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LEZIONE 1.

1.1 Non neutralità del processo decisionale.


La valutazione di un processo decisionale non è indipendente dal sistema decisionale: il processo decisionale condiziona il
risultato.

Esempio 1.1.
Una giuria di 100 arbitri sceglie tra 4 candidati. Ho delle ipotesi (che sono sempre vere) di chi preferisce ‘’A’’ o al massimo ‘’B’’.
Ho 3 processi: se voto in un solo round, vince chi ha più preferenze (es D). Se lo faccio in due round, nel primo elimino i candidati
meno votati e poi nel secondo voto per i rimasti, vince sempre chi ha più voti, ma non è detto che sia quello di prima (Qui è C).
Nel terzo processo si fa un confronto a coppia. Divido i 4 in due coppie, di ciascuna coppia faccio il confronto e ottengo due
candidati, faccio tra loro il confronto e vince chi ha più voti [un po’ come i tornei di DragonBall] (Qui vince B).
1.2 Oggettività, soggettività, coerenza e trasparenza del processo di valutazione.
Noumenon e phenomenon sono termini di derivazione Kantiana.
Il soggetto non vede l’oggetto, ma l’oggetto percepito sulla base
dei suoi bisogni: il soggetto valuta quindi il phenomenon (oggetto
percepito) e non il Noumenon (l’oggetto). Questo è il motivo per
cui non esiste una valutazione oggettiva: di fronte allo stesso
oggetto, soggetti diversi fanno valutazioni diverse. Nell’oggetto
percepito c’è l’oggetto, ma anche il soggetto ed i suoi bisogni: il
soggetto nel valutare l’oggetto, valuta pure sé stesso (un po’ il
concetto dietro la Critica Alla Ragion Pura).

La valutazione dipende quindi dal Soggetto, dall’Oggetto e dai Bisogni. Il che mi fa capire
perché soggetti diversi fanno valutazioni diverse: sono tutte buone e corrette (un sistema è
buono se funziona, ma deve funzionare sul bisogno del soggetto [es. Newton e Liebniz
inventano il metodo differenziale, che non si capiva perché funzionasse, ma era buono poiché
dava risultati].

1.3 La variabilità della valutazione nel tempo


Nel tempo può modificarsi la valutazione di un oggetto, poiché cambiano i bisogni del soggetto: la valutazione va
coerentemente verificata nel tempo. Il processo di valutazione si misura su due importanti aspetti: esso dev’essere Coerente e
Trasparente.
La COERENZA è strettamente connessa a 4 ipotesi (assiomi* che non metto in discussione e considero vere) che definiscono
un processo di valutazione razionale (che è quella che valuteremo, non potremo valutare quella irrazionale, come quella dei
bambini):
- Il valutatore è in grado di valutare (non considero chi non è in grado);
- Non sazietà (il valutatore valuterà meglio tra due oggetti quello che avrà prestazioni più alte [es. due automobili, criteri di
scelta ‘economicità’, sceglierà meglio l’automobile più economica. Della variabile che considera, ne vuole in quantità sempre
più alte in termini di prestazioni];
- La transitività (es. se valuto A meglio di B e B meglio di C, allora anche A meglio di C);
- I rendimenti marginali decrescenti (Esiste un effetto soglia, oltre il quale si è indifferente (non aumenta più la valutazione)
ad un ulteriore aumento di performance. Esempio di macroeconomia: la curva di utilità cresce con la legge dei rendimenti
marginali, quindi cresce, poi si appiattisce e decresce

Esempio 1.2.
Ho un’azienda con una percentuale di produttività dell’1%. Supponiamo che ho 4 fornitori (difettosità 5%, 1%, 0.1% e 0.01%). Il primo
fornitore peggiorerà la difettosità dei miei prodotti, quindi lo elimino. Degli altri 3 fornitori (difettosità 1%, 0.1% e 0.01%), sono tutti in
linea con l’azienda. Il primo potrebbe far aumentare la difettosità, ma gli altri no. Il secondo verrà considerato meglio del primo, ma se
vado a valutare il terzo, per l’azienda avere il secondo o il terzo è la stessa cosa. Es3. Valuto due auto per uso civile con variabile velocità
(ne ho una max 130, la 2° 180, la 3° 250, la 4° a 350. Preferisco la seconda alla prima, ma a 250 io non ci arriverò mai, però ci penso e
dico ‘mi da una stabilità in più’. Ma quella di 350 è per me uguale, perché vi è lì per me una soglia di prestazione.).

Queste quattro ipotesi sono uguali a quelle del consumatore studiate in microeconomia: ad esempio il principio di transitività in
economia è che se l’oggetto A, ha caratteristiche C1A C2A e C3A e l’oggetto B ha C1B, C2B e C3B, se si verifica la condizione che
C1A C1B e C2A C2B e C3A C3B, allora la valutazione di A sarà maggiore o uguale alla valutazione di B. Se cadono queste 4
ipotesi, il modello che noi costruiamo non serve.
La TRASPARENZA è una cosa fondamentale nel processo di valutazione: i criteri del processo devono essere chiari a me ma
anche a chi viene valutato, perché deve sapere quali variabili migliorare.

*Nb. In epoca Ellenistica, il postulato è una cosa vera e non bisogna dimostrarla; l’assioma invece andava dimostrato. Euclide introduce la sua
geometria con 5 proposizioni (ogni cosa è uguale a se stessa, due cose uguali ad una terza cosa sono uguali tra loro, se a cose uguali si
aggiunge una terza cosa, le somme sono uguali, se a cose uguali si sottrae una stessa cosa, la differenze sono uguali, etc..) e 5 assiomi (Si possa
tracciare senza fine una linea retta (dietro c’è L’HP di spazio infinito); Si possa tracciare una linea retta tra un punto dato e un altro ( HP spazi
sono lineari); Si possa tracciare un cerchio da un centro dato e qualunque altro punto (lo spazio ha 2 dimensioni); Angolo retti sono uguali tra
loro; etc..). Analogamente pure l’aritmetica si basa su assiomi (le proprietà di addizioni e moltiplicazioni…) Su tali assiomi la matematica ha
molto lavorato, in modo da poter rendere la matematica una scienza esatta, ma alla fine non si è riuscito a verificare tali assiomi (nella
matematica si nascondono delle aree grigie dove non posso dimostrare essere vero o essere falso, come l’esempio della madre che chiede al
coccodrillo di non mangiarsi il figlio), il che mi rende impossibile dire se la matematica sia o meno una scienza esatta.

LEZIONE 2.
Come abbiamo detto il metodo di valutazione deve essere chiaro, sia al valutatore che al valutato, che deve conoscere i criteri di
valutazione. Se il valutatore deve essere chiaro, il sistema di valutazione deve essere coerente e quindi associata ad un soggetto
razionale. Noi non siamo dotati di razionalità assoluta, la nostra è limitata e soggettiva (cioè connessa alla nostra esperienza), le
nostre opinioni si costruiscono: la verità non è un dato assoluto, ma un costrutto sociale che si forma sulla base anche
dell’esperienza.
Un modello di valutazione deve avere delle implicazioni. Innanzitutto, deve indurre un processo di apprendimento all’interno
dell’azienda (indurre l’azienda a capire quello che effettivamente vuole), ma anche uno strumento gestionale sia per essa (che
deve classificare e rapportare i fornitori) che per l’impresa fornitrice, poiché se il sistema è trasparente essa sa su che variabile
far leva per migliorare la propria posizione nel sistema di fornitura.
La valutazione è un sistema composto da 3 elementi: soggetto di valutazione, oggetto e desideri.
Per trovare i modelli dobbiamo tenere in considerazione alcuni aspetto: la parte monetaria, la pluralità delle variabili, la
differenza tra loro (alcune sono qualitative e altre quantitative, devo capire come metterle insieme (es. un’automobile viene
valutata sia in ‘prestazioni economiche’, che sul design e queste due cose vanno confrontate).

2.1 Attualizzazione
La moneta ha tre funzioni:
- Intermediario degli scambi
- Misura il valore di tutte le cose (è un metro di misura. Es. Quanto vale questo computer? 500€. *Però è un metro che
cambia valore nel tempo, non è costante: non riesce a confrontare due cose a distanza di tempo, poiché cambia il
metro di misura. Devo quindi avere un coefficiente di conversione, qualcosa che mi dice come cambia il valore della
moneta nel tempo)
- Riserva di valore (Perché se conservo moneta, posso comprare qualsiasi cosa)

Esempio 2.1.
Supponiamo di acquistare un titolo di stato (poiché non ha rischi) il cui rendimento (tasso di interesse) sia r.
Sia V0 = Valore iniziale,
r=Tasso annuo,
V1 =valore dopo un anno,
→ allora V1=V0 + V0*r =Vo(1+r).
Se V0=1000, r=10%, allora V1=1100 → Questo è il valore che avrà tra un anno V0 , considerando un tasso annuo di r.
Posso fare anche la formula inversa: V0=V1/(1+r). → Per determinare quanto vale oggi (ad un tasso r) una cifra (V1) che avrò tra un
anno.
In due anni, ho V2=V0 (1+r)2 e in n anni Vn=V0 (1+r)n e V0=Vn /(1+r)n
Se r non è costante, ogni anno avrò bisogno di un coefficiente r 1, r2 e rn.
→ Vn=V0 (1+r1) (1+r2) (1+r3) … (1+rn) e V0=Vn / (1+r1) (1+r2) (1+r3) … (1+rn)

Generalmente r non solo non è costante, ma è anche SOGGETTIVO.


Esempio 2.2.
Consideriamo 3 soggetti che con un diverso tasso acquistano un’auto del valore di 20000€ che però pagano tra un anno a 21000€ (con un
tasso di interesse del 5%):
- il primo prende i soldi, non li investe, e dopo un anno trova gli stessi soldi r A=0%.
- Il secondo rB=5%, il terzo rC=10%.
Quanto dovranno avere l’anno 0?
Il primo proprio 21000€. Il secondo investe solo 20000€. Il terzo invece investe 19091€.
Per loro quindi, la stessa somma che pagheranno tra un anno, adesso è diversa tra loro: C sta pagando l’auto 2000€ in meno rispetto al
signore A. Ma, visto che l’auto costa 20k, al primo soggetto converrebbe pagare subito, poiché ha un tasso di interesse più basso, rispetto
a quello della concessionaria.

Ciò è collegato ai principi della dinamica finanziaria:


1. I soldi si muovono da settori a tassi più tassi a settori a tassi più alti (che meglio sanno sfruttare i soldi). Ecco come si
muove l’economia, perché i soggetti hanno tassi di interesse diversi.
[Si può qui considerare che quindi ‘un dollaro oggi vale più di un dollaro domani’ Questo avviene sia perché la promessa di un
pagamento futuro comporta sempre un certo rischio, sia perché disponendo immediatamente di una somma la si può investire e
farla fruttare]
2. Il sistema tende verso la speculazione. [poiché il soldi si muovono verso tassi sempre più alti, il sistema tende alla
speculazione (come tende all’entropia) → lo stato interviene mettendo un freno ai tassi di interesse].

MA, come abbiamo detto prima, la moneta è un metro che cambia nel tempo, con un coefficiente di conversione soggettivo e
non costante. [Es. Se fatturo nel 2018 2000€, e nel 2019 2100€, guadagno di più se il tasso di inflazione è 0%. Se invece è 10%,
facendo la conversione mi rendo conto che il fatturato del 2019, calcolato a moneta 2018, sarebbe 1900€. Il che vuol dire che sto
in realtà perdendo di fatturato da un anno all’altro]. Il confronto non va mai fatto a moneta corrente, ma a moneta costante,
riconvertendo i dati portando tutto ad un anno base.

*Nb. Il secondo non è il tempo, è la misura del tempo. Così come il peso non è la massa, ma la sua misura. Il problema fondamentale della fisica
è misurare, avere un metro, non capire cos’è il tempo o la massa (quelle sono risposte per la filosofia). E il metro ha due certezze: è unico (esiste
fisicamente, a meno degli errori di tolleranza) e costante nel tempo (sempre uguale). Se non lo fosse, se il secondo diventasse sempre più
piccolo di giorno in giorno, come me ne accorgerei? Non me ne accorgerei, perché sono in un sistema che si sta deformando. Il fatto che il
metro sia costante nel tempo è una cosa che diamo noi per giusta, ma non lo sappiamo davvero, è un’ipotesi forte perché non ce ne
accorgeremmo se la situazione fosse diversa. Se crescesse sempre di più, arriverei a dire che il mondo è sempre esistito, non è mai stato creato.

LEZIONE 3.
Per poter valutare un investimento, devo tenere presente il primo principio della dinamica finanziaria, ovvero confrontare i costi
da sostenere oggi con i ricavi futuri, tenendo presente il valore finanziario del tempo (ovvero devo considerare il valore attuale
di un flusso di denaro che si manifesterà in futuro.
Ci riallacciamo all’esempio dell’auto della lezione precedente.
Ogni F (flusso di cassa) è misurato a moneta del proprio anno e poiché la moneta si deforma ogni anno, non possiamo sommare
i valori a moneta corrente, ma bisogna attualizzare (farò una somma attualizzata) ogni valore all’anno zero. → uso la formula
F/(1+r)n. NB. Non è detto che è un numero intero: se è un anno, vale uno, se sono sei mesi vale 0,5, se sono 18 mesi vale 1,5.

𝑭 𝑭 𝑭
Se F fosse costante, avrei Somma = (𝟏+𝒓)𝟏 + (𝟏+𝒓)𝟐
+ ⋯+ (𝟏+𝒓)𝑵
Dove N = anni considerati e r = tasso annuo di rendimento [sempre <1, poiché il sistema tende alla speculazione].
R è detto anche:
- Fattore di sconto (chiamato così poiché sconta i flussi finanziari futuri, li penalizza per tener conto del fatto che essi non
sono immediatamente disponibili)
- Tasso di attualizzazione, perché è il tasso che serve ad attualizzare, ovvero ad esprimere in moneta attuale, i flussi di
cassa futuri
- Costo opportunità del capitale, perché è il tasso di rendimento della migliore alternativa disponibile cui si rinuncia per
investire il capitale in un progetto specifico. Riferito a ciò è il costo/opportunità, ovvero il costo, spesso implicito, della
migliore alternativa scartata (alla quale rinuncio per un utilizzo alternativo).
𝟏
Ponendo a =
(𝟏 + 𝐫)
, avrei la Somma S = Fa1 + Fa2 + Fa3 + …. + FaN. → E’ quindi una progressione geometrica.
Se moltiplico ulteriormente per a, ottengo S*a = Fa2 + Fa3 + Fa4 + …. + FaN + FaN+1.
Se sottraggo alla prima la seconda, e faccio quindi S – S*a, ottengo
→ S-Sa = Fa1 – FaN+1 , e cioè, S (1-a) = Fa (1-aN)
(𝟏−𝐚𝐍 )
A questo punto, la somma del flusso costante nel tempo risulterà essere S = 𝐅𝐚 .
(𝟏−𝐚)
𝟏
𝟏−
𝟏 (𝟏+𝐫)𝐍
Ovvero, se vi sostituisco il valore di a, sarà 𝐒 = 𝐅 ∗ 𝟏
(𝟏+𝐫) 𝟏−(𝟏+𝐫)
(𝟏+𝐫)𝐍 −𝟏
𝟏 (𝟏+𝐫)𝐍
E la sua inversa 𝐒 = 𝐅 ∗ (𝟏+𝐫)−𝟏
(𝟏+𝐫)
(𝟏+𝐫)

Semplificando, ottengo le equazioni che userò ora in avanti:

(𝟏+𝒓)𝑵 −𝟏 (𝟏+𝒓)𝑵 𝒓
𝑺=𝑭 (𝟏+𝒓)𝑵 𝒓
e𝑭=𝑺 (𝟏+𝒓)𝑵 −𝟏

Nb. Queste formule ci dicono: ho una somma oggi e voglio assicurarmi che mio figlio abbia una rendita per 10 anni, dove per
rendita intendo un’attività che paga una somma fissa ogni anno per un numero deginito di anni. Allora se ho una somma S faccio
un’assicurazione, che si trasforma per 10 anni in un flusso.

Esempio 3.1. Investire sui titoli di stato


Ipotizzo r costante e immagino di spostarmi di due anni.
V2 = V1 (1+r) → Da qui, ottengo → Che, generalizzando, diventa
V2 = V0 (1+r) (1+r) V2 = V0 (1+r)2 Vn = V0 (1+r)N
V0 = V2 / (1+r)2 V0 = VN / (1+r)N

LEZIONE 4.
Parto dall’esempio 3.1, dove mi rendo conto che, per un anno, vale VN = V0 (1+r)N , mentre se considero che degli stessi soldi
voglio conoscerne il valore dopo solo sei mesi, utilizzo la stessa formula, solo che N non sarà più un anno, ma metà:
Vn = V0 (1+r)1/2
Nb. r resta così, non devo considerare r/2!!
Esercizio 4.1 RENDITA A VITA (=PENSIONE)
Considero un uomo di 30 anni che ha iniziato ora a lavorare e decide di fare un’assicurazione che gli garantisce una rendita futura di
circa 18.000€ all’anno, da avere quando compie 65 anni.
Pattuiscono un tasso di interesse r pari a r = 0,02.
La domanda è: qual è la rata che deve pagare ora fino a 65 anni?
Il soggetto dice: voglio avere una rendita da 65 anni fino alla morte, di 18.000€. L’assicurazione si pone il problema di capire per
quanti anni dovrà erogare la rendita [valuto la speranza di vita, ‘’attualizzata’’ a quando inizierò a erogare la rendita].
La rata dipenderà quindi dal numero di anni, consideriamo una speranza di vita di 85 anni e quindi l’assicurazione si deve preparare a
erogare una rendita per 20 anni. Se il soggetto vive di meno, l’assicurazione ci guadagna; se vive di più, il soggetto ci guadagna.
Quello che devo calcolare è il valore che devo avere a 65 anni, per avere una rendita di 18.000€ per i successivi vent’anni [con un
flusso costante, annuale].
(𝟏+𝒓)𝑵 −𝟏
Utilizzo questa formula VA = 𝑹 (𝟏+𝒓)𝑵 𝒓
Dove conosco sia R (la rata 18.000€ all’anno), il tasso (r = 0.02) e il periodo (N = 20 anni).
Scopro così di dover accumulare, a 65 anni, 294325,8€.
Ora devo calcolare la rata (che devo pagare da quando ho 30 anni (Cioè dal 2020) a quando ne ho 65 (cioè al 2055), per accumulare,
a valore dell’anno in cui ho 65 anni, quella cifra. Devo innanzitutto calcolare il valore nell’anno attuale (devo tornare indietro).
𝑉55 294325,8
Utilizzo quindi la formula V20 = (1+𝑟)𝑁 = (1,02)35 = 147171,03€.
Questa cifra posso pagarla tutta insieme oppure stabilire una rata annua da pagare per 35 anni.
(𝟏+𝒓)𝑵 𝒓 (1,02)35 ∗0,02
Calcolo la rata come R = VA = 147171,03 = 5887,17 €
(𝟏+𝒓)𝑵 −𝟏 (1,02)35 −1

Io oggi pago una rata di 5887€ all’anno, ma i 18000€ euro che avrò, oggi quanto
varrebbero? Perché mi viene un dubbio, e con il cambio dell’inflazione? Io vorrei una
rendita che non sia costante, ma che ogni anno mi ricalcoli la rata a seconda
dell’inflazione.
E poi oggi, quanto valgono i 18000€?
Uso sempre la formula V20 = VN / (1+r)N.
E avrò V20 = 18000/(1,025)35
Però r non è 0,02, perché quello è da contratto fissata. Quella che a me interessa è il
tasso dell’inflazione nei prossimi anni (che non conosco obv e ipotizzo del 2,5%).

NB. Anche il tasso che mi dà la società considera sia l’inflazione, ma soprattutto la


capacità della società di assicurazione di recuperare il capitale investito.
Perché la rendita è 18000€, ma lo è per vent’anni, e giustamente nel 55 non sono gli stessi 18000€ del 65 o del 75 (la rendita in
valore nominale decresce). A valore odierno infatti valgono 7584.68€ (sono i 18000€ del 2055, però a moneta di oggi). Negli anni
successivi, la rendita scende (a 90 anni io ho una rendita di 4091,10€). A questo punto ci penso e dico che no, voglio una rendita che
sia costante nel tempo (voglio che siano 18000€ a moneta 2055 fino circa a moneta 2075.

Consideriamo la richiesta del mutuo in banca. La banca ci fa un tasso di interesse e lo fa considerando alcuni fattori.
Come il salumiere, che ha un prezzo di vendita PD = PI + S + CG (con S e CG sono due delta, due margini)
Con PI = Prezzo all’Ingrosso; S = Spreco (parte di prosciutto che non vendo (cotica, osso e co). Rappresenta l’efficienza del
processo produttivo); CG = Costi di gestione (per pagare il fitto, i dipendenti e se stesso).
Per il salumiere, il momento di acquisto e quello di pagamento coincidono. Nella banca no: la banca acquista e vende ‘soldi’, con
una vendita immediata, ma un pagamento in maniera differita (c’è sempre un rischio, in cui il debitore non riesca a onorare il
debito → tutti i soldi che non rientrano, si chiama ‘sofferenza bancaria’). Il miglior cliente della banca è quello che acquista soldi
e onora il debito (quello che ha più soldi, è il fornitore della banca).
Il costo della banca sarà dato quindi dalla formula:
Pb = Pi + ∆S + ∆CG + ∆P
LEZIONE 5.
Esempio 5.1.
Ho la richiesta di un mutuo con capitale 100000€, da restituire in 10 anni, con un tasso di interesse del 10%. Ho calcolato la rata (le
considero costanti) ed è 16275€. A questo punto però, il primo anno (100000-16275= 83725) mi aspetterei di dovere solo 83725€. In
realtà no, perché ho due quote: la quota capitale (che è data dal capitale residuo, meno la quota di interesse) e l’altra è la quota di
interesse che devo ogni anno (che è il capitale residuo per il tasso di interesse. È importante perché si scala dal reddito di una
percentuale). Tolgo dai 100000 la quota di interesse e ottengo 93725€. Ragiono così tutti gli anni, e ottengo una cosa simile:
Riflessione: La quota di interesse diminuisce negli anni, mentre la quota capitale aumenta. Il che vuol dire che se devo ricontrattare
un mutuo, all’inizio mi conviene, mentre alla fine mi conviene molto poco.

Se invece uso un tasso di


interesse basso (1,5%), le
due curve non si toccano più,
la quota di interesse scende
di meno e la quota capitale
sale di poco.

Esempio 5.2
Vanno in banca 3 persone a chiedere 200000E: un imprenditore di mozzarelle comune; un imprenditore di nanotecnologie (mercato
all’avanguardia) e va un docente giovane e chiede per acquistare la casa.
Alla domanda a cosa ti servono, il primo signore farà vedere i nuovi impianti (non ha tecnici davvero specializzati), il secondo tutti i
ricercatori e co, e il docente fa vedere la casa.
Chi ha ottenuto il tasso migliore?
I tassi migliori saranno dal prof (che è quello che offre più sicurezze. Infatti, mal che vada, la banca si prende la casa); poi il
produttore di mozzarelle (che mal che vada, ce ne sono tanti, si potrebbe rivendere l’impianto), e poi quello di nanotecnologie (che
offre meno sicurezze).
Generalmente il tasso di interesse è dato da una formula data da:
Pb = Pi + ∆S + ∆CG + ∆P
• Pi= Prezzo all’ingrosso (uguale per tutte le banche). E’ pari all’Euribor. L’Euribor dipende dal Tasso Ufficiale di Riferimento
(che prima si chiamava Tasso Ufficiale di Sconto). È il tasso di mercato interbancario calcolato come la media dei migliori
tassi quotati da alcune delle principali banche europee (ovvero è il tasso con cui la banca centrale europea vende i soldi alle
banche ed è dato con la media aggiustata con cui le banche si scambiano la moneta)).
Esso è dato dal Tasso ufficiale di sconto + un delta di riferimento associato alla media tra le banche. Attualmente il TUR è
fissato dalla banca a 0% dal 2016 da Mario Draghi, poiché vi fu una mossa per rimettere in moto l’economia
Viene determinato ("fissato") giornalmente dalla European Banking Federation (EBF) come media dei tassi di deposito
interbancario tra un insieme di banche, attualmente 20. Non c'è un solo tasso Euribor: vengono infatti definiti tassi per
durate di tempo differenti, che variano tra una settimana e un anno.
• ∆S = Delta locale, di Sofferenza Bancaria (lo si dovrebbe pagare in modo piatto a livello nazionale, ma non è così. Così come
due persone, da Napoli a Bolzano, pagano due assicurazioni diverse con la stessa auto.)
• ∆CG = Costo di gestione
• ∆P = Rischio personale (basso per chi acquista la casa. Così come chi nell’assicurazione auto è fascia uno paga meno di chi è
fascia 10.).
C’è inoltre la possibilità in cui una sola persona va in tre banche diverse e riceve tre tassi diversi, poiché le banche hanno diverse
sofferenze bancarie.
Generalmente chi ha una grande sofferenza bancaria, fa pagare quelli che pagano (come la tassa sulla spazzatura, paghiamo tanto
poiché il comune fa pagare di più a quelli che pagano).
LEZIONE 6.
Nell’ambito dell’equilibrio macroeconomico sappiamo che esistono due, reale e ideale (famiglia offerta impresa domanda).
REALE: Tutto il risparmio delle famiglie che è una funzione del reddito a sua volta dev’essere uguale alla domanda di
investimento delle imprese che è una funzione del tasso di interesse S(y)=I(r) secondo la parte canonica dell’investimento.
Quello che si risparmia in maniera diretta/indiretta viene utilizzato dalle imprese.
L'equilibrio macroeconomico è un equilibrio economico che si verifica quando tutti i mercati sono in equilibrio. In particolar
modo, nella teoria economica si parla di equilibrio macroeconomico in relazione alla condizione di equilibrio del modello IS-LM,
ovvero quando ho un equilibrio reale ed un equilibrio monetario.
Considero r funzione di reddito e S funzione di risparmio, posso costruirmi la
condizione di equilibrio (grafico in basso a sinistra, data dall’insieme delle
combinazioni I-S che mi garantiscono l’equilibrio reale.
La condizione di equilibrio reale si realizza quando S=S(Y) è uguale ad I=I(r),
dove S è inteso come il risparmio accumulato dalle famiglie, che è in funzione
del reddito prodotto Y, mentre I è la domanda di investimento delle imprese,
che è in funzione del tasso di interesse r. Quindi l’equilibrio reale si ha quando
S(Y)=I(r). Questo deriva dal fatto che tutto quello che è il reddito prodotto è in
parte risparmiato ed in parte consumato, quello risparmiato, sia in maniera
diretta che indiretta, viene poi utilizzato dalle imprese per fare gli
investimenti. Con diretto e indiretto intendiamo che le famiglie, con i risparmi,
o acquistano direttamente le azioni delle imprese, oppure attraverso il
sistema bancario, che utilizzeranno i soldi depositati dalle famiglie affinché le
imprese possano ottenere capitali per fare gli investimenti.

La condizione di equilibrio monetaria ci dice che, in questo mercato, nella


domanda di moneta le famiglie rappresenteranno l’offerta e le imprese la
domanda; si ottiene quando appunto domanda=offerta. La domanda di
moneta la indico come M0=M1+M2, dove M1 è la domanda di moneta per
motivi di transazione ed è funzione del reddito secondo una relazione che
possiamo approssimare per una lineare, quindi M1=KY, mentre M2 è la
domanda di moneta per motivi speculativi ed è funzione del tasso di interesse,
quindi M2=L(r).
L’equilibrio monetario invece è dato dall’equilibrio tra domanda e offerta di
moneta.
M0 = M1 + M2 (condizione di equilibrio)
M1 = domanda di moneta per transazioni, è lineare = k * y (con y=reddito);
M2= Funzione del tasso di interesse, domanda di moneta per motivi di
speculazione = L (r).
Costruisco poi l’equilibro come prima. Con L-M luogo dei punti che
garantiscono l’equilibrio monetario.

Da cui, l’unica condizione che verifica entrambi gli equilibri (e indica quindi l’equilibrio macroeconomico) è la coppia req, yeq

Tale equilibrio si raggiunge senza dire nulla sull’occupazione, quindi è ‘fattibile’ anche in
disoccupazione. È una condizione stabile e si non riesce ad uscirne senza che un soggetto
esterno al sistema economico faccia qualcosa (il mercato interno non è capace di uscire
dall’equilibrio), spostando a destra la curva LM (si sposta a destra l’equilibrio (ho un
reddito maggiore, quindi si crea occupazione). Attuo cioè una particolare Politica
Monetaria.
Accanto ai prestiti a tasso fisso esistono quelli a tasso variabile.
Fino agli anni 70 i tassi fissi erano andati bene, dopo però a inizio 70 vi fu una grande crisi petrolifera (che fece aumentare i prezzi
del petrolio e quindi a catena tutti i prezzi, generando un problema di inflazione). Mentre l’inflazione cresceva, la banca aveva
prestato soldi al 3%, con l’inflazione che però arrivava al 20%, il che significava che chi restituiva il prestito lo faceva per una cifra
inferiore a quella che aveva avuto. Scattò quindi l’approccio di agganciare il tasso al tasso ufficiale di sconto, per farlo muovere
(non è che si muove tutti i giorni: si parte il primo anno con un tasso r1= Euribor + ∆ , in cui delta è il margine della banca, i ∆S +
∆P + ∆LG. Il ∆ si tiene fisso e l’Euribor è la media dell’anno precedente. Ugualmente l’anno successivo:
r1= Euribor 0 + ∆ (con Euribor anno 0 = 2% e ∆=1,5%) =3,5%.
Alla fine del primo anno si va a vedere qual è l’Euribor dell’anno precedente e si applica la medesima formula, tenendo in
considerazione che ∆=1,5% per tutta la durata del prestito. Quindi avremo che:

r2 = Euribor 1 + ∆ (con Euribor anno 1 = 1%) = 2,5%.

ESERCIZIO:

Il valore del tasso variabile dipenderà quindi anche dal TUR e dal ∆M di interscambio tra i paesi europei.
Per il tasso fisso dobbiamo partire da un concetto, è un rischio poiché se si blocca il tasso (r_fisso) se i tassi variano le banche
non vogliono rischiare, allora è consapevole che mantenere fisso un muto per 10 anni ci sono rischi ,

rfisso=Euribor(media anno precedente)+ ∆(margine fisso)+ ∆(rischio/assicurazione).


Siccome la situazione è rischiosa aggiungo un’ulteriore delta una sorta di assicurazione che la faccio pagare a chi fa il mutuo.
rfisso= EURIS+∆ (fisso), dove l’EURIS è un indicatore che comprende la parte di rischio sempre maggiore dell’Euribor, tuttavia ora
costante non si muove più, il vantaggio è una maggiore sicurezza. Se faccio un muto a 5 anni o 20 anni cosa cambia? aumenta
più l’incognita legata al tempo (rischio) e quindi per un muto di breve periodo a tasso fisso il valore del delta è più piccolo e per
un mutuo ventennale aumenta.
NB. Il mutuo è un prestito con cui la banca paga il progetto di finanziamento per l’acquisto di un immobile, dove ovviamente il
mutuatario si obbliga a ripagarne la somma prestata e gli interessi. Nel caso di un immobile, si parla di mutuo ipotecario poiché
la banca concede il prestito mettendo un’ipoteca sull’immobile, a garanzia del rimborso. Alla banca solitamente è possibile
chiedere non più del 75/80% del prezzo di compravendita (anche se c’è chi finanzia il 100%).
Un elemento importante del mutuo è la DURATA, ovvero il numero di anni concordato per l’estinzione del progetto.
Generalmente le banche offrono prodotti con durate dai 5 ai 25 anni, fino ai 30 (non superiore poiché da qui la rata non varia di
molto e nel caso si pagherebbe una somma di denaro enorme, senza alcun tipo di vantaggio). La durata del prestito influenza
pesantemente le caratteristiche del finanziamento: le durate più lunghe sono indicate per coloro che hanno un reddito fisso e in
generale vogliono delle rate di rimborso più contenute (sapendo però di sostenere una maggior spesa per interessi).
La durata inoltre influenza anche il tipo di tasso di interesse (ovvero il prezzo che pago per avere il capitale in prestito, il
principale costo del mutuo).
I principali tipi di tasso offerto sono:
• TASSO FISSO. E’ quello stabilito in via definitiva all’inizio del prestito ed è indicato per individui con un reddito stabile. E’
dato da rfisso= EURIS+∆ (fisso, che rappresenta il guadagno della banca). PRO: Certezza delle rate di rimborso. CONTRO:
impossibilità di usufruire di eventuali riduzioni dei tassi (ovvero rate più basse), poiché non segue le fluttuazioni del
mercato. L’assenza di rischio ha quindi un costo: le percentuali applicate sono più alte rispetto al tasso variabile.
• TASSO VARIABILE. E’ composto da una componente fissa a cui si aggiunge una componente variabile determinata
dall’andamento di uno o più indici finanziari, generalmente l’Euribor. Normalmente è più basso del tasso fisso, almeno
inizialmente. Tale sconto si paga con l’incertezza di non conoscere l’esatto importo delle rate successive alla prima.
• TASSO MISTO. Miglior compromesso tra fisso e variabile. Viene applicato inizialmente un tasso fisso, prevedendo la
possibilità di poter passare al tasso variabile in periodi successivi.
NB. Non esiste una valutazione che ‘a priori’ ci consenta di dire quale tasso è il più conveniente.

ES 6.1. TAN e TAEG


Compro un pc e lo pago 1000€. Lo pago in differita dopo un anno, con un tasso r = 10%. Mi aspetto di dover pagare 1100€, ma ne
pago 1210€. Ciò poiché il tasso è il 10%, ma io devo pagare anche la pratica con la finanziaria che si apre con il pagamento, ovvero il
servizio che sto comprando (costo 100€). Quindi io ho comprato una cosa che vale 1100€, da cui il 10% viene 1210€. Allora tu ti
arrabbi e dici ma scusa, io non sto pagando il 10%, ma il 21%. Questo poiché il tasso che io pago è sul costo complessivo.
Il 10% si chiama TAN. Il TAN è il tasso reale, che ti sta dando la finanziaria che ti vende l’oggetto.
Il 21% si chiama TAEG. Il TAEG è quello che vedi tu, quello effettivo.

LEZIONE 7.
Esercizio 7.1
Es. Acquisto un prodotto di P=10000€ che pago in 5 anni con delle rate annuali, con un TAN del 5% e un costo della pratica pari a
Cp=1000€.
Calcoliamo ora la raga R e il TAEG.
(1+𝑟 )𝑁 𝑟
Per la rata uso la formula solita: F = 𝑆 . Dove S è ciò che io devo pagare senza tassi, sia i 10000€, che i 1000€= 11000€.
(1+𝑟 )𝑁 −1
(1+𝑇𝐴𝐸𝐺 )𝑁 ∗𝑇𝐴𝐸𝐺
Per calcolare il TAEG considero che R = 𝑃 (1+𝑇𝐴𝐸𝐺 )𝑁 −1
. Dovrei fare la formula inversa dell’equazione di sesto grado, ma lo posso
fare per tentativi su excell, arrivando a 8,55% di TAEG, dove posso fermarmi essendomi avvicinata abbastanza, a livello delle unità (non
vale la pena scendere in un livello di dettaglio ulteriore).

Ora, considero la differenza TAEG – TAN = 3,55%. Che rappresenta il tasso dei 1000€ da pagare in cinque anni; quindi è il costo della
pratica trasformato in tasso.
(1+0,05)5 −1
Se non conoscessi il costo della pratica, utilizzo sempre la stessa formula, considerando (10000 + Cp) = 2540,72 ∗ (1+0,05)5 ∗0,05
(1+0,05)5 −1
Così, ponendo 2540,72 ∗ (1+0,05)5 ∗0,05 = A

Cp= A – 10000.

Esercizio 7.2. RATE MENSILI


Ora ci sorge la domanda: se il pagamento non è una rata all’anno, ma una rata mensile, come faccio?

Se dovessi pagare a rate semestrali, ad esempio, basta dividere per due il tasso annuale, ma considerare che avrò il doppio delle rate: R
𝑟 𝑁∗𝟐 𝑟 𝑟 𝑁∗𝒏 𝑟
(1+𝟐) ∗𝟐 (1+ ) ∗
=𝐶 𝑟 𝑁∗𝟐
. Se generalizzo, avrò R = 𝐶 𝒏
𝑟 𝑁∗𝒏
𝒏
dove n= frequenza di pagamento.
(1+𝟐) −1 (1+ ) −1
𝒏
Così avrò:
• n=1, pagamenti annuali,
• n=2, pagamenti semestrali,
• n=4, pagamenti trimestrali,
• n=12, pagamenti mensili.
𝑟 𝑁∗𝒏
(1+ ) −1
𝒏
Ovviamente posso considerare anche l’inversa: C = R 𝑟 𝑁∗𝒏 𝑟
.
(1+ ) ∗
𝒏 𝒏

In forma implicita diventa F (C, R, r, N, n) = 0, in cui fisso quattro variabili e ottengo la quinta.
MA, se aumento N e lo faccio tendere all’infinito (se le rate sono sempre di più), ottengo una cosa simile:

(1+𝑟)𝑁−1 (1+𝑟)𝑁 1
E facendo matematicamente il limite ho lim 𝐶 = lim 𝑅 (1+𝑟)𝑁𝑟
= 𝑅 ∗ lim [(1+𝑟)𝑁 𝑟 − (1+𝑟)𝑁 𝑟
].
𝑁→ ∞ 𝑁→ ∞ 𝑁→ ∞

Da qui, ottengo che questo tende a 1/r e questo tende a 0 (considerando sempre che N -> ∞ e che R posso portarlo fuori poiché
𝑹
costante. Ottengo così che il limite è uguale a
𝒓

Quindi il valore attuale che sto chiedendo VA = R/r (rata su tasso di interesse). Quindi nei due casi avrò due curve che vanno per asintoto
una a 20000€ e una a 2000€. Quindi, se il tasso è alto mi conviene fermarmi sul gomito, perché la rata non si abbassa. Se il tasso è basso,
posso allungare il mutuo di più, poiché continuo a scendere.
LEZIONE 8.
Esempio 8.1 – Esercizio sui Mutui
NB. Noto che la banca non mi sta applicando il TAEG, ma
sta applicando il TAN. Perché? Perché non mi sta dando
effettivamente quanto io le chiedo, ma quello che le
chiedo escluse le spese. Faccio la prova e non mi trovo:
mi da ancora di meno.

La banca mi esplicita tutte le spese: devo chiedere bene in banca, per sapere tutte le
spese che sto pagando – nel caso 1450€. Se poi voglio esattamente 150000€, li
chiedo al netto delle spese, così che pago un po’ di più di rata, ma ho effettivamente
150000€.
Pt.2

Se valuto poi la banca successiva e faccio il confronto, mi accorgo che la rata è la stessa, ma effettivamente mi stanno dando soldi
diversi. Ora sto pagando 2510€ di spese. Entro e la banca mi esplicita le sue spese: pratica, imposta sostitutiva, spese periodiche, Perizia
e co.

Quindi, la prima è più vantaggiosa della seconda, perché a parità di rata la prima mi dà più soldi.
NB. EXCELL mi permette anche di calcolare la rata (il tasso o il Valore attuale) automaticamente, utilizzando le sue funzioni interne.

Esempio 8.2 – Da tassi alti a bassi e da tassi bassi ad alti

Nel primo caso parto con una rata


bassa e poi si alza, nel secondo
accade l’inverso.
Quando il tasso è BASSO: io pago
pochi interessi e smorzo più
capitale. Quando il tasso è ALTO, io
in pratica smorzo prima gli
interessi, quindi il capitale residuo
è molto più alto.
In generale, quando il tasso è basso
e poi si alza non fa niente, non mi
interessa davvero se poi si alza.
(Quindi forse in questo periodo
conviene puntare sul tasso
variabile, che è più basso.)
Ciò è meglio esplicitato nel grafico di distribuzione qui sotto:

QUESTION TIME
DOMANDA: Come mai ora i tassi sono così bassi?
Partiamo da una considerazione generale:
In un circuito macroeconomico (quello esterno), le imprese rappresentano l’offerta e le Famiglie la domanda (vi è uno scambio
di beni e servizi). Esiste un altro circuito (quello interno, inverso, dove le famiglie sono l’offerta e le imprese la domanda),
attraverso cui le famiglie danno alle imprese Lavoro e Capitale e le Imprese danno Stipendi e Interessi.

Il circuito esterno è il mercato dei servizi e beni finali. Quelli


interni (sono due) sono il mercato di lavoro e il mercato di
Capitale.
Quelli pieni (in alto) sono circuiti reali. Nel circuito reale,
ho le famiglie che risparmiano e offrono i loro risparmi alle
imprese. Conosco la funzione risparmio (S) e l’andamento
dell’Investimento in funzione dei risparmi e considerando
le due funzioni ottengo le condizioni di equilibrio reali
(scheda IS – Investimento risparmio).

Quelli tratteggiati (in basso) sono circuiti monetari. Per


avere un equilibrio monetario (vedi lezione 6) la domanda
di moneta dev’essere pari all’offerta di moneta → ottengo
la scheda LM.

I due circuiti, quello reale e quello monetario, devono stare in equilibrio. L’unico punto che soddisfa entrambi gli equilibri è:
È una condizione stabile e si non riesce ad uscirne senza che un soggetto esterno al
sistema economico faccia qualcosa (il mercato interno non è capace di uscire
dall’equilibrio). Per uscire fuori dal contesto, la banca centrale europea può agire sulla leva
LM, lo stato può agire sulla leva IS.
Emerge un problema:
Per spostare IS lo stato decide – ad esempio attraverso una politica fiscale – di abbassare
le tasse a quelli che hanno il reddito basso e alzarle tasse a quelli che lo hanno alto (i primi
risparmieranno di più e i secondi di meno) → La curva IS si sposta in alto.

Lo stato italiano non ha però potere con la curva LM, poiché l’Italia non può spostarla: la
moneta è europea e quindi la curva può essere spostata solo dall’Europa. Ecco perché, per sostenere la disoccupazione e la crisi,
la Banca Centrale Europea sostiene la ripresa spostando la curva LM a destra → cioè spostando la curva dell’offerta di moneta in
alto (ovvero aumenta l’offerta di moneta → incentiva ad acquistare moneta, cioè ne abbassa i prezzi).

LEZIONE 9.
Abbiamo terminato le problematiche della parte di attualizzazione. Ora possiamo approcciarci alla valutazione degli investimenti
(acquisto nuovo macchinario, corso di formazione dei dipendenti, acquisto sistema informativo) → può anche essere
immateriale, ma devo spendervi una certa quantità monetaria, aspettandomi un ritorno nel tempo.
Per investimento noi intendiamo un esborso immediato (subito) in cambio di un ritorno differito nel tempo, probabile ma non
sicuro. [Per inciso annoto che non mi pongo sempre come obiettivo di avere ritorni superiori ai costi, ma posso anche considerare finalità
sociali o pubbliche].
Esso ha tre implicazioni: l’utilità (il beneficio connesso all’investimento), il tempo (la durata dell’investimento) e il rischio
connesso al fatto che l’investimento non è sicuro.
- L’UTILITÀ. Si valuta con la valutazione dei ritorni economici degli investimenti, con i principali indicatori di tipo tradizionale
utilizzati. In realtà, il ritorno dell’investimento può non essere connesso soltanto alla variabile economica (es. Se fornisco
una grande azienda, per mantenere le commesse o mantenere la posizione verso il cliente, faccio degli investimenti. Oppure
perché ci credo (perché credo in performance migliori) o perché l’hanno fatto i miei competitor (e quindi lo avranno
valutato).). Pesano molto qui aspetti strategici, oltre agli aspetti economici.
- IL TEMPO. Negli investimenti che trattiamo noi (non finanziari, che hanno vita breve), abbiamo investimenti a lungo
periodo, con la vita dell’investimento da considerare. La vita dell’investimento è legata alla vita utile del prodotto che
‘compero’.
• Considero la vita fisica = ovvero quella legata all’usura fisica → dopo un certo periodo la macchina non è in
grado più di andare avanti.
• C’è poi la vita tecnica o tecnologica = ovvero quella legata all’usura tecnologica → legata al fatto che ci sono
macchine che riescono a lavorare meglio di quella che sto utilizzando.
• C’è poi la vita di mercato o commerciale = ovvero quella legata all’usura di mercato → legata al fatto che il
prodotto che produco con quella macchina non si vende più.
• C’è poi la vita normativa (ambientale) = ovvero quella legata agli aspetti legali e ambientali → es. se compre un
auto, so che in città posso camminare ma solo se ho euro 5 o 6.
NB. Quella che considero è la minore delle 4.
- IL RISCHIO. Non lo posso esorcizzare, perché altrimenti non sarebbe un rischio. Generalmente, maggiore è il rischio,
maggiore deve essere la remunerazione dell’investimento. Quando parlo di investimento devo sempre essere ‘cauta’: es. se
ho una tecnologia vecchia che sto utilizzando e la devo confrontare con una tecnologia nuova per decidere se sostituirla o
meno. Possono verificarsi due casi:
a. Dal confronto, esce fuori che la tecnologia vecchia è migliore di quella nuova → allora non sostituisco.
Se a è vera ho fatto bene a non sostituire, se è falsa ho sbagliato lo studio, dovevo sostituire e non l’ho fatto →
Errore di tipo 1
b. Oppure la tecnologia nuova risulta migliore → sostituisco.
Se la b è vera ho fatto bene a sostituire, se è falsa, ho sbagliato lo studio, non dovevo sostituire e l’ho fatto →
Errore di tipo 2
I due errori non sono equivalenti, perché se non sostituisco ho commesso un errore, posso tornare indietro nella decisione e
rifaccio l’investimento con ritardo. Se ho sostituito mi sono esposto dal punto di vista economico/finanziario, e per tornare
indietro con danni economici/finanziari enormi. L’errore 2 è quindi quello che più devo tenere in considerazione.
Ci sono investimenti che sembrano sicuri e che poi diventano un dramma, col rischio quindi bisogna convivere.

Queste tre implicazioni sono tra loro strettamente connesse e possono combinarsi in tantissimi modi diversi: il modo in cui si
combinano condiziona anche l’attrattività dell’investimento, nonché i criteri con cui l’impresa ne valuta la convenienza.
Dobbiamo quindi utilizzare indicatori diversi per ognuno di questi fattori.
I numerosi metodi di valutazione degli investimenti industriali sono sostanzialmente riconducibili a TRE PRINCIPALI APPROCCI:
quello tradizionale, quello strategico, quello combinato che sposa l’approccio tradizionale e quello strategico.
- Secondo L’APPROCCIO TRADIZIONALE, l’investimento più conveniente è quello che assicura la massima redditività. Per tale
motivo, le sue tecniche di valutazione degli investimenti sono anche dette tecniche economico/finanziarie.
- L’APPROCCIO STRATEGICO, invece, riconosce come fondamento di una scelta di investimento l’esame della coerenza
dell’investimento con la collocazione strategica dell’azienda. Le tecniche che seguono questo approccio vengono definite
tecniche non finanziarie.
- L’APPROCCIO COMBINATO, che combina le caratteristiche dei primi due, è quello più recente. Esso considera come fattori
fondamentali per la valutazione degli investimenti sia la redditività che la coerenza strategica dell’investimento con la
missione dell’impresa. Esso pone enfasi sulle possibilità di adattamento del sistema all’ambiente esterno.

INDICATORI TRADIZIONALI DI VALUTAZIONE DEGLI INVESTIMENTI


- Periodo di ritorno (PAYBACK o PAY-OUT). E’ il tempo richiesto affinché tutti i flussi di cassa (ricavi meno costi, al
netto [senza] delle tasse e al lordo [con] degli ammortamenti) ripaghino, o almeno pareggino, l’esborso iniziale. Può indicare
il periodo durante il quale l’investimento rappresenta un pericolo.
𝐼𝑛𝑣𝑒𝑠𝑡𝑖𝑚𝑒𝑛𝑡𝑜 𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑎𝑙𝑒 𝑰
𝑷𝑹 = = con 𝑭𝑪𝑺𝑨 (𝑓𝑙𝑢𝑠𝑠𝑜 𝑑𝑖 𝑐𝑎𝑠𝑠𝑎 𝑠𝑒𝑛𝑧𝑎 𝑎𝑚𝑚𝑜𝑟𝑡𝑎𝑚𝑒𝑛𝑡𝑖) = 𝑹𝒊𝒄𝒂𝒗𝒊 − 𝑪𝒐𝒔𝒕𝒊
𝐹𝑙𝑢𝑠𝑠𝑜 𝑑𝑖 𝑐𝑎𝑠𝑠𝑎 𝑭𝑪𝑺𝑨

Dove i ricavi sono R = Q * P (quantità ricavata con questa tecnologia per il prezzo)
I costi C sono C = Costi Diretti + Costi indiretti

[(Es. Se considero quelli di un pullman, ho costi diretti come Autista + Manutenzione + Carburante + Casello autostradale e costi indiretti
Vigilanza deposito + costi biglietteria + costi di Assicurazione + Tasse + Costi occasionali (manutenzione straordinaria, multe e co)].

Non considerando anche l’ammortamento, ricalcolo i Flussi di cassa senza ammortamento (ciò che fa in modo che dopo io ho
tutti i soldi per ricomprare il pullman).

FCSA = Ricavi – (Costi diretti + Costi indiretti + Ammortamento)


Es. Compro un pullman di 120.000€ e ho dei costi senza ammortamento di 20.000€ e dei ricavi di 50.000€. Il Flusso di cassa
senza ammortamento è quindi 30.000€ Per cui, il Pay back è I/FC = cioè 4. Questo vuol dire che io in 4 anni ho recuperato tutti i
costi che ho effettuato, è il periodo in cui io almeno rientro nell’investimento, dopo di che ci saranno gli utili. Va quindi misurato
nel mercato, con la mia quota di mercato: nel calcolo di Q faccio la stima della quantità. Per questo, devo comunque considerare
che c’è un rischio. L’unica cosa certa è l’investimento, tutto il resto è stimato e devo approcciarmici con cautela.

VANTAGGI: E’ una tecnica semplice e immediata, fornendo velocemente un’idea del periodo che occorre per recuperare
l’investimento.

SVANTAGGI: Il Pay Back non attualizza i flussi di cassa, quindi confronta prezzi diversi. Con inflazione alta non lo posso usare,
ecco perché lo considero generalmente in breve periodo; o attualmente, perché sono in una condizione di bassa inflazione.
Inoltre, non considera tutti i flussi di cassa successivi (ovvero quello che comporta l’investimento dopo che ho ‘recuperato’ il
capitale dell’investimento stesso) e trascura il momento in cui si manifestano i flussi di cassa (ad esempio, a parità di periodo di
recupero/ritorno, sarebbe preferibile un investimento che concentri i flussi di cassa più alti negli anni iniziali).

- ROI (Return on investiment). E’ il tasso di remunerazione del capitale investito, detto anche tasso di rendimento
contabile, e misura il tasso di redditività.

𝐹𝑙𝑢𝑠𝑠𝑜 𝑑𝑖 𝑐𝑎𝑠𝑠𝑎 (𝑐𝑜𝑛 𝑎𝑚𝑚𝑜𝑟𝑡𝑎𝑚𝑒𝑛𝑡𝑜) 𝑭𝑪𝑨


𝑅𝑂𝐼 = =
𝐼𝑛𝑣𝑒𝑠𝑡𝑖𝑚𝑒𝑛𝑡𝑜 𝑰

Se considero l’esercizio di prima, con un ammortamento fatto in 10 anni, quindi pari a 12.000€. Quindi ora il Flusso di Cassa è
pari a 18.000€.

A questo punto calcolo un ROI (in centesimi) del 15%. Per effettuare l’investimento convenientemente, devo avere che ROI  r +
∆rischio. Il ∆rischio dipende dall’azienda, mentre r dipende dal mercato ma anche dalla strategia dell’azienda.

VANTAGGI: La tecnica del ROI è particolarmente semplice e consente di confrontare il rendimento dell’investimento proposto
con quello medio dell’azienda o con un parametro esterno (Si investe solo se il ROI supera quello medio aziendale o quello
medio di settore).

SVANTAGGI: 1. Risulta complicato definire il periodo da prendere in considerazione, 2. Non si tiene conto della vita utile del
progetto, 3. Se cambia la politica di ammortamento, cambia il risultato, 4. Non attualizza i flussi di cassa.

NB. Posso anche combinare ROI e PAYBACK.


𝐹𝐶𝑆𝐴 𝐴 1 𝐴 𝟏 𝑨
Considero infatti FCA = FCSA – A , cioè ROI = − = 𝑃𝑅 − 𝐼 E quindi ROI = − 𝑰
𝐼 𝐼 𝑷𝑹

A questo punto grafico:


Nb. Quando il periodo di recupero tende a zero, allora il ROI va all’infinito; quando il PR va
all’infinito, il ROI tende a -A/I asintoticamente. Se ROI = 0, Pr = I/A. Possiamo definire
quindi un’area di convenienza, in quanto il ROI deve essere più alto di un tasso di
interesse di mercato e del ROI aziendale e quindi maggiore del ROI di riferimento (per
recuperare il capitale investito e migliorare le prestazioni iniziali). Il Pay Back invece deve
essere inferiore al periodo di mercato. A questo punto ottengo il tratto della curva in cui
sono verificate entrambe le condizioni, e quindi una situazione favorevole per fare
investimenti.
LEZIONE 10.
La volta scorsa abbiamo visto la relazione tra il ROI e il PR, ovvero i due indicatori di investimento che però non attualizzano il
flusso di cassa. Possiamo anche utilizzare il ROI e il PR insieme:
Andiamo a distinguere 4 aree, ognuna delle quali ha rischi differenti, infatti se ci troviamo
nell’area A1, ovvero alto ROI e breve PR, avremo che più facilmente possiamo ritrovarci nella
parte della curva in cui conviene investire; se ci troviamo nell’area A2 abbiamo un ROI alto e
PR lungo e sarà difficile recuperare gli investimenti fatti, in questo caso il problema è capire
in che misura posso portare l’investimento più a sinistra, al fine di trovarmi nella zona A1, in
cui mi conviene investire; per farlo devo analizzare qual è la mia posizione di mercato e come
ampliare la mia quota di mercato. Se mi trovassi nell’area A3 allora in questo caso
probabilmente il tasso che mi viene offerto non è sufficientemente appetibile per le
performance aziendali o per il costo del denaro e quindi devo misurarlo con un aspetto
strategico. Nell’area A4 l’investimento non è conveniente.
Facciamo un esercizio su ROI e PR:

Abbiamo 2 investimenti che si trovano apparentemente nella stessa situazione, tuttavia i due investimenti non sono equivalenti,
poiché il secondo investimento si chiude in 4 anni, ma mi fa avvicinare più rapidamente agli utili. Con il primo investimento il
secondo anno ho ancora un'esposizione di 70000 euro, quindi, abbiamo lo stesso periodo di ritorno, ma diverse situazioni. Il PR
mi dice quanto è la vita dell'investimento e quindi valutare appunto se abbreviare o meno il periodo di recupero, è quindi uno
strumento di valutazione strategica, e non un mero indicare. L'unica certezza è la somma da spendere (l’investimento), il resto si
configurano come stime, quindi cose probabili e non sicure, ed è questo il motivo per cui il PR2 è estremamente più sicuro
avendo recuperato una parte significativa dell'investimento in tempi meno lunghi. Il PR è quindi una leva di ragionamento.
Adesso mi pongo il problema sul periodo, in particolare vado a definire la vita utile dell'investimento esempio 5 anni, significa
che dovrò rimuovere il 6 anno, e quindi avrò un profitto di 25000 euro a moneta ma fra 5 anni valore che va quindi attualizzato.

Il periodo di recupero mi dice in quanto tempo ritorna nelle mie mani un ammontare equivalente all'investimento fatto, ma non
ho ancora alcun profitto, se la vita utile del nostro investimento fosse di 4 anni entrambi gli investimenti non sono appetibili,
inoltre, dal punto di vista del ROI sono equivalenti, e, guardando il periodo di ritorno, individuo una differenza. Vedere la tabella
mi dice in che modo recupero se più o meno rapidamente, vanno sempre osservati i flussi di cassa in particolare se non sono
costanti. Un'ulteriore cosa da valutare è cosa succede dopo.

Un investimento genera un insieme di flussi finanziari in uscita (costi) e in entrata (ricavi e risparmi), distribuiti nel tempo. Per
valutare il valore dell’investimento uno dei metodi più semplici è infatti attualizzare tutti i flussi di cassa futuri: in questo modo
diventa possibile confrontare il totale delle entrate con il totale delle uscite. Eseguendo questa operazione si otterrà il Valore
Attualizzato Netto (VAN) generato da un investimento, che è dato dalla somma di tutti i flussi di cassa attualizzati, in entrata o
in uscita, associati all’investimento:

- Vediamo ora quindi un indicatore che invece va ad attualizzare i flussi di cassa: VAN o NVP (Valore Attualizzato
Netto/Net Present Value) Esso lega i profitti futuri attesi con il costo dell’investimento iniziale.
𝑽𝑨𝑵 = 𝑽𝑨 − 𝑰
𝐹𝐶𝑖
dove 𝑽𝑨 = 𝑣𝑎𝑙𝑜𝑟𝑒 𝑎𝑡𝑡𝑢𝑎𝑙𝑒 𝑖𝑛𝑣𝑒𝑠𝑡𝑖𝑚𝑒𝑛𝑡𝑜 = ∑ (1+𝑟) 𝑖 e FCi = Flussi di cassa dell’anno i e I=investimento richiesto.
𝐹𝐶
Quindi diremo che il 𝑉𝐴𝑁 = ∑ (1+𝑟𝑖 )𝑖 − 𝐼0

Il VAN è adatto al lungo periodo e rappresenta la ricchezza creata, in termini attualizzati, da un investimento. Può essere
utilizzato per confrontare progetti alternativi (scegliendo, a parità di ogni altra condizione, quello con il miglior valore di VAN)
Il metodo del VAN prende in considerazione due aspetti fondamentali per valutare e scegliere un investimento:
• ACCETTABILITÀ VAN > 0 ⇒ un investimento è accettabile se il VAN creato è maggiore o uguale a 0; cioè si accettano solo
investimenti che non riducono il valore del capitale investito, cioè che rendono almeno r. Un investimento con VAN
negativo infatti distrugge ricchezza.
• PREFERIBILITÀ se VAN1 > VAN2, è preferibile l’investimento; a parità di tasso di attualizzazione (r), un investimento è
preferito ad un altro se presenta un VAN maggiore (crea maggior ricchezza).
NB. Il VAN dipende ovviamente dal tasso del costo opportunità del capitale utilizzato (r). Più alto è il valore di r con cui valuto
l’investimento, minori saranno i valori attualizzati dei flussi futuri. Il VAN è quindi un indicatore sensibile al tasso di sconto e alle
sue variazioni (la scelta del valore del tasso di sconto r è fondamentale).

Un sistema che opera su lungo periodo si troverà in contesti (tecnologico o economico) che possono cambiare e quindi è
importante capire come l’investimento, che sto facendo, risponde a tali mutamenti. Immaginiamo di avere due pullman, aventi
caratteristiche molto simili, ma uno più performane dal punto di vista tecnico, l’altro più performante dal punto di vista dei
consumi di combustibile, in questo caso se il prezzo del combustibile si alza allora avremo che il primo pullman è avvantaggiato
rispetto al secondo.
Il VAN= f (FC, r, t, I), in cui l’unica cosa certa è l’investimento, mentre tutto il resto è incerto; con r intendiamo la mia scelta
strategica, ovvero se chiedo un prestito alla banca r corrisponde al tasso di interesse. Se invece l’impresa immettesse
nell’investimento soldi propri, r a cosa corrisponderà? Al ROE.
Il valore di r che mi fa avere un VAN=0 lo chiamo IRR (tasso interno di rendimento). Esso è
definito come quel tasso di sconto che rende uguali il valore attualizzato dei flussi di cassa
attesi a quelli dell’investimento iniziale e posso calcolarlo per tentativi. Innanzitutto, pongo
r=x e mi calcolo il VAN; poi vado a fare un test confrontando il VAN con 0. Se il VAN è uguale a
0 allora IRR=x; se il VAN>0 allora r=x+Δ; se il VAN<0 allora r=x-Δ.
Facciamo un esercizio:
Voglio calcolare il VAN, nel primo caso abbiamo che con un tasso di interesse è del 5% il VAN
è negativo, quindi non conviene investire; se però diminuiamo il tasso al 4% vediamo che il
VAN è positivo. Ci rendiamo subito conto quanto sia sensibile al variare del tasso di interesse
e possiamo dire che l’IRR è compreso tra il 4% e il 5%. A questo punto andiamo a tentativi
finché non otterremo che il VAN=0, in questo caso tale valore è il 4,277498%.

Possiamo quindi scrivere la relazione del VAN come:


𝐹𝐶𝑖
= ∑(1 + 𝑟)𝑖 = (1 + 𝑟)1 + (1 + 𝑟)2 + ⋯ + (1 + 𝑟)𝑛
𝐼0
Questa equazione ci ricorda quella per calcolare il valore di attualizzazione nella seconda lezione.
𝑅𝐺𝐶
Il ROI caratteristico è 𝑅𝑂𝐼𝐶 = , dove RGC è il ricavo della gestione caratteristica; mentre il ROI globale (o ROA) 𝑅𝑂𝐴 =
𝐴𝑠𝑠𝑒𝑡 𝑔𝑐
𝐸𝐵𝐼𝑇
, dove l’asset (è una media tra i due anni) del ROI è riferito alla gestione caratteristica. La differenza tra questi è che nel ROI
𝐴𝑠𝑠𝑒𝑡
abbiamo che vengono considerati nell’RCG tutti i ricavi e i costi della gestione caratteristica (non sono presenti i costi connessi
alla gestione finanziaria, fiscale, straordinaria), mentre nel ROA abbiamo che nell’EBIT vengono considerati tutti ricavi e tutti i
costi prima degli interessi e prima delle tasse, quindi la differenza sta nella voce 5 del conto economico, ovvero gli altri ricavi.
Inoltre, nel ROA è coinvolto tutto l’asset, nel ROI solo quello della gestione caratteristica, ovvero tutta la parte connessa alla
gestione finanziaria non ci deve essere.
𝑈𝑡𝑖𝑙𝑒
𝑃𝑒𝑟𝑑𝑖𝑡𝑎 𝑑′𝑒𝑠𝑒𝑟𝑐𝑖𝑧𝑖𝑜
Il 𝑅𝑂𝐸 = .
𝐶𝑎𝑝𝑖𝑡𝑎𝑙𝑒 𝑃𝑟𝑜𝑝𝑟𝑖𝑜
LEZIONE 11.
In un contesto in cui non vi è un vero e proprio studio nella valutazione del ritorno economico degli investimenti, quindi non
sempre sono prudente. Dobbiamo considerare quindi come pesare le diverse variabili che influenzano la scelta, che non sono
strettamente relative al ritorno economico.
Ad esempio, nella scelta di un’auto, prendo in considerazione la prestazione tecnica, la prestazione economica (come prezzo
iniziale o costi operativi di manutenzione), comodità (la guidabilità), l’estetica (sia interna che esterna, bella/brutta), il brand (sia
della casa che dell’auto).
Per ogni variabile dobbiamo definire il peso da associarle (in cui intrinsecamente vi è il soggetto con i suoi bisogni), il valore della
variabile (qui vi è l’oggetto). La valutazione è quindi data dal peso di ogni variabile per il rispettivo valore che essa assume.

Ora i problemi sono:


- Assegnare il peso
- Dare valore alle variabili (→ problema: la prestazione economica è una variabile cardinale, facile da misurare; l’estetica
invece no, non posso misurarlo ‘oggettivamente’, quindi anche nel valore dell’oggetto rientra il parere del soggetto →
sono variabili ordinarie, soggette a giudizio)

ASSEGNARE IL PESO in una valutazione MULTI-CRITERIA


APPROCCIO AHP, di THOMAS SAATY.
Supponiamo di avere tre salvadanai (a, B e C) con dei soldi. In A ho 200€, in B ho 800€, in C 1600€. Alla domanda: qual è
l’importanza, potrei determinarla in base al denaro che contengono (→ trovo dei pesi per le variabili). Sul totale (2600€), dico
che A pesa 1/13 (cioè 200/2600), B 4/13 e C 8/13.
Osservazione: cosa succede se tra A, B e C faccio un confronto a coppie? → Faccio una matrice di confronto a coppie.

A B C
A 1 1/4 1/8
B 4 1 1/2
C 8 2 1

Particolarità di questa matrice è che è RECIPROCA (nella parte triangolare inferiore vi è il reciproco della parte triangolare
superiore. Cioè aij=1/aji). Inoltre, le colonne (o le righe) prese a due a due sono proporzionali tra loro → la matrice è detta
CONSISTENTE. (cioè deve essere coerente con il pensiero di colui che esprime il giudizio).
Dato quindi l’insieme delle matrici quadrate di ordine N, un sottoinsieme di queste è dato dalle reciproche. Un sottoinsieme
delle reciproche è dato dalle consistenti. → Una matrice consistente è sempre reciproca. Una matrice reciproca non è sempre
consistente.
Le matrici consistenti presentano sempre Rango pari a uno, quindi il determinante è pari a 0 [DT(ABC)=0].
Se il determinante è uguali a zero, allora so che la matrice ha un unico autovalore diverso da zero e una delle colonne della
matrice mi rappresenta l’autovettore.

NB. Nel moltiplicare una matrice (A) per un vettore (v), ottengo un vettore deformato (v D) (o una
deformazione di allungamento e una di rotazione). A è l’operatore che trasforma il vettore (lo allunga e lo fa
ruotare).
1 2 2 4
Axv=| | x = = vD, vettore deformato →
3 2 1 8

Esistono però casi particolari. Quando A x v = λ v, ho λ che è un AUTOVALORE e v che è un AUTOVETTORE.


Esempio

1 5 5 10 5
Axv=| | x = =2x → A x v = 2v. →
1/5 1 1 2 1
In questo caso A allunga soltanto v, ma non lo fa ruotare → indica quindi le posizioni lungo cui la deformazione si presenta
lineare (non è solo proprietà della matrice, ma anche del vettore).

Se prendo una sfera perfettamente elastica e vi esercito una pressione ho due direzioni
dell’autovettore, ovvero due direzioni di solo allungamento (→ gli assi in figura)

Data una matrice A di ordine N essa


• ammette al più N autovalori ≠ 0
• la somma degli autovalori è uguale alla traccia della matrice [∑ λi = Tr (A)] [La TRACCIA DELLA MATRICE è la somma
dei valori presenti nella diagonale principale]. Quindi, data una matrice quadrata e reciproca di ordine N, la somma
risulta essere uguale alla dimensione della matrice.

A meno che la traccia della matrice non sia nulla, so che la matrice a rango 1 ha almeno un autovalore diverso da zero ed esso è
proprio uguale alla traccia della matrice (cioè nel caso in esame 3).

Calcolo gli autovalori, ponendo A x v = λ v


Cioè A x v – λv = 0
Quindi A x v – λI v = 0, dove I è la matrice Identità
Da cui (A – λI) v = 0 → D(A – λi) = 0 (Cioè il determinante della matrice dev’essere nullo→ risolvo e trovo le λ)

1 1/4 1/8 λ 1−λ 1/4 1/8


Nel nostro caso, faccio in questo modo. A – λi → 4 1 1/2 - λ = 4 1 − λ 1/2
8 2 1 λ 8 2 1−λ

Calcolo così il differenziale come → (1- λ) x [(1- λ)2 -1] – ¼ [4 (1- λ) -4] + 1/8 [ 8 – 8 (1 – λ)] =
(1 – λ)3 – 1 + λ + λ + λ =
1 – λ3 - 3 λ + 3 λ2 -1 + 3 λ =
- λ3 + 3 λ2 = 0

Arrivo così a λ2 (3 – λ ) = 0 e ottengo così gli autovalori λ1 = λ2 = 0 e λ1 = 3 → λMAX


Ciò soddisfa anche il fatto che la loro somma (3) deve essere pari alla traccia della matrice (1+1+1 = 3).
Ora, nel calcolo dell’autovettore scrivo (v1, v2 e v3 sono i tre versori che compongono l’autovettore) [considero ovviamente
l’autovalore più alto]: |→ A x v = λ v
1 1/4 1/8 𝑣1 𝑣1
4 1 1/2 x 𝑣2 = 3 𝑣2
8 2 1 𝑣3 𝑣3

𝑣1 1/4 𝑣2 1/8 𝑣3 3 𝑣1
E cioè 4 𝑣1 𝑣2 1/2 𝑣3 = 3 𝑣2
8 𝑣1 2 𝑣2 𝑣3 3 𝑣3

Ciò è vero se gli elementi sono a due a due uguali, ovvero se


1 1
v 1 + 4 v2 + 8 v3 = 3 v1
1
4 v 1 + v2 + 2 v3 = 3 v 2

8 v 1 + 2 v2 + v3 = 3 v2
Arrivo così, risolvendo queste equazioni, a calcolare i tre versori dell’autovalore:
1 1
v1 = 8 ; v2 = 2 ; v3 = 1

Ora ho scoperto che questa matrice ammette un solo autovalore diverso da zero e vale tre (e quindi è quello massimo) e
l’autovalore connesso a quello massimo vale (1, 1/2 e 1/8), che normalizzati ad uno (col minimo comune multiplo in modo che la
somma sia uguale a uno; ognuno fratto la somma dei valori), ottengo (8/13, 4/13 e 1/13) , ovvero i pesi che avevo calcolato
all’inizio.
Quindi posso determinare i pesi facendo il confronto a coppie, determinare la matrice e senza tutti i calcoli trovare autovalori e
autovettori.
LEZIONE 12.
*Nelle lezioni precedenti ci siamo posti il problema in cui non rientrano solo fattori economici – finanziari, nella valutazione di un investimento,
ma più di un criterio: Problemi multicriteria. Devo qui definire i pesi e i valori delle variabili. Il valore delle variabili può essere di tipo qualitativo
(l’auto è bella o brutta, comoda o meno) o quantitativo (il prezzo. Qui il soggetto non esprime un giudizio, quindi . E soprattutto, quando un
soggetto valuta un oggetto, lo fa sulla base dei suoi bisogni (dall’interazione soggetto/bisogni, nasce la percezione, ovvero la lente attraverso
cui vede l’oggetto). + Rifatta la lezione 11 riassunta*

Alla scelta tra Banane, Mele e Uva, potrei utilizzare una SCALA DI PREFERENZA (a cui associo un valore numerico):
- 9 – Decisamente preferita A rispetto a B
- 7 – Molta preferenza A r B
- 5 – Preferenza
- 3 – Leggera preferenza A r B
- 1 – Stessa preferenza A r B
- 1/3 – Leggermente meno A r B
- 1/5 – Preferisco meno A r B
- 1/7 – Preferisco molto meno A r B
- 1/9 – Decisamente meno A r B

Faccio qui quindi una matrice di confronto a coppie, con tali valori.
La matrice che esce è sicuramente reciproca, ma non è consistente, quindi non potrei applicare il metodo di ieri. A questo punto,
utilizzo lo stesso il metodo e poi calcolo l’errore.
Innanzitutto, calcolo l’autovalore, facendo la matrice – λ( matrice identità) = 0.
Trovo così un’equazione di secondo grado (con un termine noto che prima non c’era, che mi indica l’errore che sto considerando
→ più il termine è grande, più la matrice si allontana dalla consistenza). Posso farlo nel caso anche con MATLAB. In questo
modo, come ieri, calcolo le percentuali dei valori normalizzati a uno.
A questo punto nel nostro esempio, in una portata con frutta mista, associando un peso ad ogni scelta posso capire l’utente che
dà le preferenze cosa sceglierà.
In letteratura si utilizza un indice – detto CONSISTENT INDEX – per calcolare la consistenza di una matrice.
𝝀𝒎𝒂𝒙 − 𝑴
Esso sarà dato da C.I. = .
𝑴−𝟏
Con MN matrice di ordine N vale λ1, λ2, …, λN-1, λN = λMAX ; messi in ordine dal minore al maggiore.
E MNR (nel caso della matrice di ordine N reciproca), mi dice che λ1 + … . λN = N (cioè la somma degli autovalori è pari all’ordine
della matrice).

Quindi, posso scrivere λMAX – N = - (λ1, λ2, …, λN-1). E cioè l’indice di sopra si trasforma in questo modo:
𝛌𝟏,𝛌𝟐,…,𝛌𝐧−𝟏
C.I. = 𝜆𝑚𝑎𝑥 −𝑀
= e cioè il λ medio, escluso nel calcolo il λMAX.
𝑀−1 𝑴−𝟏
Cioè, se tutti i λ, tranne λMAX sono molto piccoli, allora lo possiamo accettare, poiché i valori λ sono poco significativi e quindi
posso prendere λMAX come rappresentativi del fenomeno.

LEZIONE 13.
Nell’effettuare operazioni di confronto a coppie in casi in cui non conosco precisamente i valori delle variabili (come nel caso
mela, banana, uva; in cui la matrice è reciproca, ma non è consistente), come ho chiarito la scorsa volta, sto facendo
un’approssimazione e devo rendermi conto dell’errore che sto commettendo. Se l’errore è piccolo, allora l’approssimazione è
accettabile e posso valutarlo nel calcolo dell’autovalore (mi uscirà un’equazione di secondo grado in cui il termine noto sarà
proprio l’errore), altrimenti non lo è.
Subentra così C.I., il quale, confrontato con un indicatore (RI), mi permette di dire il livello di approssimazione (voglio capire se
il λMAX è robusto o meno, se posso accontentarmi della valutazione fatta).
[Se noi, nella nostra matrice di confronto buttiamo valori casuali dalla scala (potrei aggiungere anche valori intermedi, come 2 o
1/4), sempre rispettando la reciprocità (2 con 1/2, 4 con 1/4 e così via), e mi calcolo il coefficiente CI (lo chiamo CI del primo
tentativo). Faccio la stessa cosa un’altra volta e calcolo CI dl 2° tentativo. Fatta ripetutamente, avrò una successione di CI. [CI 1, ….
CIN]
Dopodiché faccio la media ripetutamente, a un valore, a due valori e così via, in questo modo:
𝑥̅ 1= CI1
𝐂𝐈𝟏 + 𝐂𝐈𝟐
𝑥̅ 2 =
𝟐
𝐂𝐈𝟏 + 𝐂𝐈𝟐 + 𝐂𝐈𝟑
𝑥̅ 3 =
𝟑
….
∑ 𝑪𝑰 𝒊
𝑥̅ N =
𝑵
Man mano, mi ricordo che esiste la Legge Dei Grandi Numeri (Teorema Di Bernullì) per cui, data una successione di variabili
casuali, se faccio il limite per N →  della probabilità che la differenza dei valori medi meno la media su tutto l’universo sia
maggiore di un sigma piccolo quanto voglio, è uguale a zero.

Cioè, 𝐥𝐢𝐦 𝑷 (|𝒙


̅𝑵 − 𝝁| > 𝝈) = 𝟎
𝑵→∞

Cioè il limite all’infinito che tale differenza sia < di 𝝈 è pari a uno → 𝐥𝐢𝐦 𝑷 (|𝒙
̅𝑵 − 𝝁| < 𝝈) = 𝟏
𝑵→∞
Cioè l’ultima media tenderà ad essere pari a un valore 𝝁.
Esempio su excel in cui inserisco le altezze di 30 persone, faccio per ognuno la media del valore e dei suoi
precedenti. Alla fine noto che la media si stabilizza intorno ad un certo valore (il mio 𝜇 ).

Ciò equivale a dire che se scelto tutti valori random, quindi casuali, la media mi da un indicatore medio random (RANDOM
INDEX), che uso come indicatore per confrontare CI.
Su una matrice 3x3 convergerò a un valore di 0,52; su una di ordine 4 verso 0,89; per una matrice di ordine 5 è 1,11; per una
matrice di ordine 6 è 1,25 e così via.
Se ricordo, λMAX di ieri era 3,457. Quindi, il coefficiente di consistenza della matrice era:
𝝀𝒎𝒂𝒙 − 𝑴 𝟑,𝟒𝟓𝟕 − 𝟑 𝟎,𝟒𝟓𝟕
C.I. = = = = 0,228
𝑴−𝟏 𝟐 𝟐
A questo punto ho l’indice di consistenza e faccio il rapporto con l’indicatore medio random associato a tale matrice (RR in realtà
è CR=Consistent Rate)
𝐶𝐼 0,228
Il CONSISTENT RATE sarà CR = = x 100 = 43%
𝑅𝐼 0,52

Che mi dice che l’errore che commetto è il 43 % ed è grave. In un fenomeno sociale, un errore del 10% è accettabile, un errore
(o rumore che faccio nella valutazione) del 43% è troppo alto.
Ma come mai quella matrice esprime un valore coì elevato? Perché la ragazza delle mele e
B M Ubanane ha espresso un giudizio un po’ troppo affrettato (leggo dalla riga alla colonna). Ella
infatti ha appiattito il giudizio: infatti se considero i risultati di ogni colonna mi rendo contro
B 1 1/7 1/9 che sono diversi: nella prima metto quasi sullo stesso piano uva e mela (7 e 9) e a grande
distanza la banana (1), nell’ultima invece uva e mela sono molto lontane tra loro (1 e 1/9),
M 7 1 1/9 mentre la mela risulta essere al pari della banana (1/9).

U 9 9 1 → Ciò ci dice che facendo queste matrici devo prima formare il soggetto, poiché egli deve
ponderare le proprie scelte con cognizione di causa.
Lo stesso calcolo posso farlo mediante Matlab.

Nb. Quando la matrice è più grande, piccoli rumori vengono assorbiti dalla matrice, ma c’è maggiore difficoltà a costruire matrici
coerenti.
Esempio di utilità per un gestionale.
Se devo rifornire il mio magazzino come faccio a scegliere i fornitori ?
Una volta introdotto un modello di valutazione se dico che è trasparente dico anche ai miei fornitori quali sono le variabili che mi
servono e ciò serve ai fornitori per migliorarsi e a me per scegliere i fornitori.

Esempio universitario.
Es : Docente, sulla base di quali criteri lo valuto :
1. Chiarezza
2. Empatia
3. Coinvolgimento
4. Materiale Didattico
5. Disponibilità
6. Presenza
7. Puntualità
8. Coerenza ( in termini di valutazione all’esame )

Devo strutturare la matrice dando un’articolazione gerarchica, ad esempio chiarezza, coinvolgimento empatia riguardano il modo di
stare in aula. Presenza coerenza ecc. i comportamenti.
Non può esistere un unico modello di valutazione fatto così.
Dobbiamo prima strutturare la tipologia dello studente (ogni studente avrà un modo diverso di interpretare e dare un giudizio [es chi
segue e chi non segue valuterà il coinvolgimento o la puntualità in modo diverso]) , in base alla tipologia interpretare i criteri.
LEZIONE 14.
Dall’approccio universitario della lezione precedente: Se chiedessi un parere sulle singole variabili, appiattirei verso l’alto le
preferenze (sono tutte importanti). Il confronto a coppie permette di essere più sensibile alle sfumature tra le variabili.
L’approccio riesce a distinguere l’importanza relativa e non appiattire (verso l’alto o il basso) il giudizio, l’AHP (Analytic
Hierarchy Process) fa esplodere i differenziali. In questo modo ho un giudizio che non sarà sintetico, ma mi permette di
determinare come ho costruito il giudizio: passo da una visione sintetica ad una razionale. Così da poter intervenire non solo ex
post, ma anche ex ante o in itinere (info su come il docente può migliorare le sue prestazioni).
Infatti, questo è uno strumento di marketing (funzione che fa produrre all’azienda quello che si vende sul mercato: deve dare le
specifiche di progetto, non la funzione che fa vendere il prodotto). Es. Per un auto, non serve a scegliere a chi la va a comprare
l’auto, serve all’azienda che deve produrre l’auto.

Quindi, nella costruzione di un MODELLO DI VALUTAZIONE, interconnessione di aspetto oggettivo e soggettivo, ho vari steps:
1. Individuare i criteri di valutazione: cioè capire quali sono le variabili che vengono considerate.

2. Definire una gerarchia di tali criteri: capire se i criteri sono tutti sullo stesso livello o posso
aggregarli (raggrupparli). (es. Velocità e Potenza sono prestazioni Tecniche; il costo del prodotto
e quello operativo sono prestazioni economiche). Ciò permette una migliore gestione del
processo (è ‘facile’ gestire una matrice 3x3 o 4x4, ma difficile per una 10x10).
3. Individuare l’importanza relativa (cioè i pesi/le priorità) dei criteri in relazione ai bisogni o
alle necessità del valutatore (o della valutazione). Qui associo dei pesi (è più importante la
prestazione tecnica o economica. È più importante la velocità o la potenza).
Fin qui sto decidendo come si valuta un docente in astratto, un qualsiasi docente, non uno in
particolare.

4. Dare valore ai criteri in relazione all’oggetto della valutazione. E’ solo qui che subentra
l’oggetto, fin qui avevo solo il concetto e i bisogni del soggetto (ad esempio la macchina
panda). Metto quindi i valori→
Faccio poi la somma (la prestazione tecnica è data dalla somma di potenza e velocità) →
Sulla valutazione finale, la Prestazione Tecnica peserà w1, di cui una componente w11 sarà
data dalla Velocità e una componente w12 sarà data dalla Potenza.

5. Aggregare i pesi e i valori delle variabili, per avere gli Indici e l’Indice Sintetico (cioè il valore finale della valutazione).

Nell’esempio dell’approccio universitario, divido le variabili in ‘classi’:


➢ Didattica Frontale
• Chiarezza
• Empatia
• Coinvolgimento
➢ Supporto Didattica
• Materiale Didattico
• Disponibilità
➢ Comportamento
• Disponibilità
• Presenza
• Puntualità
• Coerenza (in termini di valutazione all’esame)

Nb. La variabile Disponibilità è in due classi diverse: il sistema non soffre di questa cosa, va bene.

Adesso vado a valutare sulla base di queste tre classi:

Sotto di tali classi, che chiamo ad esempio attributi, ho i criteri:

A questo punto ho costruito la mia struttura gerarchica, dove il docente NON C’È.
Adesso devo dare dei pesi (sempre sulla base del bisogno del soggetto, senza considerare l’oggetto). Ad esempio, se seguo per
me la didattica frontale ha un peso alto, ma se non seguo, per me il supporto alla didattica è fondamentale. Studenti diversi
quindi metteranno pesi diversi qui.

A questo punto, per determinare i pesi, uso il confronto a coppie del metodo AHP che abbiamo fatto finora: Costruisco quindi
una matrice 3x3 (per gli attributi) e altre tre matrici per i singoli attributi e calcolo dei pesi per ogni attributo (Nb. Ovviamente la
loro somma deve essere uno!).
Faccio la prima matrice degli attributi, con la stessa scala di valori considerata in precedenza (da 1/9 a 9):
La cosa più semplice è dare un ordine agli attributi e poi faccio il confronto a coppie. Mi trovo
DF CO SD una matrice che non è consistente (→ determino il λMAX e vedo se è abbastanza robusto da
poter accettare tale matrice. NB. Lo faccio con MATLAB).
DF 1 5 3
Ho qui che λMAX = 3,0385 e
CO 1/5 1 1/3 v1 = 0,9161
V2 = 0,1506
SD 1/3 3 1 V3 = 0,3715.

A questo punto, prima di normalizzarli, vado a vedere com’è l’indice di consistenza →


𝝀𝒎𝒂𝒙 − 𝑴 𝟑,𝟎𝟑𝟖𝟓 − 𝟑 𝟎,𝟎𝟑𝟖𝟓
C.I. = = = = 0,0194
𝑴−𝟏 𝟐 𝟐

A questo punto, io so che il Random Index (essendo una matrice 3x3) è 0,52.
𝐶𝐼 0,0194
Calcolo quindi CR → CR = = = 0,037 = 3,7%
𝑅𝐼 0,52

Quindi il rumore, ciò che mi spiega il caso, è solo 3,7%.


Quindi posso considerare la matrice prossima alla
consistenza. A questo punto trovo i pesi normalizzando
ad uno gli autovalori (→ NB. Approssimo perché la
somma deve essere uno per forza).
w1 = 0,636 → 0,64
w2 = 0,104 → 0,10
w3 = 0,253 → 0,26

NB. Ovviamente, come già detto, questi pesi rappresentano ‘’l’area della docenza’’, non il ‘’singolo docente’’.

NB. Quando la matrice è consistente, o comunque molto vicina alla consistenza, allora la media geometrica mi da i pesi. E’ un
metodo approssimato che posso usare solo se sono molto vicino
alla consistenza.
Qui infatti se facessi la media geometrica delle righe (e poi la
normalizzazione ad uno), troverei esattamente i pesi che ho
inserito.
CH EM CO Ora, per ogni attributo devo fare la stessa valutazione con lo stesso criterio per determinare i
pesi di chiarezza, empatia e coinvolgimento. Anche qui faccio il confronto a coppie e
CH 1 7 5
determino λMAX e gli autovettori → λMAX =3.0649. e
v1 = 0,963
EM 1/7 1 1/3
V2 = 0,107
V3 = 0,248
CO 1/5 3 1

A questo punto, calcolo l’indice di consistenza →


𝝀𝒎𝒂𝒙 − 𝑴 𝟑,𝟎𝟔𝟒𝟗 − 𝟑 𝟎,𝟎𝟖𝟒𝟗
C.I. = = = = 0,03245
𝑴−𝟏 𝟐 𝟐

E il Random Index (essendo una matrice 3x3) è 0,52.


𝐶𝐼 0,03245
Calcolo quindi CR → CR = = = 0,0624 = 6,2%
𝑅𝐼 0,52

A questo punto posso dire che i tre autovettori erano significativi. Posso quindi normalizzare
a uno gli autovalori e approssimarli affinché la loro somma sia uno.
v1 = 0,963 → w1 = 0,73
V2 = 0,107 → w2 = 0,08
V3 = 0,248 → w3 = 0,19

Faccio la stessa cosa per gli altri due attributi (altre due matrici).
Es. Supporto alla didattica:

DI M λMAX =2
w1 = 0,25
DI 1 7 w2 = 0,75

M 1/7 1 → Tale matrice è chiaramente consistente. La matrice 2x2 mi permette di


trovare i pesi in modo molto semplice.

Ragionando così, le due variabili che pesano di più sono Chiarezza espositiva e Materiale didattico (insieme fanno più del 64%).
Capisco così le variabili significative su cui intervenire in seguito.

LEZIONE 15.
*dalla lezione precedente, ho detto che i pesi hanno significato poiché la matrice è vicina alla consistenza (infatti il CR è 3,7%, quindi io circa al
96% sto ‘beccando’ il fenomeno)*.

Ora voglio confrontare le due matrici (quella fatta per i professori e quella fatta per le banane)

DF CO SD B M U
DF 1 5 3 B 1 1/7 1/9

CO 1/5 1 1/3 M 7 1 1/9

SD 1/3 3 1 U 9 9 1

Le due matrici presentavano CR = 3,4% e CR = 43%. Dalla teoria, so che una MATRICE CONSISTENTE ha le colonne tra loro
proporzionali (CR = 0%). Cosa vuol dire questo graficamente? Visto che le colonne sono tra loro proporzionali, se andassi a
graficarle (qui tecnicamente in 3D, ma posso fare anche la prova in 2D) avrei che esse rappresentano vettori con la stessa
direzione, ma diverso modulo.
Quando invece LA MATRICE NON È CONSISTENTE, ma può essere approssimabile ad una matrice consistente, i vettori non sono
sulla stessa retta, ma si stanno muovendo verso un percorso ‘’comune’’, non ho un punto di arrivo, ma un’area di arrivo (un
ventaglio di direzioni). Posso prendere per buona tale matrice, perché lo scostamento non mi cambia molto [→ Nel calcolo del
peso, se l’ho calcolato del 20%, con un CR del 4%, vuol dire che il peso reale è tra 18% e 22% (dove 4% è il totale dello
scostamento, cioè 22-18)]
Quando invece LA MATRICE È LONTANA DALLA CONSISTENZA, noto che i vettori hanno una direzione totalmente diversa (l’area
di arrivo qui è estesa al punto tale da non essere accettabile). Non posso considerare buona tale matrice, perché qui mi cambia
molto [→ Nel calcolo del peso, se l’ho considerato del 30% con un CR del 43%, allora il peso può valere 9% o 52%, il che non è
accettabile.]

Quindi, il concetto di consistenza posso legarlo ad un significato fisico:


E’ come se partissi da Napoli per arrivare a New York. Se la matrice è consistente,
io arrivo proprio a New York; se la matrice è vicina alla consistenza, io arrivo nei
dintorni di New York; se la matrice è lontana dalla consistenza, io arrivo in un
posto qualsiasi dell’America del Nord.

NB. Ovviamente poi le valutazioni (e quindi il modello che costruisco per valutare) è diverso dal soggetto che valuta. Infatti,
nell’esempio della valutazione sui docenti, dopo che più persone hanno fatto il proprio modello, noteremo che i pesi saranno
diversi da soggetto a soggetto (quindi, per lo stesso docente due persone daranno valori diversi). Le diverse valutazioni poi
potranno essere più o meno simili (posso avere un comportamento ‘dominante’ per coloro che nell’ordine preferiscono DF, CO e
SD).
Ciò va ad influenzare il marketing dell’oggetto che vado a valutare (i comportamenti dominanti o meno mi identificano i
segmenti di mercato e le valutazioni i loro bisogni).

Facciamo un altro esempio. Voglio valutare 4 città (Milano, Roma, Napoli e Firenze) e trovare ‘’la migliore’’.

PRIMO STEP: Individuo i criteri di valutazione (qui li ho raggruppati per colore, al fine di leggerli in modo più chiaro)
• Inquinamento
• Qualità della vita
• Vivibilità
• Bellezza città
• Servizi
• Lavoro
• Cucina
• Sicurezza
• Tasso demografico
• Meteo
• Efficienza
• Costo della vita
• Mobilità
• Infrastruttura
• Teatro/musei
• Eco-sostenibilità

SECONDO STEP: Definisco la gerarchia (generalmente non utilizzerei più di 5 attributi)


NB. Non è detto che devo avere solo uno o due livelli, potrei averne quante ne voglio, a seconda del grado di dettaglio che
scelgo per i criteri.
Per l’esercizio presente, per semplicità di analisi, ci siamo soffermati solo al primo livello.
TERZO STEP: Individuare i pesi.
Determino quindi innanzitutto con MATLAB il λMAX e calcolo poi L’indice Di
SE AM LAV CV Consistenza e il Random Index.
SE 1 1/5 3 7 λMAX = 4,0258

AM 5 1 7 9 C.I. =
𝝀𝒎𝒂𝒙 − 𝑴
𝑴−𝟏
=
𝟒,𝟎𝟐𝟓𝟖 − 𝟒
𝟑
=
𝟎,𝟐𝟓𝟔
𝟑
= 0,0686
LAV 1/3 1/7 1 3
CR = 𝑹𝑰 =
𝑪𝑰 𝟎,𝟎𝟔𝟖𝟔
= 0,077 = 7,7%
𝟎,𝟖𝟗
CV 1/7 1/9 1/3 1
→ Quindi il rumore è solo il 7,7%, sono sotto la soglia del 10% e posso per questo considerare la matrice prossima alla
consistenza. A questo punto normalizzo ad uno gli autovalori e trovo i pesi.
v1 = 0,3117 → w1 = 0,22
V2 = 0,9393 → w2 = 0,65
V3 = 0,1304 → w3 = 0,09
V4 = 0,0600 → w4 = 0,04

QUARTO STEP: Valorizzazione degli attributi.


Avendo scelto 4 città, posso farli in maniera comparata: cioè trovo i valori di ogni città rispetto ai quattro aspetti che ho
considerato e lo faccio col metodo AHP. Ad esempio, la prima variabile sono i servizi, quindi confronto rispetto ai servizi le 4 città
(faccio una matrice 4x4).
Come al solito quindi determino innanzitutto λMAX con MATLAB e poi calcolo i due indici che mi interessano.

Mil Rom Nap Fir λMAX = 4,0735


𝝀𝒎𝒂𝒙 − 𝑴 𝟒,𝟎𝟕𝟑𝟓 − 𝟒 𝟎,𝟎𝟕𝟑𝟓
Mil 1 5 7 5 C.I. = 𝑴−𝟏
= 𝟑
= 𝟑
= 0,0245
𝑪𝑰 𝟎,𝟎𝟐𝟒𝟓
Rom 1/5 1 3 1 CR = 𝑹𝑰 = 𝟎,𝟖𝟗
= 0,0275 = 2,8%
Nap 1/7 1/3 1 1/3 Anche in questo caso la matrice può essere considerata prossima alla
consistenza.
Fir 1/5 1 3 1
A questo punto normalizzo ad uno gli autovalori e trovo i pesi.
v1 = 0,9434 → w1 = 0,635
V2 = 0,2251 → w2 = 0,151
V3 = 0,0927 → w3 = 0,062
V4 = 0,2251 → w4 = 0,151

QUINTO STEP: Aggregare i pesi.


A questo punto, scrivendo quanto ‘vale’ ogni città, mi costruisco una tabella per ogni attributo, in questo modo:
MILANO ROMA NAPOLI FIRENZE
SERVIZI 63,5 15,1 6,2 15,1
AMBIENTE
LAVORO
COSTO della VITA
Dopo che l’ho fatto per tutte e quattro le città, posso aggregarli per i pesi. Cioè, praticamente faccio il valore che ho appena
messo in tabella, moltiplicato per il peso corrispondente calcolato all’inizio ( ad esempio qui 63,5 [peso dei servizi su
Milano]*0,22 [peso dei servizi su una qualunque città] + 0.65 *… e trovo quanto vale Milano). La stessa cosa la faccio per ogni
città e ottengo la valutazione per ogni città.

LEZIONE 16.
*dall’esercizio della settimana precedente: PROBLEMA DELL’AHP. Se tolgo una città e/o ne aggiungo un’altra, devo ripetere
tutto da capo (tranne i pesi, ma il confronto a coppie lo devo rifare).
Ovviamente, non esiste una città migliore rispetto alle altre: è migliore rispetto a dei gusti. I giudizi sono quindi i risultati della
nostra esperienza (→ la soggettività vede la sua massima espressione qui).
Questi AHP sono indicatori relativi (infatti la somma tra i valori finali delle città fa
sempre 100).
Se ci fossero più livelli, ragiono sui pesi dell’ultimo livello e poi moltiplico per il peso
di quello precedente.
Ad esempio, se avessi un livello sotto i servizi (con T e So), mi dovrei comportare in
questo modo:
Innanzittutto trovo i valori di Milano secondo entrambi gli attributi T e So e ottengo
x1 e x2.
A questo punto li moltiplico per i pesi che tali attributi hanno nel mio modello di
valutazione (cioè α11 e α12).
Sommo i valori che ottengo e li moltiplico per il peso dell’attributo di livello
precedente (ovvero, α1).
Il problema non è avere una gerarchia lunga, il problema è quando hai più di 5/6
città. Devo passare da un confronto relativo ad assoluto (→ quello della LOGICA FUZZY).
In generale, l’AHP, è sia uno strumento di apprendimento (poiché mi costringe a riflettere), sia uno strumento gestionale → mi
dice ad esempio quali sono i fornitori su cui posso puntare, cosa chiedere loro di migliorare e i fornitori possono sapere su cosa
lavorare per migliorare la loro posizione nella fornitura.

NB. Non serve necessariamente a dare ‘l’ordine’ (quello posso farlo anche senza il modello), ma a calcolare la distanza tra gli
oggetti valutati. Tali distanze sono significative solo se le matrici che ottengo sono consistenti.

Se voglio costruire un indicatore assoluto, che ci permette di valutare n città, ci viene in mente che tutte le variabili finora sono
qualitative. Introduciamo per questo la LOGICA FUZZY.

La logica Fuzzy viene introdotta da un matematico americano di origine persiana, LOFTI ZADEH. Egli decide di costruire una
teoria degli insiemi che superi la logica degli insiemi tradizionali (che si basa su 3 principi introdotti da Aristotele [vedi nota alla
fine]) ovvero sostanzialmente che:

a →∈A
→ ∉ A → a ∈ AC

Partiamo quindi da un’osservazione: immaginiamo di dover definire l’insieme delle persone alte. Con la teoria degli insiemi devo
fissare una soglia (es 180 cm) e tutti quelli che la superano entrano nell’insieme degli altri. Ad esempio, ciò vuol dire che una
persona alta 180,1 cm sarà alta e una persona alta 179,9 cm sarà non alta → in realtà tra 179,9 cm e 180,1 cm c’è una differenza
così piccola che sembra una contraddizione dividerli (questo è L’EFFETTO SOGLIA, il problema di quelli che stanno molto vicini
alla soglia).
Per ovviare a questa cosa, diciamo che nel caso tradizionale il concetto di appartenenza vale UNO o vale ZERO se sono dentro o
fuori l’insieme (su o sotto la soglia).

Se invece di avere 0/1 avessi una funzione di appartenenza da 0 a 1 → ∈ → μ = [0,1]


A questo punto potrei ragionare diversamente. Ad esempio, potrei dire: oltre un 180 cm sono
tutti alti, fino a 150 sono tutti non alti (il range si sceglie sulla base dell’esperienza). Tra 150 e
180 hanno un’appartenenza variabile. Quindi
μ = 0 se ≤ 150
= 1 se  180
𝑥 − 150
= 180 − 150 se x ∈ [150, 180]

In questo modo io ho sfumato l’insieme: ho un’appartenenza parziale, con diverse gradazioni di


appartenenza [es. diverse sfumature di grigio (1 nero, 0 bianco)].
Ciò perché il mondo è fatto di diverse gradazioni di grigio, non è tutto bianco e nero. Qui un elemento
può stare dentro, può stare fuori o può stare nella parte intermedia (zona grigia).
Dobbiamo quindi scardinare i tre principi, grazie a tale logica.
Nel costruire un insieme, secondo l’approccio tradizionale diremmo che A = (a1, a2, …, an)
[lo indico anche come A={ai | godono della proprietà X}.]
L’insieme Fuzzy invece ci dà il grado di appartenenza. Cioè Ã = { μ1|a1, μ2|a2, … , μN|aN}
Es. Considero 6 persone:
G = 185
M = 180
R = 170
P = 160
L = 150
C = 140

Secondo l’approccio tradizionale, ho A = {G, M} e AC = {R, P, L, C}. E quindi A ∩ AC = Ø


Secondo la logica Fuzzy, ho A = {1|G, 1|M, 0,67|R, 0,33|P, 0|L, 0|C}.
(Insieme all’elemento devo dare anche il grado di appartenenza)
In questo caso, AC = {0|G, 0|M, 0,33|R, 0,67|P, 1|L, 1|C}.
Se faccio l’intersezione (prendo il minimo dei gradi di appartenenza), avrò
A ∩ AC = {0|G, 0|M, 0,33|R, 0,33|P, 0|L, 0|C}.
➔ Ho scardinato così il secondo principio

Se vado a fare l’unione, nell’approccio tradizionale (prendo il valore massimo) ottengo tutti, l’intero universo di osservazione. A
U AC = U
Nella logica Fuzzy invece, ottengo A U AC = {1|G, 1|M, 0,67|R, 0,67|P, 1|L, 1|C}. Qui C appartiene perché è bassa, G perché è
alto. R e P appartengono perché sono abbastanza alti o abbastanza bassi.
Quindi l’unione non mi dà l’intero universo!!
NB. L’accademia è la scuola fondata da Platone. Alla morte di Platone, Aristotele è convinto di ‘ereditarla’, ma Aristotele non diventa direttore
della scuola (non vince le elezioni, contro uno dei nipoti di Platone). Aristotele è un uomo potente, legato ad una famiglia importante → la
famiglia Macedone (lui è il precettore di Alessandro Magno). Grazie a questo, lui fonda una nuova scuola, il liceo. Aristotele decide di cambiare
la struttura: mentre l’Accademia ha membri che studiano tutto, nel liceo lui crea le specializzazioni (tutti erano filosofi, ma tutti si
specializzavano in delle scienze; lui tenne per se le scienze naturali). Aveva bisogno di un metodo per studiare le scienze naturali e introdusse
degli aspetti fondamentali, oltre al sillogismo, 3 criteri di indagine (che porteranno poi al metodo scientifico di Galileo Galilei), alla base della
teoria degli insiemi:

1. PRINCIPIO DI IDENTITÀ
Tale principio ci dice che ogni elemento è uguale a sé stesso. Anche su un solo elemento posso definire caratteristiche e quindi
un insieme.
→ Anche un solo elemento può costruire un insieme.

2. PRINCIPIO DI NON CONTRADDIZIONE


Non è possibile, sotto lo stesso prospetto, che un elemento/una cosa sia A e la negazione di A. Es. Supponiamo che una persona,
dal pov altezza, non può essere alta e anche non alta. Un animale non può essere sia un leone sia un non leone.
→ Dato l’insieme A e il suo complemento (negazione di A, che chiamo AC), un elemento non può appartenere all’insieme e al
suo complemento, cioè A ∩ AC = Ø

3. PRINCIPIO DEL TERZO ESCLUSO


Una cosa/un elemento o è A o è la sua negazione; non è possibile una terza possibilità. Un elemento o appartiene all’insieme o
non appartiene, non esiste una terza scelta.
→ L’unione di A e AC è uguale a tutto l’universo. A U AC = U

LEZIONE 17.
La logica Fuzzy si propone di scardinare il secondo e il terzo principio dell’insiemistica tradizionale (l’insieme CRISP → Dalla CRISP
SET THEORY).
Dato un insieme fuzzy (Della FUZZY SET THEORY) caratterizzato dagli elementi (chiamati anche supporto dell’insieme) e dal loro
grado di appartenenza:
à = { μ1|x1, μ2|x2, … , μN|xN}, con le varie μi che sono i diversi gradi di appartenenza.
Il suo complemento sarà uguale a ÃC = { 1|x1, 2|x2, … , N|xN} con i = 1- μi. → operatore NOT
Quando andiamo a fare l’intersezione tra A e il suo complemento, ottengo:
à ∩ ÃC = { α1|x1 | αi = min(i , μi) → OPERATORE AND → Quindi un elemento appartiene sia ad A che alla sua negazione
(L’intersezione non è l’insieme vuoto) →SCARDINO IL SECONDO PRINCIPIO
L’unione → Ã U ÃC = { 1|x1 | i = max(i , μi) OPERATORE OR → A questo punto, l’unione è un po’ meno dell’intero universo,
poiché gli elementi hanno grado di appartenenza variabile → SCARDINO IL TERZO PRINCIPIO

NB. Le varie operazioni non vengono fatte davvero sugli elementi, ma sul loro grado di appartenenza. *
Introduciamo un numero Fuzzy, ovvero un insieme fuzzy normalizzato, definito su un insieme di numeri reali. Il numero fuzzy è
un insieme fuzzy che utilizzo per esprimere un giudizio. Quando esprimo un giudizio, vi è una sfumatura in tale giudizio (se metto
25, potrebbe essere 24 o 26). Essi vengono quindi rappresentati con numeri triangolari o trapezoidale.
I due numeri hanno questo tipo di rappresentazione:
(a, b, c)
(a, b1, b2, c)
NB. I triangoli e i trapezi non devono per forza essere isosceli.
Nb2. Un numero triangolare non è altro che un numero trapezoidale in cui b1 e
b2 degenerano l’uno sull’altro.

Es. Nell’insieme Crisp abbiamo i numeri reali ‘esatti’ (es. 1, 2, 3, 4, 5, ….). Considero il numero 4, qui un quattro esatto. L’insieme
dei valori compresi tra 3 e 5 sono l’insieme dei numeri prossimi a 4, ma con diversi gradi di appartenenza , qui un prossimo a
quattro. Devo costruire la funzione di appartenenza e lo faccio in modo triangolare o trapezoidale.
Triangolare. Numero prossimo a 5 viene rappresentato da una stringa di 3 valori.
Prossimo 5 = (4, 5, 6).
Esatto cinque nella logica fuzzy è un triangolo in cui i due lati degenerano su 5
Esatto 5 = (5, 5, 5).
La logica fuzzy si muove con delle euristiche decisionali.

Es. Facciamo la somma di un numero.

Esatto 3 e esatto 4 danno esatto 7. → sommo gli omologhi


Se devo sommare poi prossimo 4 e esatto 3, ottengo
Prossimo 4 = (3, 4, 5) + 3 esatto = (3, 3, 3) = (6, 7, 8) = Prossimo a 7

Che rappresento come →

Se invece sommo due numeri approssimati, es.


(3, 4, 5) + (1, 2, 3) = P4 + P2
Ottengo così: (3, 4, 5) + (1, 2, 3) = (4, 6, 8)

La somma quindi di un prossimo a 4 e di un prossimo a 2 è un qualcosa di ancora più sfocato, un ‘’intorno’’ a sei, ottengo
un’incertezza sempre più ampia.

Facciamo ora un prodotto tra un numero FUZZY e uno CRISP.


(3, 4, 5) * (2, 2, 2) = (6, 8, 10)
Se quindi prossimo a 4 per esatto due da un valore, esso deve essere uguale anche a prossimo 4 più prossimo 4.
(3, 4, 5) + (3, 4, 5) = (6, 8, 10)
Quindi il prodotto di un numero sfocato per un numero certo aumenta il livello di incertezza.

Cosa succede invece se moltiplico due numeri fuzzy?


(3, 4, 5) * (2, 3, 4) = (6, 12, 20)

Succede che il numero che ottengo è pesantemente sfumato, in cui l’incertezza è esplosa.
Ecco perché nella logica fuzzy si lavora con operatori (not, or e and) ed euristiche decisionali e non con operazioni classiche.

PROBLEMA: Bisogna definire la paga oraria dei dipendenti. Supponiamo che l’impresa cerchi di contenerla e il sindacato cerchi
di alzarla → Sono in una situazione di incertezza. Mi chiedo: rispetto alle attese dei due lati, qual è la condizione più
soddisfacente per entrambi?
Per l’impresa sopra i 20 euro è troppa, sui 10 euro è buona. Per il sindacato sotto i 10 è inaccettabile e sopra i 30 è ottima.
Usiamo qui numeri trapezoidali →
Dal pov aziendale

➔ Cioè (0, 0, 10, 20)

Per il sindacato invece

➔ (10, 20, 30, 30)

La paga deve soddisfare entrambi, quindi utilizzando l’operatore AND faccio l’intersezione dei due insiemi, ottenendo il numero
fuzzy

I = (0, 0, 10, 20)


S = (10, 20, 30, 30)

La soluzione più soffisfacente è quella col più alto gradi di appartenenza, cioè 15.
Ciò può essere fatto anche facendo la MEDIA tra i due comportamenti (come per le altre operazioni, faccio la media degli omologhi).
I = (0, 0, 10, 20)

S = (10, 20, 30, 30)

Ottengo il numero fuzzy medio. Per passare ad un numero certo, quindi defuzzyficare il numero.

𝑎 + 𝑏1 + 𝑏2 + 𝑐 5 + 10 + 20 + 25 60
DEFUZZIFICAZIONE = = = = 15
4 4 4

Un altro metodo è quello del BARICENTRO: trovare il numero che divide il trapezio in due aree
uguali. Trovo lo stesso numero di prima solamente se il trapezio è isoscele.

Un altro metodo è la MEDIA A DUE tra i due punti intermedi (Ciò coincide con gli altri metodi solo se parlo di un trapezio
isoscele).
𝑏1 + 𝑏2
2
NB. La scelta del metodo dipende dal contesto e dal problema. Possono comunque essere tenuti presenti alcuni criteri, quali:
1) CONTINUITÀ: un piccolo cambiamento nell’input di un processo fuzzy non dovrebbe produrre un grande cambiamento
nell’output.
2) NON AMBIGUITÀ: un metodo di defuzzificazione dovrebbe produrre un solo valore intero.
3) PLAUSIBILITÀ: per essere plausibile, l’intero ottenuto dovrebbe trovarsi approssimativamente nel mezzo del supporto di C ed
avere un alto grado di appartenenza a C.
4) SEMPLICITÀ COMPUTAZIONALE: per esempio, il metodo dell’altezza e il metodo della media dei massimi sono più semplici
del metodo del centroide.
LEZIONE 18.
La somma di due concetti sfocati da un concetto ancora più sfocato e questo aumenta ulteriormente con la moltiplicazione.
La situazione baricentrica sarà più a destra e l’obiettivo è trovare il valore di X. O con la media dei vertici o con la situazione
baricentrica individuando due aree e ponendole uguali A1=A2,
𝑎+ 𝑏1 +𝑏2 +𝑐 𝑏1 +𝑏2
=
4 2

(𝑥 − 𝑎) + (𝑥 − 𝑏1 ) (𝑐 − 𝑥 ) + (𝑏2 − 𝑥)
=
2 2

Nell’ultima equazione ho quindi il confronto tra aree dove la prima parentesi è la base maggiore la seconda la base minore tutto
moltiplicato per 1 cioè l’altezza.
I problemi sorgono con figure non regolari, immaginiamo di avere un serbatoio dove dobbiamo tenere controllato il rapporto tra
pressione e temperatura,
0<T<100°C
0<P<10 atm
0<vlvola<180 gradi di rotazione

Il primo passo è definire cosa intendiamo per temperatura bassa (fino a 50°C), medio(si
focalizza intorno a 50°C) e alta(da 50°C a salire) quindi
Tb=(0,0,50)
Tm=(0,50,100)
Ta=(50,100,100)

Accanto a questo possiamo definire il concetto di pressione usando il medesimo term


set, pressione bassa (fino a 5 atm), media intorno a 5 e alta da 5 a salire.
Pb=(0,0,5)
Pm=(0,5,10)
Pa=(5,10,10)

Valvolva analogamente
Girapoco=(0,0,90)
Gm=(0,90,180)
Ga=(90,180,180)

Andiamo a definire quindi il criterio basato su metodo euristico se temperatura e pressione sono basse gira poco la manopola se
viceversa sono alte gira molto, e anche quando c’è il medio-alto gira molto e poco quando è medio-bassa quindi esce il seguente
schema:
T
BASSA MEDIA ALTA

BASSA Poco Poco Abbastanza

P MEDIA Poco Abbastanza Molto

ALTA Abbastanza Molto Molto


Una temperatura di 40 gradi è sia bassa che media e bisogna vedere il grado di appartenenza alla temperatura alta e alla
temperatura bassa:
1: 𝑥1 = 50: 10
1 4
𝑥1 = 5 ; 𝑥2 = 5

Posso dire che 1:x1 sta il grado di appartenenza come 50:10 quindi x1=1/5. Analogamente posso raggionare su una pressione di
7 atm.
Devo fare l’intersezione e quindi prendere il minimo dei valori ottenuti:
T
BASSA (1/5) MEDIA (4/5) ALTA

BASSA Poco Poco Abb

P MEDIA (3/5) Poco (1/5) Abb (3/5) Molto

ALTA (2/5) Abb (1/5) Molto (2/5) Molto


T= 40°C; P= 7 atm
A questo punto li devo mettere insieme tutti e 4 i valori ottenuti, in relazione alla prima casella devo aprire poco la valvola con
grado di appartenenza 1/5
Poco lo indico con la linea blu e corrisponde ad 1/5 cioè 0,2 che mi
tiro con una linea definendo un’area sottesa, abbastanza per 1/5
invece è quello rosso anc’esso definirà un’area sottesa tagliando il
concetto di abbastanza. Poi abbastanza per 3/5 che ingloba la
precedente. Infine l’operatore molto dev’essere soddisfatto per
2/5=0,4.
E’ evidente che tutte e 4 le soluzioni sono possibili e devo prendere
l’unione tra tutte e 4 e ottengo l’area delimitata in verde.
Adesso il problema è la defuzzificazione,il primo è 0, il secondo 0,2:x=1:90°C → x=18°C, il terzo 54, quarto 126, quinto 144 e
sesto 180. Utilizzando adesso la somma di tutti i vertici il tutto diviso 6 e ottengo quindi di quanto bisogna girare la manopola
circa 87 gradi
T

BASSA (1/5) MEDIA (4/5) ALTA

BASSA Poco Poco Abb

P MEDIA (3/5) Poco (1/5) Abb (3/5) Molto

ALTA (2/5) Abb (1/5) Molto (2/5) Molto

0 + 18 + 54 + 126 + 144 + 180 522


= = 87°𝐶
6 6
Tm= (1/5 B, 4/5 M) questo è l’insieme della temperatura misurata il complemento sarà (0,8 B e 0,2 M) introduciamo il concetto
di Entropia Fuzzy data dal rapporto tra l’intersezione dell’insieme fratto l’unione:
𝑐
𝐼𝑚 ⋂ 𝐼𝑚
𝐸= 𝑐 = 0,4/1,6= 1,25
𝐼𝑚 ⋃ 𝐼𝑚
Quando il numero è esatto l’entropia è nulla, quando l’unione invece è uguale all’intersezione ecco l’entropia uscire uguale ad 1
quindi caso di numero sfumato.
L’entropia mi dice quanto è sfocato, un numero molto sfocato avrà un’entropia che tende al massimo.

Facciamo ora un salto indietro, torniamo all’esercizio svolto sul


modello di valutazione con l’AHP
Ricostruiamo il nostro modello gerarchico per quanto riguarda la
docenza.
Adesso dobbiamo prendere un docente e valutarlo su una scala
a 5 valori: Scarso, Insufficiente, Sufficiente, Buono Ottimo.
Dopodichè vado a trasformare questa scala di valori ordinata in
un time set fuzzy.
LEZIONE 19.

Come scala utilizzo:


Scarso = (0, 0, 2)
Insufficiente = (1, 3, 5)
Sufficiente = (3, 5, 7)
Buono = (5, 7, 9)
Ottimo = (8, 10, 10)

In pratica ad ogni criterio lego un numero fuzzy (in base all’oggetto che sto valutando) con la scala qui sopra. Poi li moltiplico per
i loro pesi e unendoli ottengo il numero fuzzy degli attributi. Dopo faccio la somma degli omologhi pesati (6.4 * 0.64 + ddd * 0.10
…etc..) e defuzzifico il numero.
In questo modo posso dare delle indicazioni da dare al docente, per capire su cosa migliorare.
Ad esempio, nel mercato automobilistico, per migliorare un’auto arrivo a sapere cosa devo migliorare e su che
attributo/criterio premere per migliorare vendite e posizione di mercato.
AHP
In un analisi Multicriteria l’AHP ci permette di valutare i Pesi. Con essa posso valutare anche il valore dei criteri → da qui emerge
una valutazione comparativa.
FUZZY + AHP
In un analisi multicriteria la FUZZY + AHP ci permette di operare con giudizi. Se uso la Fuzzy con l’AHP posso determinare una
valutazione assoluta

Es. Supponiamo di dover valutare un’auto. Ho tre attributi (PE, PT e ET). Ne valuto i pesi con l’AHP. Entro nella comparazione di
due oggetti e calcolo i pesi dei due per ogni attributo. A questo punto sommo, per ogni oggetto, i pesi individuati associati
all’oggetto per ogni attributo moltiplicati per i pesi degli attributi. Secondo questa valutazione, la somma dei valori dei due
oggetti è sempre uno. Ecco perché è una tecnica comparativa, ottenuta attraverso un confronto a coppie (è un giudizio relativo).

3 1 1
L = 4 x 0,1 + 8 x 0,5 + 6 x 0,4 =
1 7 5
F = 4 x 0,1 + 8 x 0,5 + 6 x 0,4 =

Ps. Se volessi ora introdurre una terza automobile, i pesi degli


attributi li ho, ma i pesi degli oggetti relativi, devo calcolarli
tutti da capo. Ecco perché utilizzo la logica fuzzy.

NB. Come aggregare più giudizi nei progetti?


Faccio la media geometrica (la radice quadrata dei prodotti degli elementi nella stessa posizione).
Mi rendo conto che però la media non rappresenta nessuno dei casi utilizzati: la media non è significativa del
fenomeno. A quel punto magari vi sono dei cluster di utenti e quindi fare il lavoro per ogni cluster individuato.

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