L’EFFICIENZA OPERATIVA
Per quanto concerne il rendimento dei fattori, l’analisi verte sulle modalità di utilizzo dei fattori produttivi
nell’ambito dei processi. Il calcolo può essere effettuato in termine fisico-tecnici mettendo in relazioni
volumi di prodotti ottenuti e volumi di fattori impiegati. Se si intende effettuare una valutazione di
efficienza rispetto non al singolo fattore ma ad aree produttive o a fasi di processi, il calcolo non può essere
più condotto in termini fisico-tecnici, ma deve essere espresso in termini economici, valorizzando i consumi
dei fattori impiegati nelle aree e nelle fasi dei processi considerati.
Per quanto concerne il secondo aspetto, si tratta di determinare e sottoporre a elaborazione il costo di
produzione, inteso come l’insieme dei costi, monetariamente misurati, che un’azienda sostiene per
realizzare un determinato processo produttivo. Mentre il costo monetario di acquisto è legato
all’approvvigionamento di un fattore produttivo, il costo monetario di produzione è legato all’utilizzo in un
determinato processo produttivo dei diversi fattori acquistati ed è calcolato assumendo quale punto di
partenza l’ammontare dei costi-uscita sostenuti al momento dell’approvvigionamento.
Il rendimento dei fattori esprime il grado di ottimizzazione nell’impiego delle risorse; è dato dal rapporto tra
volumi di prodotti ottenuti e valori di fattori impiegati
Il calcolo è riferito a:
-singoli fattori
-aree produttive
-fasi di processi
Le aree produttive rappresentano spazi fisici rilevanti sotto il profilo tecnico-operativo, in quanto
racchiudono attività (talora complesse) che presentano uniformità e peculiarità tali da suggerire o
richiedere una loro gestione congiunta.
Necessità di riferirsi alla produttività economica (valore prodotto ottenuto/valore fattore impiegato)
I procedimenti di determinazione consentono di configurare i costi elementari dei singoli fattori produttivi
impiegati nell’attività di produzione, richiedendo un necessario riferimento sia agli specifici processi
produttivi considerati sia a un definito intervallo temporale.
Le finalità conoscitive perseguite mediante il calcolo dei costi possono essere diverse da aziende ad azienda
così come possono variare nel tempo rispetto alla singola azienda, in relazione alle decisioni che i diversi
livelli di governo sono chiamati ad assumere. Le informazioni ottenute dai procedimenti di elaborazione dei
costi possono essere impiegate per:
-valutare la redditività dei diversi prodotti;
-effettuare valutazioni di convenienza economico-comparata tra diverse alternative di azioni;
-formulare giudizi sul livello di efficienza produttiva delle diverse fasi di produzione;
-monitorare l’andamento dei costi rispetto a diverse ipotesi di volumi produttivi;
-valutare le rimanenze di magazzino al termine del periodo.
Il primo criterio di classificazione è il tempo cui si riferisce la determinazione del costo, distinguendosi i costi
in consecutivi e preventivi.
Nel caso dei costi standard, la previsione si basa su ipotesi di svolgimento dei processi produttivi diverse
rispetto alla situazione attuale; si tratta di configurare scenari ideali, ottimistici o pessimistici, in conformità
a determinate finalità e a ipotizzati contesti futuri di ambiente e di mercato. I costi standard rappresentano
dei parametri di riferimento rispetto ai costi consuntivi, esprimendo obiettivi da perseguire.
L’oggetto di costo rappresenta un’entità di cui si voglia conoscere il costo. Esso può coincidere con l’intera
produzione realizzata in un determinato intervallo di tempo o con la produzione di una singola unità o con il
singolo prodotto. Gli oggetti di costo possono assumere una diversa ampiezza potendo risultare estesi in
conformità alle finalità di calcolo.
Una volta definito l’oggetto di costo, si individuano i fattori produttivi a esso inerenti e i costi elementari
corrispondenti che sono addensati. I costi elementari si definiscono:
-speciali se risultano riferibili in modo esclusivo all’oggetto di costo e sono imputati a quest’ultimo
mediante una misurazione oggettiva;
-comuni se risultano riferibili a più oggetti contemporaneamente e sono imputati a questi ultimi mediante
la scelta di appropriati procedimenti di ripartizione e imputazione.
La qualificazione dei costi elementari in costi speciali o comuni non è univoca ma dipende dall’estensione
dell’oggetto di costo.
Quando più è ampio l’oggetto di costo, tanto maggiori risultano i costi che possono essere considerati
speciali rispetto a esso; al restringersi delle dimensioni dell’oggetto, si riducono i costi speciali e aumentano
quelli comuni.
I costi possono essere classificati in relazione alle modalità di imputazione all’oggetto o agli oggetti di costo
individuati.
Le modalità secondo cui tale attribuzione può essere effettuata sono due:
-attribuzione diretta, i costi sono imputati all’oggetto mediante criteri di specialità e per l’intero
ammontare, configurandosi quali costi diretti;
-attribuzione indiretta, i costi sono imputati all’oggetto mediante criteri di comunanza seguendo un metodo
di allocazione che consenta di ripartire il costo tra diversi oggetti, configurandosi quali costi indiretti.
I costi speciali possono essere attribuiti all’oggetti di costo in modo diretto o indiretto (ricorrendo a basi di
riparto).
SCHEMA DI SINTESI
Modalità di imputazione:
-costi diretti: volume fattore X prezzo unitario oggetto di costo
-costi indiretti: procedimento di ripartizione oggetto di costo
-basi a valore
-basi quantitative
I costi indiretti sono attribuiti ai singoli oggetti di costo mediante l’utilizzo di opportune basi di imputazione
Le basi di imputazione rappresentano parametri (cost driver) indicativi del grado di assorbimento da parte
dell’oggetto di costo delle utilità generate dal fattore produttivo cui il costo di riferisce.
Esempi:
-numero di interventi di manutenzione per l’imputazione ai reparti produttivi dei costi del servizio comune
“Manutenzioni”;
-numero ore di utilizzo per la ripartizione tra più prodotti del costo di un macchinario impiegato
congiuntamente per più linee produttive;
-numero ore manodopera diretta per la ripartizione dei costi di manodopera indiretta.
In futuro, con la diffusione di sistemi produttivi legati a Industria 4.0, l’imputazione dei costi a un
determinato oggetto con criteri di specialità risulterà più agevole grazie all’integrazione dei sistemi cyber-
fisici con le tecnologie loT (Internet of Things):
-gestione automatizzata di ogni aspetto della produzione;
-controllo da remoto di macchinari e altri apparati produttivi;
-comunicazione tempestiva tra i diversi fattori che costituiscono l’impianto produttivo aziendale;
-gestione automatizzata di moli d dati (relativi ai consumi, alla produttività, all’usura) mediante il
posizionamento di sensori sui macchinari;
-tempestiva raccolta, trasmissione e rielaborazione dei dati grazie a piattaforme IoT (che operano in cloud).
L’analisi dell’andamento dei costi presuppone che i costi dei fattori produttivi siano posti in relazione con
talune variabili esplicative (o determinati di costo “cost driver”) che ne causano il sostenimento. La prassi ha
assunto il volume di produzione quale driver di costo poiché l’aumento del volume di produzione implica un
aumento della quantità di risorse necessarie per svolgere il processo produttivo.
E’ necessario definire:
-l’intervallo temporale di riferimento, ossia l’estensione temporale dell’osservazione;
-l’area di rilevanza, l’intervallo di variazione del livello di attività nell’ambito del quale si mantengono valide
le ipotesi di comportamento dei costi relativi all’oggetto di analisi.
Una volta individuato il driver e definiti tempo e area di rilevanza, si possono classificare i costi in:
-fissi (o costanti), quei costi che a fronte di ipotesi alternative di volume di produzione non subiscono
variazioni;
-variabili, ossia quei costi che a fronte di ipotesi alternative di volume di produzione subiscono variazioni.
Non esistono costi fissi in senso assoluto: tutti i costi aziendali sono sempre variabili.
Tra i costi fissi e quelli variabili si colloca una categoria intermedia: i costi semi-variabili, costituiti da una
componente fissa e una componente variabile
Non è la natura del fattore produttivo che determina la qualità di costo fisso o variabile, bensì la modalità
di approvvigionamento (per esempio: un fattore pluriennale può essere acquisito in locazione anziché in
proprietà).
Se l’oggetto di imputazione dei costi è un’area produttiva (es. un reparto), un costo apparentemente fisso
può diventare variabile, in considerazione della possibilità tecnica di trasferire quel fattore ad altri reparti
(ciò è particolarmente vero per il fattore lavoro).
La qualificazione dei costi fissi o variabili dipende anche dall’ampiezza dell’arco temporale assunto a
riferimento: man mano che si passa da un orizzonte temporale breve a uno lungo alcuni costi fissi
diventano variabili.
I costi fissi totali possono essere espressi mediante la funzione: CFT= K (con K costante)
La rappresentazione dei costi fissi assume un andamento a scatti o a gradini, configurando la scala di
Pantaleoni.
L’andamento irregolare della scala segna che il nuovo impianto acquistato può differenziarsi dai precedenti
sia per il costo sia per la capacità produttiva in funzione dell’evoluzione tecnologica.
L’intervallo di rilevanza è l’intervallo di attività o di volume (Q1 – Q2) all’interno del quale si suppone valida
una specifica relazione tra il livello di attività/volume e il costo.
È possibile configurare una struttura ulteriore, basata sulla classificazione dei costi in fissi e variabili. Ciò
consente la determinazione di importanti risultati intermedi, in particolare il margine di contribuzione.
I costi rilevanti sono quelli che influiscono sul risultato finale ai fini dell’elaborazione del giudizio di
convenienza, poichè differiscono nelle diverse alternative di scelta considerate. Possono essere distinti in:
-costi cessanti, che non saranno più sostenuti a seguito della decisione assunta;
-costi emergenti, che dovranno essere sostenuti a seguito della decisione;
-costi differenziali, originati dalla decisione assunta e lagati al decremento o all’incremento del costo stesso.
I costi rilevanti sono rappresentati da tutti i costi variabili poichè possono essere sostenuti oppure possono
evitati se l’alternative presa in considerazione è realizzata. I costi rilevanti sono rappresentati dai costi fissi
specifici.
I costi fissi specifici sono indiretti rispetto all’unità di prosotto ma sono diretti se l’oggetto di calcolo è
l’intero volume di produzione: essi possono essere imputati con procedimento diretto al volume senza
ricorrere a basi di ripartizione.
I costi irrilevanti non influiscono sul risultato finale e sull’elaborazione del giudizio di convenienza , poichè
sono presenti in ugual misura quali che siano le alternative di scelta poste a confronto. Si tratta di tutti quei
costi fissi che gravano in ugual misura nel passaggio da un’alternativa all’altra e non possono essere evitati.
Non assumono rilevanza poichè sono costi storici relativi ad accadimenti passati; si tratta di costi già
sostenuti o sommersi.
I tipici casi in cui assume rilevo la distinzione tra costi rilevanti e irrilevanti sono le decisioni di make or buy e
l’eliminazione di linee produttive in perdita.
I costi possono essere imputati a diversi centri di responsabilità. Il responsabile del centro di regola ha una
definita autonomia decisionale, potendo influire sulle modalità di svolgimento dell’attività produttiva del
suo centro e sulla misura di taluni costi. Tali costi sono controllabili, poichè dipendono dalle decisioni
assunte dal responsabile del centro.
Ci sono alcune decisioni assunte da soggetti diversi rispetto al responsabile del centro. Egli non ha alcuna
possibilità di influire su taluni costi essendo legati a decisioni assunte al di fuori del centro di responsabilità:
costi non controllabili.
I responsabili dei centri ottengono talune risorse e devono realizzare una definita attività produttiva volta
all’ottenimento di beni e/o servizi. L’output realizzato può essere destinato all’esterno dell’azienda o ad
altre unità organizzative della stessa azienda. Sia le risorse ottenute in input sia l’output realizzato possono
essere qualificate in termini monetari o non monetari.
Criticità:
-la scomposizione della combinazione produttiva in centri di responsabilità rischia di parcellizzare in
maniera non necessariamente coordinata le attività aziendali;
-l’indicatore di performance utilizzato potrebbe portare il singolo responsabile di centro a perseguire
obiettivi non in linea con quelli aziendali complessivi;
-l’estensione dimensionale assegnata ai centri di responsabilità deve ricercare un valido compromesso tra
le esigenze di specificità degli obiettivi (che inducono a dimensioni ridotte) e quelle di coordinamento (che
inducono a dimensioni ampie).
Le configurazioni di costo sono ottenute mediante il progressivo addensamento dei costi elementari in
relazione a diversi possibili oggetti; tale addensamento assume rilievo quando è riferito ai costi di prodotto.
Si avranno tante possibili configurazioni quanti sono i possibili “gradi di specialità” ai quali si decide di
volersi fermare nel processo di imputazione.
Più ampia è la configurazione di costo accolta più è soggettivo il risultato cui si perviene.
La scelta della configurazione di costo più opportuna dipende dalla finalità conoscitiva per la quale il calcolo
è posto in essere.
La prima configurazione di costo è il costo primo, ottenuto sommando i costi riferibili in modo diretto
all’oggetto considerato; si tratta dei costi della materia prima e della manodopera diretta nonchè di altri
costi riguardanti i il processo di produzione attribuiti mediante criteri di specialità. Il costo primo può essere
ottenuto considerando sia i costi fissi sia i costi variabili;
La seconda configurazione è il costo di produzione ottenuto sommando al costo primo tutti i costi
riguardanti il processo produttivo, imputati con criteri di specialità o di comunanza. A differenza del costo
primo, la configurazione di costo di produzione richiede la ripartizione dei costi indiretti industriali. Il costo
industriale include i costi indiretti industriali, mentre esclude i costi indiretti non industriali (non sono
inerenti alla funzione della produzione).
Il costo di trasformazione è dal costo industriale meno i costi delle materie prime.
Il costo complessivo è ottenuto sommano al costo di produzione quote di costi concernenti le altre funzioni
aziendali (quote di costi generali amministrativi, quote di costi di ricerca e sviluppo, quote di oneri
finanziari).
Il costo economico-tecnico si ottiene aggiungendo ai costi complessivi pieni di prodotto gli oneri figurativi,
ossia quei costi che non determinano una concreta uscita di risorse monetarie, ma che rappresentano il
compenso spettante all’imprenditore per i fattori produttivi che conferisce (fitti figurativi e interessi di
computo), per la sua attività direzionale e per l’assunzione del rischio.
Le decisioni di impresa si distinguono in decisioni di breve e lungo periodo. Facendo rifermento a un’ottica
di breve periodo si fa riferimento ad alcuni casi tipici di utilizzo delle informazioni originate dai diversi
procedimenti di classificazione e raggruppamento dei costi a supporto del processo decisionale, ossia
quando occorre:
-valutare il contributo dei prodotti alla redditività aziendale mediante il margine di contribuzione
-individuare il livello di produzione e vendita che garantisce il recupero delle risorse investite, mediante la
determinazione del punto di pareggio.
-valutare la convenzione economica comparata tra la produzione interna (make) o l’acquisto da terzi (buy)
di determinati beni.
-valutare la convenzione a eliminare o meno linee produttive in perdita.
IL MARGINE DI CONTRIBUZIONE
La determinazione del Margine di contribuzione (MdC) è significativa quando l’analisi è effettuata al fine di:
-individuare le produzioni più convenienti, data una definita struttura produttiva;
-individuare e controllare il contributo dei centri di profitto al raggiungimento degli obiettivi globali
d’impresa.
Se maggiore di 0, il MdC esprime la capacità di un certo prodotto di contribuire alla copertura dei costi fissi
e generare un utile.
Il Mdc perde di significatività con riferimento alle produzioni caratterizzate da elevata prevalenza di costi
comuni.
MdC complessivo semilordo di prodotto = Mdc complessivo (lordo) prodotto – costi fissi specifici
IL DIAGRAMMA DI REDDITIVITA’
Il diagramma di redditività (o break even analysis) è un modello che consente di conoscere il volume
minimo di produzione/vendita (punto di pareggio o break even points) in corrispondenza del quale i ricavi
totali riescono a coprire i costi totali. Il punto di pareggio è inteso quale volume di produzione/vendita
minimo idoneo alla copertura dei costi fissi mediante il margine di contribuzione ottenuto dalla produzione.
Tale diagramma è impiegato quale strumento di supporto alla pianificazione di breve periodo è in grado di
fornire per qualsiasi volume di produzione e vendita il previsto risultato reddituale associato.
Le equazioni fondamentali:
-CT= CF + CVT
-CVT= Cvu * Q
-RT= P * Q
La determinazione del punto di pareggio
Esiste una difficoltà di scissione dei costi nella loro componete fissa e nella loro componente variabile.
La scissione è effettuata mediante un processo di natura empirica che si fonda su:
-dati consuntivi metodi sintetici: serie storica di dati;
-dati congetturati metodi analitici: osservazione diretta.
L’utilizzo del metodo sintetico, per essere attendibile, richiede che siano soddisfatte due condizioni:
-dati recenti senza significative variazioni di struttura o di mercato nel periodo di studio;
-solo per previsioni di breve periodo.
Dalla relazione:
Si possono determinare:
-il prezzo unitario di vendita di equilibrio:
P= CF + Cvu * Qi /Qi P= CF/Qi + Cvu
-il costo variabile proporzionale di equilibrio:
Cvu= P-CF/Qi
Dopo il BEP, ogni unità aggiuntiva di prodotto venduta consente un utile addizionale pari al MdC apportato
da quella unità (prodotta/venduta) supplementare.
Infatti:
-l’utile totale è dato dal Mdc totale deputato dai costi fissi:
Utile = Mdc totale – CF
Alternativamente, l’utile complessivo può essere calcolato come somma dei MuC per ogni unità
prodotta/venduta oltre quella di equilibrio:
Utile = MuC * (Q – Qi)
Il punto di fuga indica la condizione minima di permanenza dell’impresa nel settore in cui opera:
-limite inferiore al di sotto del quale si determina uno squilibro tra entrate e uscite finanziarie;
-il fabbisogno finanziario cresce in modo esponenziale: al mancato recupero delle risorse impiegate in FFS si
aggiungono gli oneri dei finanziamenti attinti.
La break-even analysis sconta alcune ipotesi semplificatrici che consento di indagare la realtà complessa
dell’impresa mediante un grado di approssimazione ritenuto soddisfacente rispetto agli scopi conoscitivi
prefissati. Tale analisi si basa su:
-la quantità prodotta è identica alla quantità venduta;
-il prezzo unitario di vendita praticato è costante quale che sia la quantità prodotta/venduta;
-i costi fissi sono costanti quale che sia il livello produttivo ipotizzato;
-i costi variabili sono proporzionali rispetto al livello di produzione;
-la capacità produttiva massima degli impianti e l’area di rilevanza è individuata;
-i livelli di prezzo e di costo sono definiti con certezza;
-il prodotto presenta le stesse caratteristiche nell’arco di tempo considerato;
-la produzione risulta omogenea nel tempo e nello spazio.
Quando si valuta l’eliminazione di linee produttive in perdita, occorre anche valutare l’opportunità di
incrementare l’attività produttiva delle linee rimaste in vita (o l’inserimento di una nuova linea produttiva)
impiegando la capacità produttiva inutilizzata.