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SCELTE DI DIMENSIONAMENTO DELLA CAPACITÀ PRODUTTIVA (CP)

ABC 11.2, 11.3, 11.4 + caso Scaltrini


0. Capacità produttiva
1. Economia di scala
2. Economia di saturazione
3. Economia di apprendimento
4. Strategie di replicazione
CRESCITA E DIMENSIONE
Osservando i diversi sistemi di imprese si può notare come esistano diversi settori in cui le imprese
sono tutte di grandi dimensioni e altri nei quali convivono realtà fortemente diverse fra loro, dalle
produzioni artigianali a quelle di grandi dimensioni. Per alcune attività, quindi, la dimensione
sembra essere un fattore determinante per poter operare economicamente nel settore di
competenza, mentre per altre meno.
La dimensione può portare dei vantaggi economici (economia) nella realizzazione di un’attività:
COSTO MEDIO UNITARIO PIÙ BASSO.
Costo medio unitario = costi totali / quantità di unità = (costi variabili totali + costi fissi) /
produzione effettiva (Q)

Capacità produttiva
La dimensione dell’aziende si misura attraverso la sua capacità produttiva.
Capacità produttiva = numero massimo di output che possono essere prodotti in un certo
intervallo di tempo, cioè il numero di output massimo che può produrre uno stabilimento in
teoria.
Il concetto di CP si applica a tutte le attività che si svolgono nelle aziende, indipendentemente dal
settore di appartenenza.
Ci mostra quindi la potenzialità del sistema e non la sua reale efficienza perché non è detto che i
programmi di utilizzo aziendale prevedano (o richiedano) l’uso di tutta la capacità disponibile.
Bisogna distinguere fra capacità produttiva teorica e la produzione effettiva.

produzione effettiva
x 100=GRADO DI UTILIZZO o DI SATURAZIONE
CP(teorica)

a. Identificare un’unità di misura che renda quantificabile l’output


Dipende dall’attività. Esempio:
 Azienda di biscotti -> n° biscotti / mese
 Trasporto aereo -> posti occupati / anno
b. Identificare un’attività di riferimento
Numerose sono le attività aziendali coinvolte nella realizzazione di un prodotto
commercializzato e ognuna di esse produce un output e ha una propria CP. È importante, per il
management, bilanciare le CP delle varie unità. Se una presenta una CP inferiore alle altre si va
incontro al fenomeno del collo di bottiglia: la produzione a valle è troppo lenta per assorbire la
disponibilità di output (o viceversa) e quindi si rallenta tutta la filiera. L’attività con la minore
capacità produttiva, sarà la capacità produttiva totale.
ECONOMIA DI SCALA
Le EdS sono le riduzioni dei costi unitari che si ottengono installando e saturando capacità
produttive maggiori.
Infatti, imprese con maggiore CP, sono in grado di produrre le singole unità a costi inferiori rispetto
ad imprese più piccole.
CMU = costi totali sostenuti con l’impianto / quantità prodotta dallo stesso impianto
Si possono confrontare più impianti a parità di grado di saturazione:
CMU ↓ → CP↑ → %SATURAZIONE
si confrontano le capacità produttive e i costi medi unitari.
EdS = CMUa < CMUb con a>b
CMU scende all’aumentare nel numero di unità prodotte
EdS in un sacco di dipartimenti dell’impresa (R&S, marketing…)

Supponiamo di avere due imprese, con a<b


Valutazione dei costi
Costi variabili = materie prime utilizzate per ogni unità
Costo IPOTESI A Costo IPOTESI B
Capacità produttiva 200.000 400.000
Produzione effettiva 200.000 400.000
Grado di utilizzo 100% 100%
Materie prime 0.2 40.000 0.19 76.000
Totale c. variabili 40.000 76.000
Silos 7.500 7.500
Impastatrice 8.500 8.500
Forno 10.000 10.000
Confezionatrice 8.000 13.000
Farcitrice 6.500 9.000
Personale 30.000 50.000
Altri costi (energia, 5.000 9.000
pulizia)
Ammortamenti 2.000 3.000
TOTALE COSTI FISSI 77.5000 110.000
COSTI TOTALI 117.500 186.000
CMU 0.58 0.46

CONCLUSIONI
Sono davanti a EdS? Sì perché il CMU si abbassa per un’impresa più grande, con più capacità
produttiva. Si mantiene fisso il grado di utilizzo con CP raddoppiata. I costi sono aumentati ma non
sono raddoppiati.
1) Costi variabili unitari diminuiti (da 0.2 a 0.19), acquistando più unità si ha maggior potere
contrattuale
2) Costi fissi
 Vi sono alcuni componenti indivisibili (costi che non variano; es. silos, impastatrice, forno)
 Altri aumentano, ma non raddoppiano (aumentano meno che proporzionalmente)
Fonti delle EdS
(i) Indivisibilità di alcuni componenti
Alcuni componenti non possono andare sotto una scala minima. Sono elementi che si
presentano con le stesse dimensioni e stessi costi all’interno di un ampio intervallo di
dimensionamento della CP e pertanto i costi ad essi relativi non aumentano in presenza
di aumento di CP
(ii) Maggiore produttività input per effetto della specializzazione
↑dimensione → ↑specializzazione risorse → ↑efficienza (↓CMU)
(iii) Proprietà geometrica dei contenitori
La capacità è proporzionale al volume e non alla superficie.
Es. cubo. Se il lato aumenta, il volume aumenta più della superficie
(iv) Maggiore efficienza degli impianti più grandi
Molti impianti produttivi presentano miglioramento di efficienza all’aumentare della
potenza installata
Aumento potenza = prestazioni migliori e costi che aumentano ma meno che
proporzionalmente
(v) Minori costi unitari di acquisto
All’aumentare della CP, l’impresa aumenta i volumi di input acquistati e ottiene migliori
condizioni nei prezzi d’acquisto (sconti quantità)
Ragione economica, non di efficienza
Le imprese di grandi dimensioni hanno un potere contrattuale più grande

CMU

EdS Diseconomie di scala -> maggiore dimensione

Q
Il CMU diminuisce in presenza di EdS ma ad un certo punto il CMU inizia ad aumentare
(diseconomie di scala), perché?
1) Limite assorbimento del mercato
2) Richiesta di prodotti differenziati
3) Grandi aziende => minore flessibilità
4) Grandi aziende = maggiore complessità della gestione -> maggiori costi (coordinamento,
gestione, comunicazione…)
5) Costi di trasporto
6) ECONOMIE DI SATURAZIONE (o di assorbimento di costi fissi)
 EdS = CMU↓ → ↑CP
= Grado di saturazione
 Ec. Di saturazione = CMU↓ → = CP
↑%saturazione
CMU scende per un aumento dello sfruttamento, mantenendo costante la CP
Le economie di assorbimento della CP determinano minori costi unitari all’aumentare del grado di
utilizzo di una data CP e sono maggiori quanto maggiore è il peso dei costi fissi sul totale. Per le
imprese caratterizzate da maggiori costi fissi, le potenzialità di sfruttamento delle economie di
assorbimento sono maggiori rispetto alle imprese caratterizzate da una maggiore incidenza dei
costi variabili.

Due aerei, stessa dimensione. Aereo A al 100%, aereo B solo la metà dei passeggeri 50%.
Aereo A = CMU↓ per individuo
Aereo B = CMU↑ per individuo
Se l’aereo è pieno, mi costa di meno far volare ogni singola persona

CMU = costi fissi + costi variabili / produzione effettiva


I costi fissi sono gli stessi per i due aerei ma per l’aereo A questi vengono divisi su più passeggeri,
per cui il CMU è più basso.

Esempio
CP = 1000 unità
CF = 1000
CV unitari = 5
100% 50%
CMU = (1000+(5x1000))/1000 = 6 CMU = (1000+(5x500))/500 = 7
Esempio 2
IPOTESI A IPOTESI B
CP TEORICA 200.000 200.000
PROD. EFFETTIVA 150.000 200.000
GRADO DI UTILIZZO 75% 100%
MATERIA PRIMA (0.2) 30.000 40.000
COSTI VARIABILI 30.000 40.000
Silos 7.500
Impastatrice 8.500
Forno 10.000
Farcitrice 6.500
Confezionatrice 8.000
Personale 30.000
Altri costi (energia…) 5.000
TOTALE COSTI FISSI 75.500 75.000
COSTI TOTALI 105.500 115.500
CMU 0.70 0.57
I costi fissi totali sono uguali perché le due imprese hanno la stessa CP
ECONOMIE DI APPRENDIMENTO (esperienza)
Riduzione CMU (↑qualità) -> effetto esperienza
È dovuto all’esperienza per il fatto di ripetere una stessa attività tante volte. L’esperienza fa
riferimento al volume di produzione cumulata (il numero di volte che l’attività è stata ripetuta)
Definizione = le economie di apprendimento sono riduzioni di tempo regolari e prevedibili nel
CMU di un output che si realizzano al crescere del volume di produzione cumulata
Accumulando esperienza si abbassano i costi a parità di qualità oppure si alza la qualità a parità dei
costi
Non sono solo nell’ambito della produzione ma in tutti gli ambiti presenti all’interno dell’azienda.
Si calcolano valutando la riduzione dei costi ad ogni raddoppio della produzione cumulata
Esempio
1926: Wright Patterson Air
Ore impiegate per produrre un aereo diminuiva all’aumentare degli aerei prodotti. Questa
riduzione era regolare
AIRBUS PRODOTTI GIORNATE MANODOPERA X AEREO
1 200
2 160
3 140.4
4 128
5 119.1
6 112.3
7 106.9
8 102.4
Primo raddoppio (da 1 a 2 aerei) = -20%
Secondo raddoppio (da 2 a 4) = -20%
Terzo raddoppio (da 4 a 8) = -20%
RIDUZIONI REGOLARI

CMU

CX

C2X

X 2X Q = volume di produzione cumulata


CURVA DI APPRENDIMENTO
−b
q
Funzione della curva di esperienza: C q=C n ( )
n
Cq = costo dell’unità q, cioè dell’ultima unità prodotta
Cn = costo dell’unità n, cioè dell’unità prodotta al tempo precedente
q = quantità cumulata oggi
n = quantità cumulata
b = costante che esprime la velocità di apprendimento di ciascun caso specifico

La sua inclinazione mi dice la velocità di apprendimento


C2 X
V = C x 100
X

C2X = costo unitario di produzione dell’unità 2X


CX = costo unitario di produzione dell’unità X

FONTI ECONOMIE DI APPRENDIMENTO


(a) Crescente abilità nello svolgimento delle attività
Miglioramento skills
(b) Miglioramento selezione delle risorse produttive
(c) Coordinamento più efficiente (apprendimento collettivo)
(d) Maggiore programmazione attività
(e) Semplificare prodotti/processi
Utilizzate in settori con alta standardizzazione e con costi fissi alti
Vantaggio di prima mossa = la prima impresa che entra e avrà una buona tecnologia, sarà quella
che riuscirà a sviluppare prima economie di apprendimento

STRATEGIE DI REPLICAZIONE
- Replicazione → crescita veloce
Una combinazione particolarmente interessante di economie di scala, di saturazione e di
apprendimento si realizza attraverso le strategie di replicazione.
Replica il business model che ha ideato. Con questa duplicazione cerca di sfruttare competenze e
routine presenti nel patrimonio aziendale e che vengono applicate nello sviluppo di nuove attività
simili.
Es. apertura nuovo punto di vendita

Caso Scaltrini
1. Considerando la situazione attuale
Impianto per 435 comp/ora
80%
Com’è stato calcolato il CMU=22,815

CMU = (CF+CV) / Q (produzione effettiva)


CP = 1760 ore x 435 comp/ora = 765.600 comp/ora
Grado di utilizzo = 80%
Produzione effettiva = 612.480 compressori
Costi totali
Materie prime = 0,8 x 612.480 = 489.984
Energia = 0,5 x 612.480 = 306.240
MOD (manodopera diretta) = 157 x 20.660 = 3.243.620
TOTALE COSTI VARIABILI = 4.039.844
MOI (manodopera indiretta) = 18 x 33.570 = 604.260
Servizi = 2.580.000
Manutenzione = 1.550.000
Spese generali = 3.100.000
Ammortamento = 2.100.000
TOTALE COSTI FISSI = 9.934.260
COSTI TOTALI = CV + CF = 13.974.104

CMU = 13.974.104/612.480 = 22,815

435 comp 80% 157 op 435 comp 100% 196 op


Produzione effettiva 612.480 comp 765.600 comp/anno
Ricavi 17.455.680 21.819.600
Materie prime + energia 1,3 796.224 1,3 995.280
(0,8 + 0,5)
MOD 20.660 3.243.620 20.660 4.049.360
TOTALE COSTI VARIABILI 4.039.844 5.044.640
MOI 33.570 604.260 33.570 604.260
Servizi 2.580.000 2.580.000
Manutenzione 1.550.000 1.550.000
Spese generali 3.100.000 3.100.000
Ammortamenti 2.100.000 2.100.000
TOTALE COSTI FISSI 9.934.260 9.934.260
COSTI TOTALI 13.974.104 13.974.104
REDDITO OPERATIVO 3.481.576 6.840.700
(Ricavi - costi)
CMU 22,815 19,565

A parità di impianto, cambiando solo il grado di utilizzo, il CMU diminuisce, significa che siamo in
presenza di economie di saturazione.
CMU più basso perché i costi fissi vengono “spalmati” in un numero maggiore di compressori

Impianto grande
700 comp 100% 292 op 700 comp 69%
Produzione effettiva 1.232.000 comp 850.000 comp/anno
Ricavi (p. vendita = 28,5) 35.112.000 24.225.000
Materie prime + energia 1,2 1.478.400 1.020.000
(0,75 + 0,45)
MOD 292 6.032.720 4.173.320
TOTALE COSTI VARIABILI 7.511.120 5.193.320
MOI 20 671.400
Servizi 2.890.000
Manutenzione 1.550.000
Spese generali 3.615.000
Ammortamenti 2.800.000
TOTALE COSTI FISSI 11.526.400 11.526.400
COSTI TOTALI 19.037.520 16.719.720
REDDITO OPERATIVO 16.074.480 7.505.280
(Ricavi - costi)
CMU 15,45 19,67
CMU più basso con il 100% di saturazione = economie di saturazione

1 piccola 80% 2 piccola 100% 3 grande 100% 4 grande 69%


C. FISSI 9.934.260 9.934.260 11.526.400 11.526.400
R. OPERATIVO 3.481.576 6.840.700 16.074.480 7.505.280
CMU 22,815 19,56 15,45 19,67
Da 1 a 2 = economie di saturazione
Da 2 a 3 = economie di scala → aumenta la capacità produttiva mantenendo lo stesso grado di
utilizzo e otteniamo un CMU più basso.
I costi sono aumentati ma non proporzionalmente. Nell’opzione 3 ho costi proporzionali più bassi.
Da 4 a 3 = economie di saturazione

Lo scenario ottimo è il 3 ma è poco realista perché la domanda è di 850.000 e avrei compressori in


eccesso. Confronto quindi gli scenari 2 e 4.
Osservando il CMU, l’opzione 2 è preferita. Se si guarda l’incasso, si sceglie l’opzione 4.
Se scelgo l’opzione 2:
Impianto piccolo al 100% con un CMU↓
Inconveniente = non copro la domanda, lascio spazio ai concorrenti
Soluzione = si fanno produrre le unità mancanti a terzi e poi vengono messe sul mercato
dall’impresa
Se scelgo l’opzione 4:
Impianto grande al 69%
Inconveniente = l’impianto grande ha molti più costi fissi, appena la domanda si abbassa, si alza il
CMU. Struttura molto rischiosa. Non lavorare a piena capacità = rischioso
Soluzione = bisogna valutare la volatilità della domanda

DIPENDE DALLA STRUTTRA DI COSTI


Il rischio aumenta quanto più sono grandi i costi fissi
LEZIONE 4/11 ABC11.5
Assumendo una CP data, analizziamo l’effetto dei volumi effettivamente realizzati dall’azienda sui
costi e sul risultato reddituale. Si utilizza il modello analisi costi-volumi-risultati
I fattori che determinano il risultato economico conseguito dalle imprese in un determinato
periodo possono essere ricondotti a tre classi fondamentali:
 Gli elementi strutturali
 Il livello dei prezzi-costo e dei prezzi-ricavo
 I volumi

Gli elementi strutturali


Fattori come la CP, l’esperienza, la specializzazione, l’estensione verticale o orizzontale possono
essere definiti elementi strutturali dei costi, in quanto il loro configurarsi determina la struttura e
le modalità di funzionamento dell’azienda. Tali caratteri strutturali rappresentano le determinanti
prime del livello di EdS, di scopo e di esperienza che un’impresa può conseguire.
A parità di impianti, attrezzature, esperienza e gamma di beni offerti, i ricavi totali, i costi totali e i
risultati reddituali saranno legati soprattutto al configurarsi di due classi di fattori:
- Prezzi ricavo e prezzi costo
- I volumi effettivamente prodotti e venduti

PREZZI-COSTO E
PREZZI-RICAVO

RICAVI – COSTI DI GESTIONE CARATTERISTICA =


REDDITO OPERATIVO

DETERMINANTI VOLUMI
STRUTTURALI

Il livello dei prezzi


La scelta della struttura dei costi
La struttura dei costi viene definita seguendo diversi fattori: sono determinanti i fattori strutturali,
cioè la capacità produttiva installata (la massima di produzione di beni) e il mix di costi fissi e
variabili.
Questi prezzi possono essere definiti in base a diversi fattori.
I prezzi-costo dipendono dal potere contrattuale dei fornitori, dai volumi di acquisto, dalle
esigenze interne (rientrare in determinati costi)
I prezzi-ricavo derivano dalla volontà di applicare un premium price, un markup

Premium price o markup = un’azienda ha bisogno di creare un reddito che serve come
retribuzione per dipendenti e azionisti. Per creare questo reddito è necessario che ricavi < costi;
quindi prezzi ricavo > prezzi costo. La parte eccedente il prezzo di costo che poi determinerà il
prezzo-ricavo, è chiamata premium price.
La scelta di applicare una parte in più rispetto al prezzo di costo è una scelta aziendale e
determinerà il prezzo-ricavo. Determinerà anche la percezione dell’azienda all’interno del mercato
di riferimento. Dipende anche dalla disponibilità a pagare dei consumatori per il bene (fattore
esterno).

I prezzi-costo dipendono dai volumi (maggiore volume, minore prezzo). I volumi sono
fondamentali per capire la struttura di costo (come nel caso Scaltrini) e per capire la domanda e
quindi la produzione ottimale. Se si dovesse produrre una quantità maggiore, questa, nei vari
esercizi, continuerà ad essere portata. La scelta dei volumi è, insieme alla capacità produttiva,
fondamentale per decidere prezzi e costi.

Reddito operativo = ricavi – costi di gestione caratteristica

Volumi
A parità di struttura aziendale e di livello dei prezzi, la principale determinante dei costi di breve
periodo è rappresentata dai volumi.
Analizziamo le relazioni fra volumi e risultati aziendali, tramite il modell0 “costi-volumi-risultati”.

Analisi costi-volumi- risultati


Consente di modellizzare le relazioni tra volumi prodotti e venduti e risultati conseguiti. Bisogna
tenere a mente che alcuni costi variano (più o meno) proporzionalmente ai volumi, altri
rimangono invariati
Svolgere un’analisi costi-volumi-risultati consente quindi di:
– Analizzare il variare del risultato economico al variare dei volumi di vendita e identificare il punto
di pareggio
– Confrontare diverse ipotesi di configurazione di prezzi e costi
– Confrontare diverse ipotesi di internalizzazione ed esternalizzazione al fine di identificare la
soluzione migliore in termini di integrazione verticale (in quanto la catena del valore parte a
monte con il processo produttivo per arrivare a valle con la distribuzione dei beni prodotti) ed
estensione delle combinazioni economiche (si possono creare delle combinazioni con cui le
azienda decidono in parte di internalizzare alcune fasi ed esternalizzarne altre, anche all’interno
dello stesso processo produttivo)

Per migliorare il risultato di un’attività economica si possono intraprendere diverse azioni:


1. Variazione nei volumi
2. Variazione nei costi
3. Variazioni nei prezzi di vendita
Alla base di queste decisioni ci sono i costi e si sceglierà la soluzione con costi più bassi e più
favorevoli all’impresa

Condizioni di produzione
Si possono definire in due rami:
- Della gestione caratteristica, a loro volta in:
1) Impiego ripetuto = immobilizzazioni (quote di ammortamento)
2) Impiego unico:
a) Non strettamente proporzionali ai volumi (costi fissi di struttura, cioè costi non
modificabili nel breve-medio termine, e di politica, costi che servono a migliorare
efficienza o redditività)
b) Strettamente proporzionali ai volumi (costi variabili)
- Della gestione finanziaria e fiscale (costi finanziari e fiscali)

COSTI FISSI = Immobilizzazioni + non strettamente proporzionali ai volumi


I costi fissi sono tutti quei costi che non risultano direttamente correlati al volume di produzione e
vendita. L’analisi costi-volumi-risultati assume che i costi fissi rimangano invariati. Divisi in:
- Costi fissi di struttura = costi strettamente connessi alla CP in essere dell’azienda in un dato
momento. Esempi: MOI, MOD (se non riallocabile), manutenzioni, affitti, quote di
ammortamento.
- Costi fissi di sviluppo = costi fissi che non variano direttamente in relazione ai volumi.
Esempi: pubblicità, consulenze legali, formazione del personale

COSTI VARIABILI = Strettamente proporzionali ai volumi


Costi variabili = provvigioni di vendita, consumi di materie prime, lavorazioni esterne, MOD (se
riallocabile), energia, imballaggi, trasporti

Costi fissi + costi variabili = costi di gestione caratteristica


Di gestione finanziaria e fiscale = Costi extra gestione caratteristica

COSTI VARIABILI
Aumentano proporzionalmente all’aumentare dei volumi. Si ipotizza un aumento lineare.

costi costi

volumi volumi
Relazione ipotizzata Relazione effettiva

COSTI FISSI
Anche i costi fissi teoricamente non sono esattamente stabili all’aumentare dei volumi perché
all’aumentare dei volumi, non è detto che CP sia sufficiente (acquisizione nuovi impianti, maggiore
manutenzione)

costi costi

volumi volumi
Relazione ipotizzata Relazione effettiva

Quindi:
COSTI TOTALI = costi fissi + costi variabili
COSTI TOTALI UNITARI = costi totali / volume di beni prodotti e venduti
All’aumentare dei volumi:
- Costi variabili totali ↑
- Costi fissi =
- Costi variabili unitari =
- Quota unitaria costi fissi ↓
- COSTO MEDIO UNITARIO ↓
È un’economia di o assorbimento di costi fissi = aumento dei volumi comporta un aumento del
grado di utilizzo.
BEP
Punto di pareggio o Break Even Point
È il punto in cui i ricavi equivalgono ai costi totali della gestione caratteristica dell’impresa
pertanto, per avere un utile che produrrà remunerazione per gli azionisti, è fondamentale che i
ricavi siano superiori a costi fissi + costi variabili + costi finanziari e fiscali
BEP: R = TC
Se i ricavi sono inferiori ai costi totali, si ha una perdita di esercizio
Il BEP è l’ammontare delle vendite che consente di coprire tutti i costi aziendali
Può essere inteso anche come:
- Numero di pezzi da produrre e vendere per andare in pareggio (BEP in volume)
- Fatturato da conseguire per andare a pareggio (BEP in fatturato)

BEP → R = CT
p*Q = CF + CV
p*Q = CF + CVu*Q CVu = costo variabile unitario
(p*Q) – (CVu*Q) = CF
Q*(p - CVu) = CF
Q = CF / (p - CVu)

p – CVu = MDCu, margine di contribuzione unitario alla copertura dei costi fissi
Il prezzo quindi avrà una componente determinata dal costo variabile più MDCu che serve a
coprire i costi fissi.
Q = CF / MDCu
Il punto di pareggio è il punto nel quale la retta dei ricavi incrocia la retta dei costi totali. La
distanza fra la retta dei ricavi e quella dei costi di gestione caratteristica totali rappresenta il
reddito operativo. Prima del BEP è negativo, oltre è positivo.

MDCu è il contributo che la vendita di ogni unità di bene prodotta e venduta porta alla copertura
di:
- Costi fissi di gestione caratteristica
- Costi fissi finanziari e fiscale
- Formazione dell’utile netto (maggiore MDCu, maggiore utile)

Margine di contribuzione totale


MDC = R – CV = MDCu*Q = Q*(p - CVu)
Margine di contribuzione percentuale
MDC% = MDCu / p = MDC / R

Volume di pareggio = CF / MDCu


Moltiplicando entrambi i membri per il prezzo ottengo:
Fatturato di pareggio = CF / MDC%

Esempio 1
CF = 135.000
p=6
CVu = 1,50
1) Quante consumazioni devo vendere per coprire tutti i costi fissi?
Volume di pareggio = CF / MDCu = 135.000 / (6 – 1,5) = 30.000
2) Quale fatturato devo realizzare per andare in pareggio?
Fatturato di pareggio = CF / MDC% = CF*p / MDCu = 180.000

Esempio 2
CF = 75.000
CVu = 100
Markup = 2.5
1) Fatturato di pareggio =?
p = C*markup = 250
MDCu = p – Cvu = 150
MDC% = 150 / 250 = 0,6 = 60%
Fatturato di pareggio = CF / MDC% = 75.000 / 0,6 = 125.000

Valutazione del grado di rischio operativo


Rischio operativo = probabilità più o meno elevata di subire risultati reddituali particolarmente
negativi o particolarmente positivi in relazione al fluttuare dei volumi di produzione e vendita
Il rischio operativo dipende da due elementi della struttura economica delle imprese:
1. Livello del punto di pareggio (quanto è distante il BEP)
2. Grado di elasticità operativa:
a. Ampiezza della forbice fra ricavi e costi prima e dopo il punto di pareggio
b. Misurata come rapporto fra costi variabili totali in corrispondenza del BEP e costi fissi

ELASTICITÀ OPERATIVA = (CVu*Q) / CF


Inversamente proporzionale ai costi fissi

Azienda operativamente flessibile


1. Elevata incidenza dei costi variabili sui ricavi (forbice molto stretta)
È avvantaggiata al diminuire dei volumi
2. All’aumentare dei volumi: rapido aumento dei costi variabili
3. Alla riduzione dei volumi: elevata capacità di comprimere i costi

Azienda operativamente rigida


1. Ridotta incidenza dei costi variabili sui ricavi (forbice molto ampia)
È avvantaggiata all’aumentare dei volumi
2. All’aumentare dei volumi: aumento contenuto dei costi variabili
3. Alla riduzione dei volumi: limitata possibilità di comprimere i costi (in gran parte fissi)

Punto di pareggio ed elasticità operativa sono legati:


- Elevato punto di pareggio = elevato grado di rigidità
- Basso punto di pareggio = elevata flessibilità

Esiste una correlazione negativa tra costi fissi e variabili: aumentando i costi fissi si riduce
l’incidenza dei costi variabili sui totali (aumenta il rendimento delle attività interne e si riducono le
attività esternalizzate e i relativi costi)
ATTENZIONE = a parità di BEP l’elasticità operativa può essere differente

Esempio 1
Un produttore di mobili sta valutando se acquistare o meno un impianto automatizzato per la
lavorazione del legno che gli consentirebbe di eliminare lavorazioni attualmente svolte da imprese
esterne.
Il costo del nuovo impianto automatizzato è di € 120.000, ammortizzabile in 5 anni
Il nuovo impianto automatizzato richiederebbe anche l’assunzione di un nuovo operaio
specializzato (€40.000) e di uno generico (€ 30.000)

Situazione attuale
Prezzo 300
Costo materie prime 50
Lavorazioni esterne 150
Totale costi variabili 200
Costi fissi
Costo del lavoro 60.000
Costo di manutenzione e gestione impianti 10.000
Ammortamenti 20.000
Altri costi fissi 10.000
Totale costi fissi 100.000

Situazione attuale Con acquisto impianto


automatizzato
Prezzo 300 300
Costo materie prime 50 50
Lavorazioni esterne 150 50
Totale costi variabili 200 100
Costi fissi
Costo del lavoro 60.000 130.000
Costo di manutenzione e 10.000 16.000
gestione impianti
Ammortamenti 20.000 44.000
Altri costi fissi 10.000 10.000
Totale costi fissi 100.000 200.000

1) Calcolare il punto di pareggio in volume


A = CF / (p - CVu) = 100.000 / 100 = 1.000
B = 200.000 / 200 = 1.000
BEP(A) = BEP(B)
Il punto di equilibrio in volume nelle due opzioni è uguale.
Grado di elasticità dell’impresa:
A = (CVu*Q) / CF = 200.000 / 100.000 = 2
B = 100.000 / 200.000 = ½
L’impianto automatizzato presenta un indice di elasticità operativa inferiore, quindi comporta un
rischio maggiore.

COSA CONVIENE FARE?


Valutiamo il reddito operativo per Q=900 e Q=1100
RO = p*Q – (CF + CV)
Produzione / vendita Senza impianto automatizzato Con impianto automatizzato
900 270.000 – (180.000 + 100.000) 270.000 – (90.000 + 200.000)
= -10.000 = -20.000
1.000 300.000 – (200.000 + 100.000) 300.000 – (100.000 + 200.000)
=0 =0
1.100 330.000 – (220.000 + 100.000) 330.000 – (110.000 + 200.000)
= 10.000 = 20.000

Cosa conviene fare? Dipende dalle prospettive di vendita: Se ci aspettiamo di poter facilmente
superare le 100 unità vendute conviene investire, altrimenti conviene non investire

Il punto di pareggio è il volume di vendita o fatturato utile a coprire non solo tutti i costi fissi di
gestione caratteristica ma anche quelli della gestione finanziaria e fiscale. Se non si coprono tutti i
costi, l’impresa non può produrre un utile. Più alto sarà il fatturato e più bassi saranno i costi, più
alto sarà l’utile.
Il punto di equilibrio reddituale (o di profitto) =
costi fissi+ oneri finanziari+imposte+utile desiderato
MDC

Fatturato di equilibrio reddituale (o di profitto) =


costi fissi+ oneri finanziari+imposte+utile desiderato
MDC %

ESERCIZIO
Una palestra sta valutando se investire nelle terme, che porterebbe il prezzo di vendita degli
abbonamenti da 900 a 1.080 euro annui.
Attuale Dopo investimento
terme
CP, numero di abbonamenti vendibili in un anno 2.000 2.000
Prezzo di vendita di ciascun abbonamento 900 1.080
Costi variabili per abbonamento venduto 70 70
Costi variabili per abbonamento associati all’utilizzo delle 0 10
terme
Costo totale del lavoro 400.000 600.000
Affitto annuale locale palestra e terme 300.000 450.000
Altri costi fissi 296.000 450.000
Sulla base dei dati riportati:
 Calcolare il punto di pareggio in ciascuna delle due opzioni
 Calcolare il grado di elasticità operativa in ciascuna delle due opzioni
 Nell’ipotesi che la palestra abbia come obiettivo quello di raggiungere dopo la costruzione
delle terme un ROGC di 300.000 euro, calcolare il numero di abbonamenti che dovrebbe
vendere

SVOLGIMENTO
Situazione attuale Dopo investimento terme
Costi fissi
Costo del lavoro 400.000 600.000
Affitto locale e terme 300.000 450.000
Altri costi fissi 296.000 450.000
TOTALE COSTI FISSI 996.000 1.500.000
Prezzo unitario 900 1.080
Costi variabili unitari 70 80
- CV per notte venduta 70 70
- CV per notte + spa 0 10
MDCu 830 1.000
BEP in volume 1.200 1.500
Costi variabili nel BEP 84.000 120.000
Elasticità operativa 0,084 0,080
ROGC desiderato 300.000
Punto di profitto 1.800

BEP in volume = CF / MDCu


1. Situazione attuale = 996.000 / 830 = 1.200
2. Dopo investimento = 1.500.000 / 1.000 = 1.500
Elasticità operativa = CVT nel BEP / CF
1. Situazione attuale
CVT = BEP x CVu = 1.200 x 70 = 84.000
EO = 84.000 / 996.000 = 0,084
2. Dopo investimento
CVT = 1.500 x 80 = 120.000
EO = 120.000 / 1.500.000 = 0,080
Punto di profitto = (CFT + RO) / MDCu
1.500.0 + 300.000 / 1.000 = 1.800
STRATEGIA D’IMPRESA
Strategia = attività che consente di indirizzare e coordinare la gestione dell’impresa. È l’insieme
delle scelte di fondo con cui un’impresa cerca di conseguire un predeterminato sistema di
obiettivi.
La strategia è un piano che determina delle scolte per ottenere un posizionamento strategico
Scelte = cosa fare, dove farlo e come svolgere l’attività d’impresa

La strategia è strettamente connessa all’Orientamento Strategico di Fondo (OSF), la filosofia che


ispira la strategia.
L’OSF denota l’identità dell’impresa, in termini di valori e filosofia di comportamento, e ne
indirizza i comportamenti imprenditoriali
I principali ambiti strategici sono:
- I fini e gli obiettivi aziendali di fondo
- La scelta del campo di attività
IMPRESA - La filosofia gestionale

Obiettivi e valori
AMBIENTE
Risorse e competenze SOSTENIBILE

Sistemi organizzativi Concorrenti


STRATEGIA
Clienti

Fornitori

Strategia
Corporate

Strategie competitive
(Strategie d’area d’affari)

Strategie funzionali (Strategie di gestione


operativa)

1. Strategia d’impresa/corporate
Dove competere in funzione dell’OSF, cioè le aree strategiche d’affari (ASA)
2. Strategie competitive
Come competere, su quali competenze puntare in base alle proprie risorse
3. Strategie funzionali
Sui singoli aspetti della gestione: commerciale, operations, finanziaria. Ricoprono un ruolo
di coordinamento fra obiettivi operativi e strategici

STRATEGIE COMPETITIVE
Catena del valore = insieme delle attività condotte dall’impresa e ciascuna di queste può
supportare un vantaggio competitivo di costo o differenziazione
Le attività dell’impresa, secondo Porter, si dividono in:
- Attività primarie = rappresentano l’attività operativa dell’impresa nelle fasi di acquisto,
trasformazione e vendita
- Attività secondarie (o di supporto) = attività integrative di struttura, gestione delle RRUU e
R&S

Perché in un settore alcune imprese vanno meglio delle altre?


Il vantaggio competitivo è il risultato di una strategia che conduce l’impresa a occupare una
posizione favorevole nel contesto (mercato o ambiente) in cui opera.
ROA più alto rispetto al resto dei concorrenti
È la condizione che consente alle imprese la superiorità dei propri risultati economici
Esprime una posizione relativamente migliore in termini di valore creato per il mercato e i diversi
stakeholder, che si traduce in una redditività maggiore a quella media dei concorrenti

L’ottenimento del vantaggio competitivo è legato al perseguimento di una delle strategie di base.

FATTORE COMPETITIVO
Costo Differenziazione
AMBITO Tutto il mercato Leadership di costo Differenziazione
COMPETITIVO Un segmento Focalizzazione

Strategie di base:
- Strategia di costo
Maggiore capacità di economizzare i costi.
Condizioni:
(i) Costi azienda < costi concorrenti
(ii) Prezzo azienda ≤ prezzo concorrenti
(iii) Economie di scala e apprendimento = efficienza processo produttivo
Vantaggi più facilmente realizzabili con commodities

- Strategia di differenziazione
L’impresa produce prodotti differenti per i quali il consumatore è disposto a pagare un
prezzo diverso. Aumentare l’unicità percepita dal cliente (importante sia il marchio sia la
pubblicità). Chiave della differenziazione = il sovrapprezzo rispetto alla concorrenza deve
eccede i costi sostenuti per la differenziazione

- Strategia di focalizzazione
Una delle due in un segmento limitato di mercato
Esempio= focalizzazione differenziazione: Hermes
Focalizzazione costo: Ryanair

Da cosa deriva il vantaggio competitivo?


Il vantaggio competitivo di un’impresa dipende da come l’impresa svolge una serie di attività in
modo unico: activity-based view. Dipende dunque esclusivamente dalle risorse dell’impresa.
Risorsa = fattore che l’impresa può controllare e utilizzare
Si riesce a sviluppare alcune attività di base in modo completamente unico rispetto ai concorrenti.

Le risorse si dividono in:


- Materiali = impianti, macchinari, MP
- Immateriali = brevetti, marchi, fiducia
- Finanziarie = fondi propri e di debito
- Umane = il personale
Competenze = capacità di combinazione e aggregazione delle risorse

L’attività dell’impresa si può suddividere in attività di supporto e attività primario


Supporto = partecipano in modo indiretto alla produzione del prodotto
- Infrastrutture
- RRUU
- R&S
Primarie = legate direttamente alla produzione
- Logistica in entrata
- Produzione
- Logistica in uscita
- Marketing e vendita
- Servizi
Ogni attività (primaria e secondaria) contribuisce alla creazione di valore per il cliente e alla
formazione dei costi, e alimenta per questo il valore aggiunto del quale l’impresa riesce ad
appropriarsi
Cosa supporta il vantaggio competitivo?
Le caratteristiche delle risorse a disposizione dell’impresa e la sua capacità di sfruttarle sono alla
base dell’esistenza di un VC (resource-based view)
Tipi di risorse:
- Tangibili = risorse materiali
- Intangibili = reputazione, brevetti…
- Competenze

Risorse
1. Senza valore = svantaggio competitivo
2. Con valore = opportunità. Possono essere
- Non scarse = parità competitiva
- Scarse = rendite. Possono essere
 Imitabili = vantaggio competitivo temporaneo
 Non imitabili = meccanismi di isolamento. Possono essere:
o Non organizzate = vantaggio competitivo potenziale
o Organizzate = meccanismi di sfruttamento, quindi
VANTAGGIO COMPETITIVO REALIZZATO
MECCANISMI DI ISOLAMENTO
Meccanismi che ci proteggono dall’imitazione dei concorrenti.
- Meccanismi formali = brevetti
- Meccanismi informali = asimmetrie informative
Perché le rendite derivanti dalla scarsità dei fattori possano essere mantenute nel tempo devono
esistere meccanismi atti a prevenire l’imitazione da parte dei competitor. Servono quindi a
difendere il proprio vantaggio competitivo.
Il processo di generazione/approssimazione delle risorse può dare origine a cinque meccanismi di
isolamento:
1. Diseconomie di compressione temporale
Fenomeno per cui un imitatore non è in grado di risparmiare tempo replicando
semplicemente la risorsa in quanto deve ripetere alcuni investimenti del first mover
2. Dimensione ottima minima
Incrementare il livello di una risorsa è più semplice quanto maggiore è il livello di partenza
della risorsa stessa. Esempio: campagna pubblicitaria di un’impresa di marchio noto e una
sconosciuta
3. Interdipendenza fra risorse = molto spesso le risorse sono collegate fra di loro e quindi la
loro imitazione è sempre più difficile
4. Ambiguità causale = problema nel copiare un’impresa è capire cosa imitare, cioè quali sono
le condizioni che determinano il suo successo
5. Non mobilità = non è trasferibile, quindi impossibile da imitare

Le capacità dinamiche si qualificano come i processi attraverso cui le imprese integrano,


sviluppano e riconfigurano le proprie competenze distintive, rinnovando il proprio assetto
strategico. Esse sono difficilmente acquisibili dall’esterno perché sono il risultato di un processo di
apprendimento.
Quali sono le principali categorie di risorse e competenze per il supporto del vantaggio
competitivo?
Risorse e competenze INTANGIBILI: meno flessibili, difficili da accumulare e da trasferire quindi
difficilmente imitabili.
Il capitale intangibile si struttura in tre componenti:
(i) Capitale umano
Condizioni per valorizzare le persone:
- Sicurezza posti di lavoro
- Accuratezza selezione personale
- Decentramento potere decisionale
- Percezione equità trattamento economico
- Investimento in formazione mirata
- Percezione equità organizzativa
- Trasparenza nella diffusione delle informazioni relative al trattamento del lavoro
+ motivazione dipendenti → ↑successo aziendale
(ii) Capitale organizzativo
Insieme delle risorse di conoscenza, capacità di apprendimento e valori condivisi dai
membri di una collettività sociale istituzionalizzata
Risorse di competenza: tecnologiche (R&S, produzione); di mercato (distribuzione,
vendita e consumo); integrative
(iii) Capitale relazionale
Relazioni con le diverse categorie di stakeholders

LA GESTIONE STRATEGICA NEI CONTESTI DINAMICI


CICLO DI VITA ED IMPLICAZIONI STRATEGICHE
4 fasi del ciclo di vita del prodotto/settore:
1. Nascita
2. Crescita
3. Maturità
4. Declino e crisi

Nascita
L’impresa nasce per effetto della spinta creativa di un imprenditore che genera dal nulla
un’organizzazione intorno ad un‘idea e alla propria azione personale. Nella società si generano
continuamente nuove opportunità per effetto di: progressi tecnologici, cambiamenti demografici o
mutamenti nei gusti.
Il nuovo prodotto deve essere difendibile da possibili imitazioni rapide e la nuova impresa deve
avere le risorse necessarie per produrre il bene in modo efficace.

È possibile elencare i passi che, in linea generale, ogni nuova impresa deve effettuare:
- Cogliere le opportunità
- Rifinire l’idea
- Proteggersi dall’imitazione
- Costruzione della squadra
- Start-up
- Finanziamento
- Lancio del prodotto

Crescita
È una condizione necessaria alla sopravvivenza dell’impresa.
Al termine del periodo di nascita la tecnologia, la struttura organizzativa e le strategie di mercato
che avranno successo, appaiono chiare al management
È necessario spostare l’attenzione dal prodotto verso l’innovazione di processo così, se il mercato
cresce rapidamente, non si ha bisogno di sottrarre clienti ai concorrenti, ma si può ottenere una
performance molto alta consolidando la propria posizione sul mercato
Ogni impresa tende a concentrarsi su uno specifico ambito strategico
I concorrenti divengono più efficienti a causa principalmente di economie di scala e di
apprendimento

Maturità
È il momento caratterizzato da maggiore stabilità ma offre condizioni meno favorevoli per
l’ottenimento di adeguati livelli di redditività.
Incremento intensità della concorrenza: espulsione concorrenti marginali e tendenza alla
concentrazione
Il rallentamento della crescita della domanda del mercato crea eccedenze di capacità produttiva;
le imprese possono rispondere con:
1. Riduzione dei costi unitari:
- curva di esperienza
- economie di scala
- ottenimento di risorse produttive a basso costo
- Livelli elevati di efficienza operativa
2. Sfruttamento di particolari “leve”
- Dinamica di nicchia
- Dinamica qualitativa
- Potenzialità innovativa
- Vuoti di offerta

Declino
Due situazioni differenti: declino (riduzione CP, indebolimento della situazione finanziaria) e crisi in
senso stretto (condizione di perdite economiche forti e strutturali)
La fase di declino è caratterizzata da:
- Eccedenza di capacità produttiva
- Assenza di innovazione
- Riduzione numero di concorrenti
- Intesa lotta concorrenziale
In vista di una situazione di declino si dovrebbe:
- Ridurre al massimo gli investimenti in CP
- Orientare l’organizzazione alla flessibilità
- Intraprendere strategie di diversificazione

POSIZIONE COMPETITIVA

Vantaggi rispetto alla Assenza di vantaggio rispetto


domanda residuale alla domanda residuale

Favorevole Quota o nicchia Mietitura o


disinvestimento rapide
STRUTTURA DEL Sfavorevole
Nicchia o mietitura Disinvestimento rapido
SETTORE
Di nicchia = punta all’occupazione di un segmento della domanda protetto dal declino
Di quota = punta a far acquisire all’impresa una posizione di leadership nel settore alzando la
propria quota di mercato. L’impresa deve cercare di mettere fuori gioco i concorrenti, spingendoli
ad uscire dal mercato attraverso, ad esempio, una guerra dei prezzi o abbassando le barriere in
uscita.
Di mietitura = l’impresa cerca di ottenere il massimo ritorno finanziario dal business in declino
evitando ulteriori investimenti. Accelera, cioè, il declino
Disinvestimento = dismissione delle attività e liquidazione e vendita degli attivi

I fattori che possono portare alla crisi sono riconducibili a due classi
1. Cause primarie = fattori di tipo ambientale o interno che determinano l’incapacità
strutturale dell’azienda a mantenersi in stabili condizioni di economicità. Sono fattori:
- Strategici
- Finanziario-societari
- Organizzativi
- Straordinari
2. Cause secondarie = intervengono dopo le cause primarie e ne moltiplicano gli effetti.
Riconducibili a:
- Erosione del sostegno degli stakeholders
- Crescenti inefficienze
- Deterioramento del clima interno e dei processi decisionali

STRATEGIE DI FRONTEGGIAMENTO DELLA CRISI


Uno degli strumenti operativi maggiormente diffusi è il turnaround, inteso come cambiamento
rapido sollecitato da contenti divenuti difficili. Consiste nel: rimuovere le cause principali della
crisi, offrire garanzie agli stakeholders per ristabilire la fiducia, contenere le inefficienze con
riduzioni dei costi, sostituire il management per ricreare un clima positivo

LE STRATEGIE DI CRESCITA
MODALITÀ di crescita
1.1 Interna
Crescita interna
È un processo di sviluppo lento che avviene all’interno di una struttura societaria definita.
Consiste nello sfruttare opportunità interne e creare nuove competenze distintive. L’impresa deve
combinare sfruttamento opportunità esistenti/l’esplorazione opportunità nuove. Come? Spin-offs
teams
Spin-off = nuova azienda finanziata dall’impresa
Non sempre la spin-off viene riassorbita dopo il lancio del prodotto
Il vero vincolo alla crescita interna risiede nella difficoltà di creare e valorizzare le capacità
imprenditoriali nell’ambito dell’organizzazione. Ci sono 4 possibili approcci all’imprenditorialità
interna basati su combinazioni di due dimensioni complementari.
RESPONSABILITÀ
Diffuse Concentrate
AUTORITÀ SULLE Dedicata Facilitatore Produttore
RISORSE Contingente Opportunista Sostenitore

Facilitatore = l’impresa mette a disposizione delle attività di sviluppo risorse dedicate, chiedendo il
supporto all’intera organizzazione
Opportunista = l’impresa non si dota di una strategia deliberata e specifica sull’identificazione e sviluppo di
nuove opportunità di business
Produttore = l’impresa crea una business unit ad hoc cui viene affidato il mandato esclusivo di
sviluppare nuovi business
Sostenitore = l’impresa sostiene l’importanza di sviluppare nuovi business sebbene i fondi vengano
stanziati al bisogno

1.2 Esterna
Crescita esterna
Sviluppo mediante acquisizione o fusione con imprese già esistenti
Processo veloce perché sto comprando un business che funziona già.
L’acquisizione consiste nel trasferimento di proprietà di un’azienda verso il corrispettivo di un
prezzo. La fusione può eseguirsi mediante incorporazione o per consolidamento mediante
costituzione di una società nuova. La fusione è una combinazione più rigida rispetto
all’acquisizione poiché l’incorporante subentra in tutte le attività e passività delle società
partecipanti.
Vantaggi crescita esterna = no barriere all’ingresso, maggiore potere di mercato in un tempo
relativamente breve.
Svantaggi = processo esposto al rischio di pagare troppo le imprese acquisite e di subire difficoltà
successive di integrazione

1.3 contrattuale
crescita contrattuale
basata su accordi fra imprese mediante la costituzione di joint venture o altre forme di
collaborazione (strategie cooperative)

STRATEGIE di crescita
2.1 sviluppo orizzontale
2.2 diversificazione
2.3 Sviluppo verticale
2.4 Altre strategie

Opzioni strategiche e percorsi di sviluppo


SVILUPPO ORIZZONTALE
Attuabile mediante espansione interna dell’impresa (es aumentare il grado di sfruttamento degli
impianti esistenti o la scala produttiva) o acquisizione di imprese similari operanti nello stesso
mercato (integrazione orizzontale)

È finalizzato al rafforzamento della posizione di impresa (quota di mercato) per mezzo di:
- Completamento della gamma di prodotti offerti
- Ampliamento del numero di segmenti di mercato
- Espansione geografica

È un’opzione di crescita dal rischio contenuto e richiede tempi di realizzazione meno lunghi,
consentendo di sfruttare risorse già disponibili. Uno dei principali vantaggi che si può raggiungere
è sotto il profilo dei risparmi dei costi, legati al più economico impiego delle risorse. Il costo
unitario di produzione tende a diminuire al crescere del volume produttivo.

DIVERSIFICAZIONE (sia crescita interna che esterna)


È una scelta strategica con cui l’impresa allarga l’ambito delle sue attività in termini di prodotti
venduti o di mercati serviti e può essere vista come l’aggiunta di attività appartenenti a filiere
differenti. Le strategie di diversificazione riferiscono alla definizione del portafoglio di aree d’affari
in cui un’azienda opera, ossia dalla numerosità e alla disomogeneità delle aree (le aree strategiche
di affari, ossia le combinazioni economiche parziali) nelle quali vuole operare
Ci sono due tipi di diversificazioni:
- diversificazione correlata = percorso di crescita orizzontale lungo sentieri prossimi a quelli
esistenti. L’impresa non modifica il gruppo di clienti a cui si rivolge. Solitamente, significa collocare
i nuovi prodotti attraverso vecchi canali distributivi e conservare il proprio posizionamento
strategico in termini di prezzo e qualità
- diversificazione conglomerale = crescita mediante il passaggio a business completamente nuovi
per tecnologie e caratteristiche dei clienti serviti. Le imprese che attuano in modo sistematico tale
strategia si caratterizzano per inglobare senza alcun legame industriale.
La strategia della diversificazione si rivela redditizia nel lungo periodo solo sa condizione di offrire
tangibili vantaggi economici. La diversificazione può offrire quattro diversi tipi di economie:
- economie finanziarie
La diversificazione comporta il formarsi di un gruppo complesso di imprese e di una sort di
mercato finanziario interno. Una gestione finanziaria centralizzata consente di minimizzare
il ricorso al finanziamento esterno e consente di spostare rapidamente risorse nelle aree
organizzative in cui sono necessarie
- riduzione del rischio
In un’impresa che opera in più mercati il rischio complessivo viene ridotto rispetto a
un’impresa monobusiness
- economie di campo (o raggio d’azione)
Queste economie sono costituite dai risparmi di costo che derivano dalla presenza
contemporanea in più settori di attività. In genere, scaturiscono dall’utilizzo condiviso di
risorse immateriali o materiali.
- motivo reale = si producono SINERGIE.
Si producono sinergie quando lo svolgimento congiunto di due o più attività porta ad un
risultato superiore a quello dato dalla somma dei risultati che si ottengono dalle stesse
attività se svolte separatamente. La valutazione di queste sinergie avviene in base alla
generazione o no di ECONOMIE DI RAGGIO D’AZIONE
Economie di raggio d’azione (o campo)
Questo tipo di economie è alla base della diversificazione aziendale. Si hanno economie di raggio
d’azione quando, nella produzione di uno o più output diversi, si realizzano dei vantaggi
utilizzando risorse in comune.
C(A+B) < C(A) + C(B)
Il costo di produrre A e B congiuntamente è inferiore al costo di produrre A e B separatamente
Le risorse condivisibili si dividono in:
1. Materiali
- Condivisione di elementi materiali della struttura produttiva (impianti e attrezzature)
- Condivisione di elementi materiali della struttura di vendita (canali e reti distributive)
2. Immateriali (vincolo di coerenza e appropriabilità):
- Condivisione di risorse immateriali (immagine, brand, brevetto, know-how, risorse
manageriali). Sfruttamento di un marchio in più prodotti = effetto ombrello. Esempio
Apple, quando lancia il nuovo modello di iPhone, si ha un aumento di domanda di tutti i
prodotti Apple

La gestione del portafoglio dei prodotti


Quota di mercato relativa = fatturato dell’azienda rispetto al fatturato del principale concorrente =
va a evidenziare il mio controllo del settore
Una matrice di una società di consulenza che cercava di aiutare le imprese a decidere come gestire
il portafoglio di prodotti, cioè la diversificazione della propria impresa. Tale modello suddivide i
prodotti sulla base del tasso di crescita del mercato e della quota di mercato relativa rispetto al
concorrente leader.
La matrice Boston Consulting Group
Quota di mercato relativa
Bassa Alta
Question mark Star
Tasso di crescita del mercato Alto
Dog Cash Cow
Basso
Question mark = un prodotto in crescita ma in situazione di incertezza. Non sappiamo se avrà
successo. Potrebbe diventare una grande opportunità o un grande sbaglio. Per scoprirlo, ha
bisogno di investimenti per capire se può diventare una star
Star = Prodotti di successo. Il saldo tra le risorse finanziarie assorbite e quelle generate è negativo
o poco positivo, poiché sono necessari investimenti elevati per sostenere le vendite e i fabbisogni
crescenti in capitale circolante
Cash cow = Sono prodotti star che hanno esaurito la fase di espansione del mercato. I loro alti
flussi di cassa e il basso livello di investimenti richiesto permettono di finanziare altre attività
Dog = se il question mark non è una grande opportunità, non diventa una stella ma un dog. È un
prodotto che non dà redditività che genera anche perdite. Bisogna decidere se disinvestire o
cercare di aumentare la redditività utilizzando la cash cow.

SVILUPPO VERTICALE
Le imprese possono crescere lungo la filiera tecnologica, quindi verticalmente.
Con filiera tecnologica si intende l’insieme di lavorazioni che devono essere effettuate per passare
dai materiali grezzi al prodotto finito.
All’interno di ogni filiera si collocano più imprese, ciascuna delle quali si specializza nello
svolgimento di una o più delle fasi di lavorazione, occupando una posizione. Tale posizione
corrisponde al grado di integrazione verticale.
La strategia di integrazione verticale consiste nella scelta di aumentare il grado di integrazione.
Ogni azienda deve decidere quanto integrarsi (estendersi) a monte e a valle
Integrazione a monte = l’impresa decide di svolgere attività che solitamente vengono svolte dai
fornitori (a monte della propria filiera).
Integrazione a valle = l’impresa decide di svolgere internamente attività tipiche dei clienti e
intermediari (attività a valle della propria filiera). Esempio = Apple invece di usare la GDO, ha
creato gli Apple store
Le imprese devono scegliere il proprio grado di integrazione verticale, ossia l’intensità del controllo
esercitato sulla propria filiera produttiva.
Può avvenire sia per processi interni (esempio di Apple) sia attraverso l’acquisizione di altre
imprese legate o meno da relazioni di filiera
- Svantaggi:
Il coordinamento di numerose attività genera problemi organizzativi e un innalzamento dei
costi burocratici.
Aumento del rischio imprenditoriale in ragione di un incremento di rigidità della struttura
dei costi.
Non c’è la possibilità di passare a nuovi fornitori e a nuovi clienti quando le condizioni di
mercato renderebbero conveniente farlo
Innalza il BEP, esponendo l’impresa al rischio di oscillazione della domanda
Rende costoso e problematico l’abbandono dell’attività che si avvicina al declino
- Vantaggi:
Tecnici = maggiore coordinamento e controllo delle attività, qualità, specificità
Economici = appropriazione dei margini di profitto di clienti e fornitori, riduzione dei costi
di transazione e minore possibilità di comportamenti opportunistici
Concorrenziali = aumento del potere di mercato nei confronti di fornitori e/o clienti e
quindi è un’efficace barriera all’entrata nei confronti di possibili nuovi competitors

L’impresa deciderà di internalizzare o esternalizzare in base ai costi di transazione.


Confrontare i costi dell’internalizzazione con i costi dell’esternalizzazione
MAKE vs BUY
Make = costi di realizzazione interna + costi di coordinamento interno
Buy = prezzi di acquisto (a monte) o prezzi di vendita (a valle) + costi di transazione esterna

Determinanti dei costi di transazione


L’entità dei costi di transazione è connessa a:
- Incertezza/complessità informativa
Maggiore incertezza, maggiori costi di transazione, maggiore internalizzazione
- Investimenti in risorse specifiche
Maggiore specificità, maggiori costi di transazione
- Frequenza e opportunismo
Maggiore specificità, maggiore opportunismo, maggiore internalizzazione

STRATEGIE DI FOCALIZZAZIONE SUL CORE-BUSINESS


Dovrebbero essere intraprese come opzioni strategiche di rafforzamento o di assestamento
dell’impresa
Tali strategie si sostanziano in processi di ristrutturazione improntati a maggiore prudenza nella
gestione delle risorse e alla difesa delle posizioni occupare, rifocalizzando l’attività sul core
business.
Due tipi di strategie:
- Corporate restructuring & development:
Una forma di radicale intervento sulla struttura organizzativa che punta a razionalizzare i
settori di attività di un gruppo diversificato generalmente di grandi dimensioni.
Strategia di riposizionamento dei business centrali, il contrario di un’integrazione verticale.
Tornare a business centrali, cercare di razionalizzare i settori, cioè disinvestire in attività
non centrali, concentrandosi esclusivamente nei settori centrali. Il disinvestimento non solo
snellisce l’organizzazione ma può anche generare importanti risorse finanziarie da utilizzare
per ridurre l’indebitamento e alimentare investimenti nel corse business.
- Strategie di Outsourcing
Ricerca sistematica di occasioni di affidamento a terzi di processi in precedenza realizzati
internamente. Tale fenomeno ha portato alla nascita delle imprese network la cui
caratteristica principale è proprio il bassissimo grado di integrazione verticale. L’impresa si
concentra in poche attività e il resto decide di comprarlo da terzi.
L’outsourcing può essere completo o parziale.
+ = struttura organizzativa leggera, riduzione costi e rischio.
- = problemi di coordinamento
Esempio= Benetton si concentra in attività centrali (core) come: colore, tinta e taglio dei
capi di abbigliamento. Per il resto si affida a terzi, a imprese esterne, di chi fa outsourcing.
Vendita attraverso il franchising, altre attività di produzione attraverso piccole imprese
piemontese, marketing subcontratto con azienda esterna. Si crea una sorta di network
(impresa a rete) fra tutti i rapporti a lungo periodo stabili con imprese esterne. Impresa con
bassissima integrazione verticale, perché quasi tutto viene affidato a terzi

LA GESTIONE STRATEGICA DELLA GLOBALIZZAZIONE


L’espansione internazionale è la strategia diretta allo sviluppo all’esterno. Questo non è soltanto lo
sviluppo commerciale ma anche l’analisi di dove localizzare le proprie attività di ricerca,
produttive, di vendita, ecc.
La spinta all’internazionalizzazione può derivare
1. Da una spinta interna, cioè il management, analizzando la propria strategia, intravede nella
crescita internazionale una possibilità importante di sviluppo
2. Da stimoli esterni, cioè favorevoli condizioni in mercati esteri che incentivano la nostra
impresa a intraprendere un percorso di crescita internazionale
Il processo di internazionalizzazione può condurre a diversi orientamenti di impresa:
- Impresa internazionale: impresa che vuole sfruttare le conoscenze e la capacità interne,
cioè della casa madre, per diffondere i propri prodotti all’esterno
- Impresa multinazionale: il cui approccio è improntato al rendere i prodotti adattivi alle
singole nazioni, alle singole esigenze presenti nelle singole nazioni. Ovviamente le singole
nazioni hanno delle esigenze e delle caratteristiche diverse, abbiamo delle differenze sia in
termini di domanda ma anche differenze da un punto di vista legislativo, differenze per
quanto riguarda i canali di distribuzione… L’approccio è quello di adattare la propria offerta
alle caratteristiche delle singole realtà nazionali
- Impresa globale: tratta il mondo o un determinato ambito geografico come se fosse un
unico paese. Struttura la propria impresa in modo tale da ottenere il massimo sfruttamento
delle economie di scala o sfruttamento delle differenze locali in termini di costo e di qualità
in modo tale da poter offrire un prodotto identico in tutti i vari paesi. Tale prodotto è stato
in questo caso strutturato e costruito sfruttando i vantaggi economici o vantaggi di qualità
del prodotto derivanti a livello internazionale (Apple, Microsoft)

Internazionale Multinazionale Globale


1 Missione Redditività Accettazione locale Legittimazione
(sopravvivenza)
2 Processi di:
- Definizione Top down Bottom up (le filiali Negoziati a tutti i
obiettivi decidono in semi- livelli tra le imprese
autonomia gli dell’intero globale
obiettivi)
- Meccanismi di Gerarchici con la casa Rapporti tra casa Verticali e orizzontali
comunicazione madre che impone la madre e filiali locali fra casa madre e filiali
propria strategia
- Allocazione Opportunità e politica Autonomia di Progetti d’allocazione
delle risorse investimenti decisa definizione e delle risorse a livello
dalla casa mare responsabilità locale globale
su politica
d’investimenti
3 Definizione della Integrata a livello Orientata alla Integrata a livello
strategia globale specificità globale globale
4 Organizzazione Gerarchica, per Gerarchica, per area Network
divisioni e regionale ma con organizzativo
raggruppamenti di autonomia locale
prodotti
5 Cultura Paese originario Paese ospite Globale
Internazionale
Top down = l’impresa al centro con il suo Amministratore delegato che definisce gli obiettivi e poi
vengono diffusi all’interno dell’organizzazione e all’interno dell’eventuali filiali internazionali
Meccanismo gerarchico = è la casa madre che impone la propria strategia
Strategia integrata a livello globali = è una strategia unica, si vende il prodotto allo stesso modo nei
vari paesi, senza differenziarlo
Organizzazione gerarchica e normalmente per divisioni e raggruppamenti di prodotto. Tende ad
avere un’organizzazione focalizzata sul prodotto che poi viene venduto così com’è in tutti i vari
paesi
Multinazionale
Dà molta più enfasi ai singoli paesi. Si cerca l’accettazione locale dei vari prodotti e quindi c’è un
approccio adattivo: cerco di adattare il prodotto ai singoli paesi.
Gli obiettivi devono essere definiti localmente perché si deve avere una grande conoscenza della
domanda locale. Filiali molto indipendenti
Rapporti molto forti casa madre – filiali
Autonomia locale per le politiche di investimento (tutto comunque coordinato dall’alto)
Strategia orientata alle specificità locali
Organizzazione sarà con una forte definizione sulle singole aree regionali e nazionali e quindi con
una forte autonomia locale
Globale
Obiettivo: legittimare la propria presenza a livello globale e quindi un approccio complessivo a
livello globale dove tende ad avere un obiettivo di sviluppo diretto a livello globale. Nell’approccio
globale si tende a vedere il mondo come se fosse un unico paese e si tende ad organizzarsi in
modo corrispondente, cercando di sfruttare al massimo le economie di scala, i vantaggi costo a
livello globale e cercando di avere un approccio culturale globale.
La definizione degli obiettivi quindi passa attraverso una negoziazione ai vari livelli dell’impresa
che però è già un’impresa globale e non più nazionale. Si va a creare questo network globale

LE TRE A DELLE STRATEGIE GLOBALI


Nella strategia globale occorre bilanciare le economie di scala (che spingono a standardizzare le
attività internazionali) con l’esigenza di adattamento locale (che spingo a variare le attività
internazionali). Le opzioni possibili sono:
- Adattamento: tipico della unità locali indipendenti operanti nei vari paesi, senza
sfruttamento le EdS
- Aggregazione: centralizzazione delle attività in una o in poche macro-regioni, che servono i
vari mercati locali
- Arbitraggio: disaggregazione della catena del valore per beneficiare dei vantaggi comparati
dei vari paesi
Le scelte di internazionalizzazione dipendono dalle caratteristiche del settore; in assenza di vincoli
dettati dal settore, le imprese possono scegliere di internazionalizzarsi in funzione di una
vocazione internazionale spinta da diverse motivazioni. Indipendentemente dalle motivazioni,
però, si possono distinguere quattro forme differenti di internazionalizzazione:
NO SI
Operazioni commerciali senza investimenti Operazioni produttive
diretti all’estero: senza investimenti diretti
- Esportazione indiretta all’estero:
Produzione NO - Esportazione diretta - Licenze o
all’estero contratti di
fabbricazione
- Impianti chiavi in
mano
Operazioni commerciali con investimenti Operazioni produttive
diretti all’estero: con investimenti diretti
- Rappresentanze commerciali all’estero:
SI - Centri di distribuzione/servizio - Assemblaggio
Investimenti - Filiali di vendita - Fabbricazione
diretti
all’estero

1. Operazioni commerciali senza investimenti diretti all’estero


È la modalità meno impegnativa di internazionalizzazione, con cui l’impresa si limita
all’esportazione di parte della propria produzione, direttamente o indirettamente
2. Operazioni produttive senza investimenti diretti all’estero
Si affida la produzione a operatori stranieri, con cui si concludono contratti di licenza e
fabbricazione, arrivando in alcuni casi alla predisposizione di impianti chiavi in mano. La
commercializzazione è a cura dei partner stranieri o del produttore originario
3. Operazioni commerciali con investimenti diretti all’estero
L’impresa mantiene nella nazione d’origine i processi produttivi ma installa all’estero una propria
organizzazione commerciale. Si può scegliere un intervento completo (filiali proprie) o servirsi di
importatori e distributori
4. Operazioni produttive con investimenti diretti all’estero
È la forma più completa di internazionalizzazione, con lo svolgimento di fasi di lavorazione o
dell’intero ciclo produttivo all’estero

Spesso l’internazionalizzazione avviene mediante un graduale passaggio da tutte le fasi precedenti.


Il problema principale di questa espansione riguarda la distribuzione delle attività fra centrale del
gruppo e filiali nazionali. Le decisioni sul dove localizzare le varie attività sono guidate da
considerazioni di vantaggio comparato. Porter propone una classificazione delle strategie
internazionali basata sulla concentrazione geografica delle attività della catena del valore e sul
grado di coordinamento delle attività svolte in diversi paesi:

Configurazione delle attività


Dispersione geografica Concentrazione geografica
Coordinamento Elevato Forte investimento Strategia globale pura
delle attività all’estero e forte
coordinamento delle
attività
Basso Strategia Strategia di esportazione
multidomestica con marketing
decentralizzato

LA BASE DELLA PIRAMIDE


Analisi dei vari mercati in base al reddito
I paesi emergenti sono attraenti non solo nelle nuove aree di benessere ma anche alla base della
piramide, formata dai clienti che vivono con meno di due dollari al giorno (<3.000$ annui)
È un mercato molto ampio formato da circa 4 miliardi di persone.
Questi clienti sono esclusi dalle logiche di business tradizionali ma possono essere coinvolti con
soluzioni innovative di prodotto e processo, in armonia con i bisogni e con le risorse delle
comunità locali
Mercati maturi
0.5 miliardi
Mercati emergenti
2 miliardi
Base della piramide
4 miliardi

Come coinvolgerli per quanto riguarda la parte di sviluppo dei vari paesi e vedendo di adattare
determinati prodotti per venderli localmente. Qui ovviamente vi è l’esigenza di adattare il prodotto
localmente in modo tale da renderlo compatibile con la loro capacità di spesa, magari facendo
anche accordi con i governi, sfruttando il relativo costo del lavoro locale (comparata con la loro
capacità di spesa). Questo chiaramente non solo deve essere visto dalle aziende in una logica di
profitto immediato ma è evidente che in questo modo si ha la possibilità di sviluppare dei mercati.
I primi anno a livello locale sul singolo mercato magari non si riesce a ottenere il massimo profitto
(magari anche in perdita per diversi anni) ma si ha la possibilità di sviluppare un mercato e la
presenza di quell’impresa in quel mercato. Con logiche di medio-lungo termine si ha la possibilità
di creare mercati nuovi con un grandissimo potenziale di crescita.
Prodotti venduti ad un prezzo per loro accessibile, quindi magari non hanno tutte le caratteristiche
del medesimo prodotto nel paese sviluppato (riduco il costo di produzione).

In conclusione
- C’è una varietà di approcci all’internalizzazione, dalla piccola impresa alle multinazionali
complesse che distribuiscono e coordinano le loro attività in tutto il mondo
- Il bilanciamento dei vantaggi di scala e dei vantaggi di adattamento locale è cruciale per
organizzare in modo efficiente le attività internazionali
- I paesi emergenti offrono sia preziose opportunità di localizzazione produttiva (grazie ai
loro vantaggi comparati) sia attraenti mercati di sbocco, anche dopo i livelli di reddito pro-
capite sono ancora bassi

LA GESTIONE STRATEGICA DEI PROCESSI DI INNOVAZIONE TECNOLOGICA


L’innovazione tecnologica è parte integrante delle strategie d’impresa dirette a creare e sostenere
il vantaggio competitivo nel lungo termine.
Tecnologia = insieme concettuale e applicativo di conoscenze, skill e artefatti che vengono
impiegati tanto per sviluppare e lanciare prodotti e servizi quando per rinnovare i sistemi di
produzione e commercializzazione degli stessi
Il processo di innovazione è un fattore critico di successo ed è la modalità attraverso la quale il
vantaggio competitivo viene costantemente rinnovato.
L’innovazione è “lo sviluppo a fini commerciali di nuovi prodotti o nuovi processi, atti ad
accrescere la proposta di valore veicolata al mercato mediante beni e servizi”. In tal senso, è
innovazione anche il miglioramento di prodotti o processi già esistenti
L’innovazione può differenziarsi per:
- Natura → si distingue tra innovazioni radicali e incrementali, a seconda che si verifichino o
meno salti di sistemi tecnologici o rivoluzioni tecnologiche
- Forma → identifica l’insieme delle attività necessarie per generare un nuovo
prodotto/servizio o un nuovo processo produttivo/distributivo
Il processo di innovazione è l’attività sistematica volta alla creazione e all’applicazione economica
di nuove conoscenze scientifico-tecnologiche
Le imprese, quindi, per mantenersi competitive, hanno la necessità di innovare continuamente
attraverso due tipi di innovazione:
1. Innovazione di prodotto = variazioni alla gamma di vendita. Creazione da zero di un
prodotto o ampliare una linea già affermata con nuovi modelli
2. Innovazione di processo = migliora l’efficienza dei cicli di lavorazione
Nel tempo, prima vi è l’innovazione del prodotto e poi quella del processo produttivo perché nel
tempo, il prodotto non può essere più migliorato e quindi le imprese cercano di innovare e
migliorare il processo, cioè la produzione (tramite EdS) o la vendita del prodotto.

TECNOLOGIA
La tecnologia può essere considerata un elemento fondamentale nel determinare i processi di
sviluppo delle imprese, infatti supporta le attività svolte dalle imprese per conseguire il vantaggio
competitivo.
Le politiche tecnologiche costituiscono il complesso sistematico delle scelte volte ad accrescere e
sfruttare il patrimonio tecnologico di cui un’impresa è dotata
Il patrimonio tecnologico è costituito dall’insieme di competenze e di conoscenze che l’impresa
sviluppa nell’attività di produzione e vendita di beni e servizi.
Quindi, la tecnologia è l’insieme delle conoscenze e delle competenze afferenti ai prodotti, ai
servizi e al loro sistema di produzione/erogazione, cioè è la fonte principale del vantaggio
competitivo. È possibile classificare a fini competitivi le tecnologie, distinguendo quattro tipi:
1. Tecnologia di base e applicata
Tecnologie generiche condivise fra tutte le imprese, quindi non danno vantaggio
competitivo
2. Tecnologia strategica/chiavi = Competenza specifica → vantaggio competitivo = prestazioni
superiori e processi a costi inferiori
3. Tecnologie complementari = non indispensabili (es. tecnologia nel settore della auto)
4. Tecnologie emergenti/sostitutive = minaccia attuali tecnologie di base, scarsamente
conosciute, determinanti nel declino del settore

Posizioni tecnologiche
 Forte/dominanza
L’azienda detiene competenze la cui superiorità può essere comprovata da rilevazioni
oggettive (performance)
 Allineata (con i concorrenti)
Tipica di settori maturi o iniziali in cui tutti i concorrenti sono allo stesso livello tecnologico.
Non vi sono differenze significative fra le imprese del settore
 Debole
Competenze tecnologiche più basse rispetto ai concorrenti

Una posizione di dominanza non sempre corrisponde ad una solida posizione competitiva. Limitate
capacità innovative possono dipendere da fattori di natura:
 Culturale: forte orientamento alla scienza e alla tecnologia che offuca le capacità di
interpretare le esigenze del mercato
 Organizzativa: scarsa integrazione interfunzionale, inadeguatezza dei meccanismi operativi
 Finanziaria: scarsa disponibilità a investire in processi ad alto rischio
 Strategica: incapacità di definire precisi e stabili indirizzi di sviluppo innovativo
La definizione degli orientamenti tecnologici e di ricerca si deve ricollegare alla strategia
fondamentale di business; assumono quindi grande rilievo le scelte di gestione dell’innovazione
tecnologica, che riguardano fondamentalmente tre alternative:
- Leadership tecnologica = consiste nell’introdurre, per primi, nuove soluzioni tecnologiche,
assumendo così una posizione di avanguardia, si assume un vantaggio competitivo
- Imitazione (o follow the leader) = consiste nell’acquisire rapidamente soluzione
tecnologiche introdotte dal leader per apportarvi miglioramenti e realizzare vendite a costi
inferiori
- Me too = è perseguita da imprese imitatrici che entrano nel mercato in fase avanzata del
ciclo di vita della tecnologia, in prossimità della maturità.

RICERCA E SVILUPPO (R&S)


Uno dei momenti più critici del processo innovativo è costituito dalle attività poste in essere dal
management per la valutazione e la selezione dei progetti di ricerca e sviluppo. R&S punta a
perfezionare le conoscenze produttive e a realizzare nuovi prodotti per i clienti; è, dunque,
l’attività aziendale specializzata nella ricerca e sviluppo di innovazioni tecnologiche.
Fasi dell’iter innovativo
1 Ricerca di base e applicata
2 Sviluppo
3 Industrializzazione
4 Commercializzazione
Le strategie collaborative
Le forme delle relazioni cooperative
Crescita contrattuale e cooperazione
Nuovo termine per descrivere il business = COOPETITION: competizione e cooperazione

La crescita contrattuale
Una modalità intermedia di crescita tra quella interna e quella esterna.
Può essere perseguita mediante un’ampia tipologia di forme di alleanze o collaborazioni con terzi.
La base economica della collaborazione interaziendale risiede nella possibilità di svolgere in modo
migliore una o più attività della catena del valore. I vantaggi perseguiti mediante gli accordi si
possono classificare in:
- L’acquisizione di economie di scala, di apprendimento e di altri vantaggi di costo legati a
sinergie
- L’accesso ad asset esclusivi
- La riduzione dei rischi e la condivisione degli investimenti finanziari connessi a investimenti
di elevata entità
- L’unione delle forze per provare a cambiare la struttura settoriale

Fattori critici:
- Fit strategico: reciprocità nel raggiungimento degli obiettivi fra le due imprese
- Fit culturale: se le due imprese sono molto diverse sotto il punto di vista culturale, a volte
non si trovano punti di accordo e si rischia di far fallire l’alleanza

Fit culturale
Basso Alto
Alto 1 Alleanza 2 Alleanza ottimale
potenzialmente
Fit strategico
buona a condizione
di un adattamento
culturale
Basso 3 Alleanza che non 4 Compatibilità ma
permette alcun assenza di vantaggi
vantaggio competitivi

Le forme delle relazioni cooperative


Il vantaggio competitivo relazionale può essere perseguito attraverso diverse forme di accordo e
cooperazione
Le relazioni cooperative si possono rappresentare sulla base dell’intensità del rapporto:
i) Relazioni deboli: il collante è spesso una semplice comunanza di interessi
ii) Relazioni forti: i partecipanti sono legati da strutture formali, quali contratti o
scambio di capitale
Tali forme, a partire dalle teorie sui costi di transazione, si possono identificare come alternative e
intermedie a mercato e gerarchia.

RELAZIONI DEBOLI RELAZIONI FORTI


Network
Incrocio Associazioni Joint
categoria Alleanze stabili Consorzi
amministratori ventures

PURO SCAMBIO ACQUISIZIONI FUNZIONI

Incrocio di amministratori: relazione debole. La funzione principale è la possibilità di ottenere


l’accesso a particolari risorse. È una relazione solo rappresentativa all’interno del mercato per
sottolineare l’unione delle imprese
Associazioni categoria: all’interno di un settore, si formano solitamente società senza scopo di
lucro con l’obiettivo di raccogliere e distribuire informazioni commerciali, tecniche, legali alle
imprese del settore, costruendo una piattaforma per azioni di lobbying verso le autorità
governative.
Alleanze: accori che coinvolgono imprese su base contrattuale.
Due tipi di alleanze
1. Alleanze non equity: senza scambio di capitale di rischio
Es: Licensing (Starbucks per entrare in Italia cedette il brand, il suo business model, a
Percassi, impresa che gestisce tutti i suoi punti di vendita)
Franchising (diritto a terzi o a privati a sfruttare il proprio business model e a vendere i
propri prodotti e i privati o i terzi, devono pagare le royalties, parte fissa + percentuale sulle
vendite)
Co-branding (per sfruttare, in maniera congiunta, i due marchi, pubblicità congiunta;
McDonald + CocaCola)
2. Alleanze equity: scambio capitale di rischio
Es: Tecnologiche (R&S) e Marketing

Network di fornitori: forma di alleanza. Accordi lungo la filiera per ottimizzare le operazioni di
acquisto o di vendita. Contratti a lungo termine con i fornitori
Consorzio: una nuova società è creata attraverso l’apporto di capitale da parte di una serie di
imprese, con lo scopo di raggiungere obiettivi comuni più efficacemente e/o velocemente rispetto
all’iniziativa singola (https://www.granapadano.it )
Joint-venture: due imprese realizzano una terza iniziativa, apportandovi capitale e risorse, per
scopi comuni. Rispetto al consorzio, le joint venture vedono la partecipazione di poche imprese e
quindi il loro investimento risulta rilevante. Inoltre implica una figura giuridica indipendente.

Le forme di cooperazione e le alleanze trovano un’importante motivazione se analizzate in una


prospettiva resource-based: la cooperazione serve per accrescere il valore aziendale attraverso la
condivisione e lo sfruttamento di risorse. Le forme di cooperazione hanno quindi due motivazioni
principali:
- Ottenimento di risorse, cioè la possibilità di creare e reperire input fondamentali per la
propria attività
- La difesa di risorse e competenze, cioè di proteggere gli elementi cruciali per la propria
competitività
Vengono identificate due grandi categorie di risorse:
- Risorse proprietarie, quali i macchinari, i brevetti e tutti gli input per i quali le imprese
godono di regimi forti di appropriabilità
- Risorse basate sulla conoscenza, quali know-how, la fiducia, per i quali esistono bassi
regimi di appropriabilità
Il regime di appropriabilità definisce il livello di proteggibilità delle risorse: quando è forte,
un’impresa può escludere un partner dall’utilizzo delle risorse che servono per l’alleanza; quando
è debole, il rischio di perdere l’esclusività è più elevato.

Le diverse forme di cooperazione hanno diversi punti di forza e di debolezza.


Nelle forme deboli l’investimento è limitato così come il rischio dell’iniziativa ma l’accordo può
risultare poco incisivo sull’attività aziendale
Le forme forti, invece, sono più focalizzate ma hanno maggiori difficoltà di gestione e governo
della relazione.
In molti casi le risorse e le competenze su cui si basa un’attività di impresa sono sviluppate con il
contributo di altre imprese: non sono disgiungibili dalla cooperazione e perdurano solo se la
relazione di cooperazione fra le imprese si mantiene nel tempo. La cooperazione quindi può dare
vita ad un vantaggio competitivo relazionale, le cui fonti sono:
1. L’investimento dei partner nella relazione
2. La presenza di meccanismi di apprendimento
3. La presenza di complementarietà nelle risorse
4. La presenza di meccanismi di governance della relazione

GESTIONE FINANZIARIA
Qualsiasi scelta gestionale produce riflessi finanziari. Dal punto di vista finanziario, un’impresa è
costituita da un insieme di risorse e attività che le consentono di operare in settori definiti dalla
strategia. Per acquistare o produrre tali risorse, l’impresa deve far ricorso a fonti di finanziamento
(mezzi propri o debiti verso terzi).
0. Compiti
- Formulare previsioni di tesoreria
- Decidere quanto e in quali attività l’impresa deve investire
- Definire le modalità di raccolta delle risorse a tal fine necessarie
L’obiettivo ultimo è la creazione di valore, nel senso che ogni operazione deve dimostrarsi
capace di accrescere il valore dell’impresa ed è anche lo strumento più efficace per misurare il
successo dell’area finanziaria.
Preservare: liquidità = equilibrio monetario
Solvibilità = equilibrio finanziario
1. Interazione altre gestioni
- Tutte
- Con alcune entra spesso in conflitto di interessi:
i) Funzione commerciale = questa tende a concedere crediti ai clienti (dilazioni) per
aumentare la loro soddisfazione. In conflitto perché questa aumenta il fabbisogno
finanziario
ii) Funzione di acquisti = accontentare fornitori pagando al più presto possibile.
Meno liquidità
2. Crescita impresa
Crescita → ↑ fabbisogno finanziario = importo e durata
L’emergere del fabbisogno finanziario dipende dal fatto che il ciclo di trasformazione di costi e
ricavi incide, oltre che al fabbisogno di capitale, sul ciclo dei movimenti monetari e sulla strategia
di crescita. Ovviamente solo in tempi lunghi il totale dei costi corrisponde al totale delle uscite e il
totale dei ricavi a quello delle entrate, perché vi è uno sfasamento tra momento economico e
monetario.
Ci sono tre aree di generazione del fabbisogno finanziario:
1. Capitale circolante netto
2. Investimenti
3. Forme di finanziamento

(1) CCN
La liquidità che finanzia la gestione corrente
È un indicatore dell’equilibrio finanziario dell’azienda nel breve periodo
È la differenza fra attività correnti (crediti ai clienti, cioè ricavi non incassati o rimanenze, cioè costi
sospesi) e passività correnti (debiti con i fornitori)
Mi mostra i soldi che ho in cassa considerando che devo ancora incassare i crediti e pagare i
fornitori.

Quando ↑CCN= ↑crediti commerciali Poca liquidità


↑rimanenze ↑ricavi non incassati
↓ debito ↑costi sospesi
↑ FABBISOGNO FINANZIARIO

↓CCN = ↓crediti clienti Pochi ricavi non incassati


↓rimanenze ↓ FABBISOGNO FINANZIARIO
↑debiti
Si calcola il ciclo di circolante (CC) = la differenza fra il giorno di incasso e il giorno di pagamento
dei fornitori
Per capire i giorni di fabbisogno finanziario

Esercizio
Pago fornitori = 30gg
Incasso clienti = 60gg
MP magazzino = 10gg
Produzione = 10gg
Magazzino prod. finiti = 25gg
CC?

Giorno 0 = compro le materie prime dai fornitori (acquisto)


Pagherò i fornitori il giorno 30.
Le materie prime stanno 10 giorni in magazzino
Poi servono 10 giorni per la produzione
E i prodotti finiti rimangono in magazzino altri 25 giorni
I prodotti finiti non sono venduti quindi fino al giorno 45 (10 + 10 + 25)
Dal momento in cui i clienti comprano (giorno 45) hanno 60 giorni per pagarmi, quindi non
incasserò fino al giorno 105.
Quindi: pagamento = giorno 30
Incasso = giorno 105
CC = 75 giorni
CC può essere positivo (in segno) quando l’incasso è posticipato rispetto ai pagamenti
CC può essere negativo (in segno) quando l’incasso è posticipato rispetto ai pagamenti
Importante è quindi cercare di quantificare con largo anticipo il fabbisogno finanziario. In
particolare, si parla di:
- Programmazione finanziaria, orientata al breve periodo, normalmente al singolo esercizio
- Pianificazione finanziaria, si estende nel medio-lungo periodo coprendo da tre a cinque
anni.

(2) INVESTIMENTI
Un’impresa deve decidere se fare o no un investimento soprattutto quando l’impresa sta
pensando di crescere. Decisioni di investimento quindi spesso legate alla crescita.
Queste decisioni riguardano molte aree: commerciale, operatons, innovazione e crescita…
Cos’è un investimento e cosa comporta?
Un investimento comporta un’uscita monetaria al momento dell’acquisto del bene e poi mi
aspetto che questa uscita monetaria renda, cioè generi una serie di flussi di cassa in entrata. Ai fini
di una corretta applicazione dei principi della finanza, tali flussi devono essere:
- Monetari = i flussi in uscita devono essere necessariamente monetari
- Differenziali = si valutano i flussi che si produrrebbero senza investimento e quelli che si
manifesterebbero solo in seguito alla sua realizzazione
- Netti di imposta = i flussi in uscita e in entrata devono essere depurati dagli eventuali
crediti e debiti di imposta
- Lordi di oneri finanziari = non vanno considerati gli interessi passivi legati all’iniziativa
Per formulare un giudizio completo nell’ottica finanziaria su un progetto di investimento occorre
conoscere i seguenti elementi:
- Entità dei flussi generati
- Distribuzione flussi nel tempo
- Valore finanziario del tempo: attualizzazione dei flussi

1. FLUSSI GENERATI
È più vantaggiosa l’alternativa per la quale la somma algebrica delle entrate e delle uscite è
maggiore.
Sto pensando di aprire un nuovo punto di vendita. Avrò un esborso ma negli anni si creeranno dei
flussi di cassa. Flussi netti a imposta.
Flusso = + fatturato (ricavi) – costi – ammortamenti = ROGC
Cioè i soldi che mi entrano dalla gestione caratteristica
ROGC – imposta = Reddito operativo netto a imposta
RO netto imposta + ammortamenti = flusso di circolante della gestione corrente
Indica la redditività interna del business
Non considera il ciclo di circolante, si ipotizza pagamento e incasso immediato
Devo quindi poi aggiungere (+) o togliere (-) le variazioni del CCN
Dovrò sottrarre quando CCN aumenta e sommare quando CCN è basso ( - ↑CCN ; + ↓CCN )
Si ottiene così il flusso monetario della gestione corrente
Sottrarre poi investimenti e sommare i disinvestimenti
Ottengo così il FLUSSO MONETARIO OPERATIVO DELL’IMPRESA
FLUSSI GENERATI
+ Fatturato
- Costi
- Ammortamenti
= ROGC
- Imposta
= Reddito operativo netto imposta
+ Ammortamenti
= FLUSSO CIRCOLANTE GESTIONE CORRENTE
-/+ Variazioni del CCN
= FLUSSO MONETARIO GESIONE CORRENTE
- Investimenti
+ Disinvestimenti
= FLUSSO MONETARIO OPERATIVO DELL’IMPRESA

2. DISTRIBUZIONE
È da preferire l’alternativa che presenta i flussi positivi più vicini nel tempo

3. VALORE FINANZIARIO DEL TEMPO


Concetto fondamentale: un flusso monetario in entrata oggi non ha il medesimo valore dello
stesso flusso fra un anno. Pertanto, il valore finanziario del tempo riflette anche l’incertezza
associata alla previsione dei flussi monetari. Ciò ruota intorno al concetto di valore attuale (VA): il
valore di un ammontare che sarà incassato domani deve essere attualizzato. Il VA si determina
moltiplicando l’ammontare per un fattore di sconto. Se F1 è l’entrata attesa nel periodo 1, allora:
1
VA ( F 1) = x F1
1+i
1
Fattore sconto = 1+ i i = tasso che esprime il valore finanziario nel tempo
Considerando n anni (cioè n flussi):
n
Ft
VAN =∑ t
−I > 0
t=1 (1+i)
Esempio:
Valore ad oggi di 1000 nel 2021 (i=5%)
1000 / (1+5%) = 1000 / 1.05 = 952,38 (oggi)
Essendoci tanti flussi, ripeto il procedimento per tutti i vari flussi
VA = valore attuale
VA (F1 , F2 ,….) = F1/(1+i) + F2/(1+i)2 + Fn/(1+i)n

n
Ft
VAN =∑ t
−I > 0
t=1 (1+i)
I = investimento

Esempio
I = 900
F = 1° anno = 500
2° anno = 700
3° anno = 800
4° anno = 1000
i = 10%

VAN = ( 500/1,10 + 700/(1,1)2 + 800/(1,1)3 + 1000/(1,1)4) – 900 = 1417,12 > 0


Quando il VAN è positivo, vale la pena fare l’investimento
Il VAN è funzione inversa del fattore di sconto e quindi del tasso i e del tempo

(3) DECISIONI DI FINANZIAMENTO


Riguardano le diverse forme tecniche di copertura di fabbisogno finanziario generato sia dalla
gestione corrente che dalle operazioni di investimento.
Diversi criteri che ci permettono di classificare queste forme di finanziamento:
1. Provenienza delle fonti
Cioè chi ci da questi soldi, da dove arrivano. In questo senso distinguiamo fra
1.1 Fonti interne
Autofinanziamento attraverso i flussi della gestione corrente, tenere in cassa e investire
invece che distribuirli con i dividendi
Fondi derivanti da disinvestimenti
1.2 Fonti esterne
Da capitale proprio (rischio) = al prestatore è doveroso attribuire una remunerazione,
che può essere un onere figurativo, senza alcuna uscita monetaria. Ad esempio,
l’entrata nuovo socio che poi avrà dividendi + capital gain
Da capitale di debito = prevedere la corresponsione di una remunerazione monetaria al
prestatore di capitale
2. Livello di definizione
2.1 Strutture perfettamente definite
Ex ante definisco come sarà questa fonte di finanziamento (quantità, interessi, tempo).
È sempre possibile quindi individuare in maniera puntuale il profilo quantitativo e
qualitativo dei flussi monetari collegati al finanziamento
Esempio: mutuo, obbligazioni a tasso fisso, leasing
2.2 Strutture non definite
Non si possono definire ex ante tutte le condizioni
Esempio: finanziamenti a titolo di capitale di rischio, prestiti a tempo indeterminato,
mutui a tasso variabile
3. Durata
3.1 A breve termine = 12-18 mesi
3.2 A medio termine = 18-60 mesi
3.3 A lungo termine = oltre i 60 mesi (5 anni)

Per selezionare la fonte di finanziamento più conveniente bisogna considerare soprattutto le


caratteristiche di fabbisogno finanziario.
Per esempio, se voglio fare un investimento fisso, probabilmente ho bisogno di una copertura a
medio-lungo periodo. Se ho un fabbisogno legato al circolante, un mutuo sarebbe troppo
vincolante perché non mi serve pagarlo mensilmente, quindi probabilmente mi servirà un credito
stagionale, che mi copre nei giorni in rosso

AREE DI SCELTA PER LE POSSIBILI FONTI DI FINANZIAMENTO


Matrice con due variabili
SOGGETTO (colui che finanzia)

Attuali soci Terzi


Capitale di rischio Autofinanziamento = Quotazione = posso ottenere liquidità
lasciare gli utili in da un terzo al quale pagherò i
azienda per sostenere dividenti (IPO)
altri investimenti (invece Private equity = investitori
che dare i dividendi) istituzionali che danno finanziamento
Aumentare il capitale alle imprese e ricevono in cambio
sociale = sottoscrivere azioni o quote. Lo fanno imprese
nuove azioni agli attuali consolidate, con alta reputazione
soci. Venture capital = simile al private
equity. Lo fanno imprese meno
consolidate, avviate da poco:
↑rischio, quindi ↑guadagni o
↑perdite
FORMA Debito Obbligazioni = stessi titoli di debito
Obbligazioni sui soci = emessi dall’azienda ma venduti a terzi
titoli di debito emessi sul mercato
dall’azienda ad un tasso Prestito/mutuo = strumento con
determinato e venduti ai costo medio basso ed elevata
soci stabilità. Limiti: complessità
ottenimento, garanzie, piccole
imprese non lo ottengono
Leasing = affitto a lungo termine.
Contratto per sfruttare un bene per
un dato periodo dietro pagamento di
una quota fissa mensile
Linea di credito sul conto corrente =
si usa per periodi specifici in cui
l’impresa può andare in rosso
(imprese stagionali)
GESTIONE COMMERCIALE
(1) Processo tipico
(2) Orientamenti
(3) Attività principali:
3.1 Marketing management
(a) Processi analitici
(b) Strategic management
(c) Marketing operativo
3.2 Vendita
CASO NESPRESSO
La gestione commerciale identifica l’insieme di attività e processi mediante in cui l’impresa
acquisisce, soddisfa e fidelizza i propri clienti. Svolge un’azione di raccordo tra il sistema d’offerta
dell’impresa e le richieste della domanda; esercita un’influenza molto ampia su tutte le attività
gestionali d’impresa.
“un processo diretto a individuare e soddisfare i bisogni e i desideri dei clienti mediante la
realizzazione di prodotti e servizi idonei, che generano valore e soddisfazione per tutti gli
operatori”
(1) Si parte da alcuni bisogni non soddisfatti dei clienti
Consumare un caffè simile al bar ma a casa
L’impresa somministra beni/servizi per coprire questi bisogni
Attraverso un sistema di prodotto/un’offerta che include caffettiere e capsule di alta qualità e
un servizio
Questo prodotto ha il fine di creare valore per il cliente per soddisfare il proprio bisogno. In
questo modo si genera lo scambio di mercato
L’obiettivo è quello di incrementare la soddisfazione del cliente

BISOGNI

SCAMBIO MERCATO GESTIONE COMMERCIALE PRODOTTI/SERVIZI

(2) ORIENTAMENTI SODDISFARE/VALORE


1. Importanza marketing
Non tutte le imprese hanno lo stesso atteggiamento nei confronti del mercato. Ci sono
4 comportamenti possibili
2. Diversi modi di rapporto con i clienti

2.1 Orientamento di prodotto


Funzione marketing al minimo e non c’è quasi funzione commerciale
Sono imprese con offerta omogenea, cioè imprese che producono e vendono commodities
L’impresa si focalizza sul prezzo, cercando di ridurre i costi
2.2 Orientamento alle vendite
Imprese in settori che hanno un eccesso di capacità produttiva e che hanno tanta pressione per
saturare questo eccesso.
Soluzione = cercare di aumentare il fatturato e di generare EdS ed economie di saturazione
2.3 Orientamento al mercato
Le imprese spostano l’interesse verso i bisogni dei clienti.
Le imprese cercano di offrire una gamma molto ampia di prodotti, per cercare di soddisfare tutti i
bisogni. Investono tante risorse per capire quali sono questi bisogni e come soddisfarli.
Fondamentale = PUBBLICITÀ
(Nespresso = gamma ampia (Vertuoline))
2.4 Orientamento al cliente
Cliente sempre più al centro dell’impresa.
Ruolo centrale perché in questo caso adotta un ruolo attivo sia nel marketing che nello sviluppo di
nuovi prodotti.
Quindi c’è un’innovazione costante e l’impresa include il consumatore.
In questo caso si parla di processo proattivo
(Nespresso = mix di 2.3 e 2.4)

La gestione commerciale ha come elementi di partenza i bisogni e i desideri dei clienti. L’acquisto
di un prodotto rispetto a un altri dipende dal valore che il consumatore attribuisce al prodotto
stesso. Il valore generato nel processo di scambio è legato alla soddisfazione del cliente

3.1 Marketing management


(a) Processi analitici
Precedono le decisioni di marketing strategico. I principali processi analitici sono due:
a.1 Analisi domanda
“la quantità richiesta di un determinato prodotto, in uno specifico momento, in un intervallo di
tempo definito”
Stima domanda: attuale, potenziale e prevista
Domanda attuale = il volume totale acquistato da un determinato gruppo di acquirenti, in un’area
geografica e in un determinato intervallo di tempo
Domanda potenziale = il limite a cui tende la domanda del mercato, in un ambiente definiti, al
crescere all’infinito del programma di marketing delle imprese del settore.
Domanda prevista = relativa alle richieste effettive del mercato in un determinato periodo futuro
Stima sui fattori critici di successo
Nespresso = i clienti vogliono alta qualità, sistema comodo, bel design, prezzo alto e consumo a
casa
a.2 Analisi concorrenza
Identificare concorrenti attuali e potenziali
Settore = se frammentato o concentrato. Si guardano le quote di mercato:
- Quota di mercato assoluta = fatturato azienda / fatturato medio mercato
- Quota di mercato relativa = fatturato azienda / fatturato primo concorrente
(b) Marketing strategico (processi decisionali)
Chi sarà il cliente target? Come voglio posizionarmi nel sistema concorrenziale e come?
b.1 Segmentazione
Per cercare di individuare chi sarà il cliente target
Individuare segmenti clienti accomunati e quali sono i bisogni simili (fattori critici di successo) che
possono essere soddisfatti dagli stessi prodotti
Insiemi = segmento: cliente target
BASE SEGMENTAZIONE = variabili segmentazione:
Geografiche
Demografiche
Socio-economiche
Psicografiche
Comportamentali
Dopo aver segmentato la domanda è necessario operare il targeting, che consiste nell’identificare
il segmento di clienti obiettivo che vogliono essere soddisfatti mediante la strategia dell’impresa
NESPRESSO= reddito, modalità di consumo, età

b.2 Posizionamento competitivo-percettivo


Posizionamento = collocazione del prodotto in un definito sistema di percezioni del consumatore.
Il diverso posizionamento dipende da attributi oggettivi e dall’immagine trasmessa al cliente.
In base a come voglio essere percepito dai clienti
NESPRESSO = esperienza di consumo premium a casa

b.3 Differenziazione sistema di offerta


Come voglio essere diverso dai competitors?
L’obiettivo è rendere il prodotto poco sostituibile rispetto agli altri beni presenti sul mercato. Per
differenziare il prodotto, l’impresa può effettuare modifiche utilizzando alcune variabili del
marketing mix (confezione, forma, immagine…)
Elementi unicità? = poco sostituibile rispetto all’offerta dei concorrenti

NESPRESSO = immagine di marca premium


Macchine: efficienti, design, facile uso e manutenzione
Caffè: qualità alta, gamma ampia, comodità acquisto online o boutique
Assistenza sia telefonica che nei punti di vendita

STRATEGIA DI MARKETING
Questi tre punti portano a disegnare la strategia di marketing dell’impresa.
Viene definita in base a due variabili: cliente target (definito dalla segmentazione) e grado di
differenziazione dell’offerta
Grado differenziazione offerta
Basso Alto
Tutto il mercato Marketing Marketing
indifferenziato differenziato
Un segmento Marketing Marketing di
concentrato nicchia
↑ rischio Es: Nespresso
Cliente
target

Marketing indifferenziato = l’impresa supera le differenze tra i segmenti individuati presentando a


tutto il mercato la stessa offerta. Tale strategia è spiegata soprattutto dalla presenza di economie
di scala, laddove i gusti dei consumatori sono uniformi e possono essere soddisfatti con una
produzione standardizzata (esempio: Coca-Cola, McDonald’s)
Marketing differenziato = consiste nella scelta di operare in diversi segmenti di mercato con
prodotti differenti. La differenziazione del prodotto implica maggiori costi di produzione e quindi
deve comportare un volume di vendite consistente per ciascun prodotto
Marketing concentrato = l’impresa si rivolge ad un solo segmento e acquisisce una posizione di
rilievo grazie alla maggior conoscenza delle caratteristiche dei consumatori e alla positiva
immagine acquisita. Implica però maggiori rischi perché le vendite sono funzione esclusiva del
segmento scelto
Marketing di nicchia = l’impresa sceglie un elevato grado di differenziazione dell’offerta,
focalizzandosi però solo su un segmento

c) MARKETING OPERATIVO
Il marketing operativo definisce quattro leve che vanno a creare il marketing mix
4 leve = 4 P
1. Product
La politica di prodotto occupa un ruolo prioritario perché riguarda sia le scelte di gestione
di beni già esistenti sia il lancio di nuovi prodotti sul mercato. Le decisioni possono
riguardare diversi ambiti: miglioramento qualità, definizione confezione, consegna, ecc…
Nespresso: qualità ↑, gamma ampia, packaging, servizio attenzione
2. Prezzo
I metodi per la determinazione del prezzo possono essere basati su:
- Livello dei costi: la fissazione del prezzo muove dal livello dei costi, cui si aggiunge
una percentuale o un importo fisso (markup)
- Reazione della domanda: si considerano le possibili reazioni alla domanda
- Comportamento della concorrenza
Nespresso: prezzo ↑ coerente con i clienti, disposti a spendere, e ai costi, dovuti a costi di
innovazione e immagine
3. Promotion (comunicazione)
Questa leva si concentra sul consumatore finale. È fondamentale definire il modo/ i canali
in cui verrà comunicato il prodotto al cliente.
Canali: reti sociali, media, tiktok
Coerenti: clienti target
Nespresso: TV: canale generalista → segmenti target e pubblicità esclusiva
Proprie boutique
4. Distribuzione (place)
L’impresa può scegliere come distribuire il prodotto:
- Vendita selettiva = alcuni rivenditori selezionati
- Vendita estensiva = tutti i rivenditori
- Vendita in esclusiva = un solo intermediario
Successivamente si decide il canale di vendita. Anche questo dev’essere coerente con il
cliente target.
Canale diretto = attraverso propri negozi o online
Canale indiretto = corto: se tramite un dettagliante (GDO o tabacchini)
lungo: se tramite grossista + dettagliante
Nespresso: Online/negozi propri → immagine esclusiva e di lusso

3.2 VENDITA
Gestione delle vendite
1 Rete vendita: Canali
a. DIRETTO
Dall’impresa al cliente tramite negozi o online
b. CORTO
Tramite un dettagliante
c. LUNGO
Grossista + dettagliante
2 Rete di vendita
a. Diretta = venditori con contratto
b. Indiretta = subcontrattare rete: collaboratori autonomi: monomandatari (prodotti di una
sola azienda) o plurimandatari
3 Ciclo di vendita

GESTIONE DELLE OPERAZIONI


1. Produzione
2. Logistica
3. Approvvigionamenti

La gestione delle operazioni ci spiega il processo di produzione da input ad output


Fattori di produzione = MO, MP, energia
PRODUZIONE
Riguarda lo svolgimento di attività di acquisizione, combinazione e trasformazione di input in
output. Gli obiettivi della produzione sono riconducibili a:
 Ricerca della produttività
 Proposizione continua di prodotti innovativi
 Costante miglioramento della qualità
 Velocità consegne ai clienti
L’area della produzione si identifica con responsabilità e competenze di progettazione e di
gestione del sistema produttivo.
Nel primo caso si tratta di definire le caratteristiche mediante scelte di investimento che possono
riguardare le diverse attività (tecnologia, processo produttivo, CP) e producono effetti nel medio-
lungo termine
La gestione del sistema operativo, invece, si identifica con la scelta di soluzioni organizzative
vincolate dalle precedenti scelte di progettazione ma hanno più possibilità nel breve termine

1.1 Diversi outputs = prodotti fisici


= servizi:
Immateriale → non immagazzinabile
→ non trasportabile
→ si trasferibile (comunicabile)
Presenza del cliente nel momento dell’erogazione: contatto cliente e
dimensionamento della CP
1.2 Compiti
L’area della produzione si identifica con responsabilità e competenze di progettazione e di
gestione del sistema produttivo.
Nel primo caso si tratta di definire le caratteristiche mediante scelte di investimento che possono
riguardare le diverse attività (tecnologia, processo produttivo, CP) e producono effetti nel medio-
lungo termine.
La gestione del sistema operativo, invece, si identifica con la scelta di soluzioni organizzative
vincolate dalle precedenti scelte di progettazione ma hanno più possibilità nel breve termine
1.3 Sistemi di produzione
I sistemi di produzione sono classificati in base alla continuità del flusso di produzione. Possono
ricondursi a produzioni: job-shop, per lotti, in linea, per flusso continuo
Le produzioni job-shop operano in genere su commessa (richiesta). L’elevato grado di
personalizzazione e i bassi volumi di vendita fanno sì che la gamma realizzata sia caratterizzata da
gradi di varietà e variabilità elevati. L’acquisizione dell’ordine è preceduta da un preventivo. I
macchinari utilizzati devono essere generici e adattabili. I materiali impiegati, se specifici, vengono
acquistati dopo l’ordine; quindi le scorte di MP e di prodotti finiti sono pressoché assenti.
Queste produzioni sono caratterizzate da un elevato grado di flessibilità ed elasticità operativa e
fabbisogni di investimento ridotti
Le produzioni per lotti consistono nella realizzazione di prodotti con elevata varietà ma variabilità
contenuta. La gamma produttiva è piuttosto differenziata e per l’impresa è nota e definita in
anticipo rispetto al momento di acquisizione dell’ordine. In questo tipo di sistema produttivo la
produzione può avvenire:
1. Su ordine d’acquisto = imprese che operano per commesse ripetitive a catalogo,
realizzando di volta in volta i volumi produttivi in base alle quantità richieste
2. Su previsione della domanda = si assiste alle tipiche produzioni intermittenti, lanciate sulla
base di previsioni di domanda per quantitativi superiori al fabbisogno immediato. I
macchinari sono abbastanza generici e vi sono scorte di MP e prodotti finiti, anche se non
valori alti
Le produzioni in linea realizzano elevati volumi di prodotti con varietà e variabilità piuttosto
contenute, tali da giustificare investimenti in impianti e macchinari specializzati. Si punta alla
ripetitività e omogeneità dei cicli produttivi. Si possono svolgere in modo rigido e sequenziale
molte fasi della lavorazione. È tipica l’alimentazione di un magazzino con prodotti finiti o
semilavorati; in tal modo il ciclo produttivo si svincola dall’acquisizione degli ordini. Risultano
critiche le scelte di progettazione più che quelle gestionali. Il carico di lavoro deve essere
equilibrato per tutte le fasi, per evitare colli di bottiglia. Vi sono inoltre ingenti investimenti
produttivi di marcata rigidità
La produzione per flusso continuo riguarda prodotti molto standardizzati, ottenuti in volumi
ingenti e tramite un processo senza interruzioni. I materiali in ingresso subiscono variazioni fisico-
chimiche e perciò la produzione è irreversibile. Sono di maggior rilievo le problematiche
progettuali del sistema produttivo rispetto a quelle di carattere gestionale e la capacità produttiva
è relaitvamente facile da determinare. La produzione continua è capital intensive
Jobshop/laboratorio Produzione per Produzione in linea - Processo
artigianale – Fenton lotti/repari – Mercedes continuo –
Scarpe Allen centrale
Edmond elettrica
Tipologia dei Bassi in volume di Ampia varietà, Gamma limitata, ma Prodotti molto
prodotti un prodotto vario e si produce per diversi componenti standardizzati.
variabile. modelli, in Q con elevati volumi No varietà,
Esemplari unici o non legate al produttivi grandi volumi
numero limitato di fabbisogno
unità. immediato. Esempi: auto, Esempi:
Produzione su Gamma elettronica… raffinazione
commessa (singola differenziata petrolio,
o ripetitiva) definita in cemento,
anticipo acciaio
Esempio: mobili su (catalogo). Si
misura produce su
ordini acquisiti
oppure per il
magazzino in
previsione della
domanda.

Esempio:
abbigliamento
Tipi di Generiche, poco Si combinano Specializzate Super
attrezzature specializzate impianti specializzate
generici con
quelli
specializzati per
la lavorazione
Lavoro Competenze Contenuti poveri, Capital
specializzate; competenze intensive
personale specifiche: lavoro (turbine,
qualificato. efficiente però altiforni)
Importanza monotono. Lavoro
apprendistato. Possibilità di indiretto
Non specificato per rotazione mansioni qualificato che
fasi; l’artigianato sa per compensare la controlla che
fare tutto il monotonia certi parametri
processo siano rispettati
Sequenza Libera, flussi Ben precisa con Cicli produttivi Ciclo di
attività e intrecciati di lotti omogenei e ripetitivi. trasformazione
layout persone e Accumulo in Lavorazione in continuo.
macchinari. magazzino. No sequenza. Ciclo Obbligato
No sequenza nel nastro per far obbligato con nastro; senza
layout passare i materiali seguono interruzione. Il
prodotti da una un percorso definito ciclo va
fase all’altra Importanza del completato
magazzino e prodotti perché è un
finiti percorso
irreversibile
Fattori Critici Domanda su Previsione della Pianificazione ciclo Molto
di Successo commessa domanda produttivo importante la
Flessibilità e Pianificazione Controllo colli di progettazione,
personalizzazione acquisto bottiglia più della
materiali gestione

1.4 Impianti e lay-out


L’impianto è il complesso di beni materiali e immateriali di uso durevole, il cui impiego avviene si
più esercizi amministrativi, nei quali l’impresa deve investire per svolgere la propria attività
economica. Il termine si può applicare a:
1. L’insieme di macchine e mezzi tecnici ausiliari che nel complesso costituisce la fabbrica
2. L’insieme di macchine operatrici e mezzi tecnici ausiliari adibiti allo svolgimento di un
gruppo di operazioni
3. L’insieme di macchine e mezzi tecnici ausiliari adibiti ai servizi generali
Il lay-out è la disposizione planimetrica di aree e impianti in modo tale da collocare i posti di lavoro
in una sequenza ottimale richiesta dal tipo e dalle condizioni di produzione. L’obiettivo delle scelte
di lay-out consiste nel raggiungere la massima utilizzazione di impianti e attrezzature e la massima
flessibilità. Tipi di lay-out:
 A punto fisso: quando il prodotto non si muove durante il processo
 In linea: quando il prodotto segue un percorso rigidamente preordinato
 Per reparto: quando il prodotto transita attraverso i reparti, dove sosta per l’esecuzione di
operazioni omogenee
 Per gruppo tecnologico: quando impianti e attrezzature vengono raggruppati a isole o a
celle in modo da soddisfare l’esigenza di assegnare le risorse all’esecuzione di operazioni
omogenee per famiglie di prodotto

LOGISTICA
È il processo di pianificazione, gestione e controllo dei flussi materiali (sia MP, ma anche i
semilavorati, prodotti non finiti e finiti).
LOGISTICA INTEGRATA

LOGISTICA LOGISTICA LOGISTICA


INGRESSO INTERNA COMMERICALE
(IN USCITA)
Acquisto di Trasporto Manipolazione e Gestione Gestione Trasporto
materiali ai dai fornitori stoccaggio magazzino magazzino prodotti
fornitori semilavorati prodotti finiti finiti ai
punti di
vendita

Gli obiettivi della logistica nella gestione dei flussi aziendali attengono alla ricerca di soluzioni in
grado di ottimizzare il profilo della disponibilità dei materiali ma anche avendo riguardo
all’economicità e all’impiego di risorse. Bisogna curare sia il livello di servizio logistico che il costo
logistico totale
Il servizio al cliente è espresso con il concetto di “disponibilità del prodotto”. Può essere quindi
scomposto in:
- DISPONIBILITÀ = capacità di contenere le rotture di stock
- TEMPESTIVITÀ
- AFFIDABILITÀ (rispetto data, conformità merce)
- FLESSIBILITÀ
Fondamentale è quindi il corretto sfruttamento del magazzino.
10 Il
9
8
7
COSTO LOGISTICO

6
5
4
3
2
1
0
Categoria 1

LIVELLO SERVIZIO CLIENTE

Serie 1 Serie 2 Serie 3


magazzino è un impianto logistico costituito da locali, attrezzature e personale in grado di ricevere
i diversi materiali e prodotti finiti, custodirli e renderli disponibili in qualsiasi momento. La sua
funzione è quella di separare due o più fasi del processo produttivo e distributivo, al fine di:
o Ottenere una riduzione dei costi di produzione
o Assicurare la capacità di stoccaggio
o Garantire il costante e corretto scorrimento dei flussi fisici
Tutti i prodotti presenti in magazzino rappresentano le scorte o stock.
La gestione delle scorte deve garantire che la dimensione degli stock sia economica, infatti deve
raccordarsi con:
- La gestione commerciale, che influenza in maniera significativa gli aspetti quantitativi e
qualitativi delle scorte di merci e prodotti finiti attraverso le politiche di marketing
- La gestione delle operations che, avendo per oggetto i processi di acquisto-produzione-
distribuzione, ha un impatto importante sulle caratteristiche delle scorte rilevate
- La gestione finanziaria. Mantenere le scorte in magazzino è un investimento
APPROVVIGIONAMENTI
L’approvvigionamento è l’insieme delle attività attraverso cui le imprese acquistano sul mercato i
beni e i servizi necessari per lo svolgimento dei processi produttivi e gestionali. Gli obiettivi di
questa gestione sono:
- Assicurare l’economicità degli acquisti
- Preservare la continuità della produzione
- Garantire il rispetto degli standard di qualità
Ideale sarebbe adattare gli acquisti alla domanda, cioè avere un magazzino a zero
È importante evitare:
- Troppi acquisti (costi ↑)
- Pochi acquisti (stock out)
Le attività di approvvigionamento sono correttamente supportate dal marketing d’acquisto, che
opera sui mercati dei fattori con un insieme di leve di procurement mix.
Per marketing d’acquisto si intende lo studio sistematico di fornitori, marcato e prodotti.
Le leve di procurement mix sono costituite dalle politiche di:
1. Prodotto
2. Fonti di approvvigionamento
3. Prezzo di acquisto
4. Comunicazione
Le politiche di prodotto riguardano l’insieme di decisioni relative ai materiali approvvigionati. Sono
strettamente legate alle caratteristiche del portafoglio materiali e componenti in termini di criticità
economica (impatto sulla redditività) e di rischiosità dell’approvvigionamento.

IMPATTO REDDITIVITÀ
Basso Alto
Alto Materiali colli di Materiali strategici
bottiglia (materiali con Esempio: pannelli LCD
pochi fornitori) Strategia =
Strategia = integrazione verticale,
MAGAZZINO, rapporti alleanze
medio-lungo periodo
con i fornitori, flusso
RISCHIO continuo
APPROVV. Basso Materiali non critici Materiali con effetto
leva
Strategia = ↓prezzo Esempio: memorie dei
telefoni

Strategia =
integrazione verticale,
migliorare
costo/condizioni
economiche fornitori

La politica delle fonti di approvvigionamento si basa sul monitoraggio dei mercati di fornitura per:
- L’identificazione dei fornitori potenziali
- La valutazione delle capacità dei fornitori rispetto alle esigenze aziendali
- La selezione e il controllo dei fornitori sulla base della rilevazione di indicatori di
prestazione in merito alle performance ritenute critiche
L’obiettivo è la valutazione del grado di efficienza e delle basi di potere contrattuale dei fornitori
rispetto all’impresa
La politica di prezzo: è diretta alla negoziazione delle condizioni economiche che regolano il
rapporto con il fornitore. Non si fissa solo il prezzo ma tutti i costi che si legano alla qualità della
fornitura.
Le politiche di comunicazione consistono nel promuovere l’immagine aziendale presso i fornitori
potenziali e sostituti. L’obiettivo è avere una maggiore trasparenza nella gestione degli impegni
reciproci e una migliore pianificazione delle attività produttive
Valutazione fornitori
Le prestazioni dei fornitori vengono valutate secondo dei sistemi di valutazione che si basano sulla
rilevazione di alcuni parametri tecnici effettuati su base periodica. In particolare, si utilizzano due
indici di affidabilità: ritardo medio nelle consegne e la qualità media.
Importante è anche considerare il potere contrattuale del fornitore rispetto all’azienda.

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