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La valutazione del costo è tanto più precisa quanto maggiore è il livello di dettaglio del piano.
Sono state sviluppate tecniche di contabilità industriale per raggiungere anche tale obiettivo.
Il costo totale del prodotto è ottenuto considerando tutti i fattori impiegati per la sua realizzazione.
2. Direct costing. Sistema di calcolo a costi variabili. Attribuisce ai prodotti solo i costi che variano in modo
diretto con il volume di produzione.
4) COSTI E LORO CLASSIFICAZIONE
Nell’analisi dei costi è necessario definire:
- del prodotto.
- occorre quindi specificare gli elementi inclusi e quelli esclusi nella definizione del costo.
- Se il periodo è passato si parla di costi consuntivi (sono costi calcolati dopo il sostenimento
effettivo del costo).
L’imputazione dei costi ai singoli elementi che lo compongono è facile nel caso di costi sostenuti per un
solo tipo di prodotto, mentre è difficile nel caso di costi sostenuti per più tipi di prodotto.
I costi sono classificati utilizzando diversi criteri (4 criteri) allo scopo di utilizzarli nei processi decisionali.
5) COSTI VARIABILI, SEMI-VARIABILI, SEMI-FISSI E FISSI
I costi variabili sono costi di entità variabile con i volumi di produzione. In assenza di produzione come si
può ben immaginare è un costo inesistente ed è perciò crescente con le quantità prodotte.
Esempi possono essere i costi delle materie prime che costituiscono il prodotto, i costi della manodopera
coinvolta nella produzione…
Talvolta può sussistere una proporzionalità non diretta tra costi variabili e quantità. Quindi possono esserci
diversi tipi di costi variabili:
1. Costi variabili in modo progressivo. Aumento dei costi variabili in misura più che proporzionale con la
quantità. Un esempio sono i costi della manodopera nel caso di lavoro straordinario.
2. Costi variabili in modo regressivo. Diminuzione dei costi variabili con la quantità prodotta. Un esempio
sono i costi dei materiali con sconti in base alle quantità acquistate.
I costi fissi sono i costi derivanti dalla predisposizione della capacità produttiva e non delle quantità
prodotte, sono quindi costi che bisogna comunque sostenere anche se non si produce alcuna quantità. I
costi fissi rimangono costanti nonostante la variazione delle quantità. Quindi si ha un comportamento che è
indipendente dai volumi di produzione.
Con Q quantità prodotta e v costo variabile per unità prodotta andiamo a scrivere la formula del costo
totale (CT).
CT =CF+CV =CF+ v ∙Q
È di fondamentale importanza nella scelta tra soluzioni alternative. Infatti, permette di valutare, in
funzione della quantità, l’alternativa economicamente più vantaggiosa.
È di fondamentale importanza anche nel controllo dei costi. Infatti, consente di concentrare l’attività di
monitoraggio sui costi che variano con le quantità.
Alternativa 1. Abbiamo un sistema di produzione automatizzato con un investimento iniziale elevato e costi
di manodopera bassi.
Alternativa 2. Abbiamo un sistema di produzione manuale con investimento iniziale basso e costi di
manodopera elevati.
Il punto di pareggio (BEP – Break Even Point) rappresenta il punto in corrispondenza del quale il costo
totale delle due alternative è lo stesso.
¿
Se Q<Q l’alternativa 2 è caratterizzata da un costo totale inferiore a quello dell’alternativa 1 ed è, quindi,
più conveniente.
¿
Se Q>Q è preferibile utilizzare l’alternativa 1.
Quindi, l’alternativa con costi fissi elevati è efficace, dal punto di vista economico, nel caso di grandi volumi
di produzione. Mentre l’alternativa con costi fissi bassi è efficace, dal punto di vista economico, nel caso di
piccoli volumi di produzione.
Non dimentichiamoci che possono essere presenti anche voci di costo che non variano del tutto in
funzione delle quantità prodotte.
1. Semi-fissi. Queste sono voci di costo che variano con la quantità in modo discreto e non continuo. Un
esempio sono gli ammortamenti.
2. Semi-variabili. Alla componente fissa del costo, presente anche per Q=0, se ne aggiunge una variabile in
modo proporzionale alla quantità di prodotto. Un esempio è la retribuzione dei venditori che consiste in
una quota fissa e in una variabile in base alle quantità vendute.
6) DIAGRAMMA DI REDDITIVITÀ
Il diagramma di redditività riporta gli andamenti dei costi e dei ricavi in funzione della quantità di prodotto
realizzata.
È utile in quanto la programmazione economica di un’azienda richiede la conoscenza delle variazioni dei
costi e dei profitti con le quantità di prodotto venduto.
Permette di definire il livello produttivo in corrispondenza del quale i costi totali uguagliano i ricavi (analisi
del punto di pareggio).
7) PUNTO DI PAREGGIO
Il punto di pareggio è per definizione l’intersezione tra i ricavi e i costi totali. Rappresenta il valore dei
ricavi per cui l’azienda risulta essere in pareggio non conseguendo né utili né perdite.
Per una determinata quantità Q di prodotti, come si vede dall’immagine, abbiamo la formula:
RO=RT −CT=¿
RT −( CF+CV )=¿
( RT −CV )−CF=¿
MDCT −CF
Quindi: RO=MDCT −CF
Il reddito operativo quindi si basa anche sul confronto tra margine di contribuzione (MDCT) e costi fissi
permettendo di determinare se l’azienda realizza profitti o perdite.
1. Zona delle perdite. Quando la retta dei ricavi è al di sotto di quella dei costi totali. Quindi si avrà
1. La copertura dei costi è ottenuta se si raggiunge un volume di quantità prodotte o vendute pari a quello
individuato dal BEP.
2. Gli utili vengono conseguiti solo con un volume superiore a quello corrispondente al BEP.
3. Al crescere dei costi fissi (CF), a parità di costi variabili (CV), aumenta la quantità corrispondente al BEP.
Quindi si avrà una traslazione dell’area degli utili verso valori di Q maggiori.
Inoltre, consente di stabilire come si modifica il risultato aziendale al variare dei costi variabili, delle
quantità prodotte o vendute, dei prezzi di vendita e dei costi fissi.
1. Costi diretti di materiali. In questa voce si includono i costi dei materiali che costituiscono il prodotto.
Tutti i materiali costituenti il prodotto appartengono a questa categoria (come il grezzo, i semilavorati e i
componenti).
Ragioni di ordine pratico possono portare all’esclusione dei costi, dei materiali poco rilevanti (come ad
esempio viti, rondelle, rivetti, …). Infatti, queste cose andranno inserite tra le voci di costo indirette.
2. Costi diretti di manodopera. Comprendono i costi relativi alla manodopera dedicata esclusivamente alla
fabbricazione dei componenti e/o dell’assemblaggio del prodotto. A tale voce appartengono la retribuzione
ordinaria, la retribuzione per lavoro straordinario, altri compensi integrativi (come ad esempio ferie, premi,
indennità di licenziamento, …) e anche i contributi.
3. Costi speciali diversi. Sono relativi ai costi sostenuti per la realizzazione del prodotto che non sono inclusi
tra quelli dei materiali diretti e quelli della manodopera diretta. Sono variabili in base all’azienda. Esempi di
questa categoria possono essere i costi delle parti acquistate da terzi e come tali non confondibili con
quelle fabbricate internamente dall’azienda, i costi delle lavorazioni eseguite da terzi su materie prime
fornite dall’azienda, i costi dell’energia elettrica utilizzata dalle macchine di produzione e anche i costi
relativi a licenze e brevetti.
1. I costi delle funzioni generali. Come ad esempio gli uffici amministrativi, gli uffici della direzione…
2. I costi dei servizi ausiliari. Come ad esempio la manutenzione, la gestione del magazzino e la pulizia.
I costi indiretti vengono imputati agli oggetti di costo attraverso una suddivisione dei costi indiretti che
considera le cause da cui essi si originano.
Qui sotto viene descritta l’espressione per la valutazione del costo indiretto imputato al singolo oggetto di
costo:
1. Base unica aziendale. La totalità dei costi indiretti viene ripartita utilizzando un solo criterio di
ripartizione. Viene quindi utilizzato un unico coefficiente di ripartizione.
2. Base multipla. La totalità dei costi indiretti viene suddivisa in classi omogenee, poi per ciascuna classe si
applica il criterio di ripartizione più opportuno. Vengono quindi utilizzati più coefficienti di ripartizione.
Infine, possiamo dire che i costi indiretti vengono classificati in quattro differenti categorie:
- Al tipo di azienda.
1. Manodopera indiretta. Costi del personale non inclusi tra quelli diretti. Comprendono i costi relativi al
personale addetto al ricevimento dei materiali, alla spedizione delle parti o dei prodotti, al collaudo, alla
pulizia degli ambienti di lavoro, alla security…
2. Materiali indiretti. Si intendono i costi dei materiali che non entrano a far parte direttamente del
prodotto finito (materiali di consumo). Tra i tipici materiali di consumo abbiamo i lubrificanti, i solventi…
3. Servizi. In questa voce rientrano i costi dei servizi che eseguono funzioni di carattere strumentale. Ad
esempio abbiamo i costi per l’energia elettrica, i costi per l’approvvigionamento di acqua e gas ma anche i
costi per la produzione di aria compressa. Questi costi possono essere considerati diretti nel caso in cui sia
possibile valutare le quantità consumate nella realizzazione di ciascun prodotto.
4. Manutenzioni ordinarie. Sono i costi sostenuti per la manutenzione delle apparecchiature presenti in
azienda. In questa voce non vengono considerati i costi necessari per eseguire interventi di manutenzione
straordinaria in quanto questi sono considerati come voci di costo che determinano l’aumento del valore
delle apparecchiature.
5. Ammortamenti. Sono i costi derivanti dalla ripartizione negli anni di vita utile di un bene, per tenere
conto del suo deperimento tecnico. Esempi tipici sono le macchine di produzione.
6. Costi per uffici tecnici. Spese necessarie per garantire il funzionamento degli uffici.
7. Costi per la direzione tecnica. Relativi agli stipendi dei dirigenti tecnici.
8. Oneri e assistenza sociale. Comprendono i costi sociali sostenuti dall’azienda quali mensa, infermeria…
9. Varie. Contengono altre voci di costo generali che non sono incluse nelle categorie precedenti.
⋮
I costi generali commerciali sono relativi ai costi sostenuti per il funzionamento dell’area commerciale.
Comprendono tipicamente le seguenti voci:
- Spese di viaggio.
I costi generali aziendali riguardano le spese sostenute indistintamente per tutta l’azienda. In questa voce
vengono compresi gli oneri finanziari, le tasse, le imposte e anche i servizi sociali …
È possibile distinguere:
1. Costo primo. Chiamato anche direct cost. Rappresenta la somma dei costi diretti come il costo delle
materie prime, il costo della manodopera diretta e i vari costi speciali.
- Vantaggio: Con il costo primo si ha oggettività, in quanto non è affetto da problemi di ripartizione
dei costi indiretti.
Costo primo=20+50+3=73 €
2. Costo industriale. Chiamato anche full cost. Rappresenta la somma dei costi relativi alla fase tecnico-
produttiva. Il costo industriale si ottiene sommando il costo primo e i costi generali di produzione.
Il costo industriale esprime la componente industriale del costo, spesso la voce più rilevante. Consente
perciò di calcolare l’entità dei costi dell’area della produzione.
Esempio 2.
Si faccia riferimento all’esempio 1. Si supponga che per lavorare il prodotto A mediante asportazione di
truciolo si utilizzi un fluido da taglio sostenendo un costo di 0.25€ per ogni chilogrammo di materiale
lavorato.
Costo industriale=(20+50+3)+(0.5)=73 , 5 €
Il costo di trasformazione esprime il costo sostenuto per la trasformazione industriale delle materie prime
dirette. Rientrano in questa voce la manodopera, l’energia elettrica, gli ammortamenti, le manutenzioni …
Il costo di trasformazione è ottenuto anche come differenza tra il costo industriale e quello delle materie
prime.
3. Costo complessivo. Le configurazioni di costo esaminate fino ad ora escludono, in misura diversa a
seconda dei casi, alcuni elementi. Il costo complessivo comprende, invece, tutte le spese sostenute. Quindi
il costo complessivo è la somma del costo industriale, dei costi generali commerciali, dei costi generali di
amministrazione e dei costi generali aziendali.
Il costo complessivo presenta il vantaggio di non trascurare alcun elemento di costo. Perciò è utile nella
formazione del prezzo di vendita.
Tuttavia, comporta la ripartizione dei costi indiretti tra i prodotti, creando problemi di imputazione.
Esempio 3.
73
Quota costi generali imputata ad A: x 15=5.5 €
200
4. Costo economico-tecnico.
Include anche gli oneri figurativi, ovvero elementi di costo non contabilizzati ma considerati nella
formazione dei prezzi e nell’accettazione o meno di ordini di produzione.
Il costo economico-tecnico viene ottenuto sommando il costo complessivo e gli oneri figurativi.
Questo numero rappresenta il prezzo di vendita minimo che rende conveniente la produzione.
- Fitti figurativi. Costi di affitto che l’impresa avrebbe dovuto sostenere se non avesse avuto edifici di
proprietà.
- Stipendi figurativi. Stipendi che l’impresa avrebbe dovuto corrispondere per il lavoro del proprietario o
dei suoi famigliari.
- Interessi di computo. Interessi sul capitale investito nella produzione dal momento in cui si acquistano le
materie prime fino a quando non si realizza il ricavo dalla vendita.
Esempio 4.
Le spese generali di produzione vengono imputate utilizzando un criterio che permette di ripartirle tra i
diversi prodotti realizzati.
2. Base multipla.
I criteri di ripartizione solitamente vengono classificati in diverse tipologie a seconda che siano basati:
- Sulle quantità dei fattori produttivi. Ad esempio la quantità di materiali diretti, le ore di manodopera
diretta, le ore macchina e i chilowattora consumati.
- Sulla valorizzazione dei fattori produttivi. Ad esempio il costo dei materiali diretti, il costo della
manodopera diretta e il costo primo.
- Sui risultati della produzione. Ad esempio il volume di produzione e il valore della produzione.
Vediamo il caso di ripartizione basata sul costo della manodopera diretta. Questa ripartizione è
maggiormente utilizzata quando il costo della manodopera diretta è quello prevalente e quando non si
hanno forti differenze tra le remunerazioni delle diverse tipologie di manodopera diretta coinvolte.
Il coefficiente di ripartizione è ottenuto dal rapporto tra il costo generale di produzione da imputare e il
costo della manodopera diretta sostenuto.
Esempio 5. Si presupponga che le spese generali di produzione da imputare a due commesse, relative a due
prodotti diversi, ammontino a 10 mila €.
Vediamo ora il caso di ripartizione basata sul costo delle materie prima dirette. Questo metodo è più
idoneo quando Il costo delle materie prime dirette è la voce di costo principale, quando le produzioni sono
uniformi relativamente alla tipologia di materie prime e alle quantità utilizzate.
Il coefficiente di ripartizione ottenuto dal rapporto tra il costo generale di produzione da imputare e il
costo delle materie prime dirette che è stato sostenuto.
Esempio 6. Si faccia riferimento ai dati dell’esempio 5. Il costo delle materie prime dirette è riportato in
tabella.
Vediamo ora il caso di ripartizione basata sul costo primo. Questo è il metodo più razionale dei precedenti,
dal momento che permette di superare i limiti delle ripartizioni basate solo sul costo della manodopera
diretta o delle materie prime dirette.
La ripartizione basata sul costo primo fornisce un compromesso soddisfacente nei casi in cui i pesi dei costi
della manodopera e delle materie prime siano significativamente variabili da produzione a produzione.
In questo caso il coefficiente di ripartizione è ottenuto dal rapporto tra il costo generale di produzione da
imputare e il costo primo sostenuto.
Esempio 7. Si faccia riferimento ai dati dell’esempio 5. Si supponga che non ci siano altri costi diretti al di
fuori dei costi delle materie prime e della manodopera.
Calcoliamo ora i costi primi (ottenuti come somma dei costi diretti) relativi alle due commesse:
Vediamo ora il caso di ripartizione basata sulle ore macchina. Questa ripartizione è particolarmente utile
quando una parte preponderante dei costi generali industriali è legata al funzionamento delle macchine e
degli impianti.
Il coefficiente di ripartizione è ottenuto dal rapporto tra il costo generale di produzione da imputare e il
numero complessivo delle ore macchina.
Esempio 8. Si faccia riferimento ai dati dell’esempio 5. Le ore macchina relative alle due commesse sono
riportate in tabella.
La ripartizione delle spese generali fatta sulla base delle ore macchina è effettuata utilizzando il coefficiente
di ripartizione.
Vediamo ora il caso di ripartizione basata sulla quantità di materie prime dirette. Questa ripartizione è
utilizzabile solo nel caso in cui le materie prime dirette sono omogenee ed esprimibili con la stessa unità di
misura.
Questa ripartizione offre il vantaggio, se confrontata con quella basata sul costo delle materie prime
dirette, di non subire le oscillazioni di prezzo che possono modificare il coefficiente di ripartizione.
Il coefficiente di ripartizione è ottenuto dal rapporto tra il costo generale di produzione da imputare e la
quantità di materie prime dirette utilizzate.
Esempio 9. Si faccia riferimento ai dati dell’esempio 5. Le quantità di materie prime dirette utilizzate sono
riportate in tabella.
Vediamo ora il caso di ripartizione basata sul numero di ore di manodopera diretta. Questa ripartizione è
adatta nel caso in cui il lavoro diretto assume un ruolo principale rispetto agli altri fattori. Può essere
utilizzata correttamente con prodotti ottenuti da processi che impiegano manodopera con livello di
qualificazione simile.
Altra condizione che ne favorisce l’utilizzo riguarda il caso in cui il calcolo del salario orario medio sia
difficoltoso.
Il coefficiente di ripartizione è ottenuto dal rapporto tra il costo generale di produzione da imputare e il
numero di ore di manodopera diretta.
Esempio 10. Si faccia riferimento ai dati dell’esempio 5. Le quantità delle ore di manodopera diretta relative
alle due commesse sono mostrate in tabella.
Il metodo consiste innanzitutto nel suddividere i costi generali in gruppi omogenei e poi i costi relativi a
ciascun gruppo vengono ripartiti utilizzando un diverso criterio di ripartizione (cost driver)
opportunamente scelto.
Ci sono diversi metodi che si possono utilizzare ma quello più utilizzato è il metodo a tre basi che consiste
nel classificare le spese generali di produzione in tre gruppi e applicare a ciascuno di essi una base di
ripartizione diversa.
1. In proporzione al costo di manodopera diretta impiegata. Su questa base sono ripartiti i costi di
manodopera indiretta e tutte le altre voci di costo che variano con le ore di manodopera diretta impiegate e
che quindi variano col tempo.
2. In proporzione al costo delle materie prime dirette utilizzate. Su questa base sono ripartiti i costi dei
materiali di consumo, le imposte di fabbricazione e gli altri costi non legati alla durata delle lavorazioni.
3. In proporzione alle ore macchina impiegate. Su questa base sono ripartiti i costi di manutenzione, gli
ammortamenti, i costi per l’energia elettrica che serve a fare funzionare le macchine e gli impianti e anche
tutta un’altra serie di voci di costo che riguardano il funzionamento degli impianti.
L’applicazione del metodo della base unica è efficace in quelle realtà aziendali in cui si ha una quota dei
costi indiretti non elevata e anche in quelle aziende per le quali i benefici derivanti dall’uso di metodi più
dettagliati (base multipla) non giustificano i maggiori costi che si avranno.
La principale criticità del metodo della base unica è che all’aumentare della diversificazione della tipologia
dei costi indiretti, si ha l’aumento della probabilità che il criterio di ripartizione scelto non sia un cost driver
adeguato a tutti.
Questo tipo di problema viene superato utilizzando il metodo della base multipla.
Quando è possibile si esegue una classificazione per gruppi omogenei legati a una base opportunamente
scelta.
- Il costo industriale.
- Il costo di trasformazione.
- Il costo primo.
I costi (diretti e indiretti) sono attribuiti direttamente ai singoli prodotti realizzati. Tuttavia, l’attribuzione
immediata dei costi ai prodotti non è sempre agevole o possibile e quindi si ha la necessità di definire dei
centri di costo.
I costi (diretti e indiretti) sono attribuiti dapprima ai centri di costo e successivamente ai singoli prodotti.
Definizione: Il centro di costo rappresenta l’unità aziendale elementare utilizzata per attribuire o
localizzare i costi.
Il centro di costo può essere definito come una divisione, un reparto, un gruppo di macchine e/o di
persone, una singola macchina, un laboratorio o una qualsiasi altra unità o attività in cui può essere
suddivisa la fabbrica.
Usualmente il centro di costo è costituito dal reparto. Il reparto è inteso come l’unità organizzativa che
svolge la propria attività sotto il controllo e la responsabilità di un capo. Il centro di costo è quindi
coincidente con il centro di responsabilità. A volte, invece, può anche capitare che il reparto è troppo
grande sotto il profilo contabile o non abbastanza omogeneo e quindi si opta per frazionare il reparto in più
centri di costo.
Il centro di costo deve necessariamente essere definito in modo da facilitare la localizzazione dei costi
diretti del centro stesso e la ripartizione dei costi indiretti.
Il frazionamento del reparto in centri di costo non deve essere troppo spinto per evitare che i costi indiretti
crescano troppo rispetto a quelli diretti dal momento che ciò potrebbe annullare i vantaggi legati
all’omogeneità economica del centro e in secondo luogo anche per evitare che cresca troppo l’attività
amministrativa necessaria per eseguire l’analisi. Si ha quindi la necessità di trovare il migliore
compromesso possibile tra le due esigenze contrapposte.
- Su base unica (metodo della base di centro unica). Metodo semplice, ma si rischia di imputare al prodotto
i costi dei centri che non concorrono alla sua realizzazione.
- Su tante basi quanti sono i centri operativi (metodo delle basi di centro multiple). Si ha l’assegnazione a
ciascun prodotto dei costi dei centri che concorrono alla sua realizzazione. Questo metodo richiede la
localizzazione dei costi generali.
- Produzione. Relativa all’esecuzione dei processi di trasformazione delle materie prime in prodotti finiti.
- Personale e affari generali. Relativa ai settori non inclusi nelle altre aree.
1. Centri di costo principali. Questi centri provvedono direttamente alla gestione dei materiali, alla loro
lavorazione e alla vendita dei prodotti finiti.
2. Centri di costo accessori. Questi centri svolgono la propria attività in favore dei centri di costo principali.
Esempio.
- Centro di costo principale. Area delle presse per la realizzazione delle parti stampate.
- Centri di costo ausiliari. Svolgono l’attività in favore dei centri principali. Degli esempi sono l’attrezzeria,
l’officina manutenzioni e anche la centrale elettrica. La ripartizione dei costi che sono stati sostenuti per il
funzionamento dei centri ausiliari è da attribuire ai centri che usano i servizi forniti. E questa ripartizione è
fatta sulla base dei consumi. Questo però non significa che la ripartizione avvenga sempre sulla base dei
consumi.
- Centri di costo generali. Forniscono servizi e/o prestano attività che sono difficilmente quantificabili. Sono
delle attività che vengono rivolte sia ai centri principali che a quelli ausiliari. Inoltre, possono essere anche
fittizi nel senso che possono non rappresentare un’unità fisica aziendale. Alcuni esempi sono la direzione
tecnica, la security e la pulizia. La localizzazione dei costi di tali centri viene attuata in più fasi con il
metodo delle successive ripartizioni. Inizialmente si suddividono i costi dei centri di costo generali tra quelli
ausiliari e quelli principali. Successivamente si trasferiscono i costi dei centri ausiliari a quelli principali. A
volte si esegue un’ulteriore ripartizione intermedia tra i vari centri di costo ausiliari ad esempio, parte del
costo sostenuto dall’officina addetta alle manutenzioni (centro di costo ausiliario) può essere attribuito alla
centrale elettrica per l’energia erogata (centro di costo ausiliario).
Il costo del prodotto è fornito dalla somma di tutti i costi sostenuti attribuibili ad un prodotto sia
direttamente che indirettamente. Questo sistema di calcolo ha il vantaggio di non trascurare alcuna voce di
costo ma la sua valutazione è complessa. È un sistema di calcolo di tipo soggettivo perché richiede la
definizione di una o più basi di ripartizione dei costi indiretti.
Il direct costing utilizza la classificazione dei costi in fissi e variabili. Il direct costing consiste nell’attribuire al
prodotto solo i costi che variano in modo diretto con il volume di produzione (costi di prodotto). Quindi il
costo del prodotto è dato dalla somma dei costi variabili. Si può dire quindi che è un costo parziale ma
oggettivo.
Perciò il direct costing non considera i costi fissi in quanto sono stati sostenuti per disporre di capacità
produttiva (costi di periodo).
Il direct costing è una tecnica adatta quando si devono fare scelte strategiche di breve periodo (ad esempio
scegliere il prodotto più redditizio del quale incrementare la produzione senza modificare la capacità
produttiva).
Nel caso di scelte aziendali di breve periodo le tecniche di contabilità a costo pieno sono poco adeguate
perché attribuiscono ai prodotti anche i costi fissi che sono influenzati da scelte di lungo periodo. Quindi è
nata la necessità di attuare una distinzione tra costi fissi (di lungo termine) e costi variabili (di breve
termine). E sono quindi nate tecniche di contabilità a costi diretti che sono adatte al caso specifico di breve
periodo poiché considerano i soli costi variabili (cioè i costi di breve periodo).
La corretta applicazione del direct costing è infatti basata sulla suddivisione dei costi in fissi e variabili.
Spesso si considerano come costi completamente variabili solo quelli della materia prima diretta e della
manodopera diretta. Per quanto riguarda i costi indiretti, invece, si può scegliere tra i seguenti criteri:
- analizzare ciascun costo indiretto classificandolo in fisso, semi-fisso, semi-variabile e variabile, separando
nei costi semi-variabili e simi-fissi la componente fissa da quella variabile.
La scelta del criterio è fatta caso per caso considerando lo specifico problema.
Il metodo della regressione lineare è quello maggiormente utilizzato per distinguere tra costi fissi e
variabili. Per ciascuna voce si raccolgono i dati storici relativi ai costi in funzione dei volumi di produzione.
Successivamente questa serie di dati vengono riportati su un diagramma costo-quantità. Si determina la
retta interpolante che viene ottenuta applicando il metodo dei minimi quadrati. Una volta determinata la
retta, l’intersezione di questa retta con l’asse delle ordinate (punto corrispondente al volume di produzione
nullo) mi indica la parte fissa del costo. Inoltre, l’inclinazione della retta rappresenta il grado di variazione
della parte variabile del costo.
Portiamo ora le formule del full costing e del direct costing.
Costo pieno di prodotto=∑ ( costi diretti+costi indiretti )=¿ ∑ ( costo delle materie prime , della manodopera diret
Costo variabile di prodotto=∑ (costi variabili)=¿ ∑ (costo delle materie prime , della manodopera diretta e ditu