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Sistemi di Valutazione dell’Innovazione

1.1 Non neutralità del processo decisionale.


La valutazione di un processo decisionale non è indipendente dal sistema decisionale: il processo decisionale
condiziona il risultato e quindi non è neutro.

Il sistema di valutazione riguarda il processo, la valutazione è il risultato.

1.2 Oggettività, soggettività, coerenza e trasparenza del processo di valutazione.


Il sistema di valutazione, da una parte, vede l’oggetto che deve essere valutato e dall’altra, invece, vede il soggetto
che deve valutare. Il soggetto non vede l’oggetto per quello che è, ma l’oggetto percepito sulla base dei suoi bisogni:
il soggetto valuta quindi il Phenomenon (oggetto percepito) e non il Noumenon (l’oggetto). L’interazione tra
soggetto valutatore ed i suoi bisogni costituiscono la lente attraverso cui egli percepisce e quindi valuta.

Quindi il sistema di valutazione non è oggettivo: di fronte allo stesso oggetto, soggetti diversi fanno valutazioni
diverse. Nell’oggetto percepito c’è l’oggetto, ma anche il soggetto ed i suoi bisogni: il soggetto nel valutare l’oggetto,
valuta pure sé stesso.

Un’altra variabile fondamentale da considerare è il tempo. Nel tempo la valutazione su un oggetto può modificarsi
perché cambiano i bisogni del soggetto. La valutazione bisogna verificarla nel tempo.

Tra le caratteristiche che deve avere un sistema di valutazione ci sono: coerenza e trasparenza.

La coerenza consiste nel fatto che lo stesso soggetto di fronte lo stesso oggetto dà sempre la stessa valutazione,
mentre la trasparenza è un elemento importante perché serve al valutato per capire come viene valutato ed anche a
migliorare la sua prestazione eventualmente.

La coerenza è strettamente connessa a 4 ipotesi (assiomi che non metto in discussione e considero vere) che
definiscono un processo di valutazione razionale

- Il valutatore è in grado di valutare: il valutatore deve essere un soggetto razionale;

- Non sazietà: il valutatore valuterà meglio tra due oggetti quello che avrà prestazioni più alte;

- La transitività: se valuto A meglio di B e B meglio di C, allora anche A meglio di C;

- I rendimenti marginali decrescenti: esiste un effetto soglia, oltre il quale si è indifferente e quindi ad un ulteriore
aumento di performance non aumenta più la valutazione.
2.1 Attualizzazione

Nei processi di valutazione l’aspetto monetario è sempre fondamentale.

La moneta ha tre funzioni:

- Intermediario degli scambi;

- Misura il valore delle cose: la moneta è un metro poiché misura il valore di cose anche diverse fra loro. Tuttavia, ha il
difetto di cambiare valore nel tempo, non è costante e quindi non è possibile confrontare due cose a distanza di
tempo, poiché cambia il metro di misura. Devo quindi avere un coefficiente di conversione, qualcosa che mi dice
come cambia il valore della moneta nel tempo;

- Riserva di valore: perché, se conservo moneta, posso comprare qualsiasi cosa.

Gli economisti utilizzano come metro la moneta, strumento utilizzato per misurarne le cose, questa però varia nel
tempo per effetto dell’inflazione. Essa mi permette di confrontare il valore tra due cose allo stesso tempo fissato t. La
difficoltà dell’utilizzo della moneta come strumento di misura sta nel fatto che non è possibile stabilire se vale una
cosa più oggi o domani poiché cambia il metro di valutazione. Devo avere un coefficiente di conversione, devo
convertire la moneta di oggi in quella di ieri o la moneta di oggi con quella di domani. Devo quindi capire qual è il
deflattore della moneta, come cambia la moneta nel tempo.

------Esempio 2.1.

Supponiamo di acquistare un titolo di stato (poiché non ha rischi) il cui rendimento (tasso di interesse) sia r.

Sia V0 = Valore iniziale,


r=Tasso annuo,
V1 =valore dopo un anno,

→ allora

Se V0= 1000, r= 10%, allora V1 =1100 → Questo è il valore che avrà tra un anno V0, considerando un tasso annuo di r.

Formula inversa:

Per determinare quanto vale oggi, ad un tasso r, una cifra V1 che avrò tra un anno.

Se r non è costante negli anni, ogni anno avrò un coefficiente diverso r1, r2 e rn e quindi Vn e V0 si scriveranno nel
seguente modo:
Se invece r è costante possiamo scrivere:

Il tasso r dipende da settore a settore ed è soggettivo. -----

Principi della dinamica finanziaria:

1. I soldi si muovono da settori a tassi più bassi a settori a tassi più alti;
2. Il sistema tende verso la speculazione: poiché i soldi si muovono verso tassi sempre più alti, il sistema tende
alla speculazione. Lo stato interviene mettendo un freno ai tassi di interesse.

Per poter valutare un investimento, devo tenere presente il primo principio della dinamica finanziaria, ovvero
confrontare i costi da sostenere oggi con i ricavi futuri, tenendo presente il valore finanziario del tempo, ovvero devo
considerare il valore attuale di un flusso di denaro che si manifesterà in futuro.

Ogni F (flusso di cassa) è misurato a moneta del proprio anno e poiché la moneta si deforma ogni anno, non
possiamo sommare i valori a moneta corrente, ma bisogna attualizzare (farò una somma attualizzata) ogni valore
all’anno zero. Quindi per sommare flussi di cassa di periodi diversi è necessario scrivere:
Quindi possiamo dire che il Valore Attuale di un Flusso (VAF) non è assolutamente pari a F1+F2+F3+…+FN, ma bisogna
attualizzare ciascun flusso tutti allo stesso anno di riferimento.

La formula (A2) mi permette di calcolare la rata annuale (F) conoscendo la somma totale attuale (del prestito che
concede la banca), la durata (N) e il tasso (r).

-------------------------------------------------------------

Esempio 1:

Chiedo un mutuo di €100000 (valore attuale) con un tasso applicato dalla banca costante del 2% (r), da restituire in
10 anni (N). Voglio calcolare la rata annuale.

Esercizio 4.1 RENDITA A VITA (=PENSIONE)

Considero un uomo di 30 anni che ha iniziato ora a lavorare e decide di fare un’assicurazione che gli garantisce una
rendita futura di circa 18.000€ all’anno, da avere quando compie 65 anni.

Pattuiscono un tasso di interesse r= 0,02. La domanda è: qual è la rata che deve pagare ora fino a 65 anni?

Il soggetto dice: voglio avere una rendita da 65 anni fino alla morte, di 18.000€. L’assicurazione si pone il problema di
capire per quanti anni dovrà erogare la rendita [valuto la speranza di vita, ‘’attualizzata’’ a quando inizierò a erogare
la rendita].

La rata dipenderà quindi dal numero di anni, consideriamo una speranza di vita di 85 anni e quindi l’assicurazione si
deve preparare a erogare una rendita per 20 anni. Se il soggetto vive di meno, l’assicurazione ci guadagna; se vive di
più, il soggetto ci guadagna.

Quello che devo calcolare è il valore che devo avere a 65 anni, per avere una rendita di 18.000€ per i successivi
vent’anni [con un flusso costante, annuale].

Utilizzo questa formula

Dove conosco sia R (la rata 18.000€ all’anno), il tasso (r = 0.02) e il periodo (N = 20 anni).

Scopro così di dover accumulare, a 65 anni, 294325,8€.

Ora devo calcolare la rata (che devo pagare da quando ho 30 anni (cioè dal 2020) a quando ne ho 65 (cioè al 2055),
per accumulare, a valore dell’anno in cui ho 65 anni, quella cifra. Devo innanzitutto calcolare il valore nell’anno
attuale (devo tornare indietro).

Utilizzo quindi la formula

------------------------------
Il tasso di interesse (r) è uguale ad un valore i che rappresenta il tasso ufficiale di riferimento+ ∆G connesso ai costi di
gestione + un ∆S connesso alla sofferenza bancaria + ∆I connesso all’investimento stesso.

Per i si utilizza o il tasso ufficiale di riferimento oppure, come avviene oggi, l’EURIBOR cioè il tasso di interesse con cui
le principali banche europee si scambiano soldi.

L’EURIBOR (Euro Inter Bank Offered Rate) è pari al tasso ufficiale di riferimento (i) più un delta che rappresenta il
margine della banca (ossia è la media dell’Euribor dell’anno precedente).

∆G dipende dalla banca perché ogni banca ha un suo costo di gestione; maggiore sono i costi di gestione maggiore è
∆G e quindi maggiore r. Lo stesso vale ∆S.

∆I dipende dal tipo di investimento, non dipende dalla banca ma è legato alla Banca Centrale Europea.

Quindi:

Quando si parla di tasso si distingue tra tasso fisso e tasso variabile.

Per tasso fisso si intende che il tasso rimane costante per tutto il periodo del muto mentre per variabile si intende che
il tasso può variare nei diversi periodi.

Il tasso variabile (rv) risulta essere uguale all’EURIBOR + un ∆ che tiene conto del costo di gestione, della sofferenza
bancaria e del tipo di investimento.

Possiamo dividere rv in due aliquote A + B, dove A è l’aliquota variabile mentre B rappresenta l’aliquota fissa
(euribor).

Nel tasso fisso invece sia A e sia B sono aliquote fisse:

dove Af è funzione del tasso interbancario di riferimento utilizzato come parametro di indicizzazione dei mutui
ipotecari a tasso fisso (EURIRS/IRS=Interest Rate Swap), e dove B è un’assicurazione che serve per coprire in caso in
cui i tassi di interesse si alzino e quindi la banca non ci rimette.

L’EURIS è generalmente maggiore dell’EURIBOR e la differenza tra i due è il ∆ che copre l’assicurazione.

Il tasso fisso rf è generalmente maggiore del tasso variabile rv  rf>rv (proprio perché è compresa anche il rischio
che la banca si deve assumere per un prestito a tasso fisso).

TAN e TAEG
Il TAN è il Tasso Annuale Lordo ed esprime in percentuale e su base annua gli interessi relativi al prestito.

Il TAEG è il Tasso Annuale Effettivo Globale ed esprime il costo totale del prestito, coprendo quindi anche tutte le
spese connesso ad esso.

La differenza tra TAEG e TAN è il costo dell’istruttoria e delle spese varie.

Se il tasso di interesse è basso conviene fare un mutuo di lungo periodo, se è alto bisogna cercare di abbreviare il più
possibile il periodo del mutuo.

I mutui e/o i prestiti con un tasso basso all’inizio e più alto dopo sono da preferire rispetto a quelli con un tasso alto e
poi basso perché, se il tasso si alza verso la fine io ho già smorzato gran parte del capitale.
ESERCIZIO 1

La quota di interesse è calcolata al 2% rispetto al capitale residuo che diminuisce col pagamento delle rate di anno in
anno.

La quota capitale è calcolata sottraendo la quota interesse alla rata.

Il capitale residuo è calcolato sottraendo la quota capitale al capitale residuo del periodo precedente.

Il capitale residuo alla fine del 5 anno è 52473,32, quindi la nuova rata dal sesto anno in poi va calcolata partendo da
questo nuovo capitale.

Dal sesto anno in poi il tasso varia e passa al 15%, quindi dobbiamo calcolare la nuova rata con la stessa formula che
abbiamo utilizzato in precedenza:
ESERCIZIO 2

Dobbiamo acquistare un’auto il cui prezzo (P) è 20000€. C’è un’offerta: si paga in 5 anni ad un tasso (TAN) del 5%, con
prima rata a partire dal terzo anno e un costo della pratica(C) di 500€. Quando vale ciascuna rata mensile (R) per un
periodo di 60 mesi? Quanto vale il TAEG?

È da sottolineare il fatto che non sto acquistando solo l’auto ma l’auto + il servizio (P+C=20500€) e che lo pagherò
dopo 2 anni, ma dopo 2 anni P+C non avrà più lo stesso valore ma dobbiamo attualizzarlo:

Ora possiamo calcolare la rata:

Essendo il TAEG l’incognita vado a tentativi, sostituendo su Excel dei valori a partire da quello del TAN=5%. Alla fine,
troverò che il TAEG=5.57%, ovvero che il costo del servizio pesa lo 0,57%.
ESERCIZIO 3

Dobbiamo acquistare un’auto, il cui prezzo (P) è 20000€. C’è un’offerta: si paga in 5 anni ad un tasso TAN=5%, con
prima rata a partire dal terzo anno e un costo della pratica (C) di 500€. Se considero rate mensili, quindi un totale di
60 rate, quanto vale ogni rata sapendo che le ultime 24 sono a tasso 0? Quanto vale il TAEG?

Inizialmente abbiamo la medesima situazione dell’esercizio precedente: sto comprando l’auto + il servizio
(V0=P+C=20500). Pago a partire del 3 anno una cifra pari a V2=22601,3€ con una rata fissa per i primi 3 anni una rata
R=426,51€ con un TAN=5% mentre gli ultimi due con un tasso 0.

Per calcolare le rate negli ultimi 24 mesi (in cui il tasso è 0) dobbiamo calcolare il capitale residuo (Cr5).

Possiamo calcolare il capitale residuo al 5 anno o con lo schema su Excel che abbiamo fatto anche nell’Esercizio 1
oppure con la seguente formula inversa:

Questo che abbiamo trovato è il Capitale residuo al termine delle 36 rate da pagare con un tasso del 5%, per trovare
la rata da pagare negli ultimi 24 mesi dividiamo il Capitale residuo per 24 poiché c’è un tasso pari a 0.
ESERCIZIO 4

Considero l’acquisto di un sistema di lavorazione S, il cui prezzo è 30000€ da pagare rateizzato in 60 rate mensili,
quindi N=5, n=12. Il costo del servizio C=500€, il tasso TAN=7%. E’ prevista una maxi-rata finale di 5000€. (Per maxi-
rata si intende che va pagata alla fine, cioè insieme alla 60esima rata).

ESERCIZIO 5

Ho 40 anni, voglio stipulare una polizza per garantirmi una pensione aggiuntiva (o rendita) dopo i 65 anni di 1000€ al
mese. Sono una società di assicurazioni, mi trovo di fronte a questa richiesta. La polizza va pagata mensilmente fino al
compimento del 65esimo anno. Dopodichè non pago più e mi rientra invece la mia assicurazione. Si ha la possibilità
di poter ritirate tutta la cifra se mi succede qualcosa, cioè i miei eredi, all’atto della morte, ereditano tutto quello che
ho versato. La società di assicurazioni attualizza i suoi flussi a un tasso r=3%. L’assicurazione stima una vita media di
un uomo in Italia di 81 anni.
ESERCIZIO 6

Chiediamo un capitale di 100000€ ad una finanziaria, il costo del servizio è di 1000€ e lo si deve restituire in 2 anni
con rate mensili. Il primo anno il tasso di interesse è TAN=5%, mentre il secondo tasso è TAN=7%.
ESERCIZIO 7

Acquistiamo un sistema il cui costo è 50000€, il costo del servizio è di 1000€ e vogliamo pagare in 5 anni.

La prima rata si paga a partire dal 3° anno, per i primi 2 anni il TAN1=6%, per i successivi 2 anni TAN2=4%, per i
successivi anni TAN3=5%. È previsto il pagamento di una maxi-rata da 5000€ alla fine del 5° anno dall’acquisto e una
sospensione del pagamento alla fine del 4° anno per 12 mesi e poi viene ripreso.

Calcolare le Rate e il TAEG nei diversi periodi.


VALUTAZIONE DEGLI INVESTIMENTI

Per investimento si intende un esborso immediato in cambio di un ritorno differito nel tempo, probabile ma non
sicuro.

Esso ha tre implicazioni: l’utilità (il beneficio connesso all’investimento), il tempo (la durata dell’investimento) e il
rischio connesso al fatto che l’investimento non è sicuro.

- L’UTILITÀ: Si valuta con la valutazione dei ritorni economici degli investimenti, con i principali indicatori di tipo
tradizionale utilizzati. Pesano molto qui aspetti strategici, oltre agli aspetti economici. In realtà, il ritorno
dell’investimento può non essere connesso soltanto alla variabile economica (es. Se fornisco una grande azienda, per
mantenere le commesse o mantenere la posizione verso il cliente, faccio degli investimenti. Oppure perché ci credo
(perché credo in performance migliori) o perché l’hanno fatto i miei competitor (e quindi lo avranno valutato).).

- IL TEMPO: La vita dell’investimento è legata alla vita utile del prodotto che ‘compero’.

Per quanto riguarda un investimento industriale, la vita della tecnologia che si va ad utilizzare, può essere lefata a
diversi fattori:

•vita fisica, ovvero quella legata all’usura fisica → dopo un certo periodo il sistema non è più in grado di processare il
prodotto o il servizio con lo standard di qualità richiesto dal mercato.

•vita tecnologica, ovvero quella legata all’usura tecnologica → legata al fatto che la tecnologia che si sta usando è
ancora in buone condizioni (quindi non c’è usura fisica) ma ci sono tecnologie che riescono a lavorare con maggiore
efficienza.

•vita di mercato o commerciale, ovvero quella legata all’usura di mercato → si intende che quel sistema processa un
prodotto o un servizio che non è più richiesto dal mercato, quindi il servizio o il prodotto che realizza non si vende più
e quindi è una tecnologia obsoleta dal punto di vista del mercato.

•vita normativa (ambientale), ovvero quella legata agli aspetti legali e ambientali.

La minore tra queste vite corrisponde alla vita utile dell’investimento.

- IL RISCHIO: Non è possibile azzerarlo. Generalmente, maggiore è il rischio, maggiore deve essere la remunerazione
dell’investimento. Quando parlo di investimento devo sempre essere ‘cauto’: es. se ho una tecnologia vecchia che sto
utilizzando e la devo confrontare con una tecnologia nuova per decidere se sostituirla o meno. Possono verificarsi
due casi:

a. Dal confronto, esce fuori che la tecnologia vecchia è migliore di quella nuova → allora non sostituisco. Se a è vera
ho fatto bene a non sostituire, se è falsa ho sbagliato lo studio, dovevo sostituire e non l’ho fatto → Errore di tipo 1

b. Oppure la tecnologia nuova risulta migliore → sostituisco. Se la b è vera ho fatto bene a sostituire, se è falsa, ho
sbagliato lo studio, non dovevo sostituire e l’ho fatto → Errore di tipo 2

I due errori non sono equivalenti perché, se non sostituisco ho commesso un errore, posso tornare indietro nella
decisione e rifaccio l’investimento con ritardo. Se, invece, ho sostituito mi sono esposto dal punto di vista
economico/finanziario, e per tornare indietro con danni economici/finanziari enormi. L’errore 2 è quindi quello che
più devo tenere in considerazione.

Queste tre implicazioni sono tra loro strettamente connesse e possono combinarsi in tantissimi modi diversi: il modo
in cui si combinano condiziona anche l’attrattività dell’investimento, nonché i criteri con cui l’impresa ne valuta la
convenienza. Dobbiamo quindi utilizzare indicatori diversi per ognuno di questi fattori. I numerosi metodi di
valutazione degli investimenti industriali sono sostanzialmente riconducibili a TRE PRINCIPALI APPROCCI: quello
tradizionale, quello strategico, quello combinato che sposa l’approccio tradizionale e quello strategico.
Secondo L’APPROCCIO TRADIZIONALE, l’investimento più conveniente è quello che assicura la massima redditività.
Per tale motivo, le sue tecniche di valutazione degli investimenti sono anche dette tecniche economico/finanziarie.

L’APPROCCIO STRATEGICO, invece, riconosce come fondamento di una scelta di investimento l’esame della coerenza
dell’investimento con la collocazione strategica dell’azienda. Le tecniche che seguono questo approccio vengono
definite tecniche non finanziarie.

L’APPROCCIO COMBINATO, che combina le caratteristiche dei primi due, è quello più recente. Esso considera come
fattori fondamentali per la valutazione degli investimenti sia la redditività che la coerenza strategica dell’investimento
con la missione dell’impresa. Esso pone enfasi sulle possibilità di adattamento del sistema all’ambiente esterno.

INDICATORI TRADIZIONALI DI VALUTAZIONE DEGLI INVESTIMENTI

- Periodo di ritorno (PAYBACK o PAY-OUT): È il tempo richiesto affinché tutti i flussi di cassa (ricavi meno costi, al
netto delle tasse e al lordo [con] degli ammortamenti) ripaghino, o almeno pareggino, l’esborso iniziale.

Il periodo di recupero deve essere minore del periodo di mercato: PC<PM. In particolare deve essere uguale al
periodo di mercato + un termine che rappresenta la propensione al rischio: PC=PM+α

SVANTAGGI: Il Pay Back non attualizza i flussi di cassa, quindi confronta prezzi diversi. Con inflazione alta non può
essere usato, ecco perché viene considerato generalmente in breve periodo; o attualmente, perché si è in una
condizione di bassa inflazione. Inoltre, non considera tutti i flussi di cassa successivi (ovvero quello che comporta
l’investimento dopo che ho ‘recuperato’ il capitale dell’investimento stesso) e trascura il momento in cui si
manifestano i flussi di cassa (ad esempio, a parità di periodo di recupero/ritorno, sarebbe preferibile un investimento
che concentri i flussi di cassa più alti negli anni iniziali).

- Return On Investiment (ROI): misura il tasso di redditività.

Il ROI deve essere maggiore del tasso di interesse (r) del capitale investito: ROI>r. In particolare deve essere uguale al
tasso di interesse (r) del capitale investito più un termine che rappresenta la propensione al rischio: ROI=r+∆.

Esiste quindi una relazione tra il ROI e il periodo di ritorno PR


Possiamo definire quindi un’area di convenienza, in quanto il ROI deve essere più alto di un tasso di interesse di
mercato e del ROI aziendale e quindi maggiore del ROI di riferimento (per recuperare il capitale investito e migliorare
le prestazioni iniziali). Il Pay Back invece deve essere inferiore al periodo di mercato. A questo punto ottengo il tratto
della curva in cui sono verificate entrambe le condizioni, e quindi una situazione favorevole per fare investimenti.

Un investimento genera un insieme di flussi finanziari in uscita (costi) e in entrata (ricavi e risparmi), distribuiti nel
tempo. Per valutare il valore dell’investimento uno dei metodi più semplici è infatti attualizzare tutti i flussi di cassa
futuri: in questo modo diventa possibile confrontare il totale delle entrate con il totale delle uscite. Eseguendo questa
operazione si otterrà il Valore Attualizzato Netto (VAN) generato da un investimento, che è dato dalla somma di tutti
i flussi di cassa attualizzati, in entrata o in uscita, associati all’investimento:

- VAN o NVP (Valore Attualizzato Netto/Net Present Value): Esso lega i profitti futuri attesi con il costo
dell’investimento iniziale, quindi è necessario attualizzare i flussi di cassa all’anno 0 (cioè al momento dell’esborso).

Se VAN > 0 ⇒ un investimento è accettabile; cioè si accettano solo investimenti che non riducono il valore del
capitale investito, cioè che rendono almeno r.
Un investimento con VAN negativo infatti distrugge ricchezza.

Se VAN1 > VAN2, è preferibile l’investimento; a parità di tasso di attualizzazione (r), un investimento è preferito ad un
altro se presenta un VAN maggiore (crea maggior ricchezza).

NB. Il VAN dipende ovviamente dal tasso del costo opportunità del capitale utilizzato (r). Più alto è il valore di r con
cui valuto l’investimento, minori saranno i valori attualizzati dei flussi futuri. r corrisponde al tasso di interesse della
banca se l’azienda chiede il prestito in banca, oppure se usa denaro proprio r corrisponde al ROE
Il VAN è quindi un indicatore sensibile al tasso di sconto e alle sue variazioni (la scelta del valore del tasso di sconto r
è fondamentale).

E’ possibile svincolare il VAN da r determinando il valore di r che annulla il VAN.

Il valore che annulla il VAN è chiamato IRR (Tasso Interno di Rendimento oppure International Rate of Return).

Esso viene calcolato per tentativi, andando a sostituire un valore ad r fin quando il VAN è nullo.

Affinché un investimento sia preso in considerazione l’IRR deve essere almeno uguale al tasso di interesse che
reperisco sul mercato più un ∆ che rappresenta la propensione al rischio:

Nella valutazione di un investimento, l’aspetto economico-finanziario rappresenta soltanto una delle tante variabili da
prendere in considerazioni. E’ importante quindi condurre un’analisi multicriteria che attribuisca a ciascuna variabile
un peso.

Una delle tecniche più utilizzate è l’APPROCCIO AHP, di Thomas Saaty.

Per introdurre tale tecnica bisogna introdurre alcuni concetti.

Una matrice è un operatore che prende un vettore v e lo trasforma in un vettore vm.

Una matrice si dice quadrata se ha lo stesso numero di righe e di colonne.

In generale una matrice trasforma un vettore ruotandolo e allungandolo:

Ci sono casi in cui si ha soltanto un allungamento o accorciamento del vettore, sono quindi sulla stessa direzione.

In questo caso v si definisce autovettore e il coefficiente di allungamento o accorciamento si definisce autovalore.

Data una matrice di ordine N, essa gode delle seguenti proprietà:

1) Ammette al massimo N autovalori diversi da 0;


2) La somma degli autovalori è uguale alla traccia della matrice (dove la traccia è la somma degli elementi della
diagonale principale)

In seguito alle proprietà viste possiamo affermare che una qualsiasi matrice di ordine N ammetterà almeno un
autovalore diverso da 0, e quando ne ammette uno solo, il valore di questo è la traccia della matrice.
Una particolare categoria di matrice di nostro interesse è la categoria delle matrici reciproche la cui caratteristica
consiste nella proprietà per cui:

In particolare, ci interessa a un sottoinsieme delle matrici reciproche, cioè le matrici consistenti, la cui proprietà è la
seguente:

Le matrici consistenti sono anche reciproche, le matrici reciproche non necessariamente sono anche matrici
consistenti.

Prendiamo in esempio la seguente matrice consistente:


Si nota che il vettore [9, 3, 1] non è altro che la terza colonna della matrice A, che come direzione è la stessa della
prima colonna e della seconda. Significa che ogni colonna di una matrice consistente rappresenta la stessa direzione,
che è quella dell’autovettore.

Consideriamo il seguente esempio:

Abbiamo 3 salvadanai, in particolare A ha un valore di 16, B un valore di 8 e C di 2.


Unendo tutto in un unico salvadanaio avremo in tutto 26 unità monetarie.
Il peso o il contributo di A è di 16/26 (semplificando di 8/13), quello di B 8/26 (4/13) mentre quello di C è 2/26
(1/13).

Se conosciamo esattamente il contributo di A, B, C possiamo quindi definire i loro pesi.

Creiamo una matrice di confronto a coppie tra A,B,C:

Una matrice consistente come questa ha una caratteristica: le colonne

sono a due a due proporzionali e quindi tutti i minori di ordine due sono

nulli e di conseguenza il determinante è nullo. Tale matrice è una matrice

di ordine 3 e quindi ammette al massimo 3 autovalori diversi da 0 ma ha

determinante diverso da 0 e quindi ammette un solo autovalore diverso


da 0. Tale autovalore è pari a 3 poiché vale il teorema che la somma degli autovalori deve essere pari alla traccia.

Abbiamo quindi

Ogni autovalore ha un autovettore. L’autovettore di è una qualsiasi colonna della matrice ad esempio [8;4;1] e
quindi si evince che se si normalizza (dividendo per la somma dei termini della colonna) si ottiene: 8/13, 4/13, 1/13.

[8;4;1] corrisponde al vettore [v1; v2; v3], 8/13, 4/13, 1/13 corrisponde al vettore che sono le
componenti normalizzate. Noto quindi che l’autovettore normalizzato non è altro che i pesi dei vari componenti.

In questo caso non era necessario seguire questo ragionamento poiché i pesi erano facilmente calcolabili avendo i
valori di A, B, C.

Tale ragionamento risulta invece necessario quando non si conosce il valore esatto di A, B, C e quindi creo la matrice
di confronto a coppie che mi restituisce una matrice reciproca ma non consistente.

Possiamo prendere come esempio il caso della mela, dell’uva e della banana.
Costruiamo una matrice di confronto a coppie tra le 3 scelte:

Consideriamo come esempio di stare in un ristorante e di dover presentare dei piatti di frutta. Nel primo piatto, ci
sono 4 mele, 5 banane e una pigna d’uva; nel secondo piatto, che è molto più ricco, ci sono 2 mele, 5 pigne d’uva e 6
banane. Quale sarà più gradito?

Tra i due verrà sicuramente scelto il primo piatto, nonostante vi sia una quantità minore di frutta, ma è presente una
quantità maggiore di mela che è la frutta preferita dell’intervistato.

Abbiamo però commesso un errore per arrivare al risultato, infatti questi ragionamenti possiamo farli solo se la
matrice è consistente ma invece nel nostro caso è solo reciproca.

Ci sarà quindi un errore che sarà però piccolo. L’entità dell’errore sarà data da un indicatore: Consistent Index:
Minore è il C.I. minore è l’errore e quindi possiamo accettarlo.

Ma quanto piccolo deve essere questo errore? Da qui nasce l’intuizione di Saaty, cioè creiamo N matrici reciproche
casuali con numeri che vanno da 1 a 9. Facciamo la media dei Consistent Index delle matrici che man mano creiamo e
vediamo che tale media converge verso un valore. Tale valore è chiamato Random Index.

Per una matrice 3x3, il valore è 0.52; per una matrice 4x4, il valore è 0.89; per una matrice 5x5, il valore è 1.11.

Facendo il rapporto tra il Consistent Index e il Random Index, si ottiene il Consistent Ratio.

Questo rapporto ci dà la percentuale del “rumore”, per esempio se il Consistent Ratio è 8% vuol dire che l’8% è
rumore mentre il 92% ho afferrato il fenomeno.

Se il Consistent Ratio è minore del 10% possiamo accettare l’errore.

ESEMPIO VALUTAZIONE DEL DOCENTE con approccio AHP:

La prima domanda da porci è: quali sono le variabili da considerare nella valutazione di un docente.

Prendiamo, per esempio, in considerazione le seguenti variabili: chiarezza, coinvolgimento, disponibilità, trasparenza
valutazione esame, materiale didattico, puntualità, presenza lezione, esempi pratici.

Tali variabili possono essere raggruppate in attributi, dando vita così a una struttura gerarchica:

Nel processo di valutazione, la valutazione V, dipenderà da queste variabili e dobbiamo individuare il peso di ciascuna
variabile.

Una volta determinati i pesi ci serve capire quanto vale ciascun attributo, assegnando per esempio un voto da 1 a 10.

Per calcolare i pesi di attraverso la logica dell’AHP, dobbiamo costruirci una matrice 3x3, andando ad
esplicitare le preferenze per le i 3 attributi (didattica, professionalità e comportamenti):
A questo punto andiamo a determinare l’autovalore e l’autovettore di questa matrice, tramite Matlab.

L’autovalore maggiore è pari a 3.0649, gli altri 2 autovalori sono piccoli.

L’autovettore corrispondente all’autovalore massimo è [0.9628; 0.1067; 0.2483].

Andando a normalizzare si ottiene:

Quindi possiamo dire che i valori 0.73, 0.08, 0.19 rappresentano i pesi che do ai 3 attributi.

Ora dobbiamo calcolare i pesi delle 3 variabili che costituiscono il primo attributo, delle 2 variabili che formano il
secondo attributo e delle 3 che formano il terzo attributo.

Determiniamo i pesi delle caratteristiche del primo attributo (chiarezza, coinvolgimento, casi pratici):

Il passaggio successivo è quello di calcolare i pesi delle variabili del secondo attributo, la puntualità e la presenza.

Noto che è una matrice 2x2 e quindi non solo è una matrice reciproca ma è

anche consistente.

Dalle proprietà della matrice consistente sappiamo che ammetterà al massimo n=2 autovalori e sicuramente uno dei
due è nullo poiché so che la somma dei due autovalori deve essere uguale alla traccia della matrice (1+1=2)

Trovo quindi che


Eseguiamo gli stessi passaggi per le variabili dell’attributo “comportamento”.

Per capire come calcolare il valore V per ciascuna opzione consideriamo il seguente esempio:

Devo scegliere una meta per le vacanze estive tra Mykonos, Ibiza e Tenerife, quali variabili prendo in considerazione?

Creo il seguente schema:


Quindi abbiamo trovato che l’economicità della permanenza incide per il 75% , mentre l’economicità del viaggio
incide per il 25%, sull’economicità totale.

Dobbiamo eseguire gli stessi passaggi per le variabili degli altri attributi; quindi creare una matrice 4x4, e altre due
matrici 3x3; trovare gli autovalori massimi e i corrispettivi autovettori normalizzati e infine calcolare il C.I.

Una volta trovati tutti i pesi otteniamo il seguente schema:

Una volta trovati tutti i pesi delle variabili, bisogna rapportare queste variabili alle 3 mete proposte.

Partiamo dalle variabili di economicità:


Il fatto che il C.R. sia maggiore di 10 dipende dall’errato ordine delle preferenze, infatti se leggiamo la matrice per
colonne, più è alto il valore più è importante è la variabile.

La matrice deve avere il seguente ordine:

Analizziamo ora le variabili dell’attributo Ospitalità:


Eseguiamo gli stessi passaggi per gli attributi “Intrattenimento” e “Natura”.

Per l’intrattenimento si ha M=0.11, I=0.63, T=0.26.

Per la natura si ha M=0.44, I=0.23, T=0.33

Ora non ci resta che calcolare il Valore V per ciascuna meta:

L’approccio AHP ha due importanti limiti:

1) Può mettere a confronto massimo 5/6 elementi con (molta fatica);


2) Nel caso in cui si è confrontato, per esempio, 3 opzioni, per aggiungerne una quarta bisogna rieseguire tutti i
calcoli.

Per superare questi limiti devo passare da un approccio a confronto comparativo a un approccio basato sul confronto
assoluto. Introduciamo dunque la logica FUZZY o teoria degli insiemi sfocati.

Per capire l’importanza e la natura della logica Fuzzy, partiamo dalla teoria degli insiemi classica (Crisp Set Theory):
Se un elemento gode di questa proprietà X allora l’elemento appartiene ad A.

Definiamo il complementare di A come l’insieme degli elementi che non appartengono ad A:

In base a questa logica emerge che:

La teoria degli insiemi si basa su 3 principi:

1) Principio di identità
2) Principio di non contraddizione
3) Principio del terzo escluso

Il primo principio ci dice che ogni elemento è uguale a sé stesso, quindi anche con un solo elemento posso definire le
caratteristiche dell’insieme.

Il secondo ci dice che non è possibile che un elemento sia allo stesso tempo sé stesso e la sua negazione.

Il terzo principio ci dice che un elemento o è sé stesso o la sua negazione, non c’è una terza possibilità.

La logica Fuzzy si pone l’obiettivo di scardinare o sfumare il principio di identità e di superare il principio di non
contraddizione e il principio del terzo escluso.

Immaginiamo di affrontare con l’insieme tradizionale o Crisp, il problema di selezionare chi è alto o chi è basso in una
classe di 10 persone: Consideriamo alto chi è maggiore o uguale di 180 cm (stiamo quindi ponendo una soglia),
quindi viene considerato basso chi è al di sotto di questa soglia.

Ci poniamo però il problema di chi è per esempio 179,9 cm che viene considerato basso mentre 180 cm viene
considerato alto.

L’insieme Fuzzy sostituisce al concetto di appartenenza una funzione di appartenenza (membership function), che
assume, generalmente ma non necessariamente, tra 0 e 1.

Sostituiamo, quindi, alla soglia una funzione di appartenenza di questo tipo:


Secondo l’approccio tradizionale avremmo due insiemi, quello degli alti e il suo complementare (cioè non alti):

Secondo la logica Fuzzy, invece, posso considerare tutti appartenenti all’insieme degli alti, ma ciascuno con un grado
di appartenenza diverso:

Nella logica Fuzzy, l’intersezione prende come grado di appartenenza sempre il minimo, l’unione prede sempre il
massimo grado di appartenenza.

→ Quindi un elemento appartiene sia ad A che alla sua negazione (L’intersezione non è l’insieme vuoto) →SCARDINO
IL SECONDO PRINCIPIO

L’unione → OPERATORE OR → A questo punto, l’unione è un po’ meno dell’intero universo, poiché gli elementi hanno
grado di appartenenza variabile → SCARDINO IL TERZO PRINCIPIO

Nella logica Fuzzy se voglio dare un giudizio, per esempio, do un valore 5 su una scala da 1 a 10, tale valore si intende
come una sfumatura di 5 :

5= (3, 5, 7)

Se invece riusciamo a restringere l’intervallo di incertezza possiamo scrivere: 5= (4, 5, 6).

Abbiamo scritto un numero secondo la logica Fuzzy in forma triangolare.

Se vogliamo scrivere un numero preciso, nel modello della logica Fuzzy, si scrive nel seguente modo: 5= (5, 5, 5) .

Vediamo ora le operazioni aritmetiche.

Se devo sommare due numeri esatti 3= (3,3,3) e 4= (4,4,4) ottengo 7= (7,7,7)

Se devo sommare poi prossimo 4 e esatto 3, ottengo Prossimo 4 = (3, 4, 5) + 3 esatto = (3, 3, 3) = (6, 7, 8) =
=Prossimo a 7.
Se invece sommo due numeri approssimati, es. (3, 4, 5) + (1, 2, 3) = (4, 6, 8)

Facciamo ora un prodotto tra un numero FUZZY e uno CRISP. (3, 4, 5) * (2, 2, 2) = (6, 8, 10). Vediamo che si ottiene un
valore con un intervallo di incertezza più elevato.

Ancora maggiore è l’incertezza se si moltiplicano due valore fuzzy: 3=(2,3,4) x 2=(1,2,3)= (2,6,12).

E’ aumentato enormemente il concetto di

Sfocatura.

E’ possibile rappresentare i numeri Fuzzy anche in modo trapezoidale: N=(a, b1, b2, c)

Le operazioni si eseguono alla stessa maniera.

E’ possibile eseguire operazioni anche tra numeri triangolari e numeri trapezoidali, bisogna trasformare il numero
triangolare nel seguente modo: M=(a,b,c)  M= (a, b, b, c)

Possiamo quindi associare i numeri Fuzzy a delle variabili linguistiche:

Consideriamo il seguente problema:

C’è una vertenza sindacale per la definizione del salario medio. Le parti coinvolte sono l’azienda e il sindacato.
L’azienda considera come ottimale la paga fino a 10 € ed è considerata inaccettabile al di sopra dei 30 euro, ciò
significa che tra i 10 € e i 30 € dà soddisfazione all’impresa, ma con diverso grado di appartenenza. Il sindacato invece
considera insoddisfacente una paga sotto i 5 € e completamente soddisfacente tra i 25 € e i 35 € .

Paga soddisfacente per l’impresa: (0,0,10,30)

Paga soddisfacente per il sindacato: (5,25,35,35)

La paga deve essere soddisfacente sia per l’impresa sia per il

sindacato, quindi possiamo utilizzare l’operatore intersezione.

Facendo l’intersezione esce fuori il triangolo.


TOPSIS

Si tratta di una tecnica per ordinare le alternative in un processo di decisione/valutazione multi-criteria, noti i
pesi/priorità dei diversi criteri e le performance/prestazioni di ciascuna alternativa in relazione ai criteri. Il metodo
consiste nel definire due soluzioni virtuali, quella ideale e quella anti-ideale.

L’assunto di base è che le alternative reali vanno ordinate tenendo conto della loro distanza da queste due soluzioni.
In particolare, più bassa è la distanza di un’alternativa reale dalla soluzione ideale, più alta sarà la valutazione.
Dunque, l’alternativa reale migliore è quella che ha la minore la distanza dalla soluzione ideale.

La tecnica TOPSIS è strutturata in più fasi:

1- Si parte conoscendo le n alternative (ALi i=1, n) e gli m criteri di decisione/valutazione (Cj, j=1, m);
2- Costruzione della matrice decisionale A(aij). Si tratta di una matrice bidimensionale (nxm) dove le righe
rappresentano le n alternative e le colonne gli m criteri di valutazione. Ciascun elemento aij indica il valore
(prestazione/performance) dell’alternativa ALi rispetto al criterio Cj. Di ciascun criterio è nota la priorità (peso
del criterio) e per ciascuna alternativa sono noti i valori delle performance aij. La TOPSIS, quindi, non si pone
il problema di individuare le priorità (peso, importanza) dei criteri e nemmeno la performance di ciascuna
alternativa rispetto a ciascun criterio (aij), essi sono un dato di input;
3- Normalizzazione delle colonne della matrice decisionale. La normalizzazione avviene calcolando per ciascun
criterio j il fattore: Rj=
Rj rappresenta la lunghezza del vettore le cui n componenti sono le prestazioni delle diverse alternative
rispetto al criterio j. Ciascun elemento della matrice decisionale viene normalizzato attraverso il rapporto:
rij= aij,/Rj. La normalizzazione permette di superare l’ostacolo dei diversi metri utilizzati per valutare le
prestazioni delle alternative per ciascun criterio. Gli elementi rij della matrice R sono numeri adimensionali
compresi nell’intervallo [0,1];
4- Dopo aver normalizzato la matrice decisionale, il passo successivo è quello di considerare i diversi pesi dei
criteri. A tal scopo, ciascuna elemento della matrice decisionale normalizzata R viene moltiplicato per il peso
del criterio ad esso corrispondente. Siano wj (j=1,m) i pesi degli m criteri, la matrice decisionale normalizzata
e pesata risulterà essere costituita dagli elementi vij = rij * wj.
5- Identificazione della soluzione ideale A* e della soluzione anti-ideale A-. La soluzione ideale A*, per ciascun
criterio Cj, è il migliore valore vi,j della colonna del criterio j. Per contro, La soluzione anti-ideale A- , per
ciascun criterio Cj, è il peggior valore vi,j della colonna del criterio j. Per “migliore” valore si intende il
massimo valore vi,j, se ci si riferisce ad un criterio che ha un effetto positivo sulla valutazione (criterio
favorevole), il minimo valore, se invece si tratta di un criterio che ha un effetto negativo sulla valutazione
(criterio sfavorevole).

6- Calcolo della misura della distanza euclidea Dj* dalla soluzione ideale e Dj ̄dalla soluzione anti-ideale secondo
le seguenti espressioni:

7- Calcolo della distanza relativa delle alternative dalla soluzione ideale. Note le distanze Si ∗ e Si − delle
alternative ALi (i=1, 2, ..., n) dalle soluzioni virtuali A* e A- rispettivamente, si determina la distanza relativa
dell’alternativa stessa dalla soluzione ideale la seguente espressione:
8- Costruire la gerarchia in funzione del valore della distanza relativa Ci*. Ordinando le alternative secondo
valori decrescenti di Ci*.
LOGICA FUZZY

La logica fuzzy o logica sfumata o logica sfocata è una logica in cui si può attribuire a ciascuna proposizione un grado
di verità compreso tra 0 e 1. Lo scopo di questa logica è quello di superare la logica degli insiemi tradizionali che si
basa su tre principi:

 Principio di identità= ogni elemento è uguale a sé stesso.


 Principio di non contraddizione= non è possibile, sotto lo stesso prospetto, che un elemento sia A e la
negazione di A. Un elemento non può appartenere ad un insieme e appartenere anche al suo complemento.
 Principio del terzo escluso= una cosa o un elemento o è A oppure è la sua negazione, non è possibile terza
possibilità. Un elemento o appartiene ad un insieme o non appartiene, non c’è una terza possibilità.

La logica Fuzzy si pone l’obiettivo di scardinare o sfumare il principio di identità e di superare il principio di non
contraddizione e il principio del terzo escluso. L’insieme Fuzzy sostituisce al concetto di appartenenza una funzione di
appartenenza (membership function). Un elemento può quindi appartenere sia a un insieme sia al suo complemento
ma con gradi di appartenenza differenti. A questo punto, l’unione (operatore OR) è un po’ meno dell’intero universo,
poiché gli elementi hanno grado di appartenenza variabile.

In questo modo scardiniamo il 2° e il 3° principio della logica degli insiemi tradizionali.

Numeri fuzzy

Il numero Fuzzy è un insieme Fuzzy e lo si utilizza come espressione di giudizio, ovviamente c’è un margine di
incertezza, errore, nell’esprimere un giudizio e quindi quest’alone di incertezza.

---I numeri fuzzy sono insiemi fuzzy definiti sull’insieme R dei numeri reali con funzione di appartenenza normale e
convessa. Per definire una funzione di appartenenza convessa è necessario introdurre l’insieme α-cut, ossia dato
l’insieme fuzzy A l’insieme α-cut, Aα, è l’insieme crisp per cui: con Aα = { x | A (x) ≥ α } con 0 ≤ α ≤ 1

L’insieme Aα definisce una soglia che può essere interpretata come un livello di confidenza α in una decisione o
concetto rappresentati mediante un insieme fuzzy. Un insieme fuzzy (definito su R^n) si definisce convesso se tutti i
suoi α-cut, 0 ≤ α ≤ 1, sono insiemi crisp convessi nel senso classico.----

I numeri fuzzy di norma utilizzati sono triangolari e trapezoidali. Un numero fuzzy triangolare è tipicamente denotato:

A = (a1, aM, a2)

Nella pratica spesso si ha un numero fuzzy triangolare centrale:

Un numero fuzzy trapezoidale è tipicamente denotato come segue: A = (a1, b1, b2, a2)

Nella pratica risulta spesso [a1, b1] = [b2, a2], per cui il numero trapezoidale è simmetrico ed è detto
numero fuzzy trapezoidale centrale.
Se b1= b2= aM il numero trapezoidale si riduce ad un numero triangolare ed è denotato A = (a1, aM, aM, a2). Di
conseguenza, un qualunque numero triangolare può essere scritto sotto forma di numero trapezoidale, cioè (a1, aM,
a2) = (a1, aM, aM, a2).

Insiemi fuzzy

Un insieme fuzzy è caratterizzato dal fatto che il grado di appartenenza di ogni elemento all’insieme può essere un
qualunque numero reale tra 0 e 1. Un insieme fuzzy A è definito quindi da una funzione di appartenenza µA :
X→[0,1], essendo X l’universo di definizione. L’universo X è un insieme convenzionale (o crisp).

Intersezione di insiemi fuzzy:

Nella logica Fuzzy, l’intersezione prende come grado di appartenenza sempre il


minimo.

Complemento di un insieme fuzzy

Nella logica Fuzzy, l’unione prede sempre il massimo grado di appartenenza.

Defuzzificazione

Sia C l’insieme fuzzy di uscita. In generale, C risulterà dall’unione di varie funzioni triangolari, trapezoidali, etc. Magari
non tutte queste funzioni saranno normali. Occorre “defuzzificare” C per produrre un numero crisp.

Esistono diversi metodi di defuzzificazione:

La scelta del metodo dipende dal contesto e dal problema. Possono comunque essere tenuti presenti alcuni criteri
per misurare la bontà di un metodo, quali:

1) continuità: un piccolo cambiamento nell’input di un processo fuzzy non dovrebbe produrre un grande
cambiamento nell’output.
2) Non ambiguità: un metodo di defuzzificazione dovrebbe produrre un solo valore per z*.
3) Plausibilità: per essere plausibile, z* dovrebbe trovarsi approssimativamente nel mezzo del supporto di C ed
avere un alto grado di appartenenza a C.
4) Semplicità computazionale: per esempio, il metodo dell’altezza e il metodo della media dei massimi sono più
semplici del metodo del centroide

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