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Programma Sau:
Cap. 9
Definizione di moneta
Banche centrali e commeriali
Mercato monetario
Base monetaria, coefficiente di riserva e moltiplicatore dei depositi
Aggregati monetari
Base monetaria esogena ed endogena
Cap. 10
Modello IS-LM
Mercato dei beni e dei servizi
Trappola della liquidità
Azioni rialziste e ribassiste + effetti sulla LM
Inefficacia della politica monetaria in trappola della liquidità
Effetti della politica fiscale
Cap. 8
Cap. 5
Cap. 2
Contabilità macroeconomica
PIL
Identità contabili
Intervento statale
Cap. 12 e 13
Per questa introduzione all’analisi economica aggregata partiremo dall’analisi della sfera monetaria in
quanto la nostra economia per come è strutturata al giorno d’oggi segue un processo denaro-merce-
denaro (D-M-D’) da cui deve realizzarsi un profitto D<D’: se in un sistema capitalistico non si creano D’>D il
processo produttivo si arresta analisi Keynesiana.
La parola chiave per riassumere la struttura della nostra economia è “NO MONEY NO INVESTMENTS” se
non ho investimenti iniziali non sono in grado di produrre beni e servizi ( il contrario di un processo M-D-M
/ merce-denaro-merce dove la moneta ha una funzione essenzialmente di mezzo di scambio e non è
essenziale per la comprensione del processo macroeconomico).
Essendo il nostro sistema organizzato come un D-M-D, il sistema finanziario svolge nella nostra economia
un ruolo vitale anche se ciò porta a un mercato molto instabile (bolle, ecc).
Finora abbiamo studiato che nel breve periodo la moneta è cosiddetta “neutrale”, cioè influisce solo il
livello dei prezzi e non le grandezze reali, ma vedremo come nella nostra situazione odierna la moneta non
sia più quasi mai neutrale ma anzi sia un grande fattore di influenza.
Arriviamo quindi alla deduzione che ci sia una forte interdipendenza tra la sfera monetaria e quella reale.
Ma a cosa è dovuto questo legame? Come mai non c’è dicotomia (indipendenza) tra le due sfere?
MERCATO MONETARIO
Ma prima di partire con l’analisi della moneta dobbiamo chiederci: “cos’è la moneta?”.
Con il termine moneta si intende qualsiasi mezzo utilizzato per regolare i pagamenti, e possiamo analizzarla
anche a partire dal suo uso storico: prima di arrivare alla carta moneta non convertibile (in oro) come quella
che è in funzione attualmente, ci fu una fase fino al 1944 dove essa era convertibile – il suo valore era
quindi determinato dalla sua conversione in metalli preziosi; una garanzia tangibile – ), ancora prima si può
risalire al baratto come termine di pagamento (i beni assumevano valore in base allo scambio con rispettivi
altri beni; la moneta era quindi una misura del valore dei beni – moneta merce - ).
Dal 1971 in poi si entra nel non convertibile e si parla di moneta fiduciaria, cioè un’autorità di politica
economica fa da garante per il valore della moneta. In alcuni casi nella storia si è potuto assistere a
momenti in cui l’autorità non è più riuscita a garantire questa fiducia e la valuta non veniva più accettate
come mezzo di transazione (vedi la Germania con il marco).
- Moneta merce
- Moneta metallica (oro o altri metalli preziosi)
- Moneta cartacea convertibile (secondo il gold standard – lo standard di conversione era l’oro, dopo
Bretton Woods lo standard diventa il dollaro, l’unica moneta abbastanza forte all’epoca da poter
garantire una conversione di valore in oro, regime in vigore fino al 1971 quando Nixon lo abolì)
- Moneta cartacea inconvertibile (Fiat Money)
Una volta chiarita la definizione di moneta la successiva domanda da porsi per una completa comprensione
di quest’ultima è: in un’economia capitalista come funziona la moneta? Quali sono le sue funzioni?
Ora, per mantenere una sorta di “contabilità monetaria” si distinguono tre aggregati monetari:
Con
La base monetaria non deve essere confusa con l’offerta aggregata di moneta!
Infatti : =CIRCOLANTE + DEPOSITI e = CIRCOLANTE + RISERVE
Introducendo il concetto di moneta non possiamo non introdurre anche la figura delle banche ponendoci la
domanda “chi produce la moneta?”: le banche infatti non sono solo intermediari nel sistema finanziario
come abbiamo già visto in precedenza, ma inoltre creano moneta. Schumpeter sosteneva che le banche
fossero i contabili sociali dell’economia, decidendo a chi spettavano i finanziamenti e a chi no; svolgevano
infatti un’attività di screening e monitoring.
Il circolante (che è solo una piccola frazione di ciò che definiamo moneta) è prodotto dalla banca centrale
e/o dal ministero del tesoro, mentre i depositi bancari sono prodotti dalle banche commerciali.
La banca centrale è un’agenzia pubblica o quasi pubblica che ha il mandato legale esplicito ed esclusivo di
controllare le condizioni della moneta e del credito. È anche la “banca dei banchieri”.
Le banche commerciali detengono i propri conti presso la banca centrale; esse possono utilizzare tali conti
per regolare le loro posizioni finanziarie rispetto alle banche commerciali concorrenti.
Le banche centrali non raccolgono i depositi del settore privato ma la maggior parte di esse svolgono però
la funzione di banca del governo.
D’altro canto le banche commerciali raccolgono fondi dai depositanti per prestarli a famiglie e imprese. I
depositi dei clienti diventano infatti prestiti che le banche concedono a chi li richiede, e sono di
conseguenza inseriti nelle passività a breve del bilancio delle banche, in quanto sono immediatamente
esigibili. I prestiti concessi al contrario rientrano nelle attività delle banche e hanno scadenze più lunghe
rispetto alle passività che li finanziano.
Tale tecnica, detta “trasformazione delle maturità”, comporta l’assunzione di rischi da parte delle banche
ed è per questo che queste ultime sono soggette a vigilanza e regolamentazione.
Crea moneta
E’ un contabile sociale
Risolve l’asimmetria informativa
Riduce i costi di transazione
Detiene riserve libere e obbligatorie
La corsa agli sportelli bancari o il fallimento delle banche sono eventi improbabili e di solito indotti dal
panico diffuso: la banca che ne è colpita non è più in grado di adempiere alle proprie obbligazioni e deve
chiudere, generando malcontento tra i clienti.
[Chi salva le banche in caso di fallimento? Ci sono due linee di pensiero: BAIL IN (gli azionisti o al massimo
qualche obbligazionista devo operarsi per sanare il bilancio) e BAIL OUT (vi è un intervento del sistema
complessivo, cioè della banca centrale) – con la crisi dei subprime si era deciso di intervenire al salvataggio
delle banche grazie alla Federal Reserve poiché in casi particolarmente gravi se non si salvano le banche
rischia di crollare tutta l’economia reale – leverage finanziario. Nel ’30 sono stati introdotti il PRESTITO DI
ULTIMA ISTANZA, erogato dalla banca centrale alle banche commerciali, ha il difetto però di aumentare
l'azzardo morale delle banche che sono portate ad assumere più rischi, e l'ASSICURAZIONE SUI DEPOSITI].
Abbiamo insistito sul fatto che le banche siano in grado di creare moneta, ma come si crea questa moneta?
Ogni prestito equivale alla creazione di nuovo credito e moneta: un deposito di 1000 euro di un soggetto A
viene imprestato a un soggetto B per l’acquisto di un bene presso un soggetto C; il soggetto C incasserà
questi 1000 euro che saranno contemporaneamente di proprietà del soggetto A che li ha depositati e del
soggetto C che li ha incassati.
Questo potrebbe sembrare un processo senza fine, ma esso incorre in una conclusione poiché in caso il
soggetto A voglia prelevare una parte dei suoi soldi a deposito la banca dovrà tutelarsi e mantenere una
percentuale del deposito “a riserva”, cioè fissa e non imprestabile.
Questa creazione della moneta e del credito è denominata processo del moltiplicatore monetario: ogni
qual volta si registra una iniezione di liquidità, lo stock monetario ne risulta accresciuto in misura più che
proporzionale.
1000p+1000
Da qui ricaviamo un’altra parola chiave nella macroeconomia attuale: LOANS MAKE DEPOSITS – i prestiti
creano depositi, le banche creano moneta. Secondo questo concetto la moneta è endogena e non esogena.
Riserve monetarie:
Le riserve accantonate dalle banche possono essere del 100% (le banche sono sempre in grado di restituire
i soldi prestati) ma ciò non sarebbe produttivo per l’economia: per mantenere una politica di investimenti
le riserve sono sempre inferiori al 100%.
Le riserve possono essere o obbligatorie (viene quindi stabilita una percentuale sui depositi che la banca è
obbligata a mettere a riserva) o libere.
Le riserve sono un margine di garanzia per far fronte alla domanda di liquidità da parte dei clienti.
[Le banche non mantengono mai moneta inutilizzata perché più investono più attività ottengono mentre
più tengono a riserva più tassi di interesse pagano poiché per loro sono passività].
Quando una banca commerciale presta dei soldi che un cliente ha depositato, di fatto presta una moneta
che non ha. Molto spesso quindi per garantire la riserva al cliente a cui ha imprestato, la banca
commerciale si rivolge alla banca centrale per farsi prestare quell’importo. La banca ha quindi in questo
modo creato moneta e la banca centrale ha creato le riserve. L’attività della banca centrale può essere
compresa meglio attraverso il suo bilancio.
[Fino al ’81 ci fu una sorta di “matrimonio” tra banca centrale e governo, dove la BC si impegnava a
comprare i titoli statali che rimanevano invenduti; questa pratica non è però più attuata al giorno d’oggi –
Monti intervenne in questa politica-].
I detentori di moneta devono operare una scelta nella loro vita di tutti i giorni: o tenere il denaro in forma
liquida o depositarlo a un tasso di interesse che porta a un guadagno supplementare. Il tasso di interesse
diventa quindi il costo opportunità del detenere denaro in forma liquida; ma se si è di fronte a un certo
grado di incertezza non calcolabile, detenere moneta in forma liquida mi serve come scudo contro
l’incertezza.
Y= reddito nominale= p * y p= prezzi (fissi nel breve periodo, quindi non c’è differenza tra nominale e
reale); y=reddito reale
Perché con il deposito faccio un’azione speculativa? Perché parliamo di speculazione nella domanda di
moneta?
Si introduce la speculazione con il bond quando voglio rivenderlo e creo un ricavo maggiore se i prezzi
variano in positivo.
[Tutto è quantificabile in senso liquido ma solo la moneta è liquidità in senso tale – Tobin].
Essendo che siamo in una situazione di incertezza e non di rischio, la moneta assume la funzione di riserva
di valore e vi è un accantonamento precauzionale come scudo – questo procedimento però non è
quantificabile come una funzione matematica in quando l’incertezza non è calcolabile, però sappiamo che
c’è. È quindi un effetto difficilmente esplicitabile ma che farà variare parametricamente la domanda di
moneta.
Come incide quindi il comportamento rialzista e ribassista sull’andamento dei titoli? E sulla domanda di
moneta?
Funzione esplicitata:
Dove k misura la sensibilità di L al variare del reddito, mentre h misura la sensibilità di L al variare del tasso
d’interesse.
Partendo da questo presupposto, come faccio ad essere rialzista sul valore di mercato (penso cioè che i
tassi si abbasseranno in futuro)? Come formiamo le nostre aspettative?
Ci basiamo sulla relazione ricavata sopra, cioè la relazione inversa tra il valore del titolo e il tasso di
interesse. Infatti se i corrente è inferiore al benchmark (i di riferimento) , mi aspetto che il tasso
attuale salga; ciò vuol dire che il valore di mercato scenderà e viceversa.
↑
[Per evitare guadagni o perdite in conto capitale si può attuare una “economia pianificata” dove ognuno
compra un tot definito di obbligazioni].
Se il nostro obiettivo è costruire una curva di domanda di moneta, come sarà fatta in presenza di rialzisti e
ribassisti?
Offerta di moneta:
Queste due varianti sono ricollegabili alle possibili azioni che la BC può intraprendere, in base al suo
obiettivo:
Per conseguire tali obiettivi la banca centrale inserisce o ritira – a seconda dei casi – liquidità dal mercato.
Un esempio in cui l’offerta di moneta è esogena è l’aumento del reddito (dovuto a una espansione
monetaria o finanziaria) – un caso fu l’America post crisi subprime -; questo tipo di cambiamento influenza
anche la domanda di moneta che si sposta verso destra.
Abbiamo stabilito precedentemente che la banca centrale controlla l’offerta di moneta; ma quali sono i
suoi specifici interventi possibili ? (caso della BCE – banca centrale europea- ):
1. Operazioni di mercato aperto (La BCE acquista e vende attività finanziarie, usando le riserve che
rappresentano le sue passività) – incide sullo stock monetario
- Primario
- Secondario
La BCE può operare solo sul secondario (la Fed in entrambi, in quanto gli USA hanno un sistema basato
sulla stock exchange), quindi sul mercato dei titoli già emessi, e acquistando titoli ne fa aumentare la
domanda e di conseguenza salire il prezzo: aumentando il valore di mercato dei bond i tassi di interesse
diminuiscono, questi ultimi sono oneri ad esempio per lo Stato e una politica di questo tipo se applicata
ai titoli di Stato avvantaggia i paesi con elevato debito pubblico.
Una tipica operazione di mercato aperto della BCE è il quantitative-easing (attualmente in vigore con la
presidenza di Mario Draghi presso la banca centrale europea).
Qual è l’effetto di una politica di quantitative-easing? Questa mira a tenere i tassi di interesse i bassi, è
una politica che permette quindi a paesi come il nostro, con un alto debito pubblico, di sopportare un
costo più basso sui propri debiti (rappresenta invece uno svantaggio per i paesi creditori). Questa
politica è iniziata con un ammontare di 60.000.000€ oggi ridotti a 30.000.000€, la sua fine è prevista per
settembre.
Tramite le operazioni di mercato aperto la banca centrale immette o ritira riserve dal sistema bancario.
Il tasso di rifinanziamento è il tasso di interesse che la BCE applica alle banche commerciali, le quali
chiedono liquidità a prestito in caso di necessità. (Scadenza 7 giorni)
[Un caso particolare è rappresentato dalla finanza islamica che non accetta la remunerazione tramite
tasso di interesse, perché viene visto come una forma di usura].
Se la BCE alza il tasso di rifinanziamento ↑ adotta una politica restrittiva (al contrario è espansiva).
0<θ<1, è il coefficiente che la banca centrale impone come accantonamento sui depositi alle banche
commerciali.
Se aumento il coefficiente adotto una politica restrittiva, al contrario espansiva.
L’offerta di base monetaria diventa endogena, per cui l’offerta viene continuamente espansa e si adegua
alla domanda. La Banca Centrale si impone un inflaction targeting e un interst rate target.
I principali tassi di interesse sono:
La differenza tra euribor e eurepo misura il rischio del prestito interbancario (ricorda cambiamenti nel
tempo).
Questi sono tassi di interesse relativi al mercato interbancario, il quale è composto da una rete di banche
che si scambiano riserve tra loro, ossia depositi presso la banca centrale. Per un dato ammontare di credito
concesso dal sistema bancario nell’aggregato, si hanno infatti banche in eccesso di riserve e banche in
difetto di riserve: il mercato interbancario consente a queste banche di attivare reciproci rapporti di
scambio.
[Non sempre le banche sono disposte a scambiarsi liquidità – vedi caso delle banche in centro italia].
L’equilibrio del mercato monetario si raggiunge quando la domanda di moneta eguaglia l’offerta di moneta
quando il mercato della moneta è in equilibrio, è in equilibrio anche il mercato dei titoli.
L+DB = +SB
(liquidity + bond demand = money supply + bond supply)
per condizione di equilibrio:
L= L- = 0 quindi anche SB-DB=0 e di conseguenza SB=DB
Finora abbiamo però ignorato il problema della base monetaria, che va invece collegato ai concetti di
offerta e domanda di moneta.
La domanda derivata di base monetaria è sempre una retta decrescente e dipende dalla domanda di
moneta del settore privato; più bassi saranno i tassi, più saranno i prestiti da parte del settore privato e
quindi le banche prestando di più (e creando quindi più depositi) formeranno ulteriori riserve e sarà quindi
necessaria da parte di queste ultime una maggiore domanda di base monetaria.
Il principio di neutralità afferma che nel lungo periodo il tasso di inflazione è determinato dal tasso di
crescita dello stock di moneta; da qui deduciamo che l’obiettivo principe di una politica monetaria
dovrebbe essere la stabilità dei prezzi.
D’altro canto però, la moneta nel breve periodo non è neutrale: in un orizzonte temporale breve minori
tassi di interesse possono condurre ad un’espansione del prodotto e dell’occupazione; per contro una
politica monetaria restrittiva è seguita da una contrazione del prodotto e un aumento della disoccupazione.
Ciò implica che la banca centrale ha un conflitto tra obiettivi di breve e di lungo periodo.
In quanto la banca centrale influisce sulla crescita dell’offerta di moneta (tassi alti stock monetario
ridotto e viceversa), la politica monetaria determina l’inflazione del lungo periodo.
Avendo un impatto sui livelli di tasso di interesse, la politica monetaria può incidere sul livello dell’attività
economica (prodotto e occupazione) nel breve e nel lungo periodo.
Un’inflazione stabile, la crescita del PIL e il sostegno dell’occupazione non sono dunque direttamente sotto
il controllo della banca centrale; ma essa tramite i suoi strumenti di politica monetaria può raggiungere i tre
risultati sopracitati.
La banca centrale non può controllare simultaneamente lo stock monetario e i tassi di interesse: essa può
solo scegliere un punto della curva di domanda derivata di riserve; se la BC sceglie il tasso, allora deve
accomodare la domanda di riserve corrispondente a quel tasso, in alternativa essa può scegliere
l’ammontare di riserve da offrire, accettando qualsiasi tasso di interesse venga imposto dal mercato.
La banca centrale controlla lo stock di moneta solo per via indiretta, ossia per mezzo della base monetaria
(circolante + riserve bancarie). Fintanto che l’equazione rimane stabile, una scelta di base monetaria
determina l’offerta di moneta e consente alla BC di scegliere un tasso di crescita monetaria coerente con il
tasso di inflazione che spera di realizzare nel lungo termine.
Obiettivo di inflazione:
Il controllo dello stock monetario è però molto difficile a causa della crescente instabilità della domanda
derivata di base monetaria.
Se diventasse infatti troppo difficile controllare l’offerta di moneta, la BC potrebbe comunque raggiungere il
suo obiettivo di tasso di inflazione mediante la fissazione del tasso di interesse; se diventa troppo difficile
controllare con sufficiente precisione la quantità di moneta, ha senso controllarne il prezzo.
Per influire sull’offerta di moneta la BC può anche fare ricorso al coefficiente di riserva obbligatoria, anche
se è un intervento solitamente molto drastico.
L’ipotesi di perfetta flessibilità dei prezzi è un’ipotesi ragionevole per lo studio del lungo periodo, dove vale
il principio di neutralità della moneta e gli andamenti della moneta e dei prezzi sono indipendenti dal
prodotto; si crea quindi una dicotomia fra la dimensione reale e monetaria dell’economia.
Se si adotta però la teoria Keynesiana questa dicotomia viene compromessa: nel breve periodo i prezzi
risultano costanti, rigidi o semplicemente “vischiosi” (ossia lenti ad aggiustarsi), quindi il settore nominale e
quello reale dell’economia interagiscono l’un l’altro.
L’economia reale si basa su domanda e offerta di beni e servizi, i quali si dividono in:
- Beni di consumo
- Beni capitali
- C = consumo aggregato
- I = investimento aggregato
L’offerta di beni e servizi produce degli “output” che andranno (dal punto di vista della domanda) o in
consumi o in investimenti. Analizzeremo quindi l’output e gli elementi della domanda in un sistema chiuso.
Gli elementi della domanda sono gli aggregati economici C, I e G (=spesa pubblica).
Analizzeremo ora la funzione di consumo aggregato, i cui attori sono i consumatori:
“c” dal punto di vista economico cosa indica? Come varia il consumo del Sig. Rossi all’aumentare di una
unità di reddito.
[Perché usiamo la propensione marginale e non la propensione media? perché in ogni caso il consumo
medio dipende da quello marginale].
Nella teoria possiamo spiegarci questo fenomeno intuendo che non tutto il reddito viene consumato, ma
una parte viene risparmiata e investita.
[Possiamo però inoltre intuire che la quota di consumo varia da consumatore a consumatore: un lavoratore
con un reddito più basso avrà una quota di consumo al reddito maggiore di un lavoratore con un reddito
superiore, per soddisfare i suoi bisogni.
La iniqua distribuzione del reddito rallenta i consumi aggregati globali analisi di Piketty;
c > 1 per coloro con i redditi più bassi
c < 1 per coloro con i redditi più alti].
Per quanto riguarda la funzione di investimento aggregato, essa porta a una variazione dello stock totale,
ad esempio un investimento in un nuovo impianto di produzione per produrre più output in futuro.
Con
= investimento autonomo; non dipende dal tasso di interesse i (ad esempio l’iscrizione ad una università,
è un investimento sul proprio futuro che non dipende dai tassi di interesse); basato sulla profittabilità, cioè
le aspettative di profitto futuro.
i = tasso di interesse, costo opportunità delle attività alternative che l’investitore decide, la funzione
dipende inversamente da esso.
b = elasticità dell’investimento (domanda D’) al variare del costo del capitale =
b ↑= curva piatta b↓= curva rigida
Se b è alto è molto sensibile alle variazioni di i, quindi la pendenza dipende da questo tasso di interesse
(ceteris paribus).
[Animal spirits Slanci vitali, molto instabili; sono slanci che spingono a scegliere su cosa investire. È un
calcolo di stima riguardo al cash flow].
e= tasso di rendimento
R= ricavo atteso. Il numeratore è un valore atteso in quanto il rendimento non è conoscibile ex-ante.
Confronto il rendimento al margine e il costo al margine, investo fino a quando il rendimento è = al costo.
La pendenza della curva dipende dall’elasticità della domanda di investimento al costo del capitale, b.
Il fatto che la funzione di investimento sia molto instabile rende di conseguenza il sistema economico
instabile, con conseguenti livelli di reddito e occupazione instabili.
Ricordiamo che l’efficacia delle manovre sui tassi di interesse è asimmetrica, ovvero quando i⬆ sicuramente
I⬇, ma se i⬇ non è detto che I⬆ dipende dalle aspettative future degli investitori.
Riprendendo ora la domanda di output e mettendo insieme le funzioni degli aggregati viste fino ad adesso
otteniamo:
TA= ty
YD = Y - ty
Sapendo che
Ottengo
Se a questo grafico aggiungo una bisettrice (retta per cui Y è sempre uguale a D, cioè il loro rapporto è =1)
che spacca a metà il grafico con pendenza 45◦.
Il grafico sottintende che esista un equilibrio in cui la domanda eguaglia l’offerta (E).
E:
Esiste
È unico
Non è detto che sia stabile
Non è detto che sia ottimo
Il pieno impiego verrebbe raggiunto solo se la domanda aggregata fosse superiore a , cioè se avessi un
reddito di pieno impiego .
Il sistema economico nella maggior parte dei casi, raggiunge l’equilibrio economico a un livello inferiore
dell’equilibrio di pieno impiego, e se questo viene raggiunto è solo “by accident” (per caso).
Il sistema economico da solo non può raggiungere l’ottimo nel breve periodo (“nel lungo periodo siamo
tutti morti” – Keynes), ma si può intervenire ad esempio aumentando la spesa pubblica o incentivando i
consumi o gli investimenti; si raggiunge un equilibrio “by design”.
[Al momento l’Italia è nella fase “blue” della funzione di investimento, poiché l’Europa non ha adottato
sufficienti misure dal lato della domanda troppa austerità non incentiva gli investimenti].
[Il principio secondo cui il mercato si auto-regola (“laissez faire, laissez passer”) è molto vecchio, risale a
prima della teorizzazione della famosa “mano invisibile” di Smith, alla frase detta da un mercante francese
a un politico commerciale dell’epoca che gli chiedeva come risolvere la crisi di mercato che i mercanti
francesi stavano affrontando e al quale egli rispose “laissez faire”].
Modello IS/LM:
Il modello IS-LM è una rappresentazione sintetica del pensiero economico keynesiano, così come
interpretato dalla sintesi neoclassica. La sigla sta per le parole inglesi Investment Saving - Liquidity
Money ovvero Investimento Risparmio - Liquidità Denaro. Ha lo scopo di rappresentare insieme il settore
reale (IS) e quello monetario (LM).
LM= luogo geometrico degli infiniti punti del piano costituiti dalle infinite combinazioni dei valori di Y ed i
che mettono in equilibrio il mercato della moneta.
IS= luogo geometrico degli infiniti punti del piano costituiti dalle infinite combinazioni dei valori di Y ed i che
mettono in equilibrio il mercato dei beni.
Sapendo che
Ottengo
G esogena
(reddito disponibile= reddito – tasse)
(tasse proporzionali al reddito)
condizione di equilibrio: Y=D
>1 se vario una componente di D allora Y varia più che proporzionalmente; da questo alfa posso
stimare che se taglio la spesa pubblica il reddito scende più che proporzionalmente.
Le variazioni dei componenti di D hanno pesanti ripercussioni su Y, nel bene e nel male.
[Mettere a posto i conti pubblici tagliando la spesa pubblica e aumentando le tasse crea conseguenze
perverse].
Supponiamo:
c = 0,8 1/1-0,8= 5 =
c = 0,5 1/1-0,5 = 2 =
Da qui notiamo che più cresce la propensione marginale al consumo, più cresce il moltiplicatore
del reddito e quindi anche il reddito.
Il risparmio, che per noi culturalmente è una virtù, per questa teoria è un fattore negativo poiché
tiene basso il moltiplicatore. PARADOSSO DEL RISPARMIO.
Caso limite:
! Attenzione però che senza risparmio non c’è crescita; questo è un modello di breve periodo!
Il modello keynesiano capovolge la LEGGE DI SAY secondo cui è l’offerta a determinare la
domanda (tesi che non regge in fase deflazionistica).
Esempio di statica comparata:
LM
IS
Cosa succede se aumenta l’offerta nominale di moneta? In questo caso la domanda di moneta
sarà inferiore all’offerta.
Agisco su LM, quindi aumento lo stock monetario M↑; posso o ↓i oppure ↑Y, sono queste le
strade percorribili.
[Politiche monetarie espansive portano LM più in basso a destra rispetto a prima].
Risparmio aggregato:
Avendo introdotto il concetto di risparmio, è ora utile poter identificare una funzione di risparmio
aggregato.
S= risparmio aggregato
1 – c = propensione marginale al risparmio
- = indebitamento; consumo autonomo; persone che consumano ma non hanno reddito
! Stiamo considerando il reddito corrente e non la scelta intertemporale!
Moltiplicatore del reddito
Interpretazione geometrica del moltiplicatore:
troppo basso; per aumentarlo il governo espande la spesa pubblica.
Spesa pubblica:
LM
IS
Efficacia della politica fiscale: variazione della spesa pubblica o delle tasse o di entrambe;
↑G di conseguenza ↑A
↑A=
Aumentando A sposto verso l’alto la IS.
L’aumento di G fa aumentare anche i tassi di interesse (se non variassero il mercato sarebbe in disequilibrio
– B - ).
Per scongiurare l’effetto spiazzamento la politica fiscale espansiva deve essere accompagnata da una
politica monetaria accomodante, ovvero la BC espande l’offerta di moneta con operazioni di mercato
aperto e fa restare i tassi invariati.
Ma perché dovrebbe esserci crowding out se l’aumento di spesa pubblica è volto a favorire anche gli
investimenti privati (ad es. la banda larga)? Perché un investimento nella spesa pubblica porterebbe a un
reddito inferiore?
L’effetto del crowding out dipende anche dal tipo di spesa che viene effettuata, se si investe in innovazione
tecnologica o creazione di infrastrutture esso non si presenta. Il crowding out vale quindi solo se la spesa
pubblica è spesa corrente; non vale per le infrastrutture (che perdurano nel tempo).
La spesa pubblica deve quindi essere ben gestita per creare crowding in (favorisce l’investimento privato e
aumenta IS oltre , fino a .
Distinguiamo quindi tra una spesa pubblica produttiva (con effetti sull’investimento privato) e
improduttiva.
Se ad esempio è troppo basso e voglio aumentarlo per raggiungere (reddito di pieno impiego) posso
agire tramite una politica fiscale che aumenti o la spesa corrente o la spesa per investimenti.
Esempi di politiche fiscali e monetarie (tra cui l’aumento della spesa pubblica):
Riepilogo:
la politica fiscale espansiva può essere dovuta ad un aumento di G che trasla la IS o ad una riduzione
dell’aliquota fiscale che appiattisce la IS.
Tratto orizzontale: un aumento di Y si può ottenere solo con una politica fiscale espansiva; politica
monetaria espansiva inefficace
Tratto obliquo: un aumento di Y si può ottenere sia con una politica fiscale espansiva sia con una
politica monetaria espansiva
Tratto verticale: un aumento di Y si può ottenere solo con una politica monetaria espansiva; politica
fiscale espansiva inefficace
Monetaristi vs Keynesiani:
La disputa tra monetaristi e keynesiani nacque a riguardo della pendenza relativa delle curve IS e LM; i
Keynesiani sostenevano infatti che la curva IS fosse generalmente rigida e quindi poco sensibile alle
variazioni dei tassi di interesse, mentre al contrario la curva LM era solitamente piatta e quindi molto
sensibile alle variazioni dei tassi.
Partendo da queste deduzioni, se il reddito è troppo basso che politica uso? La politica fiscale è quella più
efficiente.
Vi è quindi un crowding out quasi irrilevante.
I keynesiani sostenevano quindi che lo Stato dovesse intervenire dove il mercato non arrivava.
Per i monetaristi invece la IS era invece tendenzialmente piatta e sensibile alla variazione dei tassi di
interesse, mentre la LM era generalmente rigida e insensibile ai tassi.
In questo caso è evidente che la politica più efficace da adottare è una politica monetaria, quindi attuo
un’operazione sulla LM.
L’aumento della moneta si suppone incida di più sul reddito secondo i monetaristi; però la moneta di solito
è un fattore molto destabilizzante, che influisce sul reddito nominale. Può infatti succedere che il reddito di
fatto aumenti, ma che questo aumento non comporti un aumento del reddito reale e che sia dovuto quindi
ad un aumento dei prezzi più che ad una politica monetaria volta ad incrementare il benessere (Y=Py).
Di norma si pensa che il consumo sia in funzione del reddito, bisogna però fare una precisazione. Esso non
si basa solo sul reddito corrente, ma anche su quello permanente: con reddito permanente si intende
infatti il valore dei flussi di cassa che si pensa si otterrà in futuro, è quindi la somma dei valori attesi dei
flussi di cassa futuri.
Un individuo adeguerà quindi i suoi consumi a quello che è il suo profilo di reddito: il consumo è in funzione
del reddito permanente.
vincolo di bilancio
Costruzione per punti:
Coefficiente
angolare –
(1+r)
Il punto di ottimo è il punto di tangenza tra il vincolo di bilancio a curva di indifferenza più alta. le curve di
indifferenza descrivono le preferenze dei consumatori, ogni curva rappresenta tutte le combinazioni di
consumo corrente e futuro, rispetto alle quali un individuo è ugualmente soddisfatto. La sua pendenza
indica la disponibilità a sostituire il consumo di oggi con quello di domani.
In questo grafico abbiamo supposto ci fossero due soggetti, uno in surplus in gioventù (quindi al tempo )
e in deficit in età adulta (tempo ), e un altro nella situazione contraria.
L’individuo 1 poniamo essere un tennista di professione e l’individuo 2 uno studente di economia.
T= tennista
S= studente
Il tasso di preferenza intertemporale è lo stesso per entrambi così come il vincolo di bilancio.
Una variazione temporanea del reddito provoca una variazione del consumo solo nella misura in cui
impatta sul reddito permanente.
• se il reddito disponibile cresce in modo sostenuto, il consumo aumenta, anche se non con la stessa
intensità
• se il reddito disponibile si riduce sensibilmente, il consumo si riduce, anche se non con la stessa intensità
• Il consumo non sembra essere sensibile a variazioni temporanee del reddito; la variazione temporanea
del reddito fa variare il consumo meno che proporzionalmente
• Nel lungo periodo la propensione media e quella marginale tendono a rimanere costanti
Abbiamo bisogno di teorie alternative che spieghino perché il consumo non dipende così fortemente dal
reddito corrente; quali altri fattori influenzano il consumo il consumo dipende dal reddito futuro atteso
e dalla ricchezza.
La figura 17.2(B) mostra ciò che accade se invece il vincolo di indebitamento è stringente: il consumatore
vorrebbe indebitarsi per aumentare il consumo nel periodo 1, visto che il reddito nel periodo 2 aumenta,
ma non è in grado di farlo. Di conseguenza, il consumatore consuma in ciascun periodo l’intero reddito di
cui dispone in quel periodo. In altre parole, se il consumatore desidera indebitarsi ma non è in grado di
farlo, il consumo dipende esclusivamente dal reddito corrente. Razionamento: non tutti gli agenti riescono
ad ottenere il credito desiderato al tasso di mercato; piuttosto che aumentare il tasso d’interesse in
presenza di eccesso di domanda, la banca limita l’ammontare prestato. (Soluzione d’angolo, non si può
ottimizzare il consumo in presenza di vincoli finanziari).
1. Aumenti del reddito corrente o futuro atteso fanno aumentare la spesa privata
3. Aumenti del tasso di interesse reale corrente o atteso riducono la spesa privata
Se il consumatore ha preso un prestito, un aumento del tasso di interesse conduce ad una diminuzione del
consumo presente (da A a B).
Se il consumatore risparmia, un aumento del tasso di interesse avrà un risultato ambiguo sul consumo
presente (da A a B). Effetto sostituzione: consuma di più al tempo II perché si aspetta un aumento nei tassi.
Effetto ricchezza: sentendosi più ricco tende ad aumentare il consumo corrente.
Quindi l’effetto di un aumento dei tassi dipenderà dal numero di creditori e debitori.
La curva di offerta di risparmio è crescente solo se si considera il creditore netto e se l’effetto sostituzione
prevale su quello ricchezza.
Quando ci sono diversi componenti, cambiare un solo componente può significare dover cambiare anche gli
altri. Quindi i costi di transizione (CT) o switching costs, associati a un componente di un sistema
informativo, possono essere notevoli.
Yp= Y1 + Y2 /(1 + r)
Secondo Il principio del consumo lungo il ciclo vitale, gli individui dovrebbero consumare ogni anno un
ammontare in funzione del loro reddito permanente = flusso dei redditi futuri scontato al giusto tasso di
interesse. Questa teoria si basa sull’idea che gli individui cercano di perequare il consumo durante la loro
vita, per questo la funzione di consumo è generalmente considerata la più stabile.
CONTABILITÀ NAZIONALE:
La funzione di investimento è la componente più instabile (animal spirits) a causa degli influssi finanziari.
[Spiriti animali (animal spirits) Espressione coniata da J.M. Keynes per indicare il complesso di emozioni
istintive che guidano il comportamento umano, in generale, e quello imprenditoriale, in particolare. Keynes
fu il primo a capire che sulla scena delle decisioni economiche, nel mondo dell’industria come in quello
della finanza, ci fossero sempre, invisibili, anche gli aspetti umorali della mente umana. Tali umori possono
tendere al pessimismo, come ai tempi della grande depressione del 1929 negli Stati Uniti, quando la
disperazione era il sentimento prevalente, ma il termine ha di solito una connotazione positiva, di ‘voglia di
fare’, di ricominciare. È proprio l’imperscrutabile psicologia della persona a far germogliare quella sorta di
«ottimismo ingenuo» che spinge un imprenditore ad allontanare l’idea di una perdita e a insistere
nell’intrapresa, accantonando il pensiero di una sconfitta come «un uomo sano allontana il pensiero della
morte». Nella realtà, la fiducia di cui parla Keynes, e di cui gli animal spirits sono i portatori, è l’ingrediente
essenziale di ogni ripresa economica ma, secondo l’economista, vi sono circostanze in cui l’alleato più forte
degli animal spirits è una politica economica attiva. In The general theory of employment, interest and
money (1936), Keynes così si esprime: «A prescindere dall’instabilità dovuta alla speculazione, vi è una
instabilità di altro genere, dovuta a questa caratteristica della natura umana: che una larga parte delle
nostre attività positive dipende da un ottimismo spontaneo piuttosto che da un’aspettativa in termini
matematici, sia morale che edonistica o economica. La maggior parte, forse, delle nostre decisioni di fare
qualcosa di positivo, le cui conseguenze si potranno valutare pienamente soltanto a distanza di parecchi
giorni, si possono considerare soltanto come risultato di tendenze dell’animo, di uno stimolo spontaneo
all’azione invece che all’inazione, e non come risultato di una media ponderata di vantaggi quantitativi,
moltiplicati per probabilità quantitative»].
La contabilità del paese è una istantanea di quella che è la situazione economica di un paese a un dato
tempo t; per questo motivo non si possono eseguire analisi di tipo macroeconomico basandosi su di esse.
È legata alle grandezze economiche che influiscono nella vita di tutti gli agenti e uno dei suoi valori
fondamentali che raccoglie alcune di queste grandezze è il PIL (Prodotto Interno Lordo), cioè il valore di
tutti i beni e i servizi ALLO STATO FINALE nel paese in un periodo di tempo determinato. [➡ Variabile di
flusso]
Nel PIL non vengono però contate tutte quelle attività che non generano fatturato, come il volontariato, il
lavoro in nero e la criminalità. Vengono quindi unicamente contati i beni finali (nel mercato delle auto ad
esempio verrà contato come valore per il PIL soltanto il numero delle auto finite, escludendo quindi le sue
varie componenti – beni intermedi – per evitare i doppia contabilizzazione). Coerentemente con questo
approccio le esportazioni sono considerate beni finali, a prescindere dall’uso che ne faranno i consumatori
stranieri, in quanto tali beni abbandonano il sistema economico nazionale.
Il PIL è un indice di benessere di un Paese solo in termini relativi e non assoluti. Inoltre il PIL non considera
la cosiddetta economia sommersa. Il PIL è dunque una misura del reddito e non della ricchezza.
Piccole economie tendono ad avere bassi livelli di pil, ma possono godere di un elevato benessere. Per dar
conto di questo fatto, si utilizza spesso il PIL pro capite, ottenuto dal rapporto tra la misura del pil e la
popolazione del spese in esame.
Ogni vendita finale riassume in sé una catena di attività economiche, ciascuna delle quali è vista come un
valore aggiunto.
PIL= somma del valore aggiunto generato in una data area geografica in indeterminato periodo di tempo.
NB: i beni finali che vengono conteggiati nel PIL nazionale sono solo quelli prodotti all’interno del paese; i
frontalieri contribuiscono al PIL straniero e non italiano ad esempio. Essi contribuiscono però al reddito
nazionale che è diverso dal PIL PIL ≠ PNL.
In contabilità nazionale i beni possono essere valutati a prezzo di mercato (IVA inclusa) con incluse le
imposte indirette.
I beni possono sennò essere valutati a costo dei fattoti (K–capitale; i –, L – lavoro; salari –, T – terra;
rendita).
PIL nominale= si basa sui prezzi correnti, quindi ; può essere alterato sia dalla variazione dei
prezzi, sia da un aumento del prodotto.
PIL reale= si basa sui prezzi fissi e sfrutta un anno base di partenza per depurare i dati (al momento
dovrebbe essere il 2010 - ); l’indice però può essere alterato perché nel 2017 abbiamo prodotti
non esistenti nel 2010 che quindi non vengono catturati nell’indagine.
Può essere usato come misura del livello generale dei prezzi. Dà informazioni sulla variazione dei prezzi
intercorsa tra l’anno e l’anno base. È pari a 1 solo nell'anno base.
Indice dei prezzi al consumo= è basato sui consumi medi di un cittadino medio ➡quanto spende in media in
un anno. Se considero l’indice dei prezzi al consumo devo costruire un paniere di beni diffusi, ma questo
procedimento presta il fianco a molti errori a causa del costante progresso tecnologico, che introduce nuovi
beni nei consumi dell’italiano medio.
1.
Parliamo quindi di un’economia chiusa senza intervento pubblico, dove l’output eguaglia il consumo più
l’investimento aggregato.
Y quando vale come identità? Vale solo se contabilizzo l’accumulo delle scorte sono comprese in e le
considero come un investimento. Tali scorte possono essere volontarie o non volute.
Ma le imprese vogliono queste scorte? Dipende dalle aspettative sul futuro e dai movimenti del mercato.
componenti di .
Questo tuttavia è il PIL dal punto di vista degli impieghi, ma posso esprimerlo anche dal punto di vista
dell’allocazione: dove (S= savings; risparmi).
In questo sistema chiuso i risparmi eguagliano gli investimenti (come posso dedurre mettendo a sistema
).
Che relazione c’è tuttavia tra S ed ? La contabilità nazionale non risponde in merito, ma se ragioniamo sui
nessi causali, possiamo osservare che:
allora,
Vediamo quindi che è a generare S, anche se questo è un nesso macroeconomico e non di contabilità.
In un sistema macroeconomico completo la differenza tra risparmi ed investimenti è uguale alla somma tra
disavanzo pubblico e avanzo estero. ➡saldo bilancio pubblico = saldo bilancia commerciale
MERCATO DEL CAPITALE:
Le teorie di investimento:
Va però sottolineato che questa impostazione non costituisce in sé una teoria dell'investimento:
quest'ultima deve infatti dare conto dell'addizione netta allo (ossia della variazione dello) stock di capitale.
Ne consegue che l'investimento in un certo periodo, It, è in realtà dato dalla variazione nello stock
desiderato di capitale.
Quindi la teoria neoclassica dell’investimento si basa sulla domanda di capitale in modo da massimizzare il
profitto.
Per trovare il punto di ottimo faccio la derivata del profitto rispetto al capitale e la uguaglio a zero per
ottenere il punto in cui si massimizza il profitto:
L’idea alla base è che l’output viene ottenuto finanziandolo a debito e l’impresa massimizza fino al punto in
cui il prezzo del prestito (1+r) eguaglia la produttività marginale del capitale.
La teoria neoclassica tiene conto della produttività ma non della profittabilità, che viene considerata nella
teoria keynesiana.
Lo stock ottimo di capitale è quello che consente la distanza maggiore tra le due linee. Questa condizione
corrisponde al punto in cui la pendenza della linea di produzione (tangente) è pari alla pendenza della linea
OR che rappresenta il costo del capitale. Lo stock ottimale di capitale è inversamente proporzionale al tasso
reale di interesse: se i⬆ la linea dei costi OR ruota in senso antiorario e la linea di costo marginale è traslata
verso l’alto, questo riduce la quantità ottima di capitale.
Il mercato azionario e il q di Tobin
Molti economisti vedono un collegamento tra le fluttuazioni degli investimenti e le oscillazioni del mercato
azionario. Il termine “azione” si riferisce alla quota di proprietà di un’impresa, e il mercato azionario è il
mercato in cui si trattano questi titoli di proprietà.
L’economista J. Tobin ha ipotizzato che le imprese fondino le decisioni di investimento sul seguente fattore,
detto “q di Tobin”:
q = valore di mercato del capitale installato / costo di sostituzione del capitale installato;
il numeratore è il valore del capitale dell’economia, determinato dal mercato azionario; per conoscere la
profittabilità futura di un’impresa si guarda la sua capitalizzazione di borsa, che misura il valore atteso dei
dividendi futuri.
il denominatore è il prezzo che quello stesso capitale avrebbe, se venisse acquistato oggi.
Tobin congetturava che gli investimenti netti dipendessero dal fatto che il valore di q fosse > o < di 1:
se q > 1 il valore attribuito dal mercato azionario al capitale installato è superiore al suo costo di
sostituzione e in questo caso le imprese possono aumentare il proprio valore di mercato aumentando la
propria dotazione di capitale conviene investire.
se q < 1 il mercato azionario valuta il capitale installato al di sotto del suo costo di sostituzione e l’impresa
può aumentare il proprio valore di mercato, lasciando deperire il proprio capitale non profittevole,
conviene disinvestire.
= produttività marginale del capitale – tasso reale.
A prima vista la teoria q degli investimenti potrebbe sembrare molto diversa dal modello neoclassico; in
realtà le due teorie sono strettamente legate (se PMK > costo del capitale -> valore elevato di q; PMK <
costo del capitale ->valere basso di q).
Il vantaggio del q di Tobin, in quanto misura dell’incentivo ad investire, è che riflette non solo la redditività
attuale del capitale, ma anche la redditività attesa per il futuro. Dunque la teoria q degli investimenti,
elaborata da Tobin, mette in luce come le decisioni di investimento dipendano non solo dall’attuale politica
economica, ma anche dalla politica che ci si aspetta prevalga in futuro.
Quindi osserviamo che i cicli economici dipendono dalle oscillazioni nel livello degli investimenti Tobin
rispetto ai neoclassici tiene conto degli andamenti della borsa, quindi della profittabilità e non della
produttività.
I vincoli di finanziamento:
Un’impresa che vuole investire in nuovo capitale spesso raccoglie le risorse necessarie nei mercati
finanziari. Ma a volte, le imprese devono subire un vincolo di finanziamento, ovvero una limitazione alla
quantità di risorse che possono raccogliere nel mercato finanziario. Il vincolo di finanziamento può
impedire ad una impresa di attuare un progetto di investimento redditizio.
Il vincolo di finanziamento influenza il comportamento delle imprese, per quel che riguarda gli investimenti,
nello stesso modo in cui il vincolo di indebitamento condiziona il comportamento del consumatore:
- il vincolo di indebitamento impone agli individui di determinare il proprio livello di consumo sulla base del
reddito corrente, invece che sul reddito permanente;
- il vincolo di finanziamento obbliga le imprese a determinare il proprio livello di investimenti sulla base del
proprio flusso di cassa corrente, invece che sulla redditività attesa.
Cioè quando il reddito atteso futuro (che incorpora le aspettative sul futuro) è maggiore del reddito
corrente.
Secondo il modello, le varie imprese stabilirebbero il livello della capacità produttiva più adeguato
attraverso le decisioni di investimento in conformità delle prospettive future di vendita. Per semplicità di
esposizione si possono distinguere i seguenti casi:
Si prevede un aumento delle vendite. In tal caso le imprese effettueranno investimenti tali da
consentire di produrre secondo le aspettative e quindi si avrà un investimento netto positivo in
quanto si dovrà installare una maggiore capacità produttiva. L'investimento lordo sarà quindi tale
da coprire per intero gli ammortamenti ed aggiungere quindi capacità produttiva al sistema
economico.
Si prevedono vendite stabili. In questa situazione, non prevedendo aumenti nei consumi, si ha che
la capacità produttiva del sistema economico sarà all'altezza delle richieste attese e quindi si
necessita di mantenerla invariata. Ciò significa avere investimenti netti nulli e quindi investimenti
lordi di ammontare pari a quello degli ammortamenti.
Si prevede una diminuzione delle vendite inferiore o uguale al tasso di deprezzamento del capitale
(ammortamento). In queste circostanze le imprese si troveranno nella condizione di avere capacità
produttiva in eccesso e quindi di volerla ridurre. Lo potranno fare coprendo solo parzialmente il
deprezzamento del capitale con un flusso di investimenti lordi inferiore a quello degli
ammortamenti. Da ciò conseguirà che gli investimenti netti saranno negativi.
Si prevede una diminuzione delle vendite superiore al tasso di deprezzamento del capitale
(ammortamento). In tal caso si prevede una tale riduzione del livello delle vendite che si troverà
necessario ridurre la capacità produttiva più di quanto non si verifichi "naturalmente" attraverso gli
ammortamenti. Le imprese procederanno quindi ad uno smobilizzo di capacità produttiva e si
avranno così investimenti netti e lordi negativi.
Questo modello è in grado di spiegare non solo la dinamica (almeno parzialmente) degli investimenti, ma
soprattutto la ragione per la quale la loro variabilità è relativamente maggiore di quella dei consumi del
sistema economico.
Il potenziale lavoratore offre lavoro, mentre le imprese domandano lavoro, considerato come input.
[Al posto di L sovente si usa il nominativo N per indicare il lavoro, per non confonderlo con L= liquidità].
Si parte dall’ipotesi che vi sia una scelta, un trade off, per coloro che offrono lavoro, tra lavoro (reddito) e
tempo libero. Le preferenze tra consumo e tempo libero sono riassunte nelle curve di indifferenza. Esse
mostrano le combinazioni di lavoro e tempo libero che rendono l’individuo ugualmente soddisfatto, la loro
pendenza indica la disponibilità dell’individuo a sostituire tempo libero e consumo, mantennero costante il
suo livello di soddisfazione. Il tasso al quale avviene tale scambio è detto saggio marginale di sostituzione
del consumo con il tempo libero
Il costo opportunità del tempo libero è il salario reale (rapporto tra salario nominale e indice dei prezzi al
consumo).
con
= salario nominale
C
0
0
La pendenza è –w ➡unità di consumo a cui si deve rinunciare per avere un’ora in più di tempo libero.
Cosa succede quando aumenta il salario reale? Il vincolo di bilancio ruota verso destra, restando fissa
l’intercetta sull'asse delle ascisse. Per effetto reddito l’individuo è spinto a lavorare di meno, perché a
parità di lavoro può consumare di più. Per effetto sostituzione, però, l’individuo è portato a lavorare di più
perché aumenta il costo opportunità del tempo libero.
Domanda di lavoro elastica= piccole variazioni nel salario inducono ampie variazioni nella domanda di
lavoro ➡curva relativamente piatta. (Viceversa se è in elastica)
Spostamenti della curva di domanda possono invece essere dovuti a variazioni nello stock di capitale, al
progresso tecnologico (aumento -spostamento verso l'alto) e al progresso tecnico, labour saving
(diminuzione -spostamento verso il basso).
Si dice che l’equilibrio è market-clearing: non è né in eccesso di domanda, né in eccesso di offerta; se i salari
sono perfettamente flessibili avrò sempre un punto di ottimo in grado si massimizzare la mia utilità.
Nel mercato del lavoro si determinano quindi, in modo endogeno, sia il saggio del salario reale sia
l’occupazione.
Disoccupazione:
Disoccupato= soggetto che non ha un’occupazione, ma si dichiara disposto a lavorare e ne sta cercando
una.
Se Ns (forza lavoro) > N* in questo modello i DISOCCUPATI sono solo VOLONTARI (es casalinghe,
ereditieri..)
NB: Non è detto che i salari siano più alti rispetto all’equilibrio solo a causa dei sindacati; se tengo conto
dell’efficiency wage preferisco pagare un salario più alto a pochi lavoratori che svolgano però meglio il
lavoro, rispetto a pagare poco molti lavoratori più inefficienti (la qualità del lavoro non è più indipendente
dal salario). ➡la produttività è dipendente dal salario
Si distingue anche una particolare branca di lavoratori preferita da chi deve assumere forza lavoro, gli
insider (≠outsider): un insider è un lavoratore che possiede più informazioni rispetto ad altri, perché più
“incluso” nel contesto di interesse – ad esempio un lavoratore con esperienza è un insider poiché è già a
conoscenza dei vari metodi e applicazioni legati a un particolare lavoro –.
Le imprese sono quindi più bendisposte a pagare un salario maggiore per un lavoratore insider piuttosto
che per un outsider; si introduce quindi un problema nel mercato del lavoro: molte imprese preferiscono
sovraccaricare di lavoro un insider tramite degli straordinari piuttosto che assumere un outsider, poiché
così facendo evitano i costi di turnover. Infatti trasformare ad esempio un neolaureato in un impiegato di
banca richiede dei costi per completare la sua formazione e fare sì che egli esegua correttamente il lavoro
per cui è stato assunto: serve quindi un insider che includa l’outsider nel contesto e lo istruisce.
In caso di disoccupazione il modello classico propone una politica di riduzione dei salari, politica che però
viene contestata da Keynes.
Keynes sostiene infatti che il salario è un costo per le imprese, ma è anche potere d’acquisto per i
lavoratori.
C’è quindi un problema di fallacia di composizione tra la micro e la macro analisi: nell’analisi
microeconomica appare evidente che se voglio ridurre i costi per l’impresa devo tagliare i salari; ma se tutti
tagliano i salari, cosa succede alla domanda ?
La domanda infatti si compone dei consumi, che dipendono dal reddito corrente (che cresce però meno che
proporzionalmente), quindi i consumi aggregati crollano, crolla il moltiplicatore del reddito e aumenta
ancora di più la disoccupazione. ➡N= f(Y) ➡ l’occupazione dipende dal reddito
Inoltre notiamo che se cade la domanda aggregata, cade anche l’offerta, in modo ancora più grave.
Da ciò notiamo inoltre che diminuiscono anche gli investimenti. (Animali spirtis)
CURVA DI PHILLIPS:
La curva di Phillips mostra il trade off tra disoccupazione e inflazione; essa parte innanzitutto dalla relazione
inversa tra la variazione del salario nominale e il tasso di disoccupazione:
Possiamo spiegare questa equazione:
I grafici riportati sopra sono due rappresentazioni della curva di Phillips: il grafico (a) è quello utilizzato dal
manuale “Burda Wyplosz” e il grafico (b) quello usato dal “Marchionatti Mornati”. Si differenziano perché
nel primo il tasso di inflazione di partenza è presupposto positivo, mentre nel secondo il tasso di inflazione
atteso è uguale a zero.
Poste queste ipotesi, ci viene utile riprendere la teoria di Samuelson (allievo di Schumpeter) secondo la
quale i salari sono compresi nei costi di produzione. Ricordandoci quanto appreso in microeconomia, noi
sappiamo che in concorrenza perfetta i prezzi sono uguali ai costi marginali: P=Cma; i costi di produzione
rientrano nei costi marginali e quindi possiamo dedurre che i prezzi derivino dai salari.
Una volta stabilita questa correlazione, possiamo applicarla alla curva di Phillips, passando quindi dalla
variazione dei salari alla variazione dei prezzi.
LEGGE DI OKUN
Yn = reddito naturale, quello che si forma sul mercato del lavoro, quando quest’ultimo è in equilibrio
Se il tasso di disoccupazione corrente è più basso di quello di equilibrio, vuol dire che l’output è maggiore di
quello di equilibrio.
Il PM più la legge di Okun spiegano il perché della relazione inversa tra prezzi e salari.
Partendo dalla prima condizione, ipotizziamo delle misure di politica economica che aumentano il reddito
.
Le teorie precedentemente viste si basavano sull’ipotesi che il mercato fosse in concorrenza perfetta;
sappiamo però che è molto improbabile che un mercato sia perfettamente concorrenziale, è infatti molto
più plausibile che ci ai trovi in un caso di concorrenza imperfetta.
In questo caso avremo che il livello dei prezzi segue questa equazione:
con:
Sappiamo inoltre che il livello dei prezzi in concorrenza imperfetta è più alto del Cma, ciò porta ad
un’inefficienza produttiva poiché si produrrà di meno e a prezzi più alti.
Dobbiamo ora costruire la curva di domanda aggregata AD; per farlo partiamo dal modello IS-LM:
NB: il livello dei prezzi P che prima era fisso, ora è flessibile, quindi se .
Se non tengo più fissi i prezzi, allora devo tenere fissa l’offerta di moneta nominale , se l’offerta di
moneta nominale è fissa e i prezzi variano allora varierà anche l’offerta di moneta reale.
Vediamo infatti che la curva LM varia in funzione di P , quindi al variare dei prezzi, varia LM.
NB: La posizione della AD dipende da tutti i fattori che influenzano la IS-LM, quindi le tasse, , ecc.
Ora che abbiamo ottenuto le curve di offerta e di domanda aggregata, possiamo metterle insieme per
costruire il modello AD-AS e introdurre le problematiche di inflazione e deflazione.
Effetto Pigoul: C= si basa sul potere di acquisto: a priorità di stock di M se P aumenta il potere di
acquisto deve diminuire.
INFLAZIONE:
Inflazione da costi:
Supponiamo ora un aumento dei costi delle materie prime, la curva di offerta si sposterà da ad :
questo presentato è un tipico caso di inflazione da costi.
Analizziamo però ora il caso di uno shock petrolifero che fa aumentare il prezzo del petrolio: ciò porterà ad
uno spostamento verso l’alto della curva di offerta aggregata, fino ad . L’aumento del prezzo del
petrolio non avrà solo come conseguenza lo spostamento della la curva di offerta da ad , poiché
vediamo che l’aumento dei prezzi influisce direttamente sul salario reale degli individui, dall’equazione
.
Per recuperare il potere d’acquisto perduto, i lavoratori chiederanno un aumento del salario, ed essendo
che il salario è un costo per le imprese, ciò farà spostare la curva di offerta ulteriormente verso l’alto
secondo l’equazione : . La curva di offerta verrà quindi traslata fino ad .
[Negli anni passati, soprattutto al tempo della lira, la continua produzione di nuova moneta portava alla
svalutazione di quest’ultima e alla creazione di questo ciclo che abbiamo analizzato].
Inflazione da domanda:
L’inflazione da domanda è data dallo spostamento della domanda aggregata, dovuta ad uno shock in uno
degli elementi della domanda, per esempio da un aumento della spesa pubblica G;
Di nuovo, l’aumento dei prezzi va a influire sul salario reale e sulla perdita di potere d’acquisto, la richiesta
di aumenti di salario ricrea la spirale inflazionistica già vista in precedenza, ma di genere demand-push (≠
cost-push).
Casi particolari:
se la curva di offerta aggregata fosse costante e le imprese avessero un incremento dei costi al margine, le
imprese non tenderanno comunque ad aumentare i prezzi. Questo caso di solito si presenta quando si è in
una situazione di eccesso di offerta con presenza di beni invenduti in magazzino.
Si assisterà ad un aumento dei prezzi solo quando si è prossimi alla piena capacità produttiva e la AS inizierà
ad avere inclinazione positiva.
L’inflazione della domanda si basa sull’ipotesi che la curva di offerta sia crescente (costi sempre crescenti);
ma in presenza di scorte invendute e con l’arrivo di nuove scorte, non è conveniente per le imprese alzare i
prezzi (poiché non si ha piena capacità produttiva e quindi non si ha piena occupazione).
In questo caso particolare abbiamo visto come non sempre uno spostamento della curva di domanda verso
destra porta all’inflazione!
Chi è percettore di reddito fisso ci perde, chi è percettore di reddito variabile ci guadagna
Le imprese ci guadagnano, i consumatori ci perdono perché diminuisce il loro potere d’acquisto
Il creditore risulta impoverito, il debitore di arricchisce
DEFLAZIONE:
Il caso che analizzeremo è dovuto ad uno shock negativo della domanda, come quello della crisi dei mutui
sub-prime.
Il decremento della domanda porta ad una diminuzione dei prezzi e del reddito e ad un aumento della
disoccupazione; .
In caso di deflazione, l’onere del debito pubblico aumenta in termini reali (salgono i tassi di interesse reali e
si incorre in un rischio di default), poiché i creditori si troveranno in una situazione avvantaggiata e i
debitori invece in una svantaggiata; ma come si compensano questi effetti? Ha senso tagliare ancora di più i
prezzi e i salari per tornare all’equilibrio iniziale (sposto la curva di offerta da ad )?
Non è detto che tagliando i salari la domanda aggregata non vari di conseguenza: infatti con il ribasso dei
salari la curva di domanda si sposterà ancora di più verso sinistra, facendo calare ulteriormente i prezzi. Da
questa situazione inoltre, se tutti coloro che detengono debiti svendono, il valore delle attività precipita e
se il debitore fallisce anche il creditore perderà il proprio investimento.
Mentre con l’inflazione venivano avvantaggiati i debitori a scapito dei creditori, con la deflazione sono
svantaggiati entrambi ed entreranno in perdita: dalle imprese il problema passa alle banche, che
fermeranno gli investimenti (credit crunch) e andranno in perdita con la liquidità dei depositanti, causando
una corsa al rimborso dei depositi.
Dal grafico possiamo notare che ci si spinge via via verso gli assi, a un reddito uguale a zero.
[Questo è quello che sarebbe accaduto se non fosse stata adottata una politica di quantitative easing in
Europa].
NB: Con le spinte deflazionistiche bisogna tenere conto degli aspetti statici e dinamici se calano i prezzi
nel periodo corrente, mi aspetto che essi continuino a calare anche nei periodi successivi; il consumatore
quindi aspetterà a consumare e l’investitore aspetterà ad investire. Con il fenomeno della deflazione
bisogna quindi porre una particolare attenzione alla sfera reale, poiché il settore privato e quello pubblico
insieme possono portare a una spirale verso il crollo dell’economia reale
[Con la crisi del 2008, per cercare di contenere gli effetti della deflazione si era agito con una politica
monetaria per il controllo dei tassi di interesse; secondo l’equazione , cioè il tasso reale è uguale
al tasso nominale meno il tasso di deflazione].
[Durante tutti questi anni sono state proposte diverse modalità di intervento contro la deflazione, vedi
Fisher, Keynes, ecc; ma nessuna di questa è una soluzione macroeconomica, ma sono bensì tutte scelte
politiche].
I monetaristi sostenevano che una politica espansiva fosse solo causa di una forte spinta inflazionistica, e
che quindi l’instabilità di reddito e occupazione fosse dovuta alle variazioni dell’offerta di moneta.
Da questa equazione vediamo che la variazione dell’offerta di moneta deve seguire la variazione del reddito
reale .
La critica che i monetaristi rivolgono ai Keynesiani è che questi ultimi cercano di ridurre il tasso di
disoccupazione u e al tempo stesso aumentare Y. Per fare ciò adottano una politica espansiva, di cui
possiamo vedere gli effetti sulla LM: supponiamo ad esempio che sia stata messa in atto una vendita di
titoli di Stato che fa espandere l’offerta di moneta e abbassare i tassi di interesse.
I tassi di interesse scendono e i redditi aumentano; l’aumento di Y porta ad uno spostamento della AD
verso destra per riflettere la variazione positiva del reddito. Sulla curva di Phillips, lo spostamento della AD
ad trasla l’equilibrio al punto B, che corrisponde ad un più basso livello di disoccupazione.
Fino a qui la politica monetaria espansiva sembra funzionare, ma la diminuzione di u, fa sì che il tasso di
inflazione cresca, tasso che secondo i keynesiani rappresenta il costo che un’autorità economica deve
sostenere se vuole aumentare il reddito e diminuire la disoccupazione.
Friedman però sottopone questo modello a una critica: secondo lui il risultato registrato sopra è solo di
breve periodo.
Egli sostiene infatti che i consumatori vedendo salire i prezzi, vedano anche scendere i loro salari reali:
e di conseguenza .
Vedendo diminuire il loro potere d’acquisto, i consumatori chiederanno quindi un aumento del loro salario
nominale fino al punto , dove ripristinano il potere d’acquisto perduto (“You can’t fool the people
every time).
I salari sono però un costo per le imprese, e un incremento dei salari porta ad un conseguente incremento
dei costi marginali (che in concorrenza perfetta sappiamo essere uguali ai prezzi P = Cma). Ciò porta la
curva di offerta aggregata AS a spostarsi verso destra, portando a un nuovo punto di equilibrio C: in
corrispondenza di C noto che lo spostamento della curva di offerta mi ha riportato quasi in prossimità del
livello iniziale di reddito , però ad un livello dei prezzi più alto di quello inziale e pari cioè a .
Notiamo inoltre che a questo nuovo livello dei prezzi corrisponde un livello di disoccupazione pari a quello
iniziale.
La critica monetarista ai keynesiani sostiene quindi che l’espansione monetaria funzioni esclusivamente nel
breve periodo, ma che alla lunga porti solo alla creazione simultanea di stagnazione e inflazione. La
conclusione a cui essi giungono quindi, è che sia lecito variare l’offerta di moneta solamente in seguito ad
una effettiva variazione del reddito reale.
Il costo per avere meno disoccupazione non è, come dicevano i monetaristi, il tasso di inflazione, ma un
tasso di inflazione crescente.
Dobbiamo però aggiungere a questa discussione anche il concetto di aspettative sui prezzi per chiarire
come mai il livello di disoccupazione aumenti; i lavoratori infatti chiederanno una remunerazione in base al
tasso di inflazione che si attedono.
Un tipo di aspettative sono le aspettative adattive, di tipo backward looking: l’individuo corregge le sue
aspettative sulla base del nuovo tasso di inflazione; partendo dall’errore commesso in precedenza cerco di
correggerlo.
La differenza tra anno corrente e anno passato è proporzionale all’errore commesso in passato.
Con
= misura della memoria degli operatori; in n periodi, lambda mi ricorda i risultati precedenti. L’operatore
corregge infatti le sue aspettative in base agli errori passati: svolge quindi una media geometrica ponderata
di tutte le osservazioni passate dei prezzi.
= livello dei prezzi che mi aspetto in t.
= livello dei prezzi che mi aspettavo in t – 1.
= livello dei prezzi effettivo che si è verificato in t – 1.
Se
Con lo spostamento al punto di equilibrio C, concentrandoci ora sulla curva di Phillips, assistiamo a:
(formula Sau)
(formula Burda)
Secondo queste equazioni possiamo notare che poiché y è sempre in equilibrio in corrispondenza della
massima capacità produttiva, con velocità di circolazione costante, è ovvio che se vario M, tutto il peso
della variazione verrà scaricato su P: se vario l’offerta di moneta non faccio che modificare unicamente P (e
non Y come volevo).
Se ad una determinata offerta di moneta corrisponde un reddito basso e una disoccupazione alta, per i
monetaristi non è un problema della politica monetaria, ma del mercato. Si reintroduce il concetto di
laissez faire/ laissez passer legata all’inefficacia delle politiche monetarie espansive e delle politiche fiscali
nel lungo periodo.
Dopo Friedman, si sono aggiunti alla critica anche dei suoi allievi, tra cui il più famoso è Lucas.
Lucas porta alle estreme conseguenze quanto detto dal suo maestro, e introducendo le aspettative
razionali dimostra come il trade off tra inflazione e disoccupazione sia inesistente, anche nel breve periodo.
Secondo Lucas infatti gli agenti hanno aspettative razionali: essi non aspettano di sbagliare per correggere
l’errore di previsione, ma formano immediatamente le loro aspettative sui prezzi in base alle informazioni
che possiedono. Se dunque l’offerta di moneta viene aumentata essi modificheranno tempestivamente le
loro aspettative dei prezzi futuri chiedendo un incremento dei salari tale da compensare .
Con = informazione
Dal punto di vista grafico, la teoria di Lucas prevede che non vi sia un periodo di transizione dove
l’equilibrio è in B, ma che ci sia una sorta di “salto” direttamente al punto C.
[Negli anni ’80, soprattutto nel periodo di Margaret Thatcher, si era pensato di poter attuare politiche
disinflazionistiche per tagliare l’offerta e tornare al punto iniziale A; si è però visto che queste politiche non
risultano efficaci].
NB: La teoria di Lucas sostiene che il consumatore sia in media razionale e quindi non compia errori
sistematici di previsione. Le ipotesi sottese alla sua analisi dunque sono:
Il livello di reddito sarà diverso da quello di equilibrio di pieno impiego solo se i tassi di inflazione attesi non
sono uguali a quelli correnti: ad esempio se lo Stato non annuncia al pubblico una manovra che verrà
intrapresa, gli agenti sbaglieranno le previsioni; in caso contrario sia nel breve che nel lungo
periodo.
a. spiego analiticamente con l’equazione, stessa cosa per , e scriviamo le condizioni di ottimo
spieghiamo effetto reddito ed effetto sostituzione punto di equilibrio LF-N*, disoccupazione
involontaria e volontaria quando e in presenza di rigidità; da cui troviamo la risposta per b. dove
le persone offrono lavoro ma le imprese non lo domandano.
d.
Non sempre è adeguato tagliare i salari, poiché nonostante è vero che essi rappresentino dei costi, essi
sono anche potere d’acquisto fallacia di composizione: sbagliamo ragionando nel micro, nel macro se
taglio i salari faccio calare i consumi; non si parla di ceteris paribus. Un calo di consumi non aiuta le
imprese, anzi, provoca anche un calo degli investimenti.
Nel modello Keynesiano invece è la domanda a guidare l’offerta: prima consideriamo l’equazione di
domanda/reddito e poi l’equazione di occupazione.
Il livello del reddito dipende dalla domanda: non è detto che Y* sia di pieno impiego (Fe), bisogna far
spostare la curva verso l’alto per raggiungere .
nel modello neoclassico
nel modello keynesiano: è una funzione inversa, e di conseguenza anche il grafico.
NB: per far salire il reddito, prima devo far salire almeno una componente delle domanda.
I consumi non partono da soli se c’è disoccupazione elevata, come gli investimenti anche non partirebbero
senza incentivi (ad esempio una riduzione delle tasse); agiamo quindi necessariamente sulla spesa pubblica.
Tagliando solo i salari il problema persisterebbe.
1. Relazione tra ?
2. Si illustri il concetto del q di Tobin in relazione alla decisione di investimento
3. La trappola della liquidità e l’inefficacia della politica monetaria; si argomenti spiegando e/o
mostrando graficamente;
a. Quali sono le componenti della domanda di moneta, cosa si intende per offerta monetaria
esogena e per equilibrio di mercato?
b. La scelta di portafoglio tra moneta e titoli irredimibili e le posizione rialziste e ribassiste su tali
titoli.
c. Il tratto corrispondente alla trappola della liquidità e gli effetti sull’inclinazione della curva LM.
d. L’efficacia o inefficacia della politica monetaria in presenza della trappola della liquidità.
e. Gli effetti sull’economia reale della trappola della liquidità.