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L'impresa è un'organizzazione che trasforma gli input in output. Il profitto è dato dalla differenza tra i corsti
necessari per produrre o acquistare gli input e i ricavi delle vendite degli output. Il compito delle imprese è
quello di massimizzare i profitti.
Costo fisso(FC): spesa che non varia al variare della produzione (es:iscrizione camera di commercio, affitto
mensile). La parte di costo fisso che non può essere recuperata è definita sunk cost, costo non recuperabile.
I costi che non si devono pagare in caso di interruzione di attività sono definiti costi evitabili
Costo variabile(VC): costi che variano al variare del livello di produzione (q).
Costi totali(TC): dati dalla somma dei costi fissi e variabili
Costo marginale(MC): rappresenta l'incremento di costo risultante da un'unità addizionale di output
MC=dCT/dQ
Costo medio(AC): rapporto tra costo totale e quantità prodotta AC=CT/Q
Costo variabile medio(AVC): pari al rapporto tra costo variabile e quantità prodotta AVC=VC/Q
Costo medio fisso(ACT): pari al rapporto tra costo fisso e quantità prodotta ACT=CT/Q
Quando MC è al di sotto di AVC, la curva AVC è decrescente; al contrario è crescente. Quando MC eguaglia
AVC, la curva AVC è al suo minimo, e lo stesso vale per AC. Con l'aumento della produzione, AFC tende a
zero e AVC e AC si avvicinano. La curva di costo medio aumenta all'aumentare della produzione, dato che la
produzione diventa sempre più costosa; ciò se i prezzi dei fattori di produzione rimangono costanti,
altrimenti si assisterebbe ad una traslazione della curva verso l'alto.
I costi di produzione dipendono anche dalla velocità di produzione. Per un’impresa potrebbe risultare
conveniente sostenere costi per rendere l'impianto adattabile alle esigenze di produzione. Nel caso di
produzione stagionale, il costo effettivo non si riferisce alla produzione della quantità di output relativa ad
un determinato periodo, piuttosto alla produzione delle diverse quantità richieste nell'intero corso
dell'anno. Se gli output oscillano tra 25 e 100 unità al mese, un impianto con curva simile ad AC1 potrebbe
essere più efficiente (CT inferiore) rispetto asAC2, nonostante abbia un AC più basso
Per breve periodo si intende un lasso di tempo così breve da non consentire una variazione a costo zero di
alcuni tra i fattori di produzione impiegati.
Per lungo periodo si intende un lasso di tempo sufficientemente esteso da consentire una variazione di tutti
i fattori di produzione a costo zero.
Mentre nel breve periodo la configurazione di un'impresa non può essere variata senza alcun tipo di
restrizione, nel breve le scelte possibili sono più limitate. Per tale motivo il costo medio di lungo periodo è
sempre inferiore a quello di breve.
Nel grafico in esame, con il primo impianto, per abbassare il costo medio di produzione utilizzo un secondo
impianto; alla fine avrò bisogno di un terzo impianto che mi consente di abbassare i costi della scala di
produzione (curva di inviluppo)
La curva ACr si riferisce ai costi medi di trasporto, mentre la curva ACp ai costi medi di produzione. In
seguite alle unità di output prodotte da un singolo stabilimento, i costi di trasporto tenderanno a crescere,
perché saranno sempre più lontani i clienti raggiungibili; ecco perché si preferisce creare più stabilimenti di
piccole dimensioni. Essi saranno posizionati in prossimità delle materie prime qualora l'output è formato in
gran parte da tali materie; se l'output è formato da materie provenienti da posti diversi, si cercherà di
posizionare i centri di produzione in prossimità dei consumatori per abbassare i costi di trasporto
Fin quando il MC sarà minore del AC, avremo economie di scala; al contrario avremo diseconomie di scala
s=AC/MC ; s>1 economie di scala ; s<1 diseconomie di scala
Scala efficiente minima(SEM)di uno stabilimento: è il livello minimo di produzione che permette di
minimizzare i costi medi di lungo periodo
Economie di scopo: avvengono quando la produzione congiunta di due o più prodotti risulta più
conveniente della produzione separata degli stessi. Ai fii delle economie di scopo è determinante l'impiego
di fattori di produzione comuni. Anche la difficoltà di reperire informazioni da parte delle aziende porta alla
fabbricazione di prodotti correlati da parte delle aziende. Un altro elemento importante è dato dal fattore
umano, dove un singolo soggetto sarebbe sicuramente più specializzato (es: idraulico che ripara solo
lavandini), ma l'utente finale dovrebbe essere costretto a chiamare più soggetti per risolvere il problema
(più idraulici specializzati per il bagno).
Sesso le imprese fabbricano numerosi prodotti per sfruttare le economie di scala, anche perché per gli
utilizzatori è più conveniente rivolgersi ad una sola azienda che vende più prodotti piuttosto che a più
aziende. Il problema, però, sono i costi di trasporto sostenuti da tale impresa.
CAP 3
Concorrenza perfetta: situazione di mercato in cui tutte le imprese realizzano un output omogeneo
perfettamente divisibile(prodotto identico); i produttori e consumatori dispongono di informazioni
complete(sia sul prezzo che sulla qualità), non incorrono in costi per transazioni(né acquirenti né
consumatori sostengono costi o tasse per far parte del mercato) non influiscono individualmente sui
prezzi(sono price taker, il prezzo è dato dal mercato quindi è considerato come dato)e non esistono
esternalità.
L'obiettivo dell'impresa è quello di massimizzare i profitti; essi in quella concorrenziale sono dati da:
π=pq-CT
essendo price taker, l'impresa può vendere qualsiasi quantità di prodotto, e al prezzo p avrà una curva di
domanda orizzontale
All'impresa conviene aumentare l'output fin quando il RM è superiore al CM. Il RM è dato dal prezzo, quindi
di conseguenza dal MC
p=MC=RM
Se l'impresa producesse una quantità superiore a q0, p0 sarebbe inferiore al MC, e quindi potrebbe
aumentare i profitti riducendo l'output fino a che p0=MC; al contrario se decidesse di produrre meno, p0
sarebbe superiore al MC, e dovrà aumentare l'output per massimizzare i profitti.
L'impresa continuerà a produrre fin quando il prezzo sarà uguale ai AVC. Tale prezzo è definito di chiusura,
perché al di sotto non conviene più produrre. Al di sopra deli AVC fino al AC l'azienda continuerà a
produrre, ma sarà comunque in perdita, per effetto dei costi fissi irrecuperabili. La perdita, però, sarà
minore rispetto quella che avrebbe se decidesse di chiudere. La curva di offerta di un'impresa
concorrenziale è, quindi, quella parte di curva di MC che sta al di sopra di ps, il punto di chiusura.
Le perdite di breve periodo sono un indice che dice che l'impresa non dovrebbe investire ulteriormente per
sostituire impianti e attrezzature. Nel lungo periodo, un'impresa decide di chiudere se si aspetta di avere
perdite in ogni periodo.
Dato il comportamento delle singole imprese, si può derivare la curva di offerta del mercato(industria).
L'intersezione tra la curva di domanda e di offerta del mercato determina l'equilibrio concorrenziale.
Supponiamo che la curva S sia la curva di offerta dell'industria nel breve periodo, data dalla somma
orizzontale delle curve di offerta delle singole imprese. La quantità di output che le imprese vogliono
fornire al prezzo di equilibrio è pari esattamente alla quantità domandata dai consumatori a quel prezzo.
Nel breve periodo l'impresa rappresentativa potrebbe conseguire un certo profitto, invitando altre imprese
ad entrare in quel mercato. L'entrata può avvenire solo dopo un certo lasso di tempo, nel quale tali aziende
si sono dotate dei necessari apparati produttivi.
Nel lungo periodo le imprese possono entrare nel mercato adeguando i loro apparati produttivi, e possono
entrare o uscire dal mercato fin quando il prezzo raggiunge il costo medio di lungo periodo.
L'equilibrio nel lungo periodo è dato dall'intersezione tra curva di domanda e curva di offerta di lungo
periodo. In questo caso, il mercato si trova ancora in equilibrio quando la curva di offerta di breve periodo e
di lungo periodo intersacano la curva di domanda D. In questo equilibrio di lungo periodo le imprese
ottengono profitti pari a zero. La curva di offerta di lungo periodo non deve essere necessariamente piatta,
dato che se un'espansione dell'output farà salire i prezzi di alcuni fattori di produzione chiave, la curva di
lungo periodo avrà pendenza crescente.
Un altro motivo per il quale può avere pendenza positiva è dato dal fatto che solo poche imprese riescono a
essere efficienti e a produrre costi bassi, e quindi al crescere dell'output entrano nuove imprese meno
efficienti. Per livelli di output fino a Q1 le imprese efficienti (a basso costo) possono produrre al costo
medio minimo AC*1, perciò la curva di offerta di lungo periodo è piatta fino a Q1; se viene chiesto meno di
Q1 alcune di queste imprese usciranno dal mercato; se viene richiesto più di Q1 il costo medio di
produzione deve aumentare. Data l'assenza di imprese a basso costo, la curva di offerta sale dopo Q1.
Supponendo che ci sono n2 imprese in grado di produrre lo stesso prodotto, ma sono meno efficienti,
potranno entrare nel mercato con un costo medio minimo AC*2> AC*1. Tali imprese hanno costi fissi
maggiori rispetto le precedenti. Se la domanda aumenta oltre Q* altre imprese meno efficienti entreranno
nel mercato soddisfando la domanda, producendo q2 ad un costo AC*2. Quando la domanda non può
essere più soddisfatta dalle imprese con costi elevai, la curva di offerta sale nuovamente. Se la quantità
domandata supera n1q1 ma è inferiore a Q*, allora le imprese a bassi costi avranno una rendita; se la
quantità domandata è superiore a Q2, entrambi i tipi di imprese avranno rendite.
Elasticità della domanda: variazione percentuale della quantità domandata a fronte di una piccola
variazione del prezzo (è sempre un numero negativo)
Elasticità dell’offerta: variazione percentuale della quantità offerta a fronte di una piccola variazione di
prezzo (di solito è positiva)
Se un aumento del prezzo dell'1% porta a una riduzione della quantità domandata superiore all'1%, la curva
di domanda viene definita elastica. Se una variazione del prezzo dell'1% porta a una variazione dell'1%, la
curva ha elasticità unitaria. Se un aumento del prezzo dell'1% porta a una riduzione della quantità
domandata inferiore all1%, la curva viene definita anelastica.
In generale l'elasticità dipende da diversi fattori, come il livello di output, la facilità con la quale i fornitori
possono modificare la produzione e i prodotti sostituibili, dove in presenza di molti di esse la curva di
domanda sarà più elastica.
Un'impresa prende il prezzo come dato se si trova di fronte a una curva di domanda orizzontale, avente
elasticità infinita rispetto al prezzo. Se l'impresa aumenta il prezzo, anche leggermente, perde tutte le
vendite o se diminuisce la quantità non può far salire il prezzo. Un'impresa con curva di domanda negativa
può aumentare il prezzo diminuendo l'output. Se il numero di imprese nel mercato è elevato, la curva è
quasi orizzontale. La figura 3.5b mostra la curva di domanda del mercato e di offerta del mercato tranne
una. La 3.5a mostra la curva di domanda residuale di un'impresa, pari alla differenza orizzontale tra la
quantità richiesta dal mercato a un certo prezzo e l'offerta di tutte le altre imprese nel mercato. Al prezzo di
5 avremmo una domanda di 10050 e un'offerta di 9950; la domanda residuale è pari a 100. Al prezzo di 6
avremmo una domanda e un'offerta di 10000 e una domanda residuale pari a 0. A prezzi superiori non si
avrebbe domanda residuale e l'impresa non vende alcun prodotto.
L'equilibrio concorrenziale presenta caratteristiche di efficienza e benessere ottimali, tanto che in
condizioni di equilibrio, nessuno può migliorare la propria posizione senza peggiorare quella degli altri. La
produzione è efficiente, tanto che non è possibile allocare le risorse tra aziende per migliorare la qualità di
un prodotto, senza che se ne riduca quella di un altro. Anche il consumo è efficiente, cioè i clienti
attribuiscono ai prodotti un prezzo pari al costo marginale sostenuto per produrli. Anche in questo caso
non può essere fatta alcuna riallocazione senza che si danneggi qualcun altro.
Surplus del consumatore: differenza tra quanto il consumatore è disposto a pagare e quanto
effettivamente paga il prodotto. Il surplus totale è l'area ombreggiata sotto la curva di domanda e sopra il
prezzo di equilibrio.
Surplus del produttore: è dato dalla differenza tra il ricavo effettivo e il prezzo minimo sufficiente a
realizzare e vendere il prodotto. Corrisponde all'area sopra la curva di offerta sotto il prezzo di mercato fino
la quantità venduta.
Benessere: è dato dalla somma tra il surplus dei consumatori e quello dei produttori, ed è massimo
nell'equilibrio concorrenziale.
Perdita secca: coso sociale di un mercato che non funziona in modo efficiente (deadweight loss): è dato
dalla somma delle riduzioni del surplus del consumatore e del surplus del produttore, dovute a deviazioni
dall'equilibrio concorrenziale.
Supponendo l'inserimento di un'imposta T, il cliente paqga p e lo stato se ne prende T, e l'impresa riceve p-
T. L'imposta riduce la quantità venduta da Q0 a Q* mentre il prezzo che pagano i consumatori sale a p* e
quello che ricevono le imprese scende a p*-T.
I consumatori subiscono una perdita di surplus pari alle aree A e B, mentre i consumatori una perdita pari a
C e D. Lo Stato riceve un gettito pari ad A e C. Il costo aggiuntivo per la società è pari ai triangoli B e D
(perdita secca). Tale triangolo rappresenta la perdita totale per la società se lo stato fa un buon uso del
gettito. Tale area, comunque, non rappresenta una vera e propria perdita se il gettito viene utilizzato in
maniera corretta da parte dello Stato.
Una restrizione all'entrata può determinare un prezzo superiore rispetto quello concorrenziale di lungo
periodo. In assenza di restrizioni ci sono 150 imprese, il prezzo di equilibrio è p0 e ciascuna impresa
produce al prezzo minimo della propria curva di costo AC*. Se il governo limita il numero di imprese nel
mercato a 100, la curva di offerta si sposta a sinistra rispetto quella originaria. Con tale restrizione
all'entrata il nuovo prezzo è p*. I consumatori pagano quindi un prezzo p* superiore rispetto a qullo
concorrenziale ricevendo soltanto una quantità Q*. L'area DWL è la perdita di benessere. La restrizione
all'entrata comporta sia un prezzo medio più alto che una riduzione dell'output. Se un'impresa si trova fra
le 100 che hanno la possibilità di stare all'interno del mercato, avrà un profitto maggiore rispetto a quando
le imprese sarebbero state 150; se l'entrata è libera, infatti, l'impresa produce al costo medio minimo e i
profitti sono zero.
Se l'entrata e l'uscita sono libere, le imprese avranno convenienza a entrare ogni qualvolta il prezzo supera
il costo medio. I mercati con entrata e uscita libera vengono definiti contendibili.
Barriera all'entrata: qualsiasi fattore che impedisce all'imprenditore di creare istantaneamente un'impresa
sul mercato
Barriera all'entrata di lungo periodo: costo che deve essere sostenuto da una nuova impre3sa e che non
deve essere invece sostenuto da altre imprese operanti nel mercato(brevetto). Tra le cause di barriere si
individuano:
Vantaggi assoluti di costo(consente alle operanti in un mercato di ottenere profitti senza temere
l'ingresso di potenziali concorrenti
Economie di scala( chi si trova in quel mercato può già sfruttarle)
Differenziazione di prodotti(prodotti simili hanno comunque caratteristiche differenti, e i
consumatori non li considerano uguali, come Apple e Samsung)
Barriere all'uscita: è costoso uscire da un settore industriale se esistono costi che non si possono
recuperare.
Cap.4 Monopoli
Nel monopolio il livello di output è impostato in modo da massimizzare i profitti. Poiché la pendenza della
domanda è negativa, maggiore è la quantità venduta e minore sarà il prezzo di vendita. Tale curva di
domanda vincola il monopolista, che può fissare o la quantità, cosicché il prezzo è fissato dal mercato, o il
prezzo, cosicché la quantità è determinata dal mercato, ma non può fissare entrambi.
Se il monopolista abbassa il prezzo a p1, i ricavi possono aumentare o diminuire: otterrà un ricavo sull'unità
venduta in più, dato dall'area B, ma otterrà una perdita data dalla riduzione di prezzo pari all'are A. Se B è
maggiore di A vendere un'unità addizionale farà aumentare i ricavi. Tali ricavi vengono definiti ricavi
marginali, pari a B-A. Poiché la curva di domanda ha sempre pendenza positiva, il monopolista deve
abbassare il prezzo se vuole vendere di più, quindi il ricavo marginale sarà sempre minore del prezzo.
I RM e i RT sono strettamente correlati. Se i primi sono
positivi, i secondi aumentano all'aumentare
dell'output; se i primi sono negativi, i secondi
diminuiscono all'aumentare dell'output. I RT sono
massimizzati quando i RM sono pari a zero. I profitti
vengono massimizzati a una quantità inferiore rispetto
quella che massimizza i ricavi.
Un monopolista massimizza i profitti quando il ricavo
aggiuntivo di un'unità in più è esattamente uguale al
costo di produzione di quell'unità di output.
RM=CM
L'output di monopolio Qm è inferiore rispetto quello
concorrenziale Qc determinato dall'intersezione della
curva di domanda e quella di costo marginale al prezzo
pc. La formula del ricavo marginale può essere scritta:
MR=p(1+1/ε)
dove ε è l'elasticità della domanda. Rm sarà positivo se
la curva di domanda è elastica (ε<-1), negativo se la
curva di domanda è anelastica (-1<ε<0). L'equazione
MR=MC diventa così (p-MC)/p=-(1/ε).
Maggiore è l'elasticità della domanda e più il prezzo di monopolio si avvicina a quello concorrenziale.
Ogni volta che un'impresa può fissare il prezzo di vendita del proprio prodotto a un livello superiore del
costo marginale senza incorrere in perdite, ha potere di monopolio. Se la domanda è anelastica non è
possibile soddisfare la condizione di massimizzazione dei profitti, quindi un monopolista non opererà mai
nella parte anelastica della curva di domanda. I consumatori possono presentare una curva di domanda più
anelastica nel breve che nel lungo periodo. Nel breve periodo è più difficile che i consumatori cambino
prodotto, e a fronte di un aumento del prezzo essi lo cambieranno nel lungo periodo.
Se un monopolista limita l'output e aumenta il prezzo oltre il costo marginale, la società subisce una perdita
secca di benessere. Se i consumatori devono pagare un prezzo di monopolio pm superiore al prezzo
concorrenziale pc perdono una quota di surplus pari alla somma dei profitti di monopolio e alla perdita
secca. Il profitto di monopolio è inferiore alla perdita di surplus del consumatore.
In caso di ricerca di posizioni di rendita delle imprese, il calcolo della perdita secca derivante dal monopolio
deve comprendere anche quella parte di trasferimento sperperato dall'impresa per ottenere il monopolio.
La perdita sarà pari all'area DWL più una parte dei profitti di monopolio
Un’impresa può essere un monopolio perché solo lei conosce il modo di produrre un determinato prodotto,
o può produrlo a costo inferiore. Potrebbe anche avere conoscenze particolari sconosciute ad altri
concorrenti, Un’impresa può essere monopolista anche perché lo stato la tutela impedendo l’ingresso di
altre imprese.
Monopolio naturale: in alcuni mercati la soluzione efficiente prevede che sia una sola impresa a produrre
l’intero output. Ci troviamo in una situazione di monopolio naturale, dove i costi totali aumentano se la
produzione è realizzata da due o più imprese. La funzione di costo è subadditiva. Un monopolio naturale
presenta AC decrescenti e CM costanti o decrescenti (es: società di fornitura di gas, telefoniche ecc.). Se la
produzione è caratterizzata da economie di scala su tutta la gamma produttiva, il costo medio diminuisce
all’aumentare3 dell’output ed è più conveniente che sia una sola impresa a realizzare l’output. Ciò accade
anche quando il costo medio diminuisce all’aumentare dell’output.
6 4
- L'industria si trova in equilibrio concorrenziale se tutte le 50 imprese operano in modo
indipendente e rifiutano di entrare a far parte del cartello (j = 50).
à Il prezzo di mercato concorrenziale è allora più basso
à il surplus del consumatore e il benessere totale risultano massimizzati
- Invece se tutte le imprese entrano nel cartello (j = 0), il cartello è un monopolio.
àIl p di monopolio è > e la q sarà < e π maggiori di quelli concorrenziali.
àsi avrebbe anche < surplus del consumatore e < benessere sociale (perdita secca)
- In definitiva i consumatori traggono beneficio se le imprese rifiutano di far parte di un cartello. Se
anche una sola impresa rifiuta di far parte del cartello, i consumatori se ne avvantaggiano grazie a <
p.
Cap 6
Definizione di oligopolio
- Con questo termine intendiamo definire quei mercati in cui è presente un numero ridotto di
imprese medio grandi che operano in modo indipendente, essendo però consapevoli l'una
dell'esistenza dell'altra. Ossia le decisioni di una impresa oligopolista influenzano il
comportamento e il risultato delle altre (A differenza del monopolio e della concorrenza).
L'oligopolio quindi differisce dalla concorrenza in quanto un'impresa deve tenere conto del
comportamento dei rivali per stabilire quale sia la strategia ottimale da seguire.
- Ruolo fondamentale dei meccanismi strategici di interazione fra le imprese: la teoria dei giochi.
- I modelli di oligopolio (Cournot, Bertrand e Von Stackelberg) costituiscono “giochi” di
strategie ( scelta di output e p) delle imprese, basati sulle aspettative di comportamento di altre
imprese e finalizzati alla massimizzazione del π (vincita) attraverso l'eguaglianza tra MC e RM
atteso.
Ipotesi di base comuni nei modelli di oligopolio.
1) Il p è un dato per i consumatori.
2) Tutte le imprese producono prodotti omogenei (identici).
3) Barriere all’ingresso nell'industria, permettono che il n. di imprese rimanga costante nel tempo.
4) Le imprese nel loro insieme hanno potere di mercato: possono fissare il p > MC.
5) Ogni impresa stabilisce solo il prezzo o l'output (non la pubblicità o altre variabili).
Elementi di differenziazione nei modelli di oligopolio.
a) Tipologia di azioni svolte dalle imprese (per esempio fissare i prezzi o gli output). - fissare i
p (Bertrand)
- fissare le q ( Cournot e Von stackelberg)
b) per l'ordine con cui tali azioni possono essere svolte.
- contemporaneamente alle altre imprese (Cournot e Bertrand)
- priorità di un’impresa sulle altre (Von Stackelberg)
c) Per la durata del gioco
- Modelli uniperiodali, cioè di un solo periodo (Cournot, Bertrand e Von Stackelberg). Es.
mercato rappresentato da una fiera dei prodotti artigianali, di durata di un solo giorno, in cui
tutte le imprese dì un paese si incontrano soltanto una volta.
- Modelli multiperiodali, cioè di piu’ periodi: es. 2 negozi ubicati vicino che concorrono tra loro
giorno dopo giorno.
A)I modelli di oligopolio uniperiodali (o statici).
Si tratta di modelli adeguati per mercati che durano solo per brevi periodi di tempo.
Tutti i modelli di oligopolio uniperiodali utilizzano il concetto di equilibrio di Nash ( un insieme
di strategie e definito equilibrio di Nash se, mantenendo costanti le strategie di tutte le altre
66
imprese, nessuna impresa può ottenere una vincita (profitto) maggiore variando la propria
strategia. Ne consegue che in un equilibrio di Nash nessuna impresa vuole cambiare strategia.
1)Il modello di Cournot
Cournot (1963) ipotizza che ciascuna impresa agisce in modo indipendente e tenta di massimizzare i
profitti scegliendo il proprio livello di output.
Per ogni livello di output concorrente previsto, ogni impresa fisserà il proprio livello di output ottimale
(funzione di reazione o di risposta ottimale).
L'analisi inizia con il caso del duopolio, e passa poi a considerare cosa accade al crescere del numero
delle imprese.
Un duopolio alla Cournot
Le ipotesi alla base del modello sono:
v Nessuna entrata: solo due imprese sono attive e non è possibile l'entrata di un'altra impresa.
v Omogeneità del prodotto industriale: le imprese producono prodotti identici (omogenei), perciò
Q = q1 + q2
v Un solo periodo: questo mercato e le 2 imprese sono attive per un solo periodo.
v Domanda del mercato è una funzione lineare del prezzo: ed è data da Q=1.000-1.000p (6.1)
v Costi: ogni impresa ha un MC costante e CF = 0 (dunque MC = AC).
v Ogni impresa è in grado di produrre un livello di output sufficiente a servire l'intera domanda
di mercato.
Quale strategia dovrebbe usare l'impresa 1 per scegliere il suo livello di output?
- La risposta dipende da quello che l'impresa 1 ritiene sarà il comportamento dell'impresa 2.
1Se l'impresa 2 produce q2 = 240, la curva di Dr della prima impresa è q1 = Q (p) – q2 = (1.000 -
l.000p) - 240 = 760 – 1.000p, oppure p = 0,76 - 0,001q1. Perciò, il ricavo della prima impresa è
R = pq1 = 0,76q1 – 0,001q12, sicché la funzione di ricavo marginale residuate è dR/dq1 = 0,76
0,002q1. Il ricavo marginale residuale è pari al costo marginale dove 0,76 - 0,002q1 = 0,28 à q1
=240.
Equilibrio di Cournot.
Il punto di intersezione (di coordinate 240, 240) delle funzioni di risposta ottimale è detto
equilibrio di Cournot. In questo tipo di equilibrio ogni impresa vende la quantità che massimizza i
suoi profitti date le sue aspettative (corrette) sulla scelta dell'output dell'altra impresa, ossia
questa è la risposta ottimale al livello di output dell'altra impresa.
Un'impresa non è disposta a produrre in un punto che non si trovi sulla sua funzione di risposta
ottimale, perché farlo significherebbe ottenere un profitto inferiore. L'unico punto in cui entrambe
le imprese si trovano sulla propria funzione di risposta ottimale è dato dall'intersezione tra le
rispettive funzioni. Un punto in cui non si ha intersezione non può essere un equilibrio.
Nell'equilibrio di Cournot, l'output totale del mercato è 240 + 240 = 480 e il prezzo è 0,52.
In un modello uniperiodale in cui le imprese scelgono solo i livelli di output, qualsiasi livello di output
tale per cui nessuna impresa ha incentivo a cambiare è, per definizione, un equilibrio di Cournot.
70
Nota: Poiché l'equilibrio di Cournot è un caso particolare dell'equilibrio di Nash, in cui le imprese
hanno strategie relative alle quantità, esso viene spesso definito equilibrio di Cournot-Nash o
equilibrio di Nash nelle quantità.
Equilibrio di Bertrand
Per illustrare l'equilibrio di Bertrand facciamo le stesse ipotesi dell'esempio di Cournot:
(nessuna entrata; prodotti omogenei; periodo unico; stessa curva di domanda (che possiamo
riscrivere come p = 1- 0,001 Q); stesso MC costante pari a 0,28).
72
L'unica variazione importante è che le imprese ora fissano i p
invece delle q.
Ogni impresa è disposta a vendere la q richiesta al p che essa ha
fissato.
- Supponiamo che l'impresa 1 pratichi un prezzo p1 > MC (che è
0,28).
à Se l'impresa 1 riesce a vendere a questo p ottiene un π
positivo.
- Poiché entrambe le imprese producono prodotti identici
avremo che:
Ø Se p2 < p1 à tutti i consumatori acquistano dall'impresa 2 e
dunque la curva di Dr (la linea
più spessa) dell'impresa 2 è 0 quando p2 > pl
Ø Se p2 > p1 à nessuno acquista dall'impresa 2 e dunque la Dr dell’impresa 2 è uguale a
D del mercato
Ø Se p2 = p1à I consumatori sono indifferenti tra le due imprese e dunque Dr dell’impresa 2
è orizzontale
- Se entrambe le imprese praticano lo stesso p, supponiamo che si spartiscano l'intera D del
mercato in parti uguali. Nella Figura 6.4 dove la domanda dell'impresa 1 è orizzontale (con p2
= p1), metà linea orizzontale è tratteggiata per indicare che l'impresa 1 vende solo meta, della
quantità totale richiesta.
- Quando entrambe le imprese fissano un p pari al MC di 0,28, nessuna delle due ottiene un
incremento nei profitti modificando il p. (Se un'impresa abbassa il prezzo ottiene una perdita
(perché il prezzo è inferiore al costo marginale e medio); se una delle due imprese aumenta il
prezzo, non vende nulla).
↓
L'unico possibile equilibrio di Bertrand o equilibrio di Nash nei prezzi è p = MC = 0,28. -
Questo risultato è illustrato nella Figura 6.5, utilizzando le funzioni di risposta ottimale nello
spazio dei prezzi (sugli assi abbiamo i p delle imprese).
Cap 7
- Nel caso di imprese che producono prodotti differenziati (eterogenei), gli aspetti essenziali del
modello di concorrenza monopolistica rimangono invariati:
87
§ La max dei profitti è ancora determinata dalla regola RMr = MC
§ l'entrata si verifica solo fino al punto in cui i profitti sono positivi.
- L'unica modifica al modello, dovuta alla differenziazione dei prodotti, sta nel fatto che la curva di
D dell'impresa (e quindi la sua curva MRr) dipende dalle singole q prodotte da ciascuna delle
concorrenti anziché unicamente dalla q totale.
- Per semplicità, per quanto i prodotti sono differenziati, si ipotizza che la forma generale delle
curve di D di ciascuna impresa sia identica.
- L'effetto principale della differenziazione sta nel fatto che ogni impresa ha una curva di D con
pendenza negativa più rigida che in condizioni di omogeneità, perché gli altri prodotti sono
sostituti meno stretti à Questa maggiore pendenza dà all'impresa più potere di mercato ( capacità
di fissare p > MC).
Il benessere con prodotti differenziati.
- L'equilibrio di concorrenza monopolistica con prodotti differenziati presenta due problemi:
• il prezzo non è ottimale à p > MC
• la varietà (cioè il numero di prodotti disponibili per i consumatori) non è ottimale à nel
caso di prodotti differenziati ci può essere troppo poca (perché non tutti i prodotti
possono essere realizzabili (anche se il prezzo è superiore ai costi variabili delle
imprese) se i costi fissi sono tanto elevati da generare delle perdite) o troppa varietà.
- Va poi detto che, nel caso di prodotti differenziati, poiché la varietà è desiderata, è improbabile
che risulti ottimale regolare i mercati in modo che vi sia una sola impresa che faccia pagare un p
= MC.
I costi fissi determinano una varietà troppo bassa di prodotti.
- Quando un’impresa presenta un MC che non aumenta rapidamente e ha CF elevati, opera nella parte
con pendenza negativa della propria curva di AC.
88
- La Figura 7.3 mostra
perché solo alcuni beni
sono prodotti quando
la curva dei AC è
strettamente
decrescente.
- La figura 7.3a mostra
un prodotto con costi
maggiori; la figura 7.3b
mostra un prodotto con
costi
minori.
- In entrambi i grafici
della Figura 7.3 la
collettività ottiene un
maggiore benessere se
entrambi i
prodotti vengono
realizzati: il beneficio
sociale > costi sociali.
§ Nella Figura 7.3a il costo medio (AC) interseca la curva di D, perciò produrre è proficuo. Il
profitto dell'impresa, π è > 0 alla quantità q* perché AC < p*.
La somma del surplus, del consumatore (CS) e dei ricavi (π + C) meno i costi sociali (C) è
uguale al benessere (CS + π), che è positivo.
§ Nella Figura 7.3b la curva AC si trova in ogni suo punto sopra quella di D, perciò i costi totali
superano i ricavi totali a tutti i livelli di output.
à Pertanto il prodotto non viene realizzato.
Tuttavia sarebbe socialmente auspicabile produrre il prodotto à il benessere sociale
(surplus del consumatore, E + B, più ricavi R) meno i costi (R + B + D) è uguale a (ED),
ed è positivo, dato che l'area E è maggiore dell'area D.
Il motivo per cui il prodotto non viene realizzato, anche se è socialmente desiderabile, sta
nel fatto che l'impresa se producesse, subirebbe solo delle perdite (profitti negativi, B +
D).
- Se non ci fossero costi fissi e i costi marginali fossero costanti, allora, il AC = MC ed un bene la cui
produzione fosse socialmente ottimale, garantirebbe alle imprese anche un profitto.
Determinazione del numero ottimale di prodotti (equilibrio tra varietà di prodotti e q di ogni
prodotto).
89
- L'equilibrio ottimale richiede che sussista un compromesso tra:
• il numero dì prodotti realizzati
• e la q di ogni bene prodotto, che è determinata dal prezzo.
- Per semplicità supponiamo che il numero di prodotti, n, rispecchi pienamente il valore della varietà:
cioè che più imprese o prodotti sono presenti, maggiore è il benessere dei consumatori, a parità di
altre condizioni.
- Se tutti i beni vengono prodotti con la stessa funzione di costo e hanno la medesima curva di D, in
condizioni di equilibro il livello q di output è lo stesso per ciascun prodotto.
- I dati essenziali relativi all'equilibrio possono essere riassunti dal numero di prodotti, n, e dall'output
per marca, q.
- Per illustrare il compromesso tra varietà e quantità, supponiamo che l'economia presenti 100 unità di
output e che ognuna di queste possa essere prodotta con un MC = 1 e CF = 5.
- La frontiera delle possibilità di produzione (PPF) rappresenta le possibili combinazioni del numero di
prodotti e quantità per prodotto che si possono realizzare con gli input totali a disposizione della
società.
- Le preferenze della società tra quantità e varietà sono riassunte dalle curve di indifferenza indicate
nella Figura 7.4.
Il punto O = (q*, n*), punto di tangenza tra la curva PPF e la curva di indifferenza (la curva di
indifferenza in microeconomia è l'insieme di x e y che garantiscono al consumatore lo stesso
livello di utilità), rappresenta la scelta ottimale della società.
- In qualsiasi punto su qualsiasi curva di indifferenza che si trova sotto la curva di indifferenza passante
per il punto 0 la società vede ridotto il proprio benessere.
- I punti sulle curve di indifferenza poste al di sopra di quella che passa per il punto D sono al di fuori
della PPF e quindi non possono essere prodotti.
- Il punto B sulla PPF rappresenta un possibile equilibrio di concorrenza monopolistica. In quel punto
l'industria produce troppo pochi prodotti, ma più output per prodotto rispetto al livello ottimale.
- Nel punto A sulla PPP l'industria produce più prodotti rispetto al livello ottimale, ma meno, output per
prodotto.
- La scelta della combinazione ottimale tra varietà e quantità dipende: §dalle preferenze dell'economia
§ e dalle funzioni di produzione dei beni.
90
91
§ Supponiamo che vi sia una città tutta estesa in lunghezza, con una sola strada, di lunghezza
prefissata.
§ I consumatori sono distribuiti uniformemente lungo questa strada. A parte la localizzazione,
tutti i consumatori sono identici e ognuno di essi acquista un cono di gelato in ogni periodo di
tempo.
§ 2 negozi vendono coni gelato identici: il negozio 1 è situato ad a chilometri di distanza da
un'estremità della città (l'estremità sinistra nella Figura 7.5) e il negozio 2 a b chilometri di
distanza dall'altra estremità (destra) della città.
§ ogni consumatore acquista dal negozio meno caro tenendo conto dei costi di trasporto
(c).
§ il consumatore i vive a x chilometri di distanza dal negozio 1 e a y chilometri dì distanza dal
negozio 2.
- Scelta del consumatore:
§ se p1 + C(x) < p2 + C(y) à scelto il 1° negozio
§ se p1 + C(x) > p2 + C(y) à scelto il 2° negozio
§ se p1 + C(x) = p2 + C(y) à scelta indifferente per i
- Se i p praticati dai due negozi sono diversi, i consumatori più vicini al 1° negozio sceglieranno il 2°
negozio quando il > costo di trasporto è più che compensato dal < prezzo di vendita praticato.
Dunque, in hotteling, un'impresa può fissare un p > rispetto a quello del concorrente senza uscire dal
mercato se la localizzazione (costi di trasporto differenti) rendono il prodotto diverso sebbene
omogeneo.
- Rendita di posizione per l'impresa più vicina ai consumatori, che consente margini di manovra sul p
e una quota della D complessiva, anche con p > di quelli delle imprese concorrenti.
- In questa situazione le scelte delle imprese potranno riguardare:
a) la scelta del prezzo. Fissata la localizzazione dei due negozi e lasciando le imprese libere di
variare i prezzi, maggiore è il divario tra p1 e p2, tanto minore sarà la quota della domanda
complessiva assorbita dall'impresa che fissa il p più alto. Tale quota tenderà a 0 solo se il divario
tra i prezzi e >= del costo di trasporto.
In questa situazione si può stabilire un equilibrio di Nash.
b)la scelta della localizzazione. Fissato il prezzo del bene (per es. viene fissato dallo Stato) e
tenuto conto che i consumatori sceglieranno le imprese collocate più vicine, l'impresa che entra
(es. il 1° negozio) si posizionerà appena a sinistra del 2° negozio (per avvicinarsi al maggior
numero di clienti). Se le imprese possono modificare la loro localizzazione ciascuna di esse si
sposterà fino a soddisfare il 50% della domanda totale (equilibrio di Nash) collocandosi vicino al
centro dello spazio.
- Il modello di Hotelling illustra un punto importante: le proprietà dell'equilibrio di Bertrand
discusse nel capitolo precedente solo valide solo quando due imprese vendono prodotti
perfettamente omogenei.
Supponiamo però che i due negozi siano localizzati in a e b, come indicato nella Figura 7.5. Se il
negozio 1 fa pagare meno del negozio 2, quest'ultimo ha comunque un certo numero di clienti
perché per parecchi di questi è molto più vicino del negozio 1 e alcuni di loro sono disposti a
pagare di più per la comodità della vicinanza.
92
Perciò Hotelling sottolinea che il prezzo di equilibrio di Bertrand é uguale al costo marginale
solo se i prodotti sono omogenei (situati nello stesso luogo nello spazio del prodotto o
geografico). In un modello più generale di prodotti differenziati, imprese con aspettative di
Bertrand possono far pagare prezzi diversi, tutti superiori al costo marginale. In sintesi, la
differenziazione dà alle imprese potere di mercato.
Purtroppo è possibile dimostrare che quando le imprese possono cambiare i prezzi e la loro
localizzazione senza incorrere in costi, l'equilibrio non esiste.
ossia:
Media ponderata degli indici delle singole imprese, utilizzando come pesi le rispettive quote di
mercato.
L = (0,35 * 0,5) + (0,25*0,4) + (0,22 * 0,3) + (0,18 * 0,25) = 0,386
2) Misurazione della struttura del mercato
- Per esaminare in che modo varino i risultati economici al variare della struttura del mercato,
utilizziamo di seguito degli indicatori che esprimono il grado di concorrenzialità di un’industria.
A)Concentrazione industriale
- Nella maggior parte degli studi SCR la variabile strutturale che si mette in rilievo è la
concentrazione industriale.
Quest'ultima si misura di solito in funzione delle quote di mercato di alcune o di tutte le imprese del
settore.
- La variabile più comunemente usata per misurare la struttura del mercato di un'industria è il
rapporto di concentrazione delle prime quattro imprese (C4), che rappresenta la quota delle vendite
realizzata dalle quattro imprese principali dell'industria.
Cm
- Punto debole:
§ Arbitrarietà della scelta del numero di imprese
101
§ Possibilità di ottenere risultati opposti per 2 diversi valori di m in 2 diversi settori industriali.
Il valore di H è compreso tra 0 < H < 1. 0 se c’è concentrazione minima e 1 se c’è concentrazione
massima.
L’indice di H è in relazione con l’indice di Lerner. Ossia il potere di mercato e dunque L è tanto
maggiore quando: à quanto maggiore è H
àquanto minore è l’elasticità della domanda rispetto al prezzo
Problemi comuni alle misure della concentrazione.
- Purtroppo le misure della concentrazione presentano due gravi problemi.
1) Innanzitutto, molti fattori influiscono sulle misure della concentrazione dei venditori. Per
esempio, la profittabilità può influire sul grado di concentrazione di un'industria dato che incentiva
l'entrata. Una delle questioni fondamentali citate nell'introduzione di questo capitolo riguarda la
possibilità che una struttura di mercato meno concorrenziale "determini" profitti più alti. La verifica
dì questa ipotesi è significativa solo se la struttura influenza i profitti, ma non viceversa. In altre
parole, questa teoria dovrebbe essere verificata utilizzando misure esogene della struttura, dove per
esogeno si intende che la struttura viene stabilita prima della profittabilità e che quest'ultima non
influisce su di essa.
2) Il secondo problema è che molte misure dì concentrazione sono distorte a causa dì
definizioni improprie dl mercato.
Il mercato rilevante per un prodotto include tutti i prodotti che influenzano in modo significativo il
prezzo di quel prodotto.
Perché la concentrazione industriale sia un indicatore significativo della performance, l'industria su
cui viene misurata deve riferirsi al mercato rilevante. In caso contrario, la concentrazione di
un'industria non ha implicazioni ai fini della fissazione del prezzo.
B)Barriere all'entrata
- Il fattore strutturale probabilmente più importante nel determinare la performance industriale è la
capacità delle imprese dì entrare nell'industria.
102
- Nei settori con barriere all'entrata sostanziali di lungo periodo, i p si mantengono più elevati
rispetto a quelli concorrenziali.
- Le variabili comunemente usate per approssimare le barriere all'entrata comprendono:
• la dimensione efficiente minima dell'impresa
• l'intensità di pubblicità;
• l'intensità dì capitale,
• e le stime soggettive della difficoltà di entrata in industrie specifiche
- Secondo studi empirici, in assenza di barriere all'entrata o all'uscita di lungo periodo, i tassi di
rendimento nelle industrie dovrebbero essere convergenti.
C)La sindacalizzazione
- sindacati forti possono portare a π < perché crescono i w (salari) e i p proprio a seguito della
crescita dei w.
- Rendendo costosa l’espansione della forza lavoro, i sindacati possono impedire che la
concorrenza all’interno dell’industria faccia aumentare l’output e la diminuzione dei π.
Il modello di Sutton esamina le implicazioni della dimensione del mercato sulla concorrenza (cioè
una variazione del numero delle imprese porta a > o < concentrazione?).
- La nostra trattazione della teoria di Sutton considererà due casi distinti:
§ Ipotesi A à il costo di entrata di un'impresa rappresenta un costo esogeno non recuperabile.
In questo caso, ciascuna impresa deve spendere un ammontare fisso F per entrare nel settore
industriale.
§ Ipotesi B à il costo di entrata di un'impresa rappresenta un costo endogeno non
recuperabile. In questo caso, invece, l'ammontare che un'impresa deve spendere per entrare
nel settore è variabile e deciso dall'impresa nel tentativo di cambiare il livello gradimento del
suo prodotto alterandone alcune caratteristiche.
Ipotesi A.
- Cominciamo dall'analisi di un mercato in cui le imprese producono un prodotto omogeneo (ossia
uno in cui l'unica variabile su cui le imprese possono concorrere è il p e non la qualità). - Costi di
entrata fissi esogeni, non recuperabili; costo marginale, m, costante.
- L’equilibrio finale e le possibili variazioni generate
dall’incremento del numero di imprese
(dimensione del mercato) dipendono dal tipo di
concorrenza che si assume (dunque in questo
modello è fondamentale il comportamento
concorrenziale)
- Per chiarire questo concetto, Sutton considerò tre tipi di
concorrenza:
§ Il cartello à presenta il livello di concorrenza più basso
poiché tutte le imprese colludono in
modo esplicito per stabilire un prezzo di monopolio pm.
Il profitto totale del cartello, o profitto di monopolio,
viene diviso fra un numero n di
imprese.
Indipendentemente dal numero di imprese n, il prezzo
rimane fisso a pm.
Le imprese producono la quantità q di monopolio.
Il profitto di ciascuna impresa diminuisce all'aumentare di n, perché il profitto totale di
monopolio deve essere diviso per un numero sempre maggiore di imprese.
Nel punto di equilibrio n, il profitto totale del cartello tende ad annullarsi.
105
§ Oligopolio alla Cournot à Un tipo di mercato maggiormente concorrenziale è quello
rappresentato da un oligopolio alla Cournot.
Il prezzo di Cournot p scende a all'aumentare del numero di imprese fino ad eguagliare il m
(costo marginale).
Ciascuna impresa sceglie la quota q che max i π e dunque le imprese non colludono:
π = (p – m) – F.
Quindi in condizioni di libera entrata si raggiungerà un equilibrio (dato dalla contemporanea
presenza di un certo numero n di imprese) in cui il profitto di ciascuna impresa è pari a zero.
§ Oligopolio alla Bertrand à è la forma che presenta la maggiore concorrenza.
Solo alcune imprese partecipano al cartello (ipotesi intermedia di collusione parziale) e si
accordano per produrre una q di output > della q di monopolio.
Il p = m per n >1.
In tal caso, l'unico equilibrio con entrata libera si verifica in presenza di un'impresa con
profitti positivi.
Nel caso in cui subentri una seconda impresa, il prezzo si avvicina al costo marginale, percui
il profitto diventa negativo (a causa dei costi fissi) con il conseguente fallimento
dell'impresa.
- Per ciascun modello di concorrenza, la Figura 8.1 mostra le modalità secondo le quali il prezzo
varia all'aumentare di n.
Come illustra la figura, con n <1 il prezzo si abbassa man mano che la concorrenza diventa più
"spietata", laddove la concorrenza alla Bertrand è quella più spietata mentre quella di cartello la più
debole.
-Dunque il potere di mercato (p) delle imprese non dipende soltanto dal grado di concentrazione del
settore e dalla ε della domanda, ma anche dal grado di collusione fra le imprese stesse.
- concentrazione ed elasticità (fattori strutturali) e capacità di colludere (fattore di comportamento)
influenzano il potere di mercato (p)
↓
Ad una elevata concentrazione può dunque accompagnarsi un basso livello di potere di mercato:
esempio, i duopolisti alla Bertrand non colludono e si comportano come fossero in concorrenza
perfetta.
Cap 9
(9.3a)
(9.3b)
In altre parole, il markup percentuale del prezzo di ciascun gruppo è inversamente proporzionale
all'elasticità della domanda.
Più elevata è l'elasticità della domanda del gruppo, minore è il prezzo che gli viene praticato.
Meno elevata è l’elasticità della domanda del gruppo, maggiore è il prezzo che gli viene praticato.
- Le equazioni 9,3a e 9.3b possono essere combinate per mostrare che il rapporto di prezzo per i
due gruppi dipende dalle rispettive elasticità:
Per esempio, se il gruppo 1 ha una domanda quasi perfettamente elastica (ε1 = - ∞) e il gruppo 2 ha
ε2 = - 2, allora pl/p2 = l/2 àcioè al gruppo 2, quello con la domanda relativamente anelastica,
viene fatto pagare il doppio rispetto al gruppo 1.
Cap 10
- Un cliente del tipo 2 è disposto a comprare di più al livello di prezzo p rispetto a un cliente del tipo
1 e beneficia di un maggior surplus (T2> T1) di un cliente del tipo 1.
- La soluzione ottimale per un’impresa che pratica un prezzo unitario p sarebbe quella di:
• far pagare a un cliente del tipo 1 à una quota fissa pari a T1.
• far pagare a un cliente del tipo 2 à una quota fissa pari a T2.
-Ma l’impresa non è in grado di distinguere tra un tipo di cliente e l'altro e fa pagare una tariffa in
due parti unica che consiste di un prezzo unitario pari a p e di una somma fissa T, la quale però non
può superare T1 se vuole che i clienti del tipo 1 comprino il prodotto.
- In molti casi l'impresa può ottenere profitti più elevati concentrandosi sui clienti del tipo 2,
lasciando che quelli del tipo 1 decidano di non acquistare il prodotto.
- Meno simili sono i consumatori del tipo 1 a quelli del tipo 2, più è difficile per l'impresa ottenere il
surplus del consumatore dai clienti del tipo 2 con una tariffa unica in due parti
127
CAPITOLO 11 – COMPORTAMENTO STRATEGICO
Definizione di comportamento strategico.
- Il comportamento strategico è un insieme di azioni che un'impresa intraprende per influenzare
la situazione di mercato in modo tale da aumentare i propri profitti.
↓
La situazione di mercato consiste di tutti i fattori che influiscono sull'esito di mercato (prezzi,
quantità, profitti, benessere), comprese le aspettative dei clienti e dei rivali, il numero dì
concorrenti effettivi e potenziali, la tecnologia di produzione di ciascuna impresa e i costi o la
velocità con la quale un concorrente può entrare nell'industria.
- Esamineremo due tipi di comportamento strategico:
v Non Cooperativo à Il comportamento strategico non cooperativo consiste nelle azioni
svolte da una singola impresa per max i π migliorando la sua posizione rispetto a quella
dei rivali.
Questo tipo di comportamento in genere fa aumentare i profitti di un'impresa e
diminuisce quelli delle imprese concorrenti.
v e cooperativo à Il comportamento strategico cooperativo consiste in azioni che rendono
più facile alle imprese di un'industria coordinare le proprie iniziative e limitare il
dinamismo competitivo.
Questo tipo di comportamento incrementa i profitti di tutte le imprese di un mercato
riducendo la concorrenza.
A) Il comportamento strategico non cooperativo.
- Affinché la strategia non cooperativa abbia successo devono essere soddisfatte 2 condizioni:
1) Vantaggio della prima mossa (asimmetria tra le imprese)
à l’impresa deve di solito avere un vantaggio sui propri rivali. Per esempio deve essere in grado
di agire prima dei concorrenti.
2) Impegno vincolante.
L’impresa deve perseguire una minaccia credibile agli occhi della concorrente, attuando una
strategia che sia razionale.
Vincolandosi a svolgere l'azione minacciata, in modo tale da non poter cambiare comportamento
anche se effettivamente lo si vorrebbe modificare, un'impresa può rendere credibile la propria
minaccia.
- Analizziamo adesso 4 strategia molto comuni:
1) La politica predatoria dei prezzi
2) La fissazione di un prezzo-limite
3) gli investimenti effettuati per abbassare i propri costi
4) i comportamenti adottati per aumentare i costi dei concorrenti
- Queste strategie risultano essere efficaci quando la presenza di barriere a una rapida entrata e
uscita impediscono a un'altra impresa identica di utilizzare la stessa strategia.
128
senza queste barriere non può esserci asimmetria tra le imprese e questi comportamenti
strategici non sono efficaci.
1)Le politiche predatorie dei prezzi.
Definizione. Un’impresa adotta una politica predatoria dei prezzi quando, in una prima fase,
riduce il proprio p a un livello molto basso per spingere i concorrenti a uscire dal mercato e per
scoraggiare l'entrata da parte di potenziali imprese; in una seconda fase, quando i rivali sono
usciti dal mercato, aumenta il p.
Dunque l'impresa incorre in perdite di breve periodo per ottenere profitti di lungo periodo.
Questa strategia può avere successo solo se l'impresa, durante il periodo è in cui tiene un prezzo
basso, riesce a mantenerlo più a lungo dei concorrenti.
Qualora l'impresa riesca eliminare i concorrenti attuali e poi aumenti il p, si crea un incentivo
perché nuove imprese entrino nell'industria. Dunque, l'impresa esistente dovrà abbassare
nuovamente il p per costringere queste nuove impresa uscire dal mercato e dovrà attuare una
strategia credibile.
- Di seguito esaminiamo 2 casi distinti:
Ø Modello con imprese tutte uguali in cui è poco probabile che la politica predatoria dei
prezzi abbia successo;
Ø Modello in cui un'impresa gode di un vantaggio della prima mossa sui rivali perciò la
politica predatoria dei prezzi può essere conveniente.
Le politiche predatorie dei prezzi con imprese tutte uguali.
- Analizziamo se il comportamento predatorio ha senso se le imprese sono identiche.
- Nel periodo in cui l'impresa esistente pratica prezzi predatori incorre in perdite > di quelle di un
rivale egualmente efficiente.
- Illustriamo graficamente questo risultato:
129
- Supponiamo che vi siano solo due imprese, una già presente e un'altra entrata di recente, con
funzioni di costo identiche, come
indicato nella Figura 11.1.
- L'impresa esistente abbassa il prezzo
di mercato fino a p* per infliggere
delle perdite al rivale e
spingerlo a uscire dal mercato. Perché
il prezzo di mercato rimanga al livello
p*, devono essere
vendute q* unità di output, come
mostra la curva di domanda della
Figura 11.1.
- Se il concorrente non esce
dall'industria e produce qe unità, per
le quali p* = MC, subisce una
perdita pari all'area A della figura.
- Per mantenere il prezzo al livello p*, l'incumbent deve produrre qi = q* - qe unità in modo che
l'output totale dell'industria sia q*.
- In questo modo l'impresa esistente produce a un MC più elevato di quello del suo concorrente e
subisce perdite totali pari all'area A più l'area B.
Di conseguenza, la perdita dell'impresa già presente è maggiore di quella del concorrente, di
un importo pari all'area B.
- I consumatori traggono un beneficio durante il periodo in cui si hanno politiche predatorie dei
prezzi perché riescono ad acquistare il prodotto al prezzo p'* che è < al p di duopolio.
- In definitiva, perché le politiche predatorie dei prezzi abbiano successo occorre che l'impresa
sia convinta che il rivale che sta attuando la politica predatoria manterrà il prezzo basso per
tutto il tempo necessario a spingerla fuori dal mercato. Ma poiché l'azione che l'incumbent si
propone di effettuare abbassando il prezzo a p* non viene considerata razionale, non risulta
essere credibile.
-Analizziamo quali sono le strategie utilizzate dall’impresa entrate in un mercato contro le
politiche predatorie dei prezzi:
• Cercare di convincere l'incumbent a fondersi con essa
à in modo da poter praticare da subito un p elevato ed evitare il costoso periodo di
politiche predatorie dei prezzi.
• Stipulare contratti con gli acquirenti prima dell'entrata.
cioè si determina prima dell’entrata un p < del p praticato dall’incumbent. In questo
modo, una diminuzione del p da parte dell'impresa esistente non sarebbe dannosa, perché
le vendite verrebbero effettuate al prezzo prestabilito.
• Diminuire l'output nei periodi in cui vengono attuate politiche predatorie dei prezzi. à in
modo tale da ridurre le perdite.
• Uscita dal settore, se ciò si può fare senza incorrere in costi (mercati contendibili) e
reimpiegare il proprio capitale in un altro settore industriale. Quando poi l'impresa già
presente aumenta il p, il rivale entra di nuovo nell'industria.
- Il MCE per la produzione di E del monopolista dell'energia non integrato è m (Figura 12.3b).
- Il monopolista affronta una funzione di domanda inversa, e(E), del suo prodotto da parte
dell'industria concorrenziale;
- La curva corrispondente dei ricavi marginali è MRE.
- Le curve relative al mercato dell'output riportate nella Figura 12.3a sono indicate anche nella
Figura 12.3b come linee tratteggiate ai fini del confronto.
- La curva di D del monopolista a monte può essere derivata da quella dell' industria concorrenziale
a valle.
Il monopolista considera la curva di D come il prezzo più alto, e, che può far pagare alle imprese a
valle per una data quantità di E.
Il prezzo che un'impresa concorrenziale a valle ottiene per una unità di output è p.
Per produrre quell'unità di output, deve spendere w per un'unità di lavoro. Pertanto, il massimo che
pagherà per un 1 unità di E è e = p - w.
Di conseguenza, la curva di D del monopolista dei fattori produttivi è uguale alla curva di D
dell'industria concorrenziale (p (Q)) meno w.
(Come indica la figura, e(E) (la curva di D del monopolista) è semplicemente p(Q) - w (cioè la
curva di D dell’industria, spostata verso sinistra di un segmento pari a w).
- Il monopolista dell'energia fissa il proprio output al livello E* in modo tale che MRE = MCE ( =
m).
- il monopolista dell'energia max i π, con:
(e(E) - m)E = ((p(E) - w) – m)E, che sono identici a ciò che massimizza il monopolista integrato
verticalmente, ossia l'Equazione 12.2, perché E* = Q*.
In altre parole, l'output dell'industria e la quantità di energia utilizzata sono le stesse
indipendentemente dal fatto che l'industria sia integrata verticalmente o non lo sia.
- I profitti del monopolista dell'energia (riquadro in Figura 12.3b), rimangono invariati e sono:
π* = (e*- m)E* = ((p* - w) – m)E*
à Il monopolista ora ottiene e (che è pari a p* - w), invece di p* per unità venduta, ma i suoi
costi sono pari solo a m anziché a m + w per unità prodotta.
145
In definitiva: visto che l'impresa a monte ottiene gli stessi profitti indipendentemente
dall'integrazione, se quest'ultima comporta il sostenimento di un costo, l'impresa decide dì non
integrarsi.
à da questo ne scaturisce che quando il monopolista non integrato aumenta il prezzo di
un'unità di E di un importo pari a 1, i costi marginali dell'impresa a valle (m + w) aumentano di 1,
pertanto anche il prezzo praticato ai consumatori sale di l.
In altre parole, il monopolista dell'energia può controllare perfettamente il prezzo finale che i
consumatori pagano ( e lo controlla perché le imprese a valle non possono sostituire con un altro
fattore l’input fornito dal monopolista) senza bisogno di integrarsi verticalmente.
A.2) Funzione di produzione con proporzioni variabili.
- I risultati sono diversi se l'industria concorrenziale a valle affronta una funzione di produzione con
proporzioni variabili. à l'industria a valle, se il p del fattore fornito dal monopolista aumenta, può
sostituirlo con un altro fattore produttivo.
- La Figura 12.4 mostra l'isoquanto di una
funzione di produzione con proporzioni
variabili.
- Man mano che i costi relativi dei fattori
produttivi cambiano, come indicato da una
variazione
della pendenza della curva di isocosto, le
imprese di quell' industria sostituiscono il
fattore più
costoso con una quantità maggiore dei
fattore meno caro in quel momento.
- Con una funzione di produzione con
proporzioni variabili, se il monopolista
dell'energia aumenta
il prezzo per l'industria concorrenziale a valle, le imprese dì quell'industria sostituiscono l'energia
con una maggiore quantità di lavoro.
Se il monopolista aumenta il prezzo di un importo pari a 1, il prezzo del prodotto finito non aumenta
necessariamente di una somma pari a 1 e la quantità di E utilizzata diminuisce più di quanto accada
a Q.
- In sintesi, se le imprese a valle hanno la capacità di sostituire gli input (con un processo produttivo
con proporzioni variabili), il monopolista non ha il completo controllo dell'industria a valle: ogni
volta che aumenta il prezzo, l'industria a valle sostituisce il suo fattore con un altro input e questa
sostituzione riduce i π del monopolista.
- Se l'impresa a monte si integra verticalmente in modo da monopolizzare l'industria a valle, ha un
controllo completo e pertanto i suoi π aumentano. Se questi salgono più del costo dell'integrazione
verticale, l'impresa deciderà di integrarsi.
CAP 13
Numero di imprese disposte a gareggiare per nuove scoperte e sistema di incentivi statali.
166
- Analizziamo l’ipotesi che lo Stato abbia lo stesso numero di informazioni delle imprese
relativamente a tutti i possibili progetti di ricerca e ci chiederemo quante imprese sarebbero
disposte a gareggiare sulla base di diversi programmi alternativi di incentivi.
a) Lo Stato non interviene.
- In assenza di brevetti e altri incentivi gli inventori non hanno convenienza ad innovare perché
non ottengono benefici economici.
b) Lo Stato finanzia la ricerca.
- Lo stato può incoraggiare la ricerca attraverso sovvenzioni alle imprese, assicurando così il
numero ottimale di progetti (imprese): es. crediti di imposta per spese in ReS; sovvenzionare le
imprese per svolgere particolari programmi di ricerca.
c) Lo stato può offrire premi.
- Lo Stato può indurre le imprese a impegnarsi nella ricerca offrendo dei premi a quelle imprese
che per prime scopriranno un nuovo prodotto.
- Se lo stato stabilisce il premio in modo adeguato, per vincerlo entrerà in lizza il numero ottimale
di imprese; fissare un premio più alto potrebbe invece stimolare un numero troppo elevato di
imprese a entrare in gara.
d) Joint venture.
- In assenza di qualsiasi tipo di incentivo, l'attività di ricerca è limitata e l'inventore non riesce a
godere dei benefici di una nuova scoperta, si trova di fronte a un'esternalità.
- Il problema dell’esternalità si risolve se tutte le imprese di un'industria decidono di dividere tra
loro i costi di sviluppo, formando in questo modo una joint venture per la ricerca.
e) I brevetti
- I brevetti, concedendo diritti esclusivi a coloro che riescono a realizzare un'invenzione,
favoriscono la ricerca.
- I brevetti, a differenza dei premi o dei k di ricerca statali, però, creano distorsioni dovute alla
determinazione di prezzi di monopolio.
- Brevetti sono meno efficienti dei premi o dei contratti di ricerca ma sono molto utilizzati
quando lo Stato gode di informazioni limitate.
- Distinguiamo tra:
1) Brevetto di durata infinita à il detentore ottiene profitti di monopolio illimitati e un forte
incentivo all’innovazione. Questi grandi profitti potenziali possono indurre molte imprese a
gareggiare per ottenere il brevetto.
2) Brevetto di durata limitata à vi è minore incentivo alla ricerca, ma vi sono anche minori
costi dovuti a troppi progetti di ricerca.
167
L'incertezza dello Stato.
- Se lo Stato ha tante informazioni à brevetti e joint venture meno desiderabili dei premi e dei
contratti di ricerca perché creano distorsioni nei prezzi. Con i premi o i sussidi per la ricerca, il
nuovo prodotto viene venduto a prezzi concorrenziali e il surplus del consumatore viene
massimizzato, mentre per la durata del brevetto il nuovo prodotto viene venduto a un prezzo dì
monopolio, che determina vendite. troppo basse.
- Se lo Stato ha poche informazioni à i brevetti e le joint venture possono risultare più efficienti
degli altri incentivi.
La concessione di licenze.
- Chi detiene un brevetto (inventore) realizza maggiori π di monopolio se utilizza il nuovo
processo produttivo o se lo concede in licenza in cambio di un compenso (royalty)?
- Ora dimostreremo che, se il mercato prima dell'innovazione è concorrenziale, per un inventore
che max i π è indifferente essere l'unico venditore del prodotto oppure concederlo ad altri in
licenza.
Un modello della concessione di licenze.
- Supponiamo che un mercato sia
originariamente concorrenziale e
che tutte le imprese
producano a costi costanti (pari a
m).
- Il prezzo concorrenziale del bene
è uguale a m ( p = m) e si vendono
Q unità di prodotto. -
Supponiamo ora che qualcuno
sviluppi un nuovo processo che
consenta allo stesso bene di
essere prodotto a un costo
inferiore, m^, come indicato nella
Figura 14.3a.
- Se l'impresa che possiede il nuovo
brevetto (impresa dominante)
decide di vendere il prodotto,
i π derivanti dall'invenzione sono
dati dalla differenza tra il vecchio e
il nuovo costo (m – m^)
moltiplicati per il numero di unità di prodotto vendute. Nella Figura 14.3a questo importo viene
definito Royalty.
- Supponiamo ora che l'impresa conceda in licenza ad altre imprese l'uso della nuova tecnologia.
Quale royalty unitaria massimizza i profitti dell'impresa?
La Figura 14.3a mostra un esempio di invenzione marginale che riduce solo leggermente il costo
di produzione.
La royalty massima che un'impresa concorrenziale pagherà per una licenza è la differenza tra il
prezzo concorrenziale e il nuovo costo di produzione (m - m^) .
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La royalty che max i profitti viene determinata dall'intersezione della curva dei RM di una licenza
con l'asse delle quantità. Nel caso illustrato in figura, ciò si verifica alla quantità Q e a una royalty
pari a r = m – m^ = p – m^.
- Nella Figura 14.3b si analizza il caso di un nuovo processo che determina però una rilevante
diminuzione dei costi.
In questa circostanza, i RM relativi alla domanda derivata di licenze sono uguali a zero al livello
Q^.
Il prezzo che max i π, p, si trova tra m e m^ à di conseguenza, la royalty percentuale (r = p –
m^) è < alla riduzione dei costi (m –m^) ma vengono vendute Q^ > Q licenze.
- In definitiva:
• se l'inventore riesce a produrre in modo efficiente quanto le altre imprese, è indifferente
tra vendere il prodotto o concederlo in licenza, dato che le imprese marginali limitano il
suo potere monopolio in entrambi i casi.
• Se l’invenzione è marginale: viene venduta stessa Q agli stessi p e i vantaggi della
scoperta vanno tutti agli inventori.
• Se l’invenzione è rilevante: < p e > Q. Il surplus per il consumatore sale e il beneficio
dell’inventore è < a quello sociale totale).
La struttura del mercato e incentivo all’innovazione.
- Schumpeter ha dato avvio alla moderna ricerca sul rapporto tra la struttura del mercato e
l'innovazione.
Secondo l'opinione di Schumpeter, esiste un rapporto positivo tra innovazione e potere di
mercato e le grandi imprese sono più innovative di quelle di piccola dimensione.
Esistono due nessi tra la struttura del mercato e l'innovazione.
Ø i brevetti consentono di ottenere potere di mercato mediante l'innovazione (ex-post
market power).
Ø i profitti di monopolio consentono nuovi finanziamenti per la ricerca (ex-ante market
power).
Quale sistema industriale (monopolio o concorrenza) ha maggiore incentivo a inventare?
La struttura del mercato senza gara per ottenere il brevetto (cioè l’innovatore non è
impegnato in una gara per ottenere il brevetto). - Modello di Arrow (1962)
§ Vi è solo un’impresa innovatrice.
§ Assenza di concorrenza nelle attività di ReS.
§ L’innovazione è protetta da brevetti
- In presenza di queste condizioni, analizziamo due strutture del mercato alternative.
In una struttura del mercato l'impresa che effettua l'invenzione fa parte di un'industria
concorrenziale; nell'altra ad effettuare l’innovazione è un’impresa monopolista.
1) Impresa concorrenziale.
- m e m^ à costi rispettivamente prima e
dopo l’innovazione
- m è il p prima dell’innovazione; m = m^ +
r (r = royalty unitaria) è il p dopo
l’innovazione
(dunque p rimane invariato). Anche la Q
venduta rimane invariata.
- π = (A + D + F + G) < beneficio sociale
complessivo (A + D + F + G + H).
2) Impresa monopolista
- Un monopolista invece pone i ricavi
marginali uguali ai costi marginali.
- Esso vende Qm al prezzo Pm à prima dell’innovazione.
Esso vende ^Qm al prezzo ^Pm à dopo l’innovazione.
- In seguito all'innovazione il monopolista ottiene profitti maggiori. Calcoliamoli.
- I suoi costi originari erano pari a (m * Qm) = A + B.
Dopo la scoperta i suoi costi sono pari a (m^ * ^Qm) = B + E.
Pertanto, la variazione dei costi è (A + B) - (B + E) = A - E.
- I suoi ricavi aumentano dell'area che si trova sotto la curva dei ricavi marginali tra Qm e ^Qm,
ossia le aree D + E.
à Pertanto, i suoi π aumentano di un importo pari a (D + E) + (A - E) = D +A.
- Confrontando i profitti nelle due diverse situazioni settoriali:
i π dell’inventore concorrenziale sono maggiori per un importo pari a F + G.
- In definitiva: in condizioni di monopolio, il π generato dall’innovazione è minore ( e
dunque minore è l’incentivo e le risorse impiegate in R e S) di quello ottenuto da un’impresa
concorrenziale.
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- Dunque la conclusione è che se le imprese non devono preoccuparsi che altri inventino il
prodotto prima di loro, un’impresa concorrenziale ha un maggiore incentivo a inventare rispetto a
un monopolio.
Il monopolista coinvolto in una gara per ottenere il brevetto.
- Un monopolista con potenziali rivali innovatori dovrà impedire che altri entrano in gara
per ottenere il brevetto innovando per primi.
à in caso contrario, il monopolista rischierebbe di subire delle perdite superiori a quelle del
rivale. Quest'ultimo infatti perde soltanto le spese in R&S mentre, il monopolista, oltre alle spese
in R&S, perde anche parte dei profitti di monopolio.
- Come può il monopolista conservare il proprio potere di monopolio?
Indagini hanno mostrato che:
nel caso di un nuovo processo produttivo, la segretezza, il tempo, il rapido spostamento lungo
la curva di apprendimento e gli sforzi promozionali o per fornire un servizio ai clienti sono
considerati più importanti dei brevetti.
nel caso di nuovi prodotti, i brevetti hanno un‘importanza maggiore della segretezza, ma
minore rispetto agli altri metodi.
Quale tipo di impresa innova più velocemente?
- Le imprese concorrenziali innovano più rapidamente di quella monopolista.
à perché dato le royalties vanno a chi innova per primo e il monopolista non ha concorrenza,
ma potrà decidere di innovare al ritmo che considera ottimale.
- Precisamente il monopolista realizza l’innovazione in un tempo che ritiene ottimale, ossia
quando il valore attuale dei risparmi generati dall’innovazione = al valore attuale dei π derivanti
da un investimento alternativo.