Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Teorema Modigliani-Miller
Giuseppe Travaglini
Introduzione
Nel capitolo precedente abbiamo visto che la leva finanziaria pu`o avere effetti positivi o negativi sul tasso di rendimento delle azioni, a secondo che
il tasso dinteresse sul debito sia inferiore o superiore a quello di rendimento dellimpresa. Siamo partiti dallipotesi semplificatrice che il valore
dellimpresa non cambi quando varia la struttura finanziaria. Dimostreremo
ora sotto quali condizioni questa ipotesi `e corretta. I risultati che seguono
vanno genericamente sotto la denominazione di Teorema Modigliani-Miller
(MM), dal nome dei due economisti che per primi negli anni 50 si applicarono
sistematicamente allo studio della relazione che lega il valore di unimpresa
alla sua struttura finanziaria.
Questo teorema `e, pi`
u precisamente, un insieme di risultati che mostrano
come in un mercato perfetto e completo la politica di finanziamento delle
imprese sia irrilevante. Sebbene i fatti stilizzati e la teoria successiva a MM
abbiano mostrato che esistono molti casi in cui le scelte finanziarie influenzano il valore dellimpresa, il teorema MM rappresenta la base della moderna
teoria della finanza poich`e showing what doesnt matter can also show, by
implications, what does (M. Miller, 1988, p.100).
Le principali proposizioni del teorema MM sono.
1. Proposizione I. Il valore di mercato di unimpresa `e indipendente dalla
sua struttura finanziaria.
Indebitamento e valore
Come `e stato gi`a ricordato, la redditivit`a di unimpresa pu`o essere quantificata attraverso luso di due diversi indici che abbiamo denominato reddito
operativo (RO), e reddito netto (RN ). Il primo indice ore una misura del
profitto generato dallattivit`a produttiva dellimpresa, senza specificare quali
investitori vantino diritti sul flusso dei profitti; il secondo, d`a invece una
misura del profitto residuale a cui hanno diritto soltanto gli azionisti, una
volta che gli interessi passivi sul debito siano stati ripagati.
La domanda che ci dobbiamo porre `e dunque la seguente: quale di questi
indici `e corretto utilizzare per calcolare il valore dellimpresa. Una risposta
labbiamo gi`a implicitamente data quando, nel precedente capitolo, abbiamo
utilizzato il RO per calcolare il valore reale V dellimpresa. Dobbiamo ora
cercare di capire perch`e `e corretto seguire questa tecnica, e cosa cambierebbe
se utilizzassimo il RN .
2.1
Il metodo RO
A
200
10%
C
200
10%
D
200
10%
valore impresa (V )
valore debito (B )
2000
2000
500
2000
1000
valore azioni (S )
2000
1500
1000
RO
tasso rendimento impresa ()
= SRO + B
(1)
(2)
A
2000
200
B
1500
150
C
1000
100
10
10
10
2.2
Il metodo RN
Vediamo ora cosa accade al valore dellimpresa, e a quello delle azioni, utilizzando il metodo RN .
RO
interessi sul debito
A
200
C
200
20
D
200
40
RN
tasso rendimento impresa ()
200
10%
180
10%
160
10%
2000
1800
500
1600
1000
2000
2300
2600
RN
rB
=
(3)
rB
+B
= +
ossia:
VRN = VRO +
(4)
(5)
A
2000
200
B
1800
150
C
1600
100
10
12
16
V
VRO+[(-r)/]B
VRO
Fino ad ora ci siamo limitati a mostrare che lipotesi di costanza del valore
dellimpresa al variare della struttura finanziaria implica che il criterio di valutazione corretto sia quello basato sul RO. Dimostriamo ora la proposizione
I di MM dirrilevanza della struttura finanzaria.
MM dimostrano che in presenza di mercati dei capitali perfetti le imprese
non possono guadagnare da una variazione della struttura finanziaria. Essi
assumono che:
1. Esistono due imprese identiche che scelgono una diversa struttura finanziaria
2. Esistono solamente due attivit`a finanziarie: le azioni e le obbligazioni
a cui limpresa fa ricorso per finanziare lattivit`a reale
3. Ogni investore pu`o prendere e dare a prestito allo stesso tasso dinteresse
di mercato r
4. I flussi di profitto sono delle perpetuit`a, poich`e limpresa non eettua
nuovi investimenti
5. Linformazione `e perfetta
6. Non ci sono costi di transazione n`e imposte sul reddito
7. Sono assenti i costi dagenzia, cos`i che non esistono divergenze di obiettivi tra il controllo e la propriet`a dellimpresa
Sulla base di queste ipotesi si pu`o mostrare che:
Proposizione 1. Il valore di mercato di unimpresa `e indipendente dalla
sua struttura finanziaria
Cominciamo calcolando il valore dellimpresa che utilizza soltanto capitale azionario. Chiamiamo questa impresa U. Per il momento assumiamo che limpresa paghi unimposta proporzionale sul reddito
prodotto. Per questa impresa lutile dopo le tasse `e pari a:
RO(1 )
7
(6)
(7)
F CFU
RO(1 )
=
(8)
Come cambia il valore della (8) quando limpresa sceglie una diversa
proporzione tra debito ed azioni? Chiamiamo questimpresa L. In
questo caso il cash flow di pertinenza degli azionisti `e dato da:
RN + Am I
mentre ai creditori vanno gli interessi sul debito:
rB
Il flusso di cassa disponibile F CFL `e dunque dato dalla somma:
F CFL = RN + Am I + rB
= (RO rB)(1 ) + Am I + rB
8
ovvero:
F CFL = RO(1 ) + rB
dove la prima parte del flusso `e uguale a quello generato dallimpresa
che utilizza solo capitale azionario, ed ha quindi anche il medesimo
rischio; il secondo addendo misura invece il vantaggio fiscale che deriva
dallutilizzo del debito.
Fin tanto che limpresa genera utili che rimangono costanti al trascorrere del tempo, possiamo ipotizzare che il flusso di cassa rB abbia lo
stesso rischio dellinteresse sul debito. Il valore dellimpresa indebitata
pu`o dunque essere scritto come:
RO(1 ) rB
+
r
RO(1 )
=
+ B
= VU + B
VL =
VL
(9)
(10)
Anche se non espressamente detto, il risultato precedente dipende dalla assunzione che gli investitori possano indebitarsi allo stesso tasso dellimpresa.
Quando ci`o `e possibile il comportamento ottimizzante e concorrenziale del
9
(11)
(12)
10
5.1
Il caso VU > VL
Supponiamo che:
VU > V L
In questa circostanza un investitore pu`o costruire un portafoglio di attivit`a
finanziarie che generi un profitto positivo senza sostenere costi e rischi. Supponiamo, ad esempio, che un investitore possieda una quota 1 dellimpresa
non indebitata che vale VU . La tabella 5 descrive il rendimento di questa
strategia di finanziamento e una possibile strategia di replica.
Investimento finanziario
a) Strategia semplice
(1 ) VU
b) Strategia di replica:
compro (1 ) az. SL (1 ) (VL B)
vendo (1 ) di B
(1 ) B
Valore totale di (b)
Tabella 5.
(1 ) VL
rendimento
(1 )
(1 ) ( rB)
(1 ) rB
(1 )
5.2
Il caso VU < VL
Vediamo ora cosa accade se VU < VL . Per mostrare che questa disuguaglianza
non rispetta lequilibrio, supponiamo che un investitore possieda una quota
(1 ) delle azioni dellimpresa indebitata L che hanno il valore SL = VL B.
Le strategie alternative dinvestimento sono descritte nella tabella 6.
a) Strategia semplice:
b) Strategia di replica:
compro (1 ) az. SU
compro (1 ) B di L
Valore totale di (b)
Tabella 6.
(1 )
(1 ) rB
(1 ) (VU B)
(1 ) ( rB)
V = a /
1-q
V = b /
V= /
Il teorema MM e lincertezza
Pi`
u precisamente, indichiamo con il valore presente del profitto; con
a
(a sta per alto) il suo valore futuro, se si verifica il migliore stato del
mondo, e con b (b sta per basso) il valore corrispondente nel peggiore
stato del mondo. Assumiamo inoltre che a > b , e che i due eventi si
verifichino con probabilit`a q ed 1 q.
Se, dal secondo periodo in poi i rendimenti restano costanti, il corrispondente valore dellimpresa su un orizzonte infinito pu`o essere calcolato scontando la perpetuit`a al tasso . Levoluzione del valore reale
dellimpresa nei diversi stati di natura `e descritta nella figura 2 dallalbero
di probabilit`a (binomiale) .
Con questa formulazione del problema MM `e possibile generalizzare la
proposizione I, mostrando che lesistenza di una sola impresa `e su13
14
Sa+BR
1-q
Sb+BR
S+B
Pa
Pb
0
Per consuetudine gli asset che hanno queste caratteristiche prendono il nome di ArrowDebreu securities, dal nome dei due economisti che per primi ne hanno definito le propriet`
a.
15
1 = aP a + bP b
1 = RP a + RP b
(13)
Rb
,
R (a b)
Pb =
uR
R (a b)
Sappiamo gi`a che il valore dellimpresa nei due diversi stati del mondo
`e V a e V b . Applicando i fattori di sconto appena calcolati deve dunque
essere verificato che:
V = V aP a + V bP b
(14)
(15)
V = aP a + bP b S + RP a + RP b B
=
(16)
VU
dove `e il profitto (contabilmente il R0), e VU `e il valore dellimpresa
con solo capitale azionario.
17
rB
rB
=
SL
SL
SL
(17)
VU SL
SL
B
e aggiungendo e sottraendo lespressione VU
si ricava:
SL
ra =
ra
VU
B
B
r
VU SL SL
VU
SL
B
=
r
VU
VU
SL
B
SL
(18)
Quindi, il tasso di rendimento delle azioni (ra ) per unimpresa indebitata `e uguale al tasso di rendimento delle azioni dellimpresa che non fa
ricorso al debito () pi`
u un premio per il rischio ( r) SBL che dipende
dal grado dindebitamento dellimpresa. Maggiore `e la leva finanziaria,
pi`
u alto `e il rapporto SBL , maggiore il premio per il rischio richiesto dagli
azionisti per detenere le azioni, e pi`
u elevato `e il rendimento azionario
ra . Questa relazione rispecchia le considerazioni sviluppate nel primo
capitolo in cui abbiamo mostrato come laumento della leva finanziaria
rende pi`
u rischiosa la posizione finanziaria degli azionisti perch`e i loro
diritti residuali sul valore dellimpresa diventano pi`
u variabili. Di conseguenza, essi richiedono un pi`
u elevato rendimento per compensare il
maggiore rischio.
Un utile modo di riscrivere la relazione (18) `e il seguente:
SL + B
B
ra =
r
SL
SL
18
ra
r
B/SL
Figure 5: La relazione tra , ra ed r
ovvero:
=
SL
SL + B
ra +
B
SL + B
(19)
19
7.1
B
SL
VL
B
r
SL
SL
v N , 2
Quindi, la varianza del rendimento azionario `e data dallespressione:
2
VL
2
ra =
2
SL
il che implica che 2ra > 2 perch`e per definizione VL > SL . Ossia il debito
accresce la rischiosit`a delle azioni.4
Per spiegare questa implicazione basta ricordare che su un orizzonte infinito il valore
dellimpresa che produce una perpetuit`a `e pari a V = /. Se vale il teorema di MM, il
valore V `e una costante e quindi possiamo anche scrivere che:
=
V
Quindi se `e una variabile stocastica di tipo normale, anche ha la stessa distribuzione
di probabilit`a in quanto ne `e solamente una trasformazione lineare.
4
Come abbiamo mostrato nel capitolo precedente, in presenza di debito il rischio
dellimpresa `e dato dalla somma del rischio economico con il rischio finanziario.
20
21
E(Ri)
SML
WACC
B
L = 1 +
SL U
22
(20)
B
SL
Questa relazione implica in coerenza con le nostre precedenti considerazioni che U < L . La principale implicazione della (20) `e che
dallosservazione di L si pu`o ricostruire il beta dellimpresa che opera
solamente attraverso il cash flow operativo, e questo valore dipende
solamente dalla componente sistematica del rischio reale.
Quindi, per tenere in considerazione il fatto che il rendimento atteso
dei nuovi investimenti pu`o essere diverso dal WACC calcolato sui vecchi progetti, `e necessario stimare il U che caratterizza il nuovo piano
dinvestimento come se limpresa utilizzasse solo capitale proprio, per
poi ricostruire il WACC del nuovo progetto considerando le diverse
ipotesi dindebitamento con lausilio della relazione (20).
8.1
rB B
SL
(21)
(22)
=
dove
E(rm )r
,
2m
am = E
=
e con:
rB B
E
SL
rB B
SL
1
[Cov (, rm ) BCov (rB , rm )]
SL
[rm E(rm )]
(23)
(24)
Ora sostituendo la (21) e la (24) nella (22) si ottiene la seguente espressione per limpresa indebitata:
[Cov (, rm ) BCov (rB , rm )]
E() E (rB ) B = rSL +
(25)
Seguendo la stessa procedura possiamo ricavare lespressione corrisponente al caso in cui limpresa non utilizzi il debito (B = 0, e SL = VU ).
Si ha in questo caso:
[Cov (, rm )]
E() = rVU +
(26)
9.1
Il dividendo
Prima di arontare tecnicamente il problema relativo alla natura e alla distribuzione dei dividendi `e bene dare qualche definizione.
Il dividendo `e il pagamento erogato agli azionisti. Il suo ammontare
viene stabilito da chi amministra limpresa, dopo avere decurtato dal
reddito operativo (il profitto) i debiti che limpresa ha contratto con i
finanziatori esterni e le imposte sul reddito dimpresa.
I dividendi vengono erogati in molte forme. Il modo pi`
u usuale `e quello
di decurtare dal reddito netto un ammontare complessivo che diviso il
numero delle azioni d`a il dividendo per azione.
Il rapporto tra dividendo e reddito netto per azione `e stato negli ultimi trenta anni generalmente intorno al 40-50%. Ovviamente, dal
punto di vista delle risorse finanziarie utilizzabili per realizzare i nuovi
piani dinvestimento, la distribuzione dei dividendi riduce le fonti di
auto-finanziamento dellimpresa. Tale pagamento non ha per`o eetti
sullammontare complessivo del capitale sociale in quanto non modifica
il numero delle azioni in circolazione.
Il dividendo non `e sempre distribuito in contante. Spesso le imprese
orono nuove azioni ai sottoscrittori. Tali azioni possono essere successivamente rivendute dagli azionisti che ne ricevono un corrispondente
25
flusso di rendimento. Vi `e per`o una netta dierenza con il caso precedente. Poich`e in questo caso il numero delle azioni aumenta, ed il valore di ogni singola azione, a parit`a dinvestimento e dindebitamento,
si riduce. Si parla in questo caso di diluizione del capitale azionario.
Una terza forma di pagamento `e il riacquisto delle azioni. Questo
metodo di distribuzione dei profitti viene preferito, ad esempio, quando
in presenza di una fase di rallentamento della crescita dellimpresa si
determina un eccesso di liquidit`a interna. Oppure quando un piano di
riacquisto delle azioni pu`o frenare la caduta dei prezzi del titolo quotato
in borsa.6
9.2
26
dt = () RNt + () dt1 + t
dove = b, = (1 ) , e t = t .
Questa relazione mostra che il dividendo al tempo corrente `e determinato, al di l`a delle oscillazioni imprevedibili del disturbo t , dal reddito
netto del periodo (RNt ) e dal dividendo del periodo precedente (dt1 ).
Se lorizzonte temporale di programmazione parte dal tempo t = 0,
risolvendo a ritroso questultima equazione si ottiene:
dt =
t
X
RNts +
s=0
t
X
s ts + s dts
s=0
Pn
i=0
t
X
s RNts
s=0
E ti = 0.
27
10
Bench`e lequazione del paragrafo precedente ci ore una descrizione del modo
in cui le imprese scelgono la politica di dividendo nel lungo periodo, nulla
ci dice circa la relazione che lega il dividendo al reddito operativo e quindi
al valore dellimpresa. Per quanto detto sopra, gli azionisti (la propriet`
a)
hanno diritto a quella parte dei profitti che la gestione dellimpresa sceglie
di dichiarare come dividendo. Evidentemente, a parit`a di quota percentuale
dei dividendi distribuiti, lazionista ricever`a un pagamento tanto maggiore
quanto pi`
u elevato `e il profitto.
10.1
Iniziamo la nostra discussione con un inciso. Fino alla fine degli anni 50 si
riteneva che, anche sotto lipotesi di mercati perfetti, pi`
u elevato era il dividendo pagato agli azionisti e pi`
u elevato sarebbe stato il valore dellimpresa.
Questa aermazione era basata sullidea che il tasso di sconto applicato ai
flussi di profitto generati da un investimento dovesse riflettere anche la politica di dividendo perseguita dallimpresa.
Il ragionamento da cui scaturiva questa conclusione era il seguente.
Se unimpresa avesse annunciato un pi`
u alto dividendo per il periodo futuro questa dichiarazione doveva essere interpretata dal mercato
come un segnale di rallentamento dellattivit`a futura dinvestimento.
A fronte di questo rallentamento si sarebbe registrata unincertezza
minore circa il livello dei profitti futuri che sarebbero derivati esclusivamente dalle attivit`a produttive dellimpresa gi`a in essere al momento dellannuncio. Quindi, bench`e i dividendi futuri avrebbero potuto essere presumibilmente pi`
u bassi dei correnti, la minore incertezza
si sarebbe immediatamente riflessa nella riduzione del tasso di sconto
28
dt+1 + vt+1 vt
vt
1
[dt+1 + vt+1 ]
1+
(27)
1
[Dt+1 + vt+1 nt ]
1+
(28)
dove mt+1 misura laumento (diminuzione) del numero delle azioni nel
periodo successivo. La (28) diviene:
Vt =
1
[Dt+1 + Vt+1 vt+1 mt+1 ]
1+
(29)
10.2
(30)
Vt =
1
[ROt+1 + Vt+1 ]
1+
(31)
1
[ROt+2 + Vt+2 ]
1+
1
1
1
ROt+2 +
Vt+2
2 ROt+1 +
1+
(1 + )
(1 + )2
(32)
T (1
+ )T
Vt+T = 0
(33)
ovvero:
X
ROt+i
Vt =
(1 + )i
i=1
(34)
1
essendo 1+
< 1. Questa `e la condizione aggiuntiva di trasversalit`a che
elimina la bolla speculativa che assicurerebbe allazionista un profitto
darbitraggio sempre positivo. Difatti, quando il tempo tende ad in1
finito se (1+)
o significherebbe che il valore dellimpresa
T Vt+T > 0 ci`
cresce cos`i velocemente da rendere conveniente acquistare le azioni con
il solo scopo di rivenderle in futuro guadagnando lincremento di valore.
31
Si noti che, come nei due casi precedenti, quando gli investimenti non
variano, e quando limpresa opera in condizioni di certezza, il reddito operativo diviene una perpetuit`a, che ci consente di semplificare
lequazione (32). Per unorizzonte infinito e sotto lipotesi di perpetuit`a
si ricava dunque:
Vt =
X
i=1
RO
RO
i =
(1 + )
(35)
11
X
dt+i
vt =
(36)
(1 + r)i
i=1
X
Dt+i
Vt = vt nt =
(1 + r)i
i=1
(37)
12
X
i=1
X ROt+i Kt+i
t+i
i =
(1 + )
(1 + )i
i=1
(38)
" T
X
i=2
(1 + )i
(1 + )i
ovvero:
ROt+1 X Kt+i ( )
+
Vt =
(1 + )i
i=1
(39)
Kt+i = Kt+i
`e il corrispondente reddito operativo
(1+)i
che la sommatoria del secondo membro della (39) `e la somma dei flussi
aggiuntivi di profitto netto che derivano dai futuri investimenti.
8
Possiamo, quindi, dire che se limpresa non adotta strategie di crescita le sue azioni
sono assimilabili a delle obbligazioni perpetue.
35
13
Il modello di Gordon
Lequazione precedente `e piuttosto complicata da utilizzare. Unipotesi semplificatrice `e quella di assumere che linvestimento cresca in maniera costante
al trascorrere del tempo, per un valore pari ad una proporzione fissa del
reddito operativo.
Per esempio, possiamo scrivere che:
Kt+i = ROt+i
dove `e la proporzione dei profitti che vengono reinvestiti. Utilizzando
questa relazione in t + 2 si ha che:
ROt+2 = ROt+1 + (ROt+1 )
= ROt+1 (1 + g)
dove abbiamo posto g = . In t + 3 avremo:
ROt+3 = ROt+2 + ROt+2
= ROt+1 (1 + g) + gROt+1 (1 + g)
36
ossia:
ROt+3 = ROt+1 (1 + g)2
Iterando questo processo fino a T si ottiene:
ROt+T = ROt+1 (1 + g)T 1
Sostituendo nella (39) ricaviamo quindi lespressione:
ROt+1 X ROt+i ( )
+
=
(1 + )i
i=1
T
Vt
(1 + )i
i=1
T
=
ovvero:
(1 + )i
i=1
"
i #
T
ROt+1
( ) X 1 + g
Vt =
1+
1 + g i=1 1 +
Se g < il limite per T che tende ad infinito `e pari a:
lim
T
X
1+g i
i=1
1+
1+g
g
ROt+1
( ) 1 + g
Vt =
1+
1+g g
ROt+1 (1 )
=
g
Questultima espressione `e nota nella letteratura come equazione di
crescita di Gordon. Si noti che essendo la parte del reddito operativo
(profitti) destinata a finanziare attraverso le risorse interne i nuovi
37
Dt+1
g
(40)
14
RO
E bene osservare che questa conseguenza non viene alterata dalla introduzione dimposte sul reddito dellimpresa. Anzi, il criterio di scelta dei nuovi
investimenti resta sempre valido e si basa sul confronto tra il nuovo flusso dei
profitti netti con il costo del servizio del capitale.
Per chiarire questo aspetto riconsideriamo lespressione (9):
Vt =
ROt (1 )
+ Bt
ROt+1 (1 )
+ Bt+1
ROt (1 )
It
Bt
It
(41)
(42)
(43)
ROt (1 )
It
Bt
>1
It
ovvero:
ROt (1 ) > (It Bt )
(44)
40
che corrisponde alla tradizionale regola del valore attuale netto per la
valutazione di progetti addizionali dinvestimento.
Va, infine, osservato che la (44) conduce alla conclusione che anche
in presenza dimposte, ma nellipotesi di mercato finanziario perfetto,
non esiste un problema finanziario per limpresa. Nel caso in cui i
nuovi piani dinvestimento siano caratterizzati da una Q > 1 le fonti finanziarie impiegate per realizzare il progetto sono equivalenti dal punto
di vista del costo opportunit`a (prescindendo dalle considerazioni fiscali). Se le risorse interne sono sucienti limpresa finanzia il nuovo
progetto facendo ricorso al cash flow e rinunciando, o riducendo, se
necessario i dividendi; se le risorse interne sono insucienti limpresa
ricorre allemissione obbligazionaria. In ogni caso, gli investimenti con
valore attuale netto positivo vengono realizzati.
41