1. Premessa
La Contabilità dei Costi è uno strumento di determinazione economico quantitativa con cui la di-
rezione aziendale può assicurarsi che le risorse siano acquisite ed impiegate in maniera efficiente ed
efficace per il raggiungimento degli obiettivi di fondo della gestione esplicitati in sede di pianifica-
zione strategica.
Nell’ambito del sistema di contabilità direzionale, la contabilità dei costi può essere intesa come
un sottosistema informativo grazie al quale vengono rilevati in modo sistematico i dati elementari di
costo e di ricavo. Tali dati elementari vengono successivamente organizzati in relazione a prescelti
oggetti di calcolo.
1
La contabilità dei costi serve, inoltre, rendere razionali molte decisioni che sono alla base del bu-
dget, cioè per tradurre in termini economici i programmi operativi che sono alla base del budget
(Contabilità a costi preventivi)
La contabilità dei costi serve per meglio comprendere i risultati economici conseguiti (Contabilità a
costi consuntivi)
La contabilità dei costi serve, inoltre, rendere razionali molte decisioni che sono alla base del bu-
dget, cioè per tradurre in termini economici i programmi operativi che sono alla base del budget
(Contabilità a costi preventivi)
Analisi degli scostamenti
L’analisi degli scostamenti consiste nella determinazione delle differenze tra valori di budget e va-
lori consuntivi e in particolare nella scomposizione contabile di tali scostamenti secondo le cause
che li hanno determinati.
Il rapporto tra la contabilità generale e la contabilità dei costi è come di seguito sintetizzabile:
Tipo di contabilità Contabilità Generale Contabilità dei costi
Criterio distintivo
a) Epoca di Riferimento Passato Passato e Futuro
b) Oggetto Fatti di gestione aventi manifestazione Utilizzo dei fattori produttivi nei
numeraria, ed in particolare scambi di processi interni
mercato
d) Precisione e Tempestività Dati precisi più ancora che tempestivi Dati tempestivi più ancora che
precisi
e) Utilizzo direzionale Saltuario (per ciò che concerne i costi ed Continuativo
i ricavi)
f) Obbligatorietà Obbligatoria Non obbligatoria
g) Metodologia di rilevazione Contabile in senso stretto (partita doppia) Contabile e/o extracontabile
a) Epoca di riferimento
La contabilità dei costi permette di ottenere informazioni sia riferite alla gestione passata sia infor-
mazioni aventi carattere previsionale
La contabilità generale riflette le operazioni passate.
2
b) Oggetto
La contabilità generale in relazione all’oggetto rileva i fenomeni aventi manifestazione numeraria
La contabilità dei costi, invece, rileva l’utilizzazione delle risorse nei processi produttivi di impresa.
c) Classificazione
La contabilità generale si limita a classificare i costi per natura ed origine
La contabilità dei costi, invece, li “ri”classifica a seconda delle necessità per natura, destinazione,
misurabilità e variabilità
d) Precisione e tempestività
La contabilità generale rileva con precisione oggettiva gli accadimenti dell’esercizio.
La contabilità dei costi, cercando di mantenere un elevato grado di precisione, si prefigge il compito
di fornire tempestivamente informazioni al management per pianificare l’azione aziendale.
e) Utilizzo direzionale
La contabilità generale ai fini delle scelte direzionali è utilizzata “saltuariamente”
La contabilità dei costi, invece, fornisce informazioni continuative al management aziendale.
f) Obbligatorietà
La contabilità generale in applicazione delle norme vigenti è “obbligatoria”
La contabilità dei costi, invece, è facoltativa, e non ha rilevanza legale
g) Metodologia di rilevazione
La contabilità generale si struttura contabilmente con il metodo della partita doppia.
La contabilità dei costi, invece, si avvale di metodologie contabili ed extra-contabili.
La contabilità dei costi oltre alla classificazione operata nella contabilità generale secondo la natura
fisico economica dei fattori produttivi viene integrata da altre distinzioni:
Costi speciali e comuni ,
Costi variabili e fissi ,
Costi controllabili e non controllabili ,
Costi parametrici, discrezionali e vincolanti ,
Costi effettivi ed ipotetici ,
3
sti comuni può avvenire su base singola o multipla a seconda se il costo viene ripartito in proporzione ad una sola gran-
dezza o in proporzione a specifiche classi omogenee predeterminate.
Costi variabili e fissi ,
tale classificazione si basa sul tipo di comportamento dei costi al variare della quantità prodotta. Sono definiti variabili
i costi che variano più o meno proporzionalmente al variare del volume produttivo, viceversa sono definiti fissi i costi
che non derivano dai volumi di produzione. Nell’ambito dei costi variabili è possibile individuare varie leggi di variabi-
lità: - proporzionali , costi che variano nella stessa direzione e con l’intensità proporzionale alla variazione del volume
produttivo; - progressivi , variano nella stessa direzione del volume, ma con intensità maggiore; - degressivi , variano
nello stesso senso del volume produttivo, ma con minore intensità; - regressivi , variano, oltre un certo livello produtti-
vo, nella direzione opposta al variare delle quantità prodotta.
Costi controllabili e non controllabili ,
tale distinzione è relativa alla possibilità o meno di poter influenzare con specifiche decisioni il costo da parte
dall’organo preposto alla sua realizzazione.
Costi parametrici, discrezionali e vincolanti ,
tale classificazione si basa sulle modalità secondo cui l’ammontare dei costi viene programmato. Per costi parametrici
si intende quelli di cui è determinabile a priori la quantità di risorsa per ottenere una unità di prodotto; sono invece di-
screzionali i costi il cui ammontare dipende da valutazioni discrezionali non essendoci la possibilità di adottare signifi-
cativi parametri tecnici; infine definiamo vincolati quei costi non modificabili in sede preventiva poiché stabiliti in
piani strategici.
Costi effettivi ed ipotetici ,
tale distinzione si basa sull’effettività della manifestazione dei costi, cioè vi sono costi effettivamente sostenuti, corri-
spondenti ad un effettivo impiego di risorse e costi ipotetici che sono i costi che si sosterebbero se certe ipotesi di ge-
stione si manifestassero.
4
È dato dalla somma del costo delle materie prime più i costi di trasformazione industriale delle medesime. Tale tipolo-
gia di costo richiede la ripartizione dei costi indiretti industriali, che sono una parte del costo di trasformazione.
In relazione alla configurazione di costo prescelta è possibile distinguere due tipologie di analisi dei
costi Direct Costing e Full Costing.
Direct Costing (Contabilità a costi variabili)
Il Direct Costing imputa ai prodotti i soli costi variabili, mentre considera i costi fissi come costi di periodo che non
vengono rinviati al futuro con la determinazione delle rimanenze;
Ricavi vendita prodotto +
Costi variabili prodotto -
Margine Lordo di contribuzione
Il Margine lordo di contribuzione è il risultato economico con cui il prodotto contribuisce alla copertura dei costi fissi e
all’ottenimento del profitto aziendale.
5
CONTABILITA’ PER CENTRI DI COSTO
I centri di costo si identificano con unità organizzative della struttura aziendale come ad esempio
reparti, uffici, laboratori ecc.
La contabilità per centri di costo consente una più corretta imputazione dei costi ai prodotti perché
facilita l’individuazione e la quantificazione del servizio dato dai vari fattori produttivi per
l’ottenimento dei prodotti stessi.
Il principale pregio della contabilità per centri di costo è quello di evitare l’attribuzione ai prodotti
di costi che per quel prodotto non si sono affatto sostenuti.
I centri di costo possono essere classificati in vari modi, applicando l’ottica del costo di prodotto è
possibile individuare:
centri produttivi
centri ausiliari
centri funzionali
Nella progettazione del piano dei centri di costo vanno rispettati alcuni principi:
a) omogeneità delle operazioni compiute, tale da permettere l'individuazione di una comune « unità
di produzione », cioè di un'unità di misura alla quale verranno commisurati i costi sostenuti;
b) omogeneità della dotazione di fattori produttivi (principalmente macchinari o fattori tecnici e la-
voro), cioè della composizione dei relativi costi.
c) Significatività, in termini di importo, dei costi sostenuti presso un dato centro, per evitare un ap-
pesantimento del lavoro amministrativo, non controbilanciato da effettivi vantaggi sotto il profilo
delle conoscenze ricavabili. L'applicazione di tale principio conduce spesso ad un «accorpamento»
di più centri di costo.
d) formazione del piano dei centri di costo ed è l’individuabilità di un responsabile di centro, affin-
chè sia possibile, tenere sotto controllo i costi sostenuti presso quell’unità.
Per il calcolo del costo pieno di prodotto è possibile seguire una serie diversa di percorsi, tuttavia
nella prassi aziendale le fasi fondamentali del procedimento per centro di costo sono così riassumi-
bili:
1) imputazione dei costi dei vari fattori produttivi ai centri in cui sono stati sostenuti i costi stessi;
2) ribaltamento dei costi dei centri ausiliari, ed eventualmente dei centri funzionali (alcuni o tutti), sui centri
produttivi;
3) quantificazione della produzione dei centri produttivi, in base ad un'unità di misura prescelta, e calcolo
dei « coefficienti » o «tassi » unitari di costo del centro;
4) imputazione finale ai prodotti dei costi relativi a:
6
— materie prime e altri costi diretti di prodotto non « transitati » per i centri;
— centri produttivi;
— altri centri (tipicamente funzionali) eventualmente ancora « aperti »;
— costi indiretti dei prodotti, eventualmente non « transitati » per i centri (di qualsiasi tipo).
Tutte le voci di costo sono addebitate a tutti i centri del piano scelto, restano esclusi i costi diretti di prodotto
che non costituiscono costi di funzionamento dei centri e sono attribuibili direttamente al prodotto a cui fan-
no riferimento.
I costi sono classificati per natura, cioè secondo le caratteristiche fisiche (es. mano d'opera) ed economiche
(es. mano d'opera diretta o indiretta) del fattore produttivo sottostante. La classificazione per natura della
contabilità analitica non è detto che coincida con quella di co.ge.
Un esempio di classificazione, contraddistinto da un grado di aggregazione piuttosto elevato delle voci di costo, può es-
sere considerato il seguente:
A) mano d' opera diretta e indiretta;
B) stipendi tecnici;
C) forza motrice;
D) illuminazione;
E) combustibili;
F) materiali ausiliari e di consumo;
G)manutenzioni;
H) ammortamenti tecnici;
I) costi diversi industriali;
L) stipendi commerciali;
M) trasporti;
N) pubblicità e promozione;
O) viaggi e trasferte;
P) costi diversi commerciali;
Q) stipendi amministrativi;
R) assicurazioni;
S) costi postali, telefonici, ecc.
T) cancelleria e spese d'ufficio;
U) costi diversi amministrativi;
V) costi diversi generali.
Tali costi vengono imputati ai centri che hanno determinato il fabbisogno delle corrispondenti risor-
se e solo a quelli, in base alla quantità di risorse consumata nel periodo di tempo considerato. E’
ovvio che l'importo da imputare ai centri è l'ammontare di competenza economica del periodo con-
siderato, in relazione al consumo della risorsa sottostante. Nell'addebito delle voci di costo ai centri
sorge immediatamente un problema di misurazione: infatti in alcuni casi si è in presenza di costi di-
retti centro (ad esempio mano d'opera, stipendi, ammortamenti di macchinari, ecc), mentre in altri
7
debbono imputare costi indiretti di centro. (ad esempio ammortamenti dei fabbricati, energia elettri-
ca per forza motrice, illu-minazione o altri).
Le voci di costo individuate appartengono a raggruppamenti funzionali differenti e, quindi, trovano
destinazione in tipi di centro di costo diversi.
I costi (da A a I) sono i cosiddetti costi di trasformazione industriale, i quali vanno, imputati in par-
te ai centri produttivi ed in parte ai centri ausiliari (cioè alcune voci sono tipiche dei centri produtti-
vi o dei centri ausiliari, ma anche che la stessa voce va suddivisa tra i centri dei due tipi);
I costi (da L a V) sono i costi generali «non industriali», cioè i costi di risorse impiegate nelle fun-
zioni commerciali, amministrative o di altro tipo, e quindi vanno imputati ai centri funzionali.
Una volta che i costi dei vari fattori produttivi sono stati imputati ai rispettivi centri, occorre tener
presente che i centri ausiliari operano in funzione del centri produttivi, a cui prestano i propri servi-
zi. Pertanto, l’operazione successiva da compiere consiste nell'imputare o « ribaltare» i costi dei
centri ausiliari ai centri produttivi.
I criteri di imputazione dei costi dei centri ausiliari ai centri produttivi sono molteplici, cioè variano
a seconda della prestazione che i primi svolgono a favore dei secondi.
In generale si può affermare che l’imputazione è attuabile in due modi:
a) misurando direttamente i servizi resi dai centri ausiliari ai centri produttivi mediante un'appro-
priata unita di misura di tali servizi;
b) in modo indiretto, in proporzione all’attività svolta dal centro utente, opportunamente misurata,
oppure in base ad altri parametri, sempre relativi a qualche carattere del centro utente.
In altre parole, anche il «ribaltamento» dei costi dei centri ausiliari sui centri produttivi comporta la
distinzione tra costi diretti e costi indiretti.
Per quanto concerne i centri funzionali, a volte i loro costi transitano per i centri produttivi (ed e-
ventualmente ausiliari), prima di arrivare, ai prodotti. Nella logica della determinazione del costo
pieno di prodotto secondo criteri causali il ribaltamento in questione è accettabile se i centri funzio-
nali prestano ai centri produttivi (piuttosto che ai « prodotti ») dei servizi misurabili.
Dopo aver ribaltato i costi dei centri ausiliari (e funzionali) sui centri produttivi, restano aperti solo
questi ultimi (ed i centri funzionali non ribaltati).
II documento su cui viene riportata l'entità dei costi del periodo suddivisa per voce di costo e per
centro è una tabella a doppia entrata che sintetizza tutte le operazioni compiute ed evidenzia alla fi-
ne i costi di competenza dei centri produttivi e dei centri funzionali.
Tale documento, chiamato « quadro analisi costi », potrebbe assumere la forma rappresentata nella
Figura seguente:
8
Si fa osservare che, in tale prospetto:
a) i centri ausiliari, per ipotesi, prestano servizi ai soli centri produttivi, per cui il loro totale
mensile [(1), (2), (3),(4)] viene riportato tale e quale sulla riga sottostante (graficamente l'operazio-
ne di riporto da origine ad una forma a « scalini »);
b) nella colonna in cui sono elencate le voci di costo vengono riportati anche i nomi dei centri ausi-
liari, in modo da rendere più chiaro il loro ribaltamento sui centri produttivi;
c) viene indicata, per i centri produttivi e quelli funzionali, la destinazione successiva.
9
Osservando in particolare i centri produttivi, si pone il problema dell'imputazione dei loro costi ai
prodotti. Teoricamente il problema si potrebbe risolvere applicando le stesse regole seguite per la
localizzazione dei costi ai centri o per l'imputazione diretta dei costi ai prodotti. In altre parole, si
potrebbero imputare le varie voci di costo ai prodotti in base ai consumi dei fattori o mediante ap-
propriati criteri di ripartizione, tali da riflettere il principio causale.
In pratica, si considerano i costi localizzati ai centri come una entità unica, che viene divisa per il
volume di «produzione » del centro, dando perciò origine ad un costo unitario di centro.
Tale costo o « coefficiente » unitario è impiegato per l'imputazione dei costi ai prodotti lavorati.
L'imputazione ai prodotti dei costi dei centri produttivi può essere scomposta in due fasi:
1) calcolo dei coefficienti unitari di costo di ciascun centro;
2) determinazione del costo di trasformazione di ciascun prodotto, moltiplicando i coefficienti di
costo per il numero di volte che l'unità di misura usata è «contenuta» nel prodotto in questione.
Per ciò che concerne il calcolo dei coefficienti di costo, avviene mediante la divisione seguente:
Totale costi imputati al centro XY
Coefficiente di centro di costo XY =
Quantità di produzione centro XY
L'operazione finale della contabilità dei costi consiste nell'imputare ai prodotti tutti i costi sostenuti,
cosi classificabili:
— materie prime e altri costi diretti di prodotto;
— costi dei centri produttivi;
— costi generali dei centri funzionali e costi generali non «localizzati ».
Per l’imputazione ai prodotti normalmente occorre:
a) moltiplicare il coefficiente di ciascun centro per la « quantità di produzione » del prodot-
to considerato;
b) sommare i risultati di tali moltiplicazioni, prendendo in considerazione tutti i centri produttivi
coinvolti nella trasformazione del prodotto in esame.
Il costo di tutte le unità prodotte di un certo articolo, se formato da più « componenti », è dato da:
n m
CA = ∑ ∑I k xTik
i =1 k =1
dove:
CA = costo di trasformazione di tutte le unita di A;
i = 1, 2, ... n = numero dei componenti del prodotto A;
k = 1, 2, ... m = numero dei centri in cui il prodotto A e lavorato;
Ik = indice o coefficiente di costo del centro k;
Tik = « produzione » (espressa ad es. in ore) del componente i nel centro k.
10
L’ACTIVITY BASED COSTING
Nel campo della contabilità dei costi la metodologia innovativa più conosciuta, e forse più solida
sotto il profilo concettuale, è nota con la denominazione di Activity Based Costing (A.B.C.), o con-
tabilità dei costi basata sulle attività.
L'ABC mira a determinare il costo pieno-di prodotto:
— evitando le distorsioni provocate da una ripartizione spesso semplicistica dei costi indiretti;
— evidenziando a livello di prodotto fenomeni di rilevanza manageriale ai fini del miglioramento
della gestione;
— individuando le cosiddette « attività » richieste da un prodotto per il suo ottenimento;
— individuando il determinante di costo o « cost driver » relativo alle suddette attività. Si ricorda
che il cost driver ha due configurazioni fondamentali: quella di cost driver primo inteso come fabbi-
sogno di una determinata attività e quella di cost driver ultimo, inteso come nesso causale che de-
termina tale fabbisogno.
L’interesse dell'ABC sta nel fatto che essa si propone come una contabilità che si mette « dalla parte
del manager operativo », con le sue esigenze (e, a volte, i suoi errori), esigenze che la contabilità
tradizionale soddisfa solo in parte. Tale orientamento all'utente della contabilità può sembrare ov-
vio; invece costituisce spesso l’eccezione, anziché la regola del cost accounting. Infatti in azienda
sovente gli strumenti di controllo sono concepiti secondo un orientamento all'amministrativo, piut-
tosto che all'operativo, con il risultato che il management finisce per diffidare delle informazioni
contabili « ufficiali » e costruisce un proprio sistema di monitoraggio personalizzato, con evidenti
conseguenze negative sotto il profilo del coordinamento delle informazioni e della loro omogeneità.
11
Un riferimento teorico recente e noto è quello del modello del vantaggio competitivo di M. Porter ,
nel quale la ricerca dei fattori critici di successo va fatta — business per business — scomponendo
ogni business in « attività generatrici di valore », a loro volta classificabili così:
— attività primarie (logistica in entrata, produzione, logistica in uscita, marketing e vendite, servizi
alla clientela);
— attività di supporto (approvvigionamenti, sviluppo della tecnologia, gestione del personale);
— attività infrastrutturali di carattere generale (ad es. attività amministrative).
Le attività generatrici di valore (che compongono la c.d. « catena del valore ») così genericamente
classificate vanno poi di volta in volta disaggregate in relazione alle peculiarità del business consi-
derato, in quella determinata azienda.
La contabilità dei costi basata sulle attività identifica un oggetto di calcolo e di monitoraggio, la co-
siddetta « attività », che è definibile in prima battuta come un aggregato di operazioni elementari
tecnicamente, omogenee.
Cosi, per esempio, le attività (o sub-attività) di emissione degli ordini di acquisto ai fornitori e di «
certificazione » dei fornitori stessi sono « tecnicamente » distinte, pur facendo parte entrambe del
lavoro di ap-provvigionamento di un'organizzazione: la prima è un'attività amministrativa, mentre
la seconda ha a che vedere con la selezione dei fornitori. Nei due casi cambia non solo il tipo di o-
perazioni compiute, ma anche il tipo di conoscenze tecniche richieste per svolgerle.
A proposito di costi delle attività, ai fini del cost accounting è opportuno sottolineare che i costi in-
diretti sono orientativamen-te classificabili nelle seguenti categorie, in vista della determinazione
del costo pieno di prodotto:
a) costi indiretti sostenuti nello svolgimento di attività produttive;
b) costi indiretti sostenuti nello svolgimento di attività ausiliarie o di servizio o di supporlo alla produzione;
c) costi indiretti relativi ad attività di direzione e di gestione generate dell'area della produzione;
d) costi indiretti relativi ad attività non catalogabili nell’area della produzione.
Per determinare, quindi, il costo industriale, vanno addebitati ai prodotti i costi indiretti per attività
produttive, per attività di supporto e per attività di gestione generate di produzione.
Le difficoltà di imputazione non risparmiano nessun tipo di costo indiretto (come misurare il costo
di forza motrice di competenza di un prodotto, oppure il contributo in termini di risorse dato da un
capo-reparto all'ottenimento di un bene, o addirittura la quota parte dello stipendio del direttore
dell'area tecnico-produttiva); particolare attenzione va tuttavia riservata alle attività di supporto ed
in special modo alle cosiddette transazioni.
Per transazioni s'intendono operazioni che comportano scambi di materiali e/o di informazioni ne-
cessari per lo svolgimento della produzione. L'enfasi posta sui costi indiretti delle transazioni si giu-
12
stifica in relazione al rilevante peso assunto da tali attività, soprattutto in anni recenti. Su di esse ci
soffermeremo in via prioritaria.
Le attività di supporto corrispondenti a transazioni possono così raggrupparsi :
— di logistica (collegate a ricevimento, movimentazione, spedizione materiali o prodotti);
— di bilanciamento (che consentono di bilanciare le risorse disponibili e i fabbisogni e che si e-
strinsecano in ordini di acquisto, di produzione ecc);
— di qualità (dal classico controllo di qualità ad attività più ampie di fissazione di specifiche e di
verifica di conformità delle operazioni a tali specifiche);
— di cambiamento (riguardanti modifiche ai progetti, ai cicli di produzione, agli standard
ecc).
II denominatore comune alle varie transazioni sta nel fatto che da esse dipendono in misura signifi-
cativa alcuni attributi del prodotto idonei, a differenziarlo significativamente sul mercato, come la
qualità, la tempestività delle consegne, la varietà della gamma ecc.
Una volta individuate le attività, per ciascuna di esse occorre individuare l’unità di misurazione del
fabbisogno manifestato dai prodotti, che, riflette la causa « immediata » del sostenimento dei costi.
Esempi puramente indicativi:
— n. (o ore) di interventi di messa a punto delle macchine
— n. di ordini di produzione
— n. di componenti da « amministrare »
— n. di ordini di acquisto ai fornitori
— n. di consegna o di ricevimenti di prodotti o di materie
— n. di interventi di ispezione
— n. di modifiche tecniche
— n. di cicli produttivi o di lotti di produzione.
La quantificazione di una certa attività mediante il proprio cost driver consente di determinare un
costo unitario di transazione utile per imputare in maniera attendibile i costi indiretti in questione ai
prodotti.
Abbiamo esaminato le modalità di imputazione al prodotto dei costi indiretti legati alle transazioni,
bisogna considerare le altre due categorie di costi indiretti industriali: i costi delle attività produttive
e i costi delle attività « generali ».
I costi indiretti sostenuti per lo svolgimento delle attività produttive corrispondono sostanzialmente
ai costi dei centri produttivi della contabilità tradizionale, esclusa ovviamente la manodopera diret-
ta.
13
Essi includono i costi per stipendi, manodopera indiretta, ammortamenti dei macchinari, energia e-
lettrica e simili, e com-prendono anche i costi « ribaltati » da quei centri ausiliari che sono al servi-
zio della produzione, come e — tipicamente — la manutenzione.
L'imputazione di tali costi, tra i quali spiccano gli ammortamenti e altri costi legati al funzionamen-
to dei macchinari, è fattibile con una pluralità di tecniche.
Tra le diverse metodologie di addebito dei costi in oggetto citiamo le seguenti:
1) si distinguono i centri di costo tradizionali in grandi categorie a seconda del loro grado di auto-
mazione, e dell'intensità assunta da altre variabili (capitale investito, influenza del lavoro diretto sul-
la cadenza produttiva e sua incidenza percen-tuale come costo ecc.) collegate all'automazione. Tipi-
camente le categorie di centri sono due, a volte denominate centri-uomo e centri-macchina, e, se ne-
cessario, per fare ciò si scompongono i centri produttivi preesistenti, dove le due realtà coesisteva-
no. I relativi costi si imputano ai prodotti rispettivamente in pro-porzione alle ore di lavoro diretto
(o parametri equivalenti) e alle ore-macchina opportunamente determinate;
2) si individuano varie attività produttive (coincidenti o meno con centri di costo della struttura
formale), e per ognuna di esse si sceglie il cost driver più opportuno.
La seconda soluzione, illustrata con la sua ricerca del « vero » cost driver anche per i costi indiretti
delle attività produttive, riflette molto meglio la logica dell'Activity Based Costing.
I costi indiretti per attività generali di produzione. Sono costi del personale (per esempio della dire-
zione di stabilimento), ammortamenti dei fabbricati e di altri beni, premi di assicurazione, spese di
illuminazione e riscaldamento, telefoniche, e così via.
Trattandosi di attività di general management o di servizi generali, e difficile istituire un collega-
mento tra prodotto e particolari attività e quindi procedere all'imputazione dei costi secondo modali-
tà simili a quelle viste per le transazioni. In linea di massima si deve pertanto riconoscere che l'ad-
debito di questi costi continua ad avvenire con tecniche o espedienti analoghi a quelli in uso nelle
contabilità tradizionali o comunque senza significativi progressi in termini di attendibilità delle ri-
partizioni.
In sintesi, le fasi che caratterizzano la metodologia ABC possono essere cosi elencate:
1) imputazione dei costi diretti ai prodotti;
2) imputazione dei costi indiretti alle attività che ne determinano il sostenimento;
3) individuazione del cost driver immediato di ciascun tipo di attività;
4) quantificazione attraverso tale unità di misura del «volume » di attività relativo a un certo perio-
do;
5) calcolo del costo per unità di attività;
6) imputazione dei costi delle attività ai prodotti, in base al fabbisogno di attività che ciascuno di es-
si manifesta.
14
Non tutti i costi indiretti sono imputabili ai prodotti tramite la metodologia su esposta: pensiamo a
non pochi costi indiretti industriali commerciali, amministrativi e altri legati ad attività di gestione
generale dell'impresa. Per questi sono ipotizzabili metodi di addebito « tradizionali ».
Vediamo infine come si presenta la struttura del costo pieno di prodotto quando essa rifletta la me-
todologia dell'Activity Based Costing e quando invece sia espressione del metodo tradizionale, ba-
sato sui centri di costo:
a) Struttura del costo pieno di prodotto con Activity Based Costing:
— MATERIE DIRETTE
— MANODOPERA DIRETTA
— ALTRI COSTI DIRETTI DI PRODOTTO
— COSTI ATTIVITA 1
— COSTI ATTIVITA 2
— COSTI ATTIVITA 3
— COSTI ATTIVITA N
b) struttura del costo pieno di prodotto con il Metodo tradizionale:
— MATERIE DIRETTE
— MANODOPERA DIRETTA
— ALTRI COSTI DIRETTI DI PRODOTTO
— COSTI CENTRO I
— COSTI CENTRO II
— COSTI CENTRO III
— COSTI CENTRO T
Dal confronto delle due metodologie emerge con chiarezza che la differenza fondamentale sta
nell'oggetto intermedio di accumulo del costi, che è il centro di costo nella contabilità tradizionale
ed e l’attività nell'ABC.
Con il calcolo del costo di prodotto secondo i canoni dell’ ABC e con l'analisi della struttura del co-
sto di prodotto che tale metodologia consente (classificazione dei costi per « attività »), il
management aziendale può disporre dl informazioni utili per raggiungere una molteplicità di scopi:
A) per formulare secondo criteri di convenienza economica una pluralità di decisioni aventi per og-
getto i prodotti, specie se queste hanno una rilevanza strategica;
B) per controllare l'economicità dei singoli prodotti e intraprendere eventuali azioni di « migliora-
mento » idonee a ridurre i corrispondenti costi;
C) per programmare, secondo criteri più razionali i fabbisogni di risorse «indirette» ed i corrispon-
denti costi e così facilitare la pianificazione, il budgeting e il controllo di aree di responsabilità dove
e massiccia la presenza di costi non « parametrici ».
15
E’ opportuno infine fare qualche riflessione di sintesi sull'ABC, sulle condizioni perchè possa esse-
re utilmente applicato, sui suoi pregi, sui suoi limiti e sulle possibilità o modalità di coesistenza con
altri strumenti di controllo.
Cominciamo dalle condizioni di applicabilità dell'ABC. In astratto si può supporre che — in quanto
strumento per una più corretta applicazione del principio causale nell'imputazione dei costi indiretti
— vada preferito al metodo basato sui centri di costo. In concreto, e soprattutto la presenza in a-
zienda di alcuni requisiti oggettivi a rendere auspicabile l'approccio ABC. Si tratta di presupposti
riconducibili ai concetti di Qualità totale, di strategia di differenziazione, di complessità gestionale,
che «costringono» il sistema di cost accounting a porre al centro dell'attenzione le attività ed i driver
dei corrispondenti costi, perchè solo così è possibile fornire al management un supporto informativo
utile ai fini della efficiente conduzione di una realtà tanto complessa.
Altro presupposto è la presenza di un sistema informativo idoneo a misurare i driver dei costi delle
attività a costi accettabili.
I pregi dell'ABC consistono nella possibilità di determinare in modo più attendibile il costo di pro-
dotto, di facilitare la presa delle decisioni e il monitoraggio mirato al miglioramento dell'efficienza.
I limiti dell'ABC non sono peraltro trascurabili .
In primo luogo, per quanto intenso sia lo sforzo di misurazione «oggettiva» del fabbisogno di attivi-
tà e di risorse manifestato da un prodotto, resta pur sempre arduo e a volte impossibile attribuire at-
tività e costi che con il prodotto in questione non hanno significativi legami. Ciò significa che —
per ragioni oggettive — 1'ABC non può spingersi più di tanto sulla strada della trasformazione in
costi diretti di costi tradizionalmente considerati indiretti dalla contabilità.
In secondo luogo, in sede di utilizzazione dell'ABC per scopi manageriali, la pretesa di riflettere co-
sti « variabili nel lungo periodo » ne fa uno strumento di decisione strategica (ad esempio di scelta
delle produzioni da spingere o da contrarre) che solo limitatamente può sostituirsi a metodi corretti
dal punto di vista della valutazione economica, quali sono i metodi basati sull'analisi del fattore
tempo e del fattore rischio (metodi di attualizzazione dei flussi finanziari).
17
MODALITA’ DEL CONTROLLO DI GESTIONE
18
TIPI DI CONTROLLO DI GESTIONE (I)
19
TIPI DI CONTROLLO DI GESTIONE (II)
20
CARATTERI DELL’OUTSOURCING
21
FATTORI MATERIALI ED IMMATERIALI DEL CONTROL-
LO
22
EFFETTI DEL CONTROLLO
BENEFICI
(EFFICACIA DEL CONTROLLO, VALUTAZIONE SINTETICA
DELL’ANDAMENTO DELL’AZIENDA, SCOMPOSIZIONE DEL DATO
COMPLESSIVO IN VALORI PARZIALI RIFERITI A SPECIFICHE AREE O
A RISULTATI INTERMEDI)
DISTORSIONI
(INEFFICACIA DEL CONTROLLO, MANCATO RAGGIUNGIMENTO DE-
GLI OBBIETTIVI DI RAPPRESENTAZIONE DELLE GRANDEZZE FINAN-
ZIARIE DELL’IMPRESA, INSUFFICIENZA DEL CONTROLLO, INADE-
GUATEZZA A ESPRIMERE DETTAGLIATAMENTE FINANZIARIO
L’ANDAMENTO DELLE ATTIVITA’ AZIENDALI, ECCESSIVA ONEROSI-
TA’ DEL CONTROLLO)
23
IL SISTEMA DI CONTROLLO DEI RISCHI
24
IL CONTROLLO DEI RISCHI
25
VANTAGGI DEL CONTROLLO DEI RISCHI (I)
- INCREMENTO DELL’EFFICIENZA E
DELL’EFFICACIA AZIENDALI
26
VANTAGGI DEL CONTROLLO DEI RISCHI (II)
ALTRI VANTAGGI:
- ASSICURARE LA SOPRAVVIVENZA
DELL’IMPRESA
27
SVANTAGGI DEL CONTROLLO DEI RISCHI
28
ORGANI AZIENDALI E SOGGETTI CHE EFFET-
TUANO IL CONTROLLO DEI RISCHI
29
MODALITA’ DI GESTIONE DEL RISCHIO
30
PROBLEMI DEL CONTROLLO INTERNO IN
RELAZIONE ALLA COMPLESSITA’
ORGANIZZATIVA
31
RUOLO DEI SISTEMI INFORMATIVI SUL
CONTROLLO INTERNO
32
ELEMENTI DEI SISTEMI INFORMATIVI
33
MODALITA’ DI AMMINISTRAZIONE E
CONTROLLO NELLE SPA
SISTEMA MONISTICO
(1 ORGANO PREPOSTO AD AMMINISTRAZIONE E
CONTROLLO)
34
ADEGUATEZZA DEL SISTEMA
DI CONTROLLO INTERNO
NELLE SOCIETA’ DI CAPITALI
35
CARATTERI DELL’ADEGUATEZZA DEL SISTEMA
DI CONTROLLO INTERNO
36
ELEMENTI FONDAMENTALI DI UN SISTEMA DI
CONTROLLO INTERNO BILANCIATO
- SISTEMI INFORMATIVI
37
I PROVVEDIMENTI NORMATIVI RELATIVI AL
CONTROLLO INTERNO DELLE SOCIETA’
QUOTATE IN ITALIA
38
LA FIGURA DEL DIRIGENTE PREPOSTO ALLA
REDAZIONE DEI DOCUMENTI CONTABILI SO-
CIETARI
39
DIRIGENTE PREPOSTO ALLA REDAZIONE DEI
DOCUMENTI CONTABILI SOCIETARI: COMPITI
E FUNZIONI (ART 148 E SEGUENTI DEL TUF)
40
5) DEVE PREDISPORRE UNA RELAZIONE AC-
COMPAGNATORIA DEL BILANCIO
D’ESERCIZIO (INSIEME AGLI ORGANI SOCIE-
TARI) IN CUI SI VERIFICA LA RISPONDENZA
DEI DOCUMENTI SOCIETARI AGLI EFFETTIVI
ACCADIMENTI E SI RAPPRESENTA IN MODO
VERITIERO E CORRETTO L’ANDAMENTO ECO-
NOMICO E LA SITUAZIONE PATRIMONIALE E
FINANZIARIA DELLA SOCIETA’ (E DELLE IM-
PRESE INSERITE NEL CONSOLIDAMENTO) SE-
CONDO IL MODELLO STABILITO CON REGO-
LAMENTO CONSOB
41