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SECONDO PARZIALE AZIENDALE

• COSTI FISSI: Si riferiscono a:


• Capacità produttiva
• Investimenti di sviluppo
Sono i costi correlati ad una data CP, essi variano per variazioni del
dimensionamento della CP ma non al variare dei volumi con essa prodotti (affitti,
ammortamento ecc.)

• COSTI VARIABILI: variano al variare dei volumi di produzione (materie prime,


provvigioni ecc.)

• MANODOPERA INDIRETTA: manodopera che non interviene direttamente


nella produzione ma che deve programmare e controllare il lavoro degli altri.
(Capireparto)

• MANODOPERA DIRETTA: è variabile rispetto ai volumi di produzione, tuttavia


i suoi valori totali non sono facilmente comprimibili: la riduzione del costo totale
della manodopera diretta (riduzione dei dipendenti) richiede tempi molto lunghi,
sempre che sia fattibile.

UTILE=R−CF −CV

CMu=CVu+(CF /Q)

ECONOMIA: un vantaggio economico nella realizzazione di un’attività, di un


processo, di una combinazione economica.

• Vantaggio economico: minor livello di costi a parità di risultati ottenuti.

DIMENSIONAMENTO DELLA CAPACITA’ PRODUTTIVA

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LA CAPACITA’ PRODUTTIVA (CP): è il numero massimo di unità di output
producibili in un certo intervallo di tempo e date certe condizioni operative, è la
grandezza di riferimento nel processo di dimensionamento delle attività aziendali.

• La produzione è molto spesso inferiore alla capacità produttiva massima, ciò


comporta che la CP produttiva non è sfruttata al massimo e che gli impianti non
sono
saturati.

• Una delle principali competenze richieste a chi deve gestire l’azienda è proprio la
capacità di saper coordinare e bilanciare le diverse capacità produttive delle attività
in modo da ridurre al minimo gli sprechi. Se un’unità presenta una capacità
produttiva inferiore rispetto alle altre si va incontro al fenomeno del collo di
bottiglia: la produzione a valle è troppo lenta per assorbire la disponibilità di
output (o viceversa). Tale fenomeno rappresenta un vincolo allo sviluppo delle
potenzialità degli altri reparti o attività, in quanto finisce inevitabilmente per
rallentare tutta la filiera.

ECONOMIE DI SCALA: riduzioni di costi unitari che si ottengono installando,


e saturando, capacità produttive maggiori.

• In presenza di economie di scala all’aumentare delle dimensioni della CP


diminuisce il costo medio unitario. Ecco perché le imprese di maggiori dimensioni
riescono a realizzare le loro produzioni con costi molto inferiori rispetto alle
aziende più piccole.

• I costi totali aumentano

EDS=CUx−CUy

CUx/y (costo unitario medio di produzione impianto X/Y utilizzato al 100%)


= COSTI TOTALI IMPIANTO X/Y / QUANTITA’ PRODOTTA IMPIANTO X/Y
FONTI ECONOMIE DI SCALA
1. INDIVISIBILITA’ DI ALCUNI COMPONENTI: Alcuni componenti
(impianti, attività) non possono essere ridotti come dimensioni al di sotto di una
certa scala minima (in un’aula serve sempre una cattedra, indipendentemente dal
numero di studenti)
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2. MAGGIORE PRODUTTIVITA’ DEGLI INPUT PER EFFETTO
DELLA SPECIALIZZAZIONE: Al crescere delle dimensioni aziendali è
possibile specializzare maggiormente le risorse sia umane che tecniche. (Al posto
di avere 1 commesso per cassa e due reparti è meglio avere 3 commessi
specializzati)

3. PROPRIETA’ GEOMETRICHE DEI CONTENITORI: In molti


impianti produttivi e/o depositi la capacità è proporzionale al volume (e non alla
superficie) di alcuni contenitori. (Magazzini, silos ecc.)

4. MAGGIORE EFFICIENZA NEGLI IMPIANTI DI MAGGIORI


DIMENSIONI: molti impianti produttivi presentano miglioramenti di
efficienza all’aumentare della potenza installata (Motore da 2000 di cilindrata
consuma meno del doppio di uno da 1000)

5. MINORI COSTI UNITARI D’ACQUISTO: All’aumentare della CP


corrisponde generalmente un aumento dei volumi degli input richiesti
dall’azienda. L’azienda si presenta con un potere contrattuale maggiore portando
il fornitore a vendere tali input ad un prezzo unitario inferiore (sconti quantità)

ECONOMIE DI SATURAZIONE: Avvengono nelle imprese dove i costi fissi


incidono maggiormente rispetto ai costi variabili: i costi fissi sono generalmente
collegati ad una data capacità produttiva, quindi all’aumentare del suo grado di
utilizzo sono ripartiti su un numero maggiore di output prodotti, determinando una
riduzione del costo unitario.

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• Il rischio di non saturare grandi CP esiste e, quando avviene, si traduce in
DISECONOMIE DI SCALA.

+ -

Dall’altro, al crescere della CP installata,


Da un lato è dunque conveniente installare cresce il rischio di non saturarla
grandi CP per mettersi in grado di realizzare completamente e quindi di subire diseconomia
grandi economie di scala. da mancato assorbimento dei costi fissi.

In sintesi, si tratta di prendere decisioni bilanciate e quanto


possibile ancorate ad affidabili previsioni di mercato e dei volumi
di vendita.

LE SCELTE DI DURATA DELLE PRODUZIONI

ECONOMIE DI APPRENDIMENTO: riduzioni del costo unitario che si


realizzano ogni volta che si producono addizionali quantità di beni, grazie
all’accumulo di esperienza.

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Learning by doing: man mano che si replica l’attività di produzione il tempo
impiegato si riduce in quanto l’impresa acquisisce competenze che portano a
riduzioni di costo e ad aumenti della qualità dei servizi o beni prodotti. Il risparmio è
prevedibile e calcolabile:

CURVA D’ESPERIENZA:

• Cq è il costo dell’ultima unità prodotta.

• Cn è il costo dell’unità prodotta al tempo precedente.

• q è la quantità cumulata ad oggi.

• n è la quantità cumulata alla data precedente.

• b è una costante di efficienza che dipende del caso specifico.

Inclinazione della curva


dipende dalla

VELOCITA’ DI APPRENDIMENTO:

• C2x è il costo di produzione di due unità d prodotto

• Cx è il costo unitario di produzione della singola unità

POSIZIONAMENTO SU UNA CURVA DI APPRENDIMENTO: il risparmio dei


costi ottenibile ad ogni raddoppio della produzione.

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Un’azienda posizionata su una curva di apprendimento dell’85% indica che ad ogni
raddoppio dell’esperienza i costi dello svolgimento di tale attività mostrano un
risparmio di costi pari al 15%.

Il risparmio sui lotti (per lotto si intende un raddoppio) è decrescente nel tempo, è
maggiore sul primo e andrà a calare nei successivi. Pertanto, se l’azienda vuole
ottenere nuove sostanziali riduzioni dei costi dovrà realizzare innovazioni di prodotto
e di processo che puntino sulla qualità del prodotto, andandolo a semplificare e ad
eliminare gli sprechi, andandosi a posizionare su una diversa curva di esperienza.

FONTI ECONOMIE DI APPRENDIMENTO:

6. CRESCENTE ABILITA’ NELLO SVOLGIMENTO DELLE


ATTIVITA’: dovuta alla capacità delle persone di velocizzare certi compiti
ripetendoli più volte

7. MIGLIORE SELEZIONE DELLE RISORSE PRODUTTIVE: l’esperienza


fa si che si comprenda meglio quali risorse produttive sono più opportune e
convenienti, consentendo di utilizzare input qualitativamente migliori e dal più
semplice utilizzo. Man mano che si conosce meglio il prodotto o il suo ciclo
produttivo si è in grado di comprendere quali sono le attrezzature più adatte al
suo completamento.

8. COORDINAMENTO PIU’ EFFICIENTE: l’esperienza fa si che le persone


imparino a conoscersi e a lavorare in gruppo. Una proficua interazione si
determina anche attraverso un miglioramento nel lay-out (organizzazione dello
spazio fisico all’interno dell’impresa).

9. PIU’ ELEVATA PROGRAMMABILITA’ DELLE ATTIVITÀ: l’esperienza


accresce la prevedibilità degli accadimenti e la capacità di dare risposte sempre
più mirate a seconda del tipo di situazione che ci si ritrova a fronteggiare. Non
solo determina un migliore sfruttamento della CP installata, ma riduce la
differenza tra la CP teorica e la CP raggiungibile.

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CASO SCALTRINI

10. SEMPLIFICAZIONE DEI PRODOTTI E DEI PROCESSI: con l’aumentare


dell’esperienza si riesce a comprendere se esiste la possibilità per semplificare i
processi e i prodotti in modo da ottenere costi inferiori e prodotti migliori.

• Le economie di esperienza sono legate all’apprendimento maturato dalle persone


che lavorano in azienda e questo apprendimento può dare luogo a:
• Minori costi per riduzione di sprechi nella produzione
• Miglioramenti qualitativi dei prodotti a parità di costi
• Migliore sfruttamento della CP

• La conoscenza dei risparmi di costi ottenibili per effetto dell’esperienza e molto


utile per:
• Comprendere quale potrebbe essere l’andamento dei costi dell’azienda a
lungo termine
• Decidere politiche di prezzo a lungo termine
• Comprendere i vantaggi ottenibili rispetto ai concorrenti
• Quanto spingere la specializzazione all’interno dell’azienda

STRATEGIE DI REPLICAZIONE: si ispirano all’obiettivo di sfruttare


competenze e routine presenti nel patrimonio aziendale applicandole ad un grande
numero di combinazioni economiche parziali tra loro uniformi. Una formula di
assetto proprietario ed organizzativo spesso adottata è quella delle reti in franchising.

PRODUTTIVA MASSIMA ANNUA = CAPACITA’ PRODUTTIVA ORARIA *


ORE LAVORATE ALL’ANNO

PRODUZIONE EFFETTIVA ANNUA = CAPACITA’ PRODUTTIVA MASSIMA


ANNUA * GRADO DI UTILIZZO DELLA CP

RICAVI TOTALI = PRODUZIONE EFFETTIVA ANNUA * RICAVO UNITARIO

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COSTO TOTALE MATERIE PRIME + ENERGIA (COSTI VARIABILI) =
(COSTO ENERGIA PER COMPRESSORE + COSTO MATERIE PRIME PER
COMPRESSORE) * PRODUZIONE EFFETTIVA ANNUA

NUMERO DIPENDENTI PER SFRUTTAMENTO DELLA CP = MOD DIRETTA


* GRADO DI UTILIZZO DELLA CP

COSTO TOTALE MANODOPERA DIRETTA = NUMERO DIPENDENTI PER


SFRUTTAMENTO * COSTO UNITARIO ANNUO MOD

COSTI VARIABILI TOTALI = (COSTO TOTALE MATERIE PRIME +


ENERGIA) * (COSTO TOTALE MOD DIRETTA)

MOD INDIRETTA = NUMERO DIPENDENTI MOD INDIRETTA * COSTO


ANNUO PER DIPENDENTE INDIRETTO

TOTALE COSTI FISSI = MOD INDIRETTA + MANUTENZIONE + SERVIZI +


SPESE GENERALI + INVESTIMENTO + QUOTA AMMORTAMENTO
ANNUALE

COSTI TOTALI = TOTALE COSTI FISSI + TOTALE COSTI VARIABILI

COSTO MEDIO UNITARIO = COSTI TOTALI / PRODUZIONE EFFETTIVA


ANNUA
REDDITO OPERATIVO = RICAVI - COSTI TOTALI

• Un utilizzo della CP al 100% corrisponde ad una riduzione del costo medio


unitario rispetto ad un utilizzo dell’ 80%, questo perché i costi fissi vengono
spalmati su più unità.

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MODELLO COSTI-VOLUMI-RISULTATI: modello utilizzato per studiare le
relazioni tra le tre componenti, utile anche per misurare l’impatto delle varie scelte
gestionali sul risultato economico. Il Risultato economico viene determinato da tre
fattori:
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• Elementi strutturali: CP, esperienza, modularizzazione, estensione orizzontale e
verticale. Fattori chiave nella configurazione delle economie di scala e di
esperienza.

• Livello dei prezzi:

• Prezzi-costo. Dipendono da:


• fattori esterni (situazione competitiva dei settori di
approvvigionamento dell’impresa)
• fattori interni (volumi acquistati, potere contrattuale)

• Prezzi-ricavo. Dipendono da:


• fattori interni (forza del marchio, politiche di prezzo, possibilità di
ottenere un premium price)
• fattori esterni (concorrenza, andamento del mercato di sbocco)

• Volumi: a parità delle due condizioni precedenti, la principale determinante


diventano i volumi. A parità di CP e costi fissi e variabili, i volumi influenzeranno
i costi totali ed i costi unitari.

ANALISI COSTI VOLUMI RISULTATI: si possono intraprendere tre azioni per


migliorare il risultato di un’attività economica:
• Variazione nei volumi ABC 11.5.2 - 11.5.4
• Variazione nei prezzi di vendita
• Variazione nei costi

Effettuare un’analisi del genere vuol dire:


• Analizzare la variazione del risultato economico al variare dei volumi di vendita
• Confrontare diverse ipotesi di configurazione di prezzi e costi
• Confrontare le diverse ipotesi di internalizzazione ed esternalizzazione
COSTI VARIABILI: l’analisi CVR assume l’ipotesi semplificatrice di una relazione
lineare tra volumi e costi variabili, ma sappiamo non essere propriamente così.

COSTI FISSI: l’analisi CVR assume che i costi fissi rimangano invariati, qualunque
sia il volume realizzato.

• COSTI FISSI DI STRUTTURA: costi fissi strettamente connessi alla CP


in essere, ridurre questi costi vuol dire SEMPRE ridurre la CP. (Costi del
lavoro e costi non connessi ai volumi)

• COSTI FISSI DI SVILUPPO: non variano in relazione ai volumi e non


dipendono dalla CP dell’azienda, sono destinati a porne le condizioni per lo
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sviluppo futuro (costi di ricerca e sviluppo). Una riduzione di questi costi
porta ad un miglior risultato reddituale nel breve, le conseguenze negative
di una riduzione dei costi fissi di sviluppo si manifesta solo nel medio-lungo

periodo.

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Retta costi totali: minimo pari all’ammontare dei costi fissi ed inclinazione pari a
quella dei costi variabili

PUNTO DI PAREGGIO IN VOLUMI (BREAK EVEN POINT): l’ammontare di


vendite che consente di coprire tutti i costi aziendali. Può essere:

• OPERATIVO: consente di coprire tutti i costi propri della gestione caratteristica.

• COMPLESSIVO: include anche i costi finanziari e fiscali

CF
QP=
Ru−CVu

Qp: quantità a pareggio


Ru: ricavi unitari
CVu: costi variabili unitari
CF: costi fissi

MDCu=Ru−CVu

MDCu: MARGINE DI CONTRIBUZIONE UNITARIO: il contributo che la


vendita di ogni singola unità di prodotto porta alla copertura dei costi fissi di gestione
caratteristica e alla creazione di reddito.

CF
Q=
MDC
MARGINE DI CONTRIBUZIONE TOTALE:

MDC =R−CV

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Il margine di contribuzione in genere si esprime in
percentuale, si può calcolare i due modi:

RISCHIO OPERATIVO DI UN’AZIENDA: è la possibilità più o meno elevata di


subire risultati reddituali particolarmente positivi o negativi in relazione al fluttuare
dei volumi di vendita. Dipende da: configurazione strutturale, dimensionamento,
meccanizzazione, automazione e verticalizzazione. É legato a due parametri:

• LIVELLO DEL PUNTO DI PAREGGIO

• ELASTICITA’ OPERATIVA: incidenza dei costi variabili sui ricavi, più è alta
più risulta stretta la forbice nel grafico (all’aumentare dei volumi aumentano
rapidamente anche i costi variabili e vi sarà un margine ridotto per la copertura dei
costi fissi):

• Se la forbice è ampia vuol


dire che l’azienda è rigida e
che reagirà male ai cali dei
volumi di vendita (avrà
limitate capacità di coprire i
costi).

• Se la forbice è stretta vuol


dire che l’azienda è elastica e
presenterà una forte incidenza
dei costi variabili su quelli fissi. Un’eventuale perdita risulterà dunque molto
più ridotta rispetto ad un’azienda rigida.

CVbep: costi variabili in corrispondenza del punto di


pareggio.

GENERALMENTE MAGGIORE È IL BEP E MAGGIORE


SARA’ LA RIGIDITA’ AZIENDALE. QUESTO PERCHÉ ESISTE UNA RELAZIONE
NEGATIVA TRA CF E CV: SE AUMENTA CF DIMINUISCE CV.

PUNTO DI EQUILIBRIO REDDITUALE: La formula del punto di pareggio può


essere riadattata al fine di ottenere il volume richiesto che consenta di coprire sia i
costi di gestione caratteristica sia quelli finanziari e fiscali, ottenendo un risultato
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reddituale netto pari a zero.

È anche possibile determinare il volume delle vendite tale da ottenere un utile netto
ritenuto soddisfacente.

RAI desiderato=Utile cercato +imposte

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STRATEGIE D’IMPRESA E STRATEGIE
COMPETITIVE

STRATEGIA: decisioni rilevanti che definiscono l’impresa ed il suo comportamento


nell’ambiente in cui essa è inserita. È un continuo processo di ricerca dell’equilibrio
(best fit).

ORIENTAMENTO STRATEGICO DI FONDO (OSF): la visione aziendale, la


sua filosofia e l’identità. Denota la parte nascosta ed invisibile del disegno strategico
d’impresa ed è attivo in tre ambiti:
• I fini e gli obiettivi aziendali di fondo: “Perché ?”
• La scelta del campo di attività: “Dove ?”
• La filosofia gestionale, il modus operandi: “Come ?”
L’OSF non è necessariamente definito nei dettagli e si differenzia dalla strategia
d’impresa, la quale ne è però fortemente influenzata.

STRATEGIA: far corrispondere le competenze interne dell’impresa alle opportunità


offerte dall’ambiente esterno.

• FUNZIONALE: coinvolge le singole gestioni (commerciale, operations,


finanziaria) e consente di coordinare gli obiettivi di quest’ultime.

• COMPETITIVA: si valutano le proprie risorse e si decide in che modo competere


in base al proprio vantaggio competitivo e alla dinamicità del mercato. È un
concetto dinamico: si può cambiare e passare da una strategia all’altra.

• CORPORATE: viene definita allocando le varie risorse e selezionando le aree


strategiche d’affari (ASA). Riguarda tutta l’impresa nel suo complesso.

VANTAGGIO COMPETITIVO: è il risultato di una strategia che conduce


l’impresa a occupare una posizione favorevole nel contesto in cui opera, è la
condizione che consente alle imprese la superiorità dei propri risultati economici.

IPOTESI DI PORTER
• CATENA DEL VALORE DI PORTER: l’insieme delle attività svolte all’interno
dell’impresa al fine di generare valore aggiunto. Ciascuna di queste attività può

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fornire un vantaggio competitivo di costo o differenziazione. Secondo Porter le
attività dell’impresa sono di due tipi:

• PRIMARIE: l’attività operativa dell’impresa, nelle fasi d’acquisto,


trasformazione e vendita.

• SECONDARIE: che rappresentano:


• Le attività integrative di struttura
• Gestione delle risorse umane
• Ricerca e sviluppo

Secondo Porter, il continuo


perseguimento di miglioramenti di
costo e strategie di differenziazione
nelle varie attività primarie e di
supporto porta, in ultima istanza,
all’emergere di un vantaggio
competitivo.

STRATEGIE COMPETITIVE DI BASE (Porter):


tre alternative strategiche per la costruzione di un vantaggio competitivo:

• Di DIFFERENZIAZIONE: offrendo un prodotto che gli altri non offrono ci si


può permettere di richiedere un prezzo maggiore alla clientela.

• DI COSTO: devi offrire un prodotto accettabile ma concentrandoti specialmente


sui costi (sfruttamento CP, economie di scala e tutti i driver di costo che possono
essere rilevanti).

• FOCALIZZAZIONE: consiste nell’attuare una delle due strategie precedenti ma


in un segmento limitato del mercato.
SUPERAMENTO TOERIA DI PORTER
RESOURCE-BASED VIEW: il vantaggio di un’impresa non dipende dall’intensità
delle forze settoriali, ma dalle risorse di cui l’impresa dispone, definite come
l’insieme dei fattori che l’impresa può utilizzare e controllare.

RISORSE:

• MATERIALI: impianti, materie prime ecc.


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• IMMATERIALI: brevetti, know-how, fiducia, marchi ecc.
• FINANZIARIE: fondi finanziari di debito o propri
• UMANE: il personale

Tali risorse vengono poi combinate per mettere in atto le varie attività aziendali:

COMPETENZE: le differenti capacità di combinazione e aggregazione delle risorse.

Affinché le rendite possano essere mantenute nel tempo, devono esistere dei
meccanismi di isolamento tali da prevenire i competitori dall’ottenere i medesimi
vantaggi; tali meccanismi possono essere di due forme:

• FORMALI: brevetti
• INFORMALI: asimmetrie informative

I fattori di non imitabilità e sfruttamento organizzativo sono necessari per la difesa


del vantaggio competitivo e dipendono da:
• Opportunità ambientali sfruttabili dall’impresa
• Abilità imprenditoriale del management, esso deve capire in anticipo quali risorse
possano generare vantaggio competitivo

I fattori appena illustrati sono necessari per la difesa del vantaggio competitivo
acquisito e dipendono da:
11. Contesti di mercato che isolino le risorse dai concorrenti
12. Contesti organizzativi che combinino le risorse internamente
Quando un’impresa possiede una risorsa che abbia valore, sia scarsa e non imitabile
pone le basi per l’attuazione di un VANTAGGIO COMPETITIVO SOSTENIBILE.
CARATTERISTICHE CHE OSTACOLANO L’IMITAZIONE DELLE
RISORSE DI VALORE:

• DISECONOMIE DI COMPRESSIONE TEMPORALE: un imitatore non è


in grado di risparmiare tempo replicando semplicemente una risorsa.
(Raddoppiando, ad esempio, gli investimenti in ricerca e sviluppo, non si riuscirà
ad ottenere la stessa capacità di innovazione di un concorrente nella metà del
tempo)

• DIMENSIONE OTTIMA MINIMA: si presenta quando incrementare il livello


di una risorsa è tanto più semplice quanto maggiore è il livello di partenza della
risorsa stessa. (Campagne pubblicitarie uguali premieranno l’azienda con una
notorietà maggiore)

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• INTERDIPENDENZA DELLE RISORSE: se la possibilità di accrescere una
risorsa non dipende solo dalla risorsa ma anche dal livello delle risorse ad essa
collegate

• AMBIGUITA’ CAUSALE: si riferisce all’impossibilità, per un competitor, di


individuare tutte le determinanti all’origine del vantaggio competitivo di
un’impresa

• NON

MOBILITA’ DELLE RISORSE: rende certe risorse non trasferibili.

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COMPETENZE DINAMICHE: i processi di riorganizzazione e riqualificazione
delle competenze distintive, che rinnovano continuamente l’assetto strategico
d’impresa. Sono il risultato del percorso di apprendimento ed evoluzione d’impresa e
sono raramente acquisibili dall’esterno (sviluppo di nuovi prodotti, alleanze
strategiche ecc.)

CAPITALE INTANGIBILE: insieme dei fattori non materiali (know-how, cultura


aziendale, competenze del management, relazioni esterne, proprietà intellettuale).
Essi consentono all’impresa di differenziarsi dalla concorrenza definendo un certo
modus operandi e determinate relazioni con gli stakeholder. Può essere diviso in tre
categorie:

• CAPITALE UMANO: l’insieme delle conoscenze individuali implicite


codificate. Becker sottolineò per primo come gli investimenti in formazione del
personale presentassero un ritorno economico-finanziario, Pfeffer completò poi
queste teorie individuando ulteriori condizioni organizzative alla base della
creazione di valore a mezzo capitale umano, tali elementi portano all’allineamento
tra obiettivi individuali e organizzativi:
• Sicurezza del posto di lavoro
• Accuratezza dei processi di selezione
• Decentramento del potere decisionale
• Percezione di equità nei trattamenti e possibilità di apprendimento
• Investimento in formazione mirata
• Percezione di equità organizzativa
• Trasparenza nella diffusione di informazioni

• CAPITALE ORGANIZZATIVO: è l’insieme delle risorse di conoscenza, delle


capacità di apprendimento e dei valori condivisi dai membri della società. Secondo
Nelson e Winter rientrano in questa categoria lo stock di informazioni, le abilità e
le competenze aziendali. Queste ultime possono avere triplice natura:
• Tecnologiche: proprie di produzione e ricerca e sviluppo
• Di mercato: propria dei processi di distribuzione, vendita e consumo
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• Integrative: si occupano dello sfruttamento e dell’organizzazione delle
competenze tecnologiche e di mercato

• CAPITALE RELAZIONALE: risiede nei rapporti dell’impresa con gli


stakeholder. Esso include asset quali la fiducia, le norme e le sanzioni. Le risorse di
capitale relazionale contribuiscono alla creazione di valore agendo sulla riduzione
dei costi associati allo scambio, quali ad esempio le negoziazioni, stimolando al
contempo un senso di attaccamento affettivo e un impegno a perseguire obiettivi
comuni.

LA GESTIONE NEI CONTESTI DINAMICI

CICLO DI VITA DI UN PRODOTTO: rappresenta un modello per definire le


dinamiche strategiche di impresa, le fasi fondamentali sono quattro:

• INTRODUZIONE:
• Concorrenza quasi nulla
• Occorre identificare un segmento di consumatori potenzialmente interessati al
prodotto
• Creare un’organizzazione (finanziaria, del personale, di distribuzione ecc.)

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• SVILUPPO:
• Piani di espansione dovuti al successo del prodotto
• Si adottano politiche di vantaggio competitivo per ottenere e mantenere la
leadership
• Impresa inizia ad internazionalizzarsi entrando nel mercato globale

• MATURITA’:
• Lo sviluppo si arresta
• Impossibilità di aumento delle vendite: bisogna sottrarre i clienti ai
competitors
• Aumento della tensione competitiva
• Espulsione dal mercato dei concorrenti poco efficienti o marginali
• Mercato dominato da grandi concorrenti con ambizioni di grande integrazione
verticale
• Politiche di diversificazione verso settori in espansione

• DECLINO:
• La domanda diminuisce a seguito dell’entrata sul mercato di prodotti
sostitutivi
• Declino delle vendite del settore
• Accentuazione della tensione competitiva
• Escono i competitors più deboli

Dopo il declino ci sono due strade:


• Le vendite si assestano su un livello basso, ma stabile
• La discesa continua finché non si decide o di liquidare l’attività o di entrare in altri
business.

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Dal grafico si nota che le fasi di introduzione e sviluppo sono particolarmente
dispendiose dal punto di vista finanziario, a causa degli investimenti iniziali.
Tenderanno a verificarsi flussi positivi a seguito della stabilizzazione delle attività e
della riduzione dei tassi d’innovazione. Simile sarà l’andamento dei profitti, ma con
fluttuazioni meno accentuate. Tale fenomeno è dovuto alla riduzione dei costi,
conseguentemente agli investimenti iniziali.

Si noti che non è sempre semplice determinare in quale fase del ciclo di vita ci si
trova esattamente, in quanto il modello non presenta un grado di certezza sufficiente
ai fini strategici e gestionali. Nonostante ciò, il modello costituisce ad oggi un utile
punto di riferimento teorico, descrivendo in maniera molto semplice ed efficace
l’evoluzione del settore in cui operano le imprese. Inoltre, data la dinamicità dei
mercati, le strategie d’impresa dovranno essere decisamente mutevoli ed adattive al
fine di generare valore aggiunto.

LA NASCITA
NASCITA DI UN’IMPRESA: frutto della spinta creativa di un imprenditore
individuale, che genera dal nulla un’organizzazione attorno un’idea, detta new
venture. Un’impresa può essere vista come la realizzazione di un’opportunità di
miglioramento, capace di soddisfare in modo migliore i bisogni dei consumatori.
Tuttavia, occorre che tale opportunità sia sfruttabile commercialmente, ovvero che
consenta all’imprenditore di ottenere redditi adeguati.

Perché nascono le imprese?


• Progressi e scoperte tecnologiche
• Cambiamenti demografici
• Mutamenti dei gusti e degli stili di vita
• Nuove regole pubbliche o disposizioni legislative

Condizioni affinché l’opportunità si trasformi in un successo economico:

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• Il nuovo prodotto o servizio deve essere efficacemente difendibile dalla possibilità
di imitazioni rapide, altrimenti soccomberà sotto l’emulazione di imprese
maggiormente consolidate e con più risorse.

• La nuova impresa deve disporre delle risorse e delle competenze necessarie per
produrre la novità e fornire il nuovo bene o servizio in modo efficiente.

I 7 STEP DI VESPER

1. Cogliere le opportunità: le opportunità sono fenomeni di mercato in cui si


verifica un disequilibrio tra domanda e offerta. Cogliere le opportunità significa
vedere uno spazio libero nel mercato e, allo stesso tempo, trovare un’idea per
colmarlo.

2. Rifinire l’idea: l’idea deve essere adattata alle esigenze della produzione e del
mercato. Sul piano commerciale, occorrerà definire una strategia di ingresso sul
mercato.

3. Proteggersi dall’imitazione: ci sono due modalità per difendersi dall’imitazione:

• Tutela dell’ esclusività della riservatezza delle tecnologie applicate ai


prodotti, anche se è tuttavia raro che un imprenditore riesca a ottenere una
tutela assoluta. Anche in caso di copertura brevettuale, infatti, la concorrenza
può scendere in campo con prodotti o soluzioni similari, che riprendono l’idea
di base e i vantaggi dell’innovazione senza realizzare imitazioni perseguibili
legalmente.

• Strategie di introduzione sul mercato, quali l’ostacolare i concorrenti entranti


sfruttando i vantaggi della curva di esperienza. Se l’innovatore riesce dunque a
mantenere un vantaggio nei costi può imporre al potenziale competitor pesanti
costi di ingresso. Un esempio lampante è quello del cosiddetto ombrello dei
prezzi, che prevede inizialmente vendite al di sotto dei costi unitari al fine di
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annullare ogni attrattività e guadagnare tempo ed esperienza; una volta che il
prezzo sarà tornato al di sopra dei costi unitari, il first mover potrà godere di
tecnologie di produzione avanzate rispetto alla nuova concorrenza.
Naturalmente nessun vantaggio di prima mossa può essere preservato in eterno,
in quanto gli entranti successivi potranno accelerare la riduzione dei costi con
maggiori investimenti.

4. Costruzione della squadra (teaming): l’imprenditore deve formare una squadra


cui sarà affidata la dirigenza dell’impresa nelle sue varie aree.

5. Start-up: è il momento in cui si pone in essere la vera organizzazione, si da vita a


una nuova entità giuridica d’impresa. Successivamente a questa fase un insuccesso o
una rinuncia a proseguire si traduce in una pesantissima perdita finanziaria. È qui che
si arriva alla predisposizione di un business plan, ovvero di una previsione del primo
periodo di attività d’impresa.

6. Finanziamento: la raccolta di risorse finanziarie è decisiva per l’avviamento


dell’attività. Inizialmente i finanziamenti sono generalmente assicurati da capitali
dello stesso imprenditore (capitale proprio) o da piccoli prestiti familiari (una delle
forme del capitale di prestito). Un’altra modalità di finanziamento è il venture
capital, che si concretizza nella partecipazione al capitale di rischio, in cambio di
azioni.

7. Lancio del prodotto: occorre pubblicizzare il prodotto all’interno dei potenziali


segmenti di clientela. Il lancio sarà facilitato qualora la nuova impresa nasca come
spin-off da un’organizzazione preesistente.

LA CRESCITA
CRESCITA: fase in cui si consolida il nuovo mercato e le regole competitive
diventano più chiare, con una seguente diminuzione del livello di incertezza.
In questa fase:

• Si superano le barriere geografiche


• Si aumentano i livelli produttivi
• Si ampliano le reti di vendita

Si sposta l’attenzione dal prodotto all’innovazione di processo. In questa fase,


inoltre, i concorrenti diventano più efficienti grazie alle economie di scala e
apprendimento e i player meno competitivi vengono assorbiti.

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LA MATURITA’
MATURITA’:
• rallentamento della crescita della domanda del mercato, fino a tassi di sviluppo
prossimi allo zero.
• Le tecnologie di base, comuni a tutti i processi produttivi, sono ora ben note a tutti
i concorrenti, e quindi risulta difficile offrire un prodotto realmente differente dal
punto di vista tecnico.
• Posizioni consolidate dei leader di mercato
• Consumatori sono sempre meno sensibili alle campagne pubblicitarie e più attenti
ai prezzi. Si scatenano le guerre di prezzo.
• Concentrazione a livello di apparato distributivo: maggior potere contrattuale da
parte del sistema dell’intermediazione commerciale.
• Rallentamento della domanda genera delle eccedenze di produzione, scatenando
crisi che lasciano in vita solo pochi produttori: la riduzione dei costi unitari diventa
il vero obiettivo. Si può perseguire in quattro modi:
• CURVA D’ESPERIENZA: economie di apprendimento
• ECONOMIE DI SCALA: grazie all’espansione della CP
• OTTENIMENTO RISORSE PRODUTTIVE A BASSO COSTO:
tramite l’accesso agli input a condizioni privilegiate (premium price)
• ELEVATI LIVELLI DI EFFICIENZA OPERATIVA IN TUTTI
GLI ASPETTI GESTIONALI: risulta fondamentale attuare attività di
eliminazione degli sprechi e di contenimento delle spese amministrative,
portando ad un abbattimento dei costi generali, e quindi, ad un aumento
del livello di efficienza.

Ci sono alcuni fattori che, se ben gestiti, possono diventare fonte di successo, anche
in questa fase in cui l’espansione economica non è dominante.

• DINAMICHE DI NICCHIA: quando la stabilità o il declino di un settore


nasconde fluttuazioni considerevoli riguardanti singoli segmenti di mercato.
Attraverso tali dinamiche, se opportunamente affrontate con flessibilità, l’impresa
può mantenere livelli cospicui di redditività anche in un settore maturo.

26
• VUOTI DI OFFERTA: frutto dell’abbandono del settore da parte di molte
imprese interessate allo sviluppo in altri settori.

DECLINO E CRISI
DECLINO: la diminuzione della capacità reddituale e indebolimento della situazione
finanziaria. È il risultato di:
• Progressi e scoperte tecnologiche
• Cambiamenti demografici
• Mutamenti dei gusti e degli stili di vita
• Nuove regole pubbliche o disposizioni legislative

CRISI: condizione di perdite economiche forti e strutturali, tale processo può colpire
sia settori interi che imprese singole, a causa di avversità ambientali ed errori
manageriali.

LE STRATEGIE DEI SETTORI IN DECLINO:


Le imprese che sono in grado di prevenire il declino riescono comunque ad ottenere
profitti grazie a:
• Riduzione degli investimenti in CP
• Orientamento alla flessibilità
• Iniziative di diversificazione

1) STRATEGIA DI QUOTA: punta a far acquisire all’impresa una posizione


dominante all’interno del settore al fine di compensare la caduta delle vendite
all’interno del mercato. L’impresa deve quindi cercare di mettere fuori gioco i
competitors in diversi modi:
 scatenando guerre di prezzi
 abbassando le barriere all’uscita
 introducendo costose variazioni di prodotto che dovrebbero poi essere
imitate.
Nelle strategie di quota si dovrà tenere conto che la vera concorrenza si farà
innanzitutto con i produttori di beni sostitutivi.

2) STRATEGIA DI NICCHIA: punta all’occupazione di un segmento di domanda


protetto dal declino

27
3) STRATEGIA DI MIETITURA: l’impresa mira ad ottenere il massimo ritorno
finanziario dal business in declino evitando guerre di prezzo e puntando
esclusivamente sui margini unitari di contribuzione. Ciò significa:
 ridurre il numero di varianti
 alzare i prezzi
 tagliare tutte le attività non essenziali.
Tale comportamento può eventualmente accelerare il declino del settore.

4) STRATEGIA DI DISINVESTIMENTO: punta alla dismissione dell’attività


per destinare le risorse a nuovi business.

LE CRISI E LE STRATEGIE DI FRONTEGGIAMENTO:

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Accade spesso che imprese solide incorrano in periodi di difficoltà: questo non vuol
dire che si sia affetti da un male profondo, ma solo che è giunto il momento di
ridefinire le proprie strutture aziendali. Diverso invece è il discorso quando si parla
del recupero di una crisi, la cui riuscita è incerta e condizionata dai pesanti costi che
gli stakeholder dell'azienda devono sostenere.

• CAUSE PRIMARIE: sono date da fattori di tipo ambientale o interno che


determinano l’incapacità dell’azienda di mantenere stabile la propria economicità.
Tra i fattori aziendali possiamo individuare quelli:
• Strategici: relativi al venir meno della coerenza tra ambiente e strategie
• Finanziario-societari: relativi all’assetto delle fonti e degli impieghi
• Organizzativi: relativi al decadere dell’efficienza
• Straordinari: relativi ad eventi eccezionali

• CAUSE SECONDARIE: intervengono dopo che le cause primarie hanno dato


origine a uno stato patologico, moltiplicandone gli effetti, ostacolandone la
risoluzione e affrettandone la conclusione negativa.
• Erosione del sostegno degli stakeholder
• Crescenti inefficienze
• Deterioramento del clima interno e dei processi decisionali

TURNAROUND: cambiamento repentino che prevede l’offerta di garanzie agli


stakeholder, il contenimento delle inefficienze e la sostituzione del management. Il
fine generale del risanamento consiste nel riportare l’impresa alle condizioni
gestionali ordinarie.

LE STRATEGIE DI CRESCITA

MODALITA’ REALIZZATIVE DI CRESCITA:


• INTERNA
• ESTRENA
• PER ACCORDI

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TRAIETTORIA DELLA CRESCITA:

ESPANSIONE O CONCENTRAZIONE NEI BUSINESS ESISTENTI


TRAMITE:
• SVILUPPO ORIZZONTALE: si allarga lo spettro operativo mono-settoriale
attraverso vari espedienti, come l’acquisizione dei concorrenti e
l’ampliamento delle linee di prodotto.
• INTEGRAZIONE VERTICALE: si allarga lo spettro operativo
internalizzando le attività effettuate dai clienti e dai fornitori

DIVERSIFICAZIONE IN NUOVI BUSINESS:


• DIVERSIFICAZIONE CORRELATA: serve a valorizzare positivamente le
interrelazioni tra le vecchie e le nuove aree d’affari.
• DIVERSIFICAZIONE CONGLOMERALE: punta allo sviluppo
plurisettoriale, ovvero ad acquisire nuove attività non correlate a quelle già
esistenti.

ESPANSIONE INTERNAZIONALE: espansione correlata alla globalizzazione di


domanda ed offerta.

STRATEGIE DI FOCALIZZAZIONE SUL CORE BUSINESS: strategie


attraverso le quali le imprese possono rafforzare o assestare le loro posizioni e gestire
con maggior prudenza le loro risorse:
• CORPORATE RESTRUCTURING & DEVELOPMENT
• OUTSOURCING

L’ATTUAZIONE DELLE STRATEGIE DI SVILUPPO


Esistono tre modalità per attuare la crescita dell’impresa:

CRESCITA INTERNA: processo di sviluppo delle capacità e risorse disponibili in


ambito dell’azienda
• È un processo lento, che porta alla realizzazione di un sistema armonico.

CRESCITA ESTERNA: acquisizione di aziende terze già operanti


• Può essere realizzata in tempi brevi ma può anche causare problemi relativi
all’integrazione delle varie attività.
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CRESCITA COLLABORATIVA: forma di crescita basata su rapporti di
collaborazione con terzi, ovvero su accordi fra imprese

LA CRESCITA INTERNA
Avviene attraverso un processo di sviluppo delle unità aziendali esistenti volto
all’innovazione e alla valorizzazione delle competenze interne. Esso è attuato:
 Sfruttando in modo migliore le risorse che l’azienda ha già, ma che utilizza
solo in modo parziale
 Acquisendo nuove risorse utili a migliorarne ulteriormente l’utilizzo.

NEW BUSINESS DEVELOPMENT: nascita e sviluppo di nuovi business, come ad


esempio gli spin-off (team dedicati allo sfruttamento delle nuove opportunità), a
seguito della maturazione interna di competenze, ad esempio tecnologiche, che
possono trovare applicazione anche in settori diversificati.

INTRAPREUNERSHIP: imprenditorialità interna, si può approcciare in 4 modi,


basati sulle combinazioni di due dimensioni complementari:
31
 la struttura delle responsabilità interne


l’autori
tà sulle
risorse
da

investire

LA CRESCITA ESTERNA
Si differenzia dalla crescita interna in quanto è attuabile in maniera rapida e porta alla
“costruzione di un impero”. Questa crescita avviene mediante l’ACQUISIZIONE di
aziende terze o la FUSIONE.

ACQUISIZIONE: trasferimento della proprietà di un’azienda verso il corrispettivo


di un prezzo.

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FUSIONE: è un processo più rigido in quanto la nuova società subentra in tutte le
attività delle società partecipanti. Può avvenire per:

 INCORPORAZIONE: A incorpora B ed A continua ad esistere con una


nuova configurazione

 CONSOLIDAMENTO: A si fonde con B e da vita a C.

Vantaggi crescita esterna:


 È più semplice superare le barriere all’ingresso del mercato acquistando
un marchio già affermato con brevetti e punti di forza difficilmente
imitabili.
 Il costo di acquisto è comunque minore del costo di rimpiazzo delle
stesse attività.

Il principale vincolo alla crescita esterna è rappresentato dalla disponibilità di


risorse finanziarie liquide. Un modo per ovviare a tale vincolo è ricorrere allo
scambio di azioni anziché alle risorse monetarie come metodo si pagamento.

STRATEGIE E PERCORSI DI CRESCITA E


SVILUPPO

ESPANSIONE DELL’IMPRESA:
13. Irrobustimento dell’organizzazione (garanzia di sopravvivenza)
14. Assunzione di maggior forza verso i concorrenti
15. Incremento delle retribuzioni

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SVILUPPO ORIZZONTALE:
Avviene quando un’impresa mette in atto un programma che può essere sia di
espansione interna, se si amplia la capacità produttiva o si creano nuove unità, sia
esterna, con l’acquisizione dei concorrenti, ovvero con i processi di integrazione
orizzontale. Ciò può rafforzare la quota di mercato detenuta dall’impresa attraverso
l’ampliamento della gamma di prodotti offerta e l’aumento del numero dei segmenti
di mercato in cui si è presenti.

• Tempi più brevi

• Riduzione costi unitari (consente di sfruttare meglio le risorse)

• Implica rischi meglio valutabili da parte degli organi imprenditoriali

SVILUPPO ORIZZONTALE MONOSETTORIALE: crescita tramite


l’acquisizione dei concorrenti più deboli.

TANGIBLE SAVINGS: raggiungibili con lo sviluppo monosettoriale. Sono i


risparmi dovuti all’abbattimento di duplicazione dei costi

STRATEGIE DI DIVERSIFICAZIONE:
É una scelta strategica secondo la quale l’impresa allarga l’ambito delle sue attività
(prodotti venduti o mercati serviti). Come già visto può essere:

 Correlata: si vendono nuovi prodotti allo stesso gruppo di clienti o a un tipo di


clientela simile a quella dei prodotti esistenti. Spesso ciò significa collocare
nuovi prodotti attraverso i vecchi canali distributivi e conservare il proprio
posizionamento strategico in termini di prezzo e qualità.
 Conglomerale (si cambiano sia tecnologie di produzione sia i clienti serviti. Si
tratta dell’inglobamento di settori che non hanno legami industriali).

Le strategie di diversificazione possono portare a 4 diverse economie:

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16. SINERGIE: lo svolgimento di due o più attività contemporaneamente porta ad
un risultato superiore rispetto a quello dato dalla somma dei singoli risultati nelle
attività (2+2=5)

17. ECONOMIE DI CAMPO: sono costituite dai risparmi di costo che derivano
dalla presenza in più settori. In genere scaturiscono dall’utilizzo condiviso di
risorse immateriali, come la marca e le competenze tecnologiche. Esse hanno
particolare rilevanza nelle aziende che, invece di dare importanza ai singoli
prodotti, preferiscono valorizzare le proprie core competences, applicandole in
ogni modo possibile e diversificando i loro prodotti (ricerca e sviluppo diventano
quindi fondamentali);

18. ECONOMIE FINANZIARIE: ci si rende più indipendenti rispetto ai


finanziatori esterni, grazie alla formazione di una sorta di mercato finanziario
interno (alcune divisioni assorbono risorse finanziarie ed altre le producono)

19. RIDUZIONE DEL RISCHIO: la presenza in più ASA porta alla


differenziazione del rischio e quindi alla sua diminuzione: andamenti negativi in
un’area saranno compensati da andamenti positivi in altre aree.

LO SVILUPPO ATTRAVERSO L’INTEGRAZIONE


VERTICALE

FILIERA TECNOLOGICA: l’insieme di lavorazioni che devono essere effettuate


per passare da un certo ventaglio di materiali ad un prodotto finito.

INTEGRAZIONE VERTICALE:
 A MONTE: se l’impresa inizia a svolgere anche fasi antecedenti rispetto a
quella di cui si occupava precedentemente, al posto dei fornitori
 A VALLE: se l’impresa inizia a svolgere fasi successive a quelle svolte
regolarmente, al posto dei clienti.

Vantaggi:

 VANTAGGI TECNICI: grazie ad un coordinamento più stretto e razionale


delle attività tra loro collegate

 VANTAGGI ECONOMICI: grazie all’appropriazione dei margini di profitto


di clienti e fornitori

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 RISPARMIO SUI COSTI DI TRANSAZIONE e sui rischi di
comportamenti opportunistici di terzi

 VANTAGGI CONCORRENZIALI: aumento di potere di mercato,


integrando si possono innalzare barriere all’entrata per i possibili nuovi
concorrenti
Svantaggi:

 PROBLEMI DI COORDINAMENTO: causano un aumento dei costi di


coordinamento interno

 ELIMINA LA POSSIBILITA’ DI CAMBIARE FORNITORI O


CLIENTI: qualora questo cambio risultasse conveniente, l’impossibilità di
realizzazione genererebbe una pericolosa innalzata del BEP

 RALLENTAMENTO DELL’INNOVAZIONE TECNOLOGICA CON


INNALZAMENTO DI BARRIERE ALL’USCITA PER L’IMPRESA
STESSA

LA FOCALIZZAZIONE SUL CORE BUSINESS

Le STRATEGIE DI FOCALIZZAZIONE sul core business sono vengono


intraprese per rafforzare o assestare l’impresa, e consistono nel riattribuire
importanza alle proprie competenze distintive. Sono principalmente due:

• CORPORATE RESTRUCTURING & DEVELOPMENT


• OUTSOURCING

CORPORATE RESTRUCTURING &


DEVELOPMENT

 Punta a razionalizzare i settori di attività di un gruppo diversificato e di grandi


dimensioni, disinvestendo dalle attività ritenute non fondamentali. Il
disinvestimento può generare importanti risorse finanziarie, da utilizzare per
ridurre l’indebitamento e alimentare nuovi investimenti nel core business.
Naturalmente, grande attenzione è da dare alla massimizzazione del valore di
cessione delle varie attività.

 Il corporate restructuring è utilizzato per porre rimedio a prestazioni inferiori


alla media dei concorrenti e a sensibili decadimenti delle performance
36
reddituali. È un intervento che si adatta ad imprese bisognose di alleggerire
la struttura dei costi.

 QUESTA STRATEGIA CONSISTE NELL’ELIMINARE OGNI COMPONENTE


DELL’ORGANIZZAZIONE CHE NON GENERI VALORE: di solito un primo
intervento consiste nei tagli occupazionali; la base di tali decisioni è costituita
da:

 Costi fissi sul totale delle vendite


 Vendite per dipendente
 Utile per dipendente
 Personale di staff in percentuale sul personale complessivo
 Valore aggiunto per addetto.

Tutti questi valori vengono confrontati con le medie di settore o con quelli dei
concorrenti più forti (BENCHMARK)

STRATEGIE DI OUTSOURCING
Si intende la ricerca sistematica di occasioni per affidare a terzi dei processi che
prima erano realizzati all’interno dell’azienda. Questa strategia ha recentemente
portato alla formazione di molte imprese network, con un bassissimo grado di
integrazione. Essa richiede un grande sforzo da parte del top management e deve
essere considerata selettiva, poiché bisogna scegliere con cautela quali operazioni
esternalizzare. Di solito, vengono delegate tutte le operazioni no-core.

Distinguiamo due tipi di outsourcing:

 COMPLETO: esternalizzate tutte le operazioni inerenti una funzione


aziendale

 PARZIALE: sono esternalizzate solo alcune parti del processo

L’outsourcing permette di alleggerire la propria gestione organizzativa, ma può


generare dei problemi di coordinamento. Questo rischio è ridotto se le risorse sono
materiali, ma piuttosto elevato quando esse sono immateriali e strategicamente
rilevanti. Un altro svantaggio, infine, è il fatto che una crisi dell’impresa che
esternalizza può facilmente ritorcersi contro tutte le altre imprese del network

37
GESTIONE STRATEGICA DELL’
INTERNAZIONALIZZAZIONE

ESPANSIONE INTERNAZIONALE: è la scelta strategica di localizzare una parte


delle proprie attività al di là dei confini nazionali, al fine di assicurarsi in modo
sistematico nuovi sbocchi all’estero per le produzioni poste in essere dall’azienda.

VANTAGGI COMPARATI: caratteristiche che rendono un paese particolarmente


efficiente nello svolgimento di una data produzione, che può derivare dalla dotazione
di risorse e dai relativi differenziali di costo.

SPINTA ALL’INTERNAZIONALIZZAZIONE:
 INTERNA: se il management individua nell’internazionalizzazione un mezzo
per perseguire la mission aziendale
 ESTERNA: se stimolata dalle favorevoli condizioni di ingresso in un dato
mercato estero

ORIENTAMENTI DI IMPRESA:

o INTERNAZIONALE: l’impresa sfrutta le conoscenze e le competenze


della casa madre per la diffusione nel mondo. Si basa sul presupposto
che la formula imprenditoriale adottata possa essere esportata senza
grandi adattamenti e senza radicali cambiamenti. Rappresenta spesso la
prima fase di internazionalizzazione e mira ad accrescere la redditività.
Limite: questo modello può essere condizionato dalle dimensioni e dalle
risorse aziendali

o MULTINAZIONALE: l’impresa mira a creare una forte presenza


locale cercando di rendersi sensibile alle differenze nazionali: ogni
38
filiale soddisfa i bisogni della domanda locale, con differenziazione del
prodotto a seconda dell’area strategica d’affari. Il governo è
riconducibile a un tipo di gestione bottom-up, dove le politiche comuni
sono marginali e poco significative.

o GLOBALE: l’impresa affronta paesi differenti, in determinate macro-


aree geografiche o direttamente su scala globale, come se fossero un
unico grande mercato indifferenziato.

SETTORE GLOBALE: le imprese che vi operano possono acquisire significativi


vantaggi competitivi integrando le attività su scala mondiale.

LE TRE A: tre possibili opzioni strategiche a disposizione delle imprese che


decidono di spingersi oltre i propri confini geografici o che vogliono valutare le
proprie scelte internazionali:

 ADATTAMENTO: è la strategia che enfatizza la capacità dell’impresa di


adeguarsi alle dinamiche locali. L’impresa rinuncia alle economie di scala per
favorire la creazione di unità locali («subsidiaries») indipendenti operanti nei
vari paesi.

 AGGREGAZIONE: è la strategia che rinuncia all’adattamento locale per


sfruttare le economie di scala che derivano dalla standardizzazione dei
processi.

 ARBITRAGGIO: è la strategia che prevede la disaggregazione della catena


del valore per beneficiare dei vantaggi comparati dei vari paesi. (Call center in
India, produzione in Cina e vendita in Europa)

39
STRATEGIE DI
INTERNAZIONALIZZAZIONE
Si distinguono quattro forme differenti di strategie di internazionalizzazione, che
derivano dalla coesistenza di due fattori:
• La realizzazione o meno di produzioni all’estero (operazioni produttive)
• La
estimenti diretti all’estero.

Le quattro forme sono:

20. OPERAZIONI COMMERCIALI SENZA INVESTIMENTI ALL’ESTERO:


è la forma meno impegnativa, con cui l’impresa si limita ad esportare i propri
prodotti.

21. OPERAZIONI COMMERCIALI CON INVESTIMENTI DIRETTI


ALL’ESTERO: l’impresa mantiene in loco i propri processi produttivi, ma
installa all’estero una propria organizzazione commerciale.

22. OPERAZIONI PRODUTTIVE SENZA INVESTIMENTI DIRETTI


ALL’ESTERO: si affidano la produzione e la
commercializzazione col proprio marchio a operatori stranieri, portando a
contratti di fabbricazione o “impianti chiavi in mano”

23. OPERAZIONI PRODUTTIVE CON INVESTIMENTI DIRETTI: è la forma


più complessa di internazionalizzazione in cui si esporta l’intero ciclo produttivo.
40
l’internazionalizzazione può aver luogo mediante un graduale passaggio attraverso le
varie strategie, si può iniziare con esportazioni occasionali, coinvolgendo poi partner
stranieri, proseguendo inoltre con la creazione di filiali ecc. Il principale problema
risiede nella distribuzione delle attività fra la sede centrale del gruppo e le filiali
nazionali.
Porter classifica le strategie internazionali sulla base della concentrazione delle
attività aziendali e sul grado di coordinamento, alto o basso, delle attività svolte nei
vari paesi interessati:

Concentrazione delle attività

24. STRATEGIA DI ESPORTAZIONE CON COMMERCIALIZZAZIONE


DECENTRATA: rimangono nel paese di origine tutte le attività produttive
tranne il marketing ed i punti vendita

25. STRATEGIA MULTIDOMESTICA: si esportano le attività della catena di


valore che diventano indipendenti tra loro; è la scelta tipica delle imprese che
operano internazionalmente

26. FORTE INVESTIMENTO E COORDINAMENTO DELLE ATTIVITA’


ALL’ESTERO: si disperdono le attività, che rimangono comunque molto legate
tra loro e dipendono dalla casa madre

27. STRATEGIA GLOBALE PURA: si scelgono pochi paesi dove produrre


secondo vantaggi competitivi, scelta dalle imprese globali .

41
LE STRATEGIE COOPERATIVE:
CRESCITA CONTRATTUALE: si colloca in posizione intermedia rispetto ai
processi di crescita interna ed esterna, comprende un'ampia tipologia di forme di
collaborazione e cooperazione con terzi.
La base economica della collaborazione interaziendale o di un'alleanza strategica
risiede nella possibilità di svolgere in modo migliore una o più attività della catena
di valore.

I vantaggi perseguiti mediante gli accordi si possono classificare in:

o ACQUISIZIONE DI ECONOMIE DI SCALA, DI


APPRENDIMENTO E DI ALTRI VANTAGGI DI COSTO
LEGATI A SINERGIE

o ACCESSO AD ASSET ESCLUSIVI MESSI A DISPOSIZIONE


DAL PARTNER

o RIDUZIONE DEI RISCHI E LA CONDIVISIONE DI


INVESTIMENTI FINANZIARI

o UNIONE DELLE FORZE PER CAMBIARE LA STRUTTURA


SETTORIALE.

Modalità di gestione del rapporto:

 FIT STRATEGICO: dipende dalla misura in cui si integrano le risorse


del partner rispetto alle possibilità di uso complementare e
all'ottenimento di sinergie
 FIT CULTURALE: esprime la misura in cui le culture aziendali dei
partner possono
permettere una
buona convivenza
e lo sviluppo di una
valida
collaborazione

42
LE FORME DELLE RELAZIONI COOPERATIVE
VANTAGGIO COMPETITIVO RELAZIONALE: può essere perseguito
attraverso diverse forme di accordo e di cooperazione, le sue fonti sono:
 l’investimento dei partner,
 la presenza di meccanismi di apprendimento,
 la complementarità delle risorse
 la presenza di meccanismi di governance.
Le relazioni competitive si possono rappresentare sulla base dell’intensità del
rapporto che lega le parti:

RELAZIONI DEBOLI: in cui il collante è spesso una semplice comunanza di


interessi:

 LA PRESENZA INCROCIATA DI AMMINISTRATORI negli organi di


governo di due o più imprese

 ASSOCIAZIONI DI CATEGORIA: società senza scopo di lucro con


l’obiettivo di raccogliere e distribuire informazioni sul settore, generano una
piattaforma di lobbying verso le autorità governative e l’opinione pubblica.

 ALLEANZE: accordi che coinvolgono più imprese su base essenzialmente


contrattuale, riguardando diversi ambiti dell’attività aziendale senza effettivi
investimenti di capitale.

 NETWORK DI FORNITORI O DI DISTRIBUZIONE: accordi realizzati


lungo la filiera per ottimizzare le operazioni di acquisto o di vendita.

 DISTRETTI INDUSTRIALI: forme di cooperazione su base locale di


piccole e medie imprese dalle produzioni simili o complementari, che hanno
portato alla creazione di aree di specializzazione nelle quali si intrecciano
contesto sociale ed economico, e che hanno dato vita a cooperazioni stabili e
profittevoli nel tempo.

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RELAZIONI FORTI: in cui i partecipanti sono legati fra loro da strutture formali:

 CONSORZIO: una serie d’imprese crea una nuova società attraverso


l’apporto di capitale, per raggiungere obiettivi comuni in modo più veloce ed
efficace. Uno dei vantaggi del consorzio è quello dell’ottenimento di
condizioni contrattuali più favorevoli a seguito della maggiore dimensione
dello scambio.

 JOINT VENTURES: poche imprese (spesso solo due) creano una terza
impresa per scopi comuni, apportandovi capitale e risorse. Rispetto al
consorzio l’investimento nell’iniziativa risulta rilevante, così come l’ampiezza
e la complessità della cooperazione.

MOTIVAZIONI E RISORSE COINVOLTE NELLE


COOPERAZIONI.

44
In una prospettiva RESOURCE-BASED le forme di cooperazione hanno due
motivazioni principali per esistere:

 OTTENIMENTO DELLE RISORSE: creare e reperire input fondamentali


per la propria attività
 DIFESA DI RISORSE E COMPETENZE: difendere gli elementi del
proprio vantaggio competitivo

Due categorie di risorse che possono essere coinvolte in una cooperazione fra
aziende:

 RISORSE PROPRIETARIE: macchinari, brevetti e tutti gli input per i quali


le imprese godono di regimi forti di appropriabilità.
 RISORSE BASATE SULLA CONOSCENZA: know-how, fiducia, per le
quali esistono regimi deboli di appropriabilità

REGIME DI APPROPRIABILITA’: definisce il livello di proteggibilità delle


risorse: quando risulta forte, un’impresa può serenamente escludere un partner
dall’utilizzo delle risorse che servono per l’alleanza; quando esso è invece debole,
l’esclusione è più complicata e il rischio per l’impresa di perdere l’esclusività di
suddette risorse aumenta. Si viene a creare quindi una relazione abbastanza forte fra
l’utilizzo delle forme di cooperazione (deboli o forti) e le tipologie di risorse che
sono apportate:

LA
GESTIONE STRATEGICA NEI PROCESSI DI
INNOVAZIONE TECNOLOGICA

45
L’innovazione è parte integrante delle strategie d’impresa volte a creare e mantenere
vantaggio competitivo nel lungo termine. Essa può riguardare diversi ambiti della
gestione aziendale:
o Forme organizzative
o Approccio al mercato
o Dimensione tecnico-industriale dell’impresa
Può riguardare dispositivi, strumenti e conoscenze legate a nuovi prodotti e servizi
(INNOVAZIONE DI PRODOTTO) oppure dispositivi, strumenti e conoscenze che
mediano tra input e output (INNOVAZIONE DI PROCESSO).

Processo di innovazione: fattore critico di successo, permette all’azienda di


differenziarsi dalle concorrenti e mantenere il suo vantaggio competitivo. L’aumento
di consapevolezza del ruolo fondamentale del processo ha portato numerose aziende
ad investire ed incrementare il numero, la produttività e la qualità delle innovazioni.

L’INNOVAZIONE

INNOVAZIONE: lo sviluppo a fini commerciali di nuovi prodotti o nuovi processi,


atti ad accrescere la proposta di valore veicolata al mercato mediante beni e servizi.
Si considera innovazione anche il miglioramento di prodotti e processi già esistenti.
L’essenza dell’innovazione stessa risiede nella capacità di proporre al mercato un
vantaggio rispetto all’offerta precedentemente disponibile.
Si differenzia per natura e per forma:

 NATURA. A seconda del verificarsi di rivoluzioni tecnologiche essa si divide


a sua volta in:
o RADICALE
o INCREMENTALE

 FORMA: identifica l’insieme delle attività necessarie per generare un nuovo


prodotto/sevizio o un nuovo processo produttivo/distributivo.

PROCESSO DI INNOVAZIONE: l'attività sistematica volta alla creazione e


all'applicazione di nuove conoscenze scientifico-tecnologiche, la cui accumulazione è
fonte di accrescimento del patrimonio tecnologico di impresa.

L’innovazione può essere di:


 PRODOTTO: apportare variazioni alla gamma di vendita. Può assumere diversi
significati:
o Una tecnologia completamente nuova che dà origini ad un nuovo mercato
o Una novità di cui esiste già un mercato
o Un’innovazione che va a sostituire prodotti obsoleti
46
o Ampliamento di una linea affermata con nuovi modelli
o Miglioramento delle caratteristiche o delle prestazioni di un prodotto.

 PROCESSO PRODUTTIVO: diretto a migliorare l’efficienza dei cicli di


lavorazione

TECHNOLOGY PUSH: innovazione trainata dalla tecnologia


DEMAND PULL: innovazione risultante di una precisa domanda di novità da parte
del cliente

Tendenza manageriale più comune:

 superare il dualismo tra technology push e demand pull ed individuare le


condizioni che consentono alle imprese di indirizzare l'investimento in
tecnologia verso le aspettative più urgenti del cliente.
 Ciò ha reso la gestione del processo d'innovazione maggiormente dipendente
dal cliente, rendendo l’innovazione sempre più customer-driven: in alcuni
casi la generazione delle idee innovative viene delegata direttamente al cliente,
che così assume il ruolo vero e proprio di co-producer.
 Il Marketing risulta quindi essere sempre più coinvolto per quanto riguarda
l’individuazione delle attese di clienti.
 Il risultato è stato l’aumento della frequenza del fenomeno innovativo, perché
per accrescere la customer satisfaction si è ritenuto opportuno incorporare nel
prodotto continui, anche se marginali, miglioramenti delle prestazioni.

LA TECNOLOGIA
TECNOLOGIA: elemento fondamentale nel determinare i processi di sviluppo delle
imprese poiché supporta le attività svolte dalle imprese per conseguire un vantaggio
competitivo. La tecnologia dà, quindi, forma ai processi di innovazione.

POLITICHE TECNOLOGICHE: complesso delle scelte volte ad accrescere e


sfruttare il patrimonio tecnologico di cui l’impresa è dotata, in linea con le strategie
aziendali complessive.

PATRIMONIO TECNOLOGICO: insieme delle competenze, conoscenze ed


abilità che l’impresa sviluppa nell’attività di produzione e vendita di beni e servizi.
Le competenze che riguardano il patrimonio tecnologico sono:

 Il KNOW-HOW: insieme di conoscenze di tipo empirico relative a come si


realizza una determinata attività.

47
 Il KNOW WHY: conoscenza scientifica del perché a fronte di una certa
azione si verificano determinati effetti.

È necessario un buon equilibrio tra conoscenze empiriche e conoscenze scientifiche.


È utile creare una distinzione tra origine empirica e scientifica delle conoscenze, al
fine di individuare il grado di approfondimento delle competenze; infatti, l'origine
empirica consente di padroneggiare la sola area specifica in cui le conoscenze sono
maturate, Mentre il sapere scientifico permette un'applicazione più ampia, in quanto
declinabile in più settori.

AMPIEZZA DELLE CONOSCENZE: è funzione del numero di tecnologie distinte


che l'impresa ha maturato.

PROFONDITÀ DELLE CONOSCENZE: riguarda il livello raggiunto dall’impresa


nella maturazione delle proprie competenze.

La relazione tra ampiezza e profondità delle conoscenze permette di descrivere il


profilo del patrimonio tecnologico aziendale.

POTENZIALITÀ APPLICATIVA DELLA TECNOLOGIA: esprime la


numerosità di applicazioni commerciali della tecnologia e assume rilevanza nel
determinare la possibilità di intraprendere processi di diversificazione.

Possiamo classificare le tecnologie in:

 TECNOLOGIE DI BASE: ovvero l'insieme delle competenze necessarie per


poter operare nel settore specifico.

 TECNOLOGIE CHIAVE: l'insieme delle competenze che conferiscono


vantaggio competitivo, permettono di realizzare prodotti con qualità superiore
o processi con costi inferiori. Sono di difficile accesso.

 TECNOLOGIE COMPLEMENTARI: sono tecnologie residuali, che però


possono trasformarsi in tecnologie strategiche al modificarsi delle competenze
interne o esterne in cui opera l'azienda.

 TECNOLOGIE EMERGENTI: l'insieme di conoscenze che, pur essendo


nelle fasi iniziali del ciclo di sviluppo e quindi scarsamente conosciute nelle
loro reali potenzialità, costituiscono in prospettiva delle minacce rilevanti per
le attuali tecnologie di base

48
GESTIONE STRATEGICA DELL’INNOVAZIONE E
DELLA TECNOLOGIA
POSIZIONE TECNOLOGICA: dipende dal confronto tra le soluzioni tecniche
disponibili nell’azienda e quelle detenute dai principali concorrenti. La posizione
tecnologica può essere:

 FORTE: quando l'azienda detiene competenze la cui superiorità può essere


comprovata da rilevazioni oggettive
 ALLINEATA: quando il livello delle competenze non presenta differenze
significative rispetto alla concorrenza. È tipica dei settori maturi, in cui le
conoscenze sono ormai diffuse a tutti i concorrenti
 DEBOLE: quando le competenze sono notevolmente inferiori e inadeguate
rispetto alla concorrenza

Limitate capacità innovative possono dipendere da fattori di natura:

 CULTURALE: orientamento alla scienza e alla tecnologia che offusca le


capacità di interpretare le esigenze del mercato.
 ORGANIZZATIVE: scarsa integrazione interfunzionale, inadeguatezza dei
meccanismi operativi.
49
 FINANZIARIA: scarsa disponibilità a investire in processi ad alto rischio.
 STRATEGICA: incapacità di definire precisi e stabili indirizzi di sviluppo
innovativo.

Le imprese di successo sono, quindi, quelle che indirizzano il loro sforzo tecnologico
verso la ricerca di una posizione di dominanza solida.
Le scelte di gestione dell’innovazione tecnologica sono:

 LEADERSHIP TECNOLOGICA: consiste nell’essere i primi ad introdurre


determinate tecnologie. I costi di creazione saranno sicuramente maggiori
(costi del pioniere), come i rischi connessi alla reale efficacia del prodotto, il
vantaggio però è la possibilità di instaurare un iniziale monopolio e mantenere
delle barriere all’ingresso per i concorrenti.
 IMITAZIONE: acquisire rapidamente soluzioni tecnologiche introdotte dal
leader per apportarvi miglioramenti e realizzare vendite a costi inferiori.
 ME TOO: imprese imitatrici che entrano nel mercato in fase avanzata del ciclo
vitale della tecnologia. È basata sulla minimizzazione dei costi.
RICERCA E SVILUPPO
RICERCA E SVILUPPO: è la funzione che richiede la contemporanea presenza
delle competenze tecnico-scientifiche (operations), commerciali e finanziarie. Essa
punta a perfezionare le conoscenze produttive e a realizzare nuovi prodotti per i
clienti; è dunque l'attività aziendale specializzata nella ricerca, nella sperimentazione,
nell’applicazione e nello sviluppo di innovazioni tecnologiche. I risultati che la
funzione di Ricerca e Sviluppo fornisce dovrebbero portare a un abbattimento dei
costi e a un accrescimento dei ricavi.

Fasi essenziali dell’iter innovativo:

1) RICERCA DI BASE: consiste nell’impiego sistematico volto alla comprensione


delle leggi che guidano i fenomeni naturali. Avendo obiettivi economici e
competitivi, si distingue dalla ricerca pura, che ha finalità meramente conoscitiva.
2) RICERCA APPLICATA: indica le specifiche modalità di utilizzo delle
conoscenze prodotte dalla ricerca di base. Questa fase si spinge fino alla messa a
punto di prototipo del nuovo prodotto.
3) ATTIVITÀ DI SVILUPPO: messa a punto del prodotto e del processo di
trasformazione industriale.
4) INDUSTRIALIZZAZIONE E COMMERCIALIZZAZIONE: riguardano
tutte le attività volte a produrre e a vendere su larga scala il nuovo prodotto.

È importante distinguere i seguenti concetti:


 SCIENZA: insieme di conoscenze teoriche, si collega alla ricerca di base.
50
 TECNOLOGIA: riguarda il patrimonio di esperienze formatesi attraverso
approcci empirici, si collega allo sviluppo e all’industrializzazione.
 INVENZIONE: atto casuale, non pianificabile.
 INNOVAZIONE: momento di sfruttamento economico della nuova
conoscenza

Nella generazione di idee innovative assume un ruolo primario la capacità di


stimolare la creatività. Tale obiettivo può essere perseguito ricorrendo a:

 sistemi efficaci di comunicazione degli obiettivi aziendali


 integrazione multifunzionale
 sistemi che premino la capacita’ propositiva
 analisi prodotti concorrenza

SVILUPPO PRELIMINARE:
 SUDDIVIDERE IL PROGETTO IN TANTE PARTI DISTINTE
 SI PONGONO TRAGUARDI TECNICI PER OGNI PARTE
 FORMAZIONE GRUPPI DI LAVORO
 NOMINA DI PROJECT LEADER
 BUDGET (alto livello di flessibilità necessario)

SVILUPPO AVANZATO ED INDUSTRIALIZZAZIONE:


 REALIZZAZIONE DEL PROTOTIPO
 PREDISPOSIZIONE DELL’IMPIANTO PRODUTTIVO
 PUNTO DI NON RITORNO (esborso finanziario importante, si impegnano
definitivamente le risorse finanziarie occorrenti per la conclusione del
progetto)
 DECISIONE DI ANNUNCIARE IL LANCIO COMMERCIALE

Fondamentale in queste fasi è il ruolo della R&S:


 Essa è depositaria del know-how ed è quindi l’unica a poter dare le risposte
alle problematiche che potrebbero sorgere.
 Solo una stretta interazione tra mercato e produzione può consentire un
indirizzo efficace delle attività future di ricerca.

51
INNOVAZIONE E GESTIONE DEL PORTAFOGLIO
PRODOTTI.
Non è raro che le imprese raggiungano dimensioni di rilevo e debbano trovarsi a

gestire un ampio portafoglio prodotti. Da ciò derivano decisioni legate alla selezione
dei prodotti su cui puntare, alle modalità con cui finanziarli e a come sostituirli una
volta in declino.

 STAR: prodotti di successo. Non creano molti utili perché necessitano di


elevati investimenti.

 QUESTION MARK: prodotti in una situazione di incertezza, possono


costruire ottime opportunità così come investimenti sbagliati.

 CASH COW: Prodotti Star che hanno esaurito la fase di espansione del
mercato, generano alti flussi di cassa e richiedono pochi investimenti.

 DOG: Prodotti senza una buona posizione di mercato e con redditività ridotta a
causa di un'accesa concorrenza sui prezzi.

È in genere corretto utilizzare i prodotti cash cow per finanziare i question mark,
nella speranza che diventino star fino a evolversi in nuovi cash cow, ma soprattutto
cercare di sostituire quelli destinati a diventare dog con prodotti innovativi.
52
LA GESTIONE FINANZIARIA

GESTIONE FINANZIARIA: si occupa di sviluppare delle analisi previsionali sul


fabbisogno finanziario dell’impresa in funzione degli investimenti e delle esigenze di
capitale circolante, e di individuare la struttura finanziaria ottimale attraverso la scelta
delle fonti di finanziamento.
Si possono individuare tre compiti fondamentali:
 Concorrere a formulare le previsioni di tesoreria, cioè di incassi e
pagamenti (processi operativi)
 Decidere quanto e in quali attività investire (capital budgeting)
 Definire la modalità di raccolta delle risorse a tal fine necessarie (processi
strategici)

TRESAURER: unico manager finanziario, presente nelle piccole imprese.

CONTROLLER: nelle grandi imprese il controller ha il compito di verificare se i


fondi siano stati impiegati in modo efficiente.

Gestione finanziaria, caratteristiche:


 Interfaccia tra l’impresa ed il mercato dei capitali
 Creazione di valore come obiettivo unico, ogni operazione deve mostrarsi
capace di accrescere il valore dell’impresa.
 Ricevendo continue richieste da parte di altre aree, è importante mantenere
uno stretto rapporto con i vertici dell’azienda. Rispetto ad altre gestioni,
quella finanziaria si caratterizza per un maggiore accentramento al vertice.

Gestione finanziaria, compiti:


 Regolare i rapporti di credito con i clienti
 Fissare le condizioni di pagamento con i fornitori
 Gestire il patrimonio mobiliare ed immobiliare dell’impresa
 Esprimerete pareri sulla fissazione dei prezzi di vendita e sulle scelte
strategiche (fusioni, acquisizioni ecc.)
 Gestire i rischi d’impresa

53
IL FABBISOGNO FINANZIARIO DELL’IMPRESA
PIANIFICAZIONE FINANZIARIA: previsione dei flussi monetari in entrata e in
uscita che si presentano a seguito di un programma di crescita.

FABBISOGNO FINANZIARIO ha origine da:


 INCREMENTI DELLE ATTIVITÀ (pagamenti di nuovi investimenti)
 DECREMENTI DELLE PASSIVITÀ (riduzione del capitale netto in
seguito a perdite o distribuzioni di utili, rimborso o finanziamenti)

Il fabbisogno può essere soddisfatto tramite:


 Autofinanziamento
 Disinvestimenti
 Nuovo debito

Solo in tempi lunghi il totale dei costi corrisponde con il totale delle uscite e il totale
dei ricavi con quello delle entrate, perché vi è uno sfasamento tra momento
economico e momento monetario a causa della diffusa presenza di costi e ricavi
anticipati o differiti.
Il modo, l’entità e i tempi secondo cui si combinano entrate e uscite possono quindi
generare un avanzo o un disavanzo finanziario.

ATTIVITÀ (crediti, rimanenze…) E PASSIVITÀ (debiti verso fornitori…)


CORRENTI:

 Frutto dell’attività di acquisto-trasformazione-vendita.


 La differenza tra di esse rappresenta il CAPITALE CIRCOLANTE
NETTO (CCN).

' '
CCN = ATTIVIT A CORRENTI −PASSIVIT A CORRENTI

CCN POSITIVO: rappresenta l’investimento generato dalla gestione caratteristica


da finanziare.
CCN NEGATIVO: costituisce una forma di finanziamento.

AUMENTO CCN: assorbimento di risorse finanziarie.


DIMINUZIONE CCN: costituisce una fonte di finanziamento.

54
CICLO DEL CIRCOLANTE: l’intervallo di tempo che intercorre tra il momento
dell’incasso e il momento del pagamento.

INTENSITÀ DI CAPITALE: l’entità del capitale che l’impresa in crescita deve


impiegare per conseguire un euro di fatturato in più

BILANCIO D’ESERCIZIO: punto di partenza per un’attenta analisi sugli aspetti


economico-finanziari. È l’insieme di documenti che al termine di un periodo
amministrativo esprime il risultato di gestione.

È indispensabile cercare di quantificare con largo anticipo le dimensioni dei


fabbisogni, per provvedere alla raccolta con tempestività e nelle migliori condizioni
possibili:
 PROGRAMMAZIONE FINANZIARIA: orientata al breve periodo, si basa
sul budget di tesoreria.
 PIANIFICAZIONE FINANZIARIA: orientata al medio lungo periodo.

Esse hanno lo scopo di prevedere importi, tempi e durata dei fabbisogni consentendo
di preservare solvibilità e liquidità

SOLVIBILITA’: equilibrio finanziario di medio-lungo termine

LIQUIDITA’: equilibrio monetario o di breve termine

LE DECISIONI NELL’AREA DEGLI INVESTIMENTI


55
Le scelte d’investimento possono riguardare diverse aree:
• COMMERCIALE
• OPERATIONS
• AMMINISTRAZIONE
• INNOVAZIONE E CRESCITA

Un investimento comporta un’uscita monetaria in una prima fase e, in seguito, una


serie di entrate monetarie distribuite nel tempo.

INVESTIMENTO: è un’operazione che raffigura il valore in funzione del flusso di


risultati che ci si attende da essa, tramite la conversione dei flussi incerti futuri ad
oggi.

Caratteristiche dei flussi:


 MONETARI: Vi è necessariamente un flusso monetario in uscita, ma non
sempre se ne riesce ad ottenere uno in entrata
 DIFFERENZIALI: Le uscite ed entrate nette che descrivono il profilo
finanziario dell’operazione devono essere derivate confrontando due gruppi
di flussi: quelli producibili anche senza l’investimento e quelli che si
manifestano solo in seguito ad esso
 NETTI D’IMPOSTA: flussi di uscita ed entrata depurati da eventuali
crediti e debiti d’imposta
 LORDI DI ONERI FINANZIARI: non vanno considerati gli interessi
passivi legati all’azienda

Per formulare un giudizio completo sugli investimenti bisogna conoscere:


 L’entità dei flussi generati: a parità di altri fattori, l’investimento più
vantaggioso è quello per cui la somma algebrica di entrare ed uscite è
maggiore.
 La distribuzione dei flussi nel tempo: è da preferire l’alternativa che
presenta i flussi positivi più vicini nel tempo
 Il valore finanziario del tempo: un flusso in entrata oggi non ha lo stesso
valore dell’identico flusso tra un anno. Se l’impresa volesse anticipare ad
oggi un flusso previsto tra un anno, dovrebbe finanziarsi presso terzi,
sostenendo un onere. Inoltre, mentre un flusso già disponibile è certo, un
flusso futuro non lo è. Quindi, il valore finanziario del tempo riflette anche
quest’incertezza (rischio).

Il VALORE ATTUALE (VA) di un ammontare che sarà incassato domani va quindi


attualizzato. Se F1 è l’entrata attesa fra un anno (periodo 1), allora sarà:

56
dove 1/(1+i) è chiamato FATTORE DI
SCONTO per l’attualizzazione dei
flussi.

VALORE ATTUALE NETTO (VAN):

Questo calcolo consiste nel ricondurre al tempo presente tutti i flussi positivi e
negativi derivanti dall’investimento.

 Io indica l’ammontare dell’investimento effettuato.

 L’investimento risulta conveniente solo se il VAN è maggiore o uguale a 0.

 I flussi Ft da attualizzare sono calcolati aggiungendo gli ammortamenti al


reddito operativo derivante ogni anno dagli investimenti e sottraendo gli
investimenti netti in capitale circolante e immobilizzazioni.

 Il risultato è il flusso monetario operativo dell’investimento. Di solito per la


determinazione dei flussi si fa riferimento a previsioni di medio-lungo periodo
(5 o più anni).

DECISIONI INERENTI ALLA RACCOLTA DEI MEZZI


FINANZIARI

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DECISIONI DI FINANZIAMENTO: riguardano le modalità e le forme tecniche di
copertura del fabbisogno finanziario generato sia dalla gestione corrente che dagli
investimenti.

LE FONTI DI FINANZIAMENTO

• FONTI INTERNE: flussi di autofinanziamento generati dalla gestione corrente


dell’impresa e disinvestimenti.

• FONTI ESTERNE: forme di raccolta presso terze economie.

• Finanziamenti a titolo di capitale di debito: l’impresa si impegna a


corrispondere al prestatore del capitale somme di denaro che
comprendono sia il rimborso del capitale sia la sua remunerazione.

• Finanziamenti a titolo di capitale di rischio: vengono remunerati sia


tramite l’erogazione di dividendi che tramite il capital gain

Possiamo distinguere operazioni di finanziamento:

• A struttura perfettamente definita: è possibile individuare in maniera


puntuale il profilo quantitativo e qualitativo dei flussi monetari collegati al
finanziamento (mutui, emissioni obbligazionarie a tasso fisso, leasing
finanziario)
• A struttura indefinita: non è possibile individuare esattamente i flussi
monetari collegati (mutui ed obbligazioni a tasso variabile, finanziamenti a
titolo di capitale di rischio, prestiti a tempo indeterminato)

Possiamo anche classificare le fonti finanziarie in base alla durata:


 A breve termine (12-18 mesi)
 A medio (18-60)
 A lungo termine (>60)

PECKING ORDER THEORY: Si ricorre prima all’autofinanziamento, poi al


capitale di debito e solo in estremo all’incremento del capitale di rischio.

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LA STRUTTURA FINANZIARIA: PROFILI DI ANALISI, RISCHI

Gli aspetti da considerare nell’ambito della valutazione e della selezione delle fonti di
finanziamento sono numerosi e complessi, in particolare si delineano tre fattori
critici:

 Le caratteristiche del fabbisogno finanziario: la natura qualitativa e


quantitativa del fabbisogno influenza le scelte delle imprese in merito alle
modalità di copertura.

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 La convenienza economica dell’operazione: la selezione del finanziamento
più conveniente si effettua confrontando il costo effettivo degli alternativi
strumenti di finanziamento (lo strumento di valutazione principale è il VAN).

 La fattibilità finanziaria: bisogna chiedersi se una data forma di


finanziamento è finanziariamente sostenibile o meno, cioè se l’azienda sarà o
non sarà in grado di fronteggiare il relativo piano di rimborso.

LA GESTIONE COMMERCIALE
GESTIONE COMMERCIALE: identifica l’insieme delle attività e dei processi
mediante cui l’impresa acquisisce, soddisfa e fidelizza i propri clienti. Si tratta di
coniugare l’offerta delle singole imprese con le richieste della domanda del mercato,
coinvolgendo la gestione delle operations e quella finanziaria.

PORTAFOGLIO CLIENTI: frutto della storia aziendale e valore importante da


difendere. La capacità di dominare il mercato e di rispondere alle esigenze dei
consumatori rappresenta una condizione necessaria per la sopravvivenza di
un’impresa.

60
SODDISFAZIONE DEI BISOGNI DEI CLIENTI: processo tipico della gestione
commerciale.

ORIENTAMENTI DELL’IMPRESA

ORIENTAMENTO AL PRODOTTO: efficienza produttiva come obiettivo


aziendale, è importante produrre a prezzi competitivi per vendere. Questo approccio è
efficace in mercati dove non importa il brand ma il prezzo.

ORIENTAMENTO ALLE VENDITE: proprio dei settori in cui vi è eccesso di


capacità produttiva, l’impresa mira ad accrescere il fatturato per generare economie
di scala e di esperienza. Si investe in pubblicità e attività promozionale per riuscire a
vendere i volumi.

ORIENTAMENTO AL MERCATO: caratterizza i settori con elevati livelli di


concorrenza, diventa importante sviluppare la loyalty da parte della clientela.
Necessari investimenti nel marketing.

61
ORIENTAMENTO AL CLIENTE: il cliente diventa un soggetto proattivo che
influenza e determina le logiche di marketing e di sviluppo dei prodotti. Si differenzia
dall’orientamento al mercato per la ricerca costante di nuovi business da affiancare a
quelli già esistenti.

L’attuale evoluzione delle esigenze di consumo condiziona in modo diretto la


gestione commerciale, la quale si trova costretta a raggiungere tre obiettivi:
 Soddisfacimento dei bisogni dei clienti
 Interessi della società intesa come insieme di stakeholder
 Incremento del valore dell’impresa
Diventa dunque essenziale la nozione di CSR.

SCAMBI CON IL MERCATO E SODDISFAZIONE


DEI CLIENTI

La gestione commerciale ha come punto di partenza i bisogni ed i desideri dei clienti.


Dai desideri nasce la domanda per prodotti e servizi in grado di soddisfare dei
bisogni.

SUCCESSO COMMERCIALE: dipende dalla capacità di un’impresa di generare


soddisfazione rispetto al valore atteso da parte dei clienti

VALORE ATTESO: ciò che il cliente si aspetta dal prodotto e, dunque,


dall’impresa. Se mantenuto nel tempo (customer satisfaction) sedimenta la
percezione di affidabilità dell’impresa.

SCAMBIO: processo che porta alla generazione di valore per le parti interessate, che
a conclusione di esso devono trovarsi in una condizione migliore o uguale a quella
iniziale

62
MERCATO: il punto di incontro dei potenziali acquirenti che, condividendo un
certo bisogno, sono interessati ad impegnarsi in uno scambio.

DEFINIZIONI E OBIETTIVI DI MARKETING E


VENDITE
MARKETING MANAGEMENT: si divide in processi analitici, decisionali ed
operativi

SALES MANAGEMENT: attività necessarie per allocare i prodotti presso i clienti.

CONTROLLO DEI RISULTATI: misurazione e controllo dei risultati ottenuti.

I PROCESSI ANALITICI DI MARKETING MANAGEMENT

Precedono le decisioni di marketing strategico. Si dividono in:


 analisi della domanda
 analisi della concorrenza

ANALISI DELLA DOMANDA: analisi della quantità richiesta di un prodotto, in


uno specifico mercato ed in un lasso temporale. Essa stima le dimensioni attuali e
future di mercato, quindi serve ad interpretare le potenzialità che esso offre in termini
di sviluppo del fatturato e di redditività e a decidere se è opportuno entrarne o uscirvi.
La domanda può essere analizzata in termini di:
 DOMANDA ATTUALE: il volume effettivamente acquistato da un gruppo di
acquirenti
 DOMANDA POTENZIALE: il limite a cui tende la domanda nel tempo in un
dato mercato
 DOMANDA PREVISTA: relativa alle richieste del mercato in un determinato
periodo futuro.

PROGRAMMA DI MARKETING: studia il livello della domanda, la quale non è


statico, ma dipende da:
o Politiche di prezzo

63
o Miglioramenti del prodotto
o Sforzo distributivo delle imprese

ANALISI DELLA CONCORRENZA: è l’analisi del profilo concorrenziale del


settore in cui l’impresa opera. Essa serve a capire la struttura dell’offerta, analizzando
punti di forza e di debolezza dei concorrenti diretti e dei concorrenti che offrono beni
potenzialmente sostituti.

I PROCESSI DECISIONALI

MARKETING STRATEGICO: l’insieme delle decisioni che definiscono le


strategie di marketing. Riguarda tre ambiti:

• SEGMENTAZIONE DELLA DOMANDA E TARGETING: suddivisione


del mercato in gruppi di consumatori con preferenze simili (su variabili
geografiche, psicologiche, socioeconomiche…) e, tra questi, identificare il
proprio target di riferimento.

• POSIZIONAMENTO COMPETITIVO-PERCETTIVO: formulazione di


un sistema di offerta coerente con il segmento obiettivo e differente da quanto
offerto dai concorrenti che competono nello stesso segmento.

• DIFFERENZIAZIONE DEL SISTEMA DI OFFERTA: è l’offerta con cui


l’impresa decide di affrontare i competitors. Per differenziare il prodotto si
utilizzano alcune variabili del marketing mix (confezione, colore, forma,
prezzo ecc.).

LE STARTEGIE DI MARKETING: dipendono dal grado di differenziazione


dell’offerta e dal target di riferimento.

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• MARKETING DIFFERENZIATO: scelta di operare in diversi segmenti con
prodotti differenti, necessita di grandi volumi di vendita per poter funzionare.
• MARKETING INDIFFERENZIATO: l’impresa supera le differenze tra i
segmenti presentando una sola offerta al mercato, puntando a sfruttare
economie di scala
• MARKETING CONCENTRATO: offerta studiata ad hoc per un solo
segmento di mercato, sfruttando una maggiore conoscenza delle preferenze del
consumatore.
• MARKETING DI NICCHIA: elevato grado di differenziazione dell’offerta,
focalizzandosi però su un unico segmento

IL MARKETING OPERATIVO

MARKETING OPERATIVO: consiste nella manovra delle leve che costituiscono


il marketing mix, ovvero le 4P (product, pricing, place, promotion). Queste 4P
possono essere utilizzate per generare vantaggi, i quali possono riguardare:
• i benefici offerti al cliente (prodotto)
• l’onere che il consumatore deve sostenere per goderne (prezzo)
• la percezione dei benefici offerti (comunicazione)
• la reperibilità del prodotto (distribuzione)

POLITICA DI PRODOTTO: ricopre un ruolo fondamentale, il successo


dell’impresa dipende dal grado di accettazione dei suoi prodotti da parte del mercato.

POLITICHE DI PREZZO: dipendono dagli obiettivi fissati nel piano di marketing,


il prezzo dovrà essere coordinato rispetto alle decisioni relative agli altri elementi del
marketing operativo. La determinazione del prezzo è basata sul livello dei costi, sulla
reazione della domanda e sul comportamento della concorrenza.

AREA DELLA COMUNICAZIONE: si concentra sul consumatore finale,


l’obiettivo è connotare l’offerta dell’impresa in maniera unica e differenziabile
rispetto alla concorrenza.

65
POLITICA DI DISTRIBUZIONE: concerne le modalità con cui i beni vengono
resi disponibili per il consumatore. L’impresa deve decidere a quali intermediari
appoggiarsi per le vendite:
• VENDITA SELETTIVA (alcuni venditori selezionati
• VENDITA ESTENSIVA (tutti i rivenditori)
• VENDITA IN ESCLUSIVA (ad un solo intermediario)
Inoltre, deve scegliere il proprio CANALE DISTRIBUTIVO, che può essere:
• DIRETTO (il prodotto passa dall’impresa al consumatore finale)
• CORTO (un solo livello di intermediazione)
• LUNGO (più livelli)

Orientamenti fondamentali di distribuzione:


Pull: cerca di convincere i consumatori a richiedere il prodotto
Push: cerca di spingere il prodotto tramite intermediari

LA GESTIONE DELLE VENDITE

RETE DI VENDITA: l’insieme delle persone che consentono all’impresa di


raggiungere i clienti e che si occupa dei servizi di assistenza alla clientela.
Vi sono due tipi di reti di vendita:
• RETE DIRETTA: venditori legati all’impresa da un contratto di lavoro
dipendente
• RETE INDIRETTA: costituiti da collaboratori autonomi
Attraverso le reti di vendita l’impresa svolge una serie di operazioni che
comprendono la ricerca dei clienti potenziali, la negoziazione, la raccolta degli ordini
e la consegna della merce ai clienti.

66
GESTIONE DELLE OPERATIONS
GESTIONE DELLE OPERATIONS: fa riferimento a tutto il processo di
trasformazione fisico-tecnica di input in output destinati ad attività di consumo o ad
ulteriori attività di produzione.

LA PRODUZIONE

LA PRODUZIONE DI BENI E SERVIZI: riguarda lo svolgimento delle attività di


acquisizione, combinazione e trasformazione di input con la finalità di ottenere
output. Si riferisce alle attività in cui prevale la trasformazione fisica delle materie
prime. Gli obiettivi della produzione sono:
 Efficienza
 Innovazione
 Continuo miglioramento della qualità del prodotto
 Rapidità
 Adattabilità del sistema produttivo all’ambiente

L’area di produzione si divide in:


 RESPONSABILITA’ E COMPETENZE DI PROGETTAZIONE:
definizione delle caratteristiche strutturali ed impiantistiche tramite scelte di
investimento (HARDWARE)
 GESTIONE DEL SSTEMA PRODUTTIVO: scelta delle soluzioni
organizzative, tecniche e metodologiche (SOFTWARE)
È necessario che il management del sistema produttivo interagisca con la gestione
commerciale affinché il ciclo produttivo ed il ciclo delle vendite siano sincronizzati.

67
IL SISTEMA PRODUTTIVO

I sistemi produttivi vengono classificati in base alla continuità del flusso di


produzione, cioè a seconda che esso generi prodotti in modo continuo o con
interruzioni. Diversi tipi di produzione:

1. JOB-SHOP: operano su commissione realizzando esemplari unici che vengono


venduti in un numero limitato di quantità. L’acquisto è preceduto da un preventivo
(offerta di prezzo al cliente) ed i materiali vengono acquistati dopo l’ordine.

2. PER LOTTI: consistono nella realizzazione di prodotti caratterizzati da


un'elevata varietà e da una variabilità piuttosto contenuta, in quantitativi non legati
necessariamente al fabbisogno immediato. La gamma di produzione, piuttosto
differenziata, è nota e definita in anticipo rispetto al momento di acquisizione
dell'ordine. A seconda che il tempo di risposta accordato dal mercato sia
compatibile o meno con il tempo necessario alla produzione, essa può avvenire:
 SU ORDINE ACQUISITO: si realizzano di volta in volta i volumi
corrispondenti alle quantità richieste
 SU PREVISIONE DELLA DOMANDA: si attuano produzioni intermittenti
creando scorte di prodotti finiti

3. IN LINEA: Consistono nella realizzazione di elevati volumi di prodotti con


varietà e variabilità piuttosto contenute, tali da giustificare investimenti in
impianti e macchinari dedicati specificamente alle singole tipologie di prodotto. Si
punta, quindi, sulla ripetitività e sull’omogeneità dei cicli produttivi. Il
bilanciamento è un presupposto essenziale per il ritmo produttivo, perché la
velocità di avanzamento è vincolata da quella delle stazioni più lente e
sovraccariche (collo di bottiglia).

4. FLUSSO CONTINUO: riguardano volumi elevati di prodotti fortemente


standardizzati, realizzati attraverso cicli di trasformazione continui senza
interruzioni. Le materie prime subiscono trasformazioni fisico-chimiche

68
irreversibili. Questo tipo di produzione avviene per il magazzino ed è capital
intensive.

L’IMPIANTO ED IL LAYOUT

IMPIANTO: è il complesso di beni materiali e immateriali di uso durevole, il cui


impiego avviene su più esercizi amministrativi, nei quali l’impresa svolge la propria
attività economica. È l’insieme dei mezzi di produzione grazie a cui si svolgono le
attività di trasformazione.

LAYOUT: disposizione planimetrica di aree, strutture, impianti ed attrezzature


secondo i criteri di ottimizzazione dei flussi fisici di materiali e prodotti. Definisce la
collocazione ottimale dei posti di lavoro. Esistono diversi tipi di layout:
 A PUNTO FISSO: il prodotto non si muove per tutto il processo
 IN LINEA: il prodotto segue un percorso rigidamente preordinato
 PER REPARTO: il prodotto transita attraverso diversi reparti, sostando per
l’esecuzione di alcune operazioni
 PER GRUPPO TECNOLOGICO: (soluzione ibrida tra le due precedenti):
impianti e attrezzature sono raggruppati a isole o a celle, in modo da assegnare
le risorse all'esecuzione di operazioni omogenee per famiglie di prodotto.

PRODUZIONE ED EROGAZIONE DI SERVIZI


La produzione di servizi si differenzia da quella dei beni per via di alcune sue
caratteristiche:

 IMPOSSIBILITA’ DI IMMAGAZZINARE IL SERVIZIO: La capacità


produttiva dovrà essere sufficiente per affrontare le punte di domanda della
clientela in modo da garantire in ogni momento la disponibilità del servizio
riducendo al minimo le attese. Questo risultato può anche essere ottenuto
differenziando le tariffe per fasce orarie o per periodi.
 NECESSITA’ DI PERSONALE PROFESSIONALE: Personale motivato e
capace di comprendere i bisogni del cliente, in questo caso le attività di
comunicazione l'addestramento del personale sono più importanti rispetto
all'industria.

2 tipi di servizi:
69
 ATTIVITA’ DI FRONT OFFICE: il valore è generato dal contatto diretto
con il cliente
 ATTIVITA’ DI BACK OFFICE: La qualità del servizio dipende dalla sua
progettazione e non dal lavoratore che entra in contatto con il cliente
LA LOGISTICA
LOGISTICA: è il processo di pianificazione, gestione e controllo dei flussi fisici dei
materiali e dei correlati flussi informativi. Ha il compito di assicurare la disponibilità
dei prodotti nel tempo, nello spazio e nei volumi richiesti.
Esistono tre tipi di logistica:

 IN INGRESSO: Riguarda acquisizione di materie prime e la loro


movimentazione dai fornitori alle unità di utilizzazione.
 INTERNA: Consiste nella gestione del flusso dei materiali lavorazione volta
ad assicurare la loro tempestiva ed economica utilizzazione nelle varie fasi
produttive.
 IN USCITA: Riguarda la gestione del sistema di ricezione ed evasione degli
ordini, la gestione delle scorte, la gestione della rete di distribuzione e il
trasporto dei prodotti finiti ai punti finali di vendita

LOGISTICA INTEGRATA: L'attività di coordinamento e la programmazione della


logistica in entrata, interna e in uscita.

Il servizio logistico verte su 4 punti fondamentali:

 DISPONIBILITA’ DEL PRODOTTO


 TEMPESTIVITA’ DELLA CONSEGNA
 AFFIDABILITA’
 FLESSIBILITA’

Diventa dunque fondamentale:


1. Massimizzare l’efficienza del servizio logistico
2. Minimizzare i costi globali

70
LA GESTIONE DEI MAGAZZINI E DELLE
SCORTE
MAGAZZINO: Un impianto logistico costituito da locali, attrezzature, personale e
prodotti finiti, custoditi, conservati e resi disponibili per la produzione e la consegna.
Le sue funzioni sono:
 Riduzione dei costi di produzione
 Capacità di stoccaggio
 Corretto scorrimento dei flussi fisici

I magazzini possono contenere:


 Materie prime
 Semilavorati
 Prodotti finiti
Questi materiali attendono di essere utilizzati o venduti e insieme rappresentano le
SCORTE. I magazzini consentono di svincolare i ritmi della produzione da quelli di
approvvigionamento delle materie prime di vendita.

La gestione delle scorte deve raccordarsi con:


 La gestione commerciale: che influenza la qualità e la quantità dei prodotti in
magazzino tramite le politiche di marketing.
 La gestione delle operations: che ha per oggetto l'acquisto, la produzione e la
distribuzione dei prodotti in magazzino.
 La gestione finanziaria: se le scorte incrementano costituiscono un
investimento da finanziare

Per quanto riguarda le imprese di produzione di servizi l'offerta è “intangibile” e non


può essere immagazzinata. Pertanto, il magazzino ha una funzione limitata. Invece,
nelle imprese commerciali, che svolgono attività di acquisto, vendita ed imballaggio,
il magazzino ha una funzione fondamentale.

71
GLI APPROVVIGIONAMENTI
APPROVVIGIONAMENTO: Insieme delle attività tecnico-commerciali attraverso
cui le imprese acquistano sul mercato beni e servizi necessari per lo svolgimento dei
processi produttivi e gestionali. I suoi obiettivi sono:
 Assicurare la economicità degli acquisti
 Preservare la continuità della produzione
 Garantire il rispetto degli standard di qualità

L'approvvigionamento assunto un ruolo primario: le imprese ricorrono all’indotto per


soddisfare specifici bisogni di subfornitura. Possiamo distinguere:
 SUBFORNITURA DI CAPACITA’: soddisfa un bisogno di elasticità
produttiva con la realizzazione di volumi produttivi incrementali
 SUBFORNITURA DI SPECIALITA’: corrisponde all’esigenza di apporti
da terzi di competenze tecnologiche distintive
 SUBFORNITURA PERMANENTE: relazione consolidata nel tempo
 SUBFORNITURA OCCASIONALE: legata a fabbisogni episodici

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GESTIONE APPROVVIGIONAMENTI:
MARKETING D’ACQUISTO
GESTIONE DEGLI APPROVVIGIONAMENTI: permette di coordinare acquisti
e fabbisogni

MARKETING D’ACQUISTO: lo studio sistematico nell'ottica degli


approvvigionamenti, dell'ambiente, dei mercati, dei prodotti e dei fornitori. Opera
attraverso un insieme di leve chiamato procurement mix. Le leve del procurement
mix sono costituite da:

 POLITICHE DI PRODOTTO: Insieme di decisioni relative ai materiali


approvvigionati. Sono legate alle caratteristiche del portafoglio materiali e
componenti in termini di criticità economica e di rischiosità
dell’approvvigionamento

 POLITICA SULLE FONTI DI APPROVVIGIONAMENTO: l'obiettivo


principale è la valutazione dell'efficienza del potere contrattuale dei fornitori
rispetto all'impresa. La valutazione ha lo scopo di inserire alcuni fornitori nel
parco fornitori dell'azienda (qualificazione) ed eventualmente emettere ordini
di acquisto

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 POLITICA DI PREZZO: è diretta negoziazione delle condizioni economiche
che regolano il rapporto con il fornitore, l'attenzione non viene dedicata solo a
fissare il prezzo ma anche gli altri costi da sostenere.

 POLITICA DI COMUNICAZIONE: consiste nella promozione


dell'immagine aziendale presso i fornitori potenziali e consolidati

LA GESTIONE DEI FORNITORI


GESTIONE DEI FORNITORI: caratterizzata da rapporti di quasi partnership o
addirittura dall’integrazione nei processi di pianificazione e innovazione dell'impresa

VENDOR RATING: Sistemi di valutazione delle prestazioni del fornitore che si


basano su parametri tecnici commerciali logistici ed economici misurati su base
periodica. I due indici di affidabilità più utilizzati sono il ritardo medio nelle
consegne e la qualità dei prodotti consegnati.

POTERE CONTRATTUALE DEL FORNITORE: l'impresa è influenzata dalla


capacità del fornitore di sostenere i tassi di sviluppo del mercato in cui opera, dal suo
grado di flessibilità, dal grado di sostituibilità della fornitura e dall’impatto
economico che sta generando sull'impresa cliente nel caso in cui la sua qualità sia
scarsa.

 SWITCHING COSTS: costi che l’impresa deve sostenere in caso di necessità


di cambio del fornitore.

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