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1.

Introduzione alla politica economica


Possiamo definire la politica economica come la disciplina che studia l'azione economica
pubblica, in quanto indaga su: le scelte correnti dell'ente pubblico, la scelta delle istituzioni di
livello superiore, l'individuazione delle preferenze stesse della società. La politica economica si
pone quindi come un completamento dell'analisi del comportamento degli operatori e del
funzionamento dei sistemi economici condotta dell'economia politica.

Il primo livello di analisi consiste nello stadio delle scelte correnti, che aiuta a comprendere il
processo dal quale gli enti pubblici partono per operare le proprie scelte, dopo aver fissato gli
obiettivi dell’ente pubblico stesso.

Lo stadio delle scelte istituzionali invece comprende l’esistenza del mercato e dell’ente pubblico
e delle sue articolazioni. Una volta chiari gli obiettivi della collettività e noto il funzionamento
dell’economia, si passa alla scelta delle istituzioni economiche più opportune per il governo della
collettività.

Il terzo livello è quello delle scelte sociali che riguarda l’individuazione degli obiettivi socialmente
desiderabili, tenendo conto delle preferenze ed obiettivi dei vari componenti della collettività. (in
economia politica es. imprenditore che mira a massimizzare il profitto e manager che accresce la
dimensione dell’impresa).

2. I fallimenti microeconomici del mercato


Lo stato e il mercato sono due istituzioni a confronto. Il momento dell’interazione è l’oggetto di
studio della politica economica. Quest’ultima si occupa di ricercare il giusto equilibrio tra Stato e
mercato in modo tale che vengano perseguiti gli obiettivi ed i principi verso i quali la società
dovrebbe tendere. Lo Stato deve intervenire quando il mercato diventa inefficiente di perseguire
raggiungere gli obiettivi prefissati.
Questi obiettivi si caratterizzano in due ambiti distinti e separati, hanno a che fare da una parte
con l’efficienza e da un’altra parte con un ambito che ha a che fare con la distribuzione
dell’output prodotto ossia quello dell’equità.

Efficienza
L’efficienza può essere intesa in diverse declinazioni:

• efficienza statica (concetti che hanno a che fare con una situazione economica che non
evolve, che presenta punti di equilibrio statico)
• efficienza dinamica (capacità di apprendere nel tempo i problemi e di fornire risposte
adeguate, attiene agli ambiti in cui si ha una dinamica di evoluzione, con il passare del
tempo l’equilibrio si modifica)

L’efficienza statica si suddivide in efficienza allocativa ed efficienza x.

Efficienza allocativa (o paretiana): prima di parlare dell’efficienza allocativa è necessario


introdurre prima il concetto di criterio paretiano secondo il quale, un’allocazione A è
socialmente preferita ad un’altra allocazione B se l’allocazione A è per almeno un individuo
preferita e per gli altri individui è indifferente rispetto all’allocazione B
In sintesi: tra due allocazioni delle stesse risorse, quella A è la situazione in cui un individuo sta
meglio (rispetto al caso B) e agli altri individui non stanno peggio di B, A è la preferita, a
prescindere dalla ricchezza di partenza del soggetto che vede migliorare la propria situazione.

L’ordinamento di Pareto richiede che nessuno si opponga al passaggio da A a B, in quanto


nessuno peggiora la propria posizione, e anzi qualcuno la migliora. Questo criterio implica un
giudizio di valore che attiene alla sfera della morale di un individuo, fa riferimento alla morale
collettiva che definisce i principi e gli obiettivi di una società: se si arricchisce il privilegiato e gli
altri rimangono nella stessa condizione, è auspicabile?

Un concetto fondamentale e centrale per valutare l’efficienza è quello di ottimo paretiano. Una
determinata allocazione è un ottimo paretiano se non esiste nessun’altra allocazione dove è
possibile migliorare la posizione di un individuo senza peggiorare quella di almeno un altro
individuo. Se non è possibile passare da una situazione A ad una B se non ci sono margini di
miglioramenti paretiani, la locazione delle risorse ottenuta è paretianamente ottima.

L’ottimo paretiano in un’economia di produzione e di consumo richiede l’efficienza in tre ambiti:

• l’efficienza nell’allocazione nel consumo dei beni (non è possibile attraverso lo scambio di
due beni, migliorare la condizione di un individuo senza peggiorare quella di qualcun
altro)
• l’efficienza negli inputs produttivi (non è possibile migliorare la produzione riallocando gli
input della produzione, riallocandoli da un settore ad un altro, da un’impresa ad un’altra,
senza peggiorare la produzione in altri ambiti dell’economia)
• l’efficienza generale (con la quale si intende il combinato disposto dell’efficienza allocativa
e della produzione)

Questi tre principi devono essere simultaneamente soddisfatti affinché ci sia una situazione di
ottimo paretiano. In caso contrario sarà sempre possibile modificare la distribuzione l’allocazione
degli input e output ed avere un pareto improvement.

L’efficienza x (che riguarda sostanzialmente le imprese) è la capacità di scegliere i programmi di


produzione tecnicamente efficienti. Dato lo stato delle conoscenze tecnologiche, le imprese sono
in grado di produrre, di compiere le scelte tali da ottenere il massimo da ciascun input della
produzione. Avremo efficienza X quando non avremo lavoratori e/o macchinari che lavorano al di
sotto del loro potenziale. È una precondizione affinché ci sia un’efficienza nella produzione alla
quale andremo ad affiancare l’efficienza allocativa, unite nell’efficienza generale da cui discende
l’ottimo paretiano.

L’ efficienza dinamica si divide in:

Efficienza adattiva: capacità di apprendimento graduale dei problemi e delle risposte


‘corrette’. La capacità di produrre risposte efficienti ai problemi di natura produttiva.

Capacità innovativa: l’efficienza consiste nella capacità di introdurre innovazioni di


prodotto o di processo nella produzione

Data la tecnologia corrente devo saper definire i programmi di produzione più efficienti per avere
il massimo da quella tecnologia data: efficienza x (statica)

Capacità di introduzione delle tecnologie: capacità innovativa (dinamica)


Equità
Per quanto riguarda il concetto di equità vi sono molteplici concetti che possono attenere a:

• i punti di partenza (es. scolarizzazione, una società equa permette a tutti di avere lo stesso
livello di istruzione)
• i risultati finali (attiene all’output finale)
• procedure distributive (non devono incorporare meccanismi sperequativi tra classi sociali,
soggetti, pezzi di popolazione disposti in diverse aree del Paese)

Il primo teorema dell’economia del benessere


Afferma che le condizioni di efficienza paretiana sono realizzate in una particolare configurazione
istituzionale costituita da un’economia decentrata di concorrenza perfetta.
In altre parole: l’allocazione dell’equilibrio del mercato in concorrenza perfetta è pareto-
efficiente. Il mercato se lasciato a se stesso in concorrenza perfetta produce un risultato
perfettamente efficiente in senso paretiano.

Affinché vi siano le condizioni di concorrenza perfetta:

• il bene prodotto deve essere omogeneo. Ciascun’impresa produce esattamente lo stesso


identico bene, un output identico. È una condizione non sempre verificata.
• le imprese operano in condizione di “informazione perfetta” (trasparenza di mercato),
ossia tutti gli operatori dispongono di informazioni complete. Ciascun’impresa sa
esattamente le condizioni in cui si trovano a produrre tutte le altre imprese, quali sono i
gusti dei consumatori ecc. Non vi sono asimmetrie informative, non vi sono imprese che
hanno maggiori informazioni rispetto ad altre imprese.
• le imprese hanno una dimensione atomistica tale da non poter influenzare in alcun modo
i prezzi di vendita (le imprese sono price-taker, cioè prende il prezzo come dato. Il prezzo
si determina nel mercato nell’intersezione tra domanda e offerta globale del bene).
• non esistono barriere all’ingresso e all’uscita dei concorrenti. Non vi sono asimmetrie tra le
imprese che si trovano in un istante di tempo T e tra quelle che si trovano a T+1.

Le condizioni di concorrenza perfetta devono valere per tutti i mercati (completezza dei
mercati).
Le condizioni affinché si verifichi ciò:

• assenza di esternalità (l’attività di produzione/consumo di A non influisce su quella di B).


L’influenza di un’attività svolta da un soggetto A su B senza che vi sia una compensazione
economica per dei vantaggi o dei danni che ricadono su un altro soggetto .
• assenza di beni pubblici (non vi devono essere beni caratterizzati da non rivalità nel
consumo e dalla non escludibilità per cui non è possibile fissare un prezzo). Es. onde che
trasmettono segnali radiofonici, non sono rivali nel consumo (non limito nessun altro se io
ascolto la radio e nessuno può esserlo)
• assenza di incertezza/asimmetria informativa. Entrano in gioco due ulteriori tipi di
problemi che caratterizzano i mercati incompleti: moral hazard (comportamento
scorretto nei confronti di un altro soggetto per avvantaggiare la propria posizione in
quanto si è a disposizione dei informazioni che l’altra parte non possiede per cui si finisce
con un mercato inefficiente o porta a scelte sbagliate) e adverse selection (si verifica
quando una delle parti ha un incentivo a comportarsi in modo opportunistico o rischioso
perché sa che gli eventuali costi saranno sostenuti dall’altra parte).

Date queste caratteristiche possiamo definire il concetto di equilibro walrasiano.

L'equilibrio walrasiano è un equilibrio di mercato di concorrenza perfetta. Dati N mercati,


l'equilibrio walrasiano si verifica quando esiste un vettore di prezzi P( p1, ... , pn ) tale da eguagliare
esattamente la domanda Dn e l'offerta Sn in ogni mercato (equilibrio economico generale).

La legge di Walras è un teorema della teoria dell'equilibrio economico generale in base al quale
nell'aggregato in un mercato l'eccesso di domanda è nullo.

Limiti del primo teorema dell’economia del benessere: i requisiti sono abbastanza irrealistici e
difficili da realizzare, per cui la portata è piuttosto limitata.

Un ottimo paretiano inoltre può essere raggiunto in condizione di mercato efficienti ma in un


regime dittatoriale o di schiavitù, per cui gira tutto intorno e solo all’efficienza economica. Può
sussistere inoltre in una situazione di distribuzione iniqua della ricchezza. ‘Ottimo’ non implica la
desiderabilità di un equilibrio. Implica solo il rispetto delle condizioni di efficienza nello scambio,
nella produzione e ‘globale’ rispetto ad una data allocazione iniziale delle risorse. Il concetto di
ottimo paretiano coincide solo con l’impiego efficiente delle risorse ma si allontana dalla
definizione di una situazione desiderabile.

Il secondo teorema dell’economia del benessere: l’intervento pubblico


Modificando opportunamente le dotazioni iniziali con particolari strumenti di
redistribuzione, imposte o sussidi in somma fissa (cd. lump sum tax), un’economia
concorrenziale consente di raggiungere qualsivoglia stato sociale pareto-efficiente sulla
frontiera massima dell’utilità.

Vale a dire che modificando l’allocazione iniziale delle risorse, in un mercato in perfetta
concorrenza, possiamo raggiungere un equilibro altrettanto ottimo in senso paretiano ma
possiamo avere una distribuzione delle risorse totalmente differente da quella iniziale. Si arriva ad
un intervento pubblico dello Stato nell’economia. Il policy-maker deve sposare l’equilibrio
caratterizzato da condizioni di distribuzione del reddito maggiormente desiderate. Lo stato ha un
compito di equità, il mercato ha il compito di portare il sistema verso un sistema di efficienza
dell’impiego delle risorse nel consumo e nella produzione. Tale divisione stabilisce il trade-off tra
equità ed efficienza.

I fallimenti microeconomici di mercato alla luce del primo teorema


I mercati completi concorrenziali possono fallire se:

• non vi è un regime effettivamente concorrenziale


• se siamo in presenza di esternalità
• se siamo in presenza di beni pubblici
• se siamo in presenza di costi di transazione ed asimmetria informativa

Il mercato non raggiunge un equilibrio in senso di ottimo paretiano.

Inoltre, anche se si raggiungesse l’ottimo paretiano, vi sono dei punti di critica associati a tale
equilibrio:
• iniqua distribuzione del reddito e delle risorse
• bisogni meritori. Consistono nella garanzia e tutela da parte del policy maker di quei
bisogni che hanno una validità sociale e che pertanto può avere senso garantire alla
popolazione a prescindere la mercato in cui si opera e dalla distribuzione iniziale delle
risorse. Es. sanità, istruzione, ecc. differiscono dai beni pubblici in quanto i beni meritori
rappresentano un obiettivo desiderabile dal policy maker. Non sono caratterizzati dalla
non rivalità nel consumo e non escludibilità (non limito nessuno se consumo acqua e
nessuno è limitato dal bere). I beni meritori sono escludibili, sono rivali nel consumo (es.
istruzione).
• specificità del concetto di efficienza (il principio dell’individualismo etico rappresenta il
fondamento morale sul quale si basa il giudizio di valore che ci fa definire una situazione
ottima in senso paretiano).

Mercati non perfettamente concorrenziali


Concorrenza perfetta: eguaglianza tra prezzo al quale viene venduto il prodotto e costo
marginale (costo dell’ultima unità prodotta di un determinato bene. Es. produzione di 100 paia di
scarpe, il costo marginale è il costo di produzione del centesimo paio di scarpe. Se il prezzo
stabilito dal mercato è 40E e la centesima unità la posso produrre per quel prezzo, mi fermo lì.
Oltre non mi conviene perché mi costa di più).

Quando questa situazione non si verifica (e si hanno casi di concorrenza monopolistica,


monopolio, oligopolio) è impossibile raggiungere l’ottimo paretiano.
La politica economica (ad. es. attraverso la legislazione antimonopolistica) può cercare di
rimediare a questo fallimento di mercato cercando di invogliare le imprese ad abbassare il
prezzo fino ad eguagliare il prezzo e il costo marginale.

- L’assenza di concorrenza perfetta, che causerebbe l’incompletezza del mercato, si ha quando:

1. Vi è una scarsa numerosità degli operatori e rendimenti di scala (diminuzione del costo
medio di produzione di fronte all’aumento di produzione)

Il monopolio può essere di fatto, legale o naturale. Abbiamo un solo operatore che
produce interamente l’output considerato. C’è una coincidenza tra l’offerta complessiva di
mercato e della singola impresa.

I monopoli possono essere naturali se si ha un solo produttore che possiede una


determinata materia prima (es. benzina nel caso di un solo Paese con giacimenti
petroliferi)

Possono essere legali, voluti dalla legge (es. brevetti).

Il monopolio può essere di fatto, la posizione di monopolista è conferita ad un’impresa


per un determinato periodo ti tempo. Le public utilities sono state fino agli anni Ottanta
un esempio di monopolio creato sia per la presenza di accentuate economie di scala (La
locuzione economie di scala indica la relazione esistente tra aumento della scala di
produzione (correlata alla dimensione di un impianto) e diminuzione del costo medio
unitario di produzione)(ad es. acqua, energia, telefonia) che per scelte del legislatore.
Il monopolista produce una quantità q tale da eguagliare il CMg al RMg. Il prezzo
praticato dal monopolista è maggiore del CMg ed ecco che non si rispetta la condizione
per cui P=CMg.

Vi è una allocazione inefficiente delle risorse: la quantità di output prodotta è inferiore a


quella ottimale e dunque alcune risorse (input) non vengono impiegate efficientemente
(vi è un sottoimpiego delle risorse).

L’oligopolio è una forma di mercato non concorrenziale che si realizza più


frequentemente del monopolio.

Ciascun oligopolista fissa il prezzo (o la quantità) ottima osservando il comportamento


delle imprese rivali (scelte strategiche). Ciò implica che in oligopolio non si raggiunga
necessariamente un equilibrio efficiente in senso paretiano.
La politica economica può cercare di rimediare a questo fallimento di mercato ad. es.
attraverso la legislazione antimonopolistica o cartelli.

2. Vi è la mancanza di libertà d’entrata e d’uscita

L’assenza della contendibilità dei mercati (dove vi è perfetta libertà di entrata ed uscita) è
determinata dalla presenza di barriere all’inizio.

In presenza di extraprofitti di un produttore che opera in mercato x, può attrarre altre


imprese ad entrare nel mercato. Se ci fossero barriere non potrebbero farlo.
Se entrano altre imprese, aumenta la quantità di output prodotta e venderanno l’output
ad un prezzo leggermente più basso rispetto alle imprese incombenti nel mercato. Si
innesca un meccanismo di concorrenza che determina un abbassamento del prezzo e
aumento della quantità prodotta. Nel momento in cui non vi sono più extraprofitti il
meccanismo si blocca, ossia quando si verifica la condizione di mercato in concorrenza
perfetta. In assenza di contendibilità, non si innesca questo fenomeno di concorrenza e
quindi il prezzo resta fissato ad un prezzo più alto e la produzione resta su livelli
quantitativi più bassi.

Nella realtà spesso vi sono costi non recuperabili, barriere all’entrata rappresentate da
questi sunk cost (es. formazione del personale).

3. Vi è un’imperfetta informazione, omogeneità dei prodotti ed accordi collusivi

In assenza di informazione perfetta sul livello dei prezzi praticati nelle diverse
contrattazioni relative allo stesso bene si ha la c.d. segmentazione dei mercati e la
conseguente possibilità di squilibri su alcuni segmenti (es. mercato rionale del pesce. Se
ogni imprenditore e acquirente non ha un’informazione completa sul prezzo completo
delle altre bancarelle allora si ha una segmentazione in cui alcune parti il prezzo è P1 e P2.
Questa segmentazione determina una situazione di squilibrio tra i vari segmenti del
mercato senza la possibilità che le forze del mercato portino ad un equilibrio di domanda
e offerta. In alcune zone il pesce rimane invenduto, in altre c’è un eccesso di domanda).

Spesso da parte delle imprese vi è una volontà di produrre un bene che sia disomogeneo
rispetto al bene prodotto da altre imprese per scelte strategiche per caratterizzare il
proprio output.
In presenza di accordi collusivi anche se fosse rispettato l’atomismo dell’offerta imprese,
se queste fanno cartelli tra di loro con accordi collusivi, allora ci si allontana dalla
concorrenza perfetta.

- I mercati possono essere incompleti in presenza di esternalità.

Si ha l’esternalità quando in un’attività di produzione o di consumo, un soggetto influenza,


negativamente o positivamente, il benessere di un altro soggetto, senza che quest’ultimo riceva
una compensazione (nel caso di impatto negativo) o paghi un prezzo (nel caso di impatto
positivo) pari al costo o al beneficio sopportato/ricevuto.
L’assenza di questi meccanismi compensativi determina l’assenza del mercato. Non c’è
compensazione e non c’è mercato. L’esternalità ha degli effetti che non vengono incanalati nella
logica di mercato. Può avvenire dal lato della produzione e dal lato del consumo.

Nel caso della produzione, possiamo fare l’esempio dell’impresa inquinante. L’esternalità
negativa nella produzione se non compensata determina il fallimento del mercato. L’esternalità
positiva nella produzione, per esempio nel caso dei training di lavoro e il concetto di distretto
industriale, ha degli effetti positivi anche sulle altre imprese.

Si ha esternalità negativa nel consumo nel caso in cui per esempio io consumi tabacco e
danneggio gli altri.

L'esternalità indica dunque l'effetto di un'attività che ricade verso soggetti che non hanno avuto
alcun ruolo decisionale nell'attività stessa.

Ciò comporta una divergenza tra i costi privati e costi sociali. Es. fabbrica che determina delle
esternalità negative di produzione inquinando. In assenza di una normativa che vieti all’impresa
di inquinare, questa inquinerà liberamente e questo non avrà alcun costo. Il costo privato di
questa impresa = costo di produzione in cui rientrano i costi fissi e costi variabili. Se l’impresa
inquina, l’attività avrà una ricaduta sul costo sociale. L’elemento di divergenza emerge quando si
tratta di quantificare il danno dato dall’inquinamento (es. costi per ripulire l’ambiente = costo
sociale associato all’esternalità negativa di produzione non rimesso all’azienda). Questo produce
un fallimento di mercato da correggere da parte del policymaker (es. Ciò può essere ottenuto
attraverso imposte, dette pigouviane, a carico dei creatori di diseconomie esterne).

Il problema è legato alla definizione dei diritti di proprietà, oggetto di studio di Coase che
propose un teorema che era orientato a dimostrare come un’attribuzione di diritti di proprietà
fosse fondamentale per definire la dinamica di convergenza verso l’equilibrio socialmente ottimo.
Avendo attribuito in maniera completa i diritti di proprietà (es. aria, atmosfera) la collettività
mediante l’accordo con i produttori sarà in grado di riportare il sistema verso l’equilibrio
socialmente ottimo. Questo avverrà a prescindere di come verranno attribuiti i diritti di proprietà.

- Il bene pubblico è un bene caratterizzato da

• Non rivalità nel consumo e non escludibile nel consumo (es. radio)
Non rivali ma escludibili: beni di “club” (es. beneficiare di un parco naturale che si trova dentro un
club privato. Pubblico ma solo per i soci.)

Rivali ma non escludibili: beni comuni

Il problema legato alla presenza di beni pubblici è il problema del free riding/parassitismo. La
presenza di un bene pubblico induce i soggetti economici a comportarsi da free riders ossia
tendono ad avere un comportamento per cui essi vogliono beneficiare dei vantaggi dei bei
pubblici senza sostenerne in alcun modo i costi. es. costruzione di un faro che avvantaggi gli altri
armatori. Questi aspetteranno che a pagarne i costi saranno gli altri. Teoria dei giochi. L’equilibrio
verso il quale sistema converge, è quello in cui entrambi i soggetti non costruisce. Questo
equilibrio è subottimale, ossia non pareto-efficiente, ma è un equilibrio di Rash secondo il quale i
soggetti si comportano in modo razionale, da free rider. L’equilibrio ottimo in senso paretiano
sarebbe la collaborazione in cui entrambi hanno il massimo beneficio. Questo fallimento di
mercato giustifica l’intervento dello Stato in economia.

- I costi di transazione e le asimmetrie informative possono causare il fallimento di mercato.

Se vi sono parti meglio informate e peggio informate, si presentano problemi di agenzia in cui ci
possono essere circostanze in cui vi sono dei comportamenti di azzardo morale o selezione
avversa.

- Distribuzione del reddito ed equità: un altro spazio di intervento pubblico non orientato al
ripristino dove il mercato fallisce ma all’ottemperamento di certi obiettivi che ricadono nei beni
meritori che hanno come finalità il raggiungimento di certi requisiti minimi di distribuzione del
merito e di equità.

Duplice azione dello stato: ripristino del mercato fallito e individuazione di un equilibrio ottimo in
senso paretiano ma che corrisponda a dei desiderata sociali in termini di distribuzione del
reddito.

Secondo alcuni economisti una migliore distribuzione del reddito può incrementare l’efficienza
del sistema invece che ridurla.

Gli interventi del settore pubblico possono anche basarsi su una logica diversa dal mero ripristino
dell’efficienza del mercato, ma piuttosto possono trarre fondamento dall’equità (es. bisogni
meritori).

L'accettazione anche parziale del punto di vista del bisogno, sul piano economico, implica,
dunque, che si presti attenzione alla distribuzione del reddito.

L'equità è una causa di fallimento di mercato che giustifica l'intervento pubblico anche in
situazioni di efficienza paretiana. Si tratta di casi limite che però evidenziano la possibilità che
situazioni efficienti nel senso di Pareto siano caratterizzate da distribuzione del reddito giudicate
inique dalla gran parte della collettività. In base ai due teoremi dell’economia del benessere,
emerge l’esistenza di una netta separazione tra i due concetti di efficienza ed equità. Si tratta di
due obiettivi raggiungibili separatamente l’uno dal mercato e l’altro dallo Stato. Una prima critica
alla separazione di efficienza ed equità è connessa con impossibilità di operare una
redistribuzione dell’allocazione delle risorse non distorsiva. Sia il prelievo fiscale, infatti, sia la
concessione di trasferimenti possono influire sull'incentivo ad offrire lavoro e a risparmiare.
Inoltre, la redistribuzione implica il sostenimento di costi di amministrazione che di per sé ne
riducono l'efficienza. Per questi motivi alcuni economisti sostengono l’esistenza di un trade-off
tra efficienza ed equità, nel senso che l'equità può essere raggiunta soltanto a scapito
dell’efficienza.

La tesi del trade-off è spiegata dalla parabola del secchio bucato di Okun secondo cui le politiche
di redistribuzione tramite le imposte ecc. a vantaggio dei poveri, possono disperdessi e non
arrivare ai poveri per cui non si raggiungerebbe l’efficienza. Il secchio, in cui idealmente è posto il
reddito sottratto al ricco, ha una perdita, così che il povero riceverà una quantità inferiore a quella
che è stata sottratta al ricco. Tuttavia, molteplici considerazioni possono portare ad affermazioni
di contenuto opposto: un miglioramento dell'equità può infatti accrescere l'efficienza per varie
ragioni.

Tutti questi aspetti hanno una natura microeconomica perché riguardano elementi
microeconomici.

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