L’impresa utilizza gli input del mercato dei fattori per produrre
gli output da vendere nel mercato dei prodotti.
Le imprese devono effettuare importanti scelte e prendere decisioni che rispondono principalmente a 4
domande:
1. Cosa/quanto produrre? (output)
2. Come produrre? (mix fattori produttivi)
3. Per chi produrre? ( scelta del mercato)
4. Come pubblicizzare il prodotto?
Le risposte a queste 4 domande ci svelano come opera ed effettua le sue scelte l’impresa.
La TEORIA DELLE IMPRESE ci aiuta a prevedere e comprendere come l’impresa effettuerà queste scelte.
IL PROFITTO ECONOMICO
L’impresa compie le sue scelte in vista della massimizzazione del profitto.
L’obiettivo delle imprese è massimizare il profitto economico.
Il profitto economico (∏) è dato dalla differenza tra ricavi totali (Rt) e costi totali (Ct).
𝜋 = 𝑅𝑡 − 𝐶𝑡
RICAVI TOTALI= somma dei pagamenti che l’impresa ottiene per la vendita dell’output.
COSTI TOTALI= costi produzione + costi opportunità
Prendiamo in considerazione il caso in cui Andrea, proprietario di una ditta, sostiene i seguenti costi:
COSTO TOTALE
Retribuzione dei dipendenti 73000
Affitto dei locali 24000
Costo materie prime 47000
TOTALE 144000 COSTI CONTABILI
Per un contabile i costi sostenuti dall’impresa sono solamente questi (contabili), mentre per gli
economisti bisogna aggiungere anche la retribuzione di Andrea (ipotizziamo 20000).
La spesa per la retribuzione di Andrea è una spesa implicita, definita COSTO IMPUTATO.
Nel caso in cui, ad esempio, Andrea avesse un capannone di proprietà per svolgere l’attività allora non
dovrebbe affittare il locale e non avrebbe 24000€ di spesa. In quel caso il costo-opportunità è
rappresentato dal valore stimato del capannone se fosse stato ceduto in affitto a terzi e non utilizzato da
Andrea stesso.
C’è poi anche il concetto di spesa/costo irrecuperabile, ossia la/il spesa/costo per un fattore produttivo
che, una volta sostenuta, non può essere recuperata in alcun modo. ( se ho un canone leasing,
indipendentemente se utilizzo o meno l’oggetto del contratto comunque pagherò. Es: sottoscrivo un
canone leasing per un’automobile dal costo di 1000€ mensili; se un mese utilizzo l’auto solo per 300€,
allora 700€ sono per me una spesa irrecuperabile).
RICAVO TOTALE
Si definisce ricavo totale la somma complessiva che l’impresa ottiene dalla vendita dei suoi output.
Curva di domanda dell’impresa: scheda che indica la quantità domandata del bene prodotto da una
singola impresa in corrispondenza di ciascun prezzo.
CURVA DEL RICAVO TOTALE: indica la relazione tra il volume di produzione di un’impresa e i ricavi
corrispondenti (cioè tra i ricavi ottenuti dall impresa e la quantità che essa produce e vende).
RT= P*Q
Q (in migliaia) P RT
0 0 0
1 6 6000
2 5,67 11340
3 5,33 15990
4 5 20000
… … …
7 4 28000
COSTO TOTALE
Si definisce costo totale di produzione della quantità x è la spesa minima che l’impresa deve sostenere
per produrre x unità.
CURVA DI COSTO TOTALE: indica la relazione tra il costo totale che l’impresa deve sostenere e la
quantità che essa produce (cioè relazione tra volume di produzione di un’impresa e il costo totale
corrispondente).
Q (in migliaia) Ct
1 5000
2 8000
3 10000
… …
7 17500
Per osservare l’andamento del costo totale dobbiamo ipotizzare che alcuni fattori rimangono costanti:
• Prezzo dei fattori produttivi;
• Tecnologia;
• Caratteristiche del prodotto.
MASSIMIZZAZIONE DEL PROFITTO
Come già detto la massimizzazione del profitto è l’obiettivo massimo dell’impresa e abbiamo detto
anche che il profitto economico è dato dalla differenza tra ricavi totali e costi totali.
𝝅 = 𝑹𝒕 − 𝑪𝒕
Andando a sovrapporre curva del costo totale e curva dei ricavi totali, otteniamo il profitto.
Il profitto è il segmento che unisce i due punti che esprimono la stessa quantità sulla curva dei costi
totali e sulla curva dei ricavi totali.
Nel nostro caso abbiamo A(1000;6000) sulla curva dei ricavi totali e B(1000;5000) sulla curva dei costi
̅̅̅̅.
totali. Il profitto è dato dal segmento 𝐴𝐵
La FUNZIONE DI PROFITTO è la rappresentazione grafica o algebrica della relazione tra il volume della
produzione di un’impresa e il suo profitto economico.
Fondamentali sono i concetti di costo marginale e ricavo marginale.
Il ricavo marginale è la variazione del ricavo totale conseguente alla vendita di un’unità aggiuntiva di
prodotto (si può definire anche come il ricavo aggiuntivo derivante dall’ultima unità venduta).
∆𝝅 ∆𝑹𝒕 ∆𝑪𝒕
Visto che 𝝅 = 𝑹𝒕 − 𝑪𝒕 avremo quindi che = −
∆𝑸 ∆𝑸 ∆𝑸
ESEMPIO DI CALCOLO
Y Rt Rmg Ct Cmg Profitto
0 0 0 0 0 0
1 6000 6000 5000 5000 1000
2 11340 5340 8000 3000 3340
3 15990 4650 10000 2000 5990
4 20000 4010 11000 1000 9000
5 23350 3350 12500 1500 10850
6 25980 2630 14500 2000 11480
MASSIMIZZAZIONE DEL PROFITTO
La domanda che ci dobbiamo sempre porre è: “quanto devo produrre per massimizzare il profitto?”
Per massimizzare i profitti un'impresa dovrebbe espandere la produzione fino al punto in cui la distanza
verticale tra la curva di ricavo totale e la curva di costo totale sia massima.
In quel punto le due curve hanno la stessa inclinazione.
In corrispondenza del massimo profitto Rm=Cm.
In corrispondenza di Q* la
distanza tra le due curve è massima,
quindi il profitto è massimo.
La REGOLA DEL PROFITTO MARGINALE sostiene che l’impresa deve espandere la sua produzione
fino a quando il ricavo marginale coincide con il costo marginale; in quel punto il profitto marginale è
nullo.
𝚫𝝅 ∆𝑹𝒕 ∆𝑪𝒕
= − = 𝑹𝒎 − 𝑪𝒎 = 𝟎
∆𝐐 ∆𝑸 ∆𝑸
All'impresa conviene:
• aumentare la produzione quando Rm > Cm;
• diminuire la produzione quando Rm < Cm.
La REGOLA DELLA CESSAZIONE DELL'ATTIVITÀ definisce che all'impresa conviene dismettere l'attività
produttiva quando il ricavo medio è inferiore al suo costo medio.
LA TECNOLOGIA
• La funzione di produzione indica la quantità massima di output che l'impresa può produrre data
una determinata combinazione di input (cioè i fattori produttivi disponibili).
• La produzione totale massima che l'impresa può ottenere, data una certa quantità di input,
viene anche definita prodotto totale di L e K.
• È la tecnologia a determinare la quantità di output che è possibile ottenere, dato un insieme di
input.
• L'impresa opera in maniera tecnicamente efficiente, cioè cerca di ottenere la maggior quantità
di prodotto dati gli input.
LEGENDA
La funzione di produzione formalmente è: Qt=Ft(Kt,Lt). Kt: stock di capitale al tempo t;
Lt: flusso di lavoro al tempo t;
Qt: output al tempo t;
Ft(): funzione di produzione al
tempo t .
Costruiamo una tabella per rappresentare la relazione tra i fattori produttivi e l’output prodotto.
Poiché consideriamo solamente 2 fattori produttivi (input) e stiamo analizzando il breve periodo,
possiamo dire che un fattore è fisso (K) ed uno è variabile (L).
La funzione produzione con un solo fattore variabile è la seguente:
̅ ; 𝑳)
Q=f(𝑲
K è fisso
L è variabile
Q=F(K;L)
Il punto A (2;4) e il punto B (8;1) mi danno lo
stello livello di produzione (Q=16), si trovano
infatti sullo stesso isoquanto.
10
RICAPITOLANDO:
• la funzione di produzione nel breve periodo ha solitamente 1 input fisso (K) e uno variabile(L);
• nel lungo periodo tutti i fattori sono variabili;
• Nel lungo periodo la funzione di produzione è Q=F(K;L);
• Per lo studio grafico della funzione di produzione utilizzo gli isoquanti e la mappa di isoquanti;
• L’isoquanto rappresenta tutte le combinazioni di fattori produttivi che garantiscono lo stesso
livello di prodotto;
• La mappa di isoquanti rappresenta un insieme di isoquanti a ciascuno dei quali corrisponde un
livello costante di prodotto.
PROPRIETA’ DELLA FUNZIONE DI PRODUZIONE
PAROLE CHIAVE
• prodotto totale (o Prodotto) misura la quantità di output prodotto dagli input
𝑸 = 𝑭(𝑳)
• prodotto medio di un fattore (AP): rapporto tra prodotto totale e la quantità di input utilizzata
per produrre l’output
𝑄 𝐹(𝐿)
𝐴𝑃 = =
𝐿 𝐿
• prodotto marginale di un fattore (MP): variazione dell’output determinata da una variazione
unitaria dell’input, tenendo costante l’impiego degli altri fattori produttivi (quantità addizionale
di beni che l’impresa può produrre utilizzando un’unità aggiuntiva di un fattore)
∆𝑄 𝜕𝐹(𝐿)
𝑀𝑃L= ∆𝐿 = 𝜕𝐿
∆𝑄 𝜕𝐹 (𝐾 )
𝑀𝑃K= ∆𝐾 = 𝜕𝐾
PENDENZA DELLA FUNZIONE DI PRODUZIONE
La pendenza della curva del prodotto totale (1° grafico) è il prodotto marginale del lavoro.
A seconda dell’andamento di MPL possiamo dire se la curva del prodotto totale è costante, aumenta in
modo più che proporzionale o in modo meno che proporzionale all’aumentare degli input.
L
RENDIMENTI MARGINALI CRESCENTI (MP crescente)
Almeno inizialmente la produttività marginale di un fattore molto spesso aumenta con l’aumentare della
quantità che ne viene impiegata, ceteris paribus.
Ogni volta che il prodotto marginale di un input cresce con l’aumentare della quantità utilizzata, si dice
che la corrispondente tecnologia è caratterizzata da rendimenti marginali crescenti.
(ES: uno studio che fornisce consulenza legale ciascuno avvocato assunto per ricevere 20 clienti al
giorno, indipendentemente da quanti altri avvocati lavorano nello studio pompa quindi il prodotto
marginale del lavoro e 20 consulenze al giorno, qualunque sia il numero di avvocati assunti dall'
impresa.)
RENDIMENTI MARGINALI DECRESCENTI (MPL decrescente)
Una tecnologia è caratterizzata da rendimenti marginali decrescenti se il prodotto marginale di
cofattore diminuisce al crescere della quantità utilizzata di tale fattore.
(ES: un'impresa produce maglioni ed ha 20 macchinari. All'inizio della produzione assume man mano
sempre più lavoratori e all'aumentare dei lavoratori, il numero di maglie aumenta in modo più che
proporzionale all'aumento del fattore lavoro. Arrivato ad un certo quantitativo di produzione, notiamo
che il numero di maglie aumenta in modo meno che proporzionale all'aumentare del numero dei
lavoratori, poiché il livello di capitale (macchinari) è invariato.
RICAPITOLANDO:
Δ𝐾
• La pendenza dell’isoquanto è
Δ𝐿
Δ𝐾
• L’opposto della pendenza dell’isoquanto (− ) è il saggio marginale di sostituzione tecnica
Δ𝐿
(SMST).
• Il SMST indica in quale rapporto un’impresa può sostituire un input con un altro, mantenendo
invariata la quantità di output. (indica in quale rapporto un'impresa può sostituire il fattore
indicato sull'asse delle y (K) con quello indicato sull'asse delle x (L), mantenendo invariato la
quantità di output).
• In altre parole possiamo dire che il SMST misura la quantità addizionale di un fattore (misurato
sull'asse y) necessarie all'impresa per continuare a produrre la stessa quantità di output in
seguito alla riduzione di un secondo fattore produttivo (misurato sull'asse x).
Δ𝐾 −(𝐾𝑔 − 𝐾ℎ)
− =
Δ𝐿 𝐿ℎ − 𝐿𝑔
Il SMST oltre che essere calcolato come rapporto tra variazione di K e variazione di L, può essere
calcolato anche come rapporto tra prodotti marginali.
∆𝐾 𝑀𝑃
SMST →| ∆𝐿 | = 𝑀𝑃 𝐿
𝐾
Come abbiamo già detto il SMST indica in quale rapporto l'impresa può sostituire un input con
un altro, mantenendo invariata la quantità di output.
Quindi se aumenta il fattore L, necessariamente dovrà diminuire (per la stessa quantità) il
fattore K e viceversa.
𝑀𝑃𝐾 ∗ ∆𝐾 = 𝑀𝑃𝐿 ∗ ∆𝐿
∆Q in seguito a ∆K ∆Q in seguito a ∆L
ESERCIZIO
Data una tecnologia Y=K*L, calcola PMgL, PMgK e il SMST quando si impiegano 10 unità di
lavoro e 5 di capitale.
Come cambiano questi valori se l’impresa utilizza 20 unità di capitale invece di 5.
Y=K*L
L=10
K=5
𝜕𝑦
𝑷𝑴𝒌 = = 𝐿 = 10
𝜕𝐾
𝜕𝑦
𝑷𝑴𝒍 = = 𝐾=5
𝜕𝐿
Δ𝐾 𝑃𝑀𝑙 1
𝑺𝑴𝑺𝑻 = − = =−
Δ𝐿 𝑃𝑚𝑘 2
Se il SMST è -1/2 vuol dire che se rinuncio ad 1 unità di lavoro avrò bisogno di ½ unità di
capitale in più per mantenere costante il livello di produzione.
L=10
K=20
𝜕𝑦
𝑷𝑴𝒌 = = 𝐿 = 10
𝜕𝐾
𝜕𝑦
𝑷𝑴𝒍 = = 𝐾 = 20
𝜕𝐿
Δ𝐾 𝑃𝑀𝑙
𝑺𝑴𝑺𝑻 = − = = −2
Δ𝐿 𝑃𝑚𝑘
ESEMPI DI FUNZIONE DI PRODUZIONE
Abbiamo 3 tipologie di funzione di produzione:
• Cobb Douglas:
• Perfetti sostituti:
• Perfetti complementi
COBB DOUGLAS
• La forma generica è 𝒀 = 𝑲𝜶 𝑳𝟏−𝜶
• Isoquanti hanno un andamento convesso rispetto all’origine;
• Il SMST non è costante, ma decrescente.
PERFETTI SOSTITUTI
Si ha la funzione di produzione perfetti sostituti quando due fattori sono perfettamente sostituibili fra
loro.
• la forma generica è Y=K+L
• il SMST è costante (poiché entrambi i prodotti marginali - rispetto a K e rispetto a L- sono
costanti)
• gli isoquanti sono rette parallele.
G
B
ESEMPIO: un’azienda di trasporti può usare per i suoi autocarri due tipi di alimentazione, gas e benzina.
Gas= G Benzina= B Y= Km percorsi
La funzione di produzione è Y=10G+5B (è una funzione lineare)
PMG= 10
Costanti, quindi il SMST è costante
PMB= 5
𝑷𝑴𝑩 𝟓 𝟏
SMST= 𝑷𝑴𝑮 = 𝟏𝟎 = − 𝟐
Significa che per avere un’unità in più di B devo rinunciare a ½ G.
Δ𝐺 1 1 1
=− ∆𝐺 = − ∆𝐵 ∆𝐺 = − (+1) ∆𝐺 = −1/2
Δ𝐵 2 2 2
ESEMPIO 2
Ho la funzione di produzione Y=2K+L
PMK=2
PML=1
SMST= -1/2
Se ho la tecnica A(1;4) il livello di produzione è 9 (2*4+1).
Se l’impresa vuole ridurre di un’unità il capitale e rimanere invariato il lavoro si troverà nella tecnica
A’(1;3) e ovviamente il livello di produzione sarà 7. Ci troviamo quindi su due isoquanti diversi.
Se da A l’impresa vuole ridurre il capitale ma rimanere sullo stesso isoquanto allora dovrà aumentare il
lavoro di 2. Lo capisco dal SMST:
Δ𝐾 1 1 1
SMST=-1/2 → = −2 ∆𝐾 = − 2 ∆𝐿 − 1 = − 2 ∆𝐿 ∆𝐿 = 2
Δ𝐿
Quindi da A(1;4) passo ad A’’(3;3) perché diminuisco K di 1 e compenso questa perdita con 2 unità aggiuntive
di L.
PERFETTI COMPLEMENTI
Si ha la funzione di produzione perfetti complementi quando i fattori non sono sostituibili fra loro
C M Y
2 4 1
1 4 1 Rispetto rapporto ottimale di utilizzo
2 8 2 Rispetto rapporto ottimale di utilizzo
1 1 ¼
1 2 ½
2 3 ¾
3 12 3 Rispetto rapporto ottimale di utilizzo
RENDIMENTI DI SCALA
• Il livello dei rendimenti di scala è il tasso al quale il volume di produzione aumenta quando
l'impresa accresce la quantità impiegata di tutti gli input nella stessa proporzione;
• è un concetto applicabile esclusivamente al lungo periodo
• costituiscono un elemento fondamentale nel determinare la struttura di un’industria.
La domanda che ci dobbiamo porre è: “come varia il livello produttivo degli impresa quando tutti i fattori
produttivi variano nella stessa proporzione?”
3. confrontando le due espressioni 𝜆𝑓(𝐾; 𝐿) e 𝑓(𝜆𝐾; 𝜆𝐿) possiamo definire i rendimenti di scala:
In altre parole: si parla di rendimenti di scala costanti quando il prodotto totale cresce esattamente nella
stessa proporzione in cui viene aumentata la quantità di tutti i fattori produttivi.
ESEMPIO:
Moltiplicando i fattori per 𝝀 avrò la funzione di produzione 𝑦 ′ = ( 𝝀𝑲) + 10( 𝝀𝑳)= 𝝀 (𝑲 + 𝟏𝟎𝑳)
Produzione iniziale 𝑦̅
ESEMPIO 2:
Y=4L+8K
ESEMPIO:
F(L;K)= L*K
La situazione più favorevole per l'impresa è quella dei rendimenti di scala crescenti poiché:
• se raddoppio l'input avrò un output più che doppio;
• volendo raddoppiare la produzione dovrò aumentare gli input “meno del doppio” e quindi non
dovrò raddoppiare i costi (la funzione costo cresce in modo meno che proporzionale
all'aumentare della produzione; è concava)
LE FUNZIONI DI COSTO
Come sappiamo un determinato volume di produzione può essere ottenuto con diverse combinazioni di
fattori. Ogni combinazione di fattori ha un diverso costo e l’impresa sceglierà quella meno costosa.
La funzione di costo individua il costo minimo per produrre una determinata quantità di output: C(y).
La funzione di costo è il legame tra la quantità prodotta e il costo minimo per produrla.
• Costo variabile (VC): l’impresa lo sostiene in misura variabile a seconda del livello di produzione.
VCQ=wL1 W= salario
• Costo totale breve periodo (TC): è la somma del costo fisso e del costo variabile
TC = FC+VCQ = rk0+wL1
Quando il fattore fisso non ha un costo opportunità (cioè non può essere destinato ad un utilizzo
alternativo migliore) perché la spesa sostenuta per il suo acquisto è effettivamente irrecuperabile, allora
non può essere considerato un costo economico.
Nel breve periodo, il COSTO ECONOMICO TOTALE comprende solo i costi variabili (che hanno il costo
opportunità).
Il costo economico totale di breve periodo (CSR sr=short run, breve periodo) è la spesa totale (misurata
in termini di costi-opportunità, quindi non comprende spese irrecuperabili) necessaria a produrre una
certa quantità di beni nel breve periodo.
Per calcolare il costo economico totale di breve periodo di un volume della produzione devo:
1. Tracciare l’isoquanto corrispondente al volume della produzione di cui vogliamo calcolare il
costo totale di breve periodo;
2. Indicare sull’asse verticale la quantità fissa di capitale di cui l’impresa dispone nel breve periodo
e tracciare una linea;
3. Individuare il punto dell’isoquanto intersecato con la retta che indica la quantità di capitale (es
punto A);
4. Moltiplicare la quantità di lavoro corrispondente al punto A per il salario, così da ottenere il
costo totale di breve periodo.
Il costo economico totale di breve periodo è il costo variabile di breve periodo sono sinonimi. Infatti:
• il costo economico totale di breve periodo è la spesa totale minima (misurata in termini di
costi-opportunità, quindi costi variabili) necessaria a produrre una certa quantità di beni nel
breve periodo;
• il costo variabile di breve periodo è il costo che l'impresa deve sostenere per l'acquisto dei
fattori variabili nel breve periodo.
Si definisce costo totale di breve periodo la somma dei costi variabili e fissi di breve periodo.
Se questo si trova al di sotto o al di sopra del ricavo medio, l'impresa può valutare se le decisioni assunte
in passato rimangono valide.
La curva del costo totale di breve periodo dell’impresa è crescente, perché per produrre una quantità
maggiore, l'impresa dovrà utilizzare una maggiore quantità di input.
ESEMPIO: un’impresa che produce auto utilizza ROBOT (200€) e LAVORO (100€).
• I robot sono un fattore fisso e l’azienda dispone di 220 unita. Ipotizziamo che non possono
essere utilizzati se non nell’azienda e che quindi non hanno un costo-opportunità; sono quindi
una spesa irrecuperabile.
• Il costo totale minimo è maggiore dei ricavi (144000-120000) e si ha una perdita di 24000€.
• Il costo economico totale è minore dei ricavi (100000) e avrà un utile di 20000€
(Se decide di non produrre comunque deve sostenere una spesa irrecuperabile di 44000€.)
QUINDI:
• Spese irrecuperabili= 44000€
• Costi variabili= 100000€
• Ricavi= 120000€
COSTO TOTALE MINIMO=144000€
COSTO ECONOMICO TOTALE= 100000€
RT-CT=120000-144000= -24000
Se chiude impresa deve comunque sostenere la spesa irrecuperabile di 44000€ (abbiamo ipotizzato che i
robot non avessero costo-opportunità).
RT- COSTO EC. TOTALE = 120000-100000=20000€ (cioè l’impresa riesce a ricoprire abbondantemente i
costi variabili)
ALL’IMPRESA CONVIENE CONTINUARE A
PRODURRE
IPOTIZZIAMO invece che i robot possono essere venduti ricavando €40.000 (cioè hanno un costo
opportunità).
Le spese irrecuperabili sono €4000
COSTO ECONOMICO TOTALE= 140000€ (100000+40000)
TEORIA:
Il costo economico aumenta con il livello di produzione (se si vuole produrre di più aumenta il costo
economico perché aumentano i lavoratori).
• Se lo stock di k a disposizione è più elevato, per ogni livello di Y il numero di lavoratori si riduce,
quindi la funzione di costo è più bassa.
• se lo stock di K a disposizione è più basso, per ogni livello di Y il numero di lavoratori aumenta,
quindi la funzione di costo è più alta.
A(180;100000) C(y=180)=100*1000=100000
B(2201,130000) C(y=220)= 100*1300=130000
C(280;200000) C(y=280)= 100*2000= 200000
Se un’impresa ha la stessa tecnologia dell’impresa della quale abbiamo appena rappresentato la curva
del costo totale, ma ha la metà del capitale (110 robot) avremo una curva dei costi totali più alta, poiché
spenderà di più per il fattore lavoro (ovviamente facciamo riferimento ad uno stesso livello di
produzione) ed avrà spese irrecuperabili minori (200*110).
COSTO MARGINALE di BREVE PERIODO (MC)
Misura la variazione del costo totale di breve periodo a seguito della produzione di unità aggiuntiva di
output.
• Nel breve periodo può variare solo il fattore variabile, quindi il costo marginale è dovuto solo
all'incremento del fattore variabile.
• E’ misurato dalla pendenza della curva di costo totale di breve periodo.
𝜕𝑉𝐶𝑞1
• analiticamente è la derivata del costo totale. 𝑀𝐶𝑞1 =
𝜕𝑄1
Il costo marginale del fattore è la somma aggiuntiva di denaro che l'impresa deve spendere per un
determinato fattore della produzione, quando utilizza un'unità in più di quel fattore.
Ipotizziamo che il costo marginale del fattore lavoro sia costante e pari al salario w.
𝟏
𝑴𝑪 = ∗𝒘
𝑷𝑴𝒈𝑳
Il Costo Marginale è ∆𝐿 ∗ 𝑤
1 1
∆𝐿 = = (𝑠𝑖𝑔𝑛𝑖𝑓𝑖𝑐𝑎 𝑐ℎ𝑒 𝑝𝑒𝑟 𝑝𝑟𝑜𝑑𝑢𝑟𝑟𝑒 𝑢𝑛′𝑢𝑛𝑖𝑡à 𝑖𝑛 𝑝𝑖ù 𝑑𝑖 𝑜𝑢𝑡𝑝𝑢𝑡 𝑚𝑖 𝑠𝑒𝑟𝑣𝑒 1/20 𝑙𝑎𝑣𝑜𝑟𝑎𝑡𝑜𝑟𝑒 𝑖𝑛 𝑝𝑖ù)
𝑃𝑀𝑔𝐿 20
1
𝐶𝑀𝑔 = ∗ 100 = 5€
20
• PMgL DECRESCENTE
Se il PMgL è decrescente allora il CMg è crescente
𝟏
Infatti il CMg è ∗ 𝒘, se il PMgL diminuisce, il rapporto aumenta.
𝑷𝑴𝒈𝑳
• PMgL COSTANTE
Se il PMgL è costante allora il CMg è costante
RICAPITOLANDO:
COSTO MEDIO
Il costo medio di breve periodo è pari al costo economico totale di breve periodo diviso per il numero di
unità prodotte (si indica con l'abbreviazione ACSR).
Il costo medio non è altro che il costo unitario di produzione: CT/Y.
• Costo medio fisso (AFC): pari al rapporto tra il costo fisso e la quantità prodotta;
𝒓𝑲𝟎
𝑨𝑭𝑪 =
𝑸
• Costo medio variabile (AVC): pari al rapporto tra il costo variabile e la quantità prodotta
𝒘𝑳𝟏
𝑨𝑽𝑪 =
𝑸
• costo medio totale (ATC): pari al rapporto tra il costo totale la quantità prodotta
𝒓𝑲𝟎 + 𝒘𝑳𝟏
𝑨𝑻𝑪 = 𝑨𝑭𝑪 + 𝑨𝑽𝑪𝒒 =
𝑸
• costo marginale (MC): corrisponde alla variazione del costo totale a seguito della produzione di
un'unità aggiuntiva di output.
ESEMPIO:
L'impresa che esaminiamo si occupa di architettura di giardini, ha un numero fisso di macchine per
giardinaggio, pari a 2 e ogni macchina costa 1.500 € ; il salario e 1.000 €. Completare la tabella
considerando le macchine come spesa irrecuperabile.
Y/L L/Y
I rendimenti marginali
sono CRESCENTI e il CMg
è decrescente. La
funzione di costo è
CONCAVA.
Se il prodotto marginale del lavoro è crescente man mano che l'impresa espande la produzione ha
bisogno di una quantità sempre minore di lavoro per ogni unità aggiuntiva di prodotto. Poiché ogni
successiva unità di prodotto richiede meno lavoro rispetto alle unità precedenti, la quantità media di
lavoro per unità prodotta diminuisce man mano che aumenta la produzione totale.
Quindi:
• quando la tecnologia dell’impresa è caratterizzata da rendimenti marginali crescenti qualunque
sia il livello di produzione, il costo medio di breve periodo diminuisce con l'aumentare della
quantità prodotta;
• quando la tecnologia dell’impresa è caratterizzata da rendimenti marginali decrescenti
qualunque sia il livello di produzione, il costo medio cresce con l'aumentare della quantità
prodotta.
Come abbiamo già visto distinguiamo:
• costo medio totale di breve periodo definito come costo totale di breve periodo diviso per il
numero di unità prodotte;
• costo medio fisso di breve periodo definito come costo fisso di breve periodo diviso per le unità
prodotte.
La differenza tra il costo medio di breve periodo e il costo medio totale è pari al costo medio fisso di
breve periodo.
Poiché il costo medio fisso decresce all'aumentare del livello di produzione, il costo medio totale di breve
periodo e il costo medio di breve periodo si avvicinano all'aumentare del livello di produzione.
Da 0 a 5 il AC è decrescente, quindi il
PMg del fattore è crescente. Il CMg è
decrescente.
AC>CMg
Da 6 a 7 il AC e crescente, quindi il
PMg e decrescente. Il CMg è
crescente.
AC>CMg
Esistono delle relazioni tra costo marginale e costo medio:
• ogni volta che il costo marginale è inferiore al costo medio, quest'ultimo diminuisce
[ES: quando una produzione aumenta da due a tre unità, il costo marginale, pari a 600, è
inferiore al costo medio delle prime due unità (900) così che il costo medio scende a 800 € in
corrispondenza di tre unità];
• Ogni volta che il costo marginale è superiore al costo medio, quest'ultima aumenta
[ES: quando la produzione cresce da 5 a sei unità, il costo marginale (1.000 € ) è maggiore del
costo medio (700 € ), così che il costo medio sale a 750 € in corrispondenza di sei unità].
Queste relazioni si realizzano ogni volta che confrontiamo valori marginali e valori medi ottenuti dagli
stessi valori totali.
In un'impresa:
• quando il costo dell'ultima unità (unità marginale) è inferiore al costo medio delle unità
precedenti, esso fa diminuire la media (la curva del costo medio decresce);
• quando il costo dell'unità marginale è maggiore del costo medio delle unità precedenti, la sua
inclusione nel calcolo della media fa aumentare il costo medio di produzione (la curva del costo
medio cresce).
Come possiamo vedere la curva del costo medio è decrescente prima di intersecare la curva del costo
marginale, dopo di che diventa crescente. La curva del costo marginale di breve periodo interseca la
curva del costo medio di breve periodo nel suo punto minimo.
BREVE E LUNGO PERIODO
Nel breve periodo la presenza di fattori in quantità prefissate limita la scelta del mix ottimale: per dato
output c’è un solo possibile livello del fattore variabile.
Nel lungo periodo tutti i fattori sono variabili e il mix ottimo deriva dalla minimizzazione vincolata
tangenza tra isoquanto e isocosto.
Per massimizzare il suo profitto l'impresa deve scegliere una combinazione di input economicamente
efficiente (è così definita la combinazione di fattori che ha il costo opportunità più basso, tra tutte quelle
che possono essere utilizzate per ottenere il volume di produzione desiderato).
LA RETTA DI ISOCOSTO
• Individua tutte le combinazioni di lavoro e capitale che generano un dato livello di costi.
𝐶 = 𝑟𝐾 + 𝑤𝐿
• Al variare di C si ha una mappa di isocosti: le rette più lontane dall’origine individuano livelli di
costi maggiori;
• Possiamo rappresentare la retta di isocosto sul piano K,L riscrivendola nel modo seguente:
𝐶 𝑊
𝐾= − 𝐿
𝑟 𝑟
• La pendenza dell’isocosto (sempre negativa) è data dal valore assoluto di w/r e indica il prezzo
relativo del lavoro rispetto al prezzo del capitale (è il rapporto tra i prezzi dei fattori);
• La mappa degli isoquanti è l’intera famiglia di linee di isocosto, corrispondente a una coppia di
prezzi dei due fattori produttivi.
• Il singolo punto della retta di isocosto indica una combinazione di K e L che generano un dato
livello di costo (cioè un mix produttivo che indica le quantità di input usate dall’impresa)
A(500; 1400)
B(2500; 100)
C(0;1500)
E(3000;0)
A-B-C-E sono sullo stesso isocosto quindi sono
combinazioni diversi dei due fattori che
generano lo stesso livello di costo
𝑪
quantità massima di K che l'impresa può acquistare sostenendo il prezzo r.
𝒓
𝑪
quantità massima di L che l’impresa può acquistare sostenendo il prezzo w.
𝒘
400 10 1
1. 400=10L+20K → 𝐾= − 𝐿 → 𝐾 = 20 − 𝐿
20 20 2
800 10 1
2. 800=10L+20K → 𝐾= − 𝐿 → 𝐾 = 40 − 𝐿
20 20 2
1600 10 1
3. 1600=10L+20K → 𝐾= − 𝐿 → 𝐾 = 80 − 𝐿
20 20 2
I 3 isocosti hanno la stessa pendenza ma hanno diversa intercetta verticale (indica la quantità massima
che l’impresa può acquistare sostenendo il prezzo r, ipotizzando quindi una combinazione di fattori che
contenga solo il fattore capitale).
Utilizziamo le linee di so posto per individuare la combinazione di fattori ottimale nel lungo periodo, cioè
quella che consente di ottenere un determinato volume di produzione al minor costo possibile.
ESEMPIO:
w=100
r=200
Y=200
Y=KL
PMgL w K 1 1
= → = → K= L
PMgK r L 2 2
1
1 K= L 1
K= L 2 K= L K = 10
{ 2 → { 1 → { 2 → {
200 = KL 200 = 2 L2 L2 = 400 L = 20
E(20;10)
ISOCOSTO→ C=100L+200K→ C=100(20) + 200(10) =4000
La condizione di tangenza può essere espressa anche come:
𝑷𝑴𝒈𝑳 𝑷𝑴𝒈𝑲
=
𝒘 𝒓
A sinistra c'è la quantità aggiuntiva di prodotto per ogni euro aggiuntivo speso in input di lavoro; a
destra c'è la quantità aggiuntiva di prodotto per ogni euro aggiuntivo speso in input di capitale.
PMgL PMgK
Come abbiamo visto la combinazione ottimale rispetterà sempre questa uguaglianza ( = ).
w r
Nel caso in cui non fosse rispettata, allora vorrà dire che l’impresa non sta utilizzando la combinazione
ottimale.
PMgL PMgK
• Se > all'impresa conviene incrementare il fattore L, così da riequilibrare la
w r
combinazione.
PMgL PMgK
• Se < all'impresa conviene incrementare il fattore K per riequilibrare la
w r
combinazione.
ESEMPIO:
w=100
r=200
y=200
PMgK=0,3
PMgL=0,1
PMgK 0,3
= = 0,0015
r 200
PMgL 0,1
= = 0,001
w 100
𝑷𝑴𝒈𝑲 𝑷𝑴𝒈𝑳
>
𝒓 𝒘
All’impresa quindi conviene incrementare il fattore K.
STATICA COMPARATA
La combinazione ottimale come abbiamo già detto, ci consente di produrre al minimo costo.
La scelta ottima varia se varia:
• Prezzi dei fattori
• Livello di produzione
• Tecnologia
• Caratteristiche del prodotto
• Se aumenta il prezzo del Lavoro (w) l’intercetta orizzontale dell’isocosto si sposta verso l’origine
e cambia la pendenza, che aumenta (l’isocosto diventa più ripido);
• se diminuisce il prezzo del Lavoro (w) l’intercetta orizzontale dell’isocosto si sposta verso destra
e la pendenza si riduce.
TECNOLOGIA
Se si inventa un metodo più efficiente per produrre, diminuirà la quantità utilizzata sia di K che di L.
Ciò non avrà effetto sugli isocosti, poiché il prezzo dei fattori rimane invariato, ma avrà effetti
sull’isoquanto che si collocherà su un isocosto più basso.
Tracciando una serie di isoquanti che esprimono livelli di produzione diversi e unendo i punti in cui sono
tangenti alle linee di isocosto, otteniamo il sentiero di espansione.
Il sentiero di espansione è la curva che indica le combinazioni di input ottimali nel lungo periodo al
variare del volume, ceteris paribus.
Essa si ottiene dal sentiero di espansione: dati i prezzi dei fattori, il mix ottimo per ogni livello di output
ci dice anche il costo minimo per ogni livello di output.
Ritorniamo alla statica comparata e in particolar modo al caso della VARIAZIONE DEL PREZZO DI UNO
DEI FATTORI:
Come abbiamo già detto, la curva di costo totale di lungo periodo individua il livello minimo di costo per
ciascun possibile livello di output, dati i prezzi dei fattori.
Dal costo totale di lungo periodo possiamo ottenere il costo marginale di lungo periodo e il costo medio
di lungo periodo.
Il costo marginale di lungo periodo è la variazione del costo totale di lungo periodo conseguente alla
produzione di un’unità in più.
Il costo medio di lungo periodo è il rapporto tra il costo totale di lungo periodo e le unità prodotte.
La domanda che ci poniamo è: “di quanto aumentano i costi se si vuole aumentare la produzione?”
Quindi:
ECONOMIA DI SCALA CRESCENTE → AC DECRESCE
ECONOMIA DI SCALA DECRESCENTE → AC CRESCE
ECONOMIA DI SCALA COSTANTE → AC COSTANTE
Ci sono poi le economie di scopo: quando è più conveniente produrre due prodotti insieme all'interno di
un'impresa anziché separatamente in due imprese specializzate, si dice che i costi presentano economie
di scopo.
ESERCIZIO:
Determina la combinazione ottima dei fattori, il costo minimizzato e la funzione di costo sapendo che:
𝑌 = 𝐿1/2 𝐾 1/2
Y=100
w=4
r=16
1
𝐾 4 𝐾= 𝐿 𝐾= 𝐿
1
𝐾= 𝐿
1
= 4
4 4
{ 𝐿 16 →{ 1
→ { 1 1/2 → { 1
1/2
100 = 𝐿1/2 𝐾1/2 100 = 𝐿1/2 √ 𝐿 100 = 𝐿
2
𝐿 100 = 𝐿
2
4
𝐾 = 50
→ {
𝐿 = 200
C(y)= 4(2y)+16(1/2y)
C(y)=8y+8y
C(y)=16y
Se ho y=100 C(y)=16*100=1600
AC costante: economia di scala costante
Se ho y=200 C(y)=16*200=3200
ESERCIZIO 2:
L’IMPRESA IN CONCORRENZA
Il mercato perfettamente concorrenziale è caratterizzato da tante piccole imprese definite price taker.
L'impresa prices taker non ha potere di mercato e non fa il prezzo, cioè prende il prezzo come per dato.
L'impresa prices taker:
• non influenza il prezzo né sul mercato dell'output, né sul mercato degli input:
può vendere la quantità di output che desidera al prezzo di mercato;
può acquistare la quantità di input di cui necessita al prezzo di mercato.
Nell'impresa price taker il prezzo è una costante (indichiamolo con p*). Esso si determina
dall’intersezione tra curva di domanda aggregata e curva di offerta aggregata.
• RICAVO TOTALE= 𝑝 ∗ × 𝑞
Δ𝑅𝑡 𝜕𝑅𝑡
• RICAVO MARGINALE= = (e l'incremento dei ricavi dalla vendita di unità in più venduta)
Δ𝑞 𝜕𝑞
Poiché il prezzo è costante, nell’impresa price taker il ricavo marginale e il ricavo medio sono uguali e
corrispondono al prezzo.
RMg=RM=p*
CURVA DI DOMANDA PER L’IMPRESA PRICE TAKER ≠ CURVA DI DOMANDA DI MERCATO
La curva di domanda di mercato non è coperta solo da un produttore, ma dalla quantità prodotta da
tante piccole imprese
• Osservando la domanda per l’impresa price taker possiamo notare che essa corrisponde alla
curva del ricavo medio e marginale.
• Se l’impresa vendesse ad un prezzo > di p* non venderebbe nulla e la domanda sarebbe una
retta parallela all’asse delle y;
• Se l’impresa vendesse ad un prezzo < di p* allora tutti i clienti acquisterebbero da lei e non
avrebbe una tale capacità produttiva.
Ad un prezzo pari a p* l'impresa può vendere tutto ciò che desidera, poiché q<Q* (cioè la quantità
prodotta da lei e inferiore della quantità richiesta totalmente dal mercato).
MASSIMIZZARE IL PROFITTO
L'obiettivo delle imprese price taker è quello di massimizzare il proprio profitto economico (per profitto
economico intendiamo la differenza tra ricavi totali e costi economici totali).
Il ricavo totale è dato dalla somma dei pagamenti ottenuti dall'impresa dalla vendita dell'output (Q*P).
Graficamente per massimizzare il profitto, l'impresa deve massimizzare la distanza tra la curva dei ricavi
totali e la curva dei costi totali (che deriva da un processo di minimizzazione dei costi).
l’area del rettangolo che ha per base Q* e per altezza 280 è il costo variabile.
l‘area del rettangolo che ha per base Q* e per altezza 300 è il ricavo.
La differenza tra i due (o meglio tra le due altezze 300-280) mi indica il profitto economico.
Nel lungo periodo devo considerare anche i costi fissi (spese irrecuperabili) quindi avrò una curva del
costo medio più alta (ACSR+AFC):
RICORDA:
se il prezzo di mercato risulta:
• superiore rispetto al punto minimo dei costi variabili
• inferiore rispetto ai costi medi totali
all’impresa conviene continuare a produrre, pur realizzando un profitto negativo, poiché se
interrompesse la produzione, incorrerebbe in una perdita maggiore. (nel nostro caso possiamo vedere
CURVA DI OFFERTA NEL BREVE PERIODO
Per costruire la curva di offerta di breve periodo di un'impresa in concorrenza, bisogna semplicemente
applicare le due regole per la massimizzazione del profitto. Innanzitutto rappresentiamo la curva del
costo marginale e la curva del costo medio di breve periodo dell'impresa; il loro punto di intersezione
indica il prezzo (p*).
P* è il valore minimo del costo medio di breve periodo dell'impresa (ricordiamo che il costo marginale
incontra il costo medio nel suo punto minimo).
La curva di offerta dell'impresa di breve periodo corrisponde al tratto crescente della curva del costo
marginale al di sopra della curva del costo medio variabile.
➢ Nel tratto GIALLO l’impresa non ha convenienza a produrre poiché in corrispondenza di quel
tratto (Cmg<Cme) avrò che il Rme(p*) è minore del Costo medio.
In corrispondenza di qualunque prezzo inferiore al valore minimo del costo medio di lungo periodo,
l'offerta è pari a zero.
LA DOMANDA DEI FATTORI
Dopo aver esaminato il comportamento di un'impresa in concorrenza nel mercato del prodotto,
passiamo ad analizzare le sue decisioni riguardo alla domanda dei fattori.
La domanda di input dipende dalla domanda del bene finale che consente di produrre. Per questo
motivo la domanda di un fattore viene definita domanda derivata.
Si definisce domanda derivata la domanda di un input da parte di un'impresa perché dipende, o deriva,
dall'offerta del bene che l'impresa produce.
L'impresa è price taker anche nel mercato di input. La domanda che ci poniamo è: come determina la
domanda dei di input?
Nel breve periodo, ricordiamo, la quantità di capitale è predeterminata, quindi l'impresa chiederà solo il
fattore lavoro.
Nel lungo periodo invece, chiede sia il lavoro che il capitale.
Una volta che l'impresa individua la domanda degli input, è determinato anche il livello di produzione.
Abbiamo visto che con la minimizzazione dei costi l'impresa sceglieva il mix ottimale: di fatto la
soluzione che troviamo ora, che punta alla massimizzazione dei profitti, restituisce lo stesso risultato.
Se l'impresa è prices taker sui mercati dei fattori del prodotto,un’unità in più di L:
• aumenta l'output nella misura di PMgL (unità fisica)
• aumenta i ricavi nella misura di p(PMgL) (unità monetaria)
• aumentano i costi nella misura di W
Si definisce ricavo marginale del prodotto l'aumento del ricavo conseguente alla vendita del prodotto
aggiuntivo ottenuto utilizzando un’unità in più di un fattore.
Il ricavo marginale del prodotto (MRPL) è dato dal prodotto di produttività marginale del lavoro per il
prezzo di mercato.
MRPL= p*PmgL
• se RICAVO MARGINALE > COSTO MARGINALE conviene continuare ad assumere
• se RICAVO MARGINALE < COSTO MARGINALE all’impresa conviene non assumere lavoratori
aggiuntivi.
L’impresa che punta a massimizzare il profitto deve applicare la regola per l’utilizzo dei fattori secondo
cui: l’impresa deve scegliere la quantità dei fattori in corrispondenza della quale il costo marginale
coincide con il beneficio marginale.
In questo schema abbiamo ipotizzato che il ricavo marginale (che è uguale al prezzo) è 300 e il salario
(w)è 1200.
Se vale la legge della produttività marginale decrescente, la domanda del fattore lavoro (cioè il nr. di
unità che l’impresa domanda per max i profitti) sarà una curva inclinata negativamente.
Possiamo vedere che se W è alto, dovrò avere (per soddisfare la regola di utilizzo dei fattori) un PMgL
elevato.
Il PMgL è decrescente, quindi sarà elevato quando la q. di lavoro è bassa.
Se W è alto, dovrò avere un PMgL basso (che sarà tale quando la q. di lavoro impiegata è alta).
NB: il salario (W) non è definito dall’impresa, ma dal mercato del lavoro.
Il livello di occupazione si ottiene dall' intersezione della linea del salario e la curva di domanda dei
fattori.
RICAPITOLIAMO: l’impresa deve max il profitto e si chiede quanto L deve usare.
Conosce: p, w e MPgL(dato dalla tecnologia)
Nel breve periodo, il costo marginale è dovuto solo al fattore variabile, cioè L.
Se l’impresa e price taker, il costo marginale di produrre un'unità di output aggiuntiva è w/PMgL
La regola per l'utilizzo dei fattori e quella del profitto marginale indicano lo stesso livello di output.
Per massimizzare i profitti le imprese identifica una quantità di output (Rmg=Cmg) che è la stessa di
ottiene quando usa in maniera ottimale il fattore L.
DOMANDA DI LAVORO E SALARIO: BREVE PERIODO
La domanda di lavoro è inclinata negativamente. Se il salario aumenta, si riduce la domanda del fattore
lavoro.
NB: è uno spostamento della curva del CMg e non uno spostamento lungo la curva.
EFFETTO SCALA E EFETTO SOSTITUZIONE
Nel breve periodo si definisce effetto scala la variazione della quantità domandata di un fattore che si
verifica quando il volume di produzione dell'impresa varia in seguito a un cambiamento del prezzo del
fattore stesso (In altre parole: un aumento del salario aumenta i costi marginali di breve periodo e
riduce la produzione e l'utilizzo di L).
Nel lungo periodo l'impresa può sostituire il fattore lavoro con il fattore K. Si parla di effetto sostituzione
tra fattori.
Si definisce effetto sostituzioni tra fattori la diminuzione della quantità domandata di un fattore dovuta
al fatto che l'impresa lo sostituisce, almeno in parte, con un altro fattore quando il suo prezzo aumenta.
Nel lungo periodo un aumento del prezzo di un fattore non necessariamente genera un effetto scala
negativo.
Nel complesso i due effetti sono negativi poiché la domanda di un fattore è negativamente inclinata.
Δ𝑄% Δ𝑄 𝑝
𝜀𝑚𝑒𝑟𝑐 = → ∗
Δ𝑝% Δ𝑝 𝑄
L'elasticità della domanda di impresa è un concetto simile, che però si riferisce non alla domanda di
mercato, ma a quella dell'impresa.
L'elasticità della domanda di impresa è:
𝜀𝑚𝑒𝑟𝑐 Δ𝑞 𝑝
𝜀𝑖𝑚𝑝 = → ∗
𝑞𝑢𝑜𝑡𝑎 𝑚𝑒𝑟𝑐𝑎𝑡𝑜 Δ𝑝 𝑞
L'elasticità della domanda di impresa è pari a ∞, poiché l'impresa è piccola e quindi ha una quota di
mercato prossima allo 0.
L’EQUILIBRIO CONCORRENZIALE NEL BREVE PERIODO
Per individuare la situazione di equilibrio di breve periodo in un mercato concorrenziale, bisogna
innanzitutto ricavare la curva di offerta di mercato dalle curve di offerta delle singole imprese.
L'OFFERTA DI MERCATO
La curva di offerta di mercato nel breve periodo è la somma orizzontale delle curve di offerta individuali
di ciascuna impresa.
Ad ogni dato prezzo, la curva di offerta di mercato di breve periodo è pari alla somma delle quantità
offerte da tutte le imprese operanti sul mercato a quel prezzo.
Se p=1:
• Offerta singola impresa q=1/3*1 q=1/3
• Offerta di mercato Q=1/3p*10 q=10/3
Se p=2
• Offerta singola impresa q=1/3*2 q=2/3
• Offerta di mercato Q=2/3p*10 q=20/3
ESERCIZIO 3 (imprese IDENTICHE)
Ci sono 100 imprese identiche e l’offerta della singola imprese è Cmg=2q. Determina l’offerta di
mercato.
DOMANDA DI MERCATO
Considerando che i compratori non fanno il prezzo, per costruire la curva di domanda, bisogna sommare
orizzontalmente le curve di domanda dei singoli compratori.
EQUILIBRIO NEL BP
L'equilibrio di mercato di concorrenza perfetta di breve periodo si realizza quando la quantità
domandata eguaglia la quantità offerta.
Dall’intersezione delle curve di domanda di mercato e di offerta di mercato si crea il prezzo di equilibrio,
che per la singola impresa determina la curva di domanda per l'impresa (perfettamente orizzontale).
Nel breve periodo K è fisso, quindi c’è un lasso di tempo in cui non tutte le nuove imprese possono
accedere al mercato dovendo organizzare il quantitativo necessario di K per operare. (si possono
considerare nel breve periodo le imprese in un numero predeterminato).
Osservando il grafico di destra, che mostra la curva di domanda e la curva di offerta, notiamo che la
curva di offerta ha un andamento particolare: prima è piatta e poi diventa crescente.
La curva di offerta è piatta in corrispondenza del costo medio minimo (p1) e quindi il costo medio è
uguale a p e di conseguenza i profitti sono nulli. In quel caso la curva di offerta è piatta perché per
l’impresa, essendo in corrispondenza di p1 il profitto =0, è indifferente entrare o meno nel mercato. (se
ci sono 100 imprese, può entrare 1 impresa, come 2, come 100 o anche 0).
Se p>C medio minimo le imprese avranno un profitto>0 e quindi non è indifferente per loro entrare o
meno. Ovviamente potranno accedere al mercato solo le aziende che dispongono di K necessario.
ESEMPIO
10 imprese hanno K necessario per poter entrare nel mercato e il prezzo di equilibrio è 10.
Se p è 10 le imprese sono indifferenti se entrare o meno (Cme=Rme e il profitto è 0). Può entrare 1
impresa, 2 imprese o tutte e 10. Ovviamente tutte le imprese offriranno 5, poiché è il punto di incontro
tra Costo marginale e p.
Se p diventa 11 le imprese avranno un profitto e quindi vogliono entrare offrendo 6. Poiché le imprese
sono 10 e offrono ciascuna 6 unità, la Q=60.
Se p diventa 12 le imprese entreranno offrendo 7; la Q=70.
ESERCIZIO
In un mercato concorrenziale ci sono 100 imprese identiche, ognuna con la struttura di costo riportata in
tabella a sinistra. Data la curva di domanda di mercato indicata nella tabella a destra, determinare
l'equilibrio di mercato e di impresa.
OFFERTA DI MERCATO
Se P<140 Q=0
Se P=0 Q=0,6,12,18…600 (come abbiamo detto prima se il profitto è 0 per l’impresa è indifferente
accedere o meno al mercato) LA CURVA DI OFFERTA è PIATTA
Se p=180 → Q=700 (7*100)
Se p=230 → q=800
Se p=290 → q=900
EQUILIBRIO DI MERCATO: come sappiamo si ha quando la quantità offerta è uguale alla quantità
venduta.
Nel nostro caso quando p=180 QS=700 e QD=700, quindi vuol dire che si ha equilibrio quando p è 180.
EQUILIBRIO DI IMPRESA:
qs=QS/100=700/100=7 RT=7*180=1260
CT=1020
Profitto= RT-CT=1260-1020=560
EQUILIBRIO NEL LUNGO PERIODO
Nel lungo periodo un'impresa può adeguare la propria dotazione di capitale alle mutate condizioni di
mercato; nuovi imprenditori possono entrare nel mercato qualora intravedano la possibilità di realizzare
profitti e ovviamente venditori che già vi operavano possono uscirne se non ottengono profitti positivi.
Anche in questo caso la curva di offerta si ottiene sommando le curve di offerta dei singoli venditori.
Questi aggiustamenti fanno sì che nel lungo periodo si determina una situazione nella quale:
• il prezzo di equilibrio è pari al valore minimo della curva del costo medio;
• l'output è prodotto al costo unitario più basso possibile;
• al venditore è pagato solo il costo di produzione
• il profitto economico (non contabile) è nullo per tutte le imprese
-Partendo dal prezzo P1 nel grafico a sinistra, vediamo che l'impresa produrrebbe x1 tonnellate di
pomodori e poiché P> COSTO MEDIO, l'impresa otterrebbe un profitto economico (parte colorata).
-Con un prezzo di mercato pari a P1 le imprese verranno attratte dalla prospettiva di ottenere un
profitto economico.
-Per ogni nuova impresa che entrerà nel mercato, l'offerta totale aumenterà in misura pari x1. Avverrà
quindi uno spostamento verso destra della curva dell'offerta che determinerebbe una riduzione del
prezzo di equilibrio nel mercato per un valore inferiore a P1.
-Con la riduzione dei prezzi di mercato, si avrà una riduzione della quantità offerta da ciascuna impresa,
ma poiché aumenta il numero di imprese, l'offerta di mercato aumenta.
L'offerta di mercato di lungo periodo è illimitata per qualunque prezzo superiore al valore minimo del
costo medio di lungo periodo.
-Se il prezzo fosse P2, che è inferiore a P*, il prezzo del prodotto è < al costo medio di produzione.
Di conseguenza alle imprese che già si trovano nel mercato conviene cessare l'attività e alle imprese che
non appartengono al mercato conviene rimanerne fuori.
L'offerta di mercato è pari a zero in corrispondenza di qualsiasi prezzo inferiore al valore minimo del
costo medio di lungo periodo.
I produttori sono disposti a offrire qualunque quantità se il prezzo di mercato è P*, cioè se coincide con
il valore minimo del costo medio di lungo periodo
P1: se il prezzo è P1 nel mercato operano solo 10 imprese, che hanno un profitto economico (parte
evidenziata in gialla nel grafico a sinistra). Ciò rappresenta un incentivo per le altre imprese ad entrare
nel mercato.
Entrano così 5 nuove impresa. In totale nel mercato operano 15imprese che a P1 offriranno q1 ciascuna.
La curva di offerta si sposta a destra (S15) e il punto di equilibrio non è più in P1 ma è in P2.
Le 15 imprese continuano ad avere un profitto e così entrano nel mercato 5 nuove imprese. In totale le
imprese saranno 20.
Le 20 imprese faranno spostare la curva di offerta ulteriormnte a destra (S20) e il prezzo di equilibrio
sarà P3. Continuando ad esserci un profitto decidono di entrare nel mercato 5 nuove imprese. Le
imprese in totale sono 25.
La nuova curva di offerta (S25) incontrerà la curva di domanda nel punto in cui il prezzo di equilibrio
corrisponde al costo medio di produzione (Costo medio minimo). La curva di offerta si appiattisce e
possiamo notare che non entreranno nuove imprese poiché il profitto è NULLO (costo medio=p).
CONDIZIONI DI EQUILIBRIO
BREVE PERIODO LUNGO PERIODO
Regola del profitto marginale P=CmgSR P=CmgLR
Regola per la cessazione
p≥Cmedio p≥Cmedio
dell’attività
Condizione per l’ingresso di NON è possibile
nuove imprese perché K è p>Cmedio minimo
predeterminato
ASPETTI DI WELFARE
Non esiste la possibilità, né per i consumatori né per le imprese, di accordarsi per effettuare scambi
reciprocamente vantaggiosi ad un prezzo diverso da quello nato nell'equilibrio di mercato. Se si
utilizzasse un prezzo diverso da quello di equilibrio, uno dei due soggetti vedrebbe necessariamente il
suo surplus diminuire.
Il Costo Marginale può essere inteso anche come il prezzo minimo a cui l’impresa a disposta a vendere
una determinata quantità di un bene.
Come possiamo notare dal grafico, l’impresa vende la quantità q0 al prezzo P0, pur avendo costi
marginali inferiori per le quantità minori (a sinistra di q0). La differenza tra il prezzo di vendita (Ricavi) e
costi di produzione mi indicano il surplus dell’impresa.
SURPLUS TOTALE
Il surplus totale è la somma del surplus del consumatore e del surplus del produttore.
Può anche essere considerato come la differenza tra disponibilità a pagare e costi di produzione.
Graficamente è dato dalla somma del surplus del consumatore e quello dell’impresa.
Se si riducesse Il volume di
produzione da x1 a xa, il surplus
totale diminuirebbe in misura di
G.
Se si aumentasse Il volume di
produzione da x1 a xb, il surplus
totale aumenterebbe in misura
di J.
GLI EFFETTI DELLE IMPOSTE
Le imposte sul valore aggiunto vengono calcolate generalmente sotto forma di percentuale.
Attualmente la percentuale del 20% per quasi tutti i beni. Un'imposta di questo tipo viene definita
imposta ad valorem.
L’imposta ad valorem è un'imposta il cui ammontare dipende dal valore dei beni o servizi oggetti della
transazione. (es: un bene costa 1€ e c’è la tassazione del 20%, allora il prezzo di vendita finale sarà 1,20€
e i 20 centesimi è l’introito dello Stato). L’IVA è un’imposta ad valorem.
In altri casi le imposte sono riscosse come somma fissa su ogni unità del bene. Un'imposta di questo tipo
prende il nome di accisa, o imposta sulla quantità.
Si definisce accisa un'imposta calcolata come somma fissa per unità del bene su cui grava. (es:
tassazione alla benzina)
L’imposta ad valorem è proporzionale al prezzo del bene, mentre l’accisa è una somma che prescinde
dal prezzo di vendita ed è predeterminata.
L'incidenza di fatto di un'imposta può essere totalmente diversa dalla sua incidenza di diritto; questa
diversità rappresenta il risultato di un processo che prende il nome di traslazione di imposta.
Quando si introduce un’imposta sulle vendite, l’incidenza giuridica è sul venditore, quindi sulla curva di
offerta grava l’imposta. Sarà la curva di offerta a cambiare (prima della tassazione è S, dopo tassazione
è S’).
La curva di offerta come vediamo si sposta verso l’alto in misura della tassazione.
In questo caso si deve pagare un’imposta costante (t) per ogni unità venduta: se il venditore era
disposto a collocare sul mercato la quantità Xc al prezzo Pc, egli sa che dopo dovrà versare per ogni litro
venduto la somma t. Lui, quindi, venderà gli alcolici ad un prezzo più elevato, perché se continuasse a
vendere la quantità Xc a Pc non massimizzerebbe i suoi profitti.
L’imprenditore allora si colloca su una curva di offerta maggiore e quindi la quantità Xc sarà collocata sul
mercato ad un prezzo maggiore di Pc, appunto il nuovo prezzo di vendita sarà Pc+t. (l’importo della
tassazione è una quota fissa).
ALTRO ESEMPIO:
l’impresa vende alcolici.
ESEMPIO 2:
Per individuare la quantità che è ottimale in corrispondenza di tassazione sul venditore, si deve spostare
verso l’alto la sua curva di offerta.
Per ogni quantità ho due prezzi (nel caso di q1 ho P1 e P1+t) che differiscono proprio per l' importo della
tassazione.
Le famiglie pagheranno il prezzo P1+t, ma il venditore avrà come ricavo sempre P1 dato che t viene
versata allo Stato.
VEDIAMO COSA SUCCEDE ALL’EQUILIBRIO DI MERCATO quando c’è la tassazione
sul venditore.
Sappiamo che l’equilibrio di mercato si ha nel punto di intersezione tra curva di domanda e curva di
offerta.
Prima della tassazione l’equilibrio si ha in e1. Dopo la tassazione l’equilibrio si ha in e2. In e2 possiamo
notare che il prezzo è maggiore, ma la quantità scambiata è inferiore.
In e2 il consumatore pagherà il prezzo P2. Il venditore però dovrà versare la tassazione (in questo caso
t=3) allo Stato e quindi percepirà il prezzo P2-3.
IMPOSTA SUI CONSUMI: COME VARIA LA DOMANDA
Se la tassazione opera sui consumi, l’incidenza giuridica è sul compratore, che al momento dell’acquisto
deve versare anche allo Stato la tassazione.
In questo caso a spostarsi sarà la curva di domanda (che indica per ogni quantità il prezzo massimo che il
consumatore è disposto a pagare). La curva di domanda traslerà verso il basso di un importo
esattamente pari all’importo della tassazione.
P2+t
P2
D’
X2
L’equilibrio di mercato si avrà ora in e2 e possiamo notare che la quantità è diminuita e anche il prezzo
è diminuito (almeno apparentemente). Il consumatore infatti pagherà sempre P1, mentre il
consumatore percepirà P, dato che il consumatore versa allo Stato la tassazione.
Gli spostamenti delle curve fanno riferimento al soggetto che dal punto di vista giuridico paga la tassa:
• quando a pagare la tassa è il compratore la curva di domanda si sposta verso il basso di un
importo pari alla tassazione;
• Quando l’incidenza giuridica della tassa è sul venditore, la curva di offerta si sposta verso l’alto
per un importo pari alla tassazione.
INCIDENZA DI FATTO E CONCORRENZA PERFETTA
In mercati concorrenziali, l’incidenza di fatto (chi davvero paga) di un’accisa è indipendente
dall’incidenza di diritto:
• Le quantità scambiate non sono influenzate dall' incidenza di diritto;
• l'aumento di prezzo pagato dai consumatori non è influenzato dall’incidenza di diritto;
• la diminuzione di prezzo sperimentata dai venditori non è influenzata dall' incidenza di diritto.
In questo caso, l'incidenza giuridica è sui compratori. Poiché la domanda è perfettamente elastica,
l'imposta è traslata totalmente sui produttori.
Nel caso analizzato nel primo equilibrio (e1) i compratori acquistano X1 metri cubi di gas al prezzo di 1,5.
lo stato impone una tassazione di 0,30 centesimi. poiché l'incidenza giuridica e sui compratori, la curva
di domanda si sposterà verso il basso, precisamente al prezzo sottratto della tassazione (1,5-0,3=1,2).
Il nuovo punto di equilibrio si avrà in e2. Il prezzo percepito dal venditore è 1,2, mentre il prezzo pagato
dal compratore è 1,2+t.
Quindi l'imposta è traslata sui produttori poiché in e1 percepivano 1,5 e in e2 percepiscono 1,2.
Quanto maggiore è l'elasticità della domanda, tanto minore sarà l'onere fiscale che ricade sugli
acquirenti, ceteris paribus.
OFFERTA PERFETTAMENTE ELASTICA E IMPOSTA SULLA QUANTITA’
Maggiore e l'elasticità dell'offerta, minore sarà l'onere fiscale che ricade sui venditori, ceteris
paribus
IL SURPLUS E L’IMPOSTA SULLE VENDITE
Abbiamo visto che la ripartizione dell'onere di un'imposta tra acquirenti e venditori dipende
dall'elasticità relativa della domanda e dell'offerta al prezzo.
Ora utilizzeremo il concetto di surplus totale per comprendere le conseguenze di un'imposta.
Esaminiamo gli effetti dell'imposta sugli alcolici. In assenza di imposte il punto di equilibrio è e1.
Supponiamo che venga introdotta un'accisa sugli alcolici, pari a t euro al litro. Dopo l'introduzione
dell'imposta si raggiunge l'equilibrio in e2.
E’ importante sapere che le entrate fiscali non rappresentano un vero costo per la comunità. Il gettito
dell'imposta sugli alcolici non è altro che un trasferimento di denaro dai produttori e dai consumatori di
questo bene al settore pubblico.
Il surplus del settore pubblico corrisponde alle entrate fiscali che esso ottiene grazie alla riscossione
dell'imposta; in questo caso il gettito dell'imposta è pari a t euro per il numero di litri di alcol venduti ed
è rappresentato dalla superficie C. Dal momento che corrisponde a un semplice trasferimento, la
superficie C non rappresenta né un aumento né una diminuzione del surplus totale.
Per concludere possiamo dire che il surplus totale corrisponde alla superficie compresa tra la curva di
domanda e la curva del costo marginale, fino alla quantità scambiata sul mercato, dopo l'introduzione
dell'imposta il surplus totale è dato dalla somma delle superfici A, B e C. Quindi il surplus totale
diminuito in misura pari alla superficie E.
Alterando i prezzi, l'accisa sugli alcol fa sì che i consumatori siano disposti a comprare e i produttori siano
disposti ad offrire una quantità inferiore a quella di equilibrio. Di conseguenza anche se i produttori
sarebbero disposti a vendere più litri di alcol ad un prezzo inferiore a quello che i consumatori sarebbero
disposti a pagare, questa quantità aggiuntiva di alcol non viene né consumata né prodotta.
IPOTESI FONDAMENTALI
• I venditori fanno il prezzo;
• I venditori non si comportano in modo strategico;
• L'accesso all’industria è completamente bloccato;
• gli acquirenti non fanno il prezzo.
• Il prezzo è sempre superiore al ricavo marginale (se il prezzo unitario diminuisce all’aumentare
dell’output, il ricavo marginale deve essere inferiore al ricavo medio.)
• Il ricavo marginale è inferiore al prezzo unitario perché il ricavo medio è decrescente e perché il
monopolista ha di fronte una domanda inclinata negativamente (che ha un valore finito
dell’elasticità).
Quindi il ricavo totale, all’aumentare della produzione, a seconda dell’elasticità della domanda può
aumentare o diminuire.
∆𝑅𝑇 = 𝑝 ∗ ∆𝑌 + ∆𝑝 ∗ 𝑌
∆RT>0 ∆RT<0
Costituisce una perdita perché il monopolista,
per vendere una quantità maggiore del suo
bene, deve abbassare il prezzo di vendita
∆𝑅𝑇 Δ𝑝
𝑅𝑀𝑔 = =𝑝+ ∗𝑌
∆𝑌 Δ𝑌
Pendenza curva di
domanda, negativa)
RMg < P. PERCHE’?
L’impresa inizialmente offre Xa ad un prezzo Pa. Se il monopolista vuole offrire una quantità aggiuntiva
(∆x=+1) e per farlo deve abbassare il prezzo di vendita. Affinché possa vendere la quantità XA+1 deve
fissare il prezzo Pb.
L’area in rosso indica l’incremento del ricavo totale per produrre un’unità aggiuntiva;
L’area in arancione indica la riduzione del ricavo totale a seguito della riduzione di P.
CONTINUO RMg<P
Nel passaggio da Pa (10) a Pb(9) l’impresa perde una somma sulle unità inframarginali* (area B)=
(Pa-Pb)*Xa=∆pX
*Le UNITA’ INFRAMARGINALI sono le unità di prodotto che l'impresa avrebbe potuto vendere al prezzo
vecchio e che il mese deve vendere al prezzo corrente, più basso, che prevale nel mercato quando essa
aumenta il proprio volume di produzione.
∆𝑅𝑇 > 0 = 9
𝚫𝑹𝑻 ∆𝑷
𝑹𝑴𝒈 = = (∆𝑹𝑻 > 𝟎) + (∆𝑹𝑻 < 𝟎) = 𝑷 + ∗ 𝑿 = 𝟗 − 𝟗𝟏 = −𝟖𝟐 (area A+area B)
𝚫𝐘 ∆𝑿
Possiamo esprimere il ricavo marginale in funzione dell’elasticità della domanda al prezzo.
∆𝑌/𝑌 Δ𝑌 𝑃 𝑃 1 Pendenza della
𝜀=− → 𝜀=− ∗ → 𝜀=− ∗
𝐴𝑃/𝑃 Δ𝑃 𝑌 𝑌 ∆𝑃 domanda (S<0)
∆𝑌
Δ𝑃 𝑃 𝑃
𝑌∗ =− → 𝑅𝑀𝑔 = 𝑃 −
Δ𝑌 𝜀 𝜀
Δ𝑃
𝑌∗
Δ𝑌
1
𝑅𝑀𝑔 = 𝑃(1 − )
𝜀
Quando l’elasticità è ∞ il rapporto 1/E è 0. Quindi il RMg è uguale al PREZZO (caso della concorrenza
perfetta)
𝜋 = 𝑃(𝑄)𝑄 − 𝐶𝑇
𝑑𝜋 𝑑𝑃(𝑄)
=0 → ∗ 𝑄 + 𝑃(𝑄) − 𝐶𝑀𝑔 = 0
𝑑𝑄 𝑑𝑄
Rmg
RMg=CMg RMg=P(1-1/E)
L’EQUILIBRIO
Come abbiamo visto ogni impresa per max i profitti deve rispettare 2 regole: la regola del profitto
marginale e quella per la cessazione dell’attività. Anche nell’impresa monopolistica è così ma, a
differenza della concorrenza perfetta, il ricavo marginale non coincide al prezzo e al ricavo medio.
Il ricavo marginale è inferiore al prezzo (e quindi al ricavo medio) perché nel mercato monopolistico la
curva di domanda da fronteggiare è inclinata negativamente (nella CP era infinitamente elastica).
In monopolio non sempre vendere di più è conveniente, perché deve ridurre il prezzo.
RICAVI ED ELASTICITA’
La riduzione del prezzo necessaria affinchè si possa vendere di più è in funzione dell’elasticità della
domanda.
• Se la domanda è molto sensibile al prezzo per vendere di più devo abbassare di poco il prezzo
• Se la domanda è poco sensibile al prezzo, per vendere di più devo abbassare di molto il prezzo.
Anche in questo caso la condizione di ottimo si trova nel punto di uguaglianza tra ricavo marginale e
costo marginale, ma nel monopolio il ricavo marginale non corrisponde al prezzo.
NB!!!!!!!!! L’esercizio che abbiamo fatto in classe non l’ho scritto tanto lo avete anche voi!!!!!
COME FARE ESERCIZI SU SCELTA OTTIMA MONOPOLISTA
1. RMg: a partire dalla curva di domanda bisogna trovare il RT (p*q), dove p è quello della
curva di domanda;
2. CMg: costruire la funzione di costo totale e poi derivarne il costo marginale
3. CMg=RMg così da determinare la quantità ottima da vendere per max i profitti;
4. P*: sostituire q* nella curva di domanda.
CESSAZIONE DELL’ATTIVITA’
Anche in questo caso l’impresa ha convenienza a continuare a produrre se alla quantità che ha fissato di
vendere il AR (ricavo medio) è maggiore del Ac (costo medio).
1 𝜀
𝐶𝑚𝑔 = 𝑝(1 − ) → 𝑝 = 𝐶𝑚𝑔( )
𝜀 𝜀−1
Mark up
Nel monopolio il venditore fissa un prezzo maggiore e vende una quantità minore rispetto a
quanto avviene nella concorrenza perfetta.
Ricordiamo che il surplus totale è la somma del surplus del consumatore e del venditore (disponibilità a
pagare- costo di produzione)
Nel monopolio i clienti perdono /// rossa di surplus rispetto alla concorrenza.
In monopolio il surplus del produttore perde l’area F, ma guadagna l’area compresa tra Pt e P1. Tale
area è il trasferimento del surplus dal consumatore al venditore nel passaggio da CP a monopolio. C’è
però una perdita secca, definita perdita netta del monopolio.
Si definisce perdita netta del monopolio il surplus totale che si perde per il fatto che il monopolista
produce una quantità inferiore a quella che massimizza il surplus totale.
RICAPITOLANDO:
• in CP le imprese non hanno il potere di determinare il prezzo ed abbiamo che P=RMg=Rmedio.
Per max i profitti→ P=Cmg
Il monopolista per massimizzare il surplus, e quindi i profitti, può ricorrere alla discriminazione
dei prezzi.
DISCRIMINAZIONE DI PREZZO
È una pratica che consiste nell'applicare prezzi diversi a diversi consumatori per lo stesso bene o servizio.
L’arbitraggio si verifica quando i consumatori ai quali l'impresa pratica un prezzo ridotto riescono a
rivendere i beni acquistati ad altri consumatori che altrimenti le comprerebbero ad un prezzo elevato.
ES: se Sara è disposta a spendere 2 € per la prima bottiglina d'acqua e 1 € per la seconda bottiglina
d'acqua, il bar le farà pagare 2 € per la prima bottiglia d'acqua e 1 € per la seconda.
Tale tecnica di discriminazione si può attuare solo se il monopolista ha un'informazione completa sulla
curva di domanda e quindi sulla disponibilità a pagare dei consumatori. È praticamente impossibile in
realtà che un'impresa abbia tutte le informazioni necessarie per poter attuare tale discriminazione di
prezzo.
La curva di domanda coincide con il RMg, non più solo con il ricavo medio: ogni unità è venduta ad un
prezzo diverso.
P=RMg
Come abbiamo già detto in questo caso il prezzo coincide esattamente con la disponibilità a pagare del
consumatore, quindi il surplus del consumatore è pari a 0.
Nel grafico possiamo vedere che il monopolista venderà la 1° unità di bene a 100€, la 2° a 95€ la 3° a
90€.
RTq=3=100+95+90=285
RTq=4= 100+95+90+85=370
RMgq=4= 85 (uguale al prezzo della 4° unità)
RMgq=5= 80 (uguale al prezzo della 5° unità)
NB!! IL PREZZO DEL MONOPOLISTA NON è UNICO, DECRESCE ALL’AUMENTARE DELLA QUANTITA’. (in
questo caso di discriminazione)
RICORDA:
CONCORRENZA PERFETTA → p=RMg p è una costante
MONOPOLIO → p>RMg p non varia con le quantità
MONOPOLIO DISCR.1°ORDINE → p=RMg p è diverso per ogni unità venduta, così come il Rmg
DISCRIMINAZIONE DI PREZZO DEL 2° ORDINE
È la pratica se consiste nel vendere ogni unità prodotta ad un prezzo dipendente dal numero di unità
acquistate da ciascuno.
• Viene utilizzata quando il monopolista non ha tutte le informazioni necessarie per attuare la
discriminazione perfetta.
• Lo scopo del monopolista è sempre quello di appropriarsi del surplus del consumatore.
• I ricavi sono dati da due componenti: l’introito fisso e il prezzo unitario. (il prezzo unitario
dipende dalle quantità acquistate).
Come vediamo, a differenza del caso della discriminazione di 1° ordine, la curva di domanda è diversa
dalla curva del RMg.
Il venditore può vendere una quantità maggiore riducendo il prezzo unitario fino al Cmg, ma
aumentando il diritto di accesso al bene o al servizio (componente fissa); così facendo massimizzerà il
suo surplus
Ipotizziamo la presenza di consumatori diversi
Sei fissa il prezzo al livello del CMg, al massimo può fissare il diritto fisso a G (corrisponde al diritto fisso
più elevato che si possa far pagare senza allontanare il consumatore uno dal mercato, superando la sua
disponibilità a pagare) ma non riuscirà ad ottenere il surplus del consumatore.
in questo caso il prezzo ha un ruolo aggiuntivo: effettuare una scelta o una discriminazione tra i due
consumatori.
Per appropriarsi di parte del surplus del consumatore 2 l'impresa aumenta il prezzo per unità a pa, ma
per non far abbandonare il mercato al consumatore 1 necessariamente dovrà ridurre il diritto fisso di
circa xb(pa-c).
• il prezzo è lo stesso per tutte le unità vendute, ma varia tra “tipologie” di consumatori.
• Il monopolista fissa il prezzo più alto per il “consumatore tipo” con maggiore disponibilità a
pagare.
• è importante per il monopolista l'arbitraggio.
CASO IN CUI NON C’E’ DISCRIMINAZIONE
Se mettiamo a confronto il caso in cui è non è applicata la discriminazione e il caso in cui è applicata,
possiamo notare che nel primo caso il prezzo era unico ed era 35, nel caso con la discriminazione il
prezzo è 40 per il mercato A ed è 30 per il mercato B.
Con la pratica della discriminazione di terzo ordine un soggetto avrà un vantaggio, mentre l’altro
soggetto avrà uno svantaggio.
• Il soggetto che ha la maggiore disponibilità a pagare e minore, avrà uno svantaggio perché il
markup sarà più elevato.
• il soggetto che ha una minor disponibilità a pagare ed un’ maggiore, avrà un vantaggio perché
il markup sarà meno elevato