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Il capitale

Sono conosciute due nozioni principali: qualitativa e quantitativa. Nella sua accezione
qualitativa si parla di capitale lordo. È una nozione di capitale aziendale, cioè lo guardiamo
composto da elementi strutturali rispetto allo svolgimento dell’attività.
Il capitale lordo di azienda è formato dalle risorse di ogni forma e natura impiegate o
impiegabili per lo svolgimento della gestione. Tradizionalmente, si classificano in
immateriali, materiali e finanziarie:
● Le risorse immateriali sono costituite da entità prive di consistenza fisica: brevetti,
marchi, concessioni, competenze (know-how, skill), avviamento, ecc.
● Le risorse materiali hanno consistenza fisica e comprendono beni come macchinari,
attrezzature, automezzi, capannoni, merci, materie prime, prodotti ed altro.
● Le risorse finanziarie hanno natura monetaria e sono costituite da crediti, disponibilità
liquide, partecipazioni, ecc.

Il capitale nell’accezione qualitativa


Il capitale nella nozione qualitativa è l’insieme dei mezzi volti allo svolgimento della gestione,
qualunque sia il loro vincolo, ossia qualunque sia il titolo (di proprio, in locazione) in base al
quale questi beni sono utilizzati. In ragione di questo vincolo (vincolo di destinazione allo
svolgimento della gestione, e quindi a un’attività produttiva), questi elementi del capitale
vengono definiti anche fattori produttivi. Cosa ci permette di qualificare un elemento come
fattore di produzione? È l'aspettativa che grazie al suo impiego l’azienda riceverà dei frutti
economici.
Ma in quale prospettiva temporale ci collochiamo quando guardiamo il capitale? Queste
risorse, ovviamente, mutano nel corso del tempo, in quanto l’attività economica trasforma tali
beni. Le risorse le apprezziamo in base alla loro partecipazione nel capitale, quello che ci
interessa è la loro utilità produttiva, che è necessariamente collocata in una visione
prospettica. Quindi è un tempo futuro e non può essere un tempo passato. Sono elementi
produttivi se sono utilizzabili nel tempo futuro, dal momento della loro ricognizione. Sono
fattori produttivi se sono funzionali alla creazione di ricchezza, e se vi è la prospettiva di
benefici economici.Ci si attende, quindi, dall'attività un contributo atteso. Ma quel beneficio
atteso è di più difficile quantificazione, poiché misurabile in corso di svolgimento.Dire
elementi produttivi o elementi di capitale è la stessa cosa.
Gli elementi del capitale sono vincolati alla gestione con diversi strumenti giuridici (contratti),
talvolta determinati od influenzati dalla loro natura.
● Proprietà: può riguardare molte risorse, con alcune eccezioni (ad esempio i beni
demaniali).
● Locazione o comodato: può riguardare molte risorse, con alcune eccezioni (ad
esempio, i crediti).
● Altre forme per peculiari diritti: ad esempio, concessioni, licenze d’uso di diritti altrui.
In ragione della funzione produttiva ch’esse vi esplicano, le risorse impiegate nella gestione,
che formano il capitale lordo, costituiscono fattori produttivi. I fattori produttivi si qualificano e
caratterizzano per l’attesa di benefici economici riconducibili al loro impiego gestionale. Si
classificano in fattori produttivi specifici e fattori produttivi generici.
● Sono fattori produttivi specifici le risorse che vengono impiegate direttamente, in
ragione delle rispettive qualità, nello svolgimento dei processi gestionali.Sono esempi
di fattori produttivi specifici, se concretamente utilizzati nello svolgimento dei processi
gestionali, risorse (immateriali) come i marchi, i brevetti, le concessioni o (materiali)
come i macchinari, gli impianti, le attrezzature, i beni del magazzino.
● Sono fattori produttivi generici le risorse non impiegate direttamente nello
svolgimento dei processi gestionali, ma trasformabili – solitamente previo realizzo
diretto – in risorse idonee a tale impiego. Sono esempi di fattori produttivi generici
beni come le risorse liquide e i crediti, ma anche i beni che, avendo perso il vincolo di
collegamento ai processi produttivi (per ragioni come la mutazione dei processi
aziendali o l’obsolescenza) sono destinati a trasformarsi in risorse liquide (e, quindi,
in fattori produttivi specifici).

Il capitale nell’accezione quantitativo-monetaria


Con l'accezione qualitativa del capitale abbiamo detto che sono elementi del capitale tutti
quelli che conseguono lo svolgimento della gestione, tra cui vi sono anche quelli
immateriali,assai difficili da valutare. Tanto difficili che a volte si tende a rinunciare alla loro
valutazione.Questo comporta che l'elemento come il know how può essere escluso alla
valutazione del capitale nella sua accezione quantitativa poiché non valutabile in ambito
monetario. Quindi, gli elementi per i quali non è prevista una valutazione monetaria, non
vengono integrati all'interno della nozione del capitale quantitativa, ma solo in quella
qualitativa. Quindi, le due nozioni non sono perfettamente sovrapponibili.
Nell'accezione quantitativo-monetaria, il capitale può essere determinato in configurazione
lorda e netta. In tale accezione:
● Il capitale lordo è costituito dalle attività del capitale, ossia da tutti i fattori produttivi
disponibili in un dato istante per l’impiego nella gestione, suscettibili di valutazione
monetaria
● Il capitale netto è formato dalle attività del capitale al netto delle passività del
capitale, degli impegni che l’entità ha nei confronti di terzi in un dato istante, in
relazione alla disponibilità dei fattori produttivi, suscettibili di valutazione monetaria.

L'accezione quantitativa del capitale riguarda elementi diversi, ovvero comprende un


sottoinsieme nella nozione qualitativa. Questo valore monetario si ottiene attraverso
l'applicazione di un processo di valutazione. Questi processi sono di diverso tipo, si
presentano differenziati in funzione di due variabili essenziali: lo scopo della valutazione e le
caratteristiche che questi elementi hanno.
La scelta delle metodologie valutative è vincolata da sistemi normativi. Dunque:
● Per accedere alla nozione quantitativa del capitale, è necessario esprimerne in
valore monetario gli elementi, ossia tradurli in una data moneta di conto, in un dato
istante del tempo.
● Il valore monetario degli elementi attivi e passivi del capitale si ottiene attraverso
l’applicazione di processi di valutazione.
● I processi di valutazione si attuano in base a metodologie adeguate alla natura degli
elementi, agli scopi delle valutazioni ed agli eventuali vincoli normativi.
Il criterio del costo è quello per quale si valutano gli elementi a seconda del loro costo storico
diminuito delle quote di ammortamento. Cioè di quelle quote che riflettono la diminuzione del
valore che tale capitale registra man mano che il tempo passa.
Ma non è l'unico metodo.
Un altro criterio di valutazione è quello del prezzo di mercato (market value). Molto spesso i
beni vengono presi a prezzi significativamente diversi da quello di mercato. E questo
predispone una nota differenza rispetto al criterio del costo.
Vi sono altri criteri.
Il criterio del costo di ricostruzione a nuovo eventualmente deprezzato in funzione all'uso.
Non si ha né un costo storico né un prezzo di mercato,poiché riguarda beni estremamente
rari che non vengono scambiati nel mercato a livelli molto alti, e quindi non vi è una statistica
dei prezzi dello stesso. In questo caso si ricorre al costo di ricostruzione a
nuovo,rispondendo alla semplice domanda: quanto costerebbe ricostruirlo?
Dopodiché,bisogna applicare degli accorgimenti che ci permettono di ridurre tale valutazione
a seconda dell'uso che ne è stato fatto, poiché il prezzo per ricostruirlo è un prezzo a nuovo.
I criteri,talvolta, sono diversi anche se riferiti ad uno stesso asset, cioè per un singolo fattore
dell'attivo.Facciamo un esempio dei prodotti finiti, cioè di quelli che si trovano in magazzino
in seguito alla produzione.Un primo criterio è quello di quanto è costato quel prodotto
secondo il criterio di costo, costo di produzione. Ma,essendo destinato alla vendita, è
altrettanto ragionevole dire che questo prodotto potrebbe essere valutato al prezzo al quale
esso si scambia nel mercato, e quindi col criterio del prezzo di mercato.
Questi due criteri di valutazione hanno diverse possibili modalità alternative. Ad esempio il
costo di produzione potrebbe esser trovato attraverso diverse modalità. La prima è quella
per cui si fa la somma di tutti i costi che l'impresa sostiene.
“l processi di valutazione si attuano in base a metodologie adeguate alla natura degli
elementi, agli scopidelle valutazioni e ad eventuali vincoli normativi e/o convenzionali.”
es.Se lo scopo è quello di determinare la composizione del valore del capitale di un'azienda
che si impegna a redigere il bilancio di esercizio, il criterio adeguato è quello del costo
diminuito delle quote di ammortamento.
Se questa valutazione si fa invece per uno scopo di vendere i beni in seguito alla cessazione
dell'impresa,allora il criterio più adatto è quello del prezzo di mercato,poiché non è più
rilevante il costo sostenuto.

Il capitale contabile o capitale di bilancio


Quella di capitale contabile o capitale di bilancio, in configurazione lorda o netta, è una
nozione quantitativa del capitale basata sull’applicazione, agli elementi attivi e passivi, di
processi valutativi basati su norme di legge e/o convenzioni (generalmente accettate) o
prassi.
La norma di legge non ci dice tutto, in effetti la prassi è completata dalle convenzioni
contabili, dettati dall'organizzazione dell'oic (organismo italiano della contabilità), che ha la
responsabilità di emanare i principi contabili,cioè norme tecniche che ci dicono come
applicare i criteri che il legislatore impone.
È questa la nozione di capitale cui in ragioneria si fa solitamente riferimento se non
diversamente specificato.
il bilancio dà a chi ne ha interesse (esempio i soci) due categorie di informazioni:
informazioni sulla condizione del capitale dell'impresa e un'informazione della redditività
dell'impresa, che sono predisposte in due prospetti, cioè lo stato patrimoniale e il conto
economico.
● Lo stato patrimoniale espone la composizione del patrimonio dei suoi elementi attivi
e passivi.
● Il conto economico ha una funzione diversa,cioè quella di esprimere la redditività
conseguita dall'impresa.
L'accezione quantitativa del capitale è finalizzata, quindi, alla redazione del bilancio
d'esercizio,e in particolare lo stato patrimoniale.
La legge stabilisce come deve essere redatto il bilancio fissando i criteri di valutazione che
devono essere attivati.Questo definisce lo scopo della nostra valutazione.I vincoli sono
relativamente stringenti a seconda degli elementi di valutazione, e tutto ciò dipende anche
dalla natura e dalla dimensione della società in questione. Vi è una norma denominata criteri
di valutazione art. 2426 che ci dice quali criteri dobbiamo applicare se stiamo valutando il
capitale per redigere il bilancio.
Le rimanenze (ciò che è in magazzino) vanno valutate al costo di acquisto se si tratta di
merci o di materieprime.Se si tratta di prodotti finiti al costo di produzione. Se i beni sono
fungibili (di cose tutte uguali)questo costo può essere calcolato attraverso tre metodologie
tecniche.
● Il metodo primo entrato primo uscito (metodo FIFO first in first out)
● il criterio ultimo entrato primo uscito (metodo LIFO last in first out)
● il metodo del costo medio ponderato.
Tutti questi metodi sono delle varianti legate al criterio del costo e sono legate al fatto che i
costi di acquisto delle materie prime così come quelli delle merci cambiano nel corso del
tempo. Quindi in magazzino vį sono dei beni uguali ma in realtà hanno dei costi diversi. Il
legislatore dà la possibilità di poter applicare questi tre metodi.
Il processo di valutazione continua a non essere univoco. Nonostante sia fissato lo scopo,
comunque abbiamo dei limitati gradi di libertà.
● Costituiscono attività del capitale di bilancio le risorse (di natura
materiale,immateriale o finanziaria) o fattori produttivi:
1. disponibili in un dato istante,
2. suscettibili di recare benefici economici prospettici alla gestione e
3. di essere valutate, monetariamente, sulla base di norme di legge e/o convenzioni
(generalmente accettate).
● Costituiscono passività del capitale di bilancio le entità:
1. rilevate in un dato istante
2. generatrici di sacrifici prospettici a carico della gestione
3. di essere valutate, monetariamente, in base a norme di legge e/oconvenzioni
(generalmente accettate).
Sono valutati in ambito monetario attraverso vari criteri.
Questi criteri vengono scelti in base agli scopi di valutazione.Tuttavia,quando il capitale che
vogliamo determinare è un capitale contabile o di bilancio,Ia libertà di selezione si
restringe,perché data l’importanza che il legislatore attribuisce alla nozione di capitale e
soprattutto al bilancio di esercizio,quale elemento fondamentale perché il capitale venga
diffuso all'esterno,i criteri di valutazione sono imposti per legge per la maggior parte delle
imprese italiane.Il legislatore quando impone questi criteri di valutazione si limita ad
enunciare,senza specificare il modo in cui si applica.Allora e necessario fare riferimento ad
altre norme contabili elaborate dalla tecnica contabile,in particolare dall' OIC. Ad esempio,i
crediti devono essere valutati al presumibile valore di realizzazione,ma bisogna seguire la
procedura delle norme contabili.
Le attività del capitale di bilancio sono quelle risorse,quei fattori produttivi,le quali: sono
disponibili(che possono essere utilizzate) in un dato istante del tempo (cioè lo stesso
momento di valutazione,la valutazione del capitale in generale e una valutazione puntuale),e
che sono in grado di generare benefici prospettici attraverso lo svolgimento della gestione,e
di essere valutate monetariamente in base a norme di legge e/o convenzioni e o prassi (non
basta che una risorsa sia disponibile in un determinato istante del tempo e che sia un
beneficio per la gestione per rientrare all'interno della nozione quantitativa del capitale,ad
esempio il capitale umano).Un altro esempio è l'avviamento,cioè la condizione di un'altra
impresa di essere avviata. Questa è una condizione di grande importanza. Il legislatore
permette di inserire l'avviamento nel capitale solo se vi è stato un esborso monetario,ad
esempio comprare un'azienda di funzionamento.
Lo stesso discorso vale per le passività,solo che queste sono suscettibili di generare sacrifici
a carico della gestione.
La differenza tra la sommatoria attribuita alle attività e la sommatoria attribuita alle passività
restituisce il capitale netto.Dunque,esso è la differenza tra attività e passività,che può essere
sia positiva che negativa.Certo,che la condizione fisiologica è quella della positivita.Se così
non fosse vi sarebbe un'azienda la quale non sarà in grado di far fronte a tutti gli impegni
che ha assunto (le fonti,sono impegni nei confronti di terzi). La condizione di capitale netto
negativo denuncia un rischio di continuità,cioè il rischio che l'impresa non possa continuare
a sopravvivere,e nel lungo periodo si ha proprio questo.Se questa condizione permane nel
tempo,porta all'estinzione di un'impresa. Il capitale netto negativo si chiama anche deficit
patrimoniale.

Come si determina e come si rappresenta questo capitale netto?


Struttura dello Stato Patrimoniale (art.2424 c.c.)
● ATTIVO
A. Credito verso soci
B. Immobilizzazioni
1. Immateriali
2. Materiali
3. Finanziarie
C. Attivo Circolante
1.Rimanenze
2.Crediti
3.Attività finanziarie
4.Disponibilità liquide
D.Ratei e risconti attivi
● PASSIVO
A. Capitale(netto)
B. Fondi rischi ed oneri
C. TFR
D. Debiti
E. Ratei e risconti passivi
Schema di rappresentazione degli elementi del capitale che il nostro legislatore prevede.
Esposizione per macrovoci, il codice civile prevede delle classificazioni che si articolano su
quattro livelli. Le immobilizzazioni sono quelle attività del capitale che hanno un vincolo di
permanenza nel capitale d’impresa piuttosto forte. I fattori produttivi a fecondità ripetuta ad
esempio sono degli elementi che sono fortemente collegati ai processi produttivi, che come
sappiamo a questi processi partecipano tutti. All’interno di queste immobilizzazioni non
troviamo merci, semilavorati, materie prime perché questi elementi fanno parte di un ciclo e
sono destinati ad una continua rotazione all’interno del capitale, devono essere
continuamente sostituiti. Quelle finanziarie possono essere trovate nella categoria delle
immobilizzazioni se la sua acquisizione è stata fatta allo scopo di radicare un vincolo forte
con la società.
Il capitale netto è il saldo d'un conto che si chiama stato patrimoniale, che assieme al conto
economico concorrono a formare il bilancio. Il saldo di un conto è l'importo che è iscritto
nella sezione cui il totale è il minore per far bilanciare le due sezioni.
Il capitale netto,figurato nelle slide, è in capo alla sezione del passivo, in quanto deve esser
posto li perlegge.La legge definisce la struttura formale di tale documento.Questo comporta
due anomalie, la prima è che quello è l'elemento bilanciante, e se le attività superano le
passività c'è solo un modo per far bilanciarele due sezioni, e cioè metterci il segno meno
davanti. Il legislatore l’ha messo lì perché questo schema di stato patrimoniale è uno degli
schemi che erano previsti nella direttiva del 78 che è stata improntata nel nostro cc nel 1990.
Il secondo motivo è che il patrimonio netto è una grandezza informativa ai terzi molto
importante, per questo l'ha messa alla prima voce.
L'avviamento può essere negativo?
La risposta è sì ma non nel bilancio. In inglese bad will (avviamento negativo) e goodwill
(avviamento).L'impresa si trova i bad will in delle situazioni di perdita economica. ll bad will si
calcola in funzione di queste perdite attese, cioè ci si aspetta che nel corso dell'avvio
dell'attività d'impresa di avere delle perdite.Le norme ci permettono di individuare gli
elementi che possono essere individuati stabilendo in che modo possono avvenire le
valutazioni.La corretta interpretazione e applicazione di queste norme trovano origine nella
professione contabile.Ci permettono di capire che cosa voglia dire valutare le attività e le
passività, e quali siano le procedure che devono essere eseguite.

Il capitale di funzionamento
● Quella di capitale di funzionamento è la nozione più utilizzata di capitale d’azienda: è
da ritenersi sottintesa, in mancanza di specificazione. Il capitale contabile o di
bilancio è, tipicamente, un capitale di funzionamento
● La nozione di capitale di funzionamento presuppone la continuazione dell’attività
aziendale (going concern). Le attività e le passività si qualificano in funzione di tale
prosecuzione (i benefici ed i sacrifici attesi di tale nozione sono riconducibili alla
prosecuzione della gestione).
La determinazione del capitale di funzionamento si ottiene per sommatoria dei valori attribuiti
alle (singole) attività ed alle passività, ottenuti, come in precedenza specificato, con
l'applicazione di metodologie previste dalla legge o dalla prassi.
Le limitazioni metodologiche previste dalla legge o dalla prassi implicano che quella di
capitale di funzionamento è una nozione convenzionale di capitale, che improbabilmente
esprime le piene potenzialità produttive, le utilità attese dall'impiego del capitale.
Riferimento al codice civile art.2423 e seguenti. Le determinazioni di capitale di
funzionamento, che molto spesso sono determinazioni di capitale di bilancio, obbediscono a
determinate regole, non sempre ideali.
Il criterio del costo storico quando noi determiniamo un capitale di funzionamento e lo
facciamo nell’ottica del capitale di bilancio, osserviamo criteri di valutazione piuttosto
costrittivi.

Il capitale di liquidazione
● Quella di capitale di liquidazione è una nozione di capitale che presuppone la
cessazione dell’attività aziendale.
● Analogamente al capitale di funzionamento, il capitale di liquidazione si ottiene per
sommatoria dei valori attribuiti alle attività ed alle passività del capitale.
● Le attività e le passività si riqualificano in vista della mutata valenza funzionale:
● Sono attività del capitale di liquidazione tutte le entità suscettibili di generare entrate
monetarie attraverso operazioni di realizzo diretto: tali attività sono valutate in
funzione delle somme di denaro realisticamente conseguibili attraverso la vendita o
l’incasso (ad esempio, i crediti).
● Sono passività del capitale di liquidazione tutte le entità suscettibili di generare uscite
monetarie: tali passività sono valutate in funzione delle somme di denaro che sarà
necessario sborsare per estinguerle.
Una causa di estinzione dell'attività produttiva può essere l'obsolescenza dei fattori
produttivi,un superamento della sua attività per il superamento in ambito
tecnologico.Quando la gestione cessa bisogna liquidare il capitale, cioè trasformare in
denaro tutte le attività,estinguere tutte le passività e il restante suddividerlo ai
soci/imprenditore.
Queste attività e passività si qualificano in funzione della procedura liquidatoria.E quindi
diversa come valutazione rispetto a quanto previsto per le attività e passività nel capitale di
funzionamento,in quanto sono prospettici a dei benefici economici attesi nel futuro della
gestione.
Le attività si realizzano in denaro tramite l'alienazione o l'incasso, o attraverso altra forma di
realizzo.Sono attività del capitale di liquidazione quelle che sono suscettibili di valore
monetario attraverso la realizzazione diretta.
I liquidatori si occupano della valutazione delle attività, tramite il criterio del valore di realizzo
diretto:tali attività sono valutate in funzione delle somme di denaro realisticamente
conseguibili attraverso la vendita o l'incasso (ad esempio, i crediti). Il valore di realizzo è un
presunto prezzo di vendita.Le passività sono valutate in funzione del denaro che devono
esborsare per estinguerle.

Il capitale economico
Nozione riferita sempre ad aziende in funzionamento e spesso determinata in circostanze
particolari della vita dell’impresa, tipicamente ma non esclusivamente operazioni
straordinarie. Una sua determinazione potrebbe essere fatta semplicemente dall governance
come verifica della conservazione del valore aziendale inteso nel suo complesso, della sua
variazioni e per effettuare verifiche della capacità del capitale di funzionamento di esprimere
una misura del capitale più o meno lontana dal suo valore inteso come valore del capitale
economico.
● Quella di capitale economico è una nozione unitaria del capitale, che, nell’accezione
più classica, non risulta dalla somma algebrica di valori attribuiti a specifici elementi
attivi e passivi.
● Il capitale economico, nella sua accezione più ampia e generale, s’identifica nel
valore attuale dei benefici attesi dall’impiego del capitale riguardato nella sua
unitarietà, nei flussi di reddito o di cassa complessivamente liberati dallo svolgimento
della gestione.
La formula più generale e classica per la determinazione del capitale economico è:
W = R * 1/i
Dove:
● R <=> reddito medio prospettico atteso, (chi investe in un azienda lo fa in funzione di
quello che si aspetta che l’azienda farà, ma il futuro è solo limitatamente prevedibile.
Quantità media per una ragione empirica, gli studiosi proponevano di applicare
questa formula utilizzando un reddito medio visto che comunque si tratta di una
previsione)
● 1/i <=> fattore di attualizzazione (o capitalizzazione, come convenzionalmente anche
si dice)
● i <=> tasso di attualizzazione (o capitalizzazione)
Questa formula ci dice che il valore economico del capitale è il valore attuale del reddito che
l’azienda è in grado di produrre in prospettiva temporale.
Dal punto di vista strettamente matematico-finanziario il processo di attualizzazione è un
processo che riporta ad oggi qualcosa che succede domani, il processo di capitalizzazione
invece fa l’opposto, qualcosa che porta a domani quello che noi abbiamo oggi. Il processo di
capitalizzazione è un processo che risponde alla domanda: quanto vale domani un capitale
che io ho a disposizione oggi? Sono due espressioni contrarie. Si chiama anche di
capitalizzazione perché questo processo trasforma il reddito futuro in capitale.
L’applicazione di questa formula è qualcosa di molto più difficile. Entrambe le due quantità
espresse (reddito e fattore di attualizzazione) sono quantità la cui determinazione comporta
l’esercizio di una quantità importante di soggettività e giudizio professionale.
1/”i”= (i è un tasso di interesse) in matematica finanziaria questa frazione rappresenta il
valore attuale di una vendita prospettica indefinita unitaria. Cioè quello che vale oggi una
rendita annuale di una quantità di valore 1 per una prospettiva temporale infinita. Le aziende
nascono con una vita prospettica indefinita.
«i» è un coefficiente composito, influenzato da due fondamentali variabili:
● il tasso per investimenti privi di rischio, cd risk free rate, che esprime il rendimento
che può attendersi chi impieghi il capitale in investimenti ritenuti privi di rischio od a
rischio minimo (ad esempio, in titoli del debito pubblico)
● il premio per il rischio di mercato, cd equity risk premia, che esprime il maggior
reddito – rispetto ad un investimento privo di rischio od a rischio minimo – che
dovrebbe rimunerare chi investa nel mercato azionario (titoli che esprimono un
rischio imprenditoriale generale), rettificato per adeguarlo alle caratteristiche
dell’entità oggetto di investimento
La determinazione di «i» (talvolta espresso con simbologie diverse) viene solitamente
operata con la formula base:
i = rf + ß(rm – rf).
Dove:
rf <=> risk free rate
rm <=> risk market
ß <=> coefficiente di correzione
Il risk free rate lo si trova nelle statistiche, con riferimento in particolare nei titoli di stato a
lungo periodo.Rm lo si trova nel mercato azionario relativo ad un determinato arco
temporale.
Oppure posso trovare delle statistiche che partono direttamente dalla differenza, e quindi dal
premio al rischio.Tutto questo comporta avere dei dati relativamente oggettivi.La
componente soggettiva della selezione del tasso risiede nel prendere i dati: prenderò i dati di
un anno? Sei mesi? Ecc...
La seconda componente soggettiva riguarda rm. Dipende dalle statistiche che si riescono a
trovare nel mercato azionario. Non è sempre corretto scegliere il numero ricavato dalla serie
storica più estesa,poiché ci potrebbero essere degli eventi rilevanti che potrebbero alterare
la valutazione. Inoltre, vi è un'enorme difficoltà nel valutare le imprese non quotate,in quanto
non hanno un mercato di riferimento.Facciamo degli sforzi di oggettivizzazione di questi
parametri, ma in realtà la componente soggettiva non si elimina mai.

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