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UNIVERSIT À DEGLI STUDI DI SALERNO

FACOLTA’ DI ECONOMIA

Corso di

Tecnica di Borsa
Prof. Emilio Di Tommasi

Corso di Laurea In Economia e Amministrazione delle Imprese


Curriculum in Tecniche Finanziarie

Crediti 6

DISPENSE

INDICI DI BORSA, WARRANT E C OVERED W ARRANT,


O BBLIGAZIONI STRUTTURATE

Anno Accademico 2003-2004


Depositato ai sensi di legge
Università degli Studi di Salerno – Facoltà di Economia
Corso di Tecnica di Borsa
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Crediti 6
A.A. 2003-2004
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Indic e

Gli Indic i d i Bor sa 1


Gli indici di b orsa: caratteristiche generali;
Gli sv ilupp i degli indici di b orsa;
Il MIDEX; Il MIB30 ;
Gli indici del Nuov o Mercato

WARRANT e COVE RE D WARRANT 21


Warrant e cov ered warrant;
Effetto lev a;
Valutazione di un cov ered warrant;
Utilizzo e gestione dei cov ered warrant

OBBLIGAZIO NI STRUTTUR ATE 29


Obb ligazioni strutturate: asp etti generali;
Rev erse conv ertib le;
Scomp osizione e v alutazione delle ob b ligazioni rev erse conv ertib le;
Criteri p er la scelta delle rev erse conv ertib le, ulteriori elementi p er la scelta;
Il ruolo della Consob e l’imp egno p er la trasparenza del mercato;
Alcune ip otesi op erativ e;
Rev erse floater;
Obb ligazioni index/ equity link ed;
Obb ligazioni step up e step down;
Obb ligazioni callab le;
Obb ligazioni indicizzate ai tassi a lungo termine
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GLI INDICI DI BORSA

Sommario: G li indi ci di bo rs a: ca ratt eri stic he g ene rali; G li s viluppi de gli indici di bor sa; Il M IDE X; Il
MIB30; G li in dici del Nuo vo M erc ato

Gli indic i di bor sa: caratter istic he gener ali

In prima approssimazione un indice di borsa è un rapporto fra medie di prezzi di titoli azionari
relativi a momenti diversi di tempo. Un indice viene costruito allo scopo di fornire un’informazione
sintetica circa l’andamento del mercato interamente considerato o di un suo particolare comparto.
Un primo criterio alla luce del quale classificare gli indici di borsa, pertanto, risulta essere il
numero di titoli considerati rispetto all’intero listino. A titolo esemplificativo si pensi alla
differenza esistente tra il New York Stock Exchange Composite Index e lo Standard & Poor’s 500:
entrambi considerano azioni quotate nella borsa di New York (NYSE), tuttavia il primo include
tutte le azioni ivi quotate, il secondo “solo” 500. In linea di massima la scelta relativa al numero di
titoli da inserire in un paniere è frutto di un trade-off tra la significatività delle informazioni fornite
dall’indice e i costi per la sua computazione. Un indice che comprenda un intero listino sintetizza in
maniera perfetta l’andamento del mercato (in realtà in questo caso si può dubitare che ci sia una vera
e propria sintesi), ma richiede maggiore impegno per effettuare i calcoli relativi. Ad ogni scansione
dell’indice, infatti, sarà necessario considerare il prezzo di tutti i titoli1 . D’altronde la scelta di un
campione di titoli, evidentemente ritenuto rappresentativo del mercato, comporta sempre una certa
perdita d’informazione relativa ai titoli che risultano esclusi. Bisogna, però, chiedersi se tale
approssimazione sia effettivamente rilevante: in ogni mercato è, in genere, possibile isolare un
insieme di titoli su cui si concentra la maggior parte dell’attenzione degli operatori. Di conseguenza
una valida proxy del mercato può essere rappresentata esclusivamente da tali azioni. Così la piazza
newyorkese può essere efficacemente rappresentata da un paniere di 500 titoli (S&P 500), quella di
Londra da un indice che racchiude 100 azioni (FT-SE 100) e il listino di Milano può essere
analizzato attraverso l’andamento dei 30 titoli componenti il Mib 30.
In altri casi la scelta di un campione di titoli obbedisce ad una logica diversa: talvolta, infatti,
l’oggetto di studio può non essere l’intero mercato, quanto piuttosto una parte dello stesso
distinguibile, ad esempio, sul piano merceologico. Volendo, ad esempio, conoscere l’andamento del
comparto delle telecomunicazioni si potrà agevolmente far riferimento ad un indicatore che
consideri le sole azioni di società operanti nel settore in parola. Nel mercato italiano sono al
riguardo disponibili gli indici settoriali Comit che forniscono un’informazione più dettagliata
relativa ciascuno ad un particolare comparto (bancario, finanziario, assicurativo, telecomunicazioni,
etc.).

1 Alriguardo bisogna, però, considerare che la computazione di un indice ampio nella composizione è cosa
abbastanza agevole tenendo conto delle attuali tecnologie. Si può dire, in sostanza, che la numerosità non
rappresenta più un problema come in passato.

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Altro elemento qualificante un indice di borsa è il tipo di media impiegata nel calcolo. Sul punto va
tuttavia detto che, sebbene sul piano teorico sia possibile servirsi di diverse procedure di media,
nella prassi si utilizza in via pressoché esclusiva la media aritmetica e ciò sia nell’ipotesi in cui ai
titoli venga attribuito egual peso (media aritmetica semplice) sia qualora sia scelto un diverso
sistema di ponderazione.
Anche per quel che riguarda la definizione dei pesi, il metodo su cui è fondata la costruzione
dell’indice è funzione degli obiettivi che si perseguono. Accade che in alcune circostanze si ritenga
opportuno associare a ciascuna azione un peso pari ad 1/n. Un indice siffatto può rappresentare il
riferimento per una strategia di selezione dei titoli assolutamente casuale. Si pensi ad esempio ad un
risparmiatore che vuole investire in borsa non avendo dati che lo facciano propendere per l’acquisto
di determinati titoli. La sua attività di selezione delle azioni da inserire in portafoglio si ridurrà ad
un’estrazione casuale di tali valori, ciascuno dei quali pesato in maniera eguale agli altri proprio
perché equiprobabile. Un indice costruito in maniera similare funge da benchmark per confrontare i
risultati di tale strategia con l’andamento del mercato.
Spesso, tuttavia, si preferisce attribuire ai titoli un peso diverso che in qualche modo tenga conto del
differente impatto che le variazioni nel prezzo delle azioni hanno sull’intero mercato. All’uopo
possono impiegarsi due elementi: il volume scambiato (che effettivamente mostra giorno per giorno
l’andamento del mercato attraverso la dinamica dei singoli titoli) e la capitalizzazione di borsa
rappresentata dal prodotto tra il prezzo del titolo e il numero di azioni in circolazione2 . Si dirà che
anche nell’esperienza estera, oltre che in quella italiana, il secondo sistema di ponderazione è quello
di gran lunga più utilizzato. In formule si ha che:

∑P it C i0
I =0
t
i
n

∑P i0 C i0
i

dove C i 0 è il numero di azioni della società i-esima in circolazione al tempo 0 e di conseguenza Pi0
Ci0 è la capitalizzazione del titolo al tempo 0.
Dividendo e moltiplicando ciascun elemento della sommatoria al numeratore per Pi0 e ponendo Pi0
Ci0 uguale a wi l’equazione precedente diventa:

n
Pit
∑P wi
I =
0
t
i
n
i0

∑w i
i

2 Per esempio l’indice Comit è ricavato giornalmente facendo la media ponderata delle variazioni percentuali
fatte registrare dai prezzi ufficiali di tutti i titoli quotati al mercato ufficiale. Il fattore di ponderazione è
costituito dalle singole capitalizzazioni di borsa delle società quotate. La base dell’indice è riferita al 1972 ed è
pari al valore 100.

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In altri casi l’indice si costruisce come media semplice di prezzi divisa per un opportuno divisore che
viene continuamente modificato per tener conto di operazioni sul capitale, in particolare
frazionamenti (stock splits). In questo modo, ad esempio, è calcolato il Dow Jones Industrial Average
(DJIA) come risulta dalla seguente formula:

30

∑P i
DJIA = i

Dt

nella quale Pi è il prezzo del titolo i-esimo e Dt è il valore che il divisore assume al tempo t.
Nonostante poco sofisticato sul piano statistico deve osservarsi che l’indice in questione è tenuto in
gran conto dagli investitori statunitensi. D’altro canto esso pare seguire molto fedelmente gli
andamenti dello S&P 500.
Il numero indice dei corsi azionari, espressione solitamente sostituita con quella più breve di
indice di Borsa o indice azionario, è un dato puntuale che evidenzia l'evoluzione generale dei
corsi delle azioni. Tale valore, che sintetizza l'andamento del mercato mobiliare, è il più diffuso e
noto tra gli indicatori e viene impiegato ampiamente anche al di fuori del settore finanziario per il
suo significato segnaletico del clima economico generale. Gli indici di Borsa sono una variabile
artificiale in cui si cerca di concentrare il massimo di correlazione con l'andamento dei prezzi di tutti
i titoli che si considerano. Sono particolari tipi di indici composti dei prezzi che raccolgono i corsi
azionari di una determinata seduta di Borsa o di un certo momento della stessa.
Generalmente si suole distinguere fra indici sottostanti i derivati e indici informativi: nel primo
gruppo rientrano Mib30 e Midex, nel secondo tutti gli altri. Il Mib30 è il sottostante del suo
Future, il Fib30, e delle Mibo, le relative opzioni, mentre il Midex è al momento il sottostante solo
del rispettivo Future. Mib30 e Midex sono indici campionari, in quanto costituiti da un
ristretto numero di titoli rappresentativi del mercato. E' statisticamente dimostrato che il corso
del Mib30 è rappresentativo del Mibtel, l'indice telematico generale di Borsa Italiana, con una
correlazione prossima all'unità.
Nella seconda categoria, invece, rientrano tutti gli altri indici del Mercato Ufficiale (MTA),
Mercato Ristretto (MR) e Trading After Hours (TAH) che hanno più specificamente una funzione
informativa, descrivendo in tempo reale o a fine giornata l'andamento dei mercati finanziari italiani.

Formula generale
Tutti gli Indici (in MTA, MR, TAH) sono costruiti secondo il seguente algoritmo:

dove:

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I(t) = valore dell'indice al momento t


n = numero delle azioni componenti il paniere
p(i,0) = prezzo dell'azione i-esima alla data di revisione t0 (prezzo base) eventualmente rettificato
per un coefficiente di rettifica Ki calcolato da Borsa Italiana, secondo regole di equivalenza finanziaria
di generale accettazione, in caso di operazioni sulle azioni o sul capitale che determinano
discontinuità dei prezzi. L'intervento è effettuato per ripristinare la continuità della serie storica
q(i,0) = numero base di azioni in circolazione dell'azione i-esima
p(i,t) = prezzo dell'azione i-esima al momento t
R = attore di raccordo utilizzato per assicurare la continuità dell'indice in occasione degli
aggiornamenti del paniere, che comprende il valore della base.
La metodologia di calcolo degli indici è unica: per ognuno di essi è calcolata una media
aritmetica ponderata degli indici semplici di prezzo dei titoli azionari. L'elemento di
ponderazione è rappresentato dal valore della capitalizzazione di ciascun titolo al momento
della revisione. Nonostante l'omogeneità nella metodologia di calcolo dei differenti indici, esiste un
elemento distintivo. Gli indici Mib (generale e settoriali), Mib rnc e Imr (generale e settoriali) sono
alimentati da prezzi ufficiali; Mibtel, Mib 30, Midex, Mibtel-s, Mib30-s e Midex-s dai prezzi degli
ultimi contratti (così detti Last); Mibr e Mib30r dai prezzi di riferimento. Almeno una volta
all'anno tutti gli indici vengono revisionati per tener conto di tutti gli eventi che abbiano
modificato nel mercato l'incidenza dei titoli componenti l'indice, ma che non siano ancora
stati recepiti nel relativo paniere.
Per arrivare alla formula generale bisogna passare attraverso la costruzione dell'indice elementare
Ii(t), confrontandone il suo prezzo al tempo (t) (sia esso last, ufficiale o di riferimento) con il
rispettivo prezzo-base al tempo (t0):

Questo indice elementare viene moltiplicato per il peso dell'azione wi, ottenendo il contributo
all'indice di ciascun titolo che entra nella sua composizione. La somma dei contributi, moltiplicata
per il valore convenzionale di base, ossia 1, 10, 100, 1.000, 10.000 o altro, determina il valore
dell'indice. La formula di aggregazione del numero-indice è pertanto la seguente:

Se i pesi wi sono determinati come quote di capitalizzazione relativa, ossia

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in cui q i (0) indica il numero di titoli in circolazione della generica azione i-esima alla data di base, la
precedente espressione diviene:

Alla data di base:


ü ciascun indice elementare è sistematicamente uguale a 1;
ü la somma dei contributi è uguale alla somma dei pesi e quindi pari a 1;
ü il risultato del calcolo è rappresentato proprio dal valore della base, ossia 1, 10, 100, 1.000,
10.000 o altro che diviene poi il valore di raccordo R.
L'indice, calcolato successivamente da t(0), modificherà il proprio valore esprimendo l'andamento
dei prezzi.
Un'ultima precisazione: a seguito delle operazioni sul capitale si procede al calcolo di un coefficiente
di rettifica K secondo regole di equivalenza finanziaria. Tale coefficiente viene applicato ai prezzi e
quantità base dei titoli interessati dall'operazione per ripristinare la continuità della serie storica,
altrimenti alterata. L'intervento congiunto su prezzo e quantità base (i prezzi vengono moltiplicati e
le quantità divise per questo coefficiente) fa sì che la capitalizzazione rimanga costante e, di
conseguenza, anche i pesi.
La continuità della serie storica dei valori dell'indice, qualunque esso sia, in occasione di ogni
intervento di modifica della composizione del paniere, viene ristabilita raccordando all'ultimo valore
dell'indice rilevato prima della revisione quello calcolato secondo il paniere revisionato. Più
precisamente il "nuovo'' indice viene calcolato con base unitaria e, successivamente, moltiplicato per
l'ultimo valore con "vecchia'' composizione. Seguendo questa metodologia, si calcolano tutti gli
indici di Borsa Italiana.

Gli sviluppi deg li indic i di bor sa

Dal 1975 la Borsa elabora i propri numeri indice dei corsi azionari noti con l'acronimo MIB, Milano
Indice Borsa. In seguito ha assunto il nuovo significato di Mercato Italiano di Borsa.

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L'indice Mib era realizzato in due versioni, generale e settoriale, e in due differenti tipologie fino
alla fine del 1999, storico e corrente. Il primo, lo storico, aveva base 2 gennaio 1975 uguale a 1.000 e
la sua serie storica prosegue tutt'oggi con continuità; l'indice corrente, invece, aveva base 1.000
fissata all'ultima seduta borsistica di ogni anno con validità limitata all'arco di tale periodo, ma dal
gennaio 2000 Borsa Italiana ne ha interrotto il calcolo e la diffusione. Fino al 1993, inoltre, l'indice
Mib è stato elaborato con due distinte modalità: la prima utilizzava soltanto i prezzi di listino ("Mib
a listino''), mentre la seconda accoglieva tutti i prezzi registrati durante la riunione, compresi quelli
espressi nella cosiddetta "fase di durante'' ("Mib continuo''). Nel complesso, tali tipologie
soddisfacevano diverse esigenze: per i confronti di lungo periodo si impiegava il Mib storico; per i
riferimenti più prossimi si poteva ricorrere per comodità anche al Mib corrente e, infine, per
valutazioni sull'andamento dei prezzi nel corso della stessa seduta di Borsa si faceva riferimento al
Mib continuo.
Dopo l'entrata in funzione del sistema telematico che ha consentito la negoziazione continua,
l'indice Mib continuo è stato sostituito dal più consono indicatore specifico, il Mibtel (=Mib
telematico) a partire dal 16 luglio 1993 (ora calcolato con base 3.1.1994=10.000). Il passaggio dal
Mib continuo al Mibtel è dovuto proprio allo sviluppo del sistema telematico. Grazie al
completamento di tale processo tutti gli indici, che dall'inizio rappresentavano l'andamento della
sola Borsa di Milano, hanno assunto il significato di indicatori del mercato borsistico italiano nel
suo complesso. Infatti il sistema telematico ha consentito di collegare in un unico circuito nazionale
le preesistenti dieci Borse regionali presenti sul territorio italiano.
Dal 3 gennaio 1979 anche il Mercato Ristretto di Milano è stato seguito da un suo indice dei prezzi,
denominato IMR (=Indice del Mercato Ristretto). Inoltre a decorrere dal 2 gennaio 1989 si è
avviato il calcolo del Mibrnc, ossia l'indice delle azioni di risparmio non convertibili quotate sul
mercato ufficiale. Dall'ottobre del 1994 è stato introdotto il Mib30, parametro di riferimento grazie
alla sua valenza strettamente operativa e su cui verrà utilizzato quale sottostante per i derivati. Dal
novembre 1997, viene costruito il Midex con diffusione dei dati storici a partire dal 1994.
Dal gennaio 2000 è calcolato e diffuso il Mib-R, l'indice Mib calcolato sui prezzi di riferimento come
già previsto per il Mib30 R; inoltre da maggio a seguito dell'apertura serale dei mercati con il
Trading After Hours, Borsa Italiana calcola e diffonde tre indici informativi, il Mibtel-s, Mib30-s e
Midex-s, secondo le medesime modalità con cui sono calcolati tali indici nella sessione diurna.
Le operazioni di elaborazione e diffusione al pubblico di tutti gli indici sono effettuate, per conto di
Borsa Italiana spa, dalla società informatica Sia spa tramite la propria rete capace di collegamenti in
Italia e all'estero. La loro revisione è effettuata direttamente da Borsa Italiana spa e riguarda
essenzialmente i seguenti momenti:
ü la rettifica dei prezzi base in occasione di operazioni sul capitale con stacco di diritti;
ü l'esclusione di titoli per i quali venga revocata la quotazione;
ü la revisione periodica necessaria al ripristino delle necessarie condizioni di rappresentatività
degli indicatori;
ü la gestione dei settori merceologici di alcuni indici, ossia l'attribuzione dei singoli titoli ai
comparti di appartenenza, ove prevista.

Borsa Italiana calcola e diffonde giornalmente i seguenti indici del Mercato Telematico
Azionario :

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a) MIB: (base 02.01.1975=1.000) è l'indice informativo relativo a tutte le azioni quotate in Borsa
Italiana, riflettendo così l'andamento dell'intero mercato mobiliare e, nelle sue versioni settoriali, dei
differenti comparti rappresentativi dell'economia nazionale. L'indice è di tipo aperto e permette
quindi l'inserimento dei nuovi titoli quotati e l'esclusione dei titoli cancellati in qualunque
giorno dell'anno senza che per questo si debba attendere la revisione annuale. In tali occasioni
le procedure di elaborazione permettono un ricalcolo immediato dei pesi, così da mantenere al
meglio la necessaria rappresentatività dell'indicatore e il raccordo del valore risultante con l'ultimo
dato antecedente tale operazione. Tale indice è calcolato una sola volta al giorno al termine
della seduta di Borsa utilizzando i prezzi ufficiali di tutti i componenti. La revisione della
composizione dell'indice attraverso l'aggiornamento del numero base delle azioni e del prezzo base
(prezzo ufficiale alla data di revisione) di tutti i componenti avviene annualmente. La data di
revisione coincide con l'ultimo giorno dell'anno di Borsa aperta. Trattandosi di un indice di tipo
aperto, l'inserimento di nuove azioni quotate e l'esclusione di quelle revocate può avvenire in
qualunque giorno dell'anno senza dover attendere la revisione annuale dell'indice.

b) MIB SETTORIALI: (base 30.12.1994 =1.000) sono 23 indici informativi calcolati su panieri
che riflettono la suddivisione settoriale del Listino ufficiale. Vengono calcolati alla chiusura di ogni
seduta, utilizzando i prezzi ufficiali dei rispettivi componenti. Esistono 3 macrosettori: Industriali,
Servizi e Finanziari. Al loro interno si distinguono 20 microsettori.
Il Mib Industriali raggruppa 10 microsettori, descritti da altrettanti indici: Auto, Cartari, Chimici,
Costruzioni, Elettronici Elettr., Impianti Macchine, Industriali Diversi, Minerali Metallurgici e
Petroliferi., Tessili Abbigliamento ed Accessori.
Nel Mib Servizi si distinguono 4 microsettori: Distribuzione, Media, Servizi Pubblica Utilità,
Trasporti Turismo.
Nel Mib Finanziari rientrano 6 microsettori: Assicurazioni, Banche, Finanziari di partecipazione,
Finanziarie- diversi, Immobiliari, Servizi Finanziari.

c) MIB RNC: (base 02.01.1989=1.000) è l'indice informativo delle azioni di risparmio non
convertibili calcolato una sola volta al giorno al termine della seduta di negoziazione utilizzando il
prezzo ufficiale di tutti i componenti. Ad esso si applicano, in quanto compatibili, le stesse regole di
gestione del MIB. Non è prevista alcuna versione settoriale.
Il calcolo di questo indice è legato alla emissione delle azioni di risparmio nel periodo 1985-86, così
detto boom borsistico. Si è pertanto ritenuto opportuno predisporre un indice ad hoc che
riassumesse il comportamento specifico di questa tipologia di titoli.

d) MIB-R: (base 02.01.1975=1.000) è l'indice informativo relativo a tutte le azioni quotate in


Borsa ed è calcolato una sola volta al giorno al termine della seduta di Borsa, utilizzando i prezzi di
riferimento di tutti i componenti.

e) MIBTEL: è l'indice informativo relativo a tutte le azioni quotate in Borsa Italiana


calcolato giornalmente durante la fase della negoziazione continua con frequenza di un
minuto sulla base dei prezzi degli ultimi contratti conclusi su ciascuna azione componente. Il
MIBTEL (base 03.01.1994=10.000) è un indice generale che comprende tutte le azioni nazionali

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quotate in Borsa. E' diffuso ad ogni fixing (attualmente il tempo di fixing è pari a un minuto)
utilizzando i prezzi degli ultimi contratti conclusi di tutti i componenti. La revisione annuale, con
l'aggiornamento del numero base delle azioni e del prezzo base (prezzo degli ultimi contratti
conclusi alla data di revisione) di tutti i componenti, avviene l'ultimo giorno dell'anno di Borsa
aperta. Ad esso si applicano, in quanto compatibili, le stesse regole di gestione del MIB. Non è
prevista alcuna versione settoriale.
Mibtel, acronimo di Mercato Italiano della Borsa Telematica, è nato quale indice dei titoli azionari
nazionali quotati sul sistema telematico italiano; più agile e rispondente alle esigenze operative
rispetto ai suoi predecessori, Mibtel ha richiesto da un lato qualche mutamento nelle abitudini ma,
dall'altro, ha certamente portato una comprensione più completa dell'evoluzione generale dei prezzi
espressi dal mercato. Infatti con il suo valore puntuale fotografa in ogni istante (ogni minuto)
l'andamento dei corsi del mercato continuo. Una giornata di Borsa vede, quindi, una successione di
valori di Mibtel calcolati sui prezzi fissati durante la seduta sino alle ore 17.30. Come Mib, Mibtel si
configura un indice a base "aperta'' e, pertanto, in ogni giorno dell'anno ha la possibilità di recepire
nuovi titoli o di escludere quelli che non abbiano più i requisiti per farne parte.
Dopo l'avvento di Mibtel, l'indice Mib ha mantenuto la sua specifica capacità segnaletica: esso,
infatti, continua ad essere calcolato poiché mantiene invariata la proprietà di rispecchiare
l'andamento medio (in senso temporale) della giornata di Borsa. In altre parole, mentre Mibtel
registra numerosi valori tutti di pari dignità, uno al minuto, Mib rileva un solo valore
esclusivamente alla fine della giornata. Tale differenza caratterizza i due indici, i quali vanno
utilizzati per la loro particolare valenza. Questa osservazione, apparentemente banale, è invece
rilevante: accade sovente, infatti, che l'andamento della giornata venga un po' semplicisticamente
espresso dalla variazione percentuale ultimo Mibtel oggi/ ultimo Mibtel ieri. E' ovvio che l'ultimo
valore può essere prossimo a quello medio della seduta, come accade in giornate tranquille. Ma in
occasione di periodi caratterizzati da forti rialzi o ribassi, le indicazioni emergenti dal confronto del
Mibtel a fine seduta risultano talora diverse o perfino contrastanti con quelle desunte dall'indice
medio dell'intera seduta. E' pertanto evidente come Mib e Mibtel possono offrire informazioni
differenti. Vi è modo peraltro di simulare approssimativamente il comportamento di Mib calcolando
una media di tutti i valori di Mibtel nella seduta.

f) MIB 30: è l'indice sintetico elaborato su base campionaria costituito dai 30 titoli principali
più capitalizzati e scambiati sul listino, ed è utilizzato come sottostante dei prodotti
derivati. L'indice viene calcolato giornalmente durante la fase della negoziazione continua con
frequenza di un minuto sulla base dei prezzi degli ultimi contratti conclusi su ciascuna azione
componente.
g) MIB 30- R: è l indice MIB30 calcolato con i prezzi di riferimento al termine di ogni giornata
borsistica.

h) MIDEX: è l'indice sintetico elaborato su base campionaria costituito dai 25 titoli


successivi a quelli che compongono il MIB 30, sempre selezionati in base alla
capitalizzazione e scambi sul listino, ed è utilizzato come sottostante dei prodotti derivati.
L'indice viene calcolato giornalmente durante la fase della negoziazione continua con frequenza di
un minuto sulla base dei prezzi degli ultimi contratti conclusi su ciascuna azione componente.

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Indici del Mercato Ristretto


Appartengono, invece, al Mercato Ristretto di Borsa Italiana calcolati e diffusi quotidianamente :
i) IMR: (base 03.01.1979= 1.000) è l'indice informativo composto da tutte le azioni ammesse alle
negoziazioni nel Mercato Ristretto. Viene calcolato sulla base dei prezzi ufficiali e diffuso una sola
volta al giorno al termine delle negoziazioni su tale mercato. E' calcolato alla fine di ciascuna seduta
di Borsa sulla base dei prezzi ufficiali.
j) IMR SETTORIALI: sono 2 indici informativi, IMR Bancarie e IMR Altre, calcolati su panieri
che riflettono la suddivisione settoriale del Mercato Ristretto. Sono diffusi nella versione "storico" e
vengono calcolati alla chiusura di ogni seduta utilizzando i prezzi ufficiali dei rispettivi componenti.

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Per la sessione serale del Trading After Hours Borsa Italiana ha disegnato specifici indici (Mibtel-
s, Mib30-s e Midex-s) che replicano le modalità di calcolo del Mibtel, Mib30 e Midex partendo dai
loro valori delle 17.30. Per ogni strumento negoziato è calcolato un prezzo medio giornaliero
definito come media ponderata dell'intera quantità negoziata nella sessione after hours al
netto della quantità scambiata mediante l'utilizzo della funzione cross order nel corso della
fase di cross order book.
Il valore di questi indici, diffusi nella sessione after hours, ha funzione solo informativa; nel giorno
successivo, infatti, le variazioni degli indici continui andranno riferite ai valori di chiusura della
sessione diurna.
Pertanto nella sessione del TAH Borsa Italiana calcola e diffonde:
k) MIBTEL-s: è l'indice relativo a tutte le azioni, calcolato durante la fase di negoziazione continua
del mercato TAH con frequenza di un minuto sulla base dei prezzi degli ultimi contratti conclusi su
ciascun componente.
l) MIB30-s : è l'indice relativo a tutte le azioni componenti l'indice MIB30, calcolato durante la fase
di negoziazione continua del mercato TAH con frequenza di un minuto sulla base dei prezzi degli
ultimi contratti conclusi su ciascun componente;
m) MIDEX-s: è l'indice relativo a tutte le azioni componenti l'indice MIDEX, calcolato durante la
fase di negoziazione continua del mercato TAH con frequenza di un minuto sulla base dei prezzi
degli ultimi contratti conclusi su ciascun componente.

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Il M idex

Il MIDEX (base 31.12.1994=10.000) è l'indice sintetico delle 25 azioni nazionali quotate in


Borsa selezionate principalmente sulla base di criteri di liquidità e di capitalizzazione
classificatesi successivamente a quelle che rientrano nel MIB 30. E' utilizzato quale sottostante
per le contrattazioni di strumenti derivati. I criteri di calcolo e di gestione dell'indice MIDEX
nonché la tempistica degli interventi sono analoghi a quelli adottati per l'indice MIB 30. E' diffuso
ad ogni fixing (attualmente pari a un minuto) utilizzando i prezzi dell'ultimo contratto
concluso su tutti i componenti. Non è prevista alcuna versione settoriale.
La selezione dei titoli che compongono MIDEX è così effettuata:
A) redazione di una graduatoria di tutte le azioni nazionali quotate in base all'indicatore
ILC (Indice di Liquidità e Capitalizzazione) determinato calcolando (con riferimento ai dati
aggiornati alla fine del mese solare precedente la data di efficacia del provvedimento), la
capitalizzazione media (CapMG), risultante dal prodotto del numero di azioni in
circolazione per la media dei prezzi ufficiali nei sei mesi precedenti (eventualmente
rettificati in seguito ad operazioni sul capitale), e il volume (controvalore) medio
giornaliero degli scambi (VolMG) relativo allo stesso semestre. Per le azioni con
operazioni di aumento di capitale in corso si assume il numero di azioni post aumento. Per
le azioni che siano entrate in quotazione immediatamente prima o durante il periodo di
osservazione vengono esclusi i primi 5 giorni di negoziazione.
Il rapporto tra le due grandezze è definito alfa dell'azione (α ):

1. determinazione, tramite la stessa metodologia, degli analoghi elementi per l'intero mercato
e del relativo rapporto denominato alfa del mercato (αm);
2. costruzione per ogni azione dell'Indicatore di Liquidità e Capitalizzazione (ILC) che
pondera i due elementi come segue:

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Dalla selezione vengono escluse le azioni appartenenti alle categorie di seguito elencate:
1. azioni selezionate per l'indice MIB 30;
2. azioni di società appartenenti al settore "Finanziarie di Partecipazione" secondo la
classificazione del Listino Ufficiale della Borsa Italiana;
3. azioni diverse dalle ordinarie, con l'eccezione del caso in cui per un singolo emittente tale
categoria sia l'unica quotata;
4. azioni con α superiore a 1.500, cioè la cui capitalizzazione media (CapMG) sia superiore a
1.500 volte gli scambi medi giornalieri (VolMG);
5. azioni con un numero di giorni di quotazione ufficiale inferiore al 50% delle sedute di Borsa
del periodo di osservazione, salvo per le azioni di nuova quotazione che si posizionino tra i
primi cinque titoli dell'indice per ILC;
6. azioni che, pur essendo quotate, non abbiano registrato scambi per un numero di sedute
superiore al 10% del numero totale di giorni di negoziazione nel periodo di osservazione;
7. azioni per le quali esiste, al momento della selezione, la ragionevole certezza che i requisiti
fondamentali per l'inclusione nell'indice (negoziazione ufficiale in Borsa, adeguate liquidità e
capitalizzazione) verranno a mancare nei mesi successivi.
Dalla graduatoria vengono selezionate le prime 25 azioni che presentino tutti i requisiti per
l'inclusione nell'indice e le eventuali neo-quotate.
Allo scopo di ridurre, tra revisioni successive, il turnover delle azioni componenti l'indice e
mantenere la rappresentatività dell'indice stesso nei confronti del segmento Mid-Cap, le azioni
comprese tra la 21 a e la 25a posizione per ILC non facenti parte del paniere precedente vengono
eventualmente sostituite dalle azioni presenti nel paniere precedente che, in base alla graduatoria
corrente, si collocano entro la 30a posizione.
L'indice MIDEX viene rivisto nella sua composizione di norma due volte l'anno, nei mesi di
marzo e settembre in concomitanza con l'aggiornamento dell'indice MIB 30. Tali aggiornamenti
hanno sempre efficacia a partire dal primo giorno di Borsa aperta successivo alla scadenza degli
strumenti derivati collegati agli indici MIB 30 e MIDEX.
Nel periodo intercorrente tra una revisione e la successiva, le azioni del paniere possono essere
escluse per uno dei seguenti motivi:
1. cancellazione dalla negoziazione ufficiale;
2. sospensione dalla negoziazione ufficiale per più di 10 giorni consecutivi di Borsa aperta;
3. perdita significativa e accertata di liquidità e/o capitalizzazione.
In questi casi, le azioni che escono dal paniere vengono sostituite da quelle successive nella
graduatoria stilata in base all'indicatore ILC dell'ultima revisione e viene effettuato il ricalcolo dei
pesi dell'intero paniere utilizzando quale prezzo-base per tutte le azioni quello di apertura del
giorno stesso in cui diviene efficace l'aggiornamento e come numero-base delle azioni quello
presente sul Listino Ufficiale tre giorni di Borsa aperta antecedenti tale intervento.
Nell'ipotesi in cui una azione componente il paniere sia interessata, nel periodo, da un'operazione di
aumento di capitale si assume, per quest'ultimo, quale numero-base di azioni quello post aumento.
1. La base dell'indice è fissata uguale a 10.000 alla data del 31 dicembre 1994.
2. Il calcolo dell'indice MIDEX è effettuato tramite la seguente espressione:

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dove:
i = azione i-esima
t = istante in cui è rilevato il prezzo dell'azione i-esimo
T = istante in cui diviene efficace l'aggiornamento del paniere
n = numero di azioni nel paniere (pari a 25)

peso dell'azione i-esima, che rappresenta l'incidenza percentuale nell'indice di ciascun


componente, è dato dal rapporto tra la sua capitalizzazione e quella dell'intero paniere (ciascuna
calcolata alla data T di avvio di ogni aggiornamento del paniere)

prezzo corrente dell'azione i-esima al tempo t (prezzo dell'ultimo contratto concluso alla
scadenza di un intervallo di tempo prestabilito e configurabile). In caso di sospensione si
utilizzerebbe il prezzo dell'ultimo contratto negoziato prima della sospensione

prezzo base (prezzo di apertura del giorno in cui diviene efficace qualsiasi aggiornamento
dell'indice). Qualora entro il termine della seduta non fosse determinato il prezzo di apertura di uno
o più strumenti finanziari componenti l'indice la Borsa Italiana fissa il prezzo di tali strumenti
finanziari, ai fini della determinazione del valore dell'indice di raccordo e dei pesi, sulla base dei
prezzi registrati nell'ultima seduta, tenuto conto di eventuali altri elementi oggettivi a disposizione

numero di azioni in circolazione dell'i-esimo componente al tempo 0 (data di aggiornamento


del paniere)

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coefficiente di rettifica per l'azione i-esima calcolato dalla Borsa Italiana al verificarsi di
operazioni sul capitale delle società rappresentate nell'indice. E' diverso da 1 solo in caso di
operazione sul capitale dell'azione i-esimo e viene riportato ad 1 in occasione di ogni aggiornamento
del paniere

attore di raccordo utilizzato per mantenere la continuità dell'indice in occasione degli


aggiornamenti del paniere o dei pesi delle azioni
La precisione relativa agli elementi necessari al calcolo dell'indice è di 8 cifre decimali.

L'indice MIDEX viene calcolato durante la fase di negoziazione continua di ogni seduta di
Borsa. In occasione di ogni aggiornamento nella composizione dell'indice, a causa di motivi tecnici
legati alle procedure di raccordo, la diffusione del primo valore dell'indice può subire un ritardo di
circa 15 minuti.
Nei casi di sospensione di una delle azioni del paniere, per il calcolo dell'indice si utilizza il prezzo
dell'ultimo contratto concluso ante-sospensione, eventualmente rettificato a seguito di operazioni
sul capitale.
La diffusione in tempo reale al pubblico avviene, ad intervalli di un minuto.
In caso di operazioni sul capitale effettuate da una delle società emittenti rappresentate nel paniere
che determinano la discontinuità dei prezzi dell'azione, sorge la necessità di ripristinarne la
continuità della serie storica. Più precisamente, la Borsa Italiana opera, in tali occasioni, nel
seguente modo:
1. rileva il prezzo ufficiale dell'azione i-esima interessato dall'operazione sul capitale relativo
alla giornata precedente l'avvio dell'operazione stessa;
2. calcola in via teorica il corrispondente prezzo post-operazione. Esso deriva sempre da una
condizione di parità finanziaria tra il valore complessivo della categoria di azioni prima e
dopo l'operazione stessa;
3. determina un coefficiente di rettifica (Kit), come rapporto tra il prezzo teorico post-
operazione e il prezzo ufficiale ante-operazione;
4. moltiplica il prezzo-base dell'azione i-esimo per tale coefficiente;
5. divide il numero di azioni per il coefficiente di rettifica medesimo allo scopo di mantenere
invariata la ponderazione.
Nel caso di scissione di una delle società del paniere in due o più società, queste ultime rimangono
nell'indice MIDEX fino alla revisione successiva ed i pesi dei componenti vengono ricalcolati
utilizzando quale prezzo-base per tutte le azioni quello di apertura del giorno stesso in cui diviene
efficace la scissione e come numero-base delle azioni quello presente sul Listino Ufficiale tre giorni
di Borsa aperta antecedenti tale intervento. Nell'ipotesi in cui un titolo componente il paniere sia
interessato, nel periodo, da un'operazione di aumento di capitale si assume, per quest'ultimo, quale
numero-base di azioni quello post-aumento.

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Nel caso, invece, di fusione tra due o più società rappresentate nell'indice si procede alla sostituzione
delle azioni cancellate con quelle successive nella graduatoria stilata in base all'indicatore ILC
dell'ultima revisione, e viene effettuato il ricalcolo dei pesi dell'intero paniere utilizzando quale
prezzo-base per tutte le azioni quello di apertura del giorno stesso in cui diviene efficace la fusione e
come numero-base delle azioni quello presente sul Listino Ufficiale tre giorni di Borsa aperta
antecedenti tale intervento. Nell'ipotesi in cui un'azione componente il paniere sia interessata, nel
periodo, da un'operazione di aumento di capitale si assume, per quest'ultima, quale numero-base di
azioni quello post-aumento.
Interventi sull'indice MIDEX in caso di stacco dei dividendi:
1. Dividendi ordinari: l'indice MIDEX non prevede alcun aggiustamento per lo stacco dei
dividendi ordinari dalle azioni componenti il paniere. Per superare ogni errata
percezione di discontinuità da parte del mercato viene calcolata, in tali occasioni, l'incidenza
in termini sia assoluti (punti-indice) sia percentuali e la risultanza viene diffusa attraverso i
canali informativi abitualmente utilizzati dagli operatori.
2. Dividendi straordinari: al fine di dare continuità all'indice MIDEX si applica all'azione
interessata un opportuno coefficiente di rettifica (k) sia al prezzo base che al numero
delle azioni.
Tale coefficiente viene calcolato nel seguente modo:
[(Prezzo ufficiale del giorno antecedente lo stacco del dividendo straordinario - dividendo
straordinario) / Prezzo ufficiale del giorno antecedente lo stacco del dividendo
straordinario]
La continuità della serie storica dell'indice, in occasione di ogni aggiornamento dei pesi o delle
azioni del paniere, viene ristabilita raccordando l'ultimo valore dell'indice con vecchia composizione
al primo valore calcolato sul nuovo paniere tramite un coefficiente di raccordo (RT). Più
precisamente l'indice a nuova composizione viene ri-calcolato con la sua base originaria (10.000) ed
in seguito moltiplicato per RT, ultimo valore dell'indice rilevato prima dell'aggiornamento
utilizzato in base unitaria (valore dell'indice/10.000)

Il MI B3 0

Il MIB 30 (base 31.12.1992=10.000) è l'indice sintetico delle prime 30 azioni nazionali quotate
in Borsa selezionate principalmente sulla base di criteri di liquidità e capitalizzazione. E'
utilizzato quale sottostante per le contrattazioni di strumenti derivati. E' aggiornato di norma
nella sua composizione nei mesi di marzo e settembre salvo anticipi o posticipi dovuti al
verificarsi di eventi eccezionali. In occasione della revisione ordinaria o al verificarsi di condizioni di
esclusione delle azioni dal paniere si procede, per tutti i componenti, all'aggiornamento del numero
base delle azioni e del prezzo base (prezzo di apertura alla data di revisione). E' diffuso ad ogni
fixing (attualmente il tempo di fixing è pari a un minuto) utilizzando i prezzi dell'ultimo
contratto concluso su tutti i componenti. Non è prevista alcuna versione settoriale. Il
procedimento relativo alla composizione dell’indice è molto simile a quella dell’indice MIDEX
esaminato prima. La selezione delle azioni che compongono l'indice MIB 30 è così effettuata:

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• redazione di una graduatoria di tutte le azioni nazionali quotate in base all'indicatore ILC
(Indice di Liquidità e Capitalizzazione) determinato calcolando (con riferimento ai dati
aggiornati alla conclusione del mese solare che precede la data di efficacia del
provvedimento) la capitalizzazione media (CapMG), risultante dal prodotto del numero di
titoli in circolazione per la media dei prezzi ufficiali nei sei mesi precedenti (eventualmente
rettificati in seguito ad operazioni sul capitale) e il volume (controvalore) medio giornaliero
degli scambi (VolMG) relativo allo stesso semestre.
Per le azioni con operazioni di aumento di capitale in corso si assume il numero di azioni post
aumento. Per le azioni che siano entrate in quotazione immediatamente prima o durante il periodo
di osservazione vengono esclusi i primi 5 giorni di negoziazione.
Il rapporto tra le due grandezze è definito alfa dell'azione (α ):

• con la stessa metodologia e sulla base di analoghi elementi, viene calcolato per l'intero
mercato il rapporto denominata alfa del mercato (α m);
• per ogni azione viene calcolato un Indicatore di Liquidità e Capitalizzazione (ILC) che
pondera i due elementi come segue:

• in base all'indicatore ILC viene redatta la graduatoria delle azioni e vengono incluse nel
paniere quelle con ILC più elevato.

Dalla selezione sono escluse:


• tra le varie categorie di azioni (ordinarie, di risparmio, privilegiate) di una medesima società,
quelle con ILC più basso, per includere una sola categoria nell'indice;
• le azioni con periodo di quotazione ufficiale non sufficientemente significativo, fatta
eccezione per le azioni la cui capitalizzazione sia pari o superiore al 3% della capitalizzazione
corrente dell'intero mercato comprensiva di quella della nuova azione;
• le azioni per le quali esiste, al momento della selezione, la ragionevole certezza che i
requisiti fondamentali per l'inclusione nell'indice (quotazione ufficiale in Borsa, elevata
liquidità, elevata capitalizzazione) verranno a mancare nei sei mesi successivi;
• gli strumenti finanziari con "α dell'azione" superiore a 10.000, per evitare che le azioni con
un livello di liquidità scarso o insignificante, ancorché caratterizzate da capitalizzazione
elevata, entrino a far parte dell'indice.

Come già detto, l’indice MIB 30 viene aggiornato nella sua composizione di norma due volte l'anno,
nei mesi di marzo e settembre (revisioni ordinarie). Tali aggiornamenti hanno sempre efficacia a
partire dal primo giorno di Borsa aperta successivo alla scadenza degli strumenti derivati collegati
all'indice, salvo che per specifici ed ulteriori casi. In considerazione degli eventi eccezionali di
seguito descritti le revisioni ordinarie possono essere, tuttavia, anticipate o posticipate (previa
tempestiva comunicazione al mercato) laddove sia ritenuto necessario non effettuare interventi
troppo ravvicinati che possano creare situazioni di elevata volatilità dei corsi azionari dovuti al
riaggiustamento dei portafogli:

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• operazioni di scissione nel caso in cui da una delle società del paniere derivino due società con
caratteristiche tali, in termini di liquidità e capitalizzazione, da essere comprese nell'indice.
In tale eventualità la revisione ha efficacia dal giorno di ammissione a quotazione della
nuova società. Viceversa, nel caso in cui da una società presente nel paniere ne venga
scorporata una nuova che non presenti, a sua volta, le caratteristiche necessarie per
l'inclusione tra le trenta e che non pregiudichi i requisiti della prima, se ne mantiene il peso
invariato (nonostante la diluizione dei prezzi e quindi della capitalizzazione di mercato)
applicando al suo prezzo-base e al suo numero-base di azioni un opportuno coefficiente di
rettifica;
• quotazione di nuove azioni la cui capitalizzazione sia pari o superiore al 3% della
capitalizzazione corrente dell'intero mercato comprensiva di quella della nuova azione.
Nel periodo intercorrente tra una revisione e la successiva, le azioni del paniere possono venire
escluse per uno dei seguenti motivi:
• cancellazione dalla quotazione ufficiale;
• sospensione dalla quotazione ufficiale per più di 10 giorni consecutivi di Borsa aperta;
• perdita rilevante e accertata di liquidità o capitalizzazione.
In questi casi, le azioni escluse dal paniere vengono sostituite da quelle successive nella graduatoria
stilata in base all'indicatore ILC dell'ultima revisione e viene effettuato il ricalcolo dei pesi
dell'intero paniere utilizzando quale prezzo-base per tutte le azioni quello di apertura del giorno
stesso in cui diviene efficace l'aggiornamento e come numero-base delle azioni quello presente sul
Listino tre giorni di Borsa aperta antecedenti tale intervento. Nell'ipotesi in cui un'azione
componente il paniere sia interessata, nel periodo, da un'operazione di aumento di capitale si
assume, per quest'ultima, quale numero-base di azioni quello post aumento.
La base dell'indice è stata fissata uguale a 10.000 alla data del 31 dicembre 1992.
Il calcolo dell'indice MIB 30 è effettuato tramite la seguente espressione:

dove:
W(i) = p(0,i)*q(0,i), indica il vettore dei pesi posti eguali alle capitalizzazioni delle azioni; p(0,i) e
q(0,i) sono rispettivamente il prezzo-base ed il numero-base delle azioni in circolazione della
generica azione i-esima;
I(t,i) è l'indice elementare dell'azione i-esima, ossia il rapporto tra p(t,i) e p(0,i);
I(t) è il valore dell'indice MIB 30 al momento t;
n è uguale a 30.
La formula può essere anche espressa nel seguente modo:

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dove:
• il prezzo-base p(0,i) di ogni azione è il suo valore al momento scelto quale base o quale data
di revisione dei componenti dell'indice. In particolare, per il calcolo di MIB 30 viene
utilizzato il prezzo di apertura della seduta in cui si effettua l'aggiornamento
dell'indice. Qualora entro il termine della seduta non fosse determinato il prezzo di
apertura di uno o più strumenti finanziari componenti l'indice la Borsa Italiana fissa il
prezzo di tali strumenti finanziari, ai fini della determinazione del valore dell'indice di
raccordo e dei pesi, sulla base dei prezzi registrati nell'ultima seduta, tenuto conto di
eventuali altri elementi oggettivi a disposizione;
• il peso, cioè l'incidenza percentuale di ciascun componente, è dato dal rapporto tra la sua
capitalizzazione (calcolata utilizzando il numero delle azioni presenti sul listino 3 giorni
prima della revisione, ad eccezione delle azioni con operazioni di aumento di capitale in
corso, per le quali si assume il numero di azioni post aumento) e quella dell'intero paniere
(somma delle capitalizzazioni dei trenta titoli);
• il prezzo corrente p(t,i) è l'ultimo prezzo fatto registrare da ciascuna azione inclusa nel
paniere alla scadenza di un intervallo di tempo prestabilito e configurabile (fixing) che
attualmente è pari a un minuto.
Nei casi di sospensione di una delle azioni del paniere, per il calcolo dell'indice si utilizza il prezzo
dell'ultimo contratto concluso ante-sospensione, eventualmente rettificato a seguito di operazioni
sul capitale. La precisione relativa agli elementi necessari al calcolo dell'indice è di 8 cifre decimali.

In caso di operazioni sul capitale o sulle azioni effettuate da una delle società emittenti
rappresentate nel paniere che determinano la discontinuità dei prezzi delle azioni, sorge la necessità
di ripristinarne la continuità della serie storica. Ciò si ottiene applicando al prezzo-base p(0,i) delle
azioni interessate un opportuno coefficiente di rettifica (k) determinato secondo le regole di
equivalenza finanziaria di generale accettazione, nonché bilanciando la variazione del prezzo-base
p(0,i) di cui sopra mediante la variazione in misura reciproca del numero di azioni. Più precisamente,
in caso di operazioni sul capitale o sulle azioni, la Borsa Italiana effettua le seguenti operazioni:
• considera il prezzo ufficiale "cum-diritto" delle azioni interessate relativo alla giornata
precedente l'operazione sulle azioni ovvero lo stacco dei diritti;
• calcola in via teorica il corrispondente prezzo "rettificato". Esso deriva da una condizione di
parità finanziaria tra il valore complessivo della categoria di azioni emesse prima e dopo
l'operazione;
• determina un coefficiente di rettifica, come rapporto tra il prezzo teorico calcolato e il
prezzo "cum-diritto";
• moltiplica il prezzo-base precedente l'operazione per tale coefficiente;
• divide il numero di azioni per il coefficiente di rettifica medesimo allo scopo di mantenere
invariata la ponderazione.

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Nel caso di stacco dei dividendi bisogna distinguere se si tratta di dividendi ordinari o
straordinari, così come fato con il MIDEX; infatti:
• Dividendi ordinari: l'indice MIB 30 non prevede alcun aggiustamento per lo stacco dei
dividendi ordinari dalle azioni componenti il paniere. Per superare ogni errata percezione di
discontinuità da parte del mercato viene calcolata, in tali occasioni, l'incidenza in termini sia
assoluti (punti-indice) sia percentuali e la risultanza viene diffusa attraverso i canali
informativi abitualmente utilizzati dagli operatori.
• Dividendi straordinari: al fine di dare continuità all'indice MIB 30 si applica un
coefficiente di rettifica (k), sia al prezzo base che al numero delle azioni, calcolato nel
seguente modo:
[(Prezzo ufficiale del giorno antecedente lo stacco del dividendo straordinario -
dividendo straordinario) / Prezzo ufficiale del giorno antecedente lo stacco del
dividendo straordinario]
In occasione di ogni intervento di modifica della composizione del paniere, la continuità della serie
storica dei valori dell'indice viene ristabilita raccordando all'ultimo valore dell'indice rilevato prima
della revisione quello calcolato secondo il paniere revisionato. Più precisamente, il "nuovo" indice
viene calcolato con base unitaria e, in seguito, moltiplicato per l'ultimo valore con "vecchia"
composizione (ossia quello calcolato sui prezzi di apertura il giorno stesso della revisione).

Gli indic i del Nuovo Mer c ato

A partire dal 2 gennaio 2001 è iniziata la diffusione degli indici relativi al Nuovo Mercato,
calcolati con la stessa metodologia utilizzata per gli indici generali del Mercato Telematico
Azionario.
In particolare sono stati determinati i seguenti indici determinati considerando tutte le azioni del
Nuovo Mercato:
1. NUMTEL (base 17.6.1999 = 1.000): calcolato giornalmente durante la fase di
negoziazione continua con frequenza di un minuto sulla base dei prezzi degli ultimi
contratti conclusi su ciascuna azione componente, secondo la metodologia utilizzata per
l'indice generale MIBTEL.
2. NUMEX (base 17.6.1999 = 1.000): calcolato una sola volta al giorno al termine della
seduta di negoziazione utilizzando il prezzo ufficiale di tutti i componenti, analogamente
all'indice MIB.
3. NUMEX-R (base 17.6.1999 = 1.000): calcolato una sola volta al giorno al termine della
seduta di negoziazione utilizzando il prezzo di riferimento di tutti i componenti, così come
avviene per l'indice MIB-R.
Per il mercato After Hours è prevista la diffusione di un indice (NUMTEL-s) che adotta la struttura
dell'indice NUMTEL determinato durante la fase di negoziazione continua del mercato TAH-NM
con frequenza di un minuto sulla base dei prezzi degli ultimi contratti conclusi su ciascun
componente.

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Si segnala che, a differenza della metodologia utilizzata per gli indici generali calcolati per il
Mercato Telematico Azionario, l'aggiornamento dei pesi è previsto con cadenza trimestrale - con
efficacia dal primo giorno di Borsa aperta dei mesi di gennaio, aprile, luglio, ottobre - al fine di
recepire le variazioni nelle capitalizzazioni delle azioni componenti i panieri che, considerati
volatilità dei corsi azionari e tasso di nuove ammissioni a quotazione del mercato, potrebbero essere
particolarmente rilevanti.
Tutti gli indici del Nuovo Mercato sono di tipo "aperto", per permettere l'inserimento di nuove
azioni quotate e l'esclusione dei titoli cancellati in qualunque giorno dell'anno.

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WARRANT e COVE RE D WARRANT

Sommario: Wa rra nt e cov er ed w arr ant; E ffet to lev a; Valuta zione di un co ve re d war ran t; Utilizzo e
ges tione d ei cov er ed w arr ant

War rant e Cover ed w ar rant

I primi titoli innovativi ad essere presenti sul mercato, sono stati i warrant che per lungo tempo
sono stati gli unici ad essere presenti e sono stati soprattutto emessi da società quotate al fine di
raccogliere capitale; in genere si è trattato di titoli che danno diritto all’acquisto di azioni della
società emittente stessa, e vengono lanciati congiuntamente a prestiti obbligazionari,
aumenti di capitale, oppure attraverso emissioni isolate. Si tratta di una facoltà che può essere
negoziata separatamente, oppure accompagnare un titolo di riferimento. (Per ampliare quanto
sinteticamente affermato, si rinvia a quanto illustrato in materia di obbligazioni cum warrant).
La ricerca da parte degli investitori, soprattutto istituzionali negli anni ‘80, di prodotti innovativi
con caratteristiche diverse, e l’interesse mostrato in particolare nei confronti dei warrant, ha spinto
le banche a creare un nuovo mercato. Inizialmente sono stati creati prodotti che erano il risultato di
trasformazioni di warrant esistenti emessi da società quotate sui propri titoli (in genere si è
proceduto con una ridenominazione in altra valuta dei warrant esistenti, o nel proporre date di
esercizio diverse).
Il passo successivo fu quello di organizzare, a partire dalla fine degli anni ‘80 sul mercato tedesco e
su quello svizzero, delle emissioni di warrant ad hoc, che avevano come riferimento, non più solo
singoli titoli azionari, ma anche indici di borsa (DAX, S&P500, etc.), valute (Dollaro/Marco,
Dollaro/Yen, etc.) e tassi di interesse. E inoltre vennero emessi anche nella versione put, che
consente di assumere una posizione ribassista sul sottostante di riferimento (mentre i warrant
emessi da società quotate sono per ovvie ragioni, solo di tipo call).
Da allora, accanto al mercato dei warrant, si è posto il mercato europeo dei covered warrant che è
cresciuto a ritmi vertiginosi fino a raggiungere i livelli attuali di sviluppo.
Fino all'inizio del 1998 i covered warrant offerti sul mercato italiano non erano quotati su alcun
mercato ufficiale domestico, ma lo erano principalmente alla borsa di Francoforte e del
Lussemburgo, e pertanto le contrattazioni avvenivano sul mercato interbancario tra un market
maker (normalmente l'emittente) e un intermediario (banca o SIM).
In seguito al recepimento da parte di Consob dei nuovi regolamenti della Borsa Italiana Spa, ora i
Covered Warrant sono quotati al MCW, mentre i warrant continuano ad essere quotati al MTA.
Questo comporta naturalmente una maggior facilità di accesso allo strumento sia da parte degli
investitori sia da parte degli intermediari, e pertanto un incremento dei volumi trattati, oltre che
un più elevato grado di trasparenza del mercato.
Volendo delineare le differenze e le similitudini, vale la pena si ricordare le caratteristiche
tecniche del warrant, che può essere considerato come un’ opzione cartolarizzata, cioè
incorporata in un titolo negoziabile e quotato, che attribuisce il diritto, ma non l'obbligo, di
comprare (warrant call) o vendere (warrant put) una determinata quantità di un'attività

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finanziaria o di una merce (il sottostante), ad un prezzo prefissato (strike price) entro una
certa data (americano) o a una certa data (europeo). Si tratta quindi di un titolo, il cui contenuto
finanziario è quello di un opzione. Infatti il warrant, così come l'opzione, attribuisce il solo diritto di
acquistare o vendere, ma non comporta l'obbligo di farlo. Questo consente di predeterminare la
perdita massima (pari nella peggiore delle ipotesi, al premio pagato per l'acquisto del warrant) pur
mantenendo delle possibilità di rendimento potenzialmente illimitato.
Pertanto il prezzo che si paga per acquistare un warrant viene detto premio. Il prezzo di
esercizio (prezzo al quale si ha diritto di acquistare o vendere l'attività sottostante) viene
detto base o strike price.
Il sottostante di riferimento dei warrant può essere rappresentato da un'attività finanziaria (un
titolo azionario, un basket di azioni, un indice di borsa, un titolo di stato o un tasso di cambio),
oppure da un bene materiale
La quantità di sottostante che il possessore del warrant ha diritto di acquistare o vendere è
determinata dal multiplo 1/1 conferisce il diritto (si dice anche "controlla") su una unità di
sottostante.
Ad esempio un warrant sul titolo zeta con multiplo 1/1 significa che ogni warrant dà diritto ad
un'azione Zeta, cioè controlla un'azione Zeta. Un warrant con multiplo 1/100 controlla un
centesimo del sottostante; viceversa un multiplo 100/1 significa che il warrant controlla 100 unità
del sottostante.

Per quanto riguarda le tipologie, i warrant call conferiscono il diritto ad acquistare, al prezzo
prefissato, il sottostante. L'acquisto di un warrant call implica una posizione rialzista sull'attività
sottostante. Spesso le fattispecie di warrant esistenti, così come accade con i covered warrant, non
prevede in nessun caso la consegna fisica dell'attività sottostante, ma si limitano a riconoscere il
diritto al differenziale (se positivo) tra la quotazione di mercato della stessa e la base del warrant.
Ad esempio supponendo di essere al 1° febbraio con il prezzo di mercato delle azioni SPA pari a
euro 25,40. Il prezzo del warrant call che controlla un'azione SPA con strike price di euro 26,00 e
con scadenza 30 aprile è di euro 1,40. Un investitore si aspetta che il prezzo delle azioni in esame
aumenti significativamente nei prossimi mesi e vuole beneficiare di un simile movimento del titolo.
Decide così di acquistare 1.000 warrant SPA call 26,00, con un esborso immediato di euro 1.400,00.
Alla scadenza il valore del warrant call sarà uguale a:
prezzo di mercato dell'azione SPA - prezzo di esercizio (se tale differenza è maggiore di 0);
oppure:
zero (qualora la suddetta differenza fosse minore o uguale a 0).
Supponiamo che il prezzo dell'azione SPA alla data di scadenza del warrant sia di euro 30,00: in
questo caso l'esercizio del warrant call 26,00 comporta un profitto netto di:
euro[(30,00-26,00)x1.000] - euro 1.400,00 = euro 2.600,00
ovvero un rendimento del 185% sul capitale inizialmente investito di euro 1.400,00.
Generalizzando ad ogni aumento del prezzo dell'azione al di sopra di euro 27,40 (= 26,00+ 1,40) il
nostro investitore realizzerà un profitto netto tanto maggiore quanto più alto sarà il prezzo del
titolo oltre il breakeven del warrant.
Qualora invece, il prezzo dell'azione Alfa fosse inferiore allo strike del relativo warrant, l'investitore
perderà nella peggiore delle ipotesi euro 1.400,00 dell'acquisto del warrant.

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Per quanto riguarda i warrant put incorporano il diritto di vendere il sottostante alle condizioni
prestabilite. Il loro acquisto implica quindi una posizione ribassista sul sottostante. Anche in
questo caso i warrant non conferiscono alcun diritto sull'attività sottostante, bensì danno diritto alla
differenza (se positiva) tra la base del warrant ed il prezzo sottostante.
Consideriamo il titolo Alfa il cui costo unitario al 3 novembre è di euro 25,40. L'investitore che si
attende un sensibile ribasso nelle settimane a venire, potrebbe decidere di beneficiare di un simile
movimento acquistando 1.000 Alfa put 24,00 con scadenza in gennaio, ciascuno dei quali controlla
un'azione Alfa ed ha un prezzo di euro 0,6. Il costo totale dell'operazione di acquisto sarà quindi di
euro 600,00. Supponiamo che alla data di scadenza del warrant il prezzo dell'azione Alfa sia
maggiore di euro 24,00. In questo caso nella peggiore delle ipotesi (cioè se l'investitore decide di
non rivendere il warrant prima della scadenza), i warrant put non sarà esercitato ed il nostro
investitore perderà la somma iniziale di euro 600,00.Tuttavia, per ogni prezzo di mercato del titolo
Alfa inferiore a euro 23,40 (ovvero al breakeven dato dalla differenza tra prezzo strike e costo di
acquisto del relativo warrant), il profitto che l'investitore otterrebbe esercitando il warrant put
risulterebbe sempre maggiore del costo sopportato per l'acquisto degli stessi. Si supponga che alla
scadenza del warrant il prezzo dell'azione Alfa sia di euro 22,00: in questo caso sarà interesse del
nostro investitore esercitare il warrant put 24,00 conseguendo un profitto netto di:
euro [(24,00-22,00)x1.000-euro 600,00 = euro 1.400,00
con un rendimento del 133% del capitale iniziale.

Nel caso di un warrant put, a differenza di quanto avviene per un call, anche il potenziale profitto è
limitato, in virtù del fatto che mentre il prezzo dell'attività sottostante può crescere all'infinito, non
potrà mai essere negativo.
Qualunque sia la tipologia di warrant, va distinto se si tratta di warrant di tipo americano che
consente l'esercizio del diritto di acquistare o vendere in qualsiasi giorno della vita del
warrant, oppure di tipo europeo,per cui i possessori possono invece esercitare il warrant solo nel
giorno di scadenza dello stesso.
L'esercizio del warrant (cioè l'esercizio del diritto di acquistare o vendere incorporato nel warrant)
può avvenire tramite la consegna fisica del sottostante (si realizza cioè una vera e propria
operazione di scambio del sottostante e del controvalore in lire); oppure attraverso la liquidazione di
un differenziale in lire pari alla differenza, se positiva, tra il valore corrente del sottostante e lo
strike price per i warrant call, viceversa per i put. La stragrande maggioranza dei covered warrant,
però, prevede l'esercizio tramite liquidazione del differenziale.
Ad esempio si consideri il warrant Beta call di tipo americano con strike 6,00, scadenza 19 marzo
200…., e multiplo pari a 1. Il warrant sopra descritto conferisce al possessore il diritto di ricevere il
differenziale, se positivo, tra il prezzo di mercato del titolo Beta e lo strike price del warrant
relativo, in qualsiasi momento tra il giorno di acquisto del warrant e la data di scadenza dello stesso.
Supponiamo che l'investitore intenda esercitare il warrant il giorno 4 settembre 200…., quando il
titolo Beta vale euro 7,80; l'investitore avrà diritto a ricevere euro (7,80 – 6,00) = euro 1,80.

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E ffetto leva

Il fine degli investitori è quello di massimizzare il rapporto tra ritorno atteso e capitale
investito esponendo i propri portafogli ad attività finanziarie tali da garantire elevati ritorni, con
un grado di rischio accettabile per l'investitore stesso. Grazie all'effetto leva, o gearing, il
warrant si candida quale mezzo ideale per il raggiungimento di un simile obiettivo.
L'effetto leva infatti consente di:
1. investire un capitale ridotto (premio) rispetto a quello necessario ad un investimento
"cash" tradizionale a parità di controllo di una determinata quantità di azioni. Si
consideri un individuo che intenda investire in 1.000 azioni Alfa il cui prezzo di mercato al
momento della decisione è di euro 7,80. l'investitore in questione può scegliere tra due
strategie alternative:
a. acquistare direttamente sul mercato 1.000 azioni Alfa con un esborso di
euro 7.800,00;
b.acquistare 1.000 warrant call 8,00 ciascuno dei quali controlla un'azione
alfa ed ha un prezzo unitario di euro 0,65. Tale operazione comporta un
esborso di soli euro 650,00, ovvero l'8,3% (circa 1/12) del capitale
necessario per realizzare la prima strategia.

2. Beneficiare di un rendimento potenziale amplificato rispetto a quello dell'attività


sottostante. Il gearing, o leva, è un indicatore che mette a confronto la redditività
potenziale di un strumento derivato come il warrant e quella di un investimento per
contanti sull'attività sottostante.

La leva, in sostanza,indica di quante volte il rendimento potenziale di un warrant è superiore


rispetto a quella di un investimento "cash".
A parità di ritorno atteso, il fatto di avere investito un capitale ridotto (premio) consente di
massimizzare la reddività potenziale.
Si supponga che il 2 maggio un investitore decide di acquistare un warrant Beta call, che controlla
una singola azione Beta, ad un prezzo unitario di euro 0,86 quando il prezzo di mercato dell'azione
sottostante è di euro 10,30. Il mese successivo il titolo Beta registra un incremento di 1.545 punti
portandosi a euro 11,85. Alla stessa data (cioè 2 giugno) l'investitore potrebbe rivendere il proprio
warrant a euro 1,42 realizzando in tal modo un rendimento del 65% sull'investimento iniziale
(contro il 15% guadagnato dal sottostante). Il warrant Beta è circa quattro volte più sensibile ad un
eventuale rialzo, rispetto all'investimento diretto sul titolo Beta.
Naturalmente, più un warrant è out-of-the money (cioè più il prezzo di esercizio è alto rispetto al
prezzo corrente o spot del titolo sottostante), minore è il suo prezzo e di conseguenza maggiore è il
suo gearing.
E' comunque opportuno precisare che la leva è una misura della redditività potenziale, che si
realizza esclusivamente se il mercato si muove nella direzione auspicata dall'investitore, ma che al
tempo stesso può essere interpretato come un indicatore della rischiosità di un determinato warrant.
Infatti, l'amplificazione del rendimento si traduce in una amplificazione (in termini percentuali) della
perdita se il mercato si dovesse muovere nella direzione opposta. Va ricordato inoltre che mentre la

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perdita massima non potrà mai superare il premio pagato inizialmente per l'acquisto del warrant, il
rendimento potenziale può essere teoricamente illimitato.

Valutazione di un Covered Warr ant

I CW presentano numerose analogie con i warrant e le options manifesta ndo come differenza
sostanziale quella di presentare una scadenza più lunga rispetto ai primi, nel concludersi per
liquidazione differenziale anziché per consegna fisica e soprattutto per essere emessi da banche o
altri intermediari finanziari.
I CW sono immessi nel sistema di gestione accentrata (come previsto nella parte II, Titolo II del D.
Legisl. n.58/98) in regime di dematerializzazione come previsto dal D. Legisl. n.213/98. La società
do gestione accentrata presso la quale i CW sono immessi in regime di dematerializzazione è la
Monte Titoli SpA. I CW possono essere trasferiti per lotti minimi del numero stabilito dalla Borsa
Italiana e descritto per ogni serie e per ogni serie per multipli interi di quello.
Il collegamento con il mercato di altri strumenti derivati impone l’effettuazione dei CW secondo i
parametri noti ed utilizzati per i suddetti strumenti.
In particolare vanno considerati il valore intrinseco (intrinsic value) ed il valore temporale
(time value) del CW. Il valore intrinseco è pari alla differenza tra il prezzo del sottostante ed
il prezzo di esercizio e corrisponde all’importo che il sottoscrittore riceve in caso di esercizio.
Tale valore può essere positivo o nullo. Da questa definizione deriva la classificazione dei CW in:
- in the money se hanno valore intrinseco positivo;
- out the money se hanno valore intrinseco pari a zero;
- at the money se il valore del sottostante coincide con il prezzo di esercizio;
Poiché il valore intrinseco rileva per quantificare il differenziale in sede di esercizio del CW,
valgono le seguenti relazioni:
valore intrinseco del CW call: (prezzo di mercato – prezzo di esercizio) x multiplo;
valore intrinseco del CW put: (prezzo di esercizio – prezzo di mercato) x multiplo.
Ad esempio considerando il valore intrinseco su un call warrant su un’azione A (il cui prezzo è 12
euro, strike 9,5 e multiplo 1/10 (0,1) è il seguente:
valore intrinseco del warrant call: (12-9,5) x 0,1 = 0,25 euro.
Se si considera il valore intrinseco su un put warrant su l’azione A (il cui prezzo è 4,3 euro, strike
4,5 e multiplo 1/10 (0,1) è il seguente:
valore intrinseco del warrant put: (4,5-4,3) x 0,1 = 0,02 euro.

Per quanto riguarda il valore temporale va detto che si tratta della differenza tra il prezzo di
mercato del warrant (premio) e il valore intrinseco e rappresenta il valore attribuito alla probabilità
che entro la scadenza il CW sia in the money.
Il valore temporale diminuisce al trascorrere del tempo, poiché si riduce la probabilità che il
prezzo del sottostante si muova nella direzione voluta. La relazione che permette di giungere
alla determinazione del valore temporale è analoga sia per il CW call che put ed è la seguente:
valore temporale dei CW call o put= (prezzo di mercato – valore intrinseco).

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Deriva dalla relazione del valore intrinseco che:


- un warrant vale sempre più del suo valore intrinseco;
- i warrant out fo the money hanno un prezzo positivo anche se il valore intrinseco è pari a zero;
- l’esercizio di un warrant prima della scadenza comporta l’ottenimento per l’investitore del solo
valore intrinseco, senza il valore temporale.

Il valore/prezzo di un CW è una delle componenti necessarie per valutare la convenienza dello


strumento; ovviamente la determinazione di questo valore non è immediata o semplice, in quanto
influenzata da una molteplicità di fattori di mercato. I fattori considerati sono i seguenti, ossia:
1. prezzo di mercato del sottostante;
2. prezzo di esercizio;
3. vita residua;
4. tasso di interesse;
5. dividendi attesi;
6. volatilità attesa.

Variazione fattore Prezzo Call Prezzo Put Misura della


di mercato variazione
Prezzo del ñ ñ ò d (delta)
sottostante
Prezzo di esercizio ñ ò ñ
Vita residua ò ò ò t (theta)
Tassi di interesse ñ ñ ò ? (rho)
Dividendi attesi ñ ò ñ f (phi)
Volatilità attesa ñ ñ ñ ? ( vega)

Si rinvia alla trattazione sulle option per considerare gli altri indicatori utilizzati per la misurazione
delle variazioni di prezzo, del premio, ecc.

Utilizzo e gest ione di un Cover ed Warr ant

L’evoluzione del mercato dei CW è stata anche indotta dalle possibilità di utilizzo e dall’adeguatezza
dello strumento per gli investitori che sono interessati a limitare le perdite commisurate all’entità
del premio pagato nel caso in cui il mercato non abbia l’andamento stimato; a fronte di questo i
profitti risultano non quantificabili a priori (profitti illimitati) nel caso in cui il mercato si muova
nella direzione prevista.
Oltre a questo aspetto va ricordato l’impatto dell’effetto leva che permette di investire un capitale
limitato rispetto a quello necessario per realizzare un’analoga operazione sul mercato a pronti,
lasciando aperte le possibilità di guadagni che amplificano la loro portata visto che vengono riferiti
al valore del sottostante.

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Anche la liquidabilità dell’investimento è garantita, in quanto oltre alla quotazione al MCW, le


banche emittenti assumono il ruolo di market maker e quindi assicurano l’esistenza di prezzi di
acquisto e vendita in via continuativa.
Gli aspetti tecnici menzionati relativi ai CW e la possibilità di essere strumenti in cui le perdite
assumono una portata quantificabile, li rendono adatti a diversi profili di rischio degli investitori. Le
ipotesi operative, dunque, sono sintetizzabili nelle seguenti:
1. utilizzo dei CW come investimento alternativo ad altri strumenti derivati: questa
condizione è possibile in quanto ai CW vengono applicati dei lotti minimi più contenuti
rispetto a quelli degli altri contratti dell’IDEM;
2. possibilità di scelta del sottostante: l’esistenza di CW emessi da diverse banche e con diverse
azioni come sottostante permette all’investitore disperare secondo una logica analoga a
quella utilizzata sul MTA, ossia con riferimento ad una data azione sulla base delle
valutazioni di andamento prospettico, storia dell’azienda, ecc.;
3. individuazione delle strategie operative al rialzo o al ribasso: le due tipologie rendono
possibili operazioni di speculazione a seconda delle stime e delle probabilità di andamento
del mercato circa il titolo individuato come sottostante;
4. scelta dello strike: questo elemento viene individuato con riferimento alle stime di
mercato; infatti quanto maggiore è l’aspettativa di rialzo tanto più alto sarà lo strike
scelto del CW call e viceversa per il CW put;
5. scelta della scadenza: tale componente induce a scegliere CW con scadenza lunga con
un premio più elevato, in quanto si tratta di uno strumento per il quale è più alta la
probabilità che finisca in the money.
E’ chiaro che una volta effettuata la scelta è opportuno seguire l’investimento controllando le
variazioni di prezzo, i lotti minimi, i livelli di profitto e perdita massima.
Tale comportamento è necessario per individuare in maniera attenta come operare una volta che è
stato acquistato il CW. Infatti oltre all’ordinaria possibilità di esercitare il CW alla scadenza
ottenendo la differenza tra strike e prezzo di mercato se si sono registrate le variazioni auspicate, è
senz’altro possibile vendere in qualsiasi momento prima della scadenza ottenendo l’eventuale valore
intrinseco ed il valore temporale; oppure abbandonare il CW se è out of the money per cui è più
conveniente negoziare a pronti il sottostante o non operare affatto sul MCW a fronte della perdita
del solo premio. Quest’ultimo aspetto è molto rilevante in quanto anche in caso di inerzia, e dunque
in ipotesi di manca ta valutazione del mercato, non è previsto alcun esercizio automatico.
E’ chiaro che, in senso lato, la perdita del premio può essere intesa come perdita del capitale
investito, e questo è un elemento che non può essere ignorato dall’investitore.
Inoltre non va trascurato il fatto che il CW non dà diritto a percepire interessi o dividendi e quindi
non dà nessun rendimento corrente. Le possibili perdite non possono essere compensate da altri
profitti dello strumento finanziario.

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Sintesi dei termini utilizzati con riferimento ai CW e presenti nei regolamenti di emissione

Data di esercizio: indica il giorno lavorativo coincidente con la data di scadenza in cui il titolare del CW
sino alle ore 12,00 (Borsa di Milano) ha il diritto di esercitare il CW.

Data di scadenza: fissata dall’emittente e coincidente con la data di esercizio.


Data di valutazione: indica il giorno lavorativo successivo alla data di scadenza in cui viene calcolato il
differenziale.
Dichiarazione di esercizio: rappresenta l’atto formale espresso secondo le modalità definite dall’emittente
del CW con il quale viene manifestata la volontà di esercitare il CW.

Differenziale: indica il maggiore tra zero e l’importo pari alla differenza, eventualmente convertita in euro, in
eccesso (per i CW call) o in difetto (per i CW put) fra il valore di apertura dell’indice o dell’azione calcolato
alla data di valutazione ed il prezzo base, moltiplicato per il moltiplicatore a cui il titolare ha diritto
successivamente all’esercizio.

Moltiplicatore: indica la cifra che al momento dell’emissione è pari a 0,001 (per i CW su indici) e 0,1 (per i
CW su azioni) per la quale è moltiplicata la differenza in eccesso (per i CW call) o in difetto (per i CW put)
tra il valore di apertura dell’indice o dell’azione ed il prezzo base ai fini della determinazione del
differenziale.
Rettifica: si tratta delle rettifiche al prezzo base e/o al moltiplicatore necessari a seguito di mutamenti di
mercato del titolo per effetto di operazioni realizzate dalla società emittente (sono considerate tali le
seguenti operazioni: di raggruppamento e frazionamento delle azioni; di aumento gratuito di capitale e a
pagamento con emissione di nuove azioni della stessa categoria di quelle oggetto del CW; di aumento di
capitale a pagamento con azioni di categoria diversa dalle azioni oggetto del CW, oppure di azioni cum
warrant, di obbligazioni convertibili, ed i obbligazioni convertibili cum warrant; di fusione, di scissione; di
distribuzione di dividendi straordinarie qualsiasi altra operazione che possa avere effetti analoghi a questi
citati).

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OBBLIGAZIO NI STRUTTUR ATE

Sommario : Obbli gazi oni str uttu rate : asp etti ge ner ali; Rev er se con ve rtibl e; Sco mpo sizion e e
valut azion e dell e ob blig azioni re ver se c on vert ible; Crit eri p er la scelt a dell e re v er se con ve rtibl e,
ulterio ri el e menti per l a sc elta; Il r uolo d ella Co nso b e l’i mp egn o per l a tr as par enza del me rc ato;
Alcune ipot esi ope rati ve; Re ver se flo ate r; Ob bliga zioni i nde x/eq uity link ed; O bbli gazio ni s tep up e
step do wn; Obbli ga zioni call able; Ob blig azioni indi cizzat e ai t as si a lung o t er min e

Obbligaz ioni str uttur ate: aspetti generali

Il tradizionale concetto di obbligazione si basa su uno schema finanziario abbastanza semplice: il


sottoscrittore del titolo versa all'emittente una somma di denaro che produce interessi e, ad una
scadenza prefissata, viene restituita. Gli interessi possono essere corrisposti periodicamente,
durante la vita del titolo, ovvero alla scadenza (zero coupon) e la misura può essere fissa (tasso fisso)
oppure variabile in relazione all'andamento di specifici indicatori di mercato (tasso variabile). In
ogni caso i criteri per la loro determinazione sono stabiliti al momento della sottoscrizione e la loro
applicazione non presenta elementi di complessità. Dalla metà degli anni '90 sono apparsi sul
mercato, in alternativa ai titoli di Stato ed ai certificati di deposito, nuovi tipi di obbligazioni che
hanno assunto la qualificazione di strutturate e sono generalmente emesse da soggetti bancari. Le
obbligazioni strutturate hanno come caratteristica comune modalità particolari, e innovative, di
calcolo della cedola o del valore di rimborso, a volte particolarmente complesse. Questi elementi di
difficoltà fanno sì che la comprensione delle caratteristiche del titolo e, quindi, anche della sua
convenienza non sia un processo semplice e immediatamente percepibile dal risparmiatore. Al
contrario, questi titoli comportano una oggettiva difficoltà di valutazione. Un’obbligazione si
dice strutturata quando il parametro di indicizzazione degli interessi è collegato all’andamento di
una o più attività finanziarie (tassi di interesse o di cambio, indici obbligazionari o di borsa, ecc.).
Tutte le obbligazioni illustrate si caratterizzano per la presenza di elementi di varia complessità in
relazione alla determinazione della cedola dovuta al sottoscrittore o delle modalità di rimborso dle
capitale.
Occorre inoltre considerare che le obbligazioni strutturate sono emesse principalmente da banche, e
pertanto, in forza dell'art. 100, comma 1, lett. f) del T.U.F., la relativa offerta al pubblico non è
preceduta dalla pubblicazione di un prospetto informativo, trasmesso preventivamente alla
Consob. L'unico documento a cui fare riferimento al momento della sottoscrizione è il foglio
informativo analitico redatto secondo le prescrizioni della Banca d'Italia.
Quando si parla di obbligazioni strutturate spesso si fa solo riferimento a quei titoli che presentano
peculiarità inerenti la determinazione della cedola, destinando una valutazione ed un discorso più
specifico alle reverse convertible; tale impostazione è adottata anche dalla Consob, la quale tiene a
precisare che se si tratta di obbligazioni strutturate, si è in presenza di valori mobiliari che possono
essere ammessi alla quotazione ufficiale di borsa. In questo caso gli emittenti (anche se sono banche)
sono tenuti a pubblicare il prospetto di quotazione dove sono descritte, sebbene attraverso

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opportune esemplificazioni, le caratteristiche del prodotto, il potenziale rendimento a fronte di


possibili scenari futuri ipotizzati ed i particolari aspetti di rischiosità alle stesse connessi. Occorre
però sottolineare che non tutte le obbligazioni strutturate sono quotate su mercati
regolamentati e, qualora lo siano, i livelli di liquidità osservati non sono elevati. Questa circostanza
può creare difficoltà nel caso in cui il sottoscrittore volesse vendere anticipatamente il proprio titolo,
in quanto i prezzi potrebbero non riflettere il valore reale, anche perché il risparmiatore potrebbe
trovarsi nelle condizioni di dover vendere l'obbligazione allo stesso emittente in posizione di unico
compratore presente sul mercato.
Alla categoria delle strutturate appartengono varie tipologie di obbligazioni. Alcune di queste
mantengono la caratteristica tipica dell'obbligazione, e cioè la restituzione del capitale investito,
presentando elementi di varia complessità per la determinazione degli interessi. Esempi di
questo tipo sono le obbligazioni il cui rendimento, essendo collegato ad eventi non conosciuti
al momento dell'emissione, è incerto (ad esempio le obbligazioni reverse floater e quelle
linked), ovvero quelle con cedole inizialmente determinate ma non costanti nel tempo (ad
esempio, le cosiddette step down e step up).
Altre, invece, ben più complesse sono presentano rilevanti divergenze rispetto al concetto
tradizionale di obbligazione, poiché non garantiscono la integrale restituzione del capitale.
Costituisce, questa, una caratteristica di assoluto rilievo per il risparmiatore, in quanto muta
radicalmente il profilo di rischio dell'investimento e, specie nel passato, non sempre se ne è avuta
consapevolezza. Appartengono a questo tipo le reverse convertible che, per le loro
caratteristiche, spesso non sono correttamente valutate.
La predetta e frequente possibilità di non quotazione di queste obbligazioni rende particolarmente
complessa la determinazione del rendimento e del prezzo in caso di disinvestimento, in quanto,
soprattutto per le obbligazioni reverse floater e reverse convertible hanno al loro interno altri
strumenti finanziari, essendo costituiti da una obbligazione a tasso fisso ed un derivato. Le
combinazioni e gli effetti che si possono ottener sono molteplici e dunque l’analisi condotta di
seguito non può che costituire soltanto la presentazione dello stato attuale del mercato
sottintendendo la pressante possibilità di una prossima ed ulteriore articolazione di obbligazioni
strutturate.
Come ultima categoria di obbligazioni molto diverse da quelle ordinarie, o le citate reverse floater,
reverse convertible ed equity/index linked, vanno inserite altre tipologie che si caratterizzano
per il collegamento con il rendimento dei tassi di interesse a medio-lungo termine.

Le Rever se Conver tible

Le reverse convertible sono strumenti finanziari che prevedono la corresponsione di una cedola
particolarmente elevata. Comportano però il rischio per l'investitore di ricevere alla scadenza, in
luogo del capitale inizialmente versato, un numero di azioni il cui controvalore è inferiore
all'investimento originario.
E’ un’obbligazione strutturata, in genere con scadenza non superiore a 18 mesi, che conferisce al
portatore questo diritto di incassare alla scadenza una cedola, normalmente superiore ai rendimenti
medi offerti da emissioni obbligazionarie di pari durata, e di ottenere il rimborso dell’importo

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nominale oppure, a scelta dell’emittente, una quantità di azioni predeterminata all’emissione. Le


azioni alle quali viene legata l’obbligazione possono essere italiane ed estere. Questa tipologia di
titolo ha registrato un vero e proprio boom sui mercati asiatici a partire dal 1995 e dal 1998 ha fatto
il suo ingresso sul mercato europeo
Nello specifico, se alla scadenza dell’obbligazione il prezzo dell’azione sottostante si trova al di sotto
di una determinata soglia, all’investitore non viene consegnato il capitale iniziale che aveva
investito, come per un’obbligazione di tipo ordinario, ma un determinato numero di azioni
sottostanti. In questo modo, il guadagno ottenuto con la cedola elevata, può essere perso in conto
capitale al momento del rimborso. Se invece il valore dell’azione sottostante non scende al di sotto
della soglia predeterminata, verrà restituito il 100% del capitale oltre gli interessi cedolari.
Ne deriva che per queste obbligazioni è molto complesso determinare il valore di rimborso che
diviene valore atteso, determinato alle condizioni di mercato il giorno della negoziazione.
Dall’esempio emerge che il rischio principale che l’investitore si assume è non solo quello di vedersi
trasformare l’investimento da obbligazionario in azionario, ma soprattutto nell’avere delle attività
finanziarie il cui valore di mercato inferiore al prezzo base, determina un valore di mercato del
capitale ottenuto alla scadenza inferiore al capitale iniziale investito.
E’ evidente che a fronte di una cedola molto elevata o senza dubbio molto più elevata rispetto ad
obbligazioni o altre tipologie di titoli di pari durata, si presenta un vero e proprio rischio azionario,
in parte mitigato solo dall’elevatezza della cedola stessa.
Questo strumento finanziario, sotto l'apparenza di un titolo obbligazionario particolarmente
interessante, cela un investimento in strumenti derivati. Più precisamente, il sottoscrittore di una
reverse convertible versa un capitale all'emittente il quale riconoscerà alla scadenza un
rendimento ben più elevato di quello di ordinarie obbligazioni. Allo stesso tempo, però, vende
all'emittente una opzione put su un titolo.
Una reverse convertible, dunque, finisce per essere un vero e proprio titolo collegato ad un altro
titolo, generalmente un'azione quotata, che dà diritto ad incassare una cedola di valore
notevolmente superiore ai rendimenti di mercato. L'elevato rendimento, però, deve essere
valutato in rapporto al fatto che l'emittente della reverse, con l'acquisto dell'opzione put,
alla scadenza ha la facoltà di consegnare, in luogo del controvalore del titolo (e cioè di quanto
ricevuto dall'investitore), un quantitativo di azioni prestabilito dal contratto (nel caso di
reverse del tipo physical delivery) ovvero il loro equivalente in denaro (nel caso di riverse di tipo
cash). Ovviamente, l'emittente avrà interesse ad esercitare la facoltà solo nel caso che il valore
dell'azione scenda sotto un livello predeterminato. Pertanto chi acquista una reverse
convertible confida che il valore dell'azione sottostante rimanga immutato o, anche, che
aumenti in modo da non vedere esercitata l’opzione e quindi non correre il rischio di avere titoli o
controvalore di valore più basso.
In conclusione, le reverse convertible non possono essere assimilate al tradizionale investimento
obbligazionario; a differenza delle obbligazioni, infatti, non garantiscono la restituzione del
capitale investito che può ridursi in funzione dell'andamento negativo dell'azione sottostante. In
linea teorica, il capitale investito può anche azzerarsi (ferma restando la percezione della cedola), nel
caso limite in cui il valore dell'azione sottostante si annulli alla scadenza (o ad altra data
eventualmente prevista nel regolamento di emissione). Questa caratteristica deve essere
attentamente valutata da coloro che si avvicinano a questo strumento finanziario con l'idea di

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effettuare un investimento di tipo obbligazionario, quindi nella logica che vi sia certezza di
rendimento e di rimborso del capitale (ossia il valore dell’obbligazione).

ESEMPIO DI OPERAZIONE SU REVERSE CONVERTIBLE E RISULTATI OTTENIBILI:

Titolo: Reverse convertible su azioni Gamma


Taglio minimo del titolo (o valore nominale): euro 2.000
Tasso di interesse cedolare al netto della ritenuta del 27%: 15%
Nr. di azioni Gamma sottostanti: 200
Valore di riferimento azioni (strike price): euro 10
Data di lancio (o di emissione): 1° luglio 2000
Scadenza: 1 anno
L'investitore, con la sottoscrizione, versa all'emittente 2.000 euro e acquista il diritto ad una cedola
(notevolmente superiore ai tassi di mercato) pari a 300 euro. Si espone, però, al rischio di non riavere
l'intero capitale versato. Alla scadenza, infatti, si possono avere diversi esiti a seconda del valore assunto
dall'azione in relazione al valore di riferimento (ossia in relazione ai 10 euro).

1a IPOTESI: la quotazione dell'azione è superiore al valore di riferimento ed è pari a 13 euro.


L'emittente non eserciterà la facoltà di consegnare le azioni in luogo dei 2.000 euro in quanto il loro
controvalore, pari a 2.600 euro (200 X 13 euro), è superiore. Il cliente, quindi, riceverà la somma versata più la
cedola pattuita, per un totale di 2.300 euro pari ad un rendimento del 15% dopo un anno.
Questo rendimento rimane uguale per qualsiasi valore dell'azione Gamma superiore a 10 euro in quanto, in
tutti questi casi, l'emittente restituirà i 2.000 euro ricevuti più i 300 della cedola.

2a IPOTESI: la quotazione dell'azione è inferiore al valore di riferimento ed è pari a 7 euro.


L'emittente avrà interesse ad esercitare la facoltà e consegnerà le 200 azioni per un controvalore di 1.400
euro. L'investitore, quindi, includendo la cedola, otterrà un controvalore complessivo di 1.700 euro (1.400 +
300), con una perdita di 300 euro, pari al 15% del capitale versato (2.000 euro). La perdita sarà tanto più
consistente quanto più bassa la quotazione dell'azione Gamma e, teoricamente, può addirittura arrivare
all'85% in caso di azzeramento del valore dell'azione stessa. In questo caso estremo, infatti, il sottoscrittore
riceverebbe solo la cedola di 300 euro con una perdita di 1.700 euro, pari all'85% del capitale versato.

3a IPOTESI: la quotazione dell'azione è inferiore al valore di riferimento ed è pari a 9 euro.


Anche in questo caso l'emittente avrà interesse ad esercitare la facoltà e consegnerà le 200 azioni per un
controvalore di 1.800 euro che, uniti alla cedola, assommano a 2.100 euro. L'investitore, quindi, otterrà un
guadagno di 100 euro, pari al 5%, che risulterà però inferiore al rendimento prospettato del 15%
Può essere utile calcolare il punto di pareggio (o punto di equilibrio) che corrisponde alla quotazione
dell'azione Gamma che, alla scadenza, consente al sottoscrittore di riavere le stesse somme investite, senza
però ottenere alcuna remunerazione dal capitale versato. Nel nostro esempio, questo valore è di 8,5 euro. Ed
infatti, moltiplicato per le 200 azioni (1.700 euro) e sommato alla cedola (300) consente al sottoscrittore di
riottenere, dopo un anno, 2.000 euro (pari all'investimento originariamente effettuato).
In conclusione è possibile affermare che al di sopra del valore del punto di pareggio (pari a 8,5 euro)
inizia l'area di profitto per il portatore del titolo che può arrivare, nel suo valore massimo, a 300 euro (pari al
15% di quanto investito) per valori del sottostante pari o superiori a 10 euro. Al di sotto del punto di
pareggio, invece, inizia l'area delle perdite che può arrivare, nel caso di azzeramento del valore del
sottostante, fino a 1.700 euro, corrispondenti all'85% del capitale investito.

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Le recenti emissioni di reverse convertible presentano spesso la cosiddetta clausola di knock-in


che subordina la facoltà dell'emittente di consegnare i titoli in luogo del nominale ad una
duplice condizione: a) il valore dell'azione sottostante alla scadenza sia inferiore al valore di
riferimento iniziale e b) durante la vita del titolo (o altro periodo eventualmente predeterminato)
l'azione sottostante sia scesa, almeno una volta, in un qualsiasi giorno e momento delle
negoziazioni, al di sotto di un certo valore, detto knock-in, inferiore in genere di oltre il 10%
rispetto al valore di riferimento.
Questa clausola, ponendo un'ulteriore condizione all'evento sfavorevole, avvantaggia il
sottoscrittore. Non è però “proposta” gratuitamente dall'emittente che, in presenza del knock-in,
applicherà un tasso di interesse cedolare minore. Si deve inoltre osservare che tale struttura
determina che, una volta raggiunto il limite di corso segnato dal knock-in, la reverse avrà una
probabilità di non rimborsare il nominale tanto maggiore quanto minore è il tempo residuo a
scadenza. Ciò in quanto il valore dell'azione sottostante risulterà già al di sotto del valore di
riferimento e non ha più “tempo” per recuperare le variazioni di corso.

APPLICAZIONE DI UN KNOCK IN E PAGAMENTO NELLE IPOTESI 2 E 3:

Nell’esempio precedente, con un knock-in fissato a 6 euro (e con un rendimento netto diminuito al 10%), se
l'azione Gamma durante la vita della reverse non è mai scesa al di sotto dei 6 euro, l'investitore avrà diritto a
ricevere il nominale investito anche se l'azione alla scadenza è inferiore al valore di riferimento iniziale (ossia
inferiore a 10 euro). Pertanto, anche nelle ipotesi 2 e 3 (valore dell'azione pari a, rispettivamente, 7 e 9 euro)
nel caso di fissazione di knock in, l'acquirente riceverà comunque il valore nominale del titolo (2.000 euro)
più la cedola (200 euro), con un guadagno pari al 10%.

In ogni caso la reverse convertible è un prodotto finanziario strutturato in quanto, come si è visto,
presenta due componenti: una di tipo obbligazionario (nominale più cedola) e l'altra derivata
(opzione put). Per comprendere completamente cosa si compra è utile procedere con il cosiddetto
unbundling, ossia con la scomposizione del titolo nelle sue componenti.
La presenza di un prezzo base più contenuto rispetto alle condizioni di mercato già esistenti al
momento dell’investimento, oppure l’esistenza della clausola di knock in sono gli unici elementi
che possono far ridurre il rischio dell’investimento. D’altra parte, se alla scadenza dell’obbligazione
reverse convertible il valore dell’azione sottostante fosse superiore al prezzo base stabilito, il
rendimento ottenuto dall’investitore non sarebbe in nessun caso superiore alla cedola incassata.
La presenza di un rischio di natura azionaria fa interrogare sull’adattabilità di questo investimento a
soggetti che tendenzialmente evitano l’investimento azionario; vero è che la reverse convertible si
adatta a soggetti che, pur valutando positivamente le prospettive di crescita a medio termine di una
società quotata, si attendono una fase di sostanziale stabilità o di limitato rialzo: in sostanza
l’aspettativa dell’investitore è che l’azione sottostante avrà una performance positiva ma non
superiore alla cedola netta pagata dalla reverse convertible.
Nel confrontare il profilo del rischio-rendimento di un investimento diretto in azioni e quello
in reverse convertible che ha come sottostante le stesse azioni, è chiaro che nel caso in cui
l’azione subisca un rialzo superiore all’ammontare della cedola della reverse convertible,

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l’investimento in reverse convertible non replica tutta la performance, poiché il rendimento


massimo è rappresentato dalla cedola. Tuttavia se la performance dell’azione risulta inferiore alla
cedola o se è addirittura negativa (ossia se si registra un ribasso rispetto al valore iniziale)
l’investimento in reverse convertible risulta più conveniente. Altra ipotesi di utilizzo operativo di
questo titolo sta nel fatto che, se il titolo azionario di riferimento ha già dato un rendimento
soddisfacente rispetto alle aspettative, allora la presa di beneficio di una reverse convertible legato
all’azione potrebbe consentire di massimizzare il profitto.

Sc om posizione e valutazione delle obbligaz ioni r ever se conver tible

Provando a combinare le considerazioni condotte e quindi partendo sempre dall’esempio,


l’investitore acquista il diritto ad una cedola del 15% e cede all'emittente la facoltà di vendergli
200 azioni Gamma, al prezzo di 10 euro ciascuna, per un controvalore totale di 2.000 euro (che è poi
la somma che il sottoscrittore versa per l'acquisto della reverse convertible).
Individuate le due componenti è possibile attribuire loro un valore: è il primo passo per valutare la
convenienza dell'investimento.
Il valore della componente obbligazionaria è oggettivamente determinabile attraverso l'utilizzo
della nota espressione di attualizzazione dei flussi finanziari attesi, posto nel calcolo un tasso del
mercato monetario. Nel nostro esempio, ipotizzando un tasso di mercato pari al 5%, si tratta di
determinare il valore attuale di un'attività finanziaria che, dopo un anno, assumerà un valore pari a
2.300 euro.
La formula è quella nota: Va = Ct / (1+i)t
dove:
- Va è il valore attuale che si vuole determinare;
- Ct è il ricavo atteso alla fine del periodo (nell’es. 2.300 euro);
- i è il tasso di mercato monetario su base annua (nell’es. 5%);
- t è il periodo di riferimento (nell’es. un anno =1).
Il valore attuale che risulta dalla formula, è pari a euro 2.190,4.
Il fatto che il risparmiatore abbia pagato 2.000 euro non può far concludere che esista un vantaggio
particolare nell'investimento; la differenza di 190,4 euro, infatti, rappresenta il prezzo (premio)
che l'emittente paga all'investitore per l'acquisto dell'opzione put.
Ma il prezzo di 190,4 euro può essere considerato congruo? Per rispondere a questa domanda, si
deve calcolare il valore teorico dell'opzione. Occorre precisare che, a differenza della
determinazione della componente obbligazionaria, la valorizzazione di un’opzione implica
l'individuazione di alcuni dati (quali, in primo luogo, la volatilità) il cui valore è oggetto di stima.
Le oggettive difficoltà nel determinare il valore dell'opzione, conseguenti alla necessità di "stimare"
caso per caso alcuni dati necessari per il calcolo. Partendo dall’ipotesi di avere diversi prezzi (premi)
dell’opzione, vuol dire che è stato effettuato il calcolo applicando diversi livelli di volatilità
predeterminati (10, 30, 50, 70 e 90%).
Per semplicità di valutazione, non viene inserito il dato relativo al dividendo dell'azione sottostante
la put, dato, questo, non facilmente stimabile. Come conseguenza, i prezzi dell'opzione così ottenuti

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sono sottovalutati in presenza di una stima positiva del dividendo atteso. Per quanto appena detto,
se il prezzo che l'emittente paga per la put è inferiore a tutti i prezzi possibili, quasi
sicuramente questo prezzo non è congruo ed il risparmiatore riceve meno di quanto dovuto. Se
invece il prezzo offerto dall'emittente è prossimo ad uno di questi prezzi calcolati in varie ipotesi,
occorre confrontare il livello di volatilità assunto per determinare quel prezzo e vedere se
corrisponde alla volatilità tipica dell'azione o, quanto meno, del relativo settore di appartenenza. Se
la volatilità considerata per determinare il prezzo prossimo a quello offerto dall'emittente è
notevolmente inferiore a quella propria del titolo o del settore di appartenenza, probabilmente,
anche in questo caso, il prezzo pagato dall'emittente è inferiore al valore reale dell'opzione. I dati
di volatilità del titolo o del settore di appartenza possono essere desunti dalla stampa o da siti
internet specializzati. Per i titoli quotati al Mercato Telematico Azionario (MTA) italiano, sono
presenti i dati di volatilità storica (a 1, 3, 6, 9 e 12 mesi) che vengono utilizzati per calcolare i
corrispondenti prezzi della put.
Occorre però considerare che la volatilità storica, essendo riferita al passato, non necessariamente è
indicativa dell'andamento futuro della volatilità del titolo. Per i titoli quotati all'MTA che, al
contempo, sono sottostanti alle opzioni scambiate sul mercato IDEM, al fine di rendere più
significativo il confronto, può essere utilizzato anche il dato, determinato secondo criteri stabiliti
dalla CCG, di volatilità implicita rapportabile alla put compresa nella reverse convertible. La
volatilità implicità è così chiamata perchè desunta dai prezzi dei contratti di opzione effettivamente
scambiati sui mercati. Rappresenta, dunque, l'orientamento dei mercati circa la volatilità attesa di
una attività e, in quanto tale, costituisce un ulteriore dato utilizzabile per approfondire la congruità
del prezzo pagato dall'emittente.
La valutazione, ovviamente, può avere un senso solo laddove il risparmiatore è a conoscenza di tutti
i dati richiesti. In alcuni casi, l'emittente fissa lo strike price (e quindi il valore nominale) solo il
giorno di emissione, e dunque un giorno successivo a quello in cui il sottoscrittore assume
l'impegno. In questi casi, l'eventuale acquisto avviene senza conoscere elementi importanti del
contratto, necessari per effettuare una corretta misurazione del rischio e per misurare la congruità
del tasso cedolare rispetto al prezzo della put.

Cr iter i per la sc elta delle r ever se conver tible

Da quanto illustrato emerge che per le reverse convertible è necessario ed opportuno leggere con
attenzione le informazioni (prospetto informativo e/o foglio informativo analitico e regolamento
dell'emissione) fornite dell’intermediario al fine di comprendere le caratteristiche del prodotto e,
in particolare, il grado di esposizione al rischio che esso comporta (sottoscrivere una reverse
convertible non corrisponde alla sottoscrizione di un titolo di Stato o un’altra obbligazione di
qualsiasi emittente di rating AAA quotata al MOT!). Inoltre va verificato se le caratteristiche del
prodotto corrispondono alle proprie esigenze, alla propria situazione patrimoniale, alla propria
propensione al rischio e alla prop ria esperienza nel campo degli investimenti (le caratteristiche di un
abituale sottoscrittore di titoli di Stato sono di gran lunga diverse da quelle di chi opera in derivati).

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Comprendere, poi, anche con l'aiuto dell'intermediario che propone l'investimento, il regime fiscale
a cui la reverse convertible è assoggettata.
In generale sono possibili alcune accortezze per ridurre la probabilità che l'investimento in reverse
convertible possa causare perdite in conto capitale. Va premesso che alcuni aspetti evidenziati
nell’analisi sinora condotta, si riferiscono al caso più frequente di emissione di reverse convertible,
in cui l’opzione che il risparmiatore vende all'emittente è, al momento della creazione della
reverse convertible, at-the-money.
Per capire a fondo il significato di una reverse convertible in cui l'opzione venduta è at-the-
money, consideriamo nuovamente l’esempio:

CARATTERISTICHE DELLA REVERSE CONVERTIBLE OGGETTO DELL’ESEMPIO:

Titolo: Reverse convertible su azioni Gamma


Taglio minimo del titolo (o valore nominale): euro 2.000
Tasso di interesse cedolare al netto della ritenuta del 27%: 15%
Nr. di azioni Gamma sottostanti: 200
Valore di riferimento azioni (strike price): euro 10
Data di lancio (o di emissione): 1° luglio 2000
Scadenza: 1 anno

La put implicita nella struttura è at-the-money nel momento della creazione della reverse
convertible se il prezzo dell'azione Gamma in quel particolare giorno è all'incirca pari allo strike
price dell'opzione put (e quindi al valore di riferimento delle azioni). Questo significa che la cedola
che il risparmiatore riscuoterà a scadenza tiene conto del valore del premio di una opzione put at-
the-money. Se riprendiamo l'esempio proposto nella parte della scomposizione e valutazione delle
obbligazioni reverse convertible, supponendo cioè che il tasso di interesse di mercato fosse pari al
5%, il restante 10% della cedola si può considerare, sebbene in maniera piuttosto approssimativa, il
premio della opzione put che l’investitore ha venduto.
Quel premio è stato calcolato su una opzione at-the-money. Dal momento in cui la reverse convertible
viene creata, al momento in cui l’investitore può sottoscriverla passano alcuni giorni (a volte
settimane). Ciò è dovuto ai tempi di preparazione dei documenti informativi e/o prospetti, alla
predisposizione di tutta l'operazione commerciale, ecc..
In questo periodo le condizioni del mercato azionario cambiano e, per questi prodotti, possono
cambiare anche molto velocemente. Infatti, nel momento in cui l’investitore si trova a sottoscrivere
il prestito reverse convertible, è molto probabile che tutti i parametri che influiscono sul valore di
questo titolo siano cambiati (prezzo dell'azione sottostante, volatilità, dividendo atteso, ecc.), ma
non sono cambiate le condizioni contrattuali della reverse convertible. Riassumendo: il
prestito reverse convertible viene creato e tutte le condizioni contrattuali (prezzo di
sottoscrizione, cedola, strike price, ecc.) sono fissate ad una certa data. Pertanto, l’investitore avrà
convenienza ad acquistare l'ultimo giorno disponibile per la sottoscrizione, in modo da sfruttare
tutte le informazioni sul titolo sottostante.

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RELAZIONE PREMIO-STRIKE PRICE-VALORE DELL’AZIONE:

Consideriamo ancora il caso proposto di una reverse convertible su azioni Gamma e supponiamo che la
creazione della reverse sia avvenuta esattamente un mese prima della data di lancio-emissione (1°
giugno 2000), e che gli investitori possono sottoscrivere le reverse convertible nel periodo 15 giugno - 25
giugno. Se la put implicita nella reverse era stata creata at-the-money, il prezzo dell'azione Gamma il
giorno 1° giugno 2000 oscillava intorno ai 10 euro, valore che è stato preso come strike price per la put (e,
quindi, come valore di riferimento per la consegna della azioni per la reverse convertible). Sulla base di
questo valore la cedola era stata posta pari al 15%. Si vedrà, sulla base delle successive due osservazioni, che
l'investitore non avrà alcun vantaggio economico a sottoscrivere la reverse in data anteriore al 25 giugno, ad
esempio il 20 giugno.

Ipotesi 1
Il 20 giugno, le azioni Gamma valgono 8,5 euro, e, quindi, la put, incorporata nella reverse, risulta in-the-
money. Considerato che l'opzione put in-the-money vale più di quella at-the-money (e che è un'opzione at-
the-money la tipologia a partire dalla quale è stato determinato il valore della cedola della reverse), il premio
pagato da chi acquista (l'emittente) la put dovrebbe essere superiore e, quindi, la cedola (che
approssimativamente è il premio della put) percepita dall'investitore dovrebbe essere più alta (es. 20%).
Pertanto, può essere sconsigliabile acquistare la reverse.

Ipotesi 2
Il 20 giugno l'azione Gamma ha un prezzo di 11,5 euro, la put venduta all'emittente è out-of-the-money.
Considerato che l'opzione put out-of-the-money vale meno della put at-the-money, sul cui valore è stata
determinata la cedola della reverse, il premio pagato da chi acquista (l'emittente) la put dovrebbe essere
inferiore e, quindi, la cedola (che approssimativamente è il premio della put) percepita dall'investitore dovrebbe
essere più bassa. Pertanto, l'acquisto della reverse potrebbe essere considerato vantaggioso in questa data.
Ciononostante nei giorni intercorrenti tra il 20 e il 25 giugno la situazione potrebbe ancora cambiare, ad
esempio il sottostante potrebbe tornare al valore di 8,5 euro, nel qual caso varrebbero le considerazioni svolte
nella prima ipotesi. Ma nel periodo fino all'ultimo giorno possono variare anche elementi diversi dal prezzo di
Gamma: in particolare, la volatilità.

Ipotesi 3
Il prezzo del titolo nel periodo 1°-20 giugno risulta talmente variabile da generare un incremento della
volatilità. Come è noto, maggiore volatilità vuol dire maggiore prezzo per un'opzione; pertanto nella giornata
del 20 giugno, ipotizzata per la sottoscrizione della reverse, l'acquirente la put (ossia l'emittente) dovrebbe
pagare un premio più alto e, quindi, l'investitore dovrebbe percepire una cedola più elevata. Si è volutamente
trascurato di considerare il prezzo del sottostante osservato nella data del 20 giugno, in quanto l'impatto di
un incremento di volatilità è predominante nella fase di emissione rispetto alle variazioni del sottostante.
Quanto detto implica che il risparmiatore ha convenienza ad aspettare l'ultimo giorno disponibile per
effettuare l'acquisto.

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Ipotesi 4
La variabilità del prezzo del titolo nel periodo 1-20 giugno è tale da ridurre la volatilità del sottostante. Dato
che minore volatilità vuol dire minor prezzo per un'opzione, nella data del 20 gi ugno il potenziale
sottoscrittore percepirebbe un premio maggiore per la vendita della put all'emittente attraverso una cedola più
elevata.
Nuovamente le considerazioni sul valore del sottostante nella data considerata sono superflue. Ciononostante,
considerato che, nei cinque giorni successivi, potrebbe ulteriormente verificarsi una qualche minimale
variazione imprevista della volatilità, l'investitore avrà comunque convenienza ad aspettare l'ultimo
giorno.
Detto ciò, poniamoci questa domanda: è davvero conveniente sottoscrivere la reverse il 20 giugno? Perdere
anche solo un giorno del tempo offerto per il periodo di sottoscrizione, esponendo l'investitore ad una
incertezza legata all'andamento del sottostante e della volatilità, non consente al sottoscrittore di sfruttare
pienamente il vantaggio informativo del periodo che va dalla creazione della reverse alla fine del relativo
collocamento.

Recentemente le emissioni reverse convertible stabiliscono, sempre più spesso, lo strike price il
giorno di emissione (nell'esempio il 1° luglio), eliminando così la possibilità di valutazione in merito
all'andamento dell'azione sottostante. Tuttavia rimane valido quanto detto a proposito della
volatilità: un forte incremento della volatilità riduce il valore della reverse e rende più
probabile la consegna delle azioni.

Ulter ior i e lem enti per la sc elta

La creazione e la successiva distribuzione di un prestito reverse convertible coinvolgono una serie


di soggetti oltre all'emittente, alle banche collocatrici e ai risparmiatori-investitori. Molto spesso
l'opzione che l’investitore vende all'emittente viene a sua volta venduta dall'emittente ad altri
intermediari. Questi ultimi possono decidere di tenerla in portafoglio, assieme ad altre posizioni, o
di venderla nuovamente. Il risultato di tutti questi processi è che, spesso, l'intermediario finale
che mantiene in portafoglio l'opzione non ha niente a che fare con l'emittente, né con il prestito
reverse convertible, ma si trova a dover gestire questa posizione in modo da renderla
profittevole. Per diversi motivi, molti dei quali indipendenti dalla volontà del singolo intermediario
e causati da alcune ragioni tecniche connesse alla gestione del rischio, può capitare, come per tutti i
derivati, che il prezzo del sottostante alla scadenza subisca delle pressioni in senso sfavorevole
all'investitore, qualora si trovi vicino allo strike price.
Per questo motivo può essere utile tenere presenti altri elementi per prendere in considerazione
l'acquisto di una reverse convertible.

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A) La liqui dità del sottostante


Più un titolo è liquido, più è difficile che questi fenomeni di pressione si manifestino o abbiano
qualche effetto.
E' preferibile non acquistare reverse convertible aventi come azione sottostante un titolo
scarsamente liquido (meglio, quindi, i titoli del Mib 30 o comunque titoli noti e tradizionalmente
liquidi).

B ) L'ammontare emesso
Va fatto presente che maggiore è l'ammontare del prestito e maggiore è il valore della
posizione in derivati (è più elevato il valore della put implicita nell’obbligazione). Per questo
motivo è probabile che le pressioni siano accentuate al crescere del valore dell'emissione. Questo
porta alla considerazione che può essere preferibile privilegiare emissioni di ammontare più
contenuto, rispetto a grosse emissioni.

C) Il giorno della scadenza


Che prezzo viene utilizzato per definire il rimborso della reverse? Il prezzo ufficiale, di riferimento,
di apertura, di chiusura, ecc.. Questi, infatti, sono i prezzi generalmente utilizzati per determinare le
modalità di regolamento di prodotti finanziari derivati, quali anche le reverse. E' preferibile
scegliere reverse convertible il cui prezzo alla scadenza da confrontarsi con lo strike sia il
prezzo ufficiale o al massimo il prezzo di riferimento. E' sconsigliabile acquistare reverse il cui
prezzo alla scadenza da confrontarsi con lo strike sia il prezzo di chiusura o, anche, quello di
apertura. Nella fase di apertura, infatti, la liquidità è molto scarsa e gli operatori istituzionali non
sono tenuti, a differenza di quanto previsto per i prodotti derivati quotati nell'IDEM, a presentare
anticipatamente gli ordini di acquisto o vendita rivenienti dalle proprie procedure di controllo dei
rischi. Questo potrebbe determinare che il mercato non riesca ad adeguarsi con sufficiente rapidità a
tali ordini e pertanto i prezzi potrebbero subire delle pressioni in senso sfavorevole all'investitore.
Ancora, è preferibile non acquistare reverse convertible che scadono in particolari giorni di
borsa, caratterizzati da scarsi scambi sul titolo sottostante.

D) Dettagli sul knock- in


La presenza di pressioni può essere ancora più rilevante nel caso delle reverse con presenza della
clausola di knock-in. In tal caso, infatti, è normalmente previsto che un qualsiasi prezzo pari o
inferiore al knock-in, rilevato in un qualsiasi momento delle negoziazioni di borsa durante l'intera
vita del titolo, possa essere ritenuto valido per determinare la rottura della barriera. Si ricorda che
la barriera è inferiore al prezzo strike; pertanto la rottura della barriera determina che l'opzione
risulta già in-the-money e quindi incrementa la probabilità che il risparmiatore riceva alla
scadenza i titoli o il differenziale al posto del nominale sottoscritto.

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Il r uolo della Consob e l’ im pegno per la tr aspar enza del m erc ato

Solo le reverse convertible emesse da soggetti diversi da banche e, se emesse da banche, solo
quelle che prevedono la materiale consegna delle azioni (physical delivery) sono sottoposte al
controllo della Consob nell'ambito della disciplina della sollecitazione all'investimento.
L'offerta al pubblico di strumenti finanziari, infatti, è generalmente sottoposta a questa disciplina. Il
nostro ordinamento, però, la esclude per le sollecitazioni effettuate da banche aventi ad oggetto
prodotti finanziari diversi dalle azioni o dagli strumenti finanziari che permettono di acquisire o
sottoscrivere azioni.
Le reverse convertible di tipo cash non permettono di acquisire direttamente le azioni ma,
verificandosi i presupposti, prevedono la consegna di una somma di denaro pari al controvalore
delle azioni stesse. L'offerta al pubblico di questi titoli, pertanto, è esclusa dalla disciplina della
sollecitazione all'investimento. Questa disciplina si applica alle reverse che, al contrario, prevedono
la materiale consegna al sottoscrittore delle azioni, e cioè le physical delivery (Comunicazione Consob
n. DIS/98066302 del 13.8.1998). Pertanto l'offerta al pubblico di reverse convertible del tipo
phisycal delivery deve essere preceduta dalla pubblicazione del prospetto informativo.
La Consob effettua un'attività di vigilanza sulla trasparenza dell'operazione e sulla correttezza delle
modalità con cui viene sollecitato il pubblico risparmio. Un'operazione finanziaria è trasparente
quando l'investitore è in grado di valutarne le caratteristiche, la convenienza ed i rischi grazie alle
informazioni che sono messe a sua disposizione. Il principale strumento informativo per il pubblico
è il prospetto informativo il cui contenuto è preventivamente sottoposto alla Consob.
Oltre che sulla trasparenza la Consob vigila affinchè l'operazione si svolga secondo principi di
correttezza che devono ispirare l'attività sia del soggetto emittente che dei soggetti collocatori. Il
tutto nell'interesse dei risparmiatori. Infine, per ogni emissione le banche sono tenute a mettere a
disposizione un foglio informativo analitico ai sensi delle prescrizioni della Banca d'Italia.

Alc une ipotesi oper ative

1) Quando investire in reverse convertible?


Data la struttura di una reverse convertible, il guadagno massimo che l’investitore può ottenere
si realizza se il valore del titolo sottostante non diminuisce, durante la vita della reverse, al di
sotto del valore dello strike price. Per questo motivo, supponendo che il valore del titolo
sottostante al momento della sottoscrizione sia all'incirca uguale a quello di riferimento, chi
acquista la reverse convertible ritiene che i prezzi dell'azione sottostante rimarranno
sostanzialmente stabili o al massimo subiranno un lieve apprezzamento. Peraltro, chi ha
aspettative di forte rialzo del titolo sottostante può avere maggior interesse a comprare
direttamente le azioni, perchè il massimo profitto derivante dall'acquisto di reverse convertible
non può in alcun caso eccedere la cedola, il cui valore è prefissato. Il tipico acquirente di una
reverse convertible è, quindi, l’investitore che punta sulla stabilità dell'azione sottostante,
ritenendo che, nel periodo di vita della reverse, il valore dell'azione non crescerà, nè scenderà di
molto.

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2) Se si deve disinvestire parte del patrimonio per acquistare una reverse convertible, cosa è
meglio che venga smobilizzato?
L'investimento in reverse convertible può comportare potenzialmente la perdita di tutto il capitale
investito (con eccezione, come abbondantemente affermato, della cedola interessi che viene
comunque pagata); pertanto nel portafoglio di un investitore dovrebbe rappresentare una parte
minima del capitale e non dovrebbe sostituire i tradizionali titoli obbligazionari. Piuttosto, un
investimento in reverse convertible può essere una buona alternativa alle azioni qualora non si
abbiano particolari aspettative di rialzo del mercato; ciò in quanto chi ha aspettative di forte
rialzo del titolo sottostante può avere maggior interesse a comprare direttamente le azioni perchè il
profitto derivante dall'acquisto di reverse convertible non può in alcun caso eccedere la cedola, il
cui valore è prefissato.
3) Se in portafoglio sono presenti azioni e si effettui un acquisto di una reverse convertible
sulle stesse azioni si sta riducendo il rischio?
Il rischio sta aumentando perchè entrambi i rendimenti dipendono dall'andamento di un
medesimo titolo. Per esempio, se alla scadenza della reverse, l'azione avesse perso il 50%,
l’investitore che avesse acquistato l'azione e la reverse avrebbe registrato le seguenti perdite in
conto capitale: - 50% sul titolo azionario; - 50% sulla reverse convertible, guadagnando solo la
cedola interessi della reverse convertible.
4) La reverse convertible è un titolo adatto per operazioni di trading?
Le reverse convertible sono titoli a breve scadenza, spesso non quotate, pertanto non si adattano
ad operazioni di trading (acquisto e rivendita sul mercato più volte prima della scadenza).
L'investitore che acquisti una reverse convertible dovrebbe avere un orizzonte temporale che gli
permetta di portare a scadenza l'investimento.
5) A chi ci si rivolge per vendere la reverse convertible prima della scadenza? E il prezzo che
viene proposto può considerarsi equo?
Dato che le reverse per lo più non sono essere quotate, per venderle prima della scadenza bisogna
verificare se siano negoziate in un sistema di scambi organizzati (s.s.o.) ovvero rivolgersi alla
propria banca. Il prezzo che la banca propone, normalmente determinato sulla base delle indicazioni
dell'emittente (qualora non sia essa stessa l'emittente), non è facilmente valutabile da parte
dell'investitore. Inoltre, questo prezzo contiene in sé anche una commissione per l'intermediario,
come sempre avviene nell'attività di intermediazione. Si è detto che un investimento in reverse
convertible combina un acquisto di un’obbligazione ed una vendita di una opzione put all'emittente,
il cui premio è "incassato" sotto la forma di una cedola interessi molto alta. Il valore di una reverse
convertible, pertanto, può diminuire o a seguito della diminuzione del valore della
componente obbligazionaria oppure per un incremento del valore della put. Il valore di
un'obbligazione a tasso fisso si riduce in conseguenza di rialzi dei tassi di interesse. Il valore
della put, invece, aumenta al ridursi del prezzo del sottostante.
Nel nostro caso, il valore dell'obbligazione difficilmente diminuirà, in quanto la breve durata
e la cedola sensibilmente più elevata rispetto ai tassi di mercato la rendono insensibile a
variazioni dei tassi di interesse. E' invece possibile che la put incrementi il proprio valore per
effetto dei fattori che ne determinano il prezzo e, fra questi, il decremento della quotazione

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del sottostante. Inoltre, si sottolinea che l'investitore dovrebbe incassare anche il rateo della maxi-
cedola prevista dal regolamento della reverse. Pertanto, l'unico motivo per cui l'emittente può
rimborsare meno dell'importo investito è un sensibile incremento nel valore della componente derivata,
che arrivi a compensare anche il valore del rateo che l'investitore deve percepire.
Nella tabella che segue (e che non tiene conto del rateo), si danno alcune indicazioni approssimate,
ma complessivamente efficaci, per comprendere la congruità del prezzo della reverse offerto
dall'acquirente, partendo da quello di sottoscrizione. Infatti, se:

Prezzo sottostante alla vendita


rispetto al prezzo sottostante Valore dell’opzione put Valore della reverse convertible
alla sottoscrizione
ELEVATO BASSO ELEVATO
BASSO ELEVATO BASSO
UGUALE BASSO ELEVATO

Rever se floater

Sono obbligazioni a tasso fisso che incorporano però un contratto che, a partire da una certa data, ha
l'effetto di mutare il tasso fisso in tasso variabile (ovvero un Interest Rate Swap). In forza del
contratto, infatti, dalla data prefissata il sottoscrittore ha l'obbligo di corrispondere all'emittente un
tasso variabile che, normalmente, coincide, o è comunque collegato, ad un tasso di mercato (ad
esempio il tasso Libor, cioè il tasso interbancario sul mercato di Londra). Da questo momento, la
cedola effettivamente percepita consiste nella differenza fra il tasso fisso proprio del titolo ed il tasso
variabile che il sottoscrittore deve corrispondere all'emittente e varia, dunque, al variare di
quest'ultima componente che, a sua volta, è connessa all'andamento dei tassi di mercato
Le obbligazioni di questo tipo vengono rese appetibili attraverso la corresponsione di un tasso
fisso maggiore rispetto ai tassi di mercato. Questo vantaggio, però, non è altro che il pagamento
di un premio per l'assunzione di un rischio da parte del sottoscrittore. Ed il rischio è
rappresentato dall'andamento futuro dei tassi di mercato, ed in particolare di un loro
innalzamento che, in virtù del meccanismo della differenza fra tasso fisso e variabile, porterebbe il
sottoscrittore a percepire una cedola effettiva inferiore a quella di mercato e, al limite, a non
ricevere alcuna cedola nel caso il tasso variabile sia uguale o superiore a quello fisso
inizialmente stabilito.
La riduzione della cedola comporta, inoltre, una diminuzione del valore in conto capitale
dell'obbligazione. Pertanto, qualora il sottoscrittore dovesse vendere il titolo prima della scadenza,
oltre ai problemi connessi con la possibile scarsa liquidità o con l'assenza di un mercato secondario,
riceverebbe un prezzo inferiore a quello pagato per l'acquisto dell'obbligazione e, quindi, subirebbe
una perdita, talvolta notevole. Il rischio di una perdita in conto capitale a seguito di un andamento
sfavorevole dei tassi di interesse, comunque, non è esclusivamente proprio delle reverse floater ma
di tutte le obbligazioni a tasso fisso ed è particolarmente rilevante per le obbligazioni a più lunga
durata.

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La reverse floater è un’obbligazione strutturata a medio-lungo termine (in genere di durata pari a
15 o 20 anni). Per un periodo iniziale l’emittente corrisponde un tasso fisso (altamente remunerativo
ed altamente appetibile), in seguito può decidere di rimborsare anticipatamente il titolo (opzione
call; infatti in tal caso si parla anche obbligazioni callable sebbene è prevista una descrizione in
dettaglio di obbligazioni che vengono dette callable) intendendo con questa espressione la facoltà
che l’emittente si riserva di rimborsare il titolo anticipatamente rispetto alla scadenza e non
necessariamente alla pari, il che può comportare anche un abbassamento notevole del rendimento
dell’obbligazione) oppure di trasformarlo in un bond con cedola annuale a tasso variabile. La cedola
variabile può prevedere un cap, ovvero un tetto massimo di rendimento, o un floor cioè un minimo
o entrambi. In genere le prime cedole sono molto consistenti per poi decrescere e diventare variabili
in un momento predeterminato. E’ evidente che le obbligazioni reverse floater, risultano essere dei
titoli a tasso variabile indicizzate in senso inverso ai tassi di interesse presi a riferimento. Il prezzo
di queste obbligazioni è espresso su base cento e le quotazioni sono al corso secco.
La formula per il calcolo della cedola variabile prevede, in genere, un valore fisso a cui viene
sottratto un parametro variabile3 (ad esempio posto un tasso fisso del 14% a questo viene sottratto il
tasso Libor a 12 mesi moltiplicato 2, oppure l’Euribor vigente senza alcuna maggiorazione od anche
maggiorato di uno spread).
Nel reverse floater il rendimento dipende dal movimento in discesa del parametro di indicizzazione
della cedola. L’investitore, dunque, che sceglie questo investimento ritiene che i tassi
rimangano stabili, oppure decrescano. E’ chiaro che il rendimento effettivo di questi titoli si
basa sulle cedole certe e su quelle stimate sulla base della curva dei tassi forward dei relativi
parametri di indicizzazione.
In presenza di variazioni (al rialzo) dei tassi di interesse il prezzo delle obbligazioni reverse
floater riflette perdite molto consistenti e ciò in quanto la scadenza media finanziaria di questi
titoli è in genere uguale o maggiore della propria vita residua.

Obbligaz ioni equity/ index linked

In generale le obbligazioni linked sono obbligazioni il cui rendimento è collegato all'andamento


di determinati prodotti finanziari o reali, quali azioni o panieri di azioni (equity linked), indici
(index linked), tassi di cambio (forex linked), merci (commodities linked), fondi comuni di
investimento (funds linked) o altro. Il tasso di interesse corrisposto é generalmente inferiore a
quello di mercato, mentre alla scadenza viene garantito il rimborso alla pari del prestito. Il

3 Valgano i seguenti esempi per avere un’idea della molteplicità delle ipotesi operative: A) obbligazione reverse
floater che per gli anni 2000 e 2001 paga una cedola annua al tasso fisso del 7% a partire dal 2002 le cedole
verranno determinate sulla base della seguente relazione: 15% - (2 volte il libor a 12 mesi) con una cedola
minima del 2% ed una massima del 6,5%; B) obbligazione reverse floater che per l’anno 2000 paga una cedola
annua al tasso fisso dell’8% e per gli anni dal 2001 al 2003 paga una cedola annua del 6%, a partire dal 2004 le
cedole verranno determinate sulla base della seguente relazione: 15% - (2 volte il libor a 12 mesi) con
rimborso anticipato (clausola call) da parte dell’emittente alla pari a partire dal 4/8/2003 e ogni due anni e
fino alla scadenza.

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risparmiatore ha però il vantaggio di poter ottenere alla scadenza un premio commisurato


all'andamento del prodotto finanziario sottostante.
Per esempio, sottoscrivendo una obbligazione index linked, il risparmiatore di fatto compra sia
una obbligazione che una opzione call sull'indice sottostante. In realtà tale opzione non è
gratuita, e l'emittente ne recupera il costo corrispondendo un tasso di interesse inferiore a quello di
mercato. L'investitore sopporta il rischio tipico dell'acquirente di un'opzione: con il passare del
tempo l'opzione perde valore e solo se l'andamento del titolo sottostante supera il prezzo di
esercizio fissato al momento dell'emissione percepirà un qualche flusso cedolare.
Una versione più semplice di obbligazione di tipo linked, prevede la corresponsione del solo
premio a scadenza, senza il pagamento di cedole di interesse. In questo caso il premio incorpora
anche il flusso di cedole non corrisposte nel corso della vita del prestito.
Sul mercato esistono anche obbligazione linked con rendimento minimo garantito che riducono
il rischio di non percepire alcun flusso cedolare.
Le obbligazioni equity/index linked sono, quindi, titoli a struttura mista obbligazionaria-
azionaria con un premio di rimborso legato all’andamento di un basket di titoli azionari o di alcune
azioni (equity linked) oppure a indici azionari (index linked). Il prezzo delle obbligazioni è su base
cento ed il tipo di quotazione, varia per tipologia di titoli. In generale quotano tutti tel quel ad
eccezione dei titoli con cedola, che quotano ad un corso secco per il tasso fisso e tel quel per la parte
variabile.
Rispetto al paniere o ai titoli di riferimento viene in primo luogo calcolata la variazione ad una certa
data; tale variazione, maturata alla scadenza, costituirà la cedola “azionaria” che sarà corrisposta
secondo la percentuale stabilita. Le modalità di calcolo della partecipazione alla performance del
parametro di riferimento possono essere di tipo asiatico, se l’apprezzamento è calcolato sulla base di
una media di rilevazioni del prezzo del sottostante, oppure europeo se si prende come riferimento il
livello finale del sottostante.
Con riferimento alla misura effettiva del legame tra la performance ed il rendimento del titolo, va
verificata quale percentuale della performance suddetta venga riconosciuta all’investitore, tenendo
presente che tali interessi vengono corrisposti in via posticipata alla scadenza del titolo.
Data l’aleatorietà del titolo, vi sono emissioni che garantiscono anche un minimo di interessi a
scadenza (floor) riconoscendo all’investitore il massimo tra il floor e la percentuale di apprezzamento
del sottostante stabilita.
Questo accorgimento permette di salvaguardare il capitale alla scadenza (essendo sempre previsto)
ma di beneficiare di un ulteriore elemento di tutela rendendo queste emissioni più difensive.
Altro elemento da valutare è l’esistenza o meno della clausola di rimborso anticipato (call) che
può essere esercitata nel corso della vita del titolo, in corrispondenza di date prefissate e con
preavviso (di 15-20 giorni o diverso secondo quanto fissato dall’emittente). Il rimborso è in genere
al di sopra della pari fornendo un elemento correttivo al rendimento dell’investimento. E’ evidente
che in presenza di siffatta clausola, l’investitore non è più arbitro del suo investimento, poiché
assoggetta il proprio orizzonte temporale alle decisioni dell’emittente.
Tale tipologia di obbligazioni soddisfa le aspettative di coloro che non desiderano rischiare il
proprio capiatale, ma intendono trarre vantaggio dal positivo andamento del mercato azionario con
un orizzonte di medio periodo e di coloro che voglio no diversificare il portafoglio controllando il
profilo di rischio.

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Obbligaz ioni "Step Dow n" e "Step Up"

Si tratta di prodotti apparsi recentemente sul nostro mercato. Sebbene non presentino un elevato
grado di innovazione finanziaria, la loro struttura può comunque presentare difficoltà di
comprensione da parte del risparmiatore.
In generale, tale tipo di obbligazione è caratterizzata da una struttura cedolare predeterminata
(quindi non soggetta ad alcuna incertezza) ma comunque variabile nel tempo. Le emissioni,
pertanto, sono molto simili ai titoli a tassi fissi, sebbene con la particolarità di corrispondere un
flusso cedolare a livelli variabili. In particolare, le "step down" sono obbligazioni con cedole
decrescenti nel tempo: le prime cedole sono elevate, mentre le successive sono via via decrescenti.
Nelle "step up" si ha una struttura inversa, dove le cedole finali sono elevate, mentre le iniziali
sono più basse.

Esempio di Obbligazione "Step up"


durata: 5 anni
Struttura cedolare:
1° anno: 5%
2° anno: 5,5%
3° anno: 6%
4° anno: 6,5%
5° anno: 7%

Obbligaz ioni c allable

Meritano, infine, di essere richiamate le obbligazioni callable; si tratta di obbligazioni a tasso


fisso munite di una clausola che attribuisce all'emittente la facoltà di rimborsare
anticipatamente il prestito. Ovviamente l'emittente avrà interesse a rimborsare il prestito quando
il tasso di mercato risulterà inferiore a quello fisso. Questo prodotto consente all'emittente una più
facile gestione del rischio connesso ad una evoluzione a lui sfavorevole dei tassi di interesse.
L'opzione che l'emittente si riserva deve evidentemente avere un valore per l'investitore che
pertanto dovrebbe ricevere un tasso superiore a quelli correnti di mercato.

Esempio di Obbligazione Callable


durata: 7 anni
Struttura cedolare:
1° anno: 7% (fisso)
2° anno: 7% (fisso)
3° anno: 7% (fisso) possibilità di rimborso anticipato
4° anno: 7% (fisso) possibilità di rimborso anticipato
5° anno: 7% (fisso) possibilità di rimborso anticipato
6° anno: 7% (fisso) possibilità di rimborso anticipato
7° anno: 7% (fisso) possibilità di rimborso anticipato

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Obbligaz ioni indic izzate agganc iate ai tassi a lungo ter m ine

Le strutture più diffuse sul mercato sono raggruppabili nelle seguenti tipologie: obbligazioni push
up, sticky floater (o incremental cap) e constant maturity swap.
I titoli push up pagano una cedola in genere variabile con spread superiore a quello normale
di mercato e il limite nello stabilire la cedola è rappresentano da un tasso a lungo termine (di
solito il tasso swap, oppure il rendimento dei titoli a 10 o 30 anni). Tale limite, poiché in
concomitanza alle date di fissazione delle cedole (periodo di reset) non può essere superato,
costituisce anche l’elemento di rischio di questi titoli. E’ evidente che, se si mantiene una curva
ordinaria dei tassi di interesse, con questi a lungo termine con un differenziale positivo rispetto ai
tassi a breve termine rispetto ai quali viene fissata la cedola, non vi sono problemi sostanziali; ma se
la curva presenta un “appiattimento” che comporterebbe una riduzione del livello massimo della
cedola, allora si manifesterebbe il rischio. Esiste un rischio legato alla futura inclinazione della curva
dei rendimenti nell’arco della vita del titolo.
Un’altra tipologia di titoli sono i cosiddetti sticky floater che presentano un collegamento tra
ciascuna cedola e la sua precedente: in altre parole con questi titoli le cedole di un periodo
successivo non possono superare di un ammontare prefissato la cedola precedente,
determinando un vero e proprio effetto di ancoraggio ai tassi precedenti ed impedendo che
tassi di interesse più elevati possano condizionare positivamente la cedola successiva. A
fronte di questa rinuncia l’investitore riceve uno spread più alto di quelli applicati ad investimenti di
analoga durata e rischio emittente. Con i titoli sticky floater il rischio è rappresentato da bruschi
incrementi dei tassi di interesse anziché da aumenti graduali. Infatti supponendo che il massimo
incremento tra due cedole successive sia pari a 30 b.p. (basis point), se i tassi aumentino in due
semestri di 50 b.p., la seconda cedola sarà comunque di 40 b.p. più bassa rispetto al mercato.
Infine vanno considerati i titoli che fissano la cedola semestrale con riferimento ai tassi a lungo
termine, ossia i titoli constant maturity swap che si rifanno ai tassi di interesse a 10 e a 30
anni. Il rendimento a dieci anni viene fissato solo per la periodicità della cedola (dunque per un
semestre) e poi successivamente determinato dal mercato. L’investitore si assume il rischio di un
appiattimento della curva nel segmento a medio-lungo termine dopo l’emissione del titolo. Ciò,
infatti, determina l’acquisizione di cedole minori di quelle che si assumevano in sede di
sottoscrizione del titolo stesso. Infatti al momento dell’acquisto il prezzo del titolo teorico si
determina sulla base delle cedole che il titolo pagherebbe ed il valore di queste cedole viene
determinato sulla base delle curve di mercato. Ne consegue che se i tassi a lungo termine rispetto al
breve termine diventano via via meno remunerativi il titolo si deprezzerà (in pratica ciò accade se i
tassi decennali restano stabili o la curva si appiattisce).

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