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A.A 2016-17
INDICE
02 Funzione di produzione
03 Funzione di costo
04 Massimizzazione del profitto
06 Profitti nel breve e nel lungo periodo
07 Offerta di breve e di lungo periodo
08 Domanda di merci
09 Monopolio
09a Monopolio e benessere
10 Concorrenza monopolistica
11 La_domanda_di_merci
12 Concorrenza e dinamica
13 Oligopolio
14 Non traditional prices
1
2.1 Introduzione
y = z1 z2
1 1
2 3
la quale mostra che, ad esempio, con 4 unità del primo input e 1 unità del
secondo input si ottengono 2 unità di output.
Assumiamo che l'obiettivo dell'impresa sia la massimizzazione del
profitto e che i prezzi sia per gli input che per l'output siano ad essa noti.
Se gli input z1 , z2 , ...., z n hanno prezzi w1 , w 2 ,..., wn , rispettivamente, il
costo degli input dell'impresa è z1 w1 + z 2 w 2 + ... + z n wn ; in forma
compatta possiamo scrivere
∑w z
i=n
i i
∂F
p = wi , i = 1, 2, ..., n (2.4)
∂zi
6
I0 = {(z , z ) f (z , z ) = y
1 2 1 2 max = y0 }
vale a dire l'insieme delle combinazioni di input che forniscono un dato
livello di output quando usati in modo efficiente, cioè quando l'output di
ogni combinazione di input è massimizzato. Ovviamente da una data
7
C
D
z2
y=30
y=20
y=10
z1
0
0 z1
∂y / ∂z i 〉0 e ∂ 2 y ∂ zi2 〈0
La sesta assunzione riguardante la funzione di produzione è
pertanto la seguente:
9
ymax = F(z1, z2 ) = y0
Differenziando totalmente otteniamo
d z2 PM1
− = F1 F2 =
d z1 ymax costante PM 2
z2
R R' y=y 4
z20 y=y 3
y=y 2
y=y 1
y=y 0
0 (a) z 1*
y4 z1
y3 y=F(z ,z 0)
1 2
y1
y0
0 z10 (b) z1' z1* z1
P Me
PM
P Me 1
PM 1
0
z10 z '
z1 *
(c) 1 z1
FIGURA 2.3 Variazioni in un input, data la quantità
disponibile dell'altro input
Per mezzo della figura 2.3 verifichiamo gli effetti sul livello di
produzione della variabilità delle proprorzioni tra gli input nel caso in
cui uno dei due input sia tenuto costante. Il grafico (a) rappresenta la
mappa degli isoquanti; è ora mostrato anche il tratto crescente di ciascun
11
y F(z1 , z 20 )
PMe1 = =
z1 z1
d 1 ∂F
[PMe1 ] = 2 = z1 − y
dz1 (z1 ) ∂z1
d 1 ∂F y 1
dz1
[PMe1] = − = [PM1 − PMe1 ] = 0
z1 ∂z1 z1 z1
F (kz) = kF(z)
F (kz)〉 kF(z )
13
F (kz)〈 kF(z )
y = F(kz 1 , kz 2 ) = y(k)
dy k dy k
E= =
y dk dk y
_________________________
§ La figura 2.4 presenta questa situazione. Lungo il raggio OA la funzione esibisce
rendimenti costanti di scala. A raddoppi nell'impiego di entrambi gli input la produzione
raddoppia. Lungo il raggio OB vi sono rendimenti crescenti di scala. L'aumento della
produzione è più che proporzionale rispetto all'incremento degli input.
z2 I2
A
2z20 z2
I0
z2 0 z0 B
I1
y=2
1/2z2 0 z1
y=1
y=1/2
O z—1 0 z1 0 2z10 z1
2
FIGURA 2.4 Funzione di produzione a rendimenti variabili
15
y y
y(k)
y'
y(k)
y0
k k
k0 2k0 0
rendimenti di scala crescenti rendimenti di scala costanti
y y
y'
y(k) y(k)
y0
0 k0 2k0 k0 k
rendimenti di scala decrescenti rendimenti di scala variabili
FIGURA 2.5 Esempi di di rendimenti di scala
z2
C D
B
y=10 y=20 y=30
0
z1
FIGURA 2.6 Isoquanti con input sostituti perfetti
z2
y=30
y=20
y=10
0 z1
FIGURA 2.7 Input complementari
Nel caso in cui via siano tra gli input rapporti di complementarietà
l'isoquanto "liscio" è sostituito da un punto nello spazio ( z2 , z1 ), o, come
alcuni amano rappresentarlo, da un isoquanto con un angolo a 90°, come
nella figura 2.7. In tale contesto nessuna nozione di rendimento rispetto a
un input è definibile, così come la nozione complementare di prodotto
marginale di un input.
37
LA FUNZIONE DI COSTO
min z wz
(3.1)
sub F(z) = y
w i − λ∂F/ ∂zi = 0 i = 1, . . . , n
(3 3)
y − F( z) = 0
wi
λ= i = 1, . . . , n (3.4)
∂F ∂z i
w1 / ( ∂F ∂z1 ) > w2 / ( ∂F ∂z 2 )
3.2. Un esempio
1
L( z1 ,z2 ,λ) = 2z1 + z2 + λ( 4 - z11 2 z12 2 )
2
le cui derivate uguagliate a zero danno le tre equazioni seguenti:
1
2 = λz1- 1 2 z 12 2
2
1 1 1 2 -1 2
= λz z
2 2 1 2
4 = z11 2 z 12 2
40
z2
2
costo 4 costo 8 costo 12 y=4
0 2 4 6 8
z1
FIGURA 3.1 Minimizzazione dei costi con il
vincolo che y=4
C = w1 z1 + w2 z 2
z2 = C / w 2 − (w1 / w 2 )z1
41
z2
F(z1,z2 )=y
c=w 2z1+w2 z2
z1
0
FIGURA 3.2 Massimizzazione dei costi
con il vincolo F(z1,z2)=y
42
z1( w, y) , z2 ( w, y) ,..., zn ( w, y) , λ( w, y)
∑ ni= 1 w i zi ( w, y)
c( w, y) = wz( w, y) (3.6)
dove
z( w, y) = z1( w, y) , z2 ( w, y) , ..., zn ( w, y)
∂c( w, y) ∂z ( w, y)
= ∑i=1 wi i
n
(3.7)
∂y ∂y
Dobbiamo ricordare le soluzioni della (3.3) al cambiare di y . La
soluzione al primo blocco di equazioni della (3.3) è il seguente
∂z i (w, y) ∂F ∂z i (w, y)
∑ ni= 1 w i = λ ∑ni=1 (3.8)
∂y ∂z i ∂y
∂F ∂zi (w, y )
1 = ∑ i=1
n
(3.9)
∂zi ∂y
Sostituendo la (3.9) nel lato sinistro della (3.8), e il risultato nel lato
sinistro della (3.7), si ottiene
∂c( w, y)
= λ( w, y) (3.10)
∂y
la quale dimostra che il valore del moltiplicatore di Lagrange è in effetti il
costo che si sostiene per variare il livello del prodotto y . Esso misura
perciò il costo marginale del prodotto; questo risultato è pertanto la
conferma di quello già individuato nella discussione della soluzione del
sistema (3.3).
45
F(z)< kF z (4.2)
1
k
ovvero
F(z)< F z
1 1
k k
da cui segue
1
c(ky) ≥ c(y) (4.5)
k
Ma c(ky) ≤ kc(y) ≤ c(ky) implica che
c(y) c(ky)
> k > 1 (4.7)
y ky
c(y) c(y/k)
> k > 1 (4.8)
y y/k
c(y) c(ky)
= k > 1 (4.9)
y ky
c c c
c(y)
c(y)
c(y)
y y y
c(y)/y
c(y)/y
c(y)/y
y y y
(a) rendimenti crescenti (b) rendimenti decrescenti (c) rendimenti costanti
FIGURA 4.1 Rendimenti di scala e costi medi
massimizzare py - wz
y ,z
(4.10)
con vincolo y = F(z)
∂c(w,y)
p− = 0 (4.12)
∂y
∂ 2 c(w,y)
− < 0 (4.13)
∂y 2
E A
D B
p
0 y
y = F( z1 ,z 2 ) (6.1)
z1 = z1( y, z 2 ) (6.2)
di modo che w1 z1( y,z 2 ) è il costo variabile e wz2 il costo fisso. Il costo
medio di breve periodo è c( w1 ,w2 ,y, z 2 )/y , il costo marginale di breve
periodo è ∂c( w1 , w 2 ,y, z 2 )/∂y ; il costo medio variabile è
w1 z1( y,z 2 )/y . (Si noti che il costo marginale di breve periodo e il costo
variabile medio sono entrambi indipendenti da w 2 e che il costo marginale di
breve periodo e il costo variabile marginale concidono). Queste tre funzioni
sono di seguito indicate mediante le sigle CMeB, CMaB, CMeV.
costi CMaB
unitari
CMeB
CMeV
y2 F(z1 ,z2)
y
1
z z z1
11 12
(a)
(b)
CMaB
CMeB
CMeV
px
y
y1 y2
d ( c( y)/y) ( d c( y)/dy) y- c( y)
=
dy y 2
ovvero
d (c(y)/y) c(y)
y = (d c(y)/dy) − (6.4)
dy y
d CMeB
y = CMaB- CMeB (6.5)
dy
d CMeV
y = CMaB - CMeV (6.6)
dy
Così CMaB taglia sia il CMeV che il CMeB da sotto e nel rispettivo
punto di minimo (per capire il legame tra la (6.5) e la (6.6) si provi a porre
w 2 = 0 , il costo fisso si annulla e il CMeB diviene uguale al CMeV).
∂c( w1 , w2 ,y, z2 )
p- = 0 (6.8)
∂y
∂ 2 c( w1 , w 2 ,y, z 2 )
- < 0 (6.9)
∂y 2
cioè
la quale stabilisce che i ricavi debbono eccedere i costi variabili, ovvero che
il prezzo deve superare il costo variabile medio. Nella figura 6.3b la
questione è vista ponendo il profitto funzione dell'output, con i profitti
massimizzati (o le perdite minimizzate) in y1 .
La curva del profitto è diversa per ogni livello di prezzo. Se il punto di equilibrio tra prezzo e
costo marginale si situasse sopra il CMeB, la curva del profitto, dopo un breve tratto iniziale nell'area
negativa, di situerebbe nell'area positiva finchè il livello di produzione non supera il punto in cui il
ramo crescente del CMaB incrocia da sotto la semiretta del prezzo. Se il punto di equilibrio
coincidesse con una produzione y le perdite sarebbero le stesse anche per una produzione nulla
2
coincidendo con il costo fisso w z
2 2.
CMeB
p
p CMeV
2
y y y y
0 2 1
(b)
π
y y y
+ 0 2 1
y
-
w2 z 2
perchè se la disuguaglianza non fosse soddisfatta zi (w1 ,w2 ,y) non sarebbe
la soluzione del problema di minimizzazione dei costi, cioè
C
z2(w1,w2,y1) E B D
y2
y1
A
y0
0 z1
FIGURA 7.1 Sentiero di espansione con un
input vincolato
CTL
w2z2
0 y
y0 y1 y2
FIGURA 7.2 Costo totale di breve e di lungo periodo,
per un input vincolato
(a)
y
CMaB2
CMaB0 CMaL
CMaB1
C/y
CMeB2
CMeB0
CMeL
CMeB1
0
y0 y1 y2 y
(b)
FIGURA 7.3 Le curve dei costi di lungo periodo e l'inviluppo
La curva CTL è la curva dei costi totali minimi di lungo periodo relativa
ad una data funzione di produzione. All'interno della tecnologia che essa
rappresenta, la dimensione degli impianti è scelta in modo tale da minimizzare
il costo per un assegnato livello di output. Esistono conseguentemente tante
curve di costo totale di breve periodo per ciascuna dimensione di impianto
possibile entro quella tecnologia. Ciascuna di queste curve di breve sarà
tangente in un punto alla curva dei costi totali di lungo. Facendo variare con
continuità il livello di z2 otteniamo una intera famiglia di curve CTB.
Il contorno inferiore o inviluppo di tutte queste curve è la curva di costo
totale di lungo periodo (figura 7.3a). Può accadere che le diverse dimensioni di
impianto non presentino tutte la stessa efficienza tecnologica. Impianti piccoli
possono lavorare con più difficoltà rispetto a impianti di maggiori dimensioni;
possono avere velocità di funzionamento più basse, possono sprecare più
materia prima, possono comportare soluzioni organizzative più costose.
Analogamente per impianti di dimensioni troppo elevate. Si può pertanto
individuare una dimensione d'impianto ottimale, cioè una dimensione che rende
5
minimo il costo medio di produzione rispetto alle altre dimensioni possibili. Il
grafico in figura 7.3b, che discende analiticamente da quello 7.3a, è un esempio
di una simile situazione. La dimensione d'impianto per una produzione y1 è
quella più efficiente perchè presenta il costo medio minimo. Le curve in 7.3b si
ricavano facilmente dalla rappresentazione dei costi totali in 7.3a. Dividendo
per y si calcolano i costi medi per le diverse curve di costo di breve (CMeB)e
per la curva di lungo (CMeL). Studiando per le stesse curve l'andamento della
derivata prima si costruiscono le funzioni di costo marginale di breve (CMaB) e
quella di lungo periodo (CMaL).
In generale si può osservare che dividendo le funzioni di costo totale per y ,
abbiamo che CMeL<CMeB, eccetto che per y = y1 , in cui il livello dato di z2
è proprio quello che verrebbe scelto in un contesto di lungo. Per per questo
valore si riscontra che CMeL=CMeB. In termini analitici quanto sopra
presentato si può esprimere come segue. Sia
δ(y) ≥ 0 e δ(y1 )= 0 .
CMeB - CMeL
δ(y)
0 y1 y
FIGURA 7.4 Differenza tra costi di breve e di lungo
max y ,z1 py - w1 z1 - w2 z2
(7.5)
sub y = F(z1 ,z2 )
∂F(z1 ,z2 )
p = w1 (7.6)
∂z1
CMaB CMaL
p2
CMeB
p1 CMeL
0 y1 y 2 y 3 y
FIGURA 7.5 Curve dei costi di lungo e breve periodo
(a) il livello di produzione da realizzare nel periodo, tenuto conto dei vincoli
che derivano dalla presenza di input produttivi fissi, come gli impianti ad esempio;
ptf : prezzo atteso dell'output per il periodo t, previsto nel tempo t-1.
Assumiamo che tutti gli input siano perfettamente variabili dopo il periodo
corrente; di conseguenza le aspettative e i piani relativi vanno formulati solo per il
periodo successivo; y tp e ptf si riferiscono pertanto a previsioni formulate
dall'impresa nel periodo t-1 sul prezzo e sulla quantità del periodo t. Supponiamo,
per semplificare l'esposizione, che i prezzi degli input siano noti e costanti nel
corso del tempo e che non via siano modifiche nelle conoscenze tecnologiche. Le
curve dei costi, assunte sempre ad U, con queste ipotesi semplificatrici non
modificano forma e posizione da un periodo all'altro. Supponiamo che z2 sia
l'input fisso e che consista in una misura della capacità produttiva dell'impianto.
All'inizio del periodo 0 l'impresa dispone di una data capacità produttiva che
non può modificare nel corso del periodo. Le sue curve di costo medio e
marginale di breve periodo sono indicate nella figura 8.1 con CMeB0 e CMaB0.
Nel periodo 0 la scelta ottima dell'impresa è di realizzare la produzione ya0 che
uguaglia il costo marginale di breve al prezzo di mercato osservato p0a . Nello
stesso periodo l'impresa formula una previsione di prezzo e quantità per il periodo
1 e decide conseguentemente di adeguare la dimensione dell'impianto all'output
previsto. Le curve di costo medio e marginali rilevanti per pianificare il livello di
output del prossimo periodo sono le curve di costo di lungo periodo (in grassetto
nella figura 8.1).
85
p
CMaB1
p1' CMaB0
a
CMaL
0
CMeB
pf 1= pa1 1
0 CMeB
p
a
CMeL
All'inizio del periodo 0 l'impresa formula una previsione sul prezzo del
periodo 1, supponiamo sia p1f ; sulla base di questa previsione programma di
massimizzare il suo profitto nel periodo 1 con una produzione pari a y1p ,
individuata applicando la condizione di primo ordine CMaL= p1f . Al livello
programmato di output per il periodo 1 va dimensionato l'impianto. Sia z12 la
nuova dimensione dell'impianto per il periodo 1; l'impresa provvede pertanto nel
corso del periodo 0 ad effettuare l'investimento di modo che la nuova capacità
produttiva entri in attività all'inizio del periodo 1 (si suppone che per la modifica
della capacità produttiva sia necessario un periodo).
Le decisioni che si devono prendere nel periodo 0 sono:
(a) la fissazione dell'output corrente per il periodo 0, sulla base del prezzo
corrente p0a e della dimensione corrente dell'impianto z20 ;
(b) la scelta della dimensione dell'impianto z12 per il periodo1, sulla base
dell'output programmato per il periodo 1, che a sua volta dipende dalla
previsione che l'impresa formula sul prezzo al periodo 1.
CMaL=CMaBt= pta = p tf
p1f → y 1p → z 12 → CMaB1
⇓
ya1
⇑
p1a → p 2f → y p2 → z22
4 Il costo dell'aggiustamento
Il monopolio
Approfondimenti
1. Introduzione
dB(y)
= p(y)
dy
Da cui, immediatamente, per ogni quantità consumata tra 0 e y0 ,
dB ( y )
(y 0 ) ( y0 )
B(y0 ) = ∫0 dy
dy = ∫0
p(y)dy
surplus del
A consumatore
p(y0)
B C
p(y1)
D
p(y)
0 y0 y1 y
FIGURA 9a.1 Surplus del consumatore
[ p(y) − p(y )] dy
(y0 ) (y0 )
CS(y0 ) = ∫0 p(y)dy − p(y 0 )y0 = ∫0 0
BL (y) = ∫ p(y)dy
0
che rappresenta l'area Oy*ab del grafico nella figura 9a.2 la somma dell'area A, il
surplus del consumatore, e dell'area B, la spesa sostenuta dai consumatori.
p
b
area A = surplus del consumatore = beneficio
netto
area B = spesa sostenuta dai consumatori
A C’(y)
a
p
0 y y
*
FIGURA 9a.2 Beneficio netto del consumatore
C(y) = ∫ C'(y)dy
0
Surplus del
consumatore
Surplus del
produttore
a
CS d C’(y)
b
p*=C’(y*) PS
c
e
0 y’ y* y’’
FIGURA 9a.3 Massimo beneficio sociale
Il valore di una quantità marginale di prodotto py’ è maggiore del suo costo
C’(y) così che il beneficio aumenta all’aumentare di y → y * . Ugualmente nel caso
di y” perchè al valore massimo di Bn bisognerebbe sottrarre l’area bdc. Per
produzioni comprese nell’intervallo y*-y” il costo è maggiore del beneficio
sociale. Conviene dunque ridurre la produzione perchè così il costo sociale
verrebbe a ridursi e aumenterebbe il beneficio netto.
6
vale a dire il beneficio netto sociale è la somma del surplus del consumatore e
del surplus del produttore.
Dimostriamo ora, in maniera meno intuitiva, che la realizzazione della
condizione p(y) = C '(y) garantisce la massimizzazione di BN, la somma del surplus
del consumatore e del surplus del produttore. Per y=y* si ha
B'N (y*) = p(y*) − C '(y*) = 0
con
B"N (y*) = p' (y*) − C " (y*) < 0
∧
Ma sia y la quantità ottimale del monopolista; allora
∧ 1
p(y )(1 − ) = C '(y)
e
∧ ∧
con e>1; ne segue che y <y* e p( y )>p(y*). La perdita di benessere risulterà essere
∧
y* y
∧ ∧
BN (y*) − BN (y ) = ∫ p(y)dy − C(y*) − ∫ p(y)dy + C(y) =
0 0
y*
∫
poichè C(y) = C'(y)dy si ha, alla fine,
0
y*
∫ [ p(y) − C '(y)] dy
∧
y
7
che nella figura 9a.4 è l’area compresa tra la curva di domanda e la curva del costo
∧
marginale nell’intervallo ( y , y* ),
∧
p( y) C ' (y)
A B
p(y*)
∧ C
C '(y)
0 ∧
y y y*
La condizione di secondo ordine è 2 p '(y) + p ''( y)y − c ''(y) < 0 che assumiamo
soddisfatta.
La condizione di primo ordine, la derivata prima della funzione di profitto
uguagliata a zero, definisce y come una funzione implicita del sussidio s. Per capire
come varia la produzione al variare del sussidio calcoliamo la derivata della
produzione rispetto al sussidio (dy/ds) ottenendo
dy dy dy
c ''(y ) − 1− p'( y) − p ''( y)y =0
ds ds ds
che si può riscrivere più sinteticamente
dy
(c ''(y) − p '(y) − p ''(y)y) =1
ds
con dy/ds>0 se la condizione di secondo ordine è soddisfatta. I profitti crescono al
crescere del sussidio s. Nella figura 9a.5 l’offerta passa alla dimensione
9
p
1
B
A
p c’=c/y
2
C
s
D
c’-s=(c-s)/y
0 y y
1
y
2
FIGURA 9a.5 L’offerta del monopolista con sussudio
R = ∫ p(y)dy
0
con R(0)=0 e R’(y)=p(y); così che i ricavi sono aumentati dalle extra vendite
moltiplicate per il prezzo, diverso, che si realizza su ciascuna di esse. I profitti sono
pertanto
y
π = ∫ p(y)dy − c(y)
0
che, ricordando R’(y)=p(y) sono massimizzati per il livello di produzione per cui
p(y) − c(y) = 0
la stessa condizione di I° ordine che vale per un’impresa in concorrrenza perfetta.
L’interpretazione è la seguente: poiché la vendita marginale è realizzata esattamente
11
∑
3
Con discriminazione di prezzo il ricavo salirebbe a i= 1
pi e il profitto a
∑
3
i= 1
(pi − c) . Il monopolista non fornirebbe prodotto agli ultimi due consumatori
perchè il loro prezzo di riserva risulta inferiore al costo marginale (costante). Se il
prodotto fosse fornito in concorrenza perfetta la quantità sarebbe pari a 3 al prezzo
p 3=c; come nel caso di discriminazione perfetta (con la variante che nel caso
discreto della figura 9a.6 solo casualmente il prezzo marginale coincide con il costo
marginale). Rispetto alla concorrenza perfetta l’unica differenza risiederebbe nel
fatto che il surplus del consumatore accrescerebbe il profitto del monopolista.
Consideriamo un caso più realistico in cui il monopolista si deve accontentare
di una discriminazione di prezzo parziale o imperfetta. Supponiamo che il mercato
possa essere segmentato in due parti con funzioni di domanda p1 (y1 ) e p2 (y2 ) .
12
p1
c=ay, il costo unitario è costante;
p2 costo medio e marginale sono
uguali
p3
p4
p5
y
0 1 2 3 4 5
⎛ 1⎞
p1 ⎜ 1 + ⎟
p1 ⎝ e1 ⎠
= =1
p2 ⎛ 1⎞
p2 ⎜ 1 + ⎟
⎝ e ⎠2
⎛ 1⎞ ⎛ 1 ⎞ 1 1
p1 > p2 se ⎜ 1− ⎟ < ⎜ 1− ⎟ , ovvero > ⇒ e1 < e2 .
⎝ e1 ⎠ ⎝ e2 ⎠ e1 e2
p1
p2 p
c ' (y1 + y2 )
* p1*
p2
D1 + D2
y*2 RM 1 y2 y1*
RM 2 y1 ∑
2
i
y ∑ RM y
due grafici il livello comune del ricavo marginale e da qui le quantità vendute nei
due segmenti y1 + y2 . Dopo di che si individuano nel modo usuale i due prezzi
* *
p1* , p2* sulle curve di domanda. Si noti che p1* > p*2 perchè e1 < e2 .
1
IL MONOPOLIO
1 Introduzione al problema
e di secondo ordine
R( y) = p( y) y (5)
dp y 1
RM = p( y) + p' ( y)y = p( y) 1+ = p( y) 1+ (6)
dy p( y) e xp
con p' ( y) = dp dy e
1 dp y
=
e xp dy p( y)
e xp < −1 ⇒ e xp > 1
marginale è una semiretta con inclinazione doppia della curva di domanda, quando
quest'ultima è essa stessa una semiretta, con medesima intercetta in ordinata.
Se
e xp = −1 ⇒ exp = 1
e xp > - 1 ⇒ e xp < 1
elasticità unitaria
RM p(y)
0 ye y
Notiamo infine che non è possibile definire una funzione di offerta o disegnare
una curva di offerta per il monopolista. L'equazione che rappresenta la condizione di
primo ordine, la (9.2), non può essere risolta per y funzione di p , perchè il prezzo
non è esogeno.
CMa 5
CMe
p1
CMe1 p
RM
0 y1 y
FIGURA 9.2 La massimizzazione del profitto in monopolio
Non possiamo dalla sola conoscenza della funzione di costo dell'impresa e dal
prezzo attualmente praticato dedurre quale quantità verrà offerta: la decisione del
monopolista dipende da ciò che egli pensa sia l'inclinazione e la posizione delle curve
di domanda e di ricavo marginale. Nei grafici sopra presentati si è ovviamente
supposto di conoscere le curve di ricavo medio e marginale.
Se combiniamo la condizione di massimizzazione del profitto (2) con la
relazione (6) che esprime il ricavo marginale in funzione del prezzo e dell'elasticità
puntuale della domanda, possiamo ricavare il margine di profitto del monopolista che
massimizza il profitto, cioè la differenza tra prezzo e costo marginale rispetto al
prezzo, che è una misura del grado di monopolio, ovvero della distanza da una
situazione di concorrenza in cui p( y ) = c ′ ( y) ; si ottiene la relazione (7) seguente:
1
p( y ) − p(y ) 1 −
p( y ) − c ′ ( y) e xp 1
= = (7)
p(y ) p( y ) e xp
che coincide con il reciproco del valore dell'elasticità in modulo della curva di
domanda. E' interessante osservare che per un valore dell'elasticità pari a infinito il
grado di monopolio si azzera e si ricade nella concorrenza.
4 Monopolio e concorrenza
Un confronto con il caso studiato nei capitoli precedenti può essere utile.
Confrontiamo due imprese con identica curva di domanda e funzione di costo
marginale, una che segue la logica concorrenziale, l'altra rappresentata da un
monopolista. Dalla figura 9.3 si può facilmente vedere che l'output sarà più basso in
monopolio. In concorrenza la curva di offerta è la curva di costo marginale dell'impresa,
supposta fronteggiare da sola la curva di domanda.
6
pm CMa
pc
p(y)
RM
0 ym yc y
L'output è scelto in modo tale che il prezzo uguaglia il costo marginale, perchè
l'impresa è price taker. Il monopolista è un price maker e sceglie la combinazione
output-prezzo che rende il ricavo marginale uguale al costo marginale. Si può osservare
che l'output del monopolista è inferiore (ym < yc ) e il prezzo più elevato (pm > pc ) .
La spiegazione economica è semplice: riducendo l'output, il monopolista può accrescere
prezzo e profitti. Anche una impresa concorrenziale potrebbe farlo; se non lo fa è perchè
la sua decisione isolata non influenzerebbe il prezzo e i suoi profitti si ridurrebbero.
domanda elevata che copre il costo fisso domanda troppo bassa e conseguente y =0
con produzione positiva m
Possiamo ora chiederci quali potrebbero essere le ragioni che spiegano perchè
può esistere una impresa monopolista.
L'analisi ora svolta suggerisce che ogni imprenditore che massimizza il profitto
dovrebbe vedere con favore la possibilità di trasformarsi in monopolista, in quanto il
suo profitto aumenterebbe L'osservazione empirica conferma questo assunto. La gran
parte delle imprese perseguono sistematicamente politiche atte a configurare un
situazione esterna tale da garantire loro scelte "quasi monopolistiche". In termini
analitici queste politiche hanno l'obiettivo di rendere più rigida (meno elastica) la
curva di domanda per l'impresa. Una ispezione alla figura 9.3 mostra che un aumento
dell'inclinazione della curva di domanda, costanti i costi, produce una soluzione di
equilibrio con maggior profitti.
D'altro canto l'esistenza di profitti attira l'attenzione di altri imprenditori. Taluni
saranno indotti a entrare in un mercato che garantisce profitti elevati. Chi è già dentro
al mercato metterà in atto dei comportamenti che impediscono o rendono difficile o
molto costosa l'entrata per i concorrenti potenziali. Se questi entrassero la posizione
di favore del monopolista verrebbe meno.
Quanto detto non spiega tuttavia come può nascere una impresa monopolista.
Si hanno due insiemi di possibilità.
Il primo riguarda i monopoli naturali.
Supponiamo che per realizzare un prodotto o un servizio un'impresa debba
sostenere ingenti costi fissi. Se la produzione può avvenire in grandi numeri il costo
fisso per unità di prodotto può diventare piccolo riducendo di molto i costi medi.
Tecnicamente questo consentirebbe di far scendere i prezzi di offerta. Ma se il
mercato in cui opera quella impresa è piccolo, essa non è in grado di ridurre
sufficientemente il costo per unità di prodotto e così i costi medi. Il suo livello di
produzione sarebbe lontano da quello efficiente, cioè da quello che rende minimi i
costi medi. Se più imprese di questo tipo insistessero su un mercato piccolo,
8 ciascuna sosterrebbe un costo medio più elevato rispetto al caso in cui una sola
impresa operasse e gli acquirenti della merce o del servizio pagherebbero un prezzo
più elevato. La combinazione di un mercato "piccolo" e di una scala di produzione
efficiente "elevata" spiana la strada ad una soluzione in cui una sola impresa può
stare convenientemente sul mercato, ove stavolta il concetto di convenienza
riguarda anche gli acquirenti. Una situazione come quella descritta si manifesta
spesso nella erogazione di servizi di pubblica utilità, come la distribuzione del gas,
dell'elettricità, la produzione di servizi telefonici, l'erogazione dell'acqua e molti altri,
nei quali si sostengono ingenti costi fissi che possono essere ragionevolmente coperti
dai prezzi solo se le quantità del servizio erogato superano certe soglie dimensionali.
Per questo tipo di mercati sono le autorità di governo che impongono un regime di
monopolio legale a vantaggio dei consumatori.
Poichè tuttavia il monopolista potrebbe in seguito alzare i prezzi senza il
timore di concorrenti, le stesse autorità che hanno concesso il monopolio legale
istituiscono forme di controllo sistematiche sulla qualità e sul prezzo del servizio
erogato.
L'altra insieme di ragioni che spiegano l'affermarsi di un'impresa monopolista
riguardano la creazione di un nuovo prodotto o l'innovazione tecnica.
Quando un'impresa inventa un nuovo modo di soddisfare un bisogno mediante
la creazione di una merce prima mai realizzata si crea un suo proprio mercato nel
quale è monopolista. La posizione di monopolio è necessariamente temporanea. La
nuova merce potrebbe essere facilmente imitabile da altri produttori. Un brevetto
fornisce una copertura per qualche anno ma non è di solito uno strumento efficace
per prevenire l'entrata. Potrebbe accadere che la tecnologia per la produzione della
nuova merce sia caratterizzata da costi medi decrescenti rispetto alle scala produttiva.
L'esser partiti per primi crea un vantaggio dinamico in termini di costi via via calanti
che allontanerebbe il pericolo di entrata di potenziali concorrenti.
Anche una innovazione tecnica potrebbe condurre al sorgere di imprese
monopolistiche. La riduzione dei costi che segue all'innovazione dovrebbe tuttavia
trasferirsi in una riduzione dei prezzi. Qualora i concorrenti non siano in grado di
seguire il ribasso dei prezzi, l'impresa innovativa finirebbe per coprire l'intera offerta
di quel mercato.
Questi ultimi esempi mostrano come in realtà il monopolio, ad eccezione di
quello legale, sia una situazione di mercato che non è data una volta per tutte e che è
in gran parte il risultato, spesso transitorio, del comportamento delle imprese.
Se il monopolio è una forma di mercato transitoria, il quesito che subito si pone
è verso quali altre forme si trasformerà.
Si possono indicare due direttrici.
Se la merce che si produce è una merce facilmente differenziabile, la sua
tecnologia non esibisce economie di scala rilevanti, i costi di trasporto non sono
indifferenti rispetto al valore del prodotto, si affermerà una situazione in cui molte
imprese staranno sul mercato, ma ciascuna, mediante la differenziazione del prodotto,
alla stregua di un piccolo monopolista, controllerà una parte della domanda del9
mercato. Tuttavia non potrà fissare un prezzo della sua merce troppo elevato perchè
permane una certa sostituibilità con le merci simili degli altri produttori. Una
situazione così caratterizzata è chiamata di concorrenza monopolistica.
Nel caso in cui il prodotto non sia facilmente differenziabile, le economie di
scala abbiano un certo peso di modo che le imprese non possano essere di piccole
dimensioni, lo sbocco sarà una situazione con poche imprese che si dividono il
mercato e che nell'assumere decisioni debbono di necessità congetturare le risposte
delle imprese rivali. Questa situazione è l'oligopolio. Infine, se da un lato la
tecnologia è diventata conosciuta, facilmente applicabile, con costi fissi limitati e,
dall'altro, il prodotto è sufficientemente omogeneo, si va nella direzione di un
mercato perfettamente concorrenziale.
Vi sono degli effetti sociali negativi derivanti dall'esistenza di monopoli, in
special modo di quelli derivanti da specifici comportamenti delle imprese che si
concretizzano in uno spreco di risorse. Solo a titolo di esemplificazione si
rammentenao le spese per la pubblicità persuasiva che incidono sulla posizione della
curva di domanda, le spese per prevenire l'entrata di potenziali concorrenti, come ad
esempio i sovrainvestimenti in capacità produttiva, i costi di lobbing per strappare
privilegi al legislatore, le spese eccessive e in competizione in Ricerca e Sviluppo per
creare nuovi brevetti, e cosi' via.
1
1 Le barriere all'entrata
dalle caratteristiche del potenziale entrante. Una impresa di grandi dimensioni, attiva in
mercati contigui, avrà poche difficoltà a recuperare i capitali necessari per l'entrata,
potrà sfruttare la sua rete di vendita per commerciare la sua nuova produzione, usare la
reputazione di cui gode sul suo mercato per convincere la clientela della qualità del
nuovo prodotto. Si pensi ad esempio all'entrata sul mercato dei personal computer di
una grande impresa che già costruisce sofisticate macchine per scrivere. Essa può
sfruttare la rete di vendita di cui già dispone e la sua reputazione per convincere i suoi
vecchi clienti ad acquistare il suo personal computer invece di quello realizzato dal
monopolista. In realtà buona parte delle nuove entrate assumono la forma di una
qualche diversificazione e/o integrazione tra le imprese esistenti.
Le barriere assolute escludono l'entrata per un certo periodo. Esse dipendono
dall'esistenza di un brevetto, dalla proprietà di qualche risorsa essenziale per la
produzione del prodotto o del servizio. In tal caso i profitti del monopolista si possono
interpretare come una rendita derivante dal godimento di queste risorse o diritti legali
(brevetti).
Nel caso infine di assenza di barriere all'entrata, nuove imprese sono in grado di
entrare sul mercato e produrre a costi uguali a quelli del monopolista. Vi sarà entrata
finché i profitti in eccesso saranno annullati.
yi = yi ( p1 , p2 ,..., pn ) (1)
con
∂yi / ∂pi < 0 e ∂yi /∂p j ≥ 0
L'impresa ha molti concorrenti, ma assume che essi non reagiscono alle proprie
decisioni. Il suo obiettivo sarà
∂yi ∂y
yi + pi − ci ′ ( yi ) i = 0 (3)
∂pi ∂pi
e ricordando che che l'elasticità della domanda di yi rispetto al suo prezzo pi è data da
pi ∂yi
ei =
yi∂pi (4)
1
ci ′ (y i ) = pi 1 + (5) con ei<0
ei
così che come un monopolista l'impresa uguaglia costo maginale a ricavo marginale,
che è ora definito per valori costanti dei prezzi di tutte le altre imprese.
In equilibrio una ulteriore condizione deve essere soddisfatta. Se l'impresa sta
conseguendo profitti positivi, nuove imprese saranno indotte ad entrare dalla prospettiva
di guadagnare un profitto analogo producendo un prodotto simile. Il mercato sarà
pertanto in equilibrio con un numero costante di imprese solo se il prezzo è uguale al
costo medio:
pi = ci (yi ) y i (6)
Le equazioni (5) e (6) insieme implicano, dato che ei < 0 , che il costo marginale
sia inferiore al costo medio, con la conseguenza che la funzione di costo medio è
decrescente nell'output.
p(y)
costo marginale
costo medio
di
RMi
y i* yi
FIGURA 10.1 Concorrenza monopolistica
pm
pm* b
a
pa
CMeLE
pb
d
d'
grado di fronteggiare per alcuni periodi situazioni di perdita. Se l'entrante è una grande e
solida impresa con ampie riserve finanziarie, potrebbe essere l'impresa ex-monopolista
quella costretta ad abbandonare. Va da se che, in queste condizioni, la soluzione
migliore per le due imprese è di trovare un accordo per riportare il mercato a condizioni
più ordinate in cui entrambe possano guadagnare profitti. Casi più complicati si possono
costruire. Ma i risultati dipendono essenzialmente dal tipo di risposte che i partecipanti
al gioco formulano e da come anticipano i comportamenti dei rivali. Quando il numero
delle imprese coinvolte è piccolo diventa forte la propensione a trovare un accordo per
"regolare" il mercato.
Abbiamo finora discusso il problema dell'entrata in un mercato monopolistico di
una o più imprese e di come si può generare un mercato oligopolistico. Nulla si è detto
su come funziona un oligopolio. Si tratta di un tema difficile e che richiederebbe la
conoscenza di strumenti formali avanzati. Si otterrebbero comunque risultati non
generali e dipendenti dalle ipotesi particolari che stanno alla base dei diversi modelli di
interazione strategica tra le imprese.
RM = p( y) + p' ( y)y i
dp y
e yp =
dy p( y)
si
RM = p( y) 1−
eyp
Ricordando infine che la condizione di primo ordine per un massimo richiede che
costo marginale e ricavo marginale siano uguali
7
si
RM = p( y) 1− = c ′ (y)
eyp
c ′(y)
p( y) = (7)
1
1 −
eyp si
la quale indica che il prezzo è tanto maggiore del costo marginale, quanto più elevata è
la quota di mercato dell'impresa. Per un numero di imprese crescente s i si riduce
tendendo a zero e il prezzo si avvicina al costo marginale. Analogamente anche
l'elasticità della domanda per la singola impresa, cioè il rapporto tra elasticità in modulo
della curva di domanda del mercato e la quota coperta dall'impresa, tenderà ad infinito
al crescere di s i e il prezzo si uguaglierà al costo marginale. Ma proprio questa è la
caratterizzazione dell'impresa in un mercato concorrenziale.
Siamo ora in grado di indicare le caratteristiche di un mercato di concorrenza
perfetta:
1) esistono molte imprese, ciascuna delle quali possiede una quota di mercato
infinitamente piccola;
2) non esistono barriere all'entrata (o all'uscita);
3) tutte le imprese producono la stessa merce omogenea;
4) vige per tutte le imprese perfetta informazione sul prezzo e sulla opportunità di
conseguire profitti.
1
LA FUNZIONE DI DOMANDA
Le merci sul mercato si dividono in due ampie categorie: merci che sono
domandate dagli imprenditori e merci che sono domandate dalle famiglie, dette
anche merci per il consumo finale.
indica di fatto una o più persone la cui funzione economica è domandare merci
per il consumo finale.
y
c q d
egli farà? Nella nostra società la fame è solo un ricordo dei più anziani, per nostra
fortuna. I due panini che giornalmente lo studente acquista soddisfano in media il
suo bisogno alimentare. Se la sua fame fosse stata maggiore ne avrebbe consumati
già più di due. Un dimezzamento del prezzo dei panini non induce lo studente ad
acquistare quattro panini; molto probabilmente continuerà ad acquistarne due
destinando il reddito risparmiato ad altri consumi. Se il prezzo dei panini salisse,
poiché due panini gli forniscono le energie sufficienti per l'altra metà di giornata,
in mancanza di alternative egli continuerebbe ad acquistarli. Per un certo campo di
variazione del prezzo dei panini la sua domanda non muterebbe o muterebbe di
pochissimo. La figura sottostante rappresenta questo comportamento. Intorno al
prezzo di mercato p la quantità domandata di panini varia molto poco, certamente
in modo meno che proporzionale della variazione del prezzo. Questa caratteristica
si riassume con l'affermare che intorno al prezzo di mercato p la curva di domanda
è rigida. Analiticamente {dist(p-b)/p}>{dist(q-d)/q} nel caso di riduzione del
prezzo e {dist(p-a)/p}>{dist(q-c)/q} nel caso di aumento. Gli economisti
chiamano questa reattività delle quantità domandate rispetto a variazioni del
prezzo elasticità della domanda rispetto al prezzo. In generale e in valore assoluto,
l'elasticità si esprime con
dy
y dy p
e p = dp =
dp y
p
4
b
y
c q
Il grafico soprastante esemplifica il caso.
Consideriamo ora una merce particolare a cui nessuno può fare a meno,
almeno nel breve periodo, come potrebbe essere il petrolio inteso come fonte di
energia. Se il suo prezzo sale non si assiste a nessuna, o al più a una piccola,
riduzione della sua domanda. Se il suo prezzo scende è assai probabile che la sua
domanda aumenti e, per un certo intervallo, in modo più che proporzionale alla
riduzione del prezzo. Se scende ulteriormente è ancora probabile che la domanda
non cresca più perché subentra una forma di saturazione. Non si sa più che farne
di una energia abbondante e a buon mercato. Il grafico sottostante illustra questi
andamenti. Per variazioni del prezzo al rialzo rispetto al prezzo corrente di
mercato p la domanda non scende o scende di pochissimo. Per riduzioni di prezzo
sotto quello corrente di mercato la domanda cresce ampiamente; una ulteriore
discesa sotto il prezzo b non induce però altri incrementi di domanda.
p
a
p
b
y
c q d
5
Nel tratto di variazione del prezzo compreso tra p e b, punti d'angolo esclusi,
la curva di domanda si dice elastica perché la reattività della domanda al prezzo è
elavata, vale a dire {dist(p-b)/p}<{dist(q-d)/q}. In termini di misura dell'elasticità
ep =(dy/dp)(p/y)>1, in quanto dy>dp supponendo, come il grafico suggerisce, che
il rapporto p/q non sia molto lontano dall'unità. Dopo b la curva torna rigida.
y = y( p) = α − βp
Per una prassi che risale alla fine dell’ottocento nella rappresentazione
grafica della funzione di domanda la variabile indipendente, il prezzo, si indica in
ordinata e la variabile spiegata, la quantità, in ascissa. Pertanto, più propriamente,
la funzione di domanda che rappresentiamo in grafico è la funzione inversa di
domanda, vale a dire
α 1
p= − y
β β
p
e =∞
α
e >1
e =1
p
e <1
e =0
0
q α y
p dy p p
ep = = (−1) =
y dp y y
Questo in quanto la dy/dp, la derivata della funzione rispetto al prezzo,
assume in modulo valore unitario. Se p=y l'elasticità è unitaria. Per p>y l'elasticità
6
supera l'unita e pertanto in quel tratto la curva di domanda si dice elastica. Per
p<y l'elasticità è minore dell'unita e pertanto, in quel tratto, la curva di domanda si
dice rigida. Nei punti d'angolo, per y=0 l'elasticità è infinita e per p=0 l'elasticità è
nulla. Pertanto anche con una curva di domanda lineare con inclinazione unitaria
l'elasticità passa da valori prossimi all'infinito a valori prossimi allo zero.
Solo con la funzione di domanda della forma seguente
y( p) = αp −η
3. La domanda di mercato.
p1
p2
0 3 5 7 3 4 10 16
4
p
1
p
d1
d
7
p d
p
d
q y
d
q y
8
dR
dp
=y+
dy
dp
p= y 1 +
dy p
dp y
(
= y (1+ e p ) = y 1 − ep )
La variazione del ricavo dovuta ad una data variazione del prezzo, dR/dp, è
positiva se y(1−|ep |)>1, cioè se per quella variazione del prezzo la curva di
domanda è rigida, |ep |<1. Se la curva di domanda fosse elastica, |e p |>1, q(1−|ep |)<1
e dR/dp<0.
Chiediamoci ora come variano i ricavi se invece di controllare il prezzo si
controllano le quantità e si lascia al mercato stabilire il prezzo, data la curva di
domanda. Come abbiamo fatto sopra scriviamo la relazione del ricavo marginale
dividendo ora per dy. E sviluppiamo in modo analogo.
dR dp dp y
=p+ y= p 1 +
dy dy dy p
Ricordiamo che
dp y 1 1
= dy p =
dy p ep
dp y
e pertanto
9
dR 1 1
= p 1 + = p 1 −
dy ey ey
Il cambiamento del deponente della elasticità (da p a y) indica solo che che
ora si sta studiando la variazione del ricavo dovuta a una variazione della quantità.
Se |ey |<1allora dR/dy<0. La variazione del ricavo marginale risulta negativa
allorquando variazioni nella quantità offerta si scontrano con una curva di
domanda nel suo tratto rigido. Viceversa se |e y |>1; in tal caso dR/dy>0. E' questa
la situazione di privilegio che godono alcuni produttori di particolari merci che
attraverso degli accordi riescono a controllare le quantità da collocare sul mercato
e di conseguenza il prezzo. L'Opec, l’organizzazione dei paesi produttori di
petrolio, ne rappresenta un esempio.
Non si sia tratti in inganno sul significato di elasticità della domanda. La
definizione originaria è rispetto al prezzo. La variazione positiva del ricavo a
fronte di un aumento della quantità offerta significa che l’aumento della quantità
comporta una riduzione del prezzo che induce un aumento nella domanda più che
proporzionale alla variazione del prezzo. Ciò che conta resta sempre l’elasticità
della domanda a variazioni di prezzo, anche se cio’ che varia all’origine è la
quantità offerta.
Così, per riprendere l’esempio dell’Opec, una riduzione dell’offerta di
petrolio genera sul mercato un aumento del prezzo del petrolio che non riduce la
domanda o la riduce di molto poco. Come conseguenza la variazione del ricavo
risulta positiva. La curva di domanda è rigida (elasticità inferiore all’unità)
rispetto al prezzo (si veda l’effetto su dR/dp). Inoltre va considerato che per
aumenti o riduzioni di prezzo la curva di domanda può evidenziare andamenti
dell’elasticità diverse; ad esempio rigida per aumenti, elastica per riduzioni.
Studiamo ora quale relazione esiste tra ricavo medio e ricavo marginale.
Assumiamo la curva di domanda y(p)=α−βp, lineare. La curva di domanda
inversa p(y)= (α/β)−(1/β) y è la curva del ricavo medio; cioè R/y, con
R=ricavo=py.
Il ricavo si può pertanto indicare con
R=p(y)y={(α/β)−(1/β)y}y=(α/β)y−(1/β)y2 .
α e =∞
e>1
e=1
e<1
+
e=0
0
α/2 α y
-
taglia l'ascissa nel punto mediano tra l'origine e α. Prima di α/2 il ricavo
marginale è positivo. Oltre α/2 il ricavo marginale diviene negativo. Pertanto il
produttore che ha il controllo delle quantità prodotte agirà solo nell'intervallo
0− α/2 perché solo in tale intervallo il ricavo marginale risulta positivo. Ma a un
ricavo marginale positivo corrisponde un tratto di curva di domanda, o ricavo
medio, in cui l'elasticità è maggiore dell'unità. Se pensiamo alla condizione di
primo ordine per
il massimo profitto, prezzo o ricavo marginale uguale al costo marginale,
immediatamente constatiamo, dato che il costo marginale è sempre positivo, che
essa è soddisfatta solo nel tratto di curva di domanda a cui corrisponde un ricavo
marginale positivo,ovvero |ey |>1. Al crescere dell'elasticità la divergenza tra
ricavo marginale e prezzo (ricavo medio) diviene più piccola fino a scomparire
per |ey |=∞. Questo accade per un mercato di concorrenza perfetta in cui il singolo
produttore che massimizza il suo profitto non si preoccupa degli effetti sul prezzo
di mercato degli aumenti o delle riduzioni dell’offerta che decide.
1
p p
domanda offerta
∑ = yj (p)
j
∑ = y j (p) y y
j
Dal grafico è evidente che i costi marginali delle singole imprese (tre
nell'esempio) sono crescenti. Il che implica che la tecnologia adotta sia a
rendimenti decrescenti di scala.
L'equilibrio cosi' rappresentato, nella figura, è di per sé una situazione che
non necessariamente indica un equilibrio di concorrenza perfetta. Per interpretarlo
come tale bisogna, per così dire, animarlo.
p
e B
y ye y , yo
A=π>0; B=π=0 d
p
e
0=π=(p -CMeL)y*
e
y
5
∂CTi ( yi ) CT ( y )
CMai ( y i ) = = c i = i i = CMei ( y i )
∂yi yi
ciascuna impresa sono uguali e costanti, pur diversi tra le due.
Pertanto i rendimenti di scala sono costanti con l'impresa 2 con un costo
unitario maggiore dell'impresa 1. Il mercato è descritto dal grafico sottostante con
la curva di domanda di mercato e le curve costo unitaro costanti delle due
imprese. Cerchiamo la caratterizzazione dell’equilibrio in questo contesto.
c2
c1
y
a-c1
a
b b
In equilibrio ciascuna impresa sceglie il livello di output che massimizza il
profitto al prezzo di equilibrio e al medesimo prezzo e la domanda di mercato
assorbe tutta l'offerta. Formalmente:
F + cy se y > 0
CT(yi )
0 se y = 0
7
pe
2
F
CMe= +c
y
c CMa=c
pe
1
y
A
p=a-bY
α
0
p
β γ
c
y
Yc
0
Y
c= ∑c
f =1
f f
(w, y )
∂c f (w,y f )
p= f = 1,... ,F
∂y
F
y= ∑yf
f =1
y2 ∂c (w, y)
∫0 ∂y
∂y = c(w, y2 )- c(w, 0)
p
O
p2
V
p
1
D
W
y1 y x,y
2
Profitti e rendita
L’OLIGOPOLIO
p(Y)=a-bY a,b>0
Y=y1 + y2
∂π1 ( y1, y2 )
0= = a − 2by1 − by2 − c1
∂y1
∂ 2π1
= −2b ≤ 0 per ogni yi
∂(y1 )2
a − c1 1
y1 = R1(y2 ) = − y2
2b 2
a − c1 1
y 2 = R2 (y1) = − y1
2b 2
4
a-c 1
2b
yc
1
R1
0 a-c 2 a-c y
2
yc 1
2 2b b
a − c1 1
y1 = − y2
2b 2
a − c2 1
y2 = − y1
2b 2
da cui si ottiene
a − 2c1 + c2
y1C =
3b
a − 2c 2 + c1
y C2 =
3b
L’offerta di mercato è
2a − c1 −c2
Y C = y1C + y C2 =
3b
5
e il prezzo di equilibrio
2a −c1 − c2 a + c1 + c2
pC = a − bY C = a − b =
3b 3
Dalla soluzione per le quantità si può osservare che l’impresa con costi più
bassi produce di più. Vale cioè il seguente lemma : se c2 ≥c1 ⇒ y1 ≥ y2 .
Ricordiamo che per ipotesi vale a1 >ci. Riscriviamo la relazione per y 1 e y2 .
a − 2c1 + c2 a − 2c2 + c1
y1C = = yC2
3b 3b
a + c1* + c 2
pC * = < pC
3
y
1
R2
c
y
1
R1
0 y
yc 2
2
6
y
1
R 2(y1)
C
B
E R 1(y )
2
A
0 y
2
Cosa cambia nel modello se il numero delle imprese passa da due ad n>2 ?
Supponiamo che tutte le imprese abbiano la stessa funzione di costo (c1 = c2 = …
=cn ).
Calcoliamo il livello ottimo di ciascuna impresa come funzione dell’output
delle altre imprese. Sviluppiamo l’analisi per la 1. Per le altre n-1 il ragionamento
è uguale. Costruiamo la funzione di profitto e da essa, mediante la condizione di
primo ordine per un massimo, ricaviamo la funzione di reazione.
maxπ 1 = p(Y)y1 −cy1 = a − b∑1 y i y1 − cy1
n
∂π n
0 = 1 = a −2by1 − b∑2 yi − c
∂y1
a−c 1 n
R1 (y2,...,y n ) = − ∑ yi
2b 2 2
1 a−c
y + (n −1)y =
2 2b
1 a−c
y1+ (n −1) =
2 2b
2 + n −1 a − c
y =
2 2b
n +1 a − c
y =
2 2b
a −c
y=
n +1
2b
2
L’offerta di tutte le imprese sul mercato è
a−c n
Y = ny =
b n +1
Nota l’offerta si ottiene il prezzo di mercato
a − c n a − nc
pC = a − bY C = a − b =
b n + 1 n +1
e il profitto della generica impresa i
( a −c)
2
a + nc a − c
πi = (p − c)y = − c = = by 2
C
n +1 (n + 1)b (n +1)2 b
Ricordiamo quantità offerta dalla singola impresa, offerta di mercato, prezzo e
profitto
y=
(a − c ) Y=
( a − c) n
(n +1)b b (n + 1)
(a − c ) = by2
2
a + nc
p = πi =
C
n +1 (n +1) b
2
a −c
lim y = =0
n →∞ (n +1)b
perchè il denominatore tende a zero.
a−c n a−c
lim Y C = lim =
n →∞ n →∞ b (n +1) b
Il livello di produzione di ogni impresa tende a zero e la produzione totale
tende al livello di quella che si otterrebbe in concorrenza perfetta.
Per il prezzo si ha
9
a nc
lim pC = lim + = c = pe
n →∞ n →∞ n + 1 n +1
un risultato in linea con quello per l’offerta globale : il prezzo tende al costo
marginale, cioè al prezzo più basso che prevarrebbe in concorrenza perfetta. E i
profitti sarebbero nulli.
Facciamo notare che per ottenere questo risultato non è necessario che le
imprese siano tante, bensì che si comportino come se lo fossero. Vale a dire che il
risultato concorrenziale si conseguirebbe solo se le imprese, poche o tante che
siano, assumessero come un dato la situazione di mercato e scegliessero il loro
livello di offerta sulla base degli esiti della massimizzazione della funzione di
profitto.
Per concludere l’esposizione del nucleo del modello di duopolio alla
Cournot un breve commenti appare necessario. Se interpretiamo il modello in una
dimensione temporale multiperiodale, come si è fatto per la questione
dell’aggiustamento, ciascuna impresa dovrebbe apprendere con l’esperienza che
non può ignorare le implicazioni delle sue decisioni di produzione sulle scelte
dell’impresa concorrente. Ciò significa che le imprese dovrebbero riconoscere che
vi è interdipendenza tra le loro azioni. Ma se questo avvenisse capirebbero che
attraverso la cooperazione o la collusione potrebbero conseguire profitti più
elevati.
Il confronto esplicitato in chiusura tra un modello di duopolio e un modello
a molte imprese ma con comportamenti di tipo duopolistico mostra che nel primo
caso entrambe le imprese realizzano profitti positivi e nel secondo i profitti
tendono a zero, configurando così un mercato molto prossimo a quello
competitivo puro.
5. Il modello guida-satellite
Cournot. L’impresa guida basa le sue scelte sulla congettura che l’altra impresa si
comporti come un’impresa satellite, come nel modello di Cournot.
Sul piano logico sono tre le situazioni possibili :
a) entrambe le imprese si comportano come satelliti ;
b) entrambe le imprese si comportano come guida ;
c) una opera come guida, l’altra come satellite.
_
Si fissi il profitto a π1 = π 1 e si individuino le coppie di y1, y2 che danno lo
stesso profitto. Il differenziale totale della funzione di profitto è lo strumento
analitico che consente di ottenere l’insieme di queste coppie. Queste curve
combinazione di y1, y2 sono dette curve di isoprofitto. La forma a U che esse
esibiscono dipende dalla concavità dei contorni della funzione di profitto.
La figura sottostante rappresenta l’equilibrio di Cournot, le curve di
reazione della impresa 1 e impresa 2, con l’aggiunta delle curve di isoprofitto
dell’impresa 1. Le curve più elevate rappresentano profitti maggiori, sono legate a
maggiori produzioni di y1 .
y
1
R2(y 1)
C
R1(y2 )
0 y
2
11
6. Il modello di Bertrand
Nel 1883 J. Bertrand recensendo il libro di Cournot del 1838 avanza la tesi
che la variabile strategica o decisionale in duopolio e in oligopolio non sia la
quantità ma il prezzo. Allo scopo sviluppa un interessante modello in cui le due
imprese (sempre restando al caso del duopolio come caso particolare di
oligopolio) si fanno concorrenza attraverso il prezzo. Il mercato determina poi la
quantità che le due imprese offriranno.
L’idea che le imprese si facciano concorrenza sul prezzo discende
dall’assunto che i prezzi siano più flessibili delle quantità. Inoltre si ipotizza che
le due imprese utilizzano la medesima tecnologia a rendimenti costanti di scala,
senza limite di capacità produttiva. Valgono inoltre, nel modello, due regolette di
buon senso : a) i consumatori acquistano sempre al prezzo più basso (prodotto
omogeneo) ; b) se i prezzi delle due imprese sono uguali i consumatori
distribuiscono la loro domanda 50% all’una, 50% all’altra.
In questo contesto ciascun imprenditore sa che fissando il suo prezzo di un
infinitesimo più basso di quello del rivale riuscirà ad ottenere l’intera domanda di
mercato. La conseguenza è che il prezzo si stabilirà al livello del costo marginale,
uguale al costo medio, assunto per semplicità costante al variare della produzione
(con funzione di costo del tipo c=ay, con a>0).
La funzione di domanda dell’impresa i avrà le seguenti caratteristiche :
y i ( pi , p j ) = 0 se pi > p j
1
y i ( pi , p j ) = ( p) se pi = p j = p i =1,2 j ≠ i
2
y i ( pi , p j ) = ( pi ) se pi < p j
12
domanda di mercato
f(Y)
p
c domanda impresa 1
pb CMe=CMa
e
0 1 Y
Y Ye
2
La figura si concentra sull’impresa 1. Il prezzo di partenza osservato è pc.
Ciascuna impresa ipotizza che l’altra impresa non vari il suo prezzo come risposta
ad una variazione del proprio. Con un prezzo p< p c la prima impresa si prende
tutto il mercato. L’impresa 2 però reagisce abbassando il suo prezzo per non
perdere il mercato. Se l’impresa 1 insiste nell’abbassare il prezzo e l’altra risponde
abbassandolo a sua volta il prezzo che alla fine prevarrà sarà pcb , al livello del
costo medio e marginale costante, uguale per le due imprese.
E’ però possibile che l’equilibrio sul mercato emerga da un accordo con un
razionamento delle quantità offerte sul mercato inferiori a Ye.
Introduciamo ora l’ipotesi che esista un vincolo di capacità produttiva per le
due imprese. E’ questa ipotesi del tutto ragionevole.
Ciascuna impresa è vincolata a produrre la quantità 3 come massimo. Il
mercato è al più di dimensione 6. Adottiamo la regola che la scelta del livello di
produzione sia dettata dall’uguaglianza tra ricavo marginale e costo marginale.
Il grafico qui sotto replica il precedente accogliendo il vincolo della capacità
produttiva. Per pc>CMa supponiamo la prima impresa riduca il suo prezzo sotto pc
per coprire tutto il mercato. Quando si arriva a peb =CMa la prima impresa, che ha
fatto scendere il prezzo, incontra il vincolo e arresta la sua offerta. La seconda
impresa che è stata costretta a seguire la prima nella discesa del prezzo è allora
tentata di rialzare il suo prezzo seguendo la regola RM=CMa, dunque a pc, perchè
comunque i consumatori dovranno pur acquistare quello che l’altra impresa non è
in grado di offrire (la domanda residuale). La prima impresa riallinea il suo prezzo
a pc. Ma così si ritorna all’inizio e così via. Non vi è dunque una situazione di
equilibrio stabile.
In sintesi si può affermare che nel modello di Cournot la variabile strategica
è la quantità ; in quello di Bertrand è il prezzo. I due modelli conducono a esiti
molto diversi. In Cournot le imprese conseguono profitti positivi mentre in
Bertand i profitti sono nulli come in concorrenza perfetta.
13
f(Y)
p
c
CMe=pb
e
0 Y
3 6
RM
1
p=CVM+CFM+margine di profitto
riduce i costi medi variabili, il prezzo può scendere senza intaccare il margine
di profitto e i profitti complessivi aumentano se la curva di domanda è
sufficientemente elastica al prezzo.
p=CVM+MPL=CM
6
sulla base della propria esperienza, per fronteggiare aumenti non previsti di
domanda. La produzione effettiva può anche essere inferiore, per un certo
tempo, a quella normale nell’intervallo in cui il costo medio variabile è
costante, tuttavia con un peggioramento nel costo medio totale.
Al livello della produzione ritenuto normale si calcola il costo fisso
medio. A tale costo si aggiunge un ammontare desiderato di profitto per unità
di prodotto o, il risultato non cambia, si applica una percentuale di ricarico al
costo variabile (costante) data dal rapporto tra la somma del costo fisso al
livello normale di produzione e il margine di profitto desiderato e il costo
variabile medio.
In formula
p=CVM+MPL
⎛ MPL ⎞
p = CVM ⎜ 1 + = CVM (1 + π )
⎝ CVM ⎟⎠
MPL
con π = . π è il margine lordo percentuale che si ricarica sul costo
CVM
⎛ 1 ⎞ ⎛ ep − 1⎞
CVM = p ⎜ 1 − ⎟ = p⎜ ⎟
⎜⎝ e p ⎟⎠ ⎜⎝ e p ⎟⎠
p=CVM(1+k)
⎛ ep ⎞
1 + k = 1 + 0, 20 = ⎜ ⎟
⎜⎝ e p − 1 ⎟⎠
saggio
dimen profit
di
sione out to prez ricavo
CFT CFM CTV CVM CT CTM profitto
di put unita zo totale
% su
impianto rio
CTM
pi = CMTi (1 + r)
dDd p
Definiamo = ed l’elasticità della domanda residuale per
Yd dp
dD p
l’impresa dominante; =e l’elasticità della domanda di mercato;
Y dp
dS p
= η f l’elasticità dell’offerta delle imprese marginali; Yd Y la quota di
dp Y f
Pertanto
Yd Yf
ed = e − η f
Y Y
Da cui
Y Yf
ed = e − ηf
Yd Yd
L’elasticità della domanda per l’impresa dominante è tanto più alta, e il
prezzo tanto più basso, quanto più elevata è l’elasticità dell’offerta delle
imprese marginali e la quota di mercato delle imprese marginali.Se η f = 0 ,
18
I mercati contendibili
2 Proposto originariamente da Baumol W., Panzar J. and Willig R., Contestable Markets and
the Theory of Industry Structure, New York: Harcourt Brace Jovanovich, 1982.
19
p=a-y
p
pI
c
0 yI y
FIGURA 6
Di questo modello va sottolineato l’affinità dei risultati con quelli di
concorrenza perfetta. La perfetta liberta di entrata dei concorrenti potenziali
induce l’impresa attiva a praticare un prezzo che è uguale al costo medio. Con
rendimenti crescenti di scala questo costo medio non è necessariamente quello
minimo perchè al crescere della produzione esso si riduce con continuità. Ma è
il minore compatibile con le condizioni del mercato; tanto che è la curva di
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