Giocoli, Cap.1
Teoria neoclassica dellimpresa
E la teoria dellimpresa dei corsi introduttivi di micro.
Limpresa vista semplicemente come il luogo della
produzione (= trasformazione degli input in output).
E composta da due soli elementi: la tecnologia (cio
una funzione di produzione, fdp) ed un agente che
funge da imprenditore/manager/proprietario.
Obiettivo dellimpresa: massimizzare i profitti .
Compiti dellimprenditore:
Combinare gli input in modo efficiente in base alla fdp;
Definire la scala di produzione in modo da max .
Alcune hp sono implicite:
Perfetta razionalit dellimprenditore.
Il proprietario anche colui che gestisce limpresa.
Contratti completi ed informazione simmetrica.
La domanda di Coase
La teoria neoclassica non riesce a rispondere a molte
domande rilevanti per le imprese del mondo reale.
Cosa succede se i manager non coincidono con gli azionisti?
Perch loutsourcing? Perch le fusioni?
Risposta neoclassica: sono scelte tecniche per lefficienza produttiva
Cosa succede se la razionalit limitata? Oppure se i contratti
sono incompleti?
E, soprattutto, la domanda di Coase 1937 (ancora lui!)
Perch esiste limpresa? Ovvero: perch i rapporti
contrattuali (e gerarchici) esistenti allinterno dellimpresa non
sono rimpiazzati da semplici scambi di mercato? Perch esiste
una simile isola di pianificazione in un mare di contratti?
E il problema della scelta market or firm? da cui prendono le
mosse tutte le moderne teorie dellimpresa dellapproccio c.d
neo-istituzionalista.
A
C
B
D
E
A
B
C
2. Impresa
1. Mercato
Due modi diversi di organizzare la produzione:
1. Attraverso gli scambi di mercato tra tutti gli agenti economici
2. Attraverso unimpresa con un agente al vertice
E
D
OUTPUT OUTPUT
Limpresa come isola di pianificazione
Allinterno dellimpresa il meccanismo orizzontale (e quindi
democratico) del mercato non vale pi: esso sostituito dai
rapporti verticali di autorit (= gerarchia) e da un sistema di
decisioni centralizzate.
Limpresa unisola di pianificazione in un oceano di contratti.
Secondo Coase 1937, lopzione firm viene scelta perch
consente di risparmiare sui costi di transazione (CdT) che
scaturiscono ogni volta che si deve utilizzare il meccanismo di
mercato (p.e. per stipulare sempre nuovi contratti).
Intuizione: unimpresa consente di centralizzare i rapporti contrattuali con
i fattori ( sufficiente infatti stipulare un contratto per ciascun fattore)
riducendo i CdT rispetto allalternativa di una serie di contratti che metta
in relazione tra loro tutti i fattori, elencando i rispettivi diritti e doveri di
ciascuno verso gli altri.
Il centro dei rapporti contrattuali dimpresa (cio limprenditore)
si trova collocato in posizione gerarchicamente superiore alle
sue controparti ed dotato di autorit su di esse.
Quanto deve essere grande lisola?
Qual il limite allestensione dei rapporti gerarchici e della
pianificazione, posto che Hayek/Mises ci insegnano che non
efficiente estendere tale sistema allintero mercato?
La risposta di Coase 1937: il limite alla dimensione dellimpresa
dato dalle capacit gestionali e dalle possibilit informative
dellimprenditore. Oltre una certa dimensione, infatti, i costi di
gestione, di organizzazione ed informativi eccedono gli
eventuali CdT che sorgerebbero se si ricorresse al mercato. Da
questa dimensione in poi lopzione market diventa preferibile
a quella firm.
In breve, la scelta market or firm? regolata dal confronto tra
CdT e costi di gestione.
Ma lanalisi di Coase ha due punti deboli:
Da dove scaturisce lautorit? Ovvero: perch il contratto tra fattore
produttivo e potere centrale (= limprenditore) diverso da un normale
contratto di mercato?
Cosa sono i CdT? Perch colpiscono soprattutto lopzione market?
Limpresa come soluzione al rent-seeking
E la spiegazione di Oliver Williamson (Nobel Economia 2009).
Ogni transazione ha tre dimensioni:
Mutuo vantaggio (= lo scambio genera surplus per tutti)
Conflitto di interessi (= ciascuno vuole la fetta pi grossa del surplus)
Ordine (= ogni transazione segue delle regole)
Ciascuna dimensione dipende da tre caratteristiche:
Frequenza della transazione Incertezza della transazione
Asset specificity ogni investimento vale di pi (o solo) allinterno della
transazione per la quale stato realizzato
Chi ha realizzato un investimento specifico per una transazione in
situazione di lock-in. La controparte in situazione di hold-up.
La parte che ha investito intrappolato (locked-in) nella transazione,
perch uscirne vorrebbe dire perdere in tutto o in parte linvestimento
effettuato. La controparte pu quindi ricattarlo (hold-up) per ottenere la
fetta pi grossa del surplus (comportamento di rent-seeking).
Il rischio di lock-in pu portare un agente a NON realizzare linvestimento
specifico, a tutto danno del surplus complessivo della transazione.
Qualsiasi regola o istituzione serve a conferire ordine ad una transazione,
gestendo nel modo pi efficiente possibile il conflitto di interessi.
Le tre caratteristiche fanno s che per alcune transazioni la regola pi
efficiente sia limpresa, invece dello scambio di mercato.
Al crescere di frequenza, incertezza ed asset specificity, diviene sempre pi
efficiente la soluzione impresa piuttosto che quella mercato.
Quasi rendita, QR: eccedenza della remunerazione di un asset rispetto al
suo costo opportunit (detto anche valore limite, VL).
E la differenza tra la max disponibilit a pagare del compratore ed il VL
Quasi rendita appropriabile, AQR: la parte della QR di cui il compratore
pu appropriarsi pagando un prezzo inferiore alla sua disponibilit a pagare.
E la differenza tra max disponibilit a pagare e prezzo effettivo.
E proprio il conflitto tra le parti per appropriarsi della fetta pi grossa di QR
che pu distruggere in tutto o in parte il surplus di una transazione.
Un modo alternativo di pensare alla questione di vederla in termini di
azione nascosta: gli agenti si impegnano ex ante ad eseguire la transazione
in un certo modo, mutuamente vantaggioso, ma ex post possono agire in
modo opportunistico per massimizzare il proprio guadagno a danno della
controparte. La principale differenza che stavolta il comportamento
opportunistico pu essere generato non solo da un vantaggio informativo,
ma anche da un elemento oggettivo che assoggetta una parte allhold-up.
Un esempio
Aldo possiede un magazzino; Bea disposta a pagare fino a 3000 per
prenderlo in affitto.
Hp: Lunico impiego alternativo del magazzino per A rende 1000 ed
pari al suo costo di produzione (= il VL del magazzino).
QR = 3000 1000 = 2000 il surplus della transazione.
Se A riesce ad ottenere 3000 da B, si appropria di tutta QR.
Ma il fatto che il magazzino NON abbia impieghi alternativi che rendono
pi di 1000, fa s che lintera QR sia appropriabile da B, a cui baster
offrire 1000,01 per affittare il magazzino (offerta prendere o lasciare).
AQR = 3000 1000 = 2000 il surplus che va a B.
Hp: arriva Carlo, disposto a pagare 2500 per laffitto del magazzino.
QR rimane immutata, ma AQR si riduce drasticamente. Per prendere in
affitto il magazzino ora B deve offrire almeno 2500,01, per cui
abbiamo: AQR = 3000 2500 = 500. La presenza di C aumenta le
opzioni di A, e quindi la sua capacit di resistere al ricatto di B.
Ma se il magazzino era stato costruito da A su misura per le esigenze di
B, la forza contrattuale di A si azzera: in mancanza di altri affittuari, A
locked-in nella transazione e deve per forza affittare a B. In questo
caso A pu rifiutare laccordo di costruire il magazzino e quindi non
realizzare una transazione mutuamente vantaggiosa (surplus di 2000!).
Due soluzioni per il conflitto di interessi
Prima soluzione: il contratto
La parte a rischio di hold-up pu tutelarsi cercando di stipulare un contratto con
clausole molto precise riguardo alla divisione del surplus.
Nellesempio, A e B possono stipulare un contratto che tutela A dallhold-up di B
Problema: non sempre possibile scrivere un simile contratto.
Solo un contratto completo pu davvero tutelare A in tutti i possibili casi.
Definizione di contratto completo: un contratto che 1) prevede e descrive tutte le
possibili circostanze che possono venire in essere durante la vita del contratto
stesso; 2) stabilisce quale sia lazione efficiente che le parti devono compiere in
ogni possibile circostanza; 3) garantisce la certezza di esecuzione di ogni
aspetto del contratto.
Purtroppo, nella realt esistono solo contratti incompleti. Inoltre scrivere le clausole
per scrivere un contratto quasi completo costa parecchio (per pagare gli avvocati!).
Seconda soluzione: limpresa
Se le due parti di una transazione sono integrate in ununica entit, limpresa, il
conflitto scompare perch tutte le decisioni sono centralizzate. Linvestimento
specifico viene sempre realizzato e quindi il surplus viene sempre massimizzato.
In altre parole, attraverso lintegrazione in unimpresa la gestione della transazione,
ed in particolare del conflitto di interessi, delegata alla gerarchia.
Lautorit e la gerarchia sono strumenti per evitare la distruzione di benessere
sociale generata dal mancato investimento o dai costi che le parti sostengono per
proteggersi dal rischio di hold-up. Questa la risposta di Williamson a Coase 1937.
Limpresa come nesso di contratti
Una terza risposta alla domanda di Coase che i semplici contratti che
regolano i rapporti di mercato non sarebbero abbastanza sofisticati (= sono tutti
incompleti!) per regolare i complessi rapporti interni ad unimpresa.
Limpresa dunque esiste come cristallizzazione giuridica, o luogo di convergenza,
di una serie di contratti complessi.
E lapproccio c.d. dellimpresa come nesso di contratti, elaborato negli anni 70
da autori come Alchian, Demsetz, Fama, Jensen, Meckling. Secondo tale
approccio lunica differenza tra i rapporti di mercato ed i rapporti interni ad
unimpresa nel grado di complessit dei relativi contratti.
Lesempio classico quello della c.d. separazione tra propriet e controllo
evidenziato da Berle & Means gi negli anni 30.
Se la propriet di unimpresa non coincide con il potere di gestione, si crea una
situazione di potenziale azione nascosta: chi controlla che i manager gestiscano
limpresa nellinteresse dei proprietari (= gli azionisti) e non nel proprio?
I potenziali conflitti di interesse tra proprietari e manager (ma anche quelli tra
manager e dipendenti o tra proprietari e finanziatori esterni come le banche),
sono regolati ed orientati al massimo benessere sociale dai contratti complessi
che tengono assieme tutti gli elementi costitutivi di unimpresa.
In particolare, si sottolinea che, a differenza dei contratti di mercato, alcuni dei
contratti interni allimpresa sono impliciti, cio basati su regole non scritte ma
comunque note e stabili (p.e. le regole relative alle promozioni).
La regolazione precisa dei conflitti di interesse che pu essere ottenuta con i
contratti impliciti non potrebbe mai aversi con i contratti di mercato.
Il punto debole di queste spiegazioni
La teoria di Williamson e quella del nesso dei contratti spiegano perch
limpresa pu essere la risposta efficiente al problema dei conflitti di
interesse nelle transazioni. Esse traducono i CdT in termini della perdita di
benessere indotta dal ricorso allo strumento mercato (a causa sia del rent-
seeking che della eccessiva semplicit e incompletezza dei contratti).
Le due teorie per trascurano che anche lintegrazione ha dei costi.
I costi di integrazione sono tutti quei costi che devono essere sostenuti per
sostituire limpresa ai contratti di mercato. Sono quei costi di gestione,
informazione e organizzazione di cui parlava Coase 1937.
In particolare, non chiaro a chi deve essere attribuita lautorit allinterno
dellimpresa, n come assicurare adeguati incentivi affinch le parti siano
comunque spinte ad investire nella transazione anche in caso di possibile
integrazione.
Per esempio, se A non pi il proprietario del magazzino, ma solo un
dipendente dellimpresa A&B, chi garantisce che costruisca il magazzino
nel modo migliore possibile?
Abbiamo di nuovo un problema di azione nascosta.
Una spiegazione pi completa ma NON perfetta! data dalla c.d. teoria
dei diritti di propriet, elaborata a partire dagli anni 80 dagli economisti
Grossman, Hart e Moore (c.d. approccio GHM).
Limpresa secondo GHM
Limpresa, intesa come organo di governo centralizzato, definita dalla propriet
unitaria dei beni capitale o asset fisici (c.d. non-human assets il lavoro ed il
capitale umano non possono essere oggetto di diritto di propriet!).
Se i beni capitale necessari ad una certa attivit economica hanno un unico
proprietario abbiamo unimpresa, se i proprietari sono due o pi abbiamo una
relazione di mercato (tra due o pi imprese).
La propriet unitaria dei beni capitale consente un potere di controllo sul loro utilizzo
maggiore e pi sofisticato di quello che si realizza con le relazioni di mercato,
sempre intrinsecamente incomplete. In particolare, la propriet conferisce il diritto
residuale al controllo (DRC) del bene, cio il diritto a decidere sullutilizzo dellasset
in tutti i casi non previsti, o non prevedibili, in un contratto c.d. situazioni residuali.
Lautorit proprio il potere di decidere in ogni situazione residuale. Essa in
particolare spetta al titolare del c.d. asset indispensabile, cio quello senza cui
nessuna combinazione degli altri beni pu ottenere un surplus maggiore.
Lasset indispensabile e quelli c.d. complementari ( che non hanno valore se
utilizzati separatamente) devono essere tutti sotto la stessa propriet.
Sappiamo inoltre che in caso di un evento non previsto dal contratto il riparto del
surplus dipende dalla forza contrattuale delle parti. Ma il diritto di propriet consente
al titolare dellasset fisico di ottenere sempre una quota maggiore del surplus.
Lallocazione dei diritti di propriet determina quindi, indirettamente, anche lincentivo
ad effettuare investimenti specifici nella relazione. Per ottenere il livello efficiente di
investimenti, la propriet deve spettare al most efficient owner, cio alla parte in
grado di aumentare maggiormente con il proprio investimento il surplus complessivo
dellattivit economica.
In generale, quindi, secondo GHM sia lautorit che il riparto del surplus che il livello
degli investimenti dipendono dai diritti di propriet sugli asset.
Un esempio
Due agenti, Aldo e Bea, possiedono entrambi un input di capitale umano (= le loro
conoscenze ed esperienze lavorative), ma solo B possiede anche un asset fisico (=
bene capitale, p.e. un software).
Quindi A il lavoratore, B limprenditore.
Hp: in mancanza di accordo, il capitale umano di A vale molto poco, mentre B pu
sempre trovare unaltro lavoratore per usare il suo software.
Definiamo V il valore del prodotto generato dalla transazione tra A e B.
I valori di riserva sono V
A
e V
B
. Per quanto detto sopra, V
A
sicuramente inferiore a
V
B
. Il surplus della transazione S = V (V
A
+ V
B
) > 0.
Se il surplus viene diviso a met, il guadagno per ciascuno : P
i
= V
i
+ S, ma chi
detiene il bene capitale (B nellesempio) avr la remunerazione maggiore.
Se A e B sono agenti indipendenti (= soluzione market), ciascuno investir nel
proprio capitale umano senza tenere conto delleffetto su V. Se invece A e B sono
fusi in unimpresa, linvestimento di entrambi potr essere indirizzato allobiettivo di
massimizzare V. Per nellimpresa si genera anche un trade-off tra incentivi.
Trade-off tra incentivi: linvestimento di B disincentiva linvestimento di A, e viceversa.
No propriet di un terzo sul bene capitale; no gestione in comune del bene capitale.
Ma chi deve essere il titolare dellimpresa? Imprenditore colui che detiene lasset
fisico perch avr pi interesse a gestire in modo efficiente gli investimenti in capitale
umano. Ma chi dei due pi efficiente faccia limprenditore?
Principio del most efficient owner: la propriet del bene capitale deve spettare a chi,
col proprio investimento, pu incrementare maggiormente V nonostante il trade-off.
Secondo GHM, la propriet di un asset deve andare a chi ha
maggiori possibilit di investire per aumentarne la produttivit.
Per evitare problemi di hold-up, gli asset complementari devono
pertanto ricadere sotto ununica propriet.
Asset complementari: tutti quei beni per i quali linvestimento su di essi di
una parte inutile senza linvestimento della controparte.
Quindi la dimensione minima dellimpresa (= grado minimo di
integrazione) data dalla propriet degli asset complementari.
Al contrario, gli asset indipendenti devono avere propriet
distinte, proprio al fine di incentivare gli investimenti su di essi.
Esempio: ufficio legale interno o studio legale esterno?
Ecco il limite alla dimensione massima dellimpresa (= grado
massimo di integrazione), perch la produttivit della gestione
centralizzata degli asset indipendenti via via minore.
Si noti che in tale teoria la propriet degli asset fisici (= beni
capitale) la fonte del potere di controllo, incluso il controllo sul
capitale umano specifico. Il proprietario del bene capitale pu
infatti privare il lavoratore dellasset necessario al suo lavoro.
Cosa diceva, in fondo, il vecchio Marx?
Per per GHM il lavoratore pu tutelarsi investendo in capitale umano in
misura tale da garantirsi delle outside options (= possibilit alternative).
I limiti dellapproccio GHM
Il cuore dellapproccio GHM la definizione di costi e benefici
dellintegrazione derivanti dai diritti di propriet sui beni capitale
Ma in un mondo con contratti perfetti ed assenza di CdT, la
propriet del bene capitale non conferirebbe alcun potere
addizionale, e quindi limpresa non avrebbe motivo di esistere.
Ci sarebbero solo transazioni di mercato!
Inoltre, per GHM gli agenti sono come automi che, una volta
indotti allinvestimento efficiente dalla struttura ottimale dei diritti
di propriet, eseguiranno puntualmente il loro compiti. Ma i
rapporti di potere interni ad unimpresa non possono essere
spiegati con il solo concetto di DRC. Ci significa ignorare i
problemi di azione nascosta e di incentivo allesecuzione
ottimale del contratto che sorgono solo ex post.
Infatti in GHM non c posto per i classici problemi della relazione tra
propriet e manager, cos come non hanno alcun ruolo la frequenza
delle transazioni e la loro incertezza.
Infine, ciascun agente potrebbe investire risorse non per
aumentare la produttivit della relazione, ma per crearsi
sempre migliori outside options, da far valere al momento di
negoziare il surplus.