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Capitolo primo: Un cenno sulle teorie dell’organizzazione

La rivoluzione industriale induce un grande sviluppo tecnico-scientifico che fornisce


macchinari sempre più veloci e potenti e spinge la produzione industriale lungo tre direttrici:

1) standardizzazione dei prodotti


2) avvio della produzione di larga serie
3) continua specializzazione delle macchine attraverso il loro rinnovamento e
miglioramento

Ciò comporta, in breve tempo, una corsa all’ingrandimento della fabbrica e al


continuonagglomerarsi dei piccoli complessi industriali. Al progresso scientifico e tecnologico
e al gigantismo dell’impresa non corrisponde però un analogo progresso nella gestione della
fabbrica, che ancora risente di un’organizzazione del lavoro arcaica e artigianale. Si dovrà
aspettare il 1911 perché il tema dell’organizzazione del lavoro in una fabbrica sia affrontato e
ponderato organicamente. È in quell’anno, infatti, che viene pubblicato il saggio di un
ingegnere americano, Frederick Winslow Taylor, dal titolo I criteri scientifici di
organizzazione e direzione aziendale.

La rivoluzione tayloriano del lavoro si propone tre obiettivi:

1) accentrare e razionalizzare le linee di gestione all’interno dell’impresa


2) riorganizzare e rendere trasparenti costi, procedure, tempi e metodi di lavoro
3) legittimare le proprie proposte basandole sull’applicazione del metodo scientifico

Nasce così l’OSL (Organizzazione Scientifica del Lavoro), che segna al tempo stesso la fine
dell’impero dei capireparto e della gestione arcaica e la nascita delle teorie
dell’organizzazione, sviluppatesi fino ai giorni nostri. Taylor sostiene che esiste sempre una
sola soluzione ottimale per ogni problema e che questa emerge soltanto adottando
adeguati metodi scientifici di analisi e ricerca, che si svolgono in quattro stadi: raccolta,
elaborazione, assemblaggio e verifica dei dati del problema. Il che costituisce il nucleo
di ogni studio e di ogni applicazione organizzativa, in qualsiasi campo, qualunque sia
l’oggetto dell’attività, qualsiasi sia la dimensione dell’impresa.

Dopo Taylor, lo sviluppo delle teorie organizzative prosegue e si arriva a individuare in


cinque strumenti operativi la possibilità di pensare all’organizzazione in quanto vera e
propria scienza:

1) l’analisi e l’individuazione della migliore modalità di esecuzione di un’attività


2) la selezione e l’addestramento del personale addetto ai lavori
3) l’instaurazione di rapporti di fiducia e di stima tra dirigenza e manodopera
4) la predisposizione di una struttura gerarchica in grado di progettare e controllare la
produzione
5) la definizione degli obiettivi di produzione da raggiungere e gli incentivi monetari
legati al loro raggiungimento
Un vero e proprio salto qualitativo si ha, però, con il pensiero di Herbert Simon, negli anni
‘40 del XX secolo. Egli articola la sua teoria in tre punti fondamentali:

1) l’azione organizzativa non deve essere considerata come una struttura che prescriva
ruoli e funzioni, ma come un’attività di uomini che decidono e agiscono in un
continuum sulla base delle decisioni precedentemente prese e dei loro risultati,
considerati come premesse decisionali
2) l’uomo non è un soggetto perfettamente razionale che può decidere solo in base a
criteri di ottimizzazione dei risultati. I limiti del sapere, l’impossibilità di prevedere tutte
le conseguenze che potrebbero prodursi in un determinato contesto, l’incapacità di
tener presente, allo stesso tempo, un gran numero di variabili e i vari
condizionamenti socio-economici fanno sì che spesso le decisioni vengano prese in
vista di una soddisfazione minimale e non seguendo il criterio astratto della massima
efficienza
3) ogni lavoratore, non importa in che fascia di responsabilità operi, decide in base a un
confronto tra il contributo che è disposto a dare e l’incentivo che si aspetta di
ottenere. Incentivo che non ha solo carattere economico, ma anche sociale e morale.

Inoltre, Simon prefigura un processo decisionale nel modello di razionalità assoluta e ne


individua cinque fasi:

1) analisi del problema (intelligence)


2) ricerca delle soluzioni possibili, considerati i limiti imposti dal contesto (design)
3) valutazione e scelta della migliore alternativa mostrata dallo sviluppo delle precedenti
fasi (choice)
4) attuazione della decisione presa (implementation)
5) controllo dei risultati ed eventuale modifica delle scelte per riadattarle alle nuove
condizioni di contesto (control and review)

Anche se l’OSL è superato in quasi tutte le sue componenti applicative, resta come
indicazione base dell’azione organizzativa, che non può raggiungere una vera efficacia e
una compiuta efficienza se non attraverso l’applicazione di un metodo scientifico basato
sull’analisi di tutte le componenti e di tutti i contesti che caratterizzano un determinato tipo di
produzione, in un determinato ambiente socio-economico e politico, in un determinato luogo
geografico e in un determinato contesto socio-culturale. Sulla scorta delle analisi così
effettuate, si articolerà la ricerca delle soluzioni ottimali che saranno in grado di mantenere
l’attività specifica di cui ci si occupa.

Capitolo secondo: Il bene comunicativo-espressivo

Beni materiali = trasferibili (es. scarpe, pane, possono regalarli o venderli a un altro)
Bene immateriali = non trasferibili (es. la visita dal medico non serve ad altri che a me, non
hanno senso per nessun altro)

I beni immateriali contengono un valore informativo che può essere soltanto


soggettivamente apprezzato. Quello che provo leggendo un libro o guardando un film non
posso trasferirlo a nessuno. Se tentassi di farlo (come del resto fanno i tanti critici nel
mondo), non farei altro che realizzare un nuovo bene comunicativo-espressivo destinato a
chi quel film non l’ha ancora visto o a chi non ha ancora letto quel libro. E quel tale che ha
letto la mia critica, vedendo quel film o leggendo quel libro, ne trarrà comunque un
significato diverso da quello che ho tentato di comunicargli. Questa divisione dell’economia
classica sta, dunque, stretta al libro, al film o al disco. È vero che non posso dare a nessuno
quel significato, quell’emozione che ne ho tratto, ma il libro, il dvd o il disco posso ben
regalarli e dunque trasferirli. Allora, il film o il libro sono bene materiali e immateriali
assieme? Si. In essi la materialità del supporto (carta, disco ecc) contiene
l’immaterialità dell’espressione. Per tali motivi chiameremo questo particolare tipo di bene
artefatto comunicativo-espressivo. Tutto ciò determina condizioni tanto particolari e
rapporti tanto specifici da potersi configurare come un vero e proprio sistema che
chiameremo sistema audiovisivo, formato da tre aree.

Un film o un libro si acquistano prima di averli visti o letti. Quindi non possiamo sapere prima
se ci soddisferanno o meno. Per questo motivo il finanziamento di un film risulta
estremamente arduo e con una percentuale di rischio assai alta. Non potendo fare una
previsione ragionevolmente sicura sui ricavi (cosa, invece, abbastanza agevole attraverso
indagini di mercato per chi produce beni materiali o per chi eroga servizi), il produttore
audiovisivo deve affidarsi a una serie di altri “scommettitori” (Stato, distributori…) che, in
base alle informazioni sul progetto (che film sarà, chi lo dirigerà…), possano essere disposti
a finanziarlo assumendosi almeno una parte del rischio.

Dobbiamo ora tener presente che il rischio legato a una qualsiasi impresa produttiva è di
due tipi: rischio finanziario e rischio operativo o d’impresa. Se il rischio finanziario può
essere diviso e condiviso da più investitori, il rischio d’impresa grava, invece, interamente su
chi organizza la produzione.

Rischio operativo = rischio di perdite derivanti da processi, personale e sistemi inadeguati o


carenti, oppure dovute a eventi esogeni (provenienti dall’esterno)

Capitolo terzo: La produzione di narrativa audiovisiva

La narrativa audiovisiva è una produzione comunicativo-espressiva ed è soggetta alle leggi


della comunicazione e alle regole dell’espressione, oltre che a quelle generali dell’economia.
Quando la comunicazione non è verbale o immediata (discorso, segnale ecc), ma è affidata
a un supporto (registrazione, scrittura ecc) è caratterizzata dal fatto che il ricevente
(destinatario) non sa se quello che scoprirà dopo averla ricevuta sarà di suo gradimento o
meno. La stessa incertezza, però, è propria anche del mittente. Questa è l’incertezza che
regna sovrana nella comunicazione: io mittente non posso sapere se la notizia che
comunico sarà considerata vera o falsa dal destinatario e, soprattutto, se pur considerandola
falsa non investa per lui caratteri di validità. E viceversa. Per il versante dell’espressione, va
detto che l’informazione è soggetta alle regole del linguaggio che è stato scelto per
esprimersi. Se si tratta della produzione di un’opera di narrativa audiovisiva, è necessario
conoscere almeno le caratteristiche basilari di tale linguaggio.

Caratteri economici della produzione audiovisiva:

- creatività, come fattore produttivo


- imprevedibilità del risultato
- compositività del processo creativo
- complessità del processo operativo
- conflittualità creativa e operativa rilevabile nel corso dell’impresa
- inapplicabilità del know-how gestionale
- elasticità del ciclo produttivo

LA CREATIVITÀ COME FATTORE PRODUTTIVO

“Creatività è unire elementi con connessioni nuove, che siano utili.” (Jules-Henri Poincaré)

Tre sono le condizioni per cui si possa parlare di creatività:

1) competenza —> conoscere quanto è già stato fatto o detto in passato in quella
materia
2) combinazione —> connettere quegli stessi elementi in una nuova maniera, il che
significa prima intuire e poi ordinare in modo nuovo quegli stessi elementi
3) utilità —> assicurarsi che la nuova forma risulti essere utile, cioè sia in grado di
soddisfare un bisogno umano

A mano a mano che un qualsiasi prodotto aumenta il proprio valore comunicativo, aumenta
anche il valore della creatività nella sua produzione. Il valore comunicativo diventa massimo
e la creatività si tramuta essa stessa in fattore produttivo solo negli artefatti
comunicativo-espressivi, giustificandosi e relazionandosi solo con essa.

Pur considerando l’assoluta necessità di lasciare libera la creatività da qualunque tipo di


costrizione, etica o economica che sia, è anche vero che essa va, però, sempre tenuta sotto
stretto controllo. Sia dagli stessi autori, sia dall’editore o produttore, per i quali la terza
condizione, ossia l’utilità, assume il doppio significato di utilità comunicativa ed economica.

La creatività si presenta si presenta agli occhi di un regista o di un produttore sotto forma di


Vision, ossia di capacità di prevedere il prodotto finito in quasi tutte le sue caratteristiche.
Tutto cioè che si compie durante la lavorazione di un film è un tentativo di avvicinare il
risultato di quello che stiamo facendo al modello che ci rimanda la Vision.

L’IMPREVEDIBILITÀ DEL RISULTATO

È nota nella cinematografia americana come legge del Nobody Knows, ed è stata
dimostrata da una ricerca dell’Università Bocconi, che rende palese come la relazione tra il
risultato estetico del film e il suo successo economico sia statisticamente nulla.

LA COMPOSITIVITÀ DEL PROCESSO CREATIVO

Il processo realizzativo di un’opera audiovisiva ha carattere composito perché è fondato


sull’armonizzazione dei contributi dei vari creativi impegnati nella lavorazione, ognuno dei
quali adopera uno strumento creativo diverso e dunque affronta la realizzazione apportando
una sua visione particolare dell’opera. Definiamo come strumento creativo il complesso di
materiali, tecniche e apparecchiature che, interagendo tra loro, formano un unico e coerente
mezzo, mediante il quale i soggetti compiono le loro attività intendendo per:
- materiali, i beni primari impiegati nella trasformazione creativa
- tecniche, l’insieme di regole da applicare
- apparecchiature, i mezzi mediante cui si crea

Analizzando la struttura di un film, si possono distinguere gli apporti dei sei strumenti creativi
utilizzati:

1) scrittura —> soggetto, trattamento, sceneggiatura


2) interpretazione —> azione performativa, mimica o coreografica degli attori
3) fotografia —> abbraccia le tecniche di illuminazione e ripresa
4) suono —> commento musicale ed effetti sonori
5) disegno —> applicato a scenografie e costumi
6) montaggio —> dando la forma finale al film ne stabilisce la composizione temporale
e la corretta sintassi

L’armonizazzione di tali strumenti nel risultato finale è affidata al regista.

LA COMPLESSITÀ DEL PROCESSO CREATIVO

Per la produzione audiovisiva, non solo il luogo delle lavorazioni è quasi sempre diverso
dalla sede della direzione, ma può anche cambiare durante il corso del processo produttivo.
L’industria audiovisiva ha dunque carattere nomade. La lavorazione si sposta da un luogo
all’altro, da un giorno all’altro e, spesso, nello stesso giorno, in luoghi diversi. Sotto questo
profilo è necessario distinguere due tipi di lavorazione:

- in sede —> quando si svolge nella stessa città dove ha sede l’azienda in produzione
- fuori sede —> in tutti gli altri casi (un’altra città, un’altra nazione, un altro continente)

Quando la lavorazione è in un’altra nazione o in un altro continente, bisogna affrontare


ambienti operativi molto diversi da quelli che conosciamo. Con il mutare dell’ambiente
geo-politico cambiano le leggi, la lingua, il tipo di mercato… Quindi aumentano i costi per
portare e far operare fuori sede le risorse creative e operative di cui si necessita e aumenta il
grado di complessità ambientale del processo operativo. Tale maggiore complessità va
affrontata con un’azione preventiva che definiamo sopralluogo conoscitivo, per acquisire
tutte le informazioni necessarie e affrontare l’ambiente operativo esterno e potersi muovere
con quasi la stessa agilità e sicurezza di come si sarebbe mosso per una lavorazione in
sede.

Definiamo come ambiente operativo il complesso delle condizioni specifiche spaziali,


temporali e culturali in cui la produzione, la lavorazione, la distribuzione e il consumo della
produzione audiovisiva sono attuati. In econonomia si distringuono due condizioni
dell’ambiente operativo:

- esterna —> relativa alle condizioni generali del contesto in cui si realizza la
produzione
- interna —> in cui si riuniscono le condizioni di gestione, organizzazione, direzione
ecc. che sono presenti nell’azienda, nel tempo e nel luogo dove avviene la
produzione

La relazione esistente tra un’organizzazione produttiva a carattere comunicativo e


l’ambiente culturale esterno è singolare, dal momento che il bene comunicativo-espressivo
finisce per avere sull’ambiente culturale un’influenza decisiva, non paragonabile a quella
indotta dai beni materiali. Le specifiche condizioni dell’ambiente culturale diventano
condizione di operabilità interna all’azienda produttrice. Ad esempio, la religione influisce
molto sulla produzione di artefatti comunicativi in termini di censura. Queste condizioni
suggeriscono di trattare come veri e propri ambienti operativi i sistemi che ne fanno parte e
che, con le loro condizioni specifiche, influenzano la produzione artistica e culturale:

- sistema linguistico
- sistema tecnologico
- sistema economico
- sistema commerciale
- sistema socio-politico
- sistema normativo

Tali sistemi-ambienti spiegano le differenze tra sistemi produttivi, cinematografie e mercati


audiovisivi e dunque le differenze estetiche ed economiche tra audiovisivi americani ed
europei. Ognuno di tali sitemi-ambienti operativi corrisponde corrisponde a una tecnica
operativa; queste tecniche vanno messe assieme e coordinate dal responsabile economico
della produzione audiovisiva, il produttore.

Capitolo quarto: Economia e narrazione

Fino a pochi anni fa, chi aveva intrapreso la carriera della produzione audiovisiva non era
visto di buon occhio. Proprio questo ha favorito l’ingresso nella professione di elementi non
qualificati e non adeguatamente preparati a svolgerne la funzione.

CONFLITTUALITÀ CREATIVA E OPERATIVA

Ogni creativo tende ad avere una propria visione dell’opera, ed è chiaro che i limiti impostigli
dalla visione degli altri fanno emergere elementi della conflittualità. Figuriamoci quel che
può capitare nella produzione di narrativa audiovisiva dove i creativi sono almeno una
decina. Anche gli ambienti possono presentarsi conflittuali in relazione al progetto che
vogliamo realizzare. Una cosa è, infatti, realizzare un film in casa propria, altra è realizzarlo
in un’altra città o in un altro paese, dove ci è estranea anche la lingua, o addirittura in un
altro continente in cui leggi, cultura, usi ecc. ci sono del tutto sconosciuti. La conflittualità può
dirsi di due tipi:

- interna o creativa, se riguarda l’uso di strumenti creativi, e aumenta d’intensità


proporzionalmente al loro numero
- esterna o operativa, se riguarda le condizioni degli ambienti operativi e la cui
intensità dipende dalla distanza (geografica, culturale, politica, normativa ecc) tra
luogo delle riprese (territorialità) e quello della nostra sede abituale e dal numero di
spostamenti che dovremo fare

INAPPLICABILITÀ DEL KNOW-HOW GESTIONALE

In questo tipo di produzione, quello che abbiamo fatto fino al momento di una nuova
lavorazione non serve, o serve solo parzialmente. Il nostro know-how, il nostro saper fare, la
nostra esperienza è quasi inapplicabile alla nuova avventura, sia dal punto di vista
estetico, sia sotto il profilo economico. Questo perché ogni progetto è diverso dall’altro ed è
diverso il combinarsi delle conflittualità interne ed esterne tra di loro. Inoltre, il peso di ogni
strumento creativo (scrittura, fotografia ecc) ha diverso valore da un progetto all’altro e
cambia anche in funzione dell’autore che se ne serve. Esempio: un direttore della fotografia
di rinomanza mondiale condizionerà in maniera diversa la produzione da come la
condizionerebbe un autore di minor fama. E questo vale per ogni strumento creativo.

L’unico modo per contenere o tentare di ridurre la conflittualità interna è quello di rendere la
Vision più comune a tutti. A tale scopo, è importantissimo che all’inizio della preparazione
si facciamo frequenti riunioni, coinvolgendo tutti i capireparto. Ogni dettaglio deve
combaciare quanto più possibile con la Vision maturata dai due massimi responsabili della
produzione: regista e produttore.

ELASTICITÀ DEL CICLO PRODUTTIVO

Ogni fenomeno produttivo procede per gradi, per fasi. Queste fasi, in una produzione di beni
materiali, hanno in genere una durata più o meno fissa e costante. Il ciclo di produzione
sarà, dunque abbastanza rigido e soprattutto costante nel tempo. Il ciclo produttivo
audiovisivo si divide in tre fasi:

1) pre-produzione (ideazione e preparazione)


2) produzione (riprese)
3) post-produzione (edizione)

Nell’industria audiovisiva, al contrario di altri settori produttivi, ci troviamo di fronte a una


sorta di elasticità del ciclo produttivo. Se teniamo conto delle attività che caratterizzano
ciascuna fase, ci accorgiamo che, a parte la fase delle riprese, un’attività può perdurare nel
tempo, oltre che la fase che propriamente caratterizza e protrarsi in fasi successive o iniziare
già in fasi precedenti. Ad esempio, l’attività promozionale comincia molto prima della fase
che le è dedicata. Infatti, se per iniziare la promozione del film aspettassimo che sia finito,
perderemmo l’occasione di far conoscere, durante la fase di finanziamento, il nostro progetto
a un numero maggiore di possibili investitori.

Fasi più specifiche:

- progettazione —> dal momento in cui viene viene individuata un’idea di film a quello
in cui si può dire che il progetto sia pronto, possono passare da 16 a 24 settimane,
dai 4 ai 6 mesi. Ma possono passarne anche 8, di mesi, o addirittura anni. Le attività
che distinguono questa fase riguardo l’acquisizione dei diritti d’autore dell’opera, se è
già edita, la scelta degli sceneggiatori è forse anche del regista e, nel caso che sia
già prevista una lavorazione fuori sede, un primo sopralluogo conoscitivo
- pianificazione —> inizia appena il progetto estetico sarà sufficientemente delineato;
si analizza accuratamente il progetto estetico per elaborare lo studio di fattibilità, che,
una volta approvato, diventerà il vero e proprio progetto economico del film
- finanziamento —> dopo che il progetto economico sarà stato correttamente
elaborato, si può pensare a trovare le risorse finanziarie che consentiranno la
produzione. Questa fase può coprire un periodo addirittura più lungo (da 16 a 32
settimane) di quello che abbiamo impiegato per la progettazione del film è si chiude
soltanto con la certezza di aver raggiunto almeno il 90% del finanziamento
necessario. Bisogna sfatare il mito secondo il quale il produttore sia quello che ci
mette i soldi. Il costo medio di un film di media durata si aggira sui 3.600.000 euro,
ripartiti in costi produttivi e distributivi. È un investimento ingente e dunque il rischio di
investimento va diviso tra più fonti finanziarie. A mano a mano che aumentano le
informazioni (dal soggetto, alla sceneggiatura, dal nominativo del regista a quelli
degli attori protagonisti e così via), diminuisce il rischio di investimento perché
aumenta la capacità di valutazione o, almeno, aumentano gli elementi che la
consentirebbero. Il rischio più alto è, dunque, affrontato dal produttore che tenta di
sviluppare il progetto ed è quindi logico che la sua percentuale di finanziamento
risulti anche essere la più bassa. Sulla scorta delle informazioni disponibili e degli
elementi commerciali in loro possesso, un distributore nazionale o una rete
televisiva, o entrambi, potranno decidere se finanziare il film per la parte più costosa,
quella inerente alle fasi di preparazione, riprese e edizione.
- preparazione —> inizia quando avremo a disposizione il progetto estetico, quello
economico e la maggior parte delle risorse finanziare necessarie. In questa fase si
sceglierà il personale artistico e tecnico non ancora coinvolto, si definiranno gli
ambienti dove girare, si provvederà a definire la fornitura dei costumi necessari. Se la
lavorazione dovrà situarsi fuori sede, ci si curerà di organizzare la logistica di
supporto nella maniera più efficiente ed efficace (trasporti, pernottamenti ecc).
Durante questa fase si tenterà di far combaciare le esigenze estetiche con le regole
economiche su tre versanti: verificando che le necessità espresse dalla
sceneggiatura abbiano pieno soddisfacimento o altrimenti modificandole se sono
fuori dalla nostra capacità realizzativa, organizzando le riprese in modo da evitare
sprechi di tempo e di risorse, ottimizzando i costi attraverso le trattative con i fornitori,
stilando tutti i contratti e ottenendo tutti i permessi necessari a un sereno e non
conflittuale svolgersi delle riprese. Questa fase dovrebbe durare almeno una volta e
mezzo la durata delle riprese e quindi da 8 a 12 settimane.
- riprese —> la durata delle riprese dipende: dai tempi occorrenti alla realizzazione di
ogni singola scena (che a loro volta dipendono: dalla previsione della sua durata
sullo schermo; dal numero di personaggi coinvolti, dal tipo di azione e di condizioni di
luce; dagli accordi contrattuali con il regista riguardanti la media di minutaggio utile
giornaliero), dagli obblighi contrattuali con gli attori e dalle regole dell’orario di lavoro
dettate dal CCNL, dalle condizioni atmosferiche, di viabilità e di luce connesse alle
esogene delle riprese. Questa fase dura da 6 a 10 settimane ed è la fase più
costosa, dove si consumerà tra il 60 e il 65% delle risorse finanziarie. Durante questa
fase, il reparto di produzione diventa reparto di servizio (far arrivare tutto ciò che
occorre al set nei tempi e nei modi pianificati) e di controllo (estetico ed economico).
Per il controllo della lavorazione si procederà in due direzioni. La prima condite in
un’accurata azione di monitoraggio che si basa sulle analisi dei dati contenuti nel
Diario di Lavorazione (DdL), che riguardano: numero di scene girate, pagine di
sceneggiature e minutaggio a esse corrispondenti; metraggio di negativo e nastrini
utilizzati; eventuali rifacimenti effettuati; eventuali riprese per titoli di testa o coda;
riprese di una eventuale seconda unità. Questa analisi ci consentirà di prevedere se
ci saranno ritardi nella lavorazione, con quali possibili conseguenze organizzative ed
economiche, e sarà completata soltanto con l’analisi degli Stati d’Avanzamento Costi
(SAC). La seconda direzione di controllo, che è la più importante è delicata, si
effettua con la visione del materiale girato tentando di capire la qualità del prodotto
che si sta realizzando (deve essere fedele alla Vision). Ecco, quindi, rientrare in ballo
la necessità di una corretta pianificazione e di un’adeguata preparazione. Se le due
fasi sono state eseguite a regola d’arte, il progetto del film sarà chiaro ed evidente a
tutti e potrà costituire quel terreno sufficientemente solido di confronto cui ancorare le
analisi e i controlli. Se, invece, queste due fasi sono state gestite male, ecco apparire
all’orizzonte mille fonti di equivoci, di malintesi, di cose non dette e di considerazioni
non fatte. Tutto ciò ricadrà immediatamente sui rapporti di regia e produzione.
- edizione —> massima attenzione al momento clou del montaggio: il final cut,
l’approvazione definitiva del film o della serie che il pubblico vedrà. Tagliare una
scena se è troppo lunga, aggiungere o togliere un effetto sonoro, diventeranno un
terreno di confronto (a volte anche aspro) tra regista e produttore. Bisogna
allontanarsi dalla propria visione soggettiva per arricchirla, comprendendo la visione
dell’altro. Regista e produttore devono avere pari dignità e rispetto. Questa fase è
modulata sulla durata delle riprese con la differenza che è addirittura prescritta dal
Contratto Nazionale di Lavoro e dovrebbe durare almeno una volta e mezzo la
durata delle riprese, quindi da 8 a 12 settimane.
- promozione —> è generalmente gestita dai distributori. È importante promuovere il
prodotto prima ancora dell’inizio della fase di finanziamento, per dare al progetto la
massima capacità di raccogliere risorse. Nella pianificazione della promozione non
dovrebbero essere indicate solo le varie uscite del film, cioè il numero e la località
delle sale in cui apparirà per la prima volta sullo schermo, ma anche la coordinazione
di tali uscite con tutta l’attività che riguarda gli interventi di registi, produttori o attori,
così come l’allocazione e il numero di spot pubblicitari, articoli, interviste ecc. relativi
al film e l’azione promozionale rivolta ai social. È, infatti, abbastanza chiaro il
collegamento tra gli intenti che ci hanno mossi a produrre il film e il tipo di pubblico
che vogliamo coinvolgere (es. far uscire un film tipo Vacanze di Natale al Sacher
sarebbe inefficace). Quindi la sala, con tutto ciò che essa significa in termini di
pubblico (target), dovrebbe esserci chiara fin dalla progettazione.

Durata media di tutto: 90 settimane

Queste sette fasi si possono distinguere per la loro maggiore o minore connessione con gli
aspetti strumentali e ambientali (cioè creativi e operativi) della produzione audiovisiva. Infatti,
per quel che riguarda progettazione, riprese e edizione è chiaro che debbano prevalere
considerazioni di carattere estetico, mentre per pianificazione, finanziamento e promozione
sono certamente prevalenti gli aspetti economici. In messo c’è la preparazione, in cui tutto il
progetto del film inizia a trovare la sua concretezza e in cui esigenze estetiche e regole
economiche devono trovare una loro sintesi complessiva.
Ai caratteri distintivi della produzione audiovisiva appena considerati vanno aggiunti gli effetti
di alcune anomalie economiche che sono presenti in questo tipo di produzione e che
possiamo sinteticamente indicare come:

- andamento della spesa —> il rischio d’impresa, riguardante la gestione economica


della lavorazione, è connesso alla tipicità dell’andamento della spesa. Se
analizziamo l’andamento della spesa per la produzione di un film tenendo conto delle
varie voci di costo, delle fasi di produzione e dei loro tempi medi, osserveremo che il
flusso di spesa maggiore coincide con il periodo più breve del suo ciclo produttivo (le
riprese). Quindi se la conflittualità interna si presenta nella fase di riprese, i suoi
effetti possono essere molto deleteri. Esempio: uno scontro tra il direttore della
fotografia è uno scenografo sull’arredamento di un set (una porta a specchio messa
nella parete di fronte a quella che il direttore della fotografia pensava di utilizzare per
piazzare le luci), può fermare la lavorazione per un’ora buona, se non per mezza
giornata. Il danno potrebbe variare tra i 6000 e i 25.000 euro. Se la stessa
discussione fosse stata fatta durante la fase di preparazione, il costo sarebbe stato
nullo o comunque basso. Quindi salvaguardare il tempo dedicato alle riprese ha la
priorità assoluta. I motivi di conflittualità devono essere spostati nelle fasi di
pianificazione e di preparazione, che devono avere la giusta durata.
- irrecuperabilità dei costi —> i prodotti creativi complessi procedono dallo sviluppo
al completamento della produzione attraverso una serie di fasi; nel passaggio da una
fase all’altra i costi sostenuti risultano non recuperabili (costi affogati).
- valutazione del prodotto —> l’artefatto comunicativo può essere valutato solo dopo
il suo acquisto.
- formazione del prezzo —> il prezzo obbedisce a due dinamiche: domanda e offerta,
costi e ricavi. Per un film, invece, che sia di Kubrick o di un esordiente, che duri 90’ o
180’, il prezzo è sempre lo stesso (prezzo della sala). Eppure è abbastanza chiaro
che il costo di alcuni elementi sono ben ancorati alla dinamica domanda/offerta. Il
fatto è che lo sono retroattivamente: si paga meglio un attore o un regista per i
risultati che la sua opera ha precedentemente contribuito a ottenere. Non sappiamo
se tali risultati ci saranno anche per l’opera che stiamo producendo, ma paghiamo
ugualmente il prezzo richiesto per la prestazione.

Capitolo quinto: Le risorse della produzione audiovisiva

Le risorse necessarie alla produzione audiovisiva possono classificarsi in sei categorie:

1) umane —> personale creativo (es. regista, scenografo…), personale operativo (es.
produzione), tecnici, maestranze, consulenti creativi, consulenti operativi
2) strumentali —> materiali, tecniche, apparecchiature
3) ambientali —> tempo, spazio, contesto
4) economico-finanziarie
5) infrastrutturali
6) servizi

RISORSE FINANZIARIE

Possono essere:
- dirette —> tutte quelle che riguardano le condizioni economiche dell’organizzazione
produttiva e tutte le forme di anticipazioni distributive
- indirette —> tutte quelle che incidono in qualche maniera sul costo o sul ricavo in
maniera indipendente dai risultati dello scambio

Mentre le fonti di finanziamento dirette dipendono dall’andamento del mercato e mutano col
mutare di questo, quelle indirette possono essere attivate indipendentemente mirando,
insieme ad altri fattori, a correggerne gli effetti.

Il cinema presenta una fisionomia di mercato molto ampia, che va dal ricavato in sala ai
diritti televisivi, dalla vendita a un mercato estero al ricavato da cessioni di licenze per
fabbricare oggetti ispirati al film (merchandising). In generale, il mercato audiovisivo ha due
sbocchi:

- domestico (area geo-politica e linguistica di produzione)


- estero

Tali mercati possono suddividersi in due settori:

- theatrical —> distribuzione cinematografica


- non-theatrical —> distribuzione televisiva, noleggio e vendita di derivati,
distribuzione in rete, ancillare (proventi derivati dalla cessione di una licenza)

Capitolo sesto: Che cos’è la pianificazione?

Pianificare significa predisporre una successione di eventi, e le risorse atte a farli accadere,
con modalità ben definite, in luoghi determinati e in un arco di tempo precisamente limitato.
La pianificazione è lo strumento di gestione principe di qualsiasi attività; molti degli
insuccessi si devono, infatti, a una mancata o insufficiente opera di pianificazione.

RACCOLTA E ANALISI DEI DATI (che cosa?)

Un qualsiasi progetto di una qualsiasi attività è sostanzialmente formato da dati che possono
essere palesi o anche nascosti. Questo obbliga a un’analisi molto accurata e profonda,
senza la quale tutto il lavoro di pianificazione risulterebbe inutile o comunque basato su dati
effimeri.

ELABORAZIONE DEI DATI (quando? chi?)

Accanto al quadro delle operazioni da compiere (cioè il che cosa?) vanno aggiunti i tempi
necessari all’approvvigionamento dei materiali e quelli occorrenti alle varie lavorazioni (cioè
il quando?). Va poi elaborato il tutto secondo la migliore successione e va indicato il numero
di personale necessario alle singole operazioni (cioè il chi?). Tale elaborazione va fatta non
solo tenendo conto dei tempi necessari ad acquisire le singole forniture per coordinarle con i
tempi necessari a effettuare i lavori, ma anche per evitare spreco di risorse finanziarie.

ASSEMBLAGGIO DEI DATI


Permette di mettere a punto un piano di lavoro completo i cui termini si rifletteranno nel
piano di assunzioni, nel preventivo di spesa e in tutti gli altri elaborati resi necessari
dall’attività che intendiamo svolgere.

VERIFICA DEI DATI

Per ultima cosa si provvederà a verificare se tutti i dati e gli elaborati siano, e in che modo,
compatibili tra loro. L’operazione di verifica, contrariamente a quanto si potrebbe pensare,
non è sempre l’ultima operazione di pianificazione. Ci sono casi in cui alcune verifiche vanno
anticipate.

Capitolo settimo: La struttura della narrativa audiovisiva

Un film è composto da sequenze, cioè da unità di racconto che sono costituite da una o più
scene coerenti tra loro per il tema trattato. La scena, a sua volta, viene realizzata
dividendola in unità di racconto più piccole, dette inquadrature o piani, che risultano tutte
coerenti alla situazione descritta nella singola scena. Ogni inquadratura è formata da un
insieme di fotogrammi coerenti con la situazione descritta nell’inquadratura.

Inoltre, il film stesso può, a sua volta, far parte di un’unità di racconto più vasta (serie o
serial) e in questo caso è indicato come episodio o puntata. Differenza tra i due tipi di
serialità:

- serial —> il contenuto narrativo si svolge in puntate, ossia frammenti narrativi non
conclusivi, poiché la trama continua ininterrottamente fino alla chiusura del serial
- serie —> è basata su un genere (poliziesco, legale ecc) ed è strutturata in episodi,
ognuno dei quali indipendente dall’altro, in cui la narrazione risulta da un intreccio tra
una trama verticale che inizia, si sviluppa e finisce all’interno del singolo episodio, o
al massimo di due o tre, è una trama orizzontale che si svolge sul “fondo” e che
continua da un episodio all’altro.

Nei fotogrammi possiamo distinguere gli elementi costitutivi, che sono visivi e sonori.

Elementi visivi:

- ambiente (interno o esterno)


- condizione di luce (se giorno o notte, alba o tramonto ecc)
- personaggio (+ costume e trucco)
- arredamento
- mezzi e fabbisogno di scena
- azione

Elementi sonori:

- dialogo
- effetti interni o ambiente (i rumori di fondo propri dell’ambiente in cui si sta
operando)
- effetti esterni
- musica

Ogni inquadratura può essere ripresa più volte e ogni ripetizione di ripresa avrà un numero
successivo, così come appare su quello strumento che si usa porre davanti alla macchina
da presa prima di ogni ripresa e che si chiama ciak. Sul ciak leggiamo:

- nome del film


- numero della ripresa
- numero dell’ inquadratura
- numero della scena
- nome del regista
- nome del direttore della fotografia
- data

Questo permetterà di individuare tutte le inquadrature e di annotarle come buona o riserva


o scarto su un apposito blocco, per poi deciderne il montaggio in sala di edizione.

Bisogna prestare una grande attenzione ai dettagli per fare in modo che tra un’inquadratura
e l’altra (o addirittura tra un episodio e l’altro) non si verifichino salti di continuità. Es: se un
attore indossa una giacca a quadri all’interno di un bar, dovrà indossare la stessa giacca
entrando nel taxi che ha preso all’uscita, anche se la scena sarà realizzata dopo due
settimane. Questo vale per tutti gli elementi visivi, e quindi anche per il costume o il trucco o
l’acconciatura dei capelli o le condizioni delle luci e così via. Tutto ciò avrà delle
conseguenze organizzative ed economiche. Si dovrà prevedere, ad esempio, la necessità
che l’abito indossato dall’attore in una scena di colluttazione, sia fornito in più esemplari, dal
momento che durante la ripresa potrebbe strapparsi o modificarsi in altri modi. E poiché non
si può mai prevedere quanti saranno i ciak di quell’inquadratura, sarà difficile decidere il
numero di abiti uguali da provvedere. Tutto ciò obbliga chi elabora lo studio di fattibilità a
leggere molto attentamente la sceneggiatura, in maniera da cogliere ogni piccolo dettaglio
che possa dar luogo a un costo maggiore, come pure a un risparmio.

Capitolo ottavo: Lo studio di fattibilità

Abbiamo visto che le operazioni necessarie a una buona pianificazione sono quattro:
raccolta, elaborazione, assemblaggio e verifica dei dati. Lo studio di fattibilità seguirà la
stessa logica e la cartella Excel che lo conterrà sarà strutturata secondo gli stessi principi.

RACCOLTA DEI DATI

L’operazione consiste nel rispondere alle prime quattro domande su cui si fonda la
pianificazione: Che cosa? Chi? Dove? Come?
Chi ci darà però le risposte? Le troveremo analizzando la sceneggiatura, scena per scena.

Nel titolo della scena sono raggruppati:

- il numero progressivo delle scene


- la descrizione del set (complesso e ambiente)
- la condizione di luce (se si tratta di un ambiente interno, esterno o misto, e se è
giorno o notte)
- l’annata io è facoltativa dell’epoca storica in cui si svolge l’azione

Nella didascalia o azione sono descritti sia l’ambiente in cui si svolge la scena, sia le
azioni che compiono i protagonisti.

Nel dialogo si notano:

- i nomi dei personaggi (ruolo)


- quello che dovranno dire (battuta)
- il modo di dirlo o un’azione specifica da fare mentre la dicono (parentetico),
annotazione che non sempre appare.

Il che ci consente, nel caso della scena considerata (vedi immagine pag. 63), di rispondere a
queste quattro domande:

1) Che cosa? La scena numero 1


2) Chi? Gli attori che interpretano i ruoli di Teresa e Giovanni
3) Dove? Nell’ambiente interno “studio di Giovanni”, che fa parte del complesso
“appartamento Marco”, in condizioni di luce diurna
4) Come? Compiendo le azioni descritte e pronunciando le battute previste, nel modo
prescritto

Impostazione dello spoglio sinottico

Rilevare tutti gli elementi, da quelli apparentemente insignificanti a quelli platealmente


importanti, è l’operazione chiamata in gergo spoglio. Molti sono convinti che lo spoglio si
debba fare solo durante la preparazione. È un errore. In realtà un primo spoglio (che
chiameremo sinottico, perché conterrà in maniera sintetica tutte le informazioni e i dati di
cui abbiamo bisogno) è necessario proprio nella fase di pianificazione, perché è sulla
raccolta dei dati che lo spoglio contiene che si basa l’elaborazione dell’intero studio di
fattibilità.

Ci serviremo del programma Excel, il cui principio base è fondato sul fatto che ogni singola
casella (cella) è identificata dalle sue coordinate cartesiane, costituite dalla lettera della
colonna e dal numero della riga in cui si trova. Apriremo, quindi, una cartella Excel e sul
primo foglio inizieremo a inserire tutti gli elementi del titolo (numero della scena, complesso,
ambiente, e condizioni di luce) ordinandoli in altrettante colonne. Riserveremo poi la
successiva colonna (TL - Time Line) alla previsione della durata che la scena avrà sullo
schermo. Nelle colonne che seguono, inseriremo i nomi dei ruoli che sono presenti nella
scena, dando a ciascuno di essi un numero identificativo con il quale ne segnaleremo la
presenza nelle scene successive. Naturalmente è possibile aggiungere o togliere quante
righe o colonne converrà. Una volta ultimato lo spoglio sinottico, avremo tutti i dettagli di cui
abbiamo bisogno.

Redazione “operativa” della sceneggiatura


Per facilitare il calcolo della durata di una scena sullo schermo, dobbiamo chiedere agli
sceneggiatori di tener presente le regole operative che la sceneggiatura dovrebbe seguire.
La sceneggiatura deve quindi essere scritta:

- su fogli A4 per una lunghezza media di 45 righe per pagina con circa 85 caratteri a
spazio uno per riga (spazi inclusi), con carattere courier 8
- all’americana, cioè con le azioni descritte sulla lunghezza di tutta la riga e ruolo e
dialoghi centrati, questi ultimi non eccedenti i 40 caratteri
- dando una nuova titolazione ogni qual volta l’azione si svolge in un ambiente
diverso da quello della scena precedente oppure in un tempo narrativo diverso o
con una diversa condizione di luce
- quantificando più possibile
- descrivendo il più minuziosamente possibile il tipo di effetti (visivi o speciali)

Tale tipo di redazione consentirà di valutare con ottima approssimazione la durata delle
scene e, dunque, quanto tempo sarà necessario, per le riprese. È quasi universalmente
accettato, infatti, che tra scrittura (se redatta come sopra descritto) e durata sullo schermo si
sviluppi la relazione 1 pagina = 45 secondi circa. Il che consente di valutare la durata di
proiezione di una sceneggiatura di 120 pagine in 90 minuti circa.

ELABORAZIONE DEI DATI

Consiste principalmente nell’’applicare i concetti di efficienza ed efficacia in maniera da


sfruttare al massimo la risorsa del tempo di ripresa. Molti pensano che per girare bene un
film si dovrebbe seguire la sceneggiatura passo dopo passo, nel senso di girare la scena 1,
poi la 2, poi la 3 e via di seguito. Niente di meno efficace né di men efficiente.

Accorpamento degli ambienti e delle luci

La prima operazione che dobbiamo fare sullo spoglio è, quindi, proprio quella di accorpare
quanti più ambienti uguali per evitare inutili e dannosi trasferimenti da un luogo all’altro.
Dovremo poi ripetere, all’interno di ogni raggruppamento, le stesse operazioni per accorpare
le condizioni di luce, giacché sarebbe altrettanto insensato pretendere di mettere le luci per
la condizione giorno, cambiarle per la condizione notte, per poi rimetterle per quella di
giorno, magari la stessa giornata di lavoro.

Calcolo dei tempi di ripresa

Per stabilire quando gireremo una scena e per capire quanto tempo ci vorrà per esaurire la
lavorazione, dovremo sommare le durate previste per tutte le scene che si svolgono in uno
stesso ambiente e con le stesse condizioni di luce e potremo farlo agevolmente
aggiungendo una riga alla fine di ogni raggruppamento, dove segneremo nella casella della
TL, la somma dei tempi. Una volta definiti i tempi di realizzazione di ciascun ambiente,
dobbiamo rivolgere la nostra attenzione al concetto di media di girato utile giornaliero: il
regista si obbliga a realizzare una media di tot minuti di girato utile ogni giorno per ogni
giornata lavorativa.

Formazione delle Giornate di Lavoro (GGLL)


Partendo dalla previsione di durata dei singoli ambienti accorpati, si procederà a inserire
nell’ultima riga il numero delle scene che dovranno essere girate nella giornata, indicando
nelle colonne:

a) il set;
b) le condizioni di luce globali;
c) la durata complessiva;
d) la presenza dei ruoli impegnati;
e) il numero complessivo dei piccoli ruoli generici previsti.

Una volta formate tutte le giornate di lavoro passeremo alla successiva operazione di
pianificazione, ossia all’assemblaggio dei dati.

ASSEMBLAGGIO DEI DATI

Questa fase prevede di mettere in comunicazione tra di loro tutti i dati che abbiamo raccolto
ed elaborato e procedere ad assemblarli nel Piano di Lavorazione (PdL), che diventerà la
base di tutta la successiva attività di pianificazione.

Il Piano di Lavorazione (PdL)

Regola base di ordinamento: nel caso di esigenza di riprese notturna in una o più giornate,
si deve ordinare la sequenza settimanale delle giornate lavorative dando precedenza alle
riprese notturne per poi scalare le convocazioni successive fino a rientrare in un orario
compatibile con la necessità di non entrare nella giornata del sabato, quando si è in sede, o
di domenica, nel caso di lavorazione fuori sede.

Questo perché le ore di lavoro oltre la mezzanotte del venerdì (se si lavora in sede) o del
sabato (se la lavorazione è fuori sede) hanno un peso molto elevato (400% di aumento).
Ordinando le scene notturne a inizio settimana è più facile, scalando gli orari di
convocazione delle giornate successive rientrare nei termini di orario appena detti. Una volta
tenuto conto di queste cautele e rispettato quanto stabilito dal Contratto Collettivo
Nazionale del Lavoro (CCNL) a proposito del tempo di riposo tra una convocazione e l’altra
(almeno 11 ore) si potrà procedere a stilare il PdL definitivo.

Sulla durata del PdL potremo poi calcolare la durata dell’intero ciclo produttivo, tenendo
presente che la fase di preparazione dovrà durare almeno una volta e mezzo quella delle
riprese e che la durata dell’edizione è stabilita, a seconda del tipo di artefatto che stiamo per
produrre, dal CCNL. Su tale durata complessiva si lavoreranno i documenti successivi dello
studio di fattibilità, a partire dal piano delle soluzioni.

Il Piano delle Assunzioni (PdA)

Sul Piano Generale di Produzione stabiliremo quali sono le risorse umane che dovremo
assumere. Le ultime colonne di questo piano sono riservate al tipo di paga settimanale.
Infatti, secondo gli accordi raggiunti con il CCNL, il numero di ore settimanali varia per la
lavorazione in sede, dove è ripartito in cinque giorni, e fuori sede, dove invece si utilizza
anche il sabato. Tenendo conto del Piano Generale di Produzione, inizieremo a inserire la
quantità necessaria di ciascuna funzione, per ogni reparto, nelle settimane corrispondenti. In
una colonna con l’intestazione liv sono aggiunti i livelli retributivi pertinenti a ciascuna
qualifica. Nel caso di lavorazione fuori sede, si avrà cura di riepilogare in fondo al PdA tutte
le presenza necessarie in trasferta, divise secondo il livello retributivo a cui corrisponde
anche il tipo di alloggio, viaggio, diaria ecc (es. al regista serve una camera grande per poter
sostenere interviste).

Il Piano dei Conti (PdC)

Le lettere maiuscole o minuscole indicano rispettivamente le spese necessarie o


facoltative nella fase considerata. Ci sono cinque sezioni:

1) costi preliminari;
2) costo del personale;
3) costo delle forniture;
4) costo dei servizi;
5) costi indiretti.

La partizione verticale è secondo le fasi del ciclo produttivo in 7 colonne. Ogni voce di costo
è identificata dal numero del Mastro e del Sotto-conto.

Il Preventivo di Spesa (PdS)

Il calcolo dei costi dal Mastro 01 (costi preliminari) al Mastro 12 (oneri sociali), potrà essere
facilmente elaborato sfruttando al massimo le informazioni contenute nel PdA. Sarà
necessario fare una copia del foglio PdA e rinominarlo con la dicitura PdS-12; bisogna poi
inserire i valori corrispondenti (vedi esempio pag. 78). Una volta completato il preventivo di
costo delle risorse umane, si procederà al calcolo del Mastro 12 (oneri sociali) seguendo
le norme in materia e applicando le percentuali di legge. Per il calcolo dei mastri 13
(scenografia), 15 (materiale tecnico), 16 (pellicole), 17 (sviluppo e stampa), 18
(edizione), 19 (logistica) ci sono schemi appositi. Per calcolare il Mastro 14 (costumi)
dovremo fare una copia dello spoglio sinottico e segnare con una lettera diversa ogni
cambio d’abito necessario al ruolo, secondo le esigenze della sceneggiatura. Il Mastro 20
(servizi assicurativi) dovrà essere calcolato in percentuale sulle voci da 02 a 16, diretta
conseguenza dell’irrecuperabilità dei costi. L’unica maniera per proteggersi è fare
un’assicurazione sul rischio che la produzione si blocchi temporaneamente o
indefinitamente. Il Mastro 21 (costi legali e finanziari) sarà invece calcolato tenendo conto
delle esigenze di credito rilevate dal Cash Flow. Gli imprevisti e le spese generali saranno
calcolati in percentuale sul costo totale.

Al Pds è bene far seguire un’analisi della struttura del costo che obbedisca ai due criteri:

1) distinguere quei costi che sono inerenti agli elementi che costituiscono la base di
disponibilità del pubblico (soggetto, sceneggiatura, attori protagonisti, regista e
produttore) - sopra la linea - rispetto agli altri - sotto la linea - inerenti alle spese di
lavorazione;
2) verificare la regola di proporzionalità per la quale i costi sopra la linea non
dovrebbero superare il terzo il costo del prodotto.

Il piano finanziario

Accanto alla previsione dei costi è indispensabile avere anche un’idea di quelli che
potrebbero essere i ricavi. Il che potrebbe sembrare contrastante con la caratteristica
dell’imprevedibilità che caratterizza la produzione di narrativa audiovisiva, soprattutto se
cinematografica. Basta però ricordare che siamo nella fase della pianificazione per capire
che non è il tempo delle certezze, ma è quello in cui si sta elaborando il modello di gestione
che costituirà la bussola per orientare le nostre decisioni in quella fitta boscaglia che è il
mondo della produzione cinematografica. Dunque, tutto, ma proprio tutto, deve essere
pianificato. Anche l’imprevedibile. Tenendo conto di quanto abbiamo già detto a proposito
delle fonti di finanziamento per la produzione cinematografica, si tenterà di immaginare quali
potrebbero essere gli apporti finanziari e da quali fonti. Quindi non resta che attenerci a quei
dati in attesa di verificarli, poi, nella fase che più direttamente avrà come traguardo la ricerca
e la verifica del finanziamento. Sarà dunque sulla scorta di quelle informazioni che
redigeremo il nostro piano di finanziamento tenendo conto di quanto è stato stabilito dal
MiBAC (Ministero per i Beni Ambientali e Culturali).

Il Cash Flow (vedere meglio)

Come abbiamo visto, il periodo delle Riprese è (a parte quello della Pianificazione) il più
breve dell’intero ciclo produttivo, ma è quello che ha il maggior costo. Senza la guida del
Cash Flow e senza l’analisi dell’andamento della spesa che esso permette, sarebbe
praticamente impossibile controllare se, come e perché la spesa reale è diversa da quella
pianificata. Questa verifica è tanto importante che è imperativo poterla fare a cadenza
settimanale, preferibilmente nel lunedì di ogni settimana di riprese. L’elaborazione del Cash
Flow si effettua sulla scorta dei piani fino a quel momento acquisiti, cioè il PdL, PdA e il PdS,
tenendo conto che:

1) la parcellizzazione dei costi durante le fasi di preparazione e delle riprese deve


essere fatta per settimana;
2) per i pagamenti del personale basta ordinare il PdS relativo alle risorse umane
(mastri da 01 a 11) in maniera da avere per ciascuna settimana il carico di spesa
inerente al personale impiegato;
3) i pagamenti delle forniture dipendono dalle scadenze contrattuali che abbiamo
concordato e che vanno riportare nel Cash Flow;
4) il divario negativo tra costi e ricavi costituisce la massa di interessi passivi che
dovremo sopportare.

Per tutte le altri voci di costo che sono attivate durante le fasi di pianificazione,
finanziamento e edizione, si applicherà lo stesso metodo ma si parcellizzerà il costo in mesi
anziché in settimane.

Una volta completata la parte dei costi, compileremo quella dei ricavi e, infine, l’ultima parte
che ci darà la differenza progressiva costante tra costi e ricavi, in maniera da poter calcolare
i tempi e i valori dei discostamenti. In tal modo potremo prevedere l’entità degli eventuali
interessi passivi che saranno a nostro carico e che immetteremo poi nel Mastro 21 ( spese
legali e finanziarie).

VERIFICA DEI RICAVI

Consiste in quattro operazioni:

1) verifica della numerazione delle scene:


2) verifica delle sequenze;
3) elaborazione di una tavola cronologica;
4) calendario di fattibilità.

Elaborazione di una tavola cronologica

È sempre necessaria ogni qualvolta il progetto presenti:

- commistioni di cronologia (da un anno all’altro, da un decennio all’altro ecc)


- caratteristiche geografiche e meteorologiche diverse
- spostamenti intercontinentali tra una scena e l’altra

Calendario di fattibilità

Serve soprattutto a verificare che le date di disponibilità di un certo attore x siamo compatibili
con quelle ritenute più idonee alla fase di ripresa. Oppure se l’approvazione definitiva della
sceneggiatura da parte di un network televisivo o di un coproduttore sia compatibile, ad
esempio, con il contratto di sceneggiatura che abbiamo fatto.

Un metodo per elaborare con sufficiente sicurezza il calendario di fattibilità consiste


nell’unire tutti i dati (e le date) che sono in nostro possesso per verificarne la compatibilità tra
loro e con lo studio di fattibilità. Se si constata che l’ipotesi di PdL fatta in precedenza
contrasta, ad esempio, con la chiusura di vari contratti finanziari o con la disponibilità di uno
degli attori protagonisti o dello stesso regista, sarà necessario ritornare sul PdL e apportarvi
le modifiche necessarie per accordarlo alle indicazioni forniteci dal calendario di fattibilità.

Capitolo nono: La pianificazione oltre la sua fase

Tenendo conto dell’elasticità del ciclo produttivo, si rende necessario pianificare


accuratamente anche le altre fasi.

Il piano di preparazione (PdPre)

Per questo piano non esiste quasi nulla se non in qualche libro americano. La preparazione,
oltre a costituire la fase centrale di tutto il ciclo produttivo, è la fase di lavorazione in cui
cominciano a convergere sinergicamente, con pari dignità e urgenza, le esigenze creative e
operative dell’opera audiovisiva che stiamo producendo. Si tratta di una fase estremamente
importante che, però, è spesso sottovalutata o presa alla leggera. Il piano di preparazione,
come tutti gli altri, tenta essenzialmente di rispondere alle domande basilari della
pianificazione, con la differenza che al Chi? corrispondono, oltre che funzioni singole, anche
interi reparti. Il PdP non si discosta, per quanto riguarda il metodo, dal PdL. Solo che al
posto degli ambienti e degli attori saranno evidenziate operazioni e funzioni. Il PdP ci sarà
utile anche per stilare con maggior precisione il PdA, dal momento che rende palese sia la
necessità che le modalità di assunzione di quella tale risorsa umana per quella tale
motivazione ecc.

Il piano di edizione (PdE)

Può sembrare che la fase di edizione non vada pianificata, in fondo si tratta solo di mettere
in sequenza tutto il materiale che è stato girato, scegliere dove e come tagliare, e arrivare al
montaggio finale. Così, però, non è. Perché anche nella fase di edizione si intrecciano
operazioni e funzioni e sono coinvolte organizzazione esterne (laboratori di sviluppo e
stampa, cooperative di doppiatori ecc), la cui disponibilità deve essere certa nei tempi e nei
modi pianificati. La congruità del PdE deve essere verificata per tempo e in maniera tale da
renderlo uni strumento duttile e utile nel caso fosse necessario discostarnese. È importante
che si provveda a farlo già prima della fine delle riprese, per valutare e decidere quali
potrebbero essere le conseguenze derivanti da indisponibilità di strutture e di singoli
operatori. È necessario, infatti, tener conto che, in genere, operazioni come il doppiaggio o il
taglio del negativo ecc sono eseguite da prestatori di servizi specifici che potrebbero essere
indisponibili per il momento in cui sarà necessario servirmene. Una volta deciso il PdE e
verificata la disponibilità di tutti gli operatori e delle organizzazioni esterne che dovranno
effettuare i singoli compiti, non resta che controllarne l’esecuzione. A tale scopo va curata
con molta attenzione la fluidità di comunicazione tra gli elementi esterni e il lavoro che si
svolge in sala di montaggio.

Il piano di promozione e lancio (PdPL)

L’azione di promozione del film o della serie televisiva è, in genere, appannaggio del
distributore o della rete che la metterà in onda. Tali argomenti non significano, però, che il
produttore debba o possa disinteressarsene, dal momento che resta comunque il
responsabile principale dell’esito dell’azione produttiva, sia sotto il profilo economico che
sotto quello sociale e professionale. In ogni caso, per una buona riuscita dell’attività
promozionale, è indispensabile che anche questa fase di produzione indiretta sia
correttamente pianificata, e non soltanto prevedendo dove e come possano essere
programmate le uscite del film, ma tenendo anche conto delle novità che l’evoluzione e le
innovazioni tecnologiche hanno portato in campo promozionale negli ultimi quarant’anni.
L’avvento del digitale, per esempio, ha avuto vari effetti sulla realizzazione e la fruizione di
narrativa audiovisiva (es. più effetti speciali e più realistici, fruizione di un’opera audiovisiva
non solo al cinema…).

La promozione di un film o di una serie tv è un processo articolato che coinvolge vari


soggetti e si basa sempre sulle stesse operazioni di qualsiasi altro tipo di pianificazione:

- screening, che corrisponde alla raccolta dei dati. Consiste nella visione della
versione definitiva del film da parte dello staff promozionale e serve a individuare
quei punti di forza narrativa sui quali basare la campagna promozionale;
- strategy, che corrisponde all’elaborazione dei dati. Consiste nella decisione di
dettagli strategici come la data di uscita del film, il budget a disposizione, il tipo di
campagne di marketing da svolgere;
- operational planning, corrisponde all’assemblaggio dei dati;
- launch buzz (che può anche considerarsi una verifica dei dati), cioè quel periodo che
va da sei a quattro settimane prima dell’uscita del film in cui si concentra la
partecipazione di attori e registi ai vari talk show o serate televisive, le prime visioni,
organizzate come eventi mondani, le eventuali partecipazioni a festival e così via con
tutto il loro circo promozionale.

Non ci si aspetti, però, che il digitale abbia cambiato qualcosa nella dura legge del marketing
audiovisivo. Se il film, fin dalla prima settimana di programmazione, non soddisfa le
aspettative di presa sul target, è destinato essere sostituito da un altro. Se una serie
televisiva, fin dalle prime due puntate, non sfonda, cioè non riscuote il successo che si
sperava, sarà abbandonata. La polemica intorno alla concorrenza tra vecchi e nuovi media
è di fatto sterile. Il punto non è se funzionano più o meno gli uni agli altri, ma come possono
essere usati sinergicamente. Certo, spazi televisivi e carta stampata sono mezzi
indispensabili per dare visibilità al film, ma i social network sono uno strumento altrettanto
indispensabile, potendo essere utilizzati per un tempo infinitamente più lungo con un costo
quasi inesistente. Non dimentichiamo che lo strumento più efficace e pericoloso della
promozione, il passaparola ha trovato nei social la sua dimora preferita.

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