
(by Nik Peachey)
7. Pre-listening activities
Listening skills are hard to develop. Students can do a variety of work before
listening to help them understand the listening.
140 — Why do pre-listening tasks?
— Aims and types of pre-listening tasks
— Selection criteria
Pa s sag e s f o r t e ac h i n g e n g l i s h
7.2 Aims and types of pre-listening tasks
Setting the context
This is perhaps the most important thing to do - even most exams give an idea
about who is speaking, where and why. In normal life we normally have some
idea of the context of something we are listening to.
at e l e m e n ta r y l e v e l
Generating interest
Motivating our students is a key task for us. If they are to do a listening about
sports, looking at some dramatic pictures of sports players or events will raise
their interest or remind them of why they (hopefully) like sports. Personalisation
activities are very important here. A pair-work discussion about the sports
they play or watch, and why, will bring them into the topic, and make them
more willing to listen.
Activating current knowledge — what do you know about…?
‘You are going to listen to an ecological campaigner talk about the destruction
of the rainforest’. This sets the context, but if you go straight in to the listening,
the students have had no time to transfer or activate their knowledge (which
may have been learnt in their first language) in the second language. What do
they know about rainforests? — Where are they? What are they? What problems
do they face? Why are they important? What might an ecological campaigner
do? What organisations campaign for ecological issues? 141
Acquiring knowledge
Students may have limited general knowledge about a topic. Providing
knowledge input will build their confidence for dealing with a listening. This
could be done by giving a related text to read, or, a little more fun, a quiz.
Activating vocabulary/language
Just as activating topic knowledge is important, so is activating the language that
may be used in the listening. Knowledge-based activities can serve this purpose,
but there are other things that can be done. If students are going to listen to
a dialogue between a parent and a teenager who wants to stay overnight at a
friend’s, why not get your students to role play the situation before listening.
They can brainstorm language before hand, and then perform the scene. By
having the time to think about the language needs of a situation, they will be
excellently prepared to cope with the listening.
Predicting content
Once we know the context for something, we are able to predict possible content.
Try giving students a choice of things that they may or may not expect to hear,
and ask them to choose those they think will be mentioned.
Parte III
Pre-learning vocabulary
When we listen in our first language we can usually concentrate on the overall
Pa s sag e s f o r t e ac h i n g e n g l i s h
meaning because we know the meaning of the vocabulary. For students, large
numbers of unknown words will often hinder listening, and certainly lower
confidence. Select some vocabulary for the students to study before listening,
perhaps matching words to definitions, followed by a simple practice activity
such as filling the gaps in sentences.
Checking / understanding the listening tasks
at e l e m e n ta r y l e v e l
By giving your students plenty of time to read and understand the main listening
comprehension tasks, you allow them to get some idea of the content of the
listening. They may even try to predict answers before listening.
Pa s sag e s f o r t e ac h i n g e n g l i s h
control of their learning. Suitable for classes of any level, this activity demands
little teacher preparation.
8.1 Preparation
You will need a short text (not more than 50 words) which you think will be
of value to your students. This could be to introduce some new language, for
at e l e m e n ta r y l e v e l
revision, or to expose students to a particular text type, such as a short note.
Procedure
— I draw on the board three symbols as they are on the classroom cassette
machine: play, stop and go back (rewind).
— I then elicit or pre-teach these terms, telling the class that in a minute I will
be their “cassette machine”. I explain to students that I will be playing a short
text that they should write down word per word. I will read at normal speed
but at any time they can ask me to stop and go back to a particular point in
the text: e.g. stop, go back to “she was wearing’’.
— Once students are ready with pencil and paper I stand at the front of the
class, without speaking. Students normally look at each other for a few
seconds, then somebody thinks to shout out “play” and I start reading!
— I usually read at a slow-normal speed, trying to read the sentences with
natural intonation and linking between words, rather than uttering each
word separately.
— I let the class take complete control, stopping only when they ask me to 143
using the “stop-go-back” formula, and if not, reading on until they do (it
may take them a few goes before they understand how to successfully stop
their “cassette machine”).
— The dictation goes on until all the students feel satisfied with their text. I find
that even when the slower / weaker students ask the teacher to go back, the
fast / stronger students still feel this is useful for them as they use this to
carefully check what they have written.
— Once everybody has the full text, students can then ask their ‘cassette
machine’ to read it through one more time.
— I give students a few minutes to compare their texts in pairs, and then hand
out copies of the original for them to check against.
— An interesting alternative for feeding-back is for the students to re-dictate
the text to the teacher. I make sure to write up the text exactly as they
say it (i.e. keeping any mistakes). Once the whole text is on the board, I
guide my students to identifying any areas that are not correct, and go
over them.
— Rather than then finish with the text, it can be productive for learners to look
at it more closely, be it for language focus, genre analysis or for a discussion
of meaning. Having acquired the text themselves (through controlling the
Parte III
dictation), any work done at this stage can be particularly engaging for
students, helping them to better understand and retain the language.
Pa s sag e s f o r t e ac h i n g e n g l i s h
in difficult texts. This activity works well with all kinds of songs, and can be
used to introduce a song, or simply as an enjoyable warmer or cooler.
9.1 Preparation
You will need to choose a song for your class and have copies of the lyrics. You
also need to produce a set of cards per group of 4 / 5 students, so work out how
many you need for your class. The sets of cards (each in an envelope) should
consist of around 20 words, some taken from the song (words your students
will recognise), whilst others are not from the song, but are similar in meaning
/ sound to the words from the song.
Procedure
— With each group around a table, I tell students that I’m going to give
them some words from a song. They have a few minutes to lay out the
cards and decide what they think the song is about. If students need help
brainstorming, I ask a few questions:
144
— “Do you think it’s sad or happy?”
— “Is it a love song?”
— “Why? Which words make you think that?”
— I then tell my students that in fact only some of these words are in the song,
and that they’ll listen to the song to find out which.
— If they hear one of the words, they should grab that card. I clarify here that
this is not team-work, but a competition. At the end of the song, they’ll check
their cards and get +1 point for correct cards and -1 point for wrong cards.
— I play the song once for students to listen and “grab”.
— I then ask students how many cards they’ve got. I hand out the lyrics (or
have one copy large enough for all to see) and ask students to find their
words.
— Each group announces the student with the highest number of points for
the class to clap.
— Following this activity, I can then go on to use the song for a variety of purposes,
for example as a text for reading comprehension or language work, or for the
class to sing together.
Note: this activity can be used at all levels — it just depends on the words you
put on the cards. “Difficult” songs can be made doable if the words chosen
Parte III
are simple and easy to pick out. Similarly, an “easy” song can be made more
challenging for high-level students by choosing words that are difficult to hear,
Pa s sag e s f o r t e ac h i n g e n g l i s h
or putting in words with very similar sounds.
(by Marta J. Sabbadini)
at e l e m e n ta r y l e v e l
activities.
I’d like to share an activity I learnt from Jeremy Harmer, in his last lecture here
in my town it’s called “story words” and I think it can work with different levels.
— First, choose a text or a short story that students have never heard, then,
choose many words from it and write them on the board at random.
— Divide the class into two teams. Ask students to choose “only one” word
without letting the others know it; nobody knows anyone else’s word. (In
order to prevent cheating, ask the students to write their chosen word down.)
— Ask them to stand up. Then, tell students they will have to sit down when
they hear their word otherwise they stay standing.
— Finally, read the text or play the tape if it’s already recorded. The team who
sits first will be the winner.
(by Patricia Ielmini)
if they leave the classroom being able to ask, for example, a new question in
English, say something about themselves, or sing a song. This means that
your aims will be clear to the children.
— Avoid activities that over-excite - it is often difficult to return to a calm and
controlled learning environment after a noisy game. Avoid activities that
require a lot of movement as you will find that there is often very little space
in a classroom for this type of activity. Also avoid activities that require a lot
at e l e m e n ta r y l e v e l
of cutting and pasting unless there is a clear linguistic outcome, as these can
cut into valuable time, apart from creating a great deal of mess.
— Make positive comments about the children’s work and efforts and let them
see that you value their work.
— Have additional material prepared to cope with faster and slower pupils’
needs and don’t let activities go on too long.
(adpted from an article by Gail Ellis)
Pa s sag e s f o r t e ac h i n g e n g l i s h
front of others if it’s appropriate. (…).
8. Remind the student of his goals. Be positive, but firm. Don’t reinforce the
student’s bad reputation. Don’t make negative comments in front of the
class, but do ask him to come and see you. He may need help. Watch for
backsliding. Old habits are hard to break.
9. Be a resource. Offer or locate additional instruction and materials at an
appropriate level. Keep files to help you come up with materials easily. Peer
at e l e m e n ta r y l e v e l
tutors are another valuable tool. Know what other classes and community
resources are available to help a student in need.
10. Vary your approach to help keep students interested and to accommodate
varied learning styles, and intelligences. Give your failing student a chance
to shine. Don’t lower your standards to accommodate a student who is
“working hard.” Your whole class will benefit from this step.
11. Acknowledge growth even when it does not include passing a test or class.
Make sure you spend time with that student before she receives an F on a
major paper, a test, or the class. A minute before class begins is all it takes
to say, “Those passive verbs are still really hard for you, but I could see you
worked on them. Let’s try again.” Once again, let the student verbalize his
own growth. “Do you read better now than you did nine weeks ago?” “Yes,
I do. I know more words, and I read better.” Don’t give a student a passing
grade for trying hard. It only takes her to a harder, more impossible level.
12. Keep a professional outlook. If you have followed this plan, you have done
your best. The student is responsible for his successes and failures.
147
(by Marta Dawley)
Pa s sag e s f o r t e ac h i n g e n g l i s h
each child but the depth in which it will be covered will be different.
at e l e m e n ta r y l e v e l
mis-match of expectations and to establish clear ways of working, and will
praise all effort, however small. Classroom dynamics will be analysed and
seating arrangements planned accordingly. Teacher talk will be analysed in
order to keep this clear and simple for instructions and demonstrations, to be
sensitive to the level of challenge different questions imply and to pitch them
appropriately for individual children, and to avoid excessive teacher talk, which
can be confusing. Pupils’ attention will be focussed so they keep on task and
teachers will be aware of the behavioural effect of activities which settle or stir,
occupy or involve, and sequence these appropriately.
their context.
(adpted from an article by Gail Ellis)
Pa s sag e s f o r t e ac h i n g e n g l i s h
about speaking.
Encourage cooperative learning.
Allow students to process new ideas in their first language.
Check that students understand by asking them to explain
what they have heard or by using open - ended questions.
Give models of work.
Show examples of finished work to allow students to see
at e l e m e n ta r y l e v e l
what is expected.
Encourage learners to take responsibility for their learning.
Provide adequate time to complete activities.
It takes longer to process information in a new language.
(Ministry of Education, Wellington, New Zealand)
She was there to answer any doubts and for me to check my knowledge but
when I wanted and asked for it, not when she, the teacher decided to test me.
She corrected what I did wrong when I asked, or rather helped me to correct
it, didn’t overdo the praise when I got it right and then left me to continue
repeating what I knew. Yes, lots of repetition, but it wasn’t boring. I was driven
internally to do it. Maybe like the “din in the head” phenomenon but here very
grounded also in the body.
As I went over what I had learned, new things would occur to me (I knew how
to say open but then wanted opening…) and I asked and got an immediate
response. So I was building on what I knew and asking as new needs occurred
to me, not being led by a pre-determined syllabus.
I felt confident I could learn and progress. Who knows why. Some things I have
forgotten a bit — maybe what I’d sign would look to a competent signer like
“he goed” sounds to a native speaker of English — but most of it has stayed
with me. I didn’t learn a huge vocabulary or fine tune much syntax but I know
I have something that will stay, including the desire to learn more.
152
(by Jane Arnold)
Pa s sag e s f o r t e ac h i n g e n g l i s h
textbooks etc., or teachers can write their own or modify an existing text.
The text should be at or below students’ current overall proficiency level,
although there may be some new vocabulary. It may even be a text that
students have seen before. The length of the text depends on students’
proficiency level.
3. The teacher reads the text again at normal speed and students take notes.
Students are not trying to write down every word spoken; they could not
at e l e m e n ta r y l e v e l
even if they tried, because the teacher is reading at normal speed.
4. Students work in groups of two-four to reconstruct the text in full sentences,
not in point form (also known as bullet points). This reconstruction seeks
to retain the meaning and form of the original text but is not a word-for-
word copy of the text read by the teacher.
Instead, students are working together to create a cohesive text with correct
grammar and other features of the relevant text type, e.g., procedure, or
rhetorical framework, e.g., cause and effect, that approximates the meaning
of the original.
5. Students, with the teacher’s help, identify similarities and differences in terms
of meaning and form between their text reconstructions and the original, which
is displayed on an overhead projector or shown to study in another way.
Among the reasons given for advocating the use of dictogloss are that
students are encouraged to focus some of their attention on form and
that all four language skills — listening (to the teacher read the text and
to groupmates discuss the reconstruction), speaking (to groupmates
153
during the reconstruction), reading (notes taken while listening to the
teacher, the group’s reconstruction, and the original text), and writing the
reconstruction) — are involved. Further potential benefits of the technique
are discussed later in this paper.
(adapted from an article by George Jacobs)
from homes where English is not the native language should be encouraged
to cultivate their home language as well as English. In some cases, the parents
of these children are unable to speak English. If the children do not maintain
their home language, they risk losing the ability to communicate well with
their family members (Wong Fillmore, 1991). Additional support for the home
language can come from after school and Saturday classes.
at e l e m e n ta r y l e v e l
Pa s sag e s f o r t e ac h i n g e n g l i s h
While some children acquiring a second language appear at first to confuse the
two languages, code-switching is, in fact, a normal aspect of second language
acquisition. Young bilingual children tend to insert single items from one
language into the other (McClure, 1977), primarily to resolve ambiguities
and clarify statements. Children over nine and adults, however, tend to switch
languages at the phrase or sentence level, typically to convey social meanings.
at e l e m e n ta r y l e v e l
Studies of code-switching in adults show it to be a sophisticated, rule-governed
communicative device used to achieve goals such as conveying emphasis
or establishing cultural identity. Children acquiring a second language are
learning to switch languages in the sophisticated manner they hear in their
homes and communities. Teachers should not hesitate to switch languages to
accommodate the language and culture of their students. The goal must always
be to communicate, rather than adhere to rigid rules about which language can
be used in a given circumstance or at a given time.
Principle 5: Children come to learn second languages in many different
ways.
Children become bilingual in different ways, the two most common being
simultaneous acquisition of two languages and successive acquisition of a second
language. A child under the age of three who is exposed to two languages usually
experiences simultaneous acquisition. If the child is exposed to the second
language at an older age, successive acquisition usually occurs. The rate of
acquisition varies depending on the amount of exposure and support the child 155
receives as well as on individual differences. Four types of bilingualism that fall
into the two ways of learning languages have been identified.
For types 1 and 2, children have had high exposure to both languages at an
early age.
Type 1, Simultaneous Bilingualism, refers to children who have early exposure
to both languages and are given ample opportunities to use both.
Type 2, Receptive Bilingualism, refers to children who have high exposure to a
second language but have little opportunity to use or practice it.
For types 3 and 4, children are learning the second language sequentially, after
they have learned their first language.
Type 3, Rapid Successive Bilingualism, refers to children who have had
little exposure to a second language before entering school but have ample
opportunity to use it once they enter.
Type 4, Slow Successive Bilingualism, refers to children who have had little
exposure to a second language and who have or avail themselves of few
opportunities and have low motivation to use it.
While these four generally describe the second language acquisition process,
the complexity of bilingualism can produce other variances.
Parte III
Principle 6: Language is used to communicate meaning.
Children will internalize a second language more readily if they are asked to
Pa s sag e s f o r t e ac h i n g e n g l i s h
engage in meaningful activities that require using the language. For children
who are learning English as a second language, it is important that the teacher
gauge which aspects of the language the child has acquired and which ones
are still to be mastered. Wong Fillmore (1985) recommends a number of steps
that teachers can use to engage their students:
Use demonstrations, modeling, role-playing.
at e l e m e n ta r y l e v e l
18.1 Conclusion
If current demographic trends continue, more teachers will face culturally
and linguistically diverse students in their classrooms. These teachers need to
Parte III
understand the process of second language acquisition and how to alter their
instructional styles to meet their students’ needs. Adjustments in instruction,
Pa s sag e s f o r t e ac h i n g e n g l i s h
however, should not include a lowering of standards for these children. Instead,
teachers should be encouraged to keep their standards high and to develop
methods that will promote the achievement of all their students as they become
competent, literate adults.
18.2 References
at e l e m e n ta r y l e v e l
Hakuta, K., & Pease-Alvarez, L. (1992). Enriching our views of bilingualism
and bilingual education. Educational Researcher.
McClure, E. F. (1977). Aspects of code-switching in the discourse of bilingual
Mexican-American children (Tech. Rep. No. 44). Cambridge, MA: Berancek and
Newman.
Philips, S. (1972). Participant structures and communicative competence: Warm
Springs children in community and the classroom. In C. B. Cazden, V. P. John, &
D. Hymes (Eds.), Functions of language in the classroom. New York: Teachers
College Press.
Wong Fillmore, L. (1985). Second language learning in children: A proposed
model. In R. Eshch & J. Provinzano (Eds.), Issues in English language
development. Rosslyn, VA: National Clearinghouse for Bilingual Education.
Wong Fillmore, L. (1991). When learning a second language means losing the
first. Early Childhood Research Quarterly.
157
Indice
Parte I
Principi teorici generali
Indice
1. La comprensione orale.................................................................................................. » 18
2. La produzione orale........................................................................................................ » 19
3. La comprensione scritta................................................................................................ » 19
4. La produzione scritta..................................................................................................... » 20
Parte III: PASSAGES FOR TEACHING ENGLISH AT ELEMENTARY LEVEL ..... » 121
Il volume si propone di fornire ai candidati al concorso a cattedre la padronanza di
conoscenza della lingua a livello B2 del Quadro Comune Europeo di Riferimento del-
le lingue sia per la prova scritta che per la prova orale della scuola primaria e del-
la prova orale del concorso a cattedre nella scuola dell’infanzia.
Il testo è così strutturato:
Parte prima
Principi teorici generali
Parte seconda
Quesiti in lingua inglese
(Questions and answers)
Parte terza
Brani antologici
Per completare
(Passages for teaching) la preparazione
vol. 526/A
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