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CAPITOLO 15

FUSIONI

Le fusioni sono un tentativo per creare cartelli legali. I motivi che danno luogo ad una fusione sono:
● risparmi di costi;
● ricerca di sinergie tra le imprese (tipiche fusioni verticali);
● sistemi di prezzi più efficienti/migliori servizi ai clienti.
Il tipico caso in cui si verificano le fusioni è quando un settore è giunto ad una data maturità e le
imprese per non perdere competitività e dunque sopravvivere, si fondono così da ampliare la propria
scala produttiva. Le fusioni costituiscono una sfida difficile alla politica antitrust, perché occorre che
chi controlla sia in grado di distinguere tra fusioni anticompetitive ( da una parte e quelle che non
sono dannose per la concorrenza dall'altra. Il governo degli Stati Uniti è particolarmente attento a
questi aspetti. Infatti l’AntiTrust Division Merger Guidelines delinea il tentativo di bilanciare:
● danni alla competizione;
● interferenze non necessarie con l’universo delle fusioni che sono sia vantaggiose sia neutrali
dal punto di vista competitivo.
Tipologie di fusioni
In base alla natura delle relazioni esistenti prima dell'accordo tra le imprese coinvolte nella fusione
distinguiamo:
1. fusioni orizzontali: le imprese che formano la fusione erano precedentemente concorrenti
nello stesso mercato di prodotto competitors). Una fusione orizzontale implica due o più
imprese che producono prodotti sostituti. Tale tipologia di fusioni è maggiormente controllata
dall’antitrust dato l’aumento del potere di mercato delle imprese e la conseguente riduzione
del benessere sociale.
Es: fusione del 2006 di imprese del software delle telecomunicazioni, Alcatel e Lucent;
2. fusioni verticali: coinvolgono tipicamente imprese operanti in stadi diversi della catena di
produzione verticale. Comprendono normalmente fusioni tra imprese a monte e a valle. Esse
includono però anche una concentrazione di imprese che, prima della fusione, producevano
beni complementari.
Es: la fusione tra Hewlett-Packard, originariamente produttrice di software, stampanti e
scanner, e la Compaq, un'importante impresa di personal computer.
3. fusioni conglomerate: comprendono la concentrazione di imprese senza un'evidente
concorrenza o un'evidente relazione complementare.
Es: acquisto batterie Duracell da Gilette.

Fusioni orizzontali
Le fusioni orizzontali avvengono tra imprese che competono nello stesso mercato di prodotto (Es:
fusioni tra banche, ospedali, compagnie petrolifere).
La fusione orizzontale sostituisce due o più concorrenti con una sola impresa. La fusione di due
imprese in un mercato di tre imprese trasforma l’industria in un duopolio: creazione di potere di
mercato.
Iniziamo da un risultato sorprendente: Il paradosso delle fusioni.
Il paradosso delle fusioni
Il paradosso delle funzioni ci dice che se una fusione non conduce a un monopolio difficilmente sarà
profittevole a meno che un numero “sufficientemente grande”, ovvero almeno l’80% delle imprese
(con domanda e costi lineari), partecipi alla fusione (regola dell’80%). Qualora tale regola non venisse
rispettata la fusione risulterà profittevole per le sole imprese che non hanno partecipato alla fusione.

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Una fusione che conduce ad un monopolio o che coinvolga un ingente numero di imprese
difficilmente verrà autorizzata dall’autorità.
Dimostrazione del paradosso delle fusioni
Partiamo dal modello classico di Cournot con domanda lineare e costi marginali costanti.
Ipotesi:
● N=3 imprese che competono alla Cournot;
● le imprese sono simmetriche: stesso costo fisso 𝐹 e stesso costo marginale 𝑐' = 30;
● domanda di mercato in forma inversa: 𝑃 = 150 − 𝑄
● due imprese si fondono: nel mercato rimangono N-1 imprese;
● in seguito alla fusione i costi delle imprese non variano.

In assenza di fusione:
● ciascuna impresa produce 𝑞𝑖 = 30
● il prezzo è 𝑃 = 150 − 3 · (30) = 60
● il profitto di ciascun’impresa è π𝑖 = (60 − 30) · 30 = 900
A seguito della fusione
Sul mercato rimangono sempre due imprese indipendenti che competono alla Cournot:
● ciascuna impresa produce 𝑞𝑖 = 40
● il prezzo è 𝑃 = 150 − 2 · (40) = 70
● il profitto di ciascun’impresa è π𝑖 = (70 − 30) · 40 = 1600
La fusione non è profittevole: i profitti dell’impresa nata dalla fusione π = 1600 sono inferiori alla
somma dei profitti delle due imprese fuse prima della fusione 900 · 2 = 1800. L’impresa che non
partecipa trae un beneficio dalla fusione in qaunto passa da π = 900 a π = 1600.
Le imprese che si fondono sperimentano un aumento di profitto teorico mentre l’impresa non fusa
sperimenta un aumento di profitto reale.

Effetti della fusione:


1. Aumento di prezzo: la riduzione del numero delle imprese ha causato un aumento della
concentrazione e dunque del prezzo;
2. riduzione dell’output aggregato: riduzione dell’efficienza → riduzione benessere sociale;
3. riduzione dei profitti dell’impresa nata dalla fusione.

Caso generale del paradosso delle fusioni


É facile dimostrare che una fusione quasi certamente sarà infruttuosa nel modello di Cournot a meno
che non porti ad un monopolio.
Per vedere questo risultato più generico ipotizziamo:
● mercato di cournot con N imprese identiche;
● domanda di mercato: 𝑃 = 𝐴 − 𝐵𝑄
● con 𝑐' costo marginale di ciascuna impresa
2
𝐶 (𝐴−𝐶)
Dal modello di Cournot sappiamo che il profitto di ciascuna impresa è: π𝑖 = 2
𝐵(𝑁+1)

Supponiamo ora che M imprese si fondono insieme: otteniamo un mercato di (𝑁 − 𝑀) + 1 imprese


indipendenti.
2
𝐶 𝐶 (𝐴−𝐶)
● Il profitto di ciascuna impresa post-fusione è: π𝑚 = π𝑛𝑚 = 2 ( dove il pedice 𝑚
𝐵(𝑁−𝑀+2)
indica l’impresa fusa, mentre 𝑛𝑚 l’impresa non fusa)

2
2
𝐶 (𝐴−𝐶)
● Il profitto aggregato pre-fusione delle M imprese fuse è: 𝑀· π𝑖 = 𝑀 · 2
𝐵(𝑁+1)

Quindi affinché la fusione sia profittevole è necessario che i profitti dell'impresa fusa sia maggiore
della somma dei profitti delle imprese fuse pre fusione:
2 2
(𝐴−𝐶) (𝐴−𝐶) 2 2
2 >𝑀· 2 → (𝑁 + 1) ≥ 𝑀(𝑁 − 𝑀 + 2)
𝐵(𝑁−𝑀+2) 𝐵(𝑁+1)

Nell'esempio prima formulato, in cui il numero delle imprese è N = 3 e il numero delle imprese fuse è
M = 2, è facile vedere allora che la disequazione non è soddisfatta. In altre parole, in un mercato di tre
imprese che soddisfa le ipotesi avanzate su domanda e costi nessuna fusione tra due imprese è
redditizia. Affinché una fusione sia redditizia, in Cournot con domanda lineare e costi identici
costanti, è necessario che nel mercato su onda almeno 80% delle imprese. Il problema è che una
fusione di questa portata non sarebbe mai consentita dalle autorità antitrust.

La soluzione del paradosso delle funzioni


L'aspetto critico del modello di Cournot che da luogo al paradosso di fusione non è difficile da
scoprire. Quando le imprese si fondono nel modello di Cournot l’impresa fusa è esattamente uguale ad
ogni altra impresa. Perciò l’impresa fusa ha una minore quota di mercato rispetto alle quote aggregate
delle imprese che hanno partecipato alla fusione. Tuttavia ciò sembra essere poco ragionevole.
Bisogna modificare il modello considerando che le imprese pre fusione sono diverse dalle imprese
post-fusione
● sinergie di costo: riduzione dei costi. Se la fusione genera dei risparmi di costo importanti per
le imprese che si fondono, il paradosso cade e le imprese trovano effettivamente profittevole
fondersi. Questo vale chiaramente sia per i costi fissi sia per i costi variabili;
● le imprese agiscono come leader e follower. L'impresa generata è diversa in quanto la fusione
la mette nella condizione di operare come impresa leader di Stackelberg. Questa differenza è
in grado di risolvere il paradosso in quanto nel caso di competizione sulle quantità conviene
essere leader e ci si perde a essere follower. Da un lato è quindi chiaro che alcune imprese
vorranno fondersi, se questo permette loro di acquisire leadership. D'altra parte è anche chiaro
che a nessuno conviene stare a guardare diventando o rimanendo follower. Conviene piuttosto
fondersi e diventare leader.
● differenziazione dei prodotti. Molte imprese si impegnano per differenziare i loro prodotti e
questa differenziazione fornisce loro una certa libertà nello stabilire i prezzi. Una fusione che
porta a un aumento nel prezzo delle imprese fuse incoraggerà anche le imprese non fuse ad
aumentare i propri prezzi, rafforzando potenzialmente l'efficacia della fusione.
In presenza di tali condizioni viene meno la regola dell’80% e dunque il paradosso.

Le fusioni e le sinergie di costo

Studiamo il caso in cui la fusione sia profittevole in quanto porta ad una riduzione di costo.
Ipotizziamo che le imprese presenti nel mercato abbiano costi variabili differenti e sostengano costi
fissi. Allora la fusione può essere profittevole se genera risparmi di costo.
Un esempio:
● tre imprese alla Cournot con domanda 𝑃 = 150 − 𝑄
● due imprese con costi marginali pari a 𝑐' = 30 e costi fissi 𝑓;
● i costi totali sono:
a. 𝐶(𝑞1) = 𝑓 + 30𝑞1

3
b. 𝐶(𝑞2) = 𝑓 + 30𝑞2
● la terza impresa ha costi marginali più elevati: 𝐶(𝑞3) = 𝑓 + 30𝑏𝑞3 , 𝑏 ≥ 1
Studiamo due casi:
● caso A: la fusione riduce i costi fissi;
● caso B: la fusione riduce i costi variabili.

Caso A
Supponiamo che 𝑏 = 1 (le tre imprese hanno costi variabili uguali):
● tutte le imprese hanno stessi costi marginali: 𝑐' = 30;
● in seguito alla fusione l’impresa fusa ha costi fissi 𝑎𝑓 con 1 ≤ 𝑎 ≤ 2 dove 𝑎 è l’incidenza
sulla fusione dei costi fissi.
Sappiamo dal precedente esempio:
● i profitti pre-fusione di ciascuna impresa sono 900 − 𝑓
Post-fusione:
● l’impresa non-fusa ha profitti 1600 − 𝑓
● l’impresa risultante dalla fusione ha profitti 1600 − 𝑎𝑓
La fusione è profittevole per le imprese fuse se: 1600 − 𝑎𝑓 > 1800 − 𝑓 → 𝑎 < 2 − 200/𝑓

È probabile che la fusione sia profittevole quando i costi fissi sono elevati e la fusione consente
significativi risparmi nei costi fissi.

Caso B
Supponiamo che 𝑏 > 1, 𝑓 = 0,
● 𝐶(𝑞1),𝐶(𝑞2)< 𝐶(𝑞3) : le imprese 1 e 2 hanno costi marginali minori rispetto all’impresa 3,
sono più efficienti;
● le imprese 2 e 3 si fondono insieme;
● Tutta la produzione viene spostata presso l’impresa 2 che ha costi inferiori: la nuova impresa
che nasce avrà 𝐶' = 𝐶(𝑞2) (riduzione dei costi variabili 𝐶(𝑞2)< 𝐶(𝑞3));
Per determinare se la fusione è profittevole confrontiamo i profitti pre-fusione e post-fusione.
Pre fusione:
𝐶 𝐶 90+3𝑏 𝐶 210−90𝑏
● output: 𝑞1 = 𝑞2 = 4
𝑞3 = 4
2 2
𝐶 𝐶 (90+3𝑏) 𝐶 (210−90𝑏)
● profitti: π1 = π2 = 16
π3 = 16
Abbiamo visto che i profitti post fusione sono 1600 sia per l’impresa fusa che non fusa.
2 2
(90+3𝑏) (210−90𝑏)
Affinché la fusione è profittevole: 1600 − ( 16
+ 16
)>0
(15𝑏 – 9)
Ciò si semplifica in: 25(7 – 3𝑏) 2
> 0
● 25 > 0
● (7 – 3𝑏) > 0 in quanto in equilibrio l’impresa 3 produce una quantità 210 − 90𝑏.
1
(7 – 3𝑏) è esattamente 30
della quantità prodotta dall’impresa e, poiché la quantità
non può essere negativa, sappiamo per certo che 7 – 3𝑏 è una quantità positiva.
9
● (15𝑏 – 9) > 0: ciò richiede che 𝑏 > 15
affinché la fusione sia profittevole.
La fusione di un’impresa con costi elevati ed una a costi bassi è profittevole se lo svantaggio di costo
dell’impresa con costi elevati è sufficientemente grande (cioè se 𝑏 è sufficientemente alto) .

4
Possiamo concludere dicendo che:
le fusioni possono essere profittevoli se possono generare risparmi di costo sufficientemente grandi.
Non esiste tuttavia alcuna garanzia che i consumatori ci guadagnino: in entrambi gli esempi i
consumatori ci perdono con la fusione.
In particolare Farrell e Shapiro (1990) hanno dimostrato che i risparmi di costo necessari perché ci
guadagnino i consumatori sono molto più elevati di quelli richiesti perché la fusione sia profittevole.
Perciò bisogna essere scettici circa le ragioni di “risparmi di costo” addotte per giustificare le fusioni.
Tuttavia il paradosso rimane in qualche veste: le imprese non fuse guadagnano di più rispetto alle
imprese fuse.

Le imprese agiscono come Leader e come follower


Oltre alle sinergie di costo, altri fattori influenzano i risultati del paradosso delle fusioni: ovvero la
tempistica.
L’impresa risultante dalla fusione è diversa dalle imprese non fuse perché grazie alla fusione e alla
dimensione dei suoi impianti può operare come leader di Stackelberg. E poichè nel caso di
competizione alla Cournot il leader ottiene profitti maggiori, le imprese avranno incentivo a fondersi
per conquistare la leadership del mercato. La contrario l’impresa leader ovvero l’impresa non fusa,
non trae un guadagno.
L’Antitrust deve vigilare quando la sequenza di fusioni diventa sostanziosa perché potrebbe
significativamente ridurre il livello di competizione del mercato.

La differenziazione del prodotto


•Se le imprese competono sui prezzi (à la Bertrand) e producono prodotti differenziati hanno libertà
nella fissazione dei prezzi (P>C’). Nella concorrenza di prezzo le funzioni di risposta ottima sono
inclinate positivamente (i prezzi sono complementi strategici). Se il prezzo di un’impresa aumenta,
aumenterà anche il prezzo delle imprese concorrenti. Ciò significa che se la fusione porta ad un
aumento del prezzo praticato dall’impresa fusa, anche le imprese non fuse aumenteranno i prezzi.
I profitti post-fusione saranno maggiori dei profitti pre-fusione.
Tuttavia chi ne sarà danneggiato saranno i consumatori che comunque continueranno ad acquistare il
prodotto anche dall’impresa non fusa, nonostante abbia aumentato il prezzo, in quanto affezionati.

Le fusioni verticali

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