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Sono conosciute due nozioni principali: qualitativa e quantitativa. Nella sua accezione
qualitativa si parla di capitale lordo. È una nozione di capitale aziendale, cioè lo guardiamo
composto da elementi strutturali rispetto allo svolgimento dell’attività.
Il capitale lordo di azienda è formato dalle risorse di ogni forma e natura impiegate o
impiegabili per lo svolgimento della gestione. Tradizionalmente, si classificano in
immateriali, materiali e finanziarie:
● Le risorse immateriali sono costituite da entità prive di consistenza fisica: brevetti,
marchi, concessioni, competenze (know-how, skill), avviamento, ecc.
● Le risorse materiali hanno consistenza fisica e comprendono beni come macchinari,
attrezzature, automezzi, capannoni, merci, materie prime, prodotti ed altro.
● Le risorse finanziarie hanno natura monetaria e sono costituite da crediti, disponibilità
liquide, partecipazioni, ecc.
Il capitale di funzionamento
● Quella di capitale di funzionamento è la nozione più utilizzata di capitale d’azienda: è
da ritenersi sottintesa, in mancanza di specificazione. Il capitale contabile o di
bilancio è, tipicamente, un capitale di funzionamento
● La nozione di capitale di funzionamento presuppone la continuazione dell’attività
aziendale (going concern). Le attività e le passività si qualificano in funzione di tale
prosecuzione (i benefici ed i sacrifici attesi di tale nozione sono riconducibili alla
prosecuzione della gestione).
La determinazione del capitale di funzionamento si ottiene per sommatoria dei valori attribuiti
alle (singole) attività ed alle passività, ottenuti, come in precedenza specificato, con
l'applicazione di metodologie previste dalla legge o dalla prassi.
Le limitazioni metodologiche previste dalla legge o dalla prassi implicano che quella di
capitale di funzionamento è una nozione convenzionale di capitale, che improbabilmente
esprime le piene potenzialità produttive, le utilità attese dall'impiego del capitale.
Riferimento al codice civile art.2423 e seguenti. Le determinazioni di capitale di
funzionamento, che molto spesso sono determinazioni di capitale di bilancio, obbediscono a
determinate regole, non sempre ideali.
Il criterio del costo storico quando noi determiniamo un capitale di funzionamento e lo
facciamo nell’ottica del capitale di bilancio, osserviamo criteri di valutazione piuttosto
costrittivi.
Il capitale di liquidazione
● Quella di capitale di liquidazione è una nozione di capitale che presuppone la
cessazione dell’attività aziendale.
● Analogamente al capitale di funzionamento, il capitale di liquidazione si ottiene per
sommatoria dei valori attribuiti alle attività ed alle passività del capitale.
● Le attività e le passività si riqualificano in vista della mutata valenza funzionale:
● Sono attività del capitale di liquidazione tutte le entità suscettibili di generare entrate
monetarie attraverso operazioni di realizzo diretto: tali attività sono valutate in
funzione delle somme di denaro realisticamente conseguibili attraverso la vendita o
l’incasso (ad esempio, i crediti).
● Sono passività del capitale di liquidazione tutte le entità suscettibili di generare uscite
monetarie: tali passività sono valutate in funzione delle somme di denaro che sarà
necessario sborsare per estinguerle.
Una causa di estinzione dell'attività produttiva può essere l'obsolescenza dei fattori
produttivi,un superamento della sua attività per il superamento in ambito
tecnologico.Quando la gestione cessa bisogna liquidare il capitale, cioè trasformare in
denaro tutte le attività,estinguere tutte le passività e il restante suddividerlo ai
soci/imprenditore.
Queste attività e passività si qualificano in funzione della procedura liquidatoria.E quindi
diversa come valutazione rispetto a quanto previsto per le attività e passività nel capitale di
funzionamento,in quanto sono prospettici a dei benefici economici attesi nel futuro della
gestione.
Le attività si realizzano in denaro tramite l'alienazione o l'incasso, o attraverso altra forma di
realizzo.Sono attività del capitale di liquidazione quelle che sono suscettibili di valore
monetario attraverso la realizzazione diretta.
I liquidatori si occupano della valutazione delle attività, tramite il criterio del valore di realizzo
diretto:tali attività sono valutate in funzione delle somme di denaro realisticamente
conseguibili attraverso la vendita o l'incasso (ad esempio, i crediti). Il valore di realizzo è un
presunto prezzo di vendita.Le passività sono valutate in funzione del denaro che devono
esborsare per estinguerle.
Il capitale economico
Nozione riferita sempre ad aziende in funzionamento e spesso determinata in circostanze
particolari della vita dell’impresa, tipicamente ma non esclusivamente operazioni
straordinarie. Una sua determinazione potrebbe essere fatta semplicemente dall governance
come verifica della conservazione del valore aziendale inteso nel suo complesso, della sua
variazioni e per effettuare verifiche della capacità del capitale di funzionamento di esprimere
una misura del capitale più o meno lontana dal suo valore inteso come valore del capitale
economico.
● Quella di capitale economico è una nozione unitaria del capitale, che, nell’accezione
più classica, non risulta dalla somma algebrica di valori attribuiti a specifici elementi
attivi e passivi.
● Il capitale economico, nella sua accezione più ampia e generale, s’identifica nel
valore attuale dei benefici attesi dall’impiego del capitale riguardato nella sua
unitarietà, nei flussi di reddito o di cassa complessivamente liberati dallo svolgimento
della gestione.
La formula più generale e classica per la determinazione del capitale economico è:
W = R * 1/i
Dove:
● R <=> reddito medio prospettico atteso, (chi investe in un azienda lo fa in funzione di
quello che si aspetta che l’azienda farà, ma il futuro è solo limitatamente prevedibile.
Quantità media per una ragione empirica, gli studiosi proponevano di applicare
questa formula utilizzando un reddito medio visto che comunque si tratta di una
previsione)
● 1/i <=> fattore di attualizzazione (o capitalizzazione, come convenzionalmente anche
si dice)
● i <=> tasso di attualizzazione (o capitalizzazione)
Questa formula ci dice che il valore economico del capitale è il valore attuale del reddito che
l’azienda è in grado di produrre in prospettiva temporale.
Dal punto di vista strettamente matematico-finanziario il processo di attualizzazione è un
processo che riporta ad oggi qualcosa che succede domani, il processo di capitalizzazione
invece fa l’opposto, qualcosa che porta a domani quello che noi abbiamo oggi. Il processo di
capitalizzazione è un processo che risponde alla domanda: quanto vale domani un capitale
che io ho a disposizione oggi? Sono due espressioni contrarie. Si chiama anche di
capitalizzazione perché questo processo trasforma il reddito futuro in capitale.
L’applicazione di questa formula è qualcosa di molto più difficile. Entrambe le due quantità
espresse (reddito e fattore di attualizzazione) sono quantità la cui determinazione comporta
l’esercizio di una quantità importante di soggettività e giudizio professionale.
1/”i”= (i è un tasso di interesse) in matematica finanziaria questa frazione rappresenta il
valore attuale di una vendita prospettica indefinita unitaria. Cioè quello che vale oggi una
rendita annuale di una quantità di valore 1 per una prospettiva temporale infinita. Le aziende
nascono con una vita prospettica indefinita.
«i» è un coefficiente composito, influenzato da due fondamentali variabili:
● il tasso per investimenti privi di rischio, cd risk free rate, che esprime il rendimento
che può attendersi chi impieghi il capitale in investimenti ritenuti privi di rischio od a
rischio minimo (ad esempio, in titoli del debito pubblico)
● il premio per il rischio di mercato, cd equity risk premia, che esprime il maggior
reddito – rispetto ad un investimento privo di rischio od a rischio minimo – che
dovrebbe rimunerare chi investa nel mercato azionario (titoli che esprimono un
rischio imprenditoriale generale), rettificato per adeguarlo alle caratteristiche
dell’entità oggetto di investimento
La determinazione di «i» (talvolta espresso con simbologie diverse) viene solitamente
operata con la formula base:
i = rf + ß(rm – rf).
Dove:
rf <=> risk free rate
rm <=> risk market
ß <=> coefficiente di correzione
Il risk free rate lo si trova nelle statistiche, con riferimento in particolare nei titoli di stato a
lungo periodo.Rm lo si trova nel mercato azionario relativo ad un determinato arco
temporale.
Oppure posso trovare delle statistiche che partono direttamente dalla differenza, e quindi dal
premio al rischio.Tutto questo comporta avere dei dati relativamente oggettivi.La
componente soggettiva della selezione del tasso risiede nel prendere i dati: prenderò i dati di
un anno? Sei mesi? Ecc...
La seconda componente soggettiva riguarda rm. Dipende dalle statistiche che si riescono a
trovare nel mercato azionario. Non è sempre corretto scegliere il numero ricavato dalla serie
storica più estesa,poiché ci potrebbero essere degli eventi rilevanti che potrebbero alterare
la valutazione. Inoltre, vi è un'enorme difficoltà nel valutare le imprese non quotate,in quanto
non hanno un mercato di riferimento.Facciamo degli sforzi di oggettivizzazione di questi
parametri, ma in realtà la componente soggettiva non si elimina mai.