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MODELLO VIRTUALE PER IL

DESIGN
1)CONCURRENT ENGINEERING – la definizione
integrata del prodotto e del processo
Si definisce sistema di produzione un insieme integrato di macchinari e risorse umane che compie una o più
operazioni di trasformazione o di montaggio su un grezzo, una parte o un insieme di par�. I macchinari
integra� includono:
1) macchine e utensili per la lavorazione;
2) sistemi di movimentazione;
3) atrezzature di bloccaggio;
4) computer in grado di coordinare e/o controllare gli altri componen�.
Prima dell’avvento dei calcolatori in azienda, i prodo� venivano realizza� manualmente, le a�vità erano
affidate all’abilità dell’operatore. Il limite era rappresentato dalla massima quan�tà producibile. Limite non
più compa�bile con le esigenze atuali che richiedono tra l’altro il contenimento dei tempi e dei rela�vi
cos�. Le esigenze di incremento delle produzioni e di riduzione di tempi e cos� ha portato all’automazione
delle a�vità e dei sistemi di produzione.

Ai tempi di Frederick Taylor e Henry Fords vennero introdo� i principi di produzione di massa: erano i tempi
della rivoluzione industriale (anni ’90 del 800). I macchinari u�lizza� per la produzione vennero
interconnessi per formare le prime linee di produzione. Come grande svantaggio però le linee di produzione
e assemblaggio u�lizzate nella produzione di massa erano rigide, costose ed erano in grado di realizzare
un’unica �pologia di prodoto.
Solamente l’introduzione dei motori eletrici e dei disposi�vi eletronici allo stato solido risolsero lo stato di
stallo in cui si stava precipitando con gravi disagi sociali (dato da una grande richiesta di diversificazione del
prodoto). Ques� disposi�vi segnarono l’introduzione della macchina utensile a controllo numerico. Per
contro iniziavano a manifestarsi problemi di saturazione degli impian�, e i conseguen� e ritardi di consegna
con rela�ve perdite di quote di mercato. La soluzione di queste problema�che organizza�ve, individuabili
come esigenze di flessibilità, portò all’adozione di metodi matema�ci per la pianificazione e il controllo
della produzione. Tali metodi matema�ci diventarono u�li nel supporto delle a�vità produ�ve con la
nascita dei transistor e quindi dei calcolatori. Si getarono le basi della produzione integrata con il
calcolatore (CIM, Computer Integrated Manufacturing) per la ges�one dei primi sistemi di automazione
flessibili.
Ai tempi le aziende produtrici di beni di largo consumo si affidavano alla progetazione sequenziale, questo
approccio creò un rapporto di sudditanza (der. da suddito, dipendenza) della produzione rispeto alla
progetazione, infa� il proge�sta ordinava come andava realizzato senza curarsi della effe�va
realizzabilità. Lo schema che segue (fig.1.1) illustra come non sono presen� delle backac�ons, delle
retroazioni, tra le varie funzioni aziendali e gli eventuali errori del proge�sta vengono nota� solo durante le
fasi di produzione e collaudo, cioè troppo tardi.
Fig 1.1 (schema della produzione sequenziale)

Come si può evincere da questo schema, un approccio del genere, ovvero di produzione sequenziale, non
può funzionare poiché ha mol� limi�, che sono:
1) difficoltà a individuare gli errori e ad atribuire le responsabilità;
2) difficoltà a ges�re le modifiche richieste dei clien�;
3) difficoltà a definire standard hardware e so�ware comuni alle varie funzioni aziendali;
4) relazioni interne difficili.

Vis� i limi� è impera�vo passare ad un sistema di sviluppo che coinvolga tute le principali funzioni
aziendali, ovvero un approccio integrato nella progetazione prodoto-processo.
La progetazione integrata di prodoto e processo è nota anche come: concurrent engineering;
Occorre tener presente sin dalle prime fasi dello sviluppo del progeto tu� gli aspe� che intervengono nel
ciclo di vita del prodoto, operare secondo questa logica significa mutare radicalmente il modus operandi di
chi progeta e di chi ingegnerizza.
L’obie�vo viene raggiunto rendendo parallele alcune fasi del ciclo di sviluppo del prodoto e del rela�vo
processo produ�vo: la definizione delle specifiche del prodoto, il progeto del prodoto e
l’industrializzazione Queste tre fasi vengono sviluppate da un gruppo di lavoro composto da persone che
provengono dai diversi en� dell’azienda (fig.1.2).
Fig 1.2 (schema concurrent engineering)

1.1) CONCURRENT ENGINEERING


È necessario un grosso rinnovamento aziendale che deve prevedere:
1. Modifiche della strutura organizza�va (personale).
2. Impiego di adeguate tecniche e metodologie di progetazione del prodoto e del processo
implementate su calcolatori di supporto.

Se perseguito, il concurrent engineering offre diversi vantaggi come:


1) Riduzione del tempo di flusso globale per la progetazione del prodoto e del processo.
2) Facilità nell’individuazione e nella correzione degli errori per la presenza nel team di sviluppo delle varie
funzioni aziendali.
3) Semplificazione nella ges�one delle modifiche richieste dal cliente e riduzione dei tempi di risposta.
4) Incremento della compe��vità dell’azienda.
5) Possibilità di definire risorse hardware e so�ware compa�bili per le varie funzioni aziendali.
6) Miglioramento delle relazioni interne all’azienda.

Riassumendo, la fase di fase di definizione del prodoto deve essere stretamente connessa alla fase di
definizione del processo produ�vo, il calcolatore gioca un ruolo centrale per la progetazione, occorre
tenere a mente che è ancora impensabile realizzare una fabbrica completamente automa�ca.

La compe��vità è sempre più globale e per mantenere le posizioni di leadership è necessario associare alla
dimensione tempi quatro fatori di vantaggio compe��vo: 1. qualità; 2. servizio; 3. costo; 4. innovazione.

1)Idoneità all’uso di un prodoto cioè disporre di un prodoto rispondente alle specifiche di progeto.
2) Inteso sia come rispeto dei tempi di consegna che di assistenza post-vendita.
3) Da non confondere con il prezzo di vendita del prodoto anch’esso fissato dal mercato, deve essere basso
ma tale da permetere alta flessibilità del prodoto e del volume di produzione.
4) Costante, progressiva e realizzabile in tempi brevi.
Il mutamento che il sistema produ�vo ha subito nel tempo è da lineare a trasversale, ovvero il processo
produ�vo atraversa più setori industriali mentre prima era più “con i paraocchi”.
l modi con cui vengono ges�� i tempi di produzione nello sviluppo dei nuovi prodo�, nelle vendite e nella
distribuzione rappresenta la maggior leva con cui otenere la leadership.
I tempi fondamentali per il miglioramento della compe��vità riguardano i processi aziendali e
precisamente:
1)�me to market = intervallo tra concezione prodoto e primo esemplare vendibile;
2)tempo di start-up = tempo necessario per dotarsi della capacità produ�va per il nuovo prodoto;
3)lead �me = Tempo richiesto per l’avvio di una nuova produzione, tempo programmazione + tempo di
avvio processo di produzione;
4)tempo di risposta = evasione degli ordini (avvio);
5)tempo di distribuzione = intervallo zona di produzione e luogo consegna.
Tali tempi dipendono diretamente dalle capacità di sviluppare nuove strategie e di introdurre innovazione
tecnologica negli impian� e nei sistemi di produzione.

L’uomo interpreta le informazioni fornite dal disegno e le trasmete alla macchina effetuando le manovre
necessarie. Viene pertanto a crearsi un rapporto indivisibile uomo-macchina. A causa degli inevitabili errori
personali, spesso lega� alla ripe��vità delle operazioni, il pezzo necessita di un controllo finale, un collaudo
e dei test.
La produzione di piccoli lo� di pezzi diversi tra loro e la necessità di macchine ad elevata precisione che
svincolassero l’uomo dalla macchina stessa, lasciandogli solo la sorveglianza, ha determinato lo sviluppo
delle macchine utensili a controllo numerico. La denominazione deriva dal fato che le informazioni
trasmesse alla macchina sono ricavate dal disegno e memorizzate in forma alfanumerica nella macchina
calcolatrice. Il controllo numerico è un modo di controllare i movimen� di una macchina inserendo nel
sistema istruzioni codificate in forma di numeri e letere, un codice per l’appunto (fig1.3).

Fig. 1.3 (codice per il sistema e traduzione del codice)

Importante carateris�ca di un sistema di produzione è la sua capacità di ges�re i cambiamen� dei


par�colari o dei prodo� che è in grado di produrre (aumento di gamma id prodo� producibili da
un’azienda). Possiamo pensare a tre situazioni �piche:
1)impossibilità di ges�re alcuna variante, cioè capacità di lavorare un unico prodoto (linea transfer);
2)possibilità di ges�re diverse �pologie di prodo� a lo� (linee agili e FMS);
3)possibilità di ges�re le par� diverse in modo del tuto casuale (mix di prodo�, centri di lavoro e FMS).
fig1.4 (linee transfer, agili, Flexible Manufacturing System e centri di lavoro)

Queste 4 diverse linee di lavoro si differenziano appunto per la capacità di produzione e la varietà di
prodo� offer� al mercato e quindi al cliente.

2) CONCURRENT ENGINEERING – l’analisi virtuale del


prodotto e del processo (CAE)

e tecnologie di ingegneria assis�ta dal computer (Computer-Aided Engineering, CAE) permetono di


risolvere problemi tecnologici tramite l’u�lizzo del calcolo numerico; infa�, e consentono di effetuare degli
esperimen� virtuali su un modello realizzato al computer che imita il funzionamento di un processo/sistema
reale. Nel passato la simulazione era vista da parte delle aziende come uno strumento eso�co (troppo
distante dalla realtà pra�ca). Con il crescere delle prestazioni dell’hardware e sopratuto del so�ware
associato la diffusione della simulazione è stata resa possibile anche presso le aziende.

Nella simulazione viene realizzato un modello del processo che si vuole studiare e si analizza il suo
comportamento. In questo modo il proge�sta è in grado di analizzare diversi aspe� delle fasi produ�ve;
infa�, il modello che si u�lizza con�ene gli elemen� essenziali a simulare la realtà fisica.

In questo modo diventa possibile:


1) analizzare rapidamente diverse configurazioni e differen� alterna�ve;
2) variare la velocità reale del processo per verificare più rapidamente i risulta�;
3) introdurre disturbi e osservare gli effe� sul modello implementato]

La simulazione può intervenire in tute le fasi del processo produ�vo dalla pianificazione al controllo della
produzione e della qualità e la sua accuratezza non potrà mai essere superiore a quella delle misure
sperimentali da cui è derivata.
2.1) Applicazioni dell’approccio CAE (Computer Aided
Engineering)
L’approccio CAE è compa�bile con numerosi casi e discipline ingegneris�che:
1)analisi dinamica e analisi della sollecitazione di componen� e assiemi mediante l’analisi agli elemen� fini�
(FEA);
2)analisi degli aspe� fluidi e termici mediante la fluidodinamica computazionale (CFD);
3)analisi degli aspe� dinamici e cinema�ci dei meccanismi (dinamica mul�-body);
4)analisi acus�ca;
5)analisi dei sistemi di controllo;
6)simulazione dei processi di produzione come ad esempio i processi fusori, lo stampaggio ad iniezione, i
processi di deformazione plas�ca.
Ques� sono solo alcuni dei campi di applicazione della CAE

La CAE ha mol� vantaggi (+) e diversi limi� (-) quali:

(+) permete di ridurre gli errori nel processo di progetazione del prodoto e del processo
(+) analizzare l’impato che la modifica dei parametri di processo ha sul prodoto/sistema produ�vo.
(+) facile visualizzazione delle peculiarità di diverse soluzioni progetuali e consentono di migliorare la
qualità del progeto.
(+) fornire una s�ma di ciò che avverrà nella realtà in tempi rido� consentendo una riduzione dei cos� per
l’o�mizzazione del processo.

(-) cos� della analisi CAE posso in alcuni casi essere molto eleva� rispeto all’uso della sperimentazione.
(-) Interpretazione dei risulta� lunga e complessa

La sperimentazione CAE non è la scelta migliore quando 1. è più semplice ed efficiente effetuare una
simulazione direta del sistema, 2. quando non si è in grado di convalidare il modello di simulazione. 3.
quando il costo (e il tempo) di una simulazione che fornisca risulta� accura� è proibi�vo.

3) CONCURRENT ENGINEERING – l’integrazione tra area di


progettazione (CAD) e area di produzione (CAM)

Il prerequisito per atuare la progetazione integrata del prodoto e del processo è la disponibilità del
modello matema�co, realizzato al CAD 3D, del prodoto stesso. Il problema della interconnessione tra le
aree progetazione e produzione dell’azienda non è ancora stato risolto completamente tutavia è stato
riconosciuto a livello mondiale la necessità di standardizzazione delle interfacce.
Le informazioni che devono passare tra area CAD (Computer Aided Design) e area CAM (Computer Aided
Manufacturing) devono contenere da�: grafici, di disegno, geometrici, di prodoto che serviranno alla
generazione dei cicli di lavorazione, assemblaggio e collaudo, alla pianificazione, alla schedulazione, al
controllo della produzione e al controllo di qualità.
I vari sistemi CAD dovrebbero comunicare con l’area CAM tramite un’unica interfaccia (fig. 3.1) che adata i
protocolli di comunicazione, i differen� forma� dei da� e le velocità di trasmissione.
Fig.3.1 (interfaccia utopica universale)

Nella realtà l’interfaccia non è più una singola per ogni CAD bensì ogni CAD dispone di un’interfaccia di
“traduzione del contenuto” per l’area CAM dell’azienda. In questo modo non ci sarà uno schema come
quello nella figura precedente (fig 3.1) ma avremo un sistema molto simile a questo riportato qua soto (fig
3.2).

Fig3.2(interfaccia CAM-CAD nella realtà)

Il mo�vo per cui non è possibile avere un’interfaccia universale è il seguente: per avere un’interfaccia
universale CAD-CAM devono essere presen� TUTTI i seguen� prerequisi�:
1. essere in grado di maneggiare tu� i �pi di da�;
2. garan�re l’integrità dei da�;
3. essere efficiente per lavorare in tempo reale;
4. essere aperta per permetere futuri ampliamen�;
5. essere indipendente dalla piataforma hardware e dal protocollo di comunicazione u�lizzato;
6. essere in grado di discriminare i da� da elaborare per contenere tempi e cos�;
7. essere dotata di funzioni di autodiagnos�ca.

L’interfaccia non è un programma ma un file neutro standardizzato. Lo scambio delle informazioni avviene
tramite un formato neutro dei da�. Formato neutro significa che vengono trasferi�, tramite opportuni
programmi, i singoli elemen� e i singoli collegamen� tra elemen�. I da� del CAD tramite un preprocessore
vengono conver�� nel formato neutro e archivia� nel file dell’interfaccia.
Successivamente le informazioni contenute nel file dell’interfaccia vengono tradote da un post-processore
in informazioni comprensibili per l’area CAM. I so�ware CAD/CAM devono quindi essere equipaggia� con
pre- e postprocessori per poter rispe�vamente generare e leggere il formato neutro dell’interfaccia (fig
3.3).

Fig 3.3 (Schema CAM-CAD e interfaccia)

Le interfacce industriali di maggior impiego sono: IGES, STEP, STL.

3.1) Interfaccia IGES


IGES è l’acronimo di Ini�al Graphics Exchange Specifica�on. È stata sviluppata per lo scambio di da� tra
sistemi CAD e successivamente adatata anche per l’area CAM.
È in grado di trasformare in formato neutro:
1) disegni tecnici;
2) modelli tridimensionali wireframe, per superfici e per solidi;
3) modelli per l’analisi agli elemen� fini�.

Il file neutro di IGES è struturato in righe ciascuna di 80 carateri, le colonne da 1 a 72 contengono


informazioni codificate in ASCII, le colonne da 73 a 80 contengono carateri alfanumerici segui� da
unnumero indicante la sezione.
Il file neutro IGES è cos�tuito di sei sezioni, ognuna con un ruolo differente ma comunicante con le altre:

1. Sezione di segnalazione (flag) per indicare il �po di file ASCII o Binario;


2. Sezione iniziale (start) contenente i commen�;
3. Sezione globale (global) con informazioni sul pre- e postprocessore;
4. Sezione di ingresso (directory entry) dove sono descri� gli elemen� contenu� nel file;
5. Sezione da� (parameter data) dove sono indica� i parametri numerici degli elemen�;
6. Sezione sta�s�ca (terminate) contenente le dimensioni di ciascuna sezione.

IGES è un’interfaccia molto comune e spesso viene u�lizzata per scambiare da� con l’area CAM, vi sono
numerosi problemi causa� dal proliferare delle versioni. I pre- e post-processori da e verso IGES non sono
molto efficien� con conseguente perdita di informazioni.

3.2) Interfaccia STEP


STEP è l’acronimo di STandard for External representa�on of Product data.
Si s�ma che STEP sos�tuirà tute le altre interfacce vista la completezza dei da� disponibili (è una delle
interfacce più complete atualmente disponibili) che possono essere u�lizza� per la:

1) pianificazione delle a�vità produ�ve;


2) programmazione delle macchine CNC, robot, CMM;
3) programmazione della produzione;
4) ges�one dei materiali;
5) controllo della produzione;
6) controllo della qualità.

3.3) Interfaccia STL


L’interfaccia STL (Solid To Layer o StereoLitography o Standard Triangle Language) è diventata uno standard
di fato nel corso degli anni. È u�lizzata principalmente come interfaccia tra il CAD e i sistemi di
fabbricazione addi�va. Prevede l’approssimazione della superficie interna ed esterna del pezzo con una
serie di triangoli di dimensione variabile, in funzione della complessità geometrica.

3.4) Informazioni sul prodotto e sulla produzione PMI


(Product and Manufacturing Information)
Le informazioni sul prodoto e sulla produzione sono cos�tuite da da� non geometrici, che vengono allega�
diretamente a un modello CAD 3D. PMI trasmete informazioni quali quotatura geometrica e tolleranze
(GD&T), annotazioni 3D (testo), le specifiche tecniche (materiali, finitura superficiale, …) e di produzione.
Tale approccio migliora e accorcia il ciclo di progetazione e consente al personale di incorporare
informazioni durante la fase di progetazione così da facilitare le comunicazioni, ridurre la quan�tà di errori
e semplificare i processi di progetazione e di produzione.
4) INDUSTRIA 4.0 E LA SIMULAZIONE – il ruolo del
digital twin

Fig 4.1 (evoluzione dell’industria, la quarta rivoluzione industriale)

4.1) Le tecnologie abilitanti

Fig 4.2( tecnologie abilitanti)


Grazie alle tecnologie sopra citate (fig 4.2) ci sono diversi benefici atesi dalle industrie 4.0 quali (fig 4.3):

Fig 4.3 (vari benefici dell’industria 4.0)

4.2) Industria 4.0 e la simulazione


La simulazione è la quinta tecnologia fondante l’Industria 4.0. Le tecnologie della simulazione consistono
nell’impiego di sistemi simula�vi in grado di rielaborare i da� raccol� in tempo reale per analizzare e
migliorare i processi e valutare le possibili problema�che che si possono presentare nella realtà.
I modelli numerici permetono di simulare nel mondo virtuale le azioni da svolgere nella realtà, così da
rendere il processo più efficiente, o�mizzando la produ�vità, assicurando la qualità del prodoto,
riducendo gli scar� di produzione, i tempi di atesa e la quan�tà di lavoro da svolgere.

Il primo processo ad essere influenzato dalla simulazione è la progetazione; Il primo processo ad essere
influenzato dalla simulazione è la progetazione e in più la simulazione modulare permete di modificare i
prodo� in modo flessibile e di velocizzare i processi di innovazione di prodoto. Ad oggi molte tecnologie
permetono di simulare il comportamento dei macchinari consentendo così di o�mizzare le loro prestazioni
e di ridurre i test sperimentali (riducendo gli sprechi).

4.3) Il Digital Twin

Ai processi tradizionali viene aggiunto il digital twin, una rappresentazione virtuale di un oggeto o di un
sistema del mondo reale. Il digital twin non è solo una semplice immagine o una foto, ma un modello
completo che può essere usato per monitorare, analizzare e simulare l'oggeto reale. Le informazioni sul
suo funzionamento, le carateris�che e i da� sono rappresenta� nel digital twin in modo da rifletere
fedelmente l'oggeto reale (fig 4.4). Il vantaggio di avere un digital twin è che si può esplorare, testare e fare
previsioni sul comportamento dell'oggeto reale senza doverlo toccare o interagire diretamente con esso.

“Ad esempio, immagina di avere un digital twin di un edificio. Puoi utilizzarlo per monitorare i consumi energetici,
prevedere l'impatto di modifiche strutturali o testare l'efficacia di sistemi di riscaldamento e raffreddamento senza dover apportare
alcuna modifica fisica all'edificio stesso.” – ChatGPT
Fig 4.4 (Digital Twin in diverse applicazioni, schema)

Come si può immaginare, i benefici che si trarrebbero dall’applicazione di digital twin nell’industria sono
molteplici: 1. o�mizzazione dinamica, 2. manutenzione predi�va, 3. monitoraggio di atrezzature e
componen�, 4. design e sviluppo di prodo�.
Lo sviluppo del digital twin di un oggeto o sistema parte da un modello CAD usato per descrivere l’aspeto
esteriore dell’en�tà fisica grazie alle informazioni su dimensioni e materiali da usare in costruzione. Al
modello CAD vengono associa� dei sensori, collega� diretamente all’en�tà fisica, u�lizza� per
controllarne la performance durante il ciclo di vita del prodoto. l digital twin rappresentano, quindi, una
soluzione innova�va che permetono alle aziende di analizzare e o�mizzare le performance dei loro
processi o prodo� in condizioni opera�ve reali, simulando interven� e operazioni e fornendo previsioni
affidabili sulle prestazioni e sul funzionamento prima di procedere alla realizzazione fisica. Grazie all’uso di
digital twin, i processi di progetazione, sviluppo e produzione cambiano, diventano più rapidi dando la
possibilità di effetuare simulazioni e valutare alterna�ve che altrimen� sarebbero dispendiose in termini di
tempo e complicate, scelta non sempre compa�bile con il �me-to-market.

4.4) Evoluzione del Digital Twin


I. Nella prima fase esisteva soltanto la dimensione fisica di un processo manifaturiero, ovvero la versione
fisica delle varie en�tà coinvolte.
II. Nella fase successiva, per migliorare le en�tà fisiche, vengono introdote le versioni digitali, anche
chiamate Status Digital Twins. Ques� modelli, già diffusi da mol� anni, non permetono di interagire con la
realtà e per otenere informazioni significa�ve è necessario ricreare manualmente uno schema
dell’ambiente fisico, operazione lunga e complessa.
III. Nella terza fase le due versioni cominciano ad interagire e a scambiarsi informazioni. Nel setore
manifaturiero vengono introdo� gli Opera�onal Digital Twins che permetono di raccogliere un’elevata
quan�tà di da� in tempo reale e di creare una base di da� u�li per le analisi. Inoltre, a ques� gemelli digitali
vengono aggiun� modelli fisici di comportamento, facendoli diventare Simula�on Digital Twins che
permetono di riprodurre fedelmente un processo.
IV. Infine, nell’ul�ma fase si ha ulteriore convergenza e interazione tra le due versioni fisica e digitale. Si
realizza l’integrazione completa delle due dimensioni e il digital twin diventa il gemello predominante nella
ges�one.
La sfida del futuro sarà quella di usare il gemello virtuale per prendere decisioni in autonomia e controllare
tu� i disposi�vi e le apparecchiature connessi.
4.5) Vantaggi del Digital Twin
1) La possibilità di confrontare e valutare diversi scenari.
2) Il supporto al processo decisionale grazie alla presenza di da� e analisi.
3) La raccolta di da� in tempo reale sul funzionamento di un prodoto diretamente nell’ambiente in cui
esso verrà installato o u�lizzato dal cliente finale.
4) L’integrazione dei vari sistemi o processi tra di loro per avere una migliore visione di insieme, u�le per il
monitoraggio e il tracking dei componen� e del sistema.
5) La risoluzione dei problemi di disposi�vi e apparecchiature e assistenza remota per ridurre i tempi e i
cos� di riparazione.
6) La capacità di controllare processi e sistemi complessi.

5) REVERSE ENGINEERING – scansione 3D e


ricostruzione del modello CAD
L’operazione che consente di digitalizzare un oggeto fisico al fine di otenerne un modello matema�co è
deta Reverse Engineering (RE).
La finalità della RE è quella di recuperare i da� e di trasferirli in un modello virtuale tridimensionale.
I campi di applicazione dei modelli virtuali sono molteplici come il campo medico, il campo aerospaziale, il
campo ingegneris�co in generale, l’arte e il design.
Il rilevamento di alcuni pun� defini� sul modello fisico è indicato generalmente come digitalizzazione. Per il
campo di impiego della reverse engineering, si è soli� usare il termine di scansione. In genere è la
complessità dell’oggeto e delle sue par� che induce a scegliere quale �po di tecnologia e quali so�ware
u�lizzare.
I sistemi di digitalizzazione o scansione sono generalmente cos�tui� da:
1) Disposi�vo di acquisizione, con o senza contato;
2) Apparato di trasporto e supporto che permete la disposizione del trasdutore nello spazio. Il trasdutore
fornisce le informazioni riguardo alla posizione e all’orientamento del sistema e consente il rilievo di ogge�
di varie forme e dimensioni.
3) Atrezzatura ausiliaria di sostegno del pezzo

Fig. 5.1 (Schema rappresentante la classificazione dei sistemi di acquisizione)


5.1) Misura a contatto
Il metodo più semplice è la misura manuale. Si possono u�lizzare apparecchi tradizionali (micrometri,
calibri e nonio). L’approccio più sofis�cato è un tastatore montato su una macchina utensile. Altra
soluzione possibile: tradizionali macchine di misura a coordinate (CMM).

Gli scanner manuali a contato sono in generale i meno costosi e rappresentano la giusta soluzione per
l’estrazione di una quan�tà ridota di da�. L’applicazione finale determina cosa si desidera generare ed
esportare. I sistemi di digitalizzazione più diffusi sono le Macchine di Misura a Coordinate (Coordinate
Measuring Machines - CMM) e i bracci ar�cola� manuali. L’uso di sistemi come Total Sta�ons o Theodolites
è limitato all’acquisizione di struture molto grandi, generalmente palazzi (fig. 5.2).

Fig. 5.2 (Acquisizione dati di un palazzo attraverso Total Stations)

La nuvola di pun� può essere modificata con un so�ware di ricostruzione delle superfici. I forma� più
u�lizza� in questo ambito sono tre: STL (scansione finalizzata al rapid prototyping), NURBS (scansione
finalizzata ad esattezza per creazione di superfici e solidi) e MESH (scansione finalizzata all’analisi di un
oggetto meccanico, strutturale o termico).
Qualsiasi sia la fase successiva in ambito industriale il processo di scansione ed acquisizione di superfici è
per lo più finalizzato ad una realizzazione tramite l’ausilio di tecnologie CAD/CAM.
I principali sistemi a contato erano installa� su una macchina utensile, vi è un tastatore (touch probe) che è
tenuto a contato con la superficie da rilevare. Molto sfrutata è la possibilità di montare il tastatore su un
braccio ar�colato: l’elevato numero di gradi di libertà disponibili (5) consentono di rilevare superfici
orientate con qualsiasi angolazione. I bracce� antropomorfi sono cos�tui� da una strutura ar�colata a 5
gradi di libertà sulla cui estremità è installata una sonda a contato che sarà a contato con la superficie
sulla quale effetuare le misurazioni.
I requisi� fondamentali per le macchine CMM sono la stabilità, la rigidità e la precisione; molta cura
richiede la collocazione in ambien� a temperatura controllata e in condizioni di equilibrio termico.
Il controllo può essere manuale, ibrido (manuale/joys�ck) oppure automa�co.
I misuratori a contato presentano diversi vantaggi (+) e svantaggi (-):

(+) il costo moderato del solo tastatore, qualora s’intenda sfrutare una macchina preesistente (CMM, CNC);
(+) Possibilità di u�lizzare apparecchiature già presen� nell’azienda;
(+) tratamento preven�vo della superficie non richiesto;
(+) non viene richiesto tempo ulteriore per la rimozione dei da� spuri, generalmente presen� nei sistemi
non a contato;
(+) i detagli molto piccoli possono essere accuratamente replica�.

(-) eventuali impronte lasciate dal passaggio del tastatore, ovvero usura del tastatore stesso;
(-) con alcuni sistemi non è possibile scansire par� con profili complessi: sotosquadri e deflessione (fig. 5.3).

Fig. 5.3 (sottosquadri che sistemi a contatto non possono rilevare)

(-) Impossibilità di u�lizzare le sonde a contato per la scansione di ogge� deformabili a pressione.

5.2) Rilevatori senza contatto


I sistemi di scansione non a contato possono essere dis�n� in: scanner o�ci, scanner acus�ci e scanner
magne�ci.
I vantaggi principali rispeto all’acquisizione a contato riguardano la velocità di acquisizione e la
maneggevolezza mentre i principali dife� riguardano la minor precisione.
I rilevatori a contato si possono dividere semplicemente in due famiglie: i rilevatori attivi e i rilevatori
passivi. I rilevatori a�vi sono quelli che proietano sull’oggeto da misurare una fonte energe�ca (laser,
ultrasuoni etc. etc.) mentre i rilevatori passivi sono quei rilevatori che si avvalgono della luce
naturale/ar�ficiale presente nell’ambiente di lavoro, senza aver bisogno di introdurne dell’altra. Tra i due i
sistemi a�vi sono più costosi e anche più precisi.
Necessitano di un post-processamento manuale per l’eliminazione dei da� spuri, a causa della gran
quan�tà di pun� rilevata dal sistema. I sistemi o�ci sono di gran lunga più indica� per il rilevamento di
superfici free-form rispeto a quelli a contato, più ada� a geometrie regolari. Non si hanno problemi nel
rilevamento di ogge� fragili o facilmente scalfibili dai sistemi a contato perché appunto non li toccano ma
rilevano grosse difficoltà nel misurare par� interne.
Gli elemen� che cos�tuiscono i rilevatori senza contato sono:
1) una sorgente di luce
2) un sensore o�co (una specie di telecamera)
3) un sistema di posizionamento
I sistemi operan� con luce normalmente sfrutano il principio della triangolazione considerando la
posizione della sorgente laser e del sensore (telecamera).
La testa di misura laser può essere montata su una colonna (traslazione ed eventuale rotazione), come su
CMM o essere in alterna�va è installata su un braccio ar�colato manuale o automa�co (robot).
I principali limi� sono due: l’angolo d’incidenza non deve essere inferiore ad un certo limite e che i pun�
rileva� devono rientrare nel campo di visuale del fascio.

5.3) Problematiche dei rilevatori senza contatto


Le principali problema�che dei rilevatori senza contato sono:
1) la rifle�vità e la rugosità delle superfici da misurare;
2) la difficoltà a rilevare ogge� di colore scuro;
3) la difficoltà di rilevare superfici ver�cali, a causa dell’angolo di incidenza pari a zero gradi;
4) l’eccessiva illuminazione dell’ambiente può essere fonte di disturbo;
5) è impossibile rilevare ogge� “vetrosi” o trasparen�.

5.4) Misurazione
Come avviene la misurazione? In generale, la tecnica a luce struturata è basata sull’illuminazione della
scena e sulla proiezione di codici (paterns), di cui il più semplice è rappresentato da un re�colo di linee
parallele, sulle superfici da misurare. La curvatura superficiale dell’oggeto deforma il re�colo proietato e le
informazioni di misura sono ricavate dal confronto tra i paterns di riferimento e i paterns deforma�.
L’acquisizione deve sempre essere preceduta dalla calibrazione del sistema.
La forma e la distribuzione delle frange forniscono la forma dell’oggeto. La griglia del patern appare
all’operatore piata se la superficie dell’oggeto è liscia, o distorta se presenta delle variazioni sulla
superficie.
La mappa tridimensionale è otenuta dal so�ware confrontando il re�colo deformato con quello originale
(fig. 5.4) ricavato durante la calibrazione e avendo come riferimento la distanza dell’oggeto dalla
telecamera.

Fig. 5.4 (comparazione delle immagini con e senza reticolo, mappa ricavata dalla misurazione)
Molto diffuso è l’uso di questo sistema per la scansione del corpo umano, a causa della completa
adatabilità a superfici morbide.

5.5) Tomografia Assiale Computerizzata


La TAC viene sfrutata principalmente nel setore medico sfruta i normali raggi X per ricostruire la
geometria interna ed esterna dell’oggeto. Nella scansione vengono visualizzate le singole sezioni della
parte, riuscendo ad avere in aggiunta informazioni riguardo la densità e la composizione del materiale.
Nella pra�ca un so�le fascio di raggi X atraversa l’oggeto da differen� angolazioni: in base alla densità
della materia atraversata, la radiazione può essere completamente o parzialmente assorbita, e, se la
potenza del fascio è debole, anche respinta (fig. 5.5).
Il costo del macchinario è elevato (può superare i 500.000 €) sopratuto per le alte potenze, che
necessitano di adeguate protezioni (bunker,) per la sicurezza dell’operatore.

Fig. 5.5 (oggetto prima e dopo scansione, dettaglio sulla differenza d’intensità per definire profondità dell’oggetto in questione)

5.6) Reverse Engineering (RE): le fasi


Nel processo di RE si possono iden�ficare quatro fasi principali (fig.5.6):
1) scansione;
2) pre-elaborazione dei da� di scansione;
3) segmentazione e creazione delle superfici;
4) generazione del modello CAD

Fig. 5.6 (le fasi della RE)


5.7) Reverse Engineering (RE): scansione
Prima dell’acquisizione il pezzo va preparato, pulito e stabilizzato per evitare errori non volu� e quindi
avverranno diverse delle seguen� fasi:
1) accurata pulizia delle superfici;
2) fissaggio del pezzo su un supporto adeguato;
3) studio preliminare del pezzo per minimizzare il numero delle acquisizioni;
4) tratamento con spray opacizzan� delle superfici rifleten�, specie per sistemi o�ci;
5) posizionamento di marcatori (target, fig. 5.7).

Fig.5.7 (target posizionati sull’oggetto da scansionare)

5.8) Reverse Engineering (RE): pre-elaborazione dei dati


Dopo la fase di acquisizione può essere necessario pre-elaborare i da� per eliminare il rumore e ridurre il
numero di pun�. Per quanto la fase di preparazione possa essere accurata, inevitabilmente il sistema avrà
acquisito del “rumore”, ovvero delle informazioni superflue che vengono considerate come errori. Questo
rumore è dato da diversi fatori come l’illuminazione troppo intensiva, le vibrazioni dell’ambiente o le
riflessioni di raggi. Proprio in questa fase la massa di da� viene tratata in modo da otenere soltanto il
numero di da� stretamente necessario a rappresentare la superficie desiderata.
La pre-elaborazione può essere realizzata mediante l’intervento manuale dell’operatore che seleziona tali
pun� e grazie a comandi automa�ci di filtraggio (filtering) disponibili nei so�ware di elaborazione. Queste
operazioni portano a concentrare l’atenzione ai soli pun� u�li alla ricostruzione e ad una riduzione della
dimensione dei file stessi. Tramite operazioni di campionamento (sampling) si è in grado di ridurre il
numero di pun� eliminando quelli ridondan�.
n questa fase, si ha un primo intervento direto dell’operatore che incide quindi sul risultato finale del
processo (fig. 5.8), l’esperienza e la conoscenza dei so�ware di elaborazione diviene così fondamentale.

Fig. 5.8 (risultati diversi in base alla decimazione applicata)


I sistemi di scansione rilevano la stessa densità di pun� indipendentemente dalla geometria dell’oggeto
considerato. Questo implica che in alcune zone la densità sarà adeguata alla complessità della superficie
mentre in altre sarà eccessiva oppure insufficiente.
La serie di da� fornita dal disposi�vo di scansione può essere cos�tuita da un insieme di pun� dispos� in
ordine sparso (scatered set of data) oppure può essere regolare (regular set of data) (fig. 5.9).

Fig. 5.9 (dati disordinati a sx e dati ordinati a dx)

Importante notare come la quan�tà di pun� scansiona� e la loro densità sono diretamente proporzionali
alla corretezza e rappresentazione fedele del mesh (fig. 5.10).

Fig. 5.10 (rappresentazione mesh dopo acquisizione a sinistra)

5.9) Reverse Engineering (RE): segmentazione e creazione


delle superfici

Il passo successivo è quello di segmentazione e creazione delle superfici. A


tut’oggi non è possibile pervenire alla matema�ca dell’oggeto senza essere passa� atraverso lo stadio
intermedio rappresentato dalla creazione delle superfici poligonali.
In presenza di struture di da� ordina�, esistono una serie di algoritmi appositamente predispos� che si
occupano di riconoscere, catalogare e memorizzare questo �po di informazioni che rendono molto agevole
la realizzazione di una mesh triangolare rappresenta�va della superficie rilevata. Nel caso in cui i da� siano
dispos� in ordine sparso, tali informazioni sono assen� fino alla creazione del modello poligonale della
strutura.
Una fase cruciale e molto importante della ricostruzione poligonale è quella che interessa l’oggeto quando
esso deve essere sotoposto a più scansioni da più pun� di vista: in ques� casi le scansioni è bene che
tengano come riferimento i marker prima cita� e che mantengano le sovrapposizioni.
Una volta otenuta una buona sovrapposizione dele viste e un correto allineamento grazie ai marker si
procede con la fase di unione (merge), ovvero fondere le mesh scansionate in una sola, andando a eliminare
regioni di sovrapposizione in eccesso e unendo i bordi confinan� mediante nuovi poligoni (fig.5.11).

Fig. 5.11 (sovrapposizione e merging)

5.10) L’algoritmo Iterative Closest Point (ICP)


L'algoritmo Itera�ve Closest Point (ICP) è un algoritmo ampiamente u�lizzato per l'allineamento di nuvole di
pun� tridimensionali. L'obie�vo dell'ICP è trovare la migliore trasformazione geometrica (traslazione e
rotazione) tra due nuvole di pun�, in modo che possano essere allineate tra loro. Una delle fasi più
caraterizzan� dell’algoritmo ICP è l’associazione dei pun�: L'ICP associa i pun� tra la nuvola di pun� di
riferimento e la nuvola di pun� da allineare. Di solito, si u�lizza una metrica di distanza, ad esempio la
distanza euclidea, per trovare i pun� più vicini nella nuvola di pun� di riferimento per ciascun punto nella
nuvola di pun� da allineare (fig. 5.12). Questa associazione crea coppie di pun� corrisponden� tra le due
nuvole di pun�.

Fig. 5.12 (fase di associazione dei punti)


5.11) Finiture superficiali e rimozione asperità
Le operazioni di allineamento e unione sono influenzate dalla qualità della mesh realizzata. Per una correta
strutura è necessario:
1) Eliminare spikes, ovvero triangoli dalla forma molto allungata in cui il rapporto tra i la� del triangolo
superano cer� valori preimposta�.
2)Eliminare triangoli irregolari (Abnormal Surfaces), che possono essere dis�nte in:
- non-manifolding (non-manifold);
- redundant (ridondanti);
- crossing (che si attraversano).

Una mesh manifold deve essere "2-manifold", il che significa che deve essere una rappresentazione
coerente di una superficie bidimensionale nello spazio tridimensionale. Ciò implica che ogni punto della
mesh deve avere un intorno ben definito e mappabile su un piano bidimensionale senza creare
sovrapposizioni. I triangoli non-manifold, quindi, sono triangoli che violano questa proprietà di 2-manifold.
Ciò può accadere quando almeno uno dei ver�ci di un triangolo ha conne�vità non correta rispeto agli
altri ver�ci della mesh. Ad esempio, un triangolo non-manifold potrebbe avere un ver�ce che è condiviso da
un numero diverso di facce rispeto agli altri ver�ci circostan�, creando un'anomalia nella strutura della
mesh (fig. 5.13).

Fig. 5.13 (triangoli irregolari, da sinistra: non-manifolding, redundant e crossing)

Queste irregolarità possono provocare errori nelle elaborazioni successive. Per le correzioni i so�ware
metono a disposizione comandi di pulizia automa�ca (cleaning). A volte però è necessario l’intervento
manuale sul singolo triangolo.
La chiusura dei fori può essere effetuata ricorrendo a:
-nuova scansione (digitalizzazione) nel caso di un difeto esteso;
-u�lizzano gli strumen� di automa�ci (fill holes) forni� dai so�ware (Cap Planar Holes di Rhinoceros ad esempio)
Atraverso l’operazione di levigazione (smoothing), si procede alla lisciatura delle piccole asperità create per
descrivere l’andamento delle superfici in zone caraterizzate da un alto rumore residuo. Tutavia, esiste il
rischio di otenere superfici prive di spigoli e lontane dalle forme reali del modello fisico.
L’ul�mo passaggio, prima della definizione dell’espressione matema�ca dell’oggeto analizzato, consiste
nella segmentazione (segmentation) e nell’alles�mento delle superfici, così come saranno organizzate nella
loro forma finale.
Segmentazione: suddivisione della mesh poligonale in una serie di sub-mesh connesse tra loro, chiamate
regioni o patch.
Una volta terminata la fase di segmentazione, si è otenuto un insieme di patches collegate in modo da
rappresentare la superficie dell’oggeto.
La ricostruzione matema�ca delle superfici si basa sull’u�lizzo di funzioni parametriche quali le superfici
NURBS o di Bèzier.

5.12) Reverse Engineering (RE): generazione del modello


matematico (CAD)
Il modello matema�co (CAD) è la rappresentazione della forma geometrica del modello fisico, la sua
creazione avviene in maniera automa�ca una volta terminata la fase di segmentazione nella quale si è
otenuta una suddivisione che sia il giusto compromesso tra l’individuazione delle carateris�che
geometriche e funzionali del pezzo.

I so�ware per la ricostruzione di superfici rendono possibile controllare il sistema di scansione ed


effetuare controlli preliminari sulla scansione (anteprima del risultato, definizione della risoluzione, ecc.).
Il so�ware ha quindi il compito principale di conver�re i pun� acquisi�, espressi soto forma di coordinate
spaziali, in una superficie fedele a quella dell'oggeto fisico scansito.
Questo strumento rappresenta il mezzo fondamentale per passare da un insieme di da� discreto ad uno
con�nuo e funge da fase conclusiva del processo di Reverse Engineering (RE) vero e proprio.

5.13) Prospettive (per il prossimo futuro) della Reverse


Engineering (RE)
Si spera di poter applicare la RE per il collaudo contemporaneo di:
1) Carateris�che dimensionali;
2) Carateris�che geometriche;
3) Tessitura superficiale (texture) e colore;
4) Incremento della capacità di ges�one della nuvola di pun�.
6) FABBRICAZIONE ADDITIVA – introduzione
La Fabbricazione Addi�va (FA) è una tecnologia innova�va che rende possibile la produzione di ogge� di
geometria comunque complessa in poche ore e senza l’uso di utensili ed atrezzature specifiche,
diretamente dal modello CAD tridimensionale (fig. 6.1) (realizzato mediante un so�ware di modellazione,
otenuto da un processo di reverse engineering, …).

Fig. 6.1 (fasi molto schema�zzate della fabbricazione addi�va)

6.1) Sviluppo storico della fabbricazione additiva

Fig. 6.2 (rappresentazione sviluppo storico della FA)

Proto�pazione rapida (PR) è un termine ampiamente u�lizzato per descrivere le tecnologie che creano
proto�pi fisici diretamente da da� digitali (fig. 6.3).

FIg. 6.3 (esempi di oggetti prototipizzati con la RP)


La proto�pazione è il processo di sviluppo di soluzioni a tra� che consente ai clien� di testare idee e fornire
feedback durante il processo di sviluppo, qua soto (fig. 6.4) è riportato uno schema rappresenta�vo dei �pi
di proto�pi e dei rela�vi requisi� e scopi:

Fig. 6.4 (prototipi e requisiti/scopi

Il termine proto�pazione rapida non descrive efficacemente le applicazioni più recen� della tecnologia.
Mol� pezzi defini�vi sono infa� ormai diretamente prodoto da tali tecnologie, quindi è errato e�chetarli
come proto�pi. Il termine adotato di recente è fabbricazione addi�va.
Bisogna fare una differenza tra stampa 3d (riferito all’ambito domes�co/hobbis�co) e fabbricazione
addi�va, ovvero la tecnologia usata in ambiente industriale e nelle filiere produ�ve.
Gli ambi� di impiego di questa tecnologia sono molteplici e sempre più in aumento (fig. 6.5) come il campo
medico, il campo ingegneris�co, il campo della produzione industriale etc. etc.

Fig. 6.5 (campi di applicazione della FA)

Nonostante la FA non sos�tuirà i metodi di produzione tradizionali, permete di progetare prodo� in modo
tale che possano avere funzionalità impossibili per prodo� realizza� con tecnologie standard.
6.2) Le fasi della fabbricazione additiva
Le macchine di fabbricazione addi�va sono sistemi automa�zza� che, partendo dai da� informa�ci rela�vi a
stra� bidimensionali, costruiscono ogge� solidi tridimensionali. (fig. 6.6)

Fig. 6.6 (prime fasi FA)

(FASE 1) Lo standard universale nella fabbricazione addi�va per i modelli matema�ci è il formato STL. Si
converte il modello CAD di �po solido (3D) in un modello �po “Shell” in cui la superficie esterna è
approssimata atraverso triangoli di diverse dimensioni. Bisogna però porre molta atenzione ai possibili
errori dei file STL, come: buchi tra le varie celle, normali inver�te, intersezioni di triangoli, mura interne, etc.
etc.

(FASE2) (fig. 6.7) Per poter u�lizzare la FA e quindi sviluppare cer� ogge� bisogna fornire al computer una
serie di suppor� (fisici e virtuali) per evitare che il componente in ques�one venga prodoto male o che non
venga proprio stampato.

Fig. 6.7 (fase 2 FA, supporti, slicing e orientazione del pezzo)

I suppor� svolgono la funzione di:


1) ancorare il modello in costruzione all’area di lavoro;
2) proteggere le pare� laterali da azioni che ne possono comprometere la costruzione;
3) supportare i sotosquadri e le par� a sbalzo.
I suppor� sono generalmente calcola� e aggiun�
dal so�ware della macchina e possono essere
forma� dello stesso materiale del pezzo o da un
materiale diverso. Le struture di supporto
vengono rimosse meccanicamente o disciolte con
solven� in operazioni secondarie. (fig. 6.8)

Fig. 6.8 (tipi di supporto)

Considerando il modello orientato con l’asse Z


coincidente con la direzione di costruzione, si
interseca il modello in formato .STL con piani paralleli
aven� normale parallela all’asse Z e distan� di una
quan�tà ∆s pari allo spessore dello strato. I da�
rela�vi alle sezioni otenute sono quelli diretamente
u�lizza� per il calcolo del percorso di lavoro della
macchina di fabbricazione addi�va (fig. 6.9). Fig. 6.9 (orientazione pezzo e ∆s)

Un’altra sotofase della fase 2 è lo slicing (affettamento) del medello CAD; è una fase molto cri�ca perché ne
determina la precisione e il tempo di produzione. Vi sono due �pi di slicing, lo slicing uniforme, dove lo
spessore è mantenuto costante durante lo stampaggio e lo slicing addi�vo, dove lo spessore viene scelto in
base alla curvatura superficiale (fig. 6.10).

Fig. 6.10 (slicing uniforme e additivo)


(FASE 3) (fig. 6.11) A fine rimozione dei suppor� (manualmente con ge� ad alta pressione o
automa�camente atraverso macchina codificate), il componte dovrà essere riposto a diverse sotofasi di
pulizia e rifinitura del componente per otenere un soddisfaciente grado este�co ma sopratuto per
rispondere alle aspeta�ve che ci si è pos� in partenza.

Fig. 6.11 (fase 3 della FA, pulizia, rimozione supporti e finiture superficiali)

E’ importante notare come la FA è riproducibile e affidabile solo quando i parametri di processo e le


condizioni opera�ve sono standardizzate e soto controllo.
Le tecniche di finitura superficiale più sfrutate sono: verniciatura, metallizzazione soto vuoto, placcatura,
sabbiatura, pallinatura e lucidatura (fig. 6.12).

Fig. 6.12 (diversi risultati post trattamenti di rifinitura)

6.3) Vantaggi della fabbricazione additiva


Per quanto riguarda il processo:

(+) Una sola macchina, geometrie e forme illimitate


(+) No utensili, no atrezzature
(+) No sistemi di fissaggio/staffaggio
(+) Sotosquadri ammessi
(+) Una sola operazione
(+) Ridoto intervento dell’operatore
(+) Tempi e cos� dipendono dagli ingombri, non dalla complessità
Per quanto riguarda il prodoto:
(+) Libertà di design
(+) Struture alleggerite (pezzi con cavità complesse)
(+) Par� integrate e già assemblate
(+) Personalizzazione anatomica
(+) Progetazione ergonomica
(+) Personalizzazione

6.4) Svantaggi della fabbricazione additiva


Per quanto riguarda le macchine:
(-) Velocità di costruzione limitate
(-) Il volume di lavoro limita gli ingombri del pezzo
(-) Velocità ridote di movimentazione assi
(-) Ges�one di un numero ridoto di materiali e colori

Per quanto riguarda i prodo�:


(-) Sotosquadri richiedono la presenza dei suppor�
(-) Finitura superficiale scarsa (post-tratamento richiesto)
(-) Limitato numero di materiali disponibili sul mercato in maggioranza polimeri (limitate carateris�che e
prestazioni)
(-) La maggior parte dei materiali ha cos� elevate sebbene i cos� delle macchine siano in discesa

ESEMPI APPLICAZIONI

Come si può vedere dalle foto sopra riportate, i campi d’applicazione sono molteplici: automo�ve, moda,
gioielli, architetura, design biologico, ambito medico, ambito aerospaziale, industria alimentare, struture
re�colari e filtri, giun� e cerniere in ambito meccanico etc. etc.
6.5) Previsioni delle tendenze future

6.6) Sostenibilità della fabbricazione additiva


Vi sono vari miglioramen� del ciclo di vita del prodoto che influiscono sulla sostenibilità economica e
ambientale, ad esempio si usa quan�tà ridota di materie prime, componen� più leggeri materialmente,
o�mizzazione dell’efficienza del prodoto, importante riduzione della necessità di atrezzature
(stampi/utensili). Il tuto è seguito da un Inves�mento ridoto per capitale ed inventario con la presenza di
efficien� catene di distribuzione e nuovi modelli di vendita (semplifica� e con tempi di consegna rido�).
7) FABBRICAZIONE ADDITIVA – la progettazione per
la fabbricazione additiva (DfAM)
I principi della progetazione per la fabbricazione addi�va (Design For Addi�ve Manufacturing – DfAM) e le
modifiche rispeto ai processi di produzione tradizionali sono già sta� delinea� da diversi ricercatori.
Lo scopo del DfAM è la massimizzazione delle prestazioni del prodoto atraverso una sintesi delle forme,
dimensioni, struture gerarchiche e composizione del materiale soggeta al potenziale delle tecnologie
addi�ve.
Per perseguire tali obie�vi i proge�s� devono considerare che:
1) la FA consente di avere sotosquadri, spessore di parete variabile e canali profondi e di geometria
complessa;
2) atraverso la FA è possibile produrre componen� con complessità geometrica illimitata, che ammete
forme contorte e svergolate, fori ciechi e filetature/vi� con un elevato rapporto resistenza/peso;
3) la FA consente la riduzione del numero di par�: è possibile produrre diretamente un assemblato come
unico componente integrando giun� e cerniere.
Poiché la libertà di progetazione è in gran parte vincolata dalle regole di DFM, il design finale è il miglior
compromesso tra le prestazioni tecniche richieste e la producibilità. La fabbricazione mediante processi di
produzione tradizionali non permete quasi mai di raggiungere la conformazione o�male. La produzione
addi�va supera i problemi lega� ai processi di produzione tradizionali, perché è possibile costruire
riducendo i vincoli rela�vi alla complessità geometrica.

7.1) Ottimizzazione topologica


L'o�mizzazione della topologia è un metodo di o�mizzazione che impiega strumen� matema�ci per
o�mizzare la distribuzione del materiale in un componente da progetare. I primi sviluppi
dell’o�mizzazione topologica hanno considerato le tecniche di produzione convenzionali che presentano
for� limitazioni nella produzione di geometrie complesse. Con l’emergere delle tecnologie di produzione
addi�va, la produzione di geometrie di forme complesse non è più un problema. L’u�lizzo
dell’o�mizzazione topologica insieme alla FA offre ampie libertà di progetazione ai proge�s�.
Ma cosa vuol dire o�mizzare la topologia di un componente? In semplici parole vuol dire minimizzare il
peso della parte, ridurre il numero di soto-componen�, otenere un comportamento dinamico o�male,
massimizzare la resistenza sta�ca, integrare diverse funzioni in un unico elemento etc. etc.

7.2) Generative Design e nuove frontiere


Il Genera�ve Design (design generativo) è un processo in cui i proge�s� definisco gli obie�vi di
progetazione nel so�ware di progetazione genera�va, insieme a parametri quali prestazioni o requisi�
dimensionali, materiali, metodi di produzione e vincoli di costo e il so�ware esplora tute le possibili
permutazioni di una soluzione, generando rapidamente alterna�ve di progetazione. Verifica e impara da
ogni iterazione cosa funziona e cosa no. Il design genera�vo consente di creare forme complesse o�mizzate
e re�coli interni. Alcune di queste forme sono impossibili da realizzare con la produzione tradizionale, ma
potrebbero essere realizzate u�lizzando la fabbricazione addi�va.
Ecco alcuni esempi di prodo� del genera�ve design dopo che il proge�sta ha fornito l’input:

7.3) Metodologia di
progettazione
Il pieno potenziale della libertà di progetazione AM
può essere otenuto facendo un uso efficace
dell'o�mizzazione topologica (OT). Quando la OT
viene u�lizzata per definire una forma o�male per la
produzione AM, non vengono applica� vincoli di
produzione nella procedura. Il design otenuto dall’OT
deve essere rivisto prendendo in considerazione le
regole di progetazione per l’AM, in modo da garan�re
una produzione efficace. Un ulteriore passaggio è
necessario per convalidare la geometria o�mizzata in
base all'insieme di carichi e vincoli che definiscono i
requisi� della parte. Questo è di solito un approccio
itera�vo. (fig. 7.1)

Le operazioni di finitura sono spesso richieste per le


superfici funzionali, al fine di superare i limi� della
qualità della superficie carateris�ca delle par� AM. I
sovrametalli devono essere aggiun� alle superfici del
design o�mizzato, al fine di compensare i cambiamen�
di forma che sono una conseguenza del processo di
finitura. Potrebbero essere necessarie geometrie
aggiun�ve per mantenere e riferire la parte nel sistema
di finitura.

Fig. 7.1 (flusso del metodo progettuale molto riassunto)


8) Fabbricazione additiva, tecnologie per materiali
polimerici – polimeri in fase liquida

Fig. 8.1 (schema riassuntivo delle principali tecnologie di FA con polimeri liquidi, a sinistra focus sulla fotopolimerizzazione)

8.1) La fotopolimerizzazione
Il primo sistema commerciale è stato basato sul processo di stereolitografia di 3D Systems con impiego di
fotopolimeri liquidi. I processi di fotopolimerizzazione fanno uso di resine liquide (fotopolimeri), che
induriscono se esposte a radiazioni par�colari. I fotopolimeri reagiscono alle radiazioni nella gamma di
lunghezze d'onda ultraviolete (385-405 nm).

8.2) La Stereolitografia (SLA)


Il produtore della SLA è la 3D Systems negli Sta� Uni� ed è stata inventata da Charles Hull. Il processo
sinte�camente avviene per tratamento con raggi UV e post-tratamento in forno UV. I materiali
principalmente sotopos� a lavorazione sono i polimeri (resine termoinduren�, su base epossidica, acrilica e
vinilica). Le par� e le struture di supporto sono realizzate con lo stesso materiale ed è necessaria la
rimozione meccanica dei suppor�.

8.3) Stereolitografia – il
processo
1) SLA crea par� solide solidificando
sele�vamente una resina fotopolimerica liquida
u�lizzando un laser UV.
2) La parte in costruzione poggia su una
piataforma o elevatore che viene immerso nella
vasca contenente la resina.
3) Dopo aver creato ogni strato, la piataforma
viene abbassata, la superficie del pezzo viene
ricoperta dal liquido ed il laser inizia a tracciare il
percorso per lo strato successivo del modello
CAD, costruendo il proto�po dal basso verso l'alto (fig. 8.2). Fig. 8.2 (schema della SLA)
8.4) I fotopolimeri
Queste resine sono state preparate da acrila�, che avevano un'elevata rea�vità ma �picamente
producevano par� deboli a causa dell'imprecisione causata dal ri�ro e dalla deformazione. Le resine
epossidiche producono par� più precise, dure e resisten� rispeto alle resine acriliche. Le resine
epossidiche presentano gli svantaggi di una bassa velocità di fotosensibilità e di fragilità delle par�
polimerizzate. Un altro svantaggio è la loro sensibilità all'umidità, che può inibire la polimerizzazione. Di
conseguenza, la maggior parte delle resine SLA oggi disponibili in commercio sono epossidiche con un certo
contenuto di acrila�.

I due principali vantaggi della tecnologia SLA rispeto ad altre tecnologie AM sono l'accuratezza del pezzo e
la finitura superficiale, in combinazione con proprietà meccaniche moderate.
1) spessore dello strato 0,05 - 0,025 mm;
2) precisione < 0,1 mm;
3) materiali trasparen�;
4) la finitura superficiale varia da valori di Ra inferiori al micron per superfici rivolte verso l’alto (nella
direzione di costruzione) a valori superiori a 100 µm per superfici inclinate.

Quando le resine fotopolimerizzano,


ri�rano poiché il volume occupato
dalle molecole di liquido è maggiore
di quello del polimero solido.
Quando lo strato corrente viene
elaborato, il suo restringimento �ra
sugli stra� preceden�, provocando
l'accumulo di sollecitazioni nel pezzo.
Tipicamente, queste tensioni
rimangono e sono chiamate tensioni
residue. Inoltre, queste sollecitazioni
possono causare l'arricciamento dei
bordi delle par� verso l'alto (fig. 8.3).

Fig. 8.3 (evoluzione dell’arricciamento dato da ritiro


materico)

I principali campi di applicazione della SLA sono: i modelli per gli stampi in silicone, i test aerodinamici, le
analisi dei flussi, la produzione di par� complesse con detagli di dimensioni minime, i test di assemblaggio,
gioielleria e arte (ce ne sono altri).
8.5) Stereolitografia – i vantaggi
(+) Tecnica di AM che assicura le migliori prestazioni in termini di tolleranze dimensionali e rugosità
superficiali;
(+) spessore di strato compreso tra (0,025 ÷ 0,05) mm;
(+) possibilità di realizzare elemen� trasparen�/traslucidi;
(+) possibilità di produrre modelli a perdere per la microfusione;

8.5) Stereolitografia – i limiti


(-) Materiali termoinduren� (inquinan�);
(-) suppor� nello stesso materiale del pezzo da rimuovere meccanicamente;
(-) impossibilità di sfrutare l’intero volume di lavoro;
(-) impianto che lavora a vasca piena;
(-) vincoli sull’installazione per la presenza del fotopolimero liquido;
(-) stabilità dimensionale limitata per i pezzi a causa degli stress residui.

8.6) Direct Light Projection (DLP)


Produtori: • EnvisionTEC, Carbon (USA); • Asiga (Australia); •
DWS, Sisma (Italia).
Descrizione del processo: Solidificazione mediante radiazione
UV emessa da un proietore digitale.
Materiali: fotopolimero (resine termoinduren� su base acrilica).
Le par� e le struture di supporto sono realizzate con lo stesso
materiale ed è necessaria la rimozione meccanica dei suppor�.

Solidificazione della sezione completa con suppor� mediante


radiazione UV emessa da un proietore e sollevamento della
piataforma (fig. 8.4).

Fig. 8.4 (rappresentazione del processo DLP)

I campi di impiego principali di questa tecnologia sono: il setore medico, il setore micro-ingegneris�co
proto�pazionale, la gioielleria etc. etc.
8.7) Direct Light Projection – i vantaggi
(+) Tecnica di AM che assicura buone prestazioni in termini di tolleranze dimensionali e rugosità superficiali;
(+) possibilità di realizzare elemen� trasparen�/traslucidi;
(+) assenza di post-tratamento;
(+) limitato di contato con il fotopolimero liquido;
(+) assenza di vincoli per l’installazione;
(+) ampia gamma di fotopolimeri.

8.7) Direct Light Projection – i limiti


(-) Materiali termoinduren� (molto inquinan�);
(-) necessità di suppor�;
(-) volumi di lavoro limita�;
(-) impossibilità di sfrutare l’intero il volume di lavoro.

8.8) Material Jetting

Produtore: Stratasys (USA).


Descrizione del processo: Deposizione e contemporanea solidificazione
dello strato deposto mediante radiazione UV.
Materiali: Fotopolimero (resine termoinduren� su base acrilica) Le par� e le struture di supporto sono
realizzate in materiali differen�, quello di supporto è solubile.

8.9) Polyjet – Il processo


I sistemi PolyJet hanno la capacità di stampare e polimerizzare fotopolimeri acrilici. Queste macchine
stampano diversi materiali fotopolimerici a base acrilica in stra� da 14 µm da tes�ne contenen� 1.536
singoli ugelli, con conseguente efficienza di deposizione rapida e lineare. Ogni strato di fotopolimero viene
polimerizzato dalla luce ultravioleta immediatamente non appena viene stampato, producendo modelli
completamente polimerizza� senza postpolimerizzazione. Le struture di supporto sono costruite in un
materiale simile al gel, che viene rimosso a mano e con geto d'acqua ad alta pressione.

8.10) Polyjet – caratteristiche


1. Consente la deposizione simultanea di 6 materiali per il modello e 1 materiale di supporto. 2.Possibilità di
abbinare i materiali da costruzione per otenere un pezzo in macchina con carateris�che differen� da
quelle di partenza. 3. Possibilità di stampare a colori (500.000).
Esempi di prodo� realizza� con Polyjet:

8.11) Materiali utilizzabili con Polyjet

Fig. 8.5 (esempio di componente realizzato con diversi materiali per conferire diverse proprietà)

Tra i materiali u�lizzabili con la tecnologia Polyjet vi sono materiali: rigidi e opachi, trasparen�, bio-
compa�bili, �po gomma, ABS simulato, materiale “dentale” per simulare la bocca e altri, nella figura soto
(fig. 8.6) c’è la lista dei materiali un po’ più accurata.

Fig. 8.6 (lista dei materiali compatibili e utilizzabili con Polyjet)


I materiali flessibili e a colori consentono modelli
anatomici realis�ci per la formazione dei medici e la
pianificazione pre-chirurgica che riducono le
operazioni e cos� e migliorano i risulta� dei pazien�. I
laboratori odontotecnici possono aumentare la
produ�vità realizzando più modelli e prove in
un'unica operazione di stampa (fig. 8.7).

Fig. 8.7 (esempi applicativi)

8.12) Multi Jet Modelling (MJM) e printing (MJP)


Produtore: 3D Systems (USA).
Descrizione del processo: Deposizione e contemporanea
solidificazione dello strato deposto mediante radiazione
UV. Materiali: Fotopolimero (resine termoinduren� su
base acrilica).
Le par� e le struture di supporto sono realizzate in
materiali differen�, quello di supporto è solubile.
Il materiale di supporto a base di cera viene inietato
anche per riempire cavità e altre carateris�che non
autoportan� ( e poi viene rimosso ). Le lampade UV
lampeggiano per solidificare il materiale, creando una
parte di plas�ca completamente curata.

8.13) MJM applicazioni


1) Modelli per la replicazione siliconica;
2) test Aerodinamici;
3) analisi di Flusso;
4) produzione di par� complesse con detagli di piccola dimensione;
5) modelli di s�le;}
6) test di assemblaggio;
7) replicazione anatomica;
8) modelli calcinabili per la fusione a cera persa (gioielleria, ecc.).
8.14) Vantaggi e limiti di Polyjet / MultiJet Modelling
(+) Tecniche AM che assicurano buone prestazioni in termini di tolleranze dimensionali e rugosità
superficiali.
(+) Suppor� solubili in soluzione acquosa.
(+) Possibilità di realizzare elemen� trasparen�/traslucidi.
(+) Assenza di post-tratamento.
(+) Assenza di contato con il fotopolimero liquido.
(+) Assenza di vincoli per l’installazione.

(-) Materiali termoinduren�.


(-) Deposizione discreta del materiale.
(-) Impossibilità di sfrutare l’intero il volume di lavoro.

8.15) Drop On Demand (DoD)


Produtore: Stratasys (USA). Il processo è stato sviluppato
dalla società Nord-Americana Sanders divenuta
successivamente Solidscape e acquisita in seguito da
Stratasys.
Descrizione del processo: Deposizione di polimero fuso
mediante tes�na di stampa e successiva fresatura dello
strato.
Materiali: Termoplas�ci non tossici a basso punto di
fusione (simil cera)

8.16) Drop On Demand (DoD)- il


processo
1) I sistemi Drop on Demand (DoD) u�lizzano due ge�
singoli per formare stra� di 13 µm di spessore: uno per
depositare un materiale termoplas�co per il pezzo e l’altro
per il materiale di supporto (fig. 8.8).
2) Va notato che queste macchine fresano anche gli stra�
dopo la deposizione per garan�re che il livello sia adeguato
e planare per lo strato successivo.
A causa dello s�le di costruzione lento e accurato e dei
materiali simil cera, queste macchine vengono spesso
u�lizzate per fabbricare fusioni a cera persa per i setori
della gioielleria e dell'odontoiatria.

Fig. 8.8 (schema rapp. del DoD)


8.17) Drop On Demand – supporto solubile
Dal momento in cui il supporto dei prodo� della DoD sono solubili si hanno molteplici vantaggi nell’u�lizzo
di questa nuova tecnologia; infa�, grazie al loro discioglimento è possibile realizzare volumi interni cavi e
complessi, sono richieste meno rifiniture. la finitura superficiale è superiore rispeto alla media ed infine vi è
una notevole riduzione dei cos� di manodopera (fig. 8.9).

Fig. 8.9 (possibilità fornite dai supporti solubili a sinistra e


rimozione dei supporti con foto a destra)

Per quanto riguarda i materiali usa� con questa tecnologia bisogna citarne due
realizza� da Solidscape:
Il Solidscape Model (1) e il Solidscape Support (2) (fig. 8.10).
Tra gli altri materiali u�lizzabili ci sono: plusCAST, induraCAST, induraFILL, LabCAST,
LabFILL e altri meno conosciu�.

1Le applicazioni principali di questa tecnologia (DoD) sono il setore medico-dentale, il


setore della gioielleria e il setore della meccanica di precisione.
8.18) DoD vantaggi e limiti
(+) Tecnica di AM che assicura o�me prestazioni in termini di tolleranze dimensionali e rugosità superficiali.
(+) Suppor� solubili in soluzione acquosa.
(+) Materiali atossici e calcinabili.
(+) Assenza di post-tratamento.
(+) Assenza di vincoli per l’installazione

(-) Materiali con proprietà meccaniche limitate.


(-) Volumi limita�.
(-) Velocità di costruzione molto bassa.
(-) Impossibilità di saturare l’intero di volume di lavoro.

8.19) Arburg Plastic Freeforming


(APF)
Produtore: Arburg (Germania). Il processo è stato
sviluppato dalla società Arburg, produtrice di presse per lo
stampaggio ad iniezione.
Descrizione del processo: Fusione del polimero da granuli e
successiva deposizione a gocce con sistema piezoeletrico.
Materiali: Termoplas�ci (vasta gamma di polimeri per lo
stampaggio ad iniezione) Possono essere realizza� pezzi
mul�materiale.

8.20) il processo
del APF
9) Fabbricazione additiva, tecnologie per materiali
polimerici – Polimeri solidi e polveri
9.1) Fused Deposition Modelling (FDM)
Produtore: Stratasys (USA). La scadenza del breveto
ha portato alla diffusione delle stampan� 3D a basso
costo.
Descrizione del processo: deposizione mediante
estrusione di materiale.
Materiali: termoplas�ci defini�vi, pezzo e supporto in
materiali termoplas�ci differen�, quello di supporto
può essere solubile in soluzione acquosa.

9.2) Fused Deposition


Modelling (FDM) - il processo
Il processo FDM u�lizza una camera riscaldata per liquefare il polimero che viene alimentato soto forma di
filamento. Il filamento viene spinto nella camera da una coppia di rulli ed è questa spinta che genera la
pressione di estrusione atraverso l’ugello di deposizione. I materiali principalmente usa� sono: polimeri
termoplas�ci (ABS, PLA, PC, ASA, PA, PEEK, altri). (fig. 9.1)

Fig. 9.1 (schematizzazione del processo FDM)

I pezzi di supporto al componente possono essere poi rimossi manualmente o disciol� in un bagno acido
che li “distrugge” (fig. 9.2).

Fig. 9.2 (rimozione supporti)


I principali campi d’applicazione sono quelli della proto�pazione, della costruzione di componen� defini�vi
e lo sviluppo di stampi pre-serie.

9.3) Vantaggi e limiti del FDM.


(+) Tecnica di AM che assicura buone prestazioni in termini di tolleranze dimensionali e rugosità superficiali.
(+) Suppor� solubili in soluzione acquosa.
(+) Materiali termoplas�ci defini�vi (NO POST-TRATTAMENTO).
(+) Assenza di post-tratamento.
(+) Assenza di vincoli per l’installazione.

(-) Discreta finitura superficiale e precisione dimensionale.


(-) Necessità di rimozione dei suppor�.
(-) Impossibilità di sfrutare l’intero il volume di lavoro.

9.4) Continuous Fiber Fabricatio (CFF)


La con�nuous fiber fabrica�on (CFF) è un processo di fabbricazione addi�va che combina la stampa 3D con
l'uso di fibre con�nue rinforzate. È una tecnica avanzata
u�lizzata per la produzione di componen� struturali ad
alte prestazioni. A differenza della maggior parte dei
processi di stampa 3D, che u�lizzano materiali in polvere o
filamen�, la CFF u�lizza fibre con�nue come rinforzo.

9.5) CFF-il processo


Il processo CFF inizia con la preparazione di un nastro di
fibra con�nua rinforzata. Queste fibre possono essere
cos�tuite da materiali come la fibra di carbonio, la fibra di vetro o altre fibre ad alte prestazioni. Il nastro di
fibra viene alimentato in una testa di estrusione, insieme a un materiale termoplas�co, noto come
"materiale di supporto". La testa di estrusione fonde il materiale di supporto e lo deposita strato dopo
strato, mentre le fibre con�nue vengono incorporate all'interno del materiale fuso.

Durante il processo di deposizione, le fibre con�nue vengono posizionate in modo strategico secondo le
specifiche del componente da produrre. Ciò consente di otenere proprietà meccaniche superiori rispeto
alle stampe 3D tradizionali, dove il materiale è omogeneo (fig. 9.3).

La con�nuous fiber fabrica�on offre


numerosi vantaggi rispeto ai metodi
di produzione tradizionali. Permete la
realizzazione di componen� leggeri,
ma allo stesso tempo molto resisten�
e rigidi.

Fig. 9.3 (esempi di prodo� della CFF)


9.6) Selective Laser Sintering (SLS)

Tecnologia basata sul leto di polvere, sviluppato in parallelo


dall’Università di Aus�n (Prof. Joseph Beaman in collaborazione
con la società DTM) e dall’azienda tedesca EOS (Dr. Hans Langer).

Il processo diviso in step:


1) La sorgente laser porta a fusione la polvere e realizza l’intera
sezione facendola aderire allo strato precedente.
2) La camera di lavoro è mantenuta ad una temperatura prossima
a quella diffusione della polvere per minimizzare i ri�ri di
solidificazione.
3) Il sistema opera in copertura di azoto per evitare l’ossidazione
della polvere.
4) Non sono necessari i suppor�.
5) Al termine i pezzi sono immersi nel leto di polvere.
6) Il blocco di polvere contenente i pezzi deve essere fato raffreddare in aria prima di estrarre i pezzi per
evitare deformazioni degli stessi (fig. 9.4).
7) La polvere non tratata può essere riu�lizzata in combinazione con quella vergine.
8) Non è necessario (ma è possibile) eseguire post-tratamen� a parte la pulizia dalla polvere.
9) Notevole interesse per i materiali termoplas�ci disponibili che assicuranoelevate prestazioni

La macchina SLS (schematizzata)

Fig. 9.4 (blocco di polvere e pezzi interni)


9.7) Materiali utilizzati
I principali materiali u�lizza� con la tecnologia SLS sono: il polis�rene, il polipropilene, gli elastomeri
termoplas�ci, il Nylon (poliammide 12), la poliammide 11, il PAEK e tute varianti del poliammide 11 e 12
rinforzate in varie fibre.
Una importante nota va a 3D Systems che nel 2001 acquistò il processo che inizialmente venne sviluppato
presso l’università di Aus�n, cambiando il nome del materiale Nylon (puro o rinforzato) per la SLS in
DuraForm e quello del polis�rolo (produzione di modelli per la fusione a cera persa) per la SLS in CastForm.
I principali campi di applicazione della SLS (EOS) sono la proto�pazione funzionale, la produzione di par�
defini�ve , la produzione di modelli sacrificali per processi fusori e la produzione di anime e forme per la
fusione in sabbia.

9.8) Vantaggi e svantaggi dell’SLS


(+) Buone prestazioni in termini di tolleranze dimensionali e rugosità superficiali.
(+) Materiali termoplas�ci defini�vi.
(+) Elevata produ�vità nella produzione delle par�.
(+) Possibilità di saturare completamente il volume di lavoro.
(+) Possibilità di inserire nuovi pezzi anche a job avviato.
(+) Assenza di suppor�.
(+) Assenza di post-tratamento.
(+) Vincoli limita� per l’installazione.

(-) Limitata disponibilità di materiali.


(-) Sistemi sviluppa� per la costruzione di proto�pi con difficoltà iniziali di adatamento alla produzione
defini�va.
(-) Tempi lunghi per il cambio materiale in macchina.

9.9) 3 Dimensional Printing (3DP)


La stampa tridimensionale (3DP) è stata inventata al
MIT ed è stata concessa in licenza a più di cinque
società per la commercializzazione. Diversamente dai
processi di stampa descri� in precedenza, il processo
3D Pri�ng deposita un legante in un leto di polvere
per fabbricare una parte. Solo una piccola parte del
materiale della parte viene erogata atraverso la
tes�na di stampa; la maggior parte del materiale della
parte è cos�tuita da polvere nel leto di polvere.

Processo: Sviluppato e brevetato dal Prof. Emanuel Sachs del MIT di Boston e concesso in licenza in
funzione del materiale a 5 aziende. Solo 3 di queste hanno effe�vamente sviluppato le macchine. Emanuel
Sachs.
Descrizione del processo: Deposizione di legante su leto di polvere.
Materiali: Il materiale era inizialmente cellulosa rapidamente sos�tuito con gesso, amido o polvere di
gesso, la colla è un cianoacrilato. Le par� richiedono infiltrazioni per migliorare le prestazioni meccaniche.
9.9) 3 Dimensional Printing (3DP) – il processo
Le goccioline di legante formano agglomera� sferici di par�celle di liquido e polvere e forniscono un legame
allo strato stampato in precedenza. Una volta stampato uno strato, il leto di polvere viene abbassato e un
nuovo strato di polvere viene distribuito su di esso. Il processo viene ripetuto fino al completamento del
pezzo (fig. 9.5).

9.9) 3 Dimensional Printing (3DP) – il post-trattamento


Il post-tratamento prevede la rimozione del pezzo dal leto di polvere; la rimozione della polvere non
tratata tramite aria compressa e l'infiltrazione del pezzo per renderlo più resistente ed eventualmente
conferire altre proprietà meccaniche.

Fig. 9.5 (processo 3DP, interazione legante / polvere)

Un’analogia che si può fare è quella del leto di polvere come carta e la goccia come inchiostro. Questa
analogia aiuta a comprendere come funziona.

9.10) 3DP vantaggi e limiti


(+) Resa fotorealis�ca con la stampa a colori.
(+) Elevata produ�vità nella produzione delle par�.
(+) Possibilità di variare le prestazioni del componente in funzione dell’infiltrante.
(+) Assenza di suppor�.
(+) Assenza di vincoli per l’installazione.

(-) Materiale non defini�vo e con limitate prestazioni meccaniche.


(-) Impossibilità di sfrutare l’intero volume di lavoro per problemi di affondamento del pezzo nel leto di
polvere

9.10) Voxeljet
Funzionamento del tuto analogo al processo di 3D Systems; impian� con volumi di lavoro medio-grandi per
le produzioni di componen� in materiale plas�co, modelli sacrificali per la microfusione e forme e anime
per la fusione in sabbia. Possibilità di effetuare un post-tratamento di infiltrazione per consolidare la parte.
L’azienda opera anche conto terzi per la produzione di forme e anime.
9.11) Multi jet Fusion (MJF)
Produtore: Hewlet Packard (HP), nel 2016 dopo anni
di sperimentazioni e collaborazioni varie, HP lancia
sul mercato la Mul� Jet Fusion 4200.

9.12) Multi jet Fusion (MJF) –


il processo
Un so�le strato di polvere (80 µm) viene prima
distribuito sulla piataforma di costruzione dove viene
riscaldato a una temperatura prossima a quella di
sinterizzazione. Un carrello con una tes�na di stampa avente un elevato numero di ugelli passa sopra il leto,
depositando l’agente di fusione sulla polvere. Allo stesso tempo, un agente di detaglio, che inibisce la
sinterizzazione, viene distribuito vicino al bordo della parte. Una fonte di energia infrarossa ad alta potenza
passa quindi sul leto di costruzione e sinterizza le aree in cui è stato distribuito l'agente di fusione lasciando
inalterato il resto della polvere. Il processo si ripete fino al completamento di tute le par�. Il carrello di
stampa depone nella corsa di andata sia l’agente di fusione (contenente grafite) che l’agente di detaglio.
L’agente di detaglio viene applicato al leto di polvere intorno ai contorni del pezzo: il suo ruolo è quello di
prevenire la fusione delle par�celle e di migliorare la risoluzione, l’agente di fusione assorbe la radiazione
emessa dalle lampade IR e la converte in energia termica, che a sua volta sinterizza e fonde il materiale di
costruzione poi l’elevatore scende, viene deposto un nuovo strato e il ciclo riprende.

9.13) MJF – la finitura


Le par� prodote possono (se richiesto) essere post-processate per migliorarne/modificarne la qualità
superficiale, in par�colare è possibile effetuare:

1) Pallinatura/buratatura.

2) Levigatura (la superficie non porosa consente di otenere una qualità superficiale molto elevata).

3) Colorazione in massa - Dyeing (nero).

4) Verniciatura a spruzzo (singoli colori).

9.14) MJF - vantaggi e limiti


(+) Precisione e risoluzione molto elevate.
(+) Par� eccezionalmente resisten� e pra�camente isotrope.
(+) Processo veloce ed economico.
(+) Possibilità di saturare completamente il volume di lavoro.

(-) La qualità superficiale è buona, ma con rugosità più elevata rispeto a quelle di par� prodote con
tecnologie a base di fotopolimeri (SLA, Polyjet).
(-) I componen� prodo� sono grigi nello stato grezzo. Essi possono essere facilmente �n� di nero, ma altri
colori richiedono un tratamento di verniciatura (a costo aggiun�vo).
(-) Limitata disponibilità di materiali.
(-) Poco chiara la riciclabilità dei pezzi (PA + agen� creano confusione).
9.14) MJF e SLS a confronto
HP Mul� Jet Fusion (MJF) e Selec�ve Laser Sintering (SLS) sono due tecnologie di stampa 3D industriale che
appartengono alla famiglia della fusione a leto di polvere. In entrambi i processi, le par� sono costruite
fondendo (o sinterizzando) par�celle di polvere polimerica strato per strato.
La principale differenza tra MJF e SLS è la fonte di calore e la sua modalità di applicazione:

- SLS u�lizza un laser per scansionare e sinterizzare ciascuna sezione.

- MJF viene distribuito un inchiostro (agente di fusione) sulla polvere che favorisce l'assorbimento della luce
infrarossa.

Nonostante l’applicazione dell’energia di fusione avvenga in modo differente il tempo di stampa tra il
sistema SLS e MJF è confrontabile, in quanto è la fase di ricopertura (e il numero totale di stra�) che
determina principalmente il tempo di stampa totale, che è mol� simile per entrambi i processi. Il processo
MJF è significa�vamente più rapido del processo SLS nella fase di raffreddamento e post-tratamento. In
MJF la polvere recuperata può essere riciclata e riu�lizzata all’80-85%, mentre in SLS la polvere è riciclabile
solo al 50%. Tempi di raffreddamento più rapidi e maggiore riciclabilità significano che è possibile lanciare
un job MJF anche quando il volume di lavoro è solo parzialmente pieno. Questa aspeto influenza il flusso di
lavoro comportando normalmente tempi di consegna più brevi.

Guardando le foto sopra riportate si può dire che entrambe le tecnologie sono valide ma MJF eccelle in
mol� campi che sono importan� quando si parla di produzione in larga scala.
10. TECNOLOGIE PER METALLI POLVERE

10.1 LA CLASSIFICAZIONE DEI PROCESSI

I principali processi di stampa additiva per i metalli sono classi cati,


secondo l’ ISO/ASTM 5900:2021 in 7 categorie:
• Binder Jetting (BJET)
• Directed Energy Deposition (DED)
• Material Extrusion (EXTR)
• Material Jetting (MJET)
• Powder Bed Fusion (PBF)
• Sheet Lamination (SHL)
• Vat Photopolymerization (VPP)

10.2 CLASSIFICAZIONE DELLE TECNOLOGIE PER I METALLI

A differenza dei materiali polimerici, come si nota nello schema, i materiali


metallici per la fabbricazione additiva possono essere impiegati attraverso
solo due dei loro stati di partenza: solido e polvere.

10.3 PROCESSI A 1 MATERIALE - LETTO DI POLVERE


fi
1. LASER POWDER BED FUSION

Il processo Laser Powder Bed Fusion (LPBF)


sfrutta l’energia termica di una sorgente laser
che riesce a rifondere una porzione di struttura
in precedenza solidi cata.

Nel processo LPBF, uno strato di polvere di


materiale (0,02-0,08 mm di spessore) viene
uniformemente distribuito su una piattaforma di
costruzione tramite una lama.
Successivamente, un laser ad alta potenza viene utilizzato per scansionare
e fondere selettivamente le particelle di polvere in aree speci che, secondo
le informazioni del modello digitale tridimensionale, creando uno strato
solido.
Dopo che uno strato è stato completato, la piattaforma di costruzione si
abbassa di un livello, mentre il serbatoio della polvere viene sollevato di
una quantità adeguata, in moto tale che la
lama riesca a depositare un nuovo strato di
polvere sopra quello precedente. Il
processo di scansione laser e fusione delle
particelle di polvere viene quindi ripetuto
per ogni strato, no a quando l'oggetto
tridimensionale è stato completamente
creato.

Dopo la stampa, l'oggetto viene estratto dalla polvere e sottoposto a


processi di post-elaborazione come il lavaggio, la rimozione della polvere
di supporto, la levigatura, la nitura super ciale o trattamenti termici per
ottenere le proprietà desiderate.

I vantaggi di questo processo sono:


‣ componenti prodotti assimilabili ai getti ottenuto con la microfusione
‣ geometrie non realizzabile con tecnologie convenzionali
‣ materiali metallici de nitivi
‣ ottime proprietà meccaniche paragonabili a quelle ottenute con
metodi tradizionali

I limiti invece sono:


fi
fi
fi
fi
fi
fi
‣ deformazioni plastiche accumulate nella parte
generano tensioni interni, richiedendo l’utilizzo
di supporti per controllarne la deformazione
‣ supporti devono essere rimossi meccanicamente
‣ impossibilità di sfruttare l’intero volume di lavoro
‣ necessario un trattamento termico per l’eliminazione delle tensioni
interne

2. ELECTRON BEAM MELTING (EBM)

L'Electron Beam Melting (EBM) è una tecnologia che


utilizza un fascio di elettroni ad alta energia, emessi
da un lamento di tungsteno a più di 2500°, per fondere
e solidi care il materiale metallico in polvere.

Nel processo di EBM, uno strato di polvere di metallo (0.05 -0.2 mm di


spessore), preriscaldata ad una temperatura compresa tra 800-900°, viene
uniformemente distribuito su una piattaforma di costruzione.
Successivamente, un fascio di elettroni ad alta energia viene utilizzato per
scansionare lo strato di polvere e fondere selettivamente le particelle di
polvere nelle aree desiderate; quando gli elettroni colpiscono la polvere,
l’energia cinetica viene trasformata in calore, fondendo così la polvere in
metallo.
Dopo che uno strato è stato completato, la
piattaforma di costruzione si abbassa di un livello
e viene applicato un nuovo strato di polvere sopra
quello precedente. Il processo di scansione del
fascio di elettroni e fusione delle particelle di
polvere viene quindi ripetuto per ogni strato, no a
quando l'oggetto tridimensionale è stato
completamente costruito.
Dopo la stampa, l'oggetto viene estratto dalla polvere e può richiedere
processi di post-elaborazione come la rimozione della polvere di supporto,
la levigatura, la nitura super ciale o trattamenti termici per ottenere le
proprietà desiderate.

I vantaggi di questo processo sono:


‣ componenti assimilabili ai getti ottenuti con la microfusione
‣ geometrie non realizzabili con tecnologie convenzionali
fi
fi
fi
fi
fi
‣ pezzo prodotti non presentano tensioni residue signi cative
‣ materiali metallici de nitivi
‣ possibilità di sfruttare l’intero volume di lavoro

I limiti invece sono:


‣ supporti devono essere rimossi meccanicamente
‣ tolleranze e rugosità super ciali maggiori rispetto a LBPF

10.4 PROCESSI A 1 MATERIALE - DEPOSIZIONE DI POLVERE

1. LASER POWDER DIRECTED ENERGY DEPOSITION (LP-DED)

Nel Laser Powder Directed Energy Deposition (LP-DED)


viene utilizzata una testa di deposizione, ovvero un insieme
di diversi elementi, come ugelli per polvere, sensori e tubi per
gas inerti, per depositare il materiale sul substrato.

Nel processo LP-DED, un laser ad alta potenza viene


focalizzato sul substrato, che attraverso l’energia fornita forma
una pozza di fusione.
Successivamente la polvere viene trasportata nella pozza fusa provocando
l’aumento delle sue dimensioni.
La testa di stampa si muove seguendo un percorso predeterminato,
depositando il materiale in polvere fuso strato
dopo strato, no a quando l'oggetto
tridimensionale è stato completamente
costruito. Durante il processo di deposizione, il
laser può essere utilizzato anche per fondere e
saldare le nuove sezioni con quelle già
depositate, consentendo la costruzione di parti complesse e la riparazione
di componenti esistenti.

I vantaggi di questo processo sono:


‣ nessun limite dimensionale in quanto deposizione e fusione
localizzate
‣ possibilità di realizzare componenti multi-materiale
‣ possibilità di realizzare la lega nale in macchina

I limiti invece sono:


fi
fi
fi
fi
fi
‣ so sticato controllo di processo per garantire una certa qualità
‣ tolleranze dimensioni e rugosità superiori rispetto ai processi metallo a
letto di polvere
‣ limiti su geometrie realizzabili
‣ necessità di nitura alle macchine utensili

10.5 PROCESSI A 1 MATERIALE + AGENTI

1. 3 DIMENSIONAL PRINTING (3DP) [LEGANTE]

Il Binder Jetting per il metallo è una tecnologia che utilizza un legante


liquido, depositato tramite una testina di stampa a getto d’inchiostro, e
polvere di metallo.

Il processo comincia con la preparazione di una polvere ne di metallo e la


sua distribuzione in modo uniforme su una piattaforma di costruzione.
Successivamente una testa di stampa a getto deposita un legante liquido,
in modo selettivo su strati speci ci della polvere di metallo, fungendo da
collegamento tra le particelle di polvere.
Dopo aver applicato il legante, la piattaforma di costruzione si abbassa di
un livello e viene applicato un nuovo strato di polvere di metallo sopra
quello precedente. Il processo di deposito del legante e strati cazione
viene ripetuto no a quando l'oggetto è completamente costruito.
Dopo la stampa, l'oggetto tridimensionale viene sottoposto a un processo
di solidi cazione, che può avvenire tramite essiccazione naturale,
esposizione al calore o l'utilizzo di forni. Questo processo lega insieme le
particelle di polvere di metallo nelle aree in cui è stato applicato il legante.
A seguito della solidi cazione, l'oggetto nito viene estratto dalla
piattaforma di costruzione e le
particelle di polvere di metallo non
legate vengono eliminate, ad
esempio mediante spazzolatura o
sof atura.

I vantaggi di questo processo sono:


‣ elevata produttività nella produzione delle parti
‣ assenza di supporti

I limiti invece sono:


fi
fi
fi
fi
fi
fi
fi
fi
fi
fi
‣ necessità di un post-processing
‣ limitata diffusione della tecnica

11. TECNOLOGIE PER METALLI SOLIDI

11.1 DEPOSIZIONE A FILO

1. ELECTRON BEAM ADDITIVE MANUFACTURING (EBAM)

L’ Electron Beam Additive Manufacturing


(EBAM) è un processo che tramite una sorgente
a fascio elettronico compie la fusione di un
lamento metallico.

Nel processo, sorgente e lo sono solidali tra loro e


inseriti nella testa di lavoro che viene movimentata
lungo i tra assi X, Y, Z; il metallo fuso viene deposto sulla piattaforma di
costruzione. Inoltre c’è la possibilità di utilizzare due lamenti di materiali
differenti in modo da poter realizzare la lega desiderata direttamente
durante la fase di costruzione.

I vantaggi di questo processo sono:


‣ elevata produttività nella produzione delle parti
‣ ampi volumi di lavoro superiore dei sistemi a letto di polvere
‣ buona disponibilità di materiali
‣ possibilità di realizzare la lega in macchina

I limiti invece sono:


‣ necessitò di operare in alto vuoto
‣ gestione complessa del sistema e tecnica ancora in fase di sviluppo

2. JOULE PRINTING

Il Joule Printing utilizza il lo metallico, qualunque


esso sia, come materia prima.

Il processo inizia quando il sistema di alimentazione e


movimentazione del lo posiziona la punta del lo a
contatto con una posizione di stampa desiderata.
fi
fi
fi
fi
fi
fi
Una volta posizionato il lo, viene fatta scorrere una corrente attraverso
che passa dal lo, alla parte da stampare e in ne nel piano di stampa: la
corrente porta a fusione la punta del lo per effetto Joule.
La fusione e l’avanzamento del lo continuano mentre la testina di stampa
si muove depositando metallo fuso che viene saldato alla piastra o agli
strati precedenti per formare parti metalliche completamente dense

11.2 ESTRUSIONE

1. BOUNDE METAL DEPOSITION

Il Bounde Metal Deposition (BMD) è un processo per


la produzione di componenti metallici basato
sull’estrusione di un mezzo termoplastico caricato di
polvere metallica. Il sistema dispone di due estrusori,
uno dedicato alla stampa delle barre metalliche e l’altre
delle barre ceramiche per l’interfaccia tra pezzo e
supporti.

Il processo fa si che le barre di metallo legate (polvere di metallo tenuta


insieme da cera e legante polimerico) vengono riscaldate ed estruse,
modellando una parte strato per strato.
Una volta stampato il legante viene rimosso tramite processo di debind e
sinterizzato, provocando così la densi cazione delle particelle di metallo.

2. ATOMIC DIFFUSION ADDITIVE MANUFACTURING (ADAM)

L’Atomic Diffusion Additive Manufacturing (ADAM)


è un processo che consente di realizzare componenti
metallici utilizzando un processo simile a BMD.

Durante il processo, il materiale è contenuto in bobine


sotto forma di lo costituito da un polimero in cui è
contenuta la polvere metallica. Per il rapido distacco
dei supporti, un’interfaccia ceramica tra supporto e
pezzo viene depositata. A tale scopo viene utilizzata una seconda bobina
contenente un lo ceramico.
Dopo la stampa, la parte viene lavata in una opportuna soluzione per
rimuovere il legante e successivamente sinterizzata in un forno, facendo sì
che le particelle di polvere metallica si fondano insieme.
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12. PROCESSI PRODUTTIVI, TOLLERANZE E RUGOSITÀ

12.1 PRODUZIONE E PROCESSI DI TRASFORMAZIONE

Il termine “produrre” signi ca fornire un prodotto come risultato di una


sequenza di processi o trasformazioni operati dall’uomo.

Un processo di trasformazione è la
modi ca di alcune proprietà del prodotto
attraverso operazioni elementari selezionate.
I principali processi di trasformazioni
possono riguardare:
‣ forma e dimensioni (macroscopiche)
‣ nitura super ciale (microscopiche)
‣ proprietà meccaniche (rigidezza, duttilità ecc)
‣ stato (solido, liquido, ecc) e temperature
‣ assemblaggio

12.2 DEFINIZIONI

• MATERIE PRIME/SEMILAVORATI: prodotto di partenza dove si opera


trasformazione
• ALTRI MATERIALI: materiali che possono essere richiesti per eseguire la
trasformazione
• SEMILAVORATO/PRODOTTO FINITO: prodotto ottenuto dopo la
trasformazione
• TRUCIOLI: materiali in eccesso presente nel prodotto di partenza e
rimosso durante la lavorazione
• SCARTI: prodotto nale o semilavorato che non rispetta i requisiti/
speci che
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12.3 TRASFORMAZIONI CON VARIAZIONE DI MASSA

Le trasformazioni implicano una variazione


della massa ΔM del prodotto nito o
semilavorato in uscita (Mf) rispetto alla massa
della materia prima o semilavorato di partenza
(Mi)

Sono possibili tre scenari differenti:


‣ Nel caso di asportazione materiale, la massa del prodotto nito Mf è
inferiore a quella Mi di partenza -> ΔM = Mf – Mi < 0
‣ Nel caso di uno stampaggio, la massa del prodotto risulterà essere
inalterata -> ΔM = Mf – Mi = 0
‣ Nel caso di assemblaggio/giunzione, la massa del prodotto nito Mf
sarà incrementata, in quanto risulta l’unione di più parti -> ΔM = Mf – Mi
>0

12.4 ENERGIA DI TRASFORMAZIONE

Le trasformazioni avvengono attraverso uno scambio di energia, che può


essere di vario tipo:
• MECCANICA: lo scambio di energia avviene mediante forze che
eseguono un lavoro di tipo meccanico (piegatura, taglio, sbavatura, ecc)
• TERMICA: lo scambio di energia impone una sostanziale differenza di
temperatura sul materiale in lavorazione (fusione, raffreddamento,
congelamento)
• CHIMICA: lo scambio di energia avviene attraverso reazioni chimiche
(eliminazione di macchie con un detergente, deposizione di rivestimenti
super ciali)

TIPO DI ENERGIA PROCESSI

ENERGIA MECCANICA DEFORMAZIONE ELASTICA, DEFORMAZIONE


PLASTICA, FRATTURA, MESCOLAMENTO

ENERGIA TERMICA RISCALDAMENTO/RAFFREDDAMENTO,


FUSIONE, SOLIDIFICAZIONE, EVAPORAZIONE/
CONDENSAZIONE

ENERGIA CHIMICA SOLUZIONE, COMBUSTIONE, DIFFUSIONE,


INDURIMENTO
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12.5 INFORMAZIONI

Le trasformazioni per essere realizzate necessitano di diversi tipi di


informazioni, tra cui:

‣ Informazioni tecnologiche: lista degli strumenti necessari per eseguire la


trasformazione (macchinari, attrezzature e utensili)
‣ Informazioni gestionali: ovvero informazioni di gestione del processo, del
tipo quando eseguire la lavorazione, quale pezzo deve essere lavorato,
quali strumenti speci ci utilizzare;
‣ Informazioni economiche: quanto costa o deve costare la lavorazione

12.6 RISORSE

Ogni trasformazione necessita di risorse, che insieme al materiale di


partenza, de niscono il sistema tecnologico di lavorazione:

• Macchinari: forniscono l’energia


necessaria per la lavorazione e
realizzano il percorso di
trasformazione+
• Utensili/stampi: consentono di
trasferire l’energia dal macchinario al
pezzo in lavorazione
• Attrezzature e ssaggi: consentono
di montare/integrare il pezzo in
lavorazione sul macchinario

12.7 VARIABILITÀ

Tutte le trasformazioni reali sono in uenzate da fenomeni non


controllabili che modi cano il risultato
nale, ovvero i disturbi.
Anche se, con opportune tecniche, è
possibile controllare le caratteristiche dei
materiali in ingresso di una trasformazione
(controllo di accettazione), tuttavia,
generalmente, lo stato iniziale della
trasformazione non è noto con precisione. Questo rende più incerto il
risultato nale
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La presenza di disturbi implica che l’output della trasformazione non sarà
mai lo stesso, ma varierà all’interno di un intervallo di valori possibili (valori
di tolleranza).

12.8 VARIAZIONI DIMENSIONALI

In ogni processo produttivo, vi è sempre una certa variabilità naturale, in


quanto due pezzi uguali raramente possono essere prodotti con le stesse
identiche dimensioni da qualsiasi processo produttivo.
Queste variazioni possono avvenire a causa di diversi fattori, tra cui
macchinari regolati in modo inadeguato, parametri di processo non
ottimizzati, errori o imprecisioni dell’operatore, usura di utensili e
attrezzature, materiali non conformi ecc…

12.9 TOLLERANZE

Le quote o dimensioni (nominali) assegnate dal progettista ad un pezzo


sono riferite a super ci geometriche ideali, la cui esatta realizzazione non
risulta possibile.
Il progettista quindi controlla la dualità ideale/reale mediante
l’assegnazione delle tolleranze dandoci così prodotti conformi.

12.10 ERRORI DI LAVORAZIONE

Gli errori durante la realizzazione dei pezzi possono essere di due tipi:

• DIMENSIONALI: deviazioni delle dimensioni reali da quelle nominali


• GEOMETRICI: deviazioni delle super ci reali da quelle nominali , che a
sua volta possono essere errori microgeometrici ed errori
macrogeometrici

12.11 GLI ERRORI DIMENSIONALI

Le quote dimensionali critiche che si


possono speci care dipendono da
forma del pezzo e della parte che
stiamo considerando, e possono
essere dimensioni esterne, interne,
profondità e distanze.
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12.12 LE TOLLERANZE DIMENSIONALI

E’ impossibile fabbricare un pezzo di dimensioni esatte e quindi, alcune


variazione note come le tolleranze, devono essere ammesse.
Per questo il componente che si dovrà realizzare dovrà rientrare
nell’intervallo di tolleranza identi cato da due limiti estremi:

‣ Dimensione massima Dmax - Limite superiore (USL- Upper


Speci cation Limit)
‣ Dimensione minima Dmin - Limite inferiore (LSL - Lower speci cation
limit).

La quota nominale sarà nell’intervallo di queste due quote e se andrà al di


fuori di esso non sarà più conforme in quanto si compromette la
funzionalità, come il gioco tra le parti o il bloccaggio tra le parti. Più si
segna un intervallo stretto più il pezzo, e quindi
l’operazione di tolleranza, deve essere preciso.
(ad esempio 70 +- 1mm rientra tra i 69 e 71
mm, 70 +- 0.1 mm rientra tra i 69.90 e 70.10
m)

12.13 PROGETAZIONE

Il progettista de nisce la linea dello zero, ovvero la quota nominale che


rappresenta la quota ideale, e poi dovrà de nire quanto ampio può essere
il limite di intervallo USL e LSL attraverso una banda di tolleranza.
La differenza tra USL e LSL viene de nita come tolleranza ammissibile

L’errore USL rispetto a LSL possono anche non essere simmetrici e


identici rispetto alla dimensione nominale. (ad esempio 70 + 0.3 -0.1 mm,
quindi USL 70.3mm e LSL 69.90 mm).
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12.14 LA TOLLERANZA E TIPI DI TOLLERANZE

La tolleranza è un valore assoluto senza segno, che può essere de nita


come la differenza algebrica tra la dimensione massima e quella minima.
Essa è un compromesso tra la produzione
economica e la precisione richiesta per il corretto
funzionamento del prodotto.
Più è bassa la tolleranza più alto sarà il costo, e
viceversa (ad esempio tra 0.75 mm e 0.25mm di
tolleranza il costo aumenterà di circa 6 volte).

La tolleranza inoltre può essere:


‣ unilaterale, ovvero la distribuzione della tolleranza è solo su un lato della
dimensione di base (positivo o negativo ma non entrambi)
‣ bilaterale: quando la tolleranza si distribuisce su entrambi i lati della
dimensione nominale, simmetrico o no.

12.15 INTERCAMBIABILITÀ O ASSEMBLAGGIO SELETTIVO

Esistono due differenti modi di lavorare:

‣ Intercambiabilità: è il processo più economico, dove qualsiasi


componente selezionato a caso deve essere assemblato con qualsiasi
altro componente di componente di accoppiamento scelto
arbitrariamente. In questo caso non devo preoccuparmi quale
componente sto prendendo. De nendo questi parametri di tolleranza mi
permette di non fare ulteriore modi che durante l’assemblaggio senza
in uenzare il funzionamento del componente una volta assemblato
‣ Assemblaggio selettivo: vuol dire selezionare a priori quali parti devono
essere accoppiate (ad esempio se ho un albero di 70+- 0.1, albero 69.9
si accoppia solo con foro 70.4, 70.1 con 70.6 e 70 con 70.5).
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12.16 ACCOPPIAMENTO

L’utilizzo delle tolleranze è nalizzato a garantire il corretto


accoppiamento tra due o più componenti. Questo può avvenire in due
modi diversi.

L’accoppiamento indica il grado di tenuta o allentamento tra le due


parti accoppiate insieme. Si possono identi care tre tipi di accoppiamento:
• con gioco: lascia possibilità di movimento tra le due parti che devono
scorrere o ruotare
• incerto: non viene de nito a priori, può essere di gioco lieve o di
interferenza lieve
• con interferenza: si va a segnare quando i due componenti devono
essere bloccati (caso albero che ruota e la ventola deve ruotare, quindi
si bloccano)

Negli accoppiamento la parte cava che viene montata su una parte piena
si chiama foro e la parte di corpo piena si chiama albero (perno ma nel
gergo tecnico si de nisce albero).

12.17 TIPI DI ACCOPPIAMENTO


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1. ACCOPPIAMENTO CON GIOCO

Deve esserci libertà di traslazione e rotazione tra i due copri e i bandi di


tolleranza non si devono sovrapporre, quindi la dimensioni minima del foro
deve essere sempre maggiore della dimensione massima dell’albero.
Se prendiamo l’albero di dimensione massima e lo abbiniamo al foro di
dimensione minima otteniamo il gioco minimo, al contrario otteniamo il
gioco massimo. A seconda di come de nisco quante sono ampie le zone
di tolleranza questi potranno scorrere più o meno tra di loro.

2. ACCOPPIAMENTO CON INTERFERENZA

I due componenti devono essere bloccati e non devono muoversi, quindi


la dimensione massima del foro è inferiore alla dimensione minima
dell’albero
Considerata l’interferenza tra i materiali, l’albero richiede una forza
aggiuntiva per adattarsi al foro oppure basterà riscaldare il corpo con il foro
in modo che si dilati e poi lo si fa raffreddare rimanendo così vincolato
all’albero.
L’interferenza massima si ha quando il diametro massimo dell’albero si
accoppia con il diametro minimo del foro, questa mi garantisce un
montaggio migliore ma è più critica la fase di montaggio.
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3. ACCOPPIAMENTO INCERTO

E’ una situazione intermedia, quindi la dimensione massima del foro è


maggiore della dimensione minima dell’albero. In questo caso non è ne
allentato come l’accoppiamento con gioco ne stretto con accoppiamento
con interferenza.

12.18 GLI ERRORI GEOMETRICI

Gli errori geometrici, che corrispondo alla deviazione delle super ci reali da
quelle nominali, possono essere di due tipi: microgeometrici, che
riguardando la rugosità, e macrogeometrici, che riguardano le tolleranze
geometriche.

12.19 LA RUGOSITÀ

La rugosità, che dipende dalla funzione, corrisponde alla nitura


super ciale dei pezzi e permette di garantire la funzionalità di
accoppiamento. Se la rugosità è elevata,
eventuali creste super ciali si usurano
rapidamente facendo aumentare il gioco: in
questo caso non viene garantita, nel tempo,
la funzionalità dell’accoppiamento.
Essa in uenza molte proprietà, tra le quali
l’aspetto estetico, l’usura e la resistenza meccanica, a fatica e alla
corrosione

12.20 LE TOLLERANZE GEOMETRICHE

La tolleranza geometrica stabilisce lo spazio (area o volume) entro il


quale deve trovarsi l’elemento oggetto della tolleranza stessa.
Queste limitano lo scostamento di un elemento in rapporto alla sua forma
od al suo orientamento od alla sua posizione, considerati teoricamente
esatti, senza tener conto delle dimensioni dell’elemento.

Le tolleranze possono essere:


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• di forma: stabiliscono i limiti di variazione di una super cie o una
singolarità della forma ideale
• di orientamento: stabiliscono i limiti di variazione di una super cie o una
singolarità rispetto ad uno o più elementi assunti come riferimento
• di posizione: stabiliscono i limiti di variazione di una super cie o una
singolarità rispetto ad una posizione ideale ed ad uno o più elementi
assunti come riferimento
• di oscillazione: stabiliscono i limiti di variazione di una super cie o una
singolarità rispetto ad una forma stabilita nel disegno durante una
rotazione della parte attorno ad un elemento di riferimento
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