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CAP.

14 → IL PROCESSO DI PRODUZIONE E L’IMPIANTO

1: il ruolo della funzione di produzione nella gestione industriale: il sistema operativo


La funzione di produzione riguarda il processo di trasformazione dei beni, ossia l’insieme di operazioni mediante il
quale le risorse acquistate dall’impresa (materie prime, ausiliarie, semilavorati, ecc.) sono tramutate in prodotti finiti da
collocare sul mercato.
La funzione di produzione presenta aspetti e problemi molto differenti da impresa a impresa, in dipendenza delle
caratteristiche dell'impianto e del processo operativo. Queste ultime sono generalmente più complesse nel caso della
produzione di beni rispetto a quello della produzione di servizi, che poggia principalmente sul lavoro umano e
comporta un più limitato impiego di immobilizzazioni. Inoltre, a differenza dei beni, i servizi sono intangibili e
difficilmente conservabili, con la conseguenza che i problemi di allestimento delle capacità di produzione e di
stoccaggio si pongono con gradi di difficoltà molto diversi. L'impossibilità di immagazzinare i servizi rende più
complicato il problema della dimensione dell'impianto a causa dell’inesistenza del volano delle scorte, mentre
nell'ipotesi di produzione di beni la creazione di strutture di magazzinaggio consente di migliorare il grado medio di
utilizzo dell’impianto.
La funzione di produzione è strettamente collegata alle altre funzioni aziendali. Il rapporto con la funzione di
approvvigionamento è necessario per la corretta e tempestiva alimentazione delle linee di lavorazione; quello con la
funzione commerciale e di duplice ordine, sia per la necessità di indirizzare la produzione secondo le tendenze di
mercato sia per porre in fase di ciclo di produzione con quello di vendita; il rapporto con la funzione finanziaria è molto
stretto sotto il profilo della programmazione del fabbisogno di capitale fisso e circolante.
Le scelte di produzione si collocano al centro delle strategie aziendali perché impegnano le risorse finanziarie e
umane disponibili. Accanto il profilo strategico va considerato quello più operativo, incentrato in prevalenza sui
problemi di logistica industriale. La produzione si svolge secondo cicli che devono essere coordinati nelle fasi di
predisposizione degli input, di trasformazione e di ottenimento degli output. La logistica in entrata, riguardante
l'approvvigionamento e la gestione delle scorte di materiali; il processo di lavorazione; e la logistica in uscita si legano
in un sostegno operativo, che diviene il sistema centrale di gestione.
Il coordinamento tra i processi di approvvigionamento, di produzione e di vendita si complica notevolmente a causa
della varietà del mix produttivo.

Importante è il concetto di filiera di produzione, ovvero il complesso delle imprese che partecipano alla trasformazione
di una serie di materiali in prodotti finiti, contribuendo così alla realizzazione di un bene da destinare al mercato di
consumo o ad utilizzatori industriali. L’organizzazione del processo produttivo dipende essenzialmente dalla
complessità della domanda: più questa esige prodotti differenziati, più è suscettibile di ulteriori variazioni nel tempo;
meno ampio è il lead time concesso dal cliente, più variabile è il modello produttivo.

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L'organizzazione della produzione porta sempre relazioni commerciali e accordi Interaziendali perché nessuna
azienda è in grado di compiere da sola l'intero ciclo di trasformazione delle risorse originarie.
Spesso la grande impresa tende ad organizzare i suoi cicli di produzione sfruttando le economie di sistema e finisce
per dedicarsi alla cura del mercato e al coordinamento generale delle risorse produttive esterne.
Le scelte di produzione possono essere distinte in 3 gruppi:
A) Scelte strategiche, il cui obiettivo è di concorrere alla creazione del vantaggio competitivo.
B) Scelte strutturali, il cui scopo è di costruire il sistema operativo, necessario per coordinare l'impiego delle risorse
disponibili.
C) Scelte di gestione operativa, la cui finalità è di razionalizzare l'operatività del processo produttivo mediante la
programmazione e il controllo della produzione.

2: i rapporti tra strategia di produzione e strategia competitiva: le scelte di lungo periodo


Come abbiamo già detto, la funzione di produzione è direttamente correlata con la strategia competitiva perché o
consente di perseguire l'obiettivo dei bassi costi necessari per una strategia di Price competition o concorre a
garantire la qualità essenziale per una strategia di differenziazione.
La strategia di produzione deve essere orientata sugli aspetti prioritari della strategia competitiva, ovvero deve
assicurare il migliore contributo alla creazione del vantaggio competitivo.
Le priorità strategiche possono essere rappresentate dalla qualità delle operazioni di lavorazione, dalla flessibilità del
ciclo produttivo, dal basso costo di produzione e dal servizio da rendere alla clientela. Alla produzione può essere
confidato un ruolo di neutralità rispetto alla concorrenza, ovvero deve risultare allineata al progresso dei competitori
per non generare effetti sfavorevoli sotto il profilo della formula aziendale; oppure può essere attribuito un vero e
proprio ruolo attivo nel senso che l'impresa deve conseguire un vantaggio rispetto alle altre aziende.
La tecnologia produttiva va vista in modo dinamico, ovvero come attitudine e capacità ad organizzare secondo
modalità innovative il processo operativo.
Sul piano strategico le principali scelte riguardano:
1. La determinazione del mix (tipologia e assortimenti qualitativi) e delle quantità di produzione in funzione delle
tendenze di mercato.
2. La progettazione dell'impianto (dimensione, tecnologia e servizi di supporto).
3. La logistica (integrazione verticale o decentramento produttivo).

3: la tipologia dei sistemi produttivi


Il processo produttivo può essere organizzato secondo diversi modelli:
• Produzione di beni per unità distinte
• Produzione di massa differenziata
• Produzione di massa standardizzata
• Produzione omogenea continua

Questi tipi di produzione si ordinano secondo il grado di ripetitività e di uniformità dei prodotti.

Il primo caso è quello di produzioni che si


differenziano per caratteristiche
sostanziali in rapporto ad indicazioni
specifiche del committente.
La produzione su commessa comporta
un'elevata capacità di adattamento alle
richieste della clientela, attrezzature meno
complesse e personale più versatile. Ogni
commessa richiede l'apposita
programmazione dell'intero ciclo di lavoro
ed il costante controllo del suo
avanzamento. Una commessa può essere
singola o ripetitiva.

All'altro estremo si colloca la produzione continua, che è caratterizzata dalla continuità e dall'indifferenziazione dei
prodotti posti in essere; è il modello tipico delle lavorazioni petrolchimiche, del cemento e dell'acciaio, che si svolgono
secondo processi continui automatizzati.
Poi abbiamo la produzione di massa, che può assumere degli orientamenti diversi in funzione delle esigenze di
mercato. L'organizzazione di una produzione di massa standardizzata è comune nelle situazioni in cui è possibile
sfruttare a fondo il principio delle economie di scala. Questo è inteso quando l'omogeneità del mercato consente di
fornire agli acquirenti il medesimo tipo di prodotto. Nell'ipotesi di fronteggiamento di più strati diversi di consumatori, la

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soluzione precedente deve essere infatti adattata alle esigenze specifiche della domanda da soddisfare. La
produzione assume, allora, il carattere della lavorazione di massa differenziata, basata su un'elevata
standardizzazione delle parti componenti e sulla creazione della differenziazione in fase di montaggio finale. Questo
tipo di produzione si definisce per lotti, in quanto si sviluppa nell'allestimento di particolari serie di prodotti,
caratterizzate da alcune differenze.
Dall'acquirente è richiesta una sempre più spinta personalizzazione del prodotto che esige un elevatissimo
coordinamento nella fase dell'allestimento finale secondo le indicazioni raccolte dalla rete di vendita. In questi casi il
particolare modello risulta già segnato allo specifico cliente quando percorre la linea di produzione con l'obiettivo di
riuscire a realizzare una combinazione tra operazioni standardizzate e differenziate con la quale poter conciliare
esigenze di natura produttiva con quelle di natura commerciale. La variabilità dei gusti e delle tendenze di consumo fa
crescere il rischio dell’invenduto. Per questo le imprese tendono a spostare il più possibile l'avvio del processo
produttivo rispetto al ricevimento dell'ordine del cliente. Il rischio che corre il produttore è rappresentato dalla rinuncia
all'acquisto del prodotto qualora il lead time dovesse superare il tempo contrattualmente assicurato ed accettato per la
consegna.

Sotto l'aspetto dell'organizzazione dei cicli di lavorazione,


fondamentali sono le decisioni circa la produzione in proprio o
l'acquisto all'esterno di componenti, parti ed accessori del
prodotto. Nelle strategie di decentramento si può riconoscere
una distinzione fondamentale tra outsourcing e deintegrazione,
attribuendo alla prima, il carattere di opzione revocabile di
ricorso al mercato per certe forniture e, alla seconda, il
carattere di opzione strategica di rinuncia a certe fasi di
lavorazione, prima svolte all'interno dell’organizzazione.
Ogni impresa trova opportuno specializzarsi in un'attività che
copre solo la parte dell'intero ciclo di fabbricazione dei vari
beni; in qualsiasi prodotto infatti sono incorporati materie, parti,
accessori, posti in essere da aziende differenti secondo un
principio di specializzazione tecnico economica. Spesso i
prodotti finiti di un'impresa rappresentano semilavorati o parti
per un'altra impresa, il cui processo produttivo può dar luogo a nuovi beni intermedi o a prodotti finali.
Un prodotto si definisce finito quando esce dal ciclo di lavorazione di un'azienda, mentre diventa finale quando non
richiede ulteriori trasformazioni per essere destinato ad un particolare uso.
Le imprese possono suddividere la loro produzione tra più stabilimenti. In queste aziende multiplant l'organizzazione
dei cicli produttivi si amplia fino a comprendere un modello di rete di impianti, differentemente articolato da caso a
caso. Quando un'azienda dispone di più unità produttive si presenta l'esigenza di scegliere un determinato modello di
suddivisione dei cicli o delle linee di produzione.
Le soluzioni adottabili sono:
1. Un modello di ripetizione, ogni centro produttivo lavora gli stessi prodotti.
2. Un modello di parcellizzazione, ciascun impianto svolge una parte del processo
3. Un modello di specializzazione, ogni impianto produce uno specifico prodotto.

4: l'esigenza di flessibilità nella progettazione dell’impianto


Il lay-out è la disposizione delle strutture edilizie, delle macchine, delle attrezzature e delle postazioni di lavoro
all’interno della fabbrica, allo scopo di ottimizzare le “4M” (men, materials, machines, money).
La concezione del lay-out È strettamente legata alla programmazione del ciclo di produzione, che stabilisce dove, in
quale quantità e quando le singole operazioni dovranno essere realizzate.
I macchinari possono essere posizionati in sequenza secondo le lavorazioni successive necessarie per giungere alla
realizzazione di un certo prodotto finito → Layout per prodotto.
I macchinari possono essere accorpati per tipo di operazione attività svolta → Layout per processo.

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Ci possono essere varie modalità di svolgimento dei cicli di lavorazione:
• Lavorazione a ciclo continuo, la lavorazione si svolge in interrottamente dall'ingresso in ciclo dei materiali fino
all'uscita del prodotto finito (es. distillazione del petrolio).
• Lavorazione a ciclo intermittente, suddividendo il processo in fasi ed assegnando a ciascuna di queste ad un
particolare reparto o centro operativo (es. confezionamento di abiti)
• Lavorazione a ciclo misto, organizzato in parte in modo continuo ed in parte in modo intermittente (l’esigenza di
fondo è assicurare flessibilità al sistema di produzione)

Gli obiettivi di queste scelte sono quelli di disporre di strutture tecnicamente efficienti e in grado di minimizzare i costi
di produzione e i rischi di mercato. A questo proposito bisogna distinguere:
• Flessibilità economica → capacità dell'impianto di rimanere competitivo anche in condizioni di parziale utilizzazione
• Flessibilità tecnica → l'idoneità dell'impianto ad adattarsi a produrre beni differenti senza incorrere in sovraccosti
non facilmente sopportabili sotto il profilo competitivo.

5: il dimensionamento della produzione e dell’impianto


Uno dei problemi più seri nell'organizzazione della produzione è il dimensionamento da conferire all’impianto. Il
problema deriva dalla contrapposizione tra la scelta di sovradimensionamento iniziale e quella di contenimento della
capacità inutilizzata. Questo problema presenta implicazioni soprattutto economiche, in quanto si lega ai concetti di
economicità e di rischiosità dell’investimento. L'obiettivo è quello di individuare la dimensione ottimale.
Sotto il profilo dimensionale è opportuno tenere distinte due scelte:
• La determinazione della capacità produttiva massima dell’impresa
• La determinazione della potenzialità ottimale degli impianti

La decisione circa il volume globale di produzione deriva essenzialmente dalla considerazione di fattori di mercato,
cioè dalla previsione delle quote di vendita ottenibili nei mercati in cui opera l’impresa. Importante è il
dimensionamento del processo produttivo che può avvenire su livelli più o meno elevati in rapporto all'esigenza di
soddisfare in qualsiasi momento la domanda di punta oppure a quella media. Se i ritmi di produzione dovranno
adeguarsi agli andamenti della domanda, gli impianti saranno caratterizzati da un grado di utilizzazione che andrà via
via diminuendo all'aumentare della variabilità del ciclo di vendita. Questo però non accade perché l'equilibrio
temporale rispetto alla vendita è ottenuto mediante la creazione di scorte di prodotti.
Nel caso del ricorso alle scorte, il problema si concreta nel dimensionare la capacità di produzione intorno al livello
medio della domanda, in modo da poter soddisfare, tramite la manovra delle giacenze, le esigenze attuali e
prospettiche del mercato, continuando a produrre
un quantitativo costante di output (strategia di
livellamento).
Poiché lo stock di prodotti dovrebbe consentire il
soddisfacimento continuo della clientela, il
regime di produzione andrebbe regolato in
funzione dell’entità e del periodo in cui
presumibilmente potrebbero verificarsi le
maggiori richieste da parte del mercato. Per
ottenere il bilanciamento tra quote di produzione
e richieste del mercato, l'impresa può ricorrere
anche ad altri strumenti come l'aumento dei turni
di lavoro, il lavoro straordinario, il lavoro
interinale e l'acquisto di prodotti da terzi.

La scelta dell'ampiezza di un impianto deriva essenzialmente da fattori tecnico economici, cioè dall'effetto sui costi
unitari di produzione di una diversa potenzialità di lavorazione. Posto che in ogni caso la potenzialità di un impianto è
definita dalla potenzialità della fase terminale del processo, il problema della dimensione sarà risolvibile globalmente
nell'ipotesi di impianti omogenei continui, mentre dovrà essere scomposto per le singole linee di lavorazione nel caso
di impianti con linee di produzione, oppure per le parti nell'ipotesi di organizzazione del ciclo per fasi.
Un impianto è un sistema complesso, costituito da una serie di macchine, automatismi, attrezzature, utensilerie, ecc.
Ciascuna macchina rappresenta un fattore quanto, cioè un bene a un flusso rigido di servizi, il cui costo prevalente è
in funzione del fluire del tempo più che della sua effettiva utilizzazione. L'impresa tende allo sfruttamento integrale dei
fattori quanti, in guisa da ridurre al minimo il costo unitario di produzione.
Il problema sorge per il fatto che non tutte le macchine che compongono le linee di produzione raggiungono lo stesso
ritmo di lavoro o hanno una capacità produttiva uguagliabile in ordine al numero delle operazioni da realizzare nella
stessa quantità di tempo.

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Il dimensionamento dell'impianto deve rispondere anche alla minimizzazione del rischio e non solo a quella del costo
unitario di produzione.
Ogni azienda opera con una certa struttura di costi e ricavi e con una differente leva operativa. Più gioca la leva
operativa, quindi più è elevata l'incidenza dei costi fissi sul costo
totale, più aumenta il rischio, ma più cresce il vantaggio
generato dall'espansione dell'attività produttiva.
La scelta del livello di leva operativa si inquadra all'interno della
strategia aziendale, poiché l'imprenditore deve stabilire fino a
che punto sfruttare questo vantaggio potenziale e quale grado
di rigidità accettare sul piano dei comportamenti di gestione.
Dato che in qualsiasi struttura di costo vi sono dei costi
indipendenti dal volume di produzione di vendita e degli altri che
variano in rapporto ai movimenti di tale volume, è sempre
necessario raggiungere un volume minimo di attività per
recuperare integralmente i costi fissi e variabili. Questo volume
corrisponde al punto di pareggio, perché in quella condizione
per l'impresa dovrebbe essere indifferente produrre o rimanere
inattiva.

* il punto di pareggio e il margine di sicurezza misurano la


rischiosità dell'investimento iniziale.*

Il margine di sicurezza è rappresentato dalla differenza tra il previsto volume di utilizzo dell'impianto e quello a cui
corrisponde il punto di pareggio.

6: la programmazione delle operazioni di produzione


Nella programmazione della produzione occorre distinguere l'ottica di lungo termine, ovvero la programmazione della
capacità produttiva dell'impianto, da quella di breve termine, ossia dalla programmazione delle operazioni correnti
durante l’esercizio. La programmazione di breve termine riguarda le decisioni circa l'assortimento e i volumi di prodotti
da realizzare durante l'anno o in tempi ancora più ristretti.
Definire il programma di produzione significa ricercare la soluzione più economica di impiego delle risorse per
raggiungere il livello è la composizione del mix produttivo fissato nel programma annuale di gestione. Quando si
formula il piano di produzione si ipotizza di sfruttare appieno le ore lavorabili, mentre alle ore effettivamente lavorate
saranno influenzate da fenomeni ricorrenti ma non prevedibili in termini quantitativi.

La produzione deve essere:


• Nel medio lungo termine → per precostituire la capacità produttiva necessaria in rapporto agli obiettivi di sviluppo
dell’impresa.
• Nel breve termine → programma annuale di vendita.
• Nel brevissimo termine → quote settimanali, quindicinali o mensili da realizzare.

7: il controllo di efficienza della produzione: fattori statici e dinamici


Il controllo di produzione riguarda sia il regolare svolgimento della produzione sia la qualità dei prodotti finiti da
destinare al mercato. Il suo obiettivo è quello di prevenire anomalie nel ciclo operativo nei prodotti, per evitare di
sopportare costi a vuoto e di garantire la qualità al consumatore.

Il controllo dovrebbe articolarsi nel:


• Controllo dei risultati di produzione (indici di produttività)
• Controllo di qualità dei prodotti
• Controllo economico o di valore (ottimizzando l’impiego delle risorse ed evitando operazioni superflue).

Nei mercati moderni, in cui sempre più spesso “i costi si fanno sui prezzi”, i principali fattori di efficienza nel processo
produttivo sono rappresentati:
a) dallo sfruttamento ottimale dell’impianto (massimizzazione delle ore lavorate, con riduzione dei tempi di fermate e
delle operazioni di set-up);
b) dalla massimizzazione della produttività mediante organizzazione del lavoro e formazione del personale;
c) dall’idoneità dei servizi di supporto alla produzione (magazzino, ricerca, trasporti interni, ecc.).

Altro obiettivo di fondo dell'organizzazione della produzione è costituito dalla riduzione degli scarti, dovuti a difetti di
materiali o di lavorazione. Questi possono essere relativi sia a materie prime e semilavorati sia prodotti finiti.

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8: considerazioni di sintesi sulla strategia di produzione
Le scelte strategiche in tema di produzione si possono riepilogare sotto due profili: quello delle scelte di impianto e
quello dell'organizzazione del processo.
Sotto il primo aspetto le decisioni fondamentali riguardano sia l'equilibrio tra la flessibilità (tecnica ed economica) e
l’automazione dell'impianto di produzione con l'obiettivo di non scontare in termini di maggiori costi più elevati rischi la
rigidità della struttura produttiva.
Sotto l'altro profilo, l'organizzazione del processo deve consentire di rispondere al meglio alle richieste di
personalizzazione dei prodotti senza un eccessivo allungamento dei tempi di attesa per il cliente.
Queste scelte si legano fondamentalmente al rapporto intercorrente tra strategia di produzione strategia competitiva
perché l'efficienza della funzione di produzione è destinata ad incidere significativamente sui costi e quindi sulla
competitività aziendale.

CAP. 15 → LA GESTIONE DELLA FINANZA: INVESTIMENTI E FINANZIAMENTI

1: la gestione finanziaria
Nella funzione finanziaria si comprende il complesso di decisioni e di operazioni volte a reperire e ad impiegare i fondi
aziendali.
La gestione finanziaria può essere inquadrata sotto il profilo strategico (decisioni di lungo periodo, tese ad ottimizzare
l’impiego e la raccolta dei fondi) e operativo (compiti di attuazione e controllo delle decisioni prese).
La gestione del piano finanziario richiede la creazione e il mantenimento dell'equilibrio tra fonti e impieghi nel lungo,
nel breve e nel brevissimo termine.
La gestione deve rispettare i tre tipi di equilibri fondamentali. Innanzitutto, deve puntare all'equilibrio economico tra
ricavi e costi. In secondo luogo, deve mirare all'equilibrio finanziario, ovvero al bilanciamento tra impieghi di capitali
e fonti di provvista dello stesso. In terzo luogo, nel tempo breve deve preservare la liquidità, cioè l'equilibrio
monetario tra entrate e uscite di cassa.
Nella gestione finanziaria sussiste una distinzione molto netta tra il momento della pianificazione finanziaria, di
competenza dell'alta direzione, e quello dell'attuazione delle scelte di piano, che può essere delegato a livelli inferiori
della struttura direzionale. A differenza delle funzioni di produzione di vendita, la finanza si caratterizza per un
maggiore accentramento al vertice dell'organizzazione e per la delega di responsabilità di carattere meramente
operativo a piani più bassi della struttura organizzativa.
I compiti della direzione finanziaria sono:
A) La programmazione finanziaria a lungo, breve e brevissimo termine
B) La gestione del piano finanziario
C) Il governo della liquidità

2: le opzioni strategiche e i progetti di investimento


Nell'assunzione delle scelte di investimento la risorsa finanziaria può rappresentare un vincolo assoluto o relativo: il
primo si determina quando è impossibile reperire ulteriori mezzi necessari per dare attuazione all'investimento; mentre
il secondo si configura quando sussiste un divario sfavorevole tra redditività dell'investimento e costosità del capitale.
Nella vita dell'impresa gli investimenti possono legarsi alle grandi opzioni strategiche o correlarsi a progetti specifici
riguardanti singole operazioni di immobilizzo. Dal punto di vista dell'analisi degli investimenti può essere utile
distinguere gli investimenti di natura strategica, per il quale l'impresa è chiamata a decidere sul se intraprendere
determinati progetti che modificano la sua posizione competitiva, rispetto ad investimenti di tipo operativo, che non
modificano le proprie scelte strategiche.
In presenza di un sistema evoluto di programmazione, la determinazione del piano di investimenti rientra nella
formulazione delle strategie aziendali e richiede un apposita procedura (Capital budgeting), fondata su tecniche
decisionali avanzate. La scelta degli investimenti è guidata dai parametri fondamentali di qualsiasi comportamento
imprenditoriale. Per condurre queste valutazioni si possono utilizzare delle apposite tecniche di carattere economico
finanziario atte a:
• Stabilire l'accettabilità di un progetto rispetto a valori standard prefissati
• Comparare i progetti alternativi, cioè determinare una lista di priorità tra più poste di investimento.

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3: la previsione del fabbisogno finanziario
L'impresa ha bisogno di capitali per finanziare sia i processi di investimento sia la gestione corrente. Il fabbisogno
finanziario aziendale e infatti è uguale alla somma del capitale fisso, necessario per acquistare le immobilizzazioni
materiali e immateriali, ed è il capitale circolante, o corrente per alimentare il ciclo acquisti-produzione-vendite.
L'ammontare del fabbisogno varia a seconda se ci si trova in fase di costituzione o di funzionamento dell'impresa: nel
primo caso si tratta di determinare il fondo di capitali indispensabile per creare la struttura iniziale e per coprire le
esigenze di finanziamento della fase di avviamento; nel
secondo, invece, il problema si concreta
nell'individuazione del fabbisogno differenziale
necessario per alimentare il processo di investimento
nelle immobilizzazioni aziendali e per soddisfare le
ulteriori esigenze poste dall’esercizio.
In realtà, ogni azienda esige un differente rapporto di
composizione tra capitale fisso e circolante, in relazione
sia alle caratteristiche del settore sia alle peculiarità
gestionali. Il fabbisogno di capitale fisso è legato al
grado di capitalizzazione dei processi operativi. Più
cresce la consistenza degli impianti e delle attrezzature
più aumenta il fabbisogno di capitale fisso. Il fabbisogno
di capitale circolante, ossia di mezzi finanziari che convenzionalmente si rigenerano al massimo nei 12 mesi
dell'esercizio gestionale, è correlato al ciclo di reintegro dei ricavi, detto anche ciclo di reintegro del circolante.
L'avvio del ciclo di produzione, che coincide con l'inizio della lavorazione delle materie acquisite, risulta di norma
posticipato rispetto alla formazione del costo, e ciò avviene in rapporto sia ai tempi tecnici necessari per la messa a
disposizione delle materie acquisite, sia al tempo di giacenza delle scorte di materie prime.

Per quanto attiene alle relazioni tra ciclo


economico e finanziario, esse saranno funzione
del ciclo monetario dell'impresa e delle dilazioni
medie concesse ai clienti ed ottenute dai
fornitori. Spesso il pagamento delle forniture
avviene con termini di pagamento che
dipenderanno sia dagli usi commerciali sia dalla
forza contrattuale delle parti.

Lo sfasamento tra differenti cicli di gestione comporta l'esigenza di capitale circolante, i cui principali componenti
sono:
• Le scorta necessaria per l'alimentazione dei processi di produzione di vendita
• I crediti commerciali verso i clienti
• I debiti commerciali verso i fornitori
• Le attività finanziarie occorrenti per assicurare la liquidità aziendale
• Le altre attività e passività correnti

Il capitale circolante netto è pari alla differenza tra attività e passività


correnti. Il capitale circolante commerciale, invece, è rappresentato dalla
somma algebrica del valore delle scorte di magazzino, dei crediti
commerciali e dei debiti verso fornitori.
Nell'impresa bisogna stimare il fabbisogno finanziario netto, in modo da
prevedere tempestivamente l'esigenza di reperire nuove fonti di copertura
oppure individuare le migliori opportunità di impiego di fondi esuberanti.
La gestione finanziaria deve preservare la solvibilità dell'impresa e la sua
liquidità: da ciò l'esigenza di compiere la duplice analisi dei flussi di
circolante e dei flussi monetari.

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4: le scelte di struttura finanziaria: minimizzazione degli oneri e del rischio finanziario
La scelta della struttura finanziaria si collega all'assetto proprietario dell’impresa. Il finanziamento mediante capitale
proprio, indebitamento, leasing è correlato al grado di controllo che l'imprenditore vuole mantenere sull’impresa.
L'aumento del capitale proprio potrebbe collegarsi ad un ampliamento della base societaria con corrispondente
riduzione del grado di potere in capo alla vecchia proprietà. L'indebitamento bancario, invece, non influisce
sull'assetto proprietario, ma può far crescere l'influenza delle banche sulle strategie aziendali. Il ricorso ad altre vie di
indebitamento è legato alle condizioni del mercato dei capitali e alle possibilità di contrattazione sui termini di
pagamento con clienti e fornitori.

Variabili che incidono sul fabbisogno finanziario:

La scelta delle possibili vie di copertura del fabbisogno dovrebbe essere orientata dal rispetto di alcuni principi
fondamentali:

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Una struttura finanziaria è tanto più flessibile quanto è più in grado di modellarsi in rapporto alle esigenze della
gestione; ed è tanto più elastica quanto più facilmente può essere espansa.
Lo spieghiamo meglio con 2 esempi:
Se all'interno della struttura finanziaria cresce il peso dei mezzi propri, la struttura diventa più rigida e, allo stesso
tempo, più elastica: più rigida perché i mezzi propri si consolidano nella dotazione finanziaria dell’impresa; più elastica
perché un'azienda più capitalizzata a maggiori possibilità di espandere la sua struttura finanziaria ricorrendo
all’indebitamento. Al contrario, se tra le fonti di finanziamento cresce il peso dell'indebitamento bancario a breve, la
struttura nel suo complesso non si irrigidisce allo stesso modo, mentre sicuramente diviene meno elastica perché,
essendo aumentato il peso dei mezzi di terzi, sarà meno facile reperire ulteriori risorse finanziarie dal mercato.

Nel processo di decisione si inseriscono e si intrecciano una serie di fattori qualitativi e quantitativi, che vanno pesate
in rapporto alla strategia di gestione e all'uso che si vorrà fare della leva finanziaria. Le decisioni finanziarie devono
essere assunte in modo corretto sulla base di un adeguato livello informativo e di attente comparazioni quali-
quantitative. La gestione finanziaria dovrebbe essere orientata alla minimizzazione degli oneri e del rischio.

In merito al rischio bisogna puntualizzare che


fondamentalmente è rappresentato
dall'incapacità di alimentare, sotto il profilo
finanziario, i processi di gestione caratteristica.
Esso può assumere un carattere strutturale o
congiunturale: il primo si traduce nello squilibrio
delle fonti rispetto agli impieghi; il secondo si
collega ad occasionali carenze di cassa.

Sempre in rapporto a rischio, si deve rilevare che


nella gestione della finanza potranno essere
adottate linee di maggiore prudenza sotto il
duplice profilo del rischio globale (insolvenza e
illiquidità) e del rischio di incremento degli oneri
finanziari. Secondo il primo aspetto è evidente
che l'impresa dovrebbe disporre in ogni
momento di riserve finanziarie, costituite da
mezzi propri o capacità ulteriori di indebitamento;
mentre secondo il profilo degli oneri finanziari potrebbe fare ricorso a formule di copertura contro il rischio di
variazione dei tassi di interesse e anche contro il rischio di cambio. Infine, la minimizzazione del rischio finanziario non
può non rappresentare un obiettivo primario della gestione industriale.

5: la leva finanziaria
Ogni impresa ha bisogno di un fondo di capitale, che le consenta di coprire le esigenze di costituzione della struttura e
di alimentazione della gestione corrente. Questo fondo è destinato a crescere di livello in funzione dell'aumento delle
dimensioni aziendali ed è soggetto a variazioni periodiche in rapporto ad esigenze della gestione.
Per scegliere le fonti di finanziamento bisogna analizzare/prevedere il fabbisogno di capitali e conoscere il mercato di
offerta degli stessi.
Il fabbisogno di capitali è la risultante di quattro tipi diversi di esigenze:
Fabbisogno strutturale → di lungo termine, permanente
Fabbisogno corrente → di breve termine, permanente
Fabbisogno straordinario → di lungo termine, non permanente
Fabbisogno occasionale → di breve termine, episodico

A seconda delle caratteristiche del fabbisogno l'azienda deve reperire capitali a diversa scadenza e con differenti
modalità di vincolo. La scelta delle fonti di finanziamento deve poter trarre vantaggio in modo ottimale dalle possibilità
offerte dal mercato finanziario in funzione degli obiettivi di economicità, omogeneità, flessibilità ed elasticità posti alla
gestione finanziaria nel suo complesso.
Il processo di scelta può partire dal fabbisogno come un dato di fatto è tradursi nella ricerca delle forme più idonee di
copertura, oppure può estendersi alla valutazione dell'ampliamento del fabbisogno stesso con la considerazione di
nuovi progetti di investimento e di una variazione del livello di indebitamento.
Una delle scelte fondamentali da assumere riguarda il livello di indebitamento da accettare per l’impresa. Questa
opzione, oltre che da fattori qualitativi concernenti la rischiosità e la rigidità connesse con un appesantimento della
situazione debitoria, deve essere orientata dal presumibile effetto del fattore leva finanziaria.

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La redditività del capitale proprio, investito nell'attività aziendale, può essere migliorata o peggiorata dal fattore leva:
sarà migliorata se la redditività del capitale investito risulterà superiore al costo dell'indebitamento; sarà peggiorata se
gli oneri finanziari da sopportare per ottenere in prestito dei capitali supereranno la redditività dell’investimento.
Si parla di leva finanziaria per sottolineare la capacità dell'indebitamento di ampliare l'attività aziendale.
Il ricorso a capitali di terzi funge da moltiplicatore delle opportunità di investimento e, in determinate condizioni, da
generatore di reddito addizionale.
L'effetto del fattore leva dipende dal divario tra il rendimento netto del capitale investito (risultato economico meno
imposte) e il costo reale del capitale preso a prestito. Il capitale preso a prestito va determinato sottraendo dagli
interessi corrisposti al finanziatore l'ammontare dell'imposizione risparmiata per effetto del caricamento degli oneri
finanziari nel conto economico. Per valutare il costo effettivo dell'indebitamento e per poter comparare la convenienza
delle varie fonti di provvista occorre determinare il Team (tasso annuo effettivo globale) che ricomprende, oltre al tasso
annuo nominale, gli oneri accessori.

6: le principali fonti di finanziamento


L'investimento di capitale proprio rappresenta una fonte di finanziamento a lungo termine perché i mezzi così immessi
nella gestione sono destinati a permanervi durevolmente, laddove l'indebitamento può essere a breve ed allunga
scadenza. Assimilabile alla prima fonte è l'autofinanziamento, cioè il reinvestimento dei profitti nell'attività aziendale. In
condizioni di normalità parte cospicua dei nuovi investimenti dovrebbe essere coperta proprio tramite
l'autofinanziamento, il cui scopo è quello di immobilizzare nell'azienda un'aliquota dei redditi d'esercizio
periodicamente lucrati. Nell'ipotesi di un fabbisogno occasionale di capitali i soci potrebbero far affluire i propri fondi
sotto forma di finanziamento diretto, concedendo delle anticipazioni dell'azienda oppure sottoscrivendo direttamente
un prestito obbligazionario. In entrambe le alternative potranno poi riservarsi il diritto di richiedere la restituzione
dell'anticipazione o il rimborso delle obbligazioni in qualsiasi momento, anche se la logica prevalente di queste
operazioni finanziarie e quella del medio termine. Più ricorrente, ma non diffuso, appare l'accesso al mercato
mobiliare da parte di imprese anche di media dimensione, che attraverso la quotazione in borsa, riescono a collocare
parte del capitale sociale direttamente presso i risparmiatori. Questo canale di finanziamento consente di ampliare
significativamente la struttura finanziaria, in modo da favorire, mediante operazioni di aumento di capitale e
successivo collocamento azionario, la promozione di processi di sviluppo dimensionale.
Di fronte al ricorso ai mezzi propri, nella triplice forma dell'aumento del capitale, dell'autofinanziamento e del
finanziamento diretto, si pongono le fonti esterne, tra cui il maggiore rilievo è assunto dal credito bancario.
Tra le fonti creditizie bisogna inserire anche i risparmiatori o gli investitori istituzionali, i fornitori e gli stessi dipendenti
dell’impresa. L’impresa può procurarsi mezzi finanziari e mettendo prestiti obbligazionari e carta commerciale
(cambiali finanziarie), chiedendo credito ai fornitori, attingendo a conti di deposito alimentati dai suoi dipendenti.
Più frequente è il ricorso al credito bancario, che può assumere una differente estensione temporale e concretarsi in
forme tecniche diverse. Il finanziamento può essere ottenuto per tempi lunghi (operazioni di mutuo) o per tempi brevi
(aperture di credito, sconto di effetti, anticipazioni su titoli e merci).
A volte la banca, su richiesta dell'impresa, può concedere dei crediti di firma come fideiussioni, crediti documentari ed
accettazioni bancarie.

Accanto alle forme tradizionali di finanziamento esterno, bancari e non bancari, ci sono le forme atipiche come il
leasing e il factoring. Con il leasing l'impresa non è costretta a sopportare immediatamente il peso dell'investimento
perché ottiene il bene di cui ha bisogno tramite un contratto di locazione con diritto di riscatto del bene dopo un certo
numero di anni e ad un prezzo prefissato (di solito molto basso). In questo modo si può utilizzare immediatamente il
bene, pagando un canone periodico e riservandosi alla fine del contratto di assumere una decisione circa l'acquisto
dell'oggetto dell'operazione di leasing. Una formula particolare di leasing è il lease back, che consiste nel vendere ad
una società di leasing un bene posseduto, con l'impegno di richiederlo contestualmente in locazione alla stessa
società acquirente. In questo modo l'azienda venditrice riesce ad ottenere due vantaggi: avere un finanziamento a
fronte dell’alienazione di un bene di proprietà e sfruttare l’effetto fiscale delle operazioni di leasing.
Il leasing appare la forma idonea di finanziamento per l'acquisizione di beni fungibili (perché il rischio per l'azienda di
leasing è limitato, data la possibilità di un eventuale ricollocazione di un bene non pagato), l'indebitamento è adatto
per i beni semi fungibili (perché su questi la banca richiede ipoteca o pegno e può rivalersi), il finanziamento con
mezzi propri è invece necessario per l'acquisizione di beni scarsamente fungibili.

Il factoring rappresenta una particolare forma tecnica di finanziamento, perché consente di rendere liquidi i crediti
verso la clientela non suffragati da documenti (titoli di credito) scontabili commercialmente. Il factoring a luogo su
fatture o titoli di credito imperfetti, solitamente con la cessione del credito al factor. Nel factoring la norma più comune
di cessione del credito è pro solvendo, cioè con il rischio di insolvenza condiviso tra il debitore e il cedente del credito
stesso.

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Un'altra forma piuttosto sofisticata di finanziamento a breve e il forfaiting, cioè la vendita pro soluto di effetti cambiari
che vengono ceduti in base al loro valore facciale decurtato in ragione di un tasso di sconto a forfait. Solitamente, i
titoli di credito sono tratte e messe da esportatori e accettate dagli imprenditori esteri o pagherò emessi direttamente
da questi ultimi. I vantaggi per l'esportatore sono rappresentati dalla rapidità di incasso del credito e dall'eliminazione
di qualsiasi rischio finanziario conseguente all'operazione di vendita all’estero.

7: riepilogo sulla gestione della finanza aziendale


La gestione della finanza comprende sia la determinazione degli investimenti da compiere entro un certo periodo sia
alla ricerca delle relative fonti di copertura. Nella formulazione della strategia finanziaria il processo decisorio parte
dalla previsione del fabbisogno di capitale, si sviluppa mediante l'opzione tra l'utilizzo di mezzi propri e il ricorso
all'indebitamento (leva finanziaria) e si conclude con la scelta delle varie fonti di finanziamento.
Queste scelte portano alla definizione della struttura finanziaria, che va costruita rispettando le condizioni di
omogeneità, flessibilità, elasticità ed economicità. La gestione finanziaria ha come obiettivo strategico la riduzione dei
rischi di insolvenza e di illiquidità. Appare dunque evidente l'assoluta necessità di programmare e controllare le
operazioni di investimento e finanziamento, data l'influenza degli eventi di gestione e le vicende che caratterizzano il
mercato finanziario. A tal fine, la finanza è sempre alla base del business Plan e dovrebbe essere oggetto sistematico
di procedure previsionali.

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CAP. 16 → IL PROCESSO LOGISTICO E GLI APPROVVIGIONAMENTI

1: la logistica quale processo


La logistica è il sistema di connessione tra l’approvvigionamento di materiali (logistica in entrata), la trasformazione
produttiva ed il collocamento dei prodotti realizzati (logistica in uscita).
La logistica è sempre più centrale per l'organizzazione a rete della produzione e per l'ampliamento geografico dei
mercati di acquisto e di vendita. Il processo logistico si attua mediante due flussi: un flusso fisico dei materiali (materie
prime, semilavorati, parti componenti e prodotti finiti), che ha inizio dal momento dell'evasione dell'ordine da parte del
fornitore e si conclude con il ricevimento della merce da parte dell'impresa; e un flusso di informazioni che attraversa
in senso bidirezionale l’intero processo.
L'obiettivo da raggiungere è rappresentato dal miglior equilibrio tra costo della logistica e standard di servizio reso ai
clienti interni (organi di produzione) ed esterni (consumatori).
Le funzioni di acquisto, magazzinaggio, trasporto e distribuzione fisica generano un ammontare rilevante di oneri e
consentono di conseguire vantaggi significativi in termini di costi di produzione. La velocità del ciclo di evasione
dell'ordine del cliente, il rispetto dei tempi di consegna e la salvaguardia delle caratteristiche di sanità del prodotto
contribuiscono anche alla customer satisfaction e alla fidelizzazione della clientela.
L'efficienza della logistica si pone come elemento non secondario della strategia competitiva sia perché riesce a
contenere i costi sia perché contribuisce ad elevare la qualità del servizio.
All'interno del processo logistico i due sotto processi di maggiore rilievo sono quelli di approvvigionamento e di
distribuzione.

2: la funzione di approvvigionamento: aspetti strategici e tattici


La funzione di approvvigionamento ha l'obiettivo di assicurare il rifornimento delle materie prime, ausiliarie, servizi,
componenti ed accessori da utilizzare nell'attività di gestione. Quasi sempre questa funzione operativa si lega soltanto
al processo di produzione e all'acquisto di materiali, perché gli acquisti di macchinari e di attrezzature impiantistiche di
particolare rilevanza sono riservati ai livelli imprenditoriali e della direzione generale, mentre quelli dei materiali di
consumo vengono delegati ad un particolare ufficio, posto più spesso alle dipendenze della direzione amministrativa.
Definizione di approvvigionamento: processo di acquisto e gestione delle scorte dei materiali diretti
all'alimentazione dei cicli di lavorazione.
Obiettivo dell'approvvigionamento: assicurare l'economicità della funzione degli acquisti e preservare la continuità
dei cicli di lavorazione.
Il rifornimento di materiali deve garantire l'ininterrotto svolgimento della produzione, al fine di evitare tempi d'ozio per
l'impianto e conseguenti costi sprecati per l’azienda. Sotto questo profilo c'è una stretta interdipendenza tra le
modalità di gestione degli acquisti e quelle di gestione del magazzino, perché si avrà un differente orientamento della
funzione di approvvigionamento.
Esempio: se nell'azienda dovesse essere adottato il just in time che tende all'azzeramento delle scorte, la direzione
degli approvvigionamenti dovrebbe preoccuparsi di creare una rete di fornitori in grado di assicurare, in qualsiasi
momento e a prescindere da qualsiasi evento di mercato, la continuità dei rifornimenti nel volume e nel mix richiesto
dalla funzione di produzione. L'efficienza produttiva dell'impresa e così influenzata da quella del fornitore ed il nesso
tende a diventare sempre più stretto al consolidarsi di rapporti di collaborazione o di più espliciti accordi commerciali.

Nell'organizzazione della funzione di approvvigionamento deve essere operata una netta distinzione tra aspetti
strategici e tattici od operativi.
La funzione di approvvigionamento è condizionata da:
- Decisioni di make or buy: grado di integrazione verticale, politica di intesa con i fornitori, scelte di decentramento
produttivo.
- Caratteristiche dei cicli di produzione dei mercati di rifornimento.

L’aspetto strategico si lega a scelte più ampie e complesse (vedi i casi di integrazione verticale o di quasi integrazione
mediante rapporti di sub-fornitura) e dipende dalle caratteristiche dei cicli di produzione e dei mercati di rifornimento.

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Sulle decisioni da assumere peseranno non solo le caratteristiche dell'impresa, ma anche quelle del mercato di
fornitura. Se quest'ultima è soggetta a forti oscillazioni di prezzo, a crisi di produzione imprevedibili e incontrollabili,
cresce per l'azienda l'interesse ad assicurarsi il governo di proprie fonti di produzione mediante operazioni di
integrazione verticale.
Il ruolo della funzione approvvigionamenti assume in realtà contenuti che potremmo definire strategici sia per
l'incidenza sul conto economico aziendale sia per i riflessi generati sulla qualità e sul volume dei prodotti venduti.

La percentuale degli acquisti rispetto ai ricavi tende costantemente a crescere nel conto economico delle imprese di
produzione più grandi, per effetto del maggior ricorso all'esterno per molte lavorazioni precedentemente svolte in
fabbrica. Questo processo evolutivo porta alla riduzione del numero di fornitori, allo sviluppo in comune della
progettualità in tema di componenti e alla prevalenza dei fornitori di sistemi da montare nella costruzione del profilo
finito. La maggiore integrazione con pochi fornitori più evoluti migliora il coordinamento del processo, riducendo i
tempi medi di riapprovvigionamento e l'immobilizzo in scorte.

L'impostazione del processo di approvvigionamento è in effetti legata soprattutto a due elementi:


1. La criticità dei materiali da acquistare (complessità del mercato di approvvigionamento)
2. L’impatto economico dei vari materiali sul costo totale del prodotto

Sul primo aspetto l'impresa dovrà operare con un'assoluta garanzia di rifornimento per cui materiali, componenti, parti
o accessori che possono creare delle strozzature nel ciclo di lavorazione, bloccando fasi importanti o impedendo il
processo terminale di allestimento del prodotto finito.
Il secondo aspetto è altrettanto importante perché, se l'azienda lavora con un basso valore aggiunto, l'economicità
degli approvvigionamenti riveste un carattere fondamentalmente ai fini della competitività aziendale. Questo vale
maggiormente quando si riducono le possibilità di traslare i maggiori costi di acquisto sui prezzi di vendita. In questo
caso, cresce il rischio economico, che si massimizza se l'impresa dovesse adottare o operare secondo una strategia
di Price-competition.

Incrociando questi due elementi (criticità e impatto economico) è stata costruita una matrice, che consente di
distinguere i vari tipi di acquisti e suggerisce modelli organizzativi per gestire il relativo processo di
approvvigionamento.
I comportamenti e le decisioni d'acquisto devono essere congrui con la complessità di tale processo, la criticità dei
materiali da acquistare e l'impatto economico del relativo acquisto.
I materiali di possono suddividere in:
a) Materiali leva o chiave → Materiali con peso economico elevato, per l’elevato costo d’acquisto, ma con un basso
rischio di reperimento nel mercato.
b) Materiali strategici → Sono di difficile reperimento e di elevato impatto sulla redditività.
c) Colli di bottiglia → Difficile reperibilità, ma peso economico modesto.
d) Non critici → Facilmente reperibili nel mercato e incidono modestamente in rapporto al valore del bene da
produrre.

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3: l’organizzazione della funzione acquisti
L'attuazione del processo risulta molto diversa in rapporto sia all'area di mercato di riferimento sia al grado di
standardizzazione dei materiali e comporta un'organizzazione più o meno articolata. Anche se la procedura di
acquisto è sempre la stessa (ricerca di mercato, individuazione dei fornitori, selezione delle offerte, attuazione del
processo di ordinazione e di ricevimento, stoccaggio dei materiali), a seconda dei casi muteranno l'area territoriale di
riferimento è il rapporti di collaborazione con i fornitori.
Al vertice della funzione è utile che ci siano uno o più approvvigionatori (buyer), che conoscano profondamente i
mercati di acquisto e che siano in grado di prendere le decisioni più convenienti nel momento opportuno.

Ciascun approvvigionatore deve essere in grado di:


• Conoscere profondamente i mercati d’acquisto.
• Avere contatti con un’ampia rete di fornitori e sceglierli sulla base di criteri oggettivi.
• Prevedere l’andamento del mercato di competenza e prendere tempestivamente le decisioni d’acquisto più
convenienti.
• Ricorrere a formule contrattuali che riducano i costi di acquisto.
• Essere in grado di compiere una revisione critica della tipologia di forniture applicando l’analisi del valore per tutti i
materiali da acquistare.
• Partecipare attivamente alla gestione degli stock.

Inoltre, il responsabile della funzione di approvvigionamento deve agire di concerto con i responsabili di altre funzioni
aziendali e più in particolare con:
- Il direttore di produzione per garantire la continuità dei processi di rifornimento e per concordare le caratteristiche
di affidabilità tecnica dei materiali.
- Il direttore del marketing per valutare i riflessi dell’approvvigionamento sulla politica di prodotto e sulla politica del
prezzo.
- Il direttore finanziario per determinare il fabbisogno di capitale circolante, potendo influire sulle quantità e sulle
dilazioni di pagamento.
- Il direttore della ricerca e sviluppo per valutare le possibilità di impiego di nuovi materiali utilizzabili in luogo di
materiali difficilmente approvvigionabili, soggetti a forti rischi congiunturali e più costosi.

La successiva selezione dei fornitori deve essere la risultante di un processo complesso di valutazione, nel quale
debbono essere pesata e l'affidabilità e l'economicità di ciascuna possibile fonte di acquisto. I criteri oggettivi di scelta
sono solitamente rappresentati dal costo, dalla qualità e dalla puntualità del fornitore.
In materia di acquisti, un aspetto di rilievo è rappresentato dal business to business ovvero dal ricorso ad Internet per
gli acquisti industriali. La propensione all'utilizzo del commercio online è infatti più elevata nel caso di transazioni tra
imprese e delle forniture industriali. La possibilità di visionare i prodotti disponibili in tempo reale e spiccare l'ordine in
modo più o meno autonomo rappresenta il vero punto di forza della B2B.

4: la gestione delle scorte


Le scorte di materie di prodotti sono indispensabili in qualsiasi tipo di impresa per bilanciare i diversi ritmi secondo cui
si svolgono i cicli fondamentali di gestione. Il fenomeno delle scorte assume un'importanza decisiva ai fini della
funzionalità operativa del sistema aziendale e genera oneri e rischi rilevanti nell'economia generale della gestione.
Le principali difficoltà si collegano con la necessità di conciliare le esigenze di natura logistica con quelle di natura
commerciale.

5: riepilogo sulla gestione degli approvvigionamenti


La logistica comprende l'organizzazione dei immagazzini, i processi di approvvigionamento e di distribuzione e la
gestione delle scorte. La sua importanza discende dalla funzione centrale esercitata nell'intero processo produttivo e
dai costi ribaltati nel conto economico aziendale.
La relativa problematica può essere suddivisa in tre parti: la ricerca delle fonti di rifornimento, l'organizzazione della
distribuzione e la gestione delle scorte.
Per l'approvvigionamento due sono le innovazioni di maggiore rilievo. La prima è la frequente costruzione di reti
trasversali Inter aziendali che raggruppino produttori e fornitori con rapporti di stretta collaborazione è la seconda è il
ruolo di segnata importanza esercitato dal web nel favorire operazioni di business to business. L'opportunità di
stringere relazioni continuative fiduciaria con partner commerciali e il ricorso a vere proprie borse telematiche hanno
profondamente innovato il settore della logistica, creando contemporaneamente possibilità di miglioramento del
servizio al cliente e di compressione dei costi.
L'automazione spinta dei magazzini, l'adozione di procedure di programmazione e controllo delle scorte, il ricorso al
B2B sono tutti elementi di progresso recentemente realizzati in una funzione divenuta centrale nella gestione
aziendale.

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8: riepilogo sul processo innovativo
Nell'impresa moderno l'innovazione è divenuta un fatto sistematico e continuo, che va aldilà dell'aspetto soltanto
tecnologico per estendersi a tutti i processi di gestione. Questo perché il vantaggio competitivo acquisito tende ad
annullarsi in assenza del rinnovamento dell'organizzazione, della gamma produttiva, delle conoscenze e delle
competenze. La produzione di innovazioni di maggior peso richiede la partecipazione di gruppi interfunzionali perché
rappresenta sempre un fenomeno complesso che si riflette sulle varie funzioni di gestione. La costituzione di team è
giustificata dal fatto che un'idea o un'invenzione, per tradursi in un'innovazione aziendale, deve superare una verifica
di fattibilità sotto il profilo commerciale, produttivo, finanziario ed economico. L'innovazione va protetto giuridicamente
oppure commercialmente (mediante la valorizzazione della marca) soprattutto quando si configura come
un'innovazione radicale e non semplicemente quale innovazione marginale.
In realtà, il fatto innovativo può rappresentare l'esito di un processo originario ed autonomo o quale risultato di un
processo prevalentemente imitativo: il primo caso è quello del first mover, che lancia per primo l'innovazione nel
mercato, mentre il secondo (follower) è più diffuso tra le imprese minori che si pongono sulla scia delle innovazioni già
sperimentate con successo.
Produrre innovazioni significa accumulare conoscenze, organizzare la ricerca e destinare adeguate fonti di
finanziamento al rinnovamento di processi tecnologici, di marketing e di sviluppo aziendale.

CAP. 18 → I PROBLEMI AMMINISTRATIVI: GESTIONE DEL PERSONALE E CONTABILITA’

1: il ruolo delle risorse umane


Ripassiamo alcuni concetti importanti: il primo riguarda l'importanza di una corretta ed efficace gestione delle
risorse umane. Questo perché le imprese devono competere sempre più sul piano dell'innovazione, che non può non
essere frutto delle intelligenze presenti nell'organizzazione, e su quello dei costi rispetto ai quali diretta è forte e in
ogni caso l'incidenza della produttività del lavoro.
Il secondo aspetto è che le persone impegnate in azienda devono essere adeguatamente motivate per poter
partecipare con efficacia al raggiungimento degli obiettivi aziendali. Occorre operare per sviluppare due tipi di
motivazioni: quella a partecipare e quella a produrre.

2: i vari aspetti della gestione del personale


La particolarità della gestione del fattore umano deriva non solo
dalla varietà dei compiti in essa ricompresi, ma anche dal
quadruplice profilo delle scelte mediante le quali trova pratica
attuazione. Individuando:
• Un profilo strettamente strategico riguardante la formazione
dell'organico necessario per il raggiungimento delle finalità
imprenditoriali e per la sua valorizzazione nel tempo.
• Un profilo organizzativo relativo alla definizione delle
mansioni, allo scopo di coordinare i compiti, poteri e
responsabilità della struttura aziendale.
• Un profilo direzionale o di conduzione correlato ai problemi
della motivazione dei dipendenti e dello sviluppo delle
carriere.
• Il profilo amministrativo contabile comprendente la
definizione del rapporto di lavoro e la gestione delle relazioni
contrattuali con il personale.

Nella gestione del personale le funzioni di direzione si pongono obiettivi diversi. L'organizzazione allo scopo di
delineare le mansioni delle persone da inserire nella struttura, la programmazione deve porsi il problema dello
sviluppo delle carriere, la conduzione ha l’obiettivo di motivare a partecipare e a produrre in relazione alle esigenze
dell'impresa e il controllo ha l'amministrazione dei rapporti di lavoro.

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3: i problemi di amministrazione del personale
La gestione operativa del personale segue un iter, che prevede una serie di fasi, che possono essere schematizzati
così:
- Reclutamento, ossia ricerca il primo contatto con le persone da assumere.
- Selezione, ovvero scelta delle persone ritenute più idonee per la specifica mansione da ricoprire e meglio inseribili
nell’organizzazione.
- Inquadramento contrattuale, vale a dire attribuzione del livello previsto nel contratto nazionale di lavoro,
ammontare e struttura della retribuzione, incentivazione da riconoscere e prospettive di avanzamento.
- Addestramento, finalizzato all'avviamento al posto di lavoro.
- Formazione, ossia promozione di programmi di miglioramento delle competenze personali.
- Valutazione del rendimento per la programmazione degli sviluppi di carriera.

L'assunzione del personale è oggetto di programmazione da parte della direzione aziendale in funzione delle
esigenze della gestione. Questa attività è molto importante all'atto della costituzione dell'impresa perché deve
procurare le risorse umane previste nell'organico aziendale. Sia se le assunzioni sono il risultato di decisioni
programmate sia se rispondono ad esigenze contingenti dell'organizzazione, la procedura da porre in essere
dovrebbe seguire le stesse fasi.
Nella procedura due sono i passaggi fondamentali: corretta definizione dei profili lavorativi da ricercare e
adeguata valutazione dei requisiti professionali e caratteriali dei dipendenti da assumere.
Riepilogando, nella scelta delle persone dovranno essere attentamente valutate:
• Qualità personali ed elementi caratteriali.
• Esperienze pregresse in settori o imposizioni di particolare interesse per le mansioni da ricoprire in azienda.
• Titoli di studio posseduti.
• Risultati di prestigio ottenuti in ambito lavorativo.
• Disponibilità alla mobilità e ai trasferimenti di sede.
• Aspettative e bisogni da soddisfare.

4: i tipi di impiego del personale e la flessibilità del mercato del lavoro


Da tempo si discute molto di flessibilità del mercato del lavoro ossia della disponibilità di forme alternative di impiego
che consentano di incrociare vantaggiosamente domanda e offerta di lavoro. Recentemente, con l'approvazione del
Jobs Act è stata varata un'ampia riforma del mercato del lavoro in Italia, i cui punti principali sono una modifica della
normativa sui licenziamenti, l'incentivazione per le assunzioni a tempo indeterminato, una diversa regolamentazione
degli ammortizzatori sociali, maggiore stimolo per l'apprendistato e una semplificazione delle procedure in materia di
rapporti di lavoro.
Attualmente, le forme di impiego atipico più ricorrenti sono il part-time, il lavoro interinale, il lavoro a tempo
determinato, il job sharing, il lavoro intermittente e lo staff leasing.

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5: le forme di retribuzione dei personale
La retribuzione è uno tra i più importanti fattori governati dall’impresa per attrarre, trattenere e motivare la forza lavoro.
Altri fattori - quali il prestigio dell’impresa e del ruolo assunto dal lavoratore, l’ambiente di lavoro, le opportunità di
carriera, il clima organizzativo, per quanto vadano assumendo una rilevanza crescente - sono comunque
complementari.

Le imprese che ricorrono alla retribuzione in forma mista una quota fissa è un'aggiunta variabile mirano ad ottimizzare
l'impiego delle risorse umane e tecniche, migliorando la produttività interna e la prestazione individuale.

6: gli altri aspetti di amministrazione del personale


La parte più strettamente amministrativa dei rapporti di lavoro è quasi sempre attribuita alla struttura che si occupa più
in generale del processo di amministrazione contabile. Per di più, la normativa in materia richiede il rispetto di un
complesso di obblighi di varia natura, la cui inosservanza comporta sanzioni di grande impatto sullo svolgimento
dell'attività aziendale. Il mancato rispetto, ad esempio, delle norme antinfortunistiche sul lavoro può portare
all'interruzione forzata di parte o dell'intero ciclo lavorativo aziendale.
In ogni azienda la sicurezza deve essere garantita sotto due profili: quello del contesto lavorativo nel suo complesso è
quello dello specifico posto di lavoro. La messa a norma degli edifici, le procedure di emergenza per l'evacuazione, la
prevenzione degli incendi, la cura del maneggio di sostanze pericolose, la prevenzione per il corretto uso di impianti e
attrezzature costituiscono capitoli essenziali per la sicurezza aziendale. La sicurezza e la salubrità dei posti di lavoro
rientrano tra quei fattori soddisfattivi in grado di incidere positivamente sulla motivazione del lavoratore a partecipare e
a produrre. Per queste ragioni nell'impresa deve esservi un responsabile della sicurezza è un piano di valutazione dei
rischi in grado di garantire la prevenzione.

7: riepilogo sulla gestione amministrativa del personale


Con questo capitolo si è potuta chiarire meglio la differenza tra la gestione strategica del personale, illustrata nel
capitolo 11, e la gestione amministrativa. All'interno di quest'ultima rientrano i problemi di cura continuativa dei rapporti
con il personale, partendo da quelli tipicamente contrattuali per ricomprendere le relazioni industriali ossia la materia
sindacale.
Nell'impresa bisognerà procedere al reclutamento, selezione, formazione dell'organico necessario, curando i vari
aspetti e problemi amministrativi (paghe, contributi, permessi, ferie).
Tra le problematiche di maggior impatto bisogna includere la scelta della forma di impiego, tenendo conto anche
dell'esigenza di flessibilità dell'organizzazione e sfruttando le forme atipiche di lavoro alla luce della recente normativa.
Sempre in tema di gestione del personale, altre materie di particolare rilevanza sono alla cura dell'ambiente di lavoro
e la normativa sulla sicurezza.

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