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SCIENZA DELLE FINANZE

La scienza delle finanze ha come oggetto il finanziamento delle attività dello Stato nell’economia
di mercato.
In un’economia di mercato, la produzione è effettuata da produttori che offrono beni e servizi a
prezzi che dovrebbero riflettere i costi di produzione. Il funzionamento dell’economia richiede
però regole e vincoli. Un ruolo importante è rappresentato dallo Stato che manifesta la presenza
in vari campi (sicurezza, giustizia, etc.) e a molti livelli (nazionale e locale).
Il ruolo dello Stato si traduce in attività che hanno una rilevanza finanziaria, ma non solo. Si
manifesta anche attraverso l’attività con cui definisce le regole del gioco che tutti i membri devono
rispettare.
Secondo Musgrave, l’attività dello Stato si può classificare in tre funzioni fondamentali:
• Allocazione, cerca di capire in che modo lo Stato influenza l’efficienza economica. Il
modello dell’equilibrio economico generale tenta di fornire una spiegazione su come si
formano i prezzi e le quantità prodotte in un’economia di mercato. Il contributo che
l’economia pubblica ha dato a questo impianto teorico è iniziato con l’osservazione che
esiste un particolare tipo di beni (BENI PUBBLICI) che possiede caratteristiche intrinseche.
Un’impresa privata non ha incentivo a produrre tali beni perché non potrebbe costringere
gli acquirenti a pagare il prezzo del servizio da essi richiesto. Inoltre, gli acquirenti non
hanno incentivo a pagare per tali beni à FALLIMENTO DEL MERCATO
• Redistribuzione, spesso gli interventi dello Stato mirano a intervenire sulla distribuzione
dei redditi e dei patrimoni. In assenza di tali politiche, la distribuzione sarebbe determinata
dalla distribuzione delle dotazioni iniziali dei soggetti che compongono una società. Infatti,
anche se il mercato operasse in maniera efficiente, la distribuzione del reddito e della
ricchezza prodotta non corrisponderebbe a criteri di equità.
Lo Stato ha il potere di modificare la distribuzione, e può svolgere questa funzione in vari
modi:
- Trasferimenti monetari a favore di particolari gruppi di cittadini
- Intervenendo sui prezzi dei beni (agevolazioni concesse à servizi di asilo nido,
etc.)
- Fornitura diretta di servizi ai cittadini in funzione dei loro bisogni e non della
capacità che essi hanno di pagare i servizi offerti
• Stabilizzazione, compito di garantire un livello di produzione il più vicino possibile a quello
di pieno impiego

TEORIA POSITIVA E NORMATIVA


Ø Con l’analisi positiva si cerca di rispondere alla domanda: “Qual è l’effetto della politica x
sulla variabile y?”. Spiega le cause di un fenomeno economico
Cosa succede all’offerta di lavoro se aumentiamo l’aliquota d’imposta? Cosa succede alla
quantità prodotta da un monopolista se imponiamo una certa struttura tariffaria?
Ø Con l’analisi normativa si cerca di rispondere alla domanda: “Qual è la cosa migliore da fare
per ottenere il risultato Z?”. Individua la configurazione ottimale e le condizioni da
soddisfare per realizzarla e per raggiungere una situazione desiderabile
Come dobbiamo strutturare le imposte al fine di minimizzare le distorsioni nell’offerta di
lavoro? Come dobbiamo regolamentare la tariffa per il monopolista se vogliamo una
produzione in grado di massimizzare il benessere della collettività?
La teoria normativa è così importante che è diventata una disciplina a sé stante che si
andrà ad affiancare alla teoria dell’equilibrio economico generale à ECONOMIA DEL
BENESSERE (Welfare Economics). Questa teoria si domanda quale debba essere la
configurazione ottimale di un sistema economico in cui sono presenti più individui con
diversi sistemi di preferenze e diverse dotazioni iniziali di fattori. Il suo obiettivo è quindi
definire un ottimo sociale, ovvero la quantità di beni da produrre e la distribuzione degli
stessi che consentono di realizzare una situazione di massimo benessere collettivo.
Teoria dell’economia del benessere e teoria dell’equilibrio generale hanno in comune una
visione di tipo individualistico, pongono al centro dell’attenzione l’individuo razionale, e di
tipo utilitaristico, dato che il benessere dipende esclusivamente dalla quantità dei beni da
lui consumati.
L’economia del benessere attribuisce un particolare valore al principio di efficienza, noto
come principio di Pareto. Accanto al principio di efficienza paretiana, si devono prendere in
considerazione altri principi che riflettono i valori di equità e di giustizia.

Una società composta da due soli individui, può essere scritta come:

𝑊 = 𝑊(𝑈!, 𝑈# )

Questa formula misura il benessere collettivo, e la sua forma dipende dalle nozioni di equità. Una
volta assunta una data funzione W, si possiede la chiave per valutare in termini normativi qualsiasi
problema di politica economica.
Implica che il benessere sociale dipende esclusivamente dall’utilità dei soggetti che appartengono
alla società. Si assume un punto di vista individualista.
Il benessere degli individui è rappresentato dai beni e servizi di cui gli individui dispongono e
possono godere
𝑈$ = 𝑈$ (𝑋$! , 𝑋$# ) 𝑐𝑜𝑛 𝑖 = 1,2

Con X che rappresenta la quantità del bene j posseduta e consumata dall’individuo i


Come dovrebbero essere organizzate la produzione e la distribuzione dei beni tra i vari individui
della società al fine di realizzare il massimo sociale?
max 𝑊 = 𝑊(𝑈!, 𝑈# )

Tenendo conto dei vincoli costituiti da:


Preferenze iniziali Tecnologie Risorse
𝑈! = 𝑈! (𝑋!! , 𝑋!# ) 𝑋! = 𝑋! (𝐾! , 𝐿! ) 𝐾! + 𝐾# = 𝐾
𝑈# = 𝑈# (𝑋#! , 𝑋## ) 𝑋# = 𝑋# (𝐾# , 𝐿# ) 𝐿! + 𝐿# = 𝐿

Efficienza nello scambio: 𝑆𝑀𝑆% = 𝑆𝑀𝑆&


) *
Efficienza nella produzione: 𝑆𝑀𝑆𝑇'( = 𝑆𝑀𝑆𝑇'(
Efficienza nella composizione del prodotto: 𝑆𝑀𝑇 = 𝑆𝑀𝑆% = 𝑆𝑀𝑆&
Se tutte queste condizioni sono rispettate, siamo in presenza di una situazione Pareto efficiente, e
cioè di una situazione di ottimo paretiano. L’insieme delle possibili posizioni Pareto efficienti è
infinito e viene solitamente rappresentato in un grafico, in cui vengono rappresentato i livelli di
benessere dei due individui, viene tracciata la grande frontiera dell’utilità e vengono indicati anche
i punti di First Best
L’ottimo sociale è quindi rappresentato dl punto “a”

TEOREMI DELL’ECONOMIA DEL BENESSERE


• 1° Teorema
Ogni allocazione ottenuta come equilibrio economico generale in un mercato
perfettamente concorrenziale, è Pareto – efficiente
DIMOSTRAZIONE
Il consumatore sceglierà la combinazione che massimizza la sua utilità, cioè la
combinazione che porterà all’uguaglianza tra i saggi marginali di sostituzione dei due
soggetti, tenendo conto che i prezzi dei due peni sono uguali
𝑃)
𝑆𝑀𝑆% = = 𝑆𝑀𝑆&
𝑃*
Allo stesso modo, le imprese sceglieranno la combinazione ottima dei fattori in modo da
eguagliare i prezzi
)
𝑤 *
𝑆𝑀𝑆𝑇'( = = 𝑆𝑀𝑆𝑇'(
𝑟
Per il mix sarà quindi necessaria l’uguaglianza tra i costi marginali e i ricavi (=Prezzi)
𝐶𝑀) 𝑃)
𝑆𝑀𝑇 = = = 𝑆𝑀𝑆% = 𝑆𝑀𝑆&
𝐶𝑀* 𝑃*

In definitiva, il primo teorema consente di ottenere un ottimo sociale, ma non viene presa
in considerazione la giustizia sociale à interviene il secondo teorema

• 2° Teorema
Lo Stato deve intervenire per un’adeguata ridistribuzione delle dotazioni iniziali. Può farlo
introducendo delle imposte lump-sum, ovvero si tratta di trasferimenti monetari
obbligatori. Sono neutrali e non distorsivi perché non alterano il rapporto fra i prezzi.
In realtà il valore di questo teorema è prevalentemente di tipo negativo

Nella realtà in cui viviamo ci troveremo quasi sempre in situazioni di Second Best, dovute o
all’assenza delle condizioni di concorrenza perfetta o all’uso di strumenti non neutrali messi in
atto per realizzare equilibri distributivi coerenti con la funzione del benessere sociale
La domanda D è il risultato dell’aggregazione domandate da tutti i consumatori. Per ogni livello di
prezzo, il consumatore domanderà il bene sino al punto in cui il prezzo è uguale alla valutazione
dell’utilità marginale data al bene

L’offerta S è il risultato dell’aggregazione delle curve dei costi marginali dei produttori. In
concorrenza, essendo price-takers, essi fissano l’offerta al punto in cui il costo marginale è uguale
al prezzo
LA CURVA DEI CONTRATTI

In un’economia di puro scambio abbiamo 2 soggetti e 2 beni. Ogni soggetto avrà una dotazione
iniziale dei due beni e ne riceverà una determinata curva di utilità.
Questa situazione può essere rappresentata nella Scatola di Edgeworth, dove base e altezza
sono date dalla disponibilità del bene e dalle quantità totale dei beni.
Tutti i punti all’interno della scatola rappresentano dei punti di possibile scambio, ma non tutti
sono efficienti. Gli scambi efficienti si trovano sulla curva dei contratti, ovvero l’insieme di quei
punti in cui le curve di utilità sono tangenti tra loro e quindi hanno lo stesso Saggio Marginale di
Sostituzione

LA CURVA DI TRASFORMAZIONE (o frontiera possibilità produttive)

La curva di trasformazione rappresenta l’insieme di tutte le combinazioni dei due beni che
possono essere prodotte con un’allocazione efficient4e dei fattori produttivi ed equivale alla
curva dei contratti.
I punti che si trovano all’interno della curva non sono efficienti perché esisterà un punto nella
frontiera che a parità di quantità di un bene, si può ottenere più quantità dell’altro.
È concava e inclinata negativamente, e la sua inclinazione è data da:
𝐶𝑀)
𝑆𝑀𝑇)* =
𝐶𝑀*
Bisogna quindi trovare il mix efficiente nella produzione dei beni
𝑆𝑀𝑇)* = 𝑆𝑀𝑆% = 𝑆𝑀𝑆&
LA FUNZIONE DEL BENESSERE SOCIALE
La funzione del benessere sociale è uno strumento che consente di ordinare in termini di
benessere diversi possibili stati sociali. Questa funzione deve rispettare delle proprietà:
- Welfarismo, vengono esclusi atteggiamenti paternalistici. I soggetti sono sovrani
dello loro scelte
- Individualismo, vengono esclusi atteggiamenti altruistici o di invidia, cioè il
livello di utilità non vengono influenzati dagli altri
- Principio di Pareto, deve essere crescente in tutti i suoi argomenti
- Avversione alla disuguaglianza, le curve di indifferenza devono essere convesse

Esistono diverse funzioni del benessere sociale:


• FUNZIONE UTILITARISTICA O BENTHAMIANA
Secondo questa teoria, una situazione è preferita ad un’altra solo se genera maggiori
conseguenze positive (espresse in termini di benessere delle persone coinvolte nelle
situazioni considerate)
La funzione del benessere sociale sarà quindi:
𝑊 = 𝑈% + 𝑈&
Le curve di indifferenza saranno quindi delle rette con inclinazione -1

• FUNZIONE EGUALITARIA
Secondo questa teoria, ogni individuo deve raggiungere lo stesso livello di benessere
𝑈% = 𝑈&
Le curve di indifferenza possono essere rappresentate da punti, situate sulla semiretta che
interseca il piano a 45°

• FUNZIONE RAWLSIANA
Questa teoria si focalizza sull’uguaglianza e resta neutrale per l’efficienza. Inoltre, si ritiene
che l’utilità non sia un buon indicatore del benessere e propone di usare i beni primari.
Gli economisti ne applicarono una versione più ortodossa in cui l’utilità è anche
importante.
Per misurare il livello di benessere, si usa il livello del soggetto che sta peggio
𝑊 = min [𝑈% , 𝑈& ]
Le curve di indifferenza possono essere rappresentate da curve di indifferenza ad angolo
retto, il cui angolo si situa sulla semiretta che interseca il piano a 45°
Per ottenere un ottimo sociale, che sia anche un ottimo paretiano, bisogna trovare il profilo che
massimizza la funzione del benessere sociale sotto al vincolo delle utilità possibili
Quando la frontiera della possibilità di utilità è simmetrica, l’ottimo utilitaristico e l’ottimo
rawlsiano coincidono

Quando la frontiera delle possibilità di utilità è asimmetrica, avremo invece

MOTIVAZIONI DELL’INTERVENTO PUBBLICI


L’intervento dello Stato può essere giustificato dall’esigenza di correggere l’esito spontaneo del
mercato per avvicinarlo alla condizione di concorrenza perfetta. Questo capita se si è in presenza
dei cosiddetti fallimenti del mercato: monopolio naturale, beni pubblici, esternalità, asimmetrie
informative
Una seconda motivazione può essere giustificata, quando siamo in presenza di un mercato in
concorrenza perfetta, dall’esigenza di effettuare redistribuzioni coerenti con la Funzione del
benessere sociale à secondo teorema del benessere
Una terza motivazione può essere giustificata dal fatto che lo Stato fornisce beni che non sono
beni pubblici puri, in questo caso lo Stato adotta principi etici che possono essere differenti dalle
preferenze dei cittadini à BENI MERITORI
Lo Stato assume un atteggiamento paternalistico. Si pensi alle norme che impongono un obbligo di
istruzione o il divieto di assumere sostanze stupefacenti, oppure alle norme che favoriscono o
sovvenzionano attività culturali o la fornitura di abitazioni popolari. Questo atteggiamento
paternalistico si giustifica con fatto che gli individui non sempre sono i migliori giudici dei loro
interessi, soprattutto nel valutare gli effetti di lungo termine delle loro scelte

CAUSE DI FALLIMENTO DEL MERCATO


Ø Monopolio
Il monopolista pone il prezzo al livello a cui corrisponde l’eguaglianza tra ricavo tra ricavo
marginale e costo marginale. Questo prezzo è superiore al costo marginale che
corrisponderebbe all’ottimalità paretiana.
La soluzione di monopolio (𝑄+ )non è Pareto efficiente, dato che ci sarebbe spazio per
aumentare il benessere di qualcuno senza diminuire quello degli altri. I consumatori
sarebbero disposti a pagare un prezzo superiore al costo unitario di produzione.
Se fosse possibile stabile un accordo tra monopolista e consumatori, tali da spingere
l’offerta fino al valore 𝑄∗ , i consumatori ne ricaverebbero un vantaggio (SURPLUS DEL
CONSUMATORE à𝑃+ 𝐴𝐶𝑃∗ ). Il profitto del monopolista si ridurrebbe (𝑃+ 𝐴𝐵𝑃∗ ),
mantenendo comunque un vantaggio pari all’area ABC

Le posizioni monopolistiche portano quindi a una sottoproduzione ed un minor benessere.


L’intervento pubblico può essere giustificato e ci sono varie forme per intervenire, ad
esempio rimuovendo le barriere che potrebbero ostacolare l’entrata nel mercato di altre
imprese. Vi sono però casi in cui questa politica può rivelarsi inefficace à monopolio
naturale.
Il monopolio naturale tende a formarsi quando il costo di fornitura di una data quantità da
parte di una sola impresa è inferiore alla somma dei costi che potrebbero sopportare
imprese di dimensioni minori, ciascuna delle quali contribuisce solo parzialmente all’offerta
complessiva.
In questo caso lo stato può intervenire assumendo il monopolio della produzione in
proprio, ma non sarà possibile fissare il prezzo pari al costo marginale perché
produrrebbero in perdita. Non è quindi possibile ottenere un ottimo di First-Best. Si potrà
però fissare il prezzo pari al costo medio, ottenendo perciò un ottimo di Second-Best
Ø Beni pubblici
Ø Esternalità
Un’esternalità esiste quando alcune delle variabili che influenzano il costo di un produttore
o l’utilità di un consumatore sono direttamente influenzate dalla decisione di produzione o
consumo di un altro soggetto, e tale effetto non è valutato o compensato. Le esternalità
possono essere distinte in:
o Esternalità positive di consumo
o Esternalità positive di produzione – quando le decisioni produttive di un soggetto
determinano un beneficio per altri
§ Beneficio marginale esterno (aumento di beneficio che si concentra su parti
esterne quando un’impresa aumenta la produzione di un’unità)
§ Beneficio marginare sociale (beneficio marginale privato + beneficio
marginale esterno)

o Esternalità negative di consumo

o Esternalità negative di produzione – quando le decisioni produttive di un soggetto


determinano un costo o una perdita di benessere per altri
§ Costo marginale esterno (aumento di costo quando la produzione aumenta
di un’unità)
§ Costo marginale sociale (costo marginale di produzione + costo marginale
esterno)

In presenza di esternalità, la valutazione dei costi e dei benefici del singolo differisce
dalla valutazione sociale, generando così inefficienze allocative. Anche se il singolo
farà una scelta ottimale, a livello sociale non sarà così
BMP rappresenta la curva dei benefici marginali privati, cioè il beneficio marginale
corrispondente a ciascun livello di quantità prodotta
CMP rappresenta la funzione di costo delle imprese
DM rappresenta il danno marginale causato dalle imprese
CMS rappresenta la curva del costo marginale sociale

Le imprese produrranno fino al livello Q, in questo caso non si tratta di


un’allocazione efficiente perché non si tiene conto del danno marginale. Per trovare
l’allocazione efficiente è necessario tener contro del costo marginale sociale.
Quando nel mercato ci sono esternalità negative viene prodotta una quantità
superiore a quella ottimale

Per porre rimedio alle esternalità, ci sono diverse soluzioni possibili:


1. Produzione pubblica – assunzione da parte dello Stato della produzione
dell’attività che causa l’esternalità per realizzare il livello di produzione Pareto
ottimale à soluzione estrema
2. Fusione delle imprese – se la produzione dei due beni facesse capo alla stessa
impresa, sarebbe indotta a tenere conto dei costi esterni. Una fusione delle due
attività sarebbe auspicabile
3. Regolamentazione – disposizioni di legge che impongono alle imprese di limitar
la produzione di sostanze inquinanti entro parametri definiti. L’impresa
potrebbe ridurre la produzione, in reazione ai divieti, in corrispondenza del
valore di inquinamento imposto dalla legge. In alternativa, l’impresa potrebbe
realizzare investimenti in impianti di depurazione per limitare la produzione di
sostanze nocive
4. Imposte pigouviane – soluzione alternativa alla regolamentazione delle
quantità di inquinamento è l’introduzione di imposte pari al costo marginale
esterno.
Viene applicata ai prodotti ritenuti dannosi per l’ambiente quando sono usati
nel processo di produzione o quando vengono consumati o smaltiti. Grava su
ogni unità prodotta e corrisponde al danno marginale. L’introduzione
dell’imposta tiene conto dei costi esterni che generano un livello efficiente in
corrispondenza di un reddito più alto
L’imposta genererà un gettito pari all’area “OLMN” frutto del prodotto tra
aliquota (LM) e unità prodotte (NM).
La tassa pigouviana presuppone che sia facile identificare il soggetto che
provoca l’esternalità e l’entità del danno, ma nella realtà non è semplice. Delle
volte vengono applicate aliquote troppo basse, e hanno il limite di non
incentivare le imprese a investire in tecnologie pulite
5. Teorema di Coase – in questo teorema di parla per la prima volta di diritti
privati. Sostiene che la precisa attribuzione dei diritti di proprietà risolverebbe
efficientemente il problema delle esternalità negative tramite contrattazione
private. In controparte però, non si tiene conto del problema distributivo.

ESEMPIO
Un’acciaieria scarica scorie in un corso d’acqua che viene usato da un
agricoltore per irrigare i campi.
In assenza di un diritto di proprietà, l’utilizzo della risorsa non ha prezzo e
l’impresa può abusarne.
Se il corso d’acqua fosse di proprietà dell’acciaieria, sarebbe disposta a
ridurre la produzione a cui massimizza i profitti in cambio di una
compensazione pari al profitto che avrebbe ottenuto producendo delle
quantità (BMP-CMP)
L’agricoltore sarà disposto a pagare una somma inferiore al danno marginale
[DM > (BMP-CMP)]

Sarà disposto a pagare solo fino a Q*, oltre questo punto il costo marginale
sarà maggiore del beneficio

Se il corso d’acqua fosse di proprietà dell’agricoltore, l’acciaieria sarà disposta


a pagare una somma per poter inquinare purché sia minore di (BMP-CMP)
6. Diritti di inquinamento trasferibili (cap and trade)
L’autorità pubblica crea un mercato di risorse comuni rispetto cui non esiste un
diritto di proprietà stabilendo un tetto (cap) alle emissioni inquinanti totali e
successivamente in vendita i diritti di emissione.
In alternativa, lo Stato ripartisce i diritti d’emissione tra le imprese nei settori
industriali rilevanti, ed è auspicabile che l’assegnazione delle quote sua limitata
a un livello d’inquinamento inferiore a quello corrente o che venga ridotto nel
tempo.
Questi meccanismi di commercializzazione dovrebbero:
• Favorire l’efficacia ambientale riducendo le emissioni nei limiti del
cap
• Ridurre i costi di regolamentazione
• Incentivare l’efficienza consentendo alle imprese di gestire lo
scambio dei permessi e ridurre le emissioni

Ø Asimmetrie informative
L’informazione è asimmetrica quando i soggetti che partecipano allo scambio non hanno lo
stesso set di informazioni
Una delle due parti (agente) dispone di maggiori informazioni rispetto alla controparte
(principale) à SELEZIONE AVVERSA (asimmetria ex-ante)
Oppure gode di un vantaggio informativo sulle azioni intraprese che si manifesta
successivamente alla stipulazione del contratto à AZZARDO MORALE (asimmetria ex-post)
SELEZIONE AVVERSA – Si ha un problema di selezione avversa quando l’agente ha migliori
informazioni sulle caratteristiche prima del contratto. In questo caso, i motivi del
fallimento sono:
- Il prezzo di scambio influenza la qualità degli agenti che partecipano allo
scambio. Possono condurre all’uscita dal mercato dei prodotti/servizi di qualità
migliore
- Può esiste un prezzo al quale l’offerta del bene eguagli la quantità domandata
Il problema di selezione avversa può nascere ad esempio nel mercato delle auto usate (i
venditori di auto usate conoscono la quantità, mentre i compratori no. I consumatori
saranno disposti a pagare un prezzo medio, ma i venditori non sono disposti a cedere le
auto di buona qualità a un prezzo medio e quindi scambieranno solo le auto in cattivo
stato), nel mercato del lavoro e nel mercato delle assicurazioni
AZZARDO MORALE – Si ha un problema di azzardo morale quando c’è la tendenza di un
individuo non perfettamente controllato a tenere un comportamento disonesto o
indesiderabile. Prevede che le parti interessate abbiano ex ante informazioni eguali, e che
l’asimmetria si manifesta successivamente alla definizione del contratto. La parte che deve
agire in esecuzione del contratto è in grado di compiere azioni non osservabili o dispone di
informazioni a cui l’altra parte non può accedere.
Il fallimento di mercato si concretizza sia in costi sociali legati all’esasperazione di situazioni
di rischio o all’assunzione di comportamenti opportunistici individuali

Per fronteggiare l’asimmetria informativa, si può ricorrere a rimedi di natura privata o


pubblica:
o Rimedi privatistici, i privati cercano di porre rimedio elaborando contratti
incentivanti. Ad esempio, nel caso di azzardo morale si possono: incrementare le
risorse dedicate a controlli e verifiche, chiedere il pagamento di cauzioni a garanzia
delle prestazioni, imporre franchigie sui sinistri.
Nel caso di selezione avversa invece, si possono attuare delle strategie per
attenuare gli effetti perversi del prezzo sulla qualità:
§ Razionamento quantità
§ Selezione à il principale offre un menu di contratti diversi per indurre gli
agenti a rivelare le informazioni possedute
§ Segnalazione à la rivelazione delle informazioni può avvenire anche per
iniziativa degli agenti dotati delle caratteristiche migliori
§ Contratti auto-vincolanti à strategie messe in atto tra le parti che premiano
la lealtà attraverso l’offerta di cooperazione futura e sanzionano
comportamenti opportunistici attraverso il rifiuto di relazioni future

o Rimedi pubblici, l’intervento dello Stato può assumere varie forme:


§ Regolamenti che controllano la qualità à ad esempio, certificazione di un
prodotto o di un intero sistema aziendale
§ Garanzie pubbliche che facilitano alcune forme creditizie
§ Assicurazioni di Stato à ad esempio, programma pubblico di contributi
obbligatori per il pensionamento che costringa i cittadini a risparmiare
quando sono giovani
§ Sussidi e incentivi che regolino comportamenti individuali

BENI PUBBLICI

Le analisi condotte nello studio della microeconomia considerano una particolare tipologia di beni,
quelli privati. I beni pubblici sono caratterizzati da:
- Rivalità nel consumo, ovvero, se il bene è consumato da un individuo non può
essere consumato contestualmente anche da altri individui
- Escludibilità dal beneficio di soggetti terzi, ovvero, una volta che il diritto di
proprietà sia stato affermato da un soggetto, è fattibile escludere gli altri
individui dal suo consumo
Sono ad esempio, l’illuminazione pubblica, lo spettacolo pirotecnico, etc.

Esistono anche altre tipologie di beni:


• Beni pubblici puri (non rivali e non escludibili). La non rivalità implica che il costo marginale
di garantire un’unità aggiuntiva ad un consumatore è nullo. Si noti invece che il costo
marginale di produzione è invece positivo. La non escludibilità implica che l’esclusione di
consumo è impossibile o quanto meno costosa. Sono ad esempio la difesa, l’ordine
pubblico, la giustizia, etc.
I beni pubblici puri pongono problemi di fornitura e finanziamento. Si tratta di beni, il cui
consumo congiunto non implica che la valutazione marginale individuale sia identica per
tutti, allo stesso modo non è detto che tutti i cittadini valutino positivamente beni di
questo tipo. Le imprese operanti sul mercato non hanno incentivi a produrre beni non
escludibili, ai quali non può essere applicato un prezzo. Infatti, una volta offerto, i beni di
questo tipo avvantaggiano tutti i cittadini in ugual misura a prescindere dal fatto che
abbiano pagato o meno. Il mercato, lasciato libero di operare, non è in grado questi beni in
una quantità Pareto-efficiente, ecco perché sono offerti dallo Stato.

Per valutare la quantità efficiente di offerta occorre tenere in considerazione che una
specifica quantità può essere consumata contestualmente in ugual misura da tutti i
consumatori.
Dati due beni, G puro e X privato, in un contesto di equilibrio economico generale, la
frontiera delle possibilità produttive identifica la quantità massima dei due beni e la loro
combinazione qualora i fattori produttivi siano allocati in modo efficiente.
La quantità del bene X per il soggetto A è pari alla quantità massima di un bene X
producibile meno la quantità desiderata dal soggetto B per questa specifica curva di
indifferenza (curva indifferenza B). Ripetendo il ragionamento per ogni livello di bene
pubblico si otterrà la curva residuale (quantità di cui può beneficiare A in un contesto di
pura efficienza)

Data la curva di indifferenza del soggetto A e quella del soggetto B, si può determinare il
paniere per il quale le due sono tangenti. Per una specifica quantità di bene pubblico G, si
trova la quantità del bene privato che garantisce la massima utilità per A.
La frontiera delle possibilità produttive ha inclinazione pari al SMT
& %
𝑆𝑀𝑇-) = 𝑆𝑀𝑆-) + 𝑆𝑀𝑆-)

CONDIZIONE DI SAMUELSON
Esempio. Dati due soggetti che condividono casa e hanno una connessione internet di
2MB. L’uso di internet di un soggetto non preclude l’uso dell’altro à bene pubblico puro
I due soggetti vorrebbero passare ad una connessione più veloce, e il cambio ha un prezzo
di 10€. Il soggetto A è disposto a pagare 6, invece B 5
È efficiente cambiare velocità?
- Se la connessione fosse un bene privato, la risposta sarebbe no perché nessuno
dei due è disposto a pagare l’intera somma
- Trattandosi invece di un bene pubblico, la fornitura è efficiente se si verifica
l’uguaglianza tra CM e somma delle disponibilità a pagare di tutti gli individui
coinvolti

La fornitura efficiente si trova in G*, ovvero nel punto in cui:


& %
𝑆𝑀𝑇-) = 𝑆𝑀𝑆-) + 𝑆𝑀𝑆-)

Se dovesse essere offerto un bene pubblico puro, lo Stato dovrebbe limitarsi ad individuare
la quota del costo totale di produzione del bene in capo a ciascun cittadino. L’equilibrio
deve garantire che la quantità domandata del bene pubblico sia la stessa per ogni
cittadino, con prezzo differente sulla base della sua disponibilità a pagare. Questa
condizione si verifica solo se tutti consumatori rivelano in modo veritiero le loro
disponibilità a pagare per il bene pubblico, ed è possibile individuare per ogni individuo un
prezzo personalizzato necessario per consentire l’offerta del bene pubblico puro.
Ma, uno dei problemi nell’individuare la fornitura ottimo è il fatto che i membri di una
collettività potrebbero non essere incentivati a rivelare in modo veritiero le loro preferenze
per il bene pubblico e potrebbero mettere in atto dei comportamenti opportunistici al fine
di beneficiare del bene contribuendo il meno possibile à PROBLEMA DEL FREE-RIDING
I comportamenti di free-riding sono chiamati CONGETTURA DI WICKSELL-SAMUELSON
Se questo comportamento si verifica, la somma delle disponibilità a pagare non copre più i
costi, rendendolo economicamente non conveniente per un’impresa privata.
In caso di fornitura privata quindi, le problematiche della congettura di Wicksell-Samuelson
diventano rilevanti.
𝑈% = 𝑈% (𝑋% , 𝐺) 𝑐𝑜𝑛 𝐺 = 𝑔% + 𝑔&
𝑈& = 𝑈& (𝑋& , 𝐺) 𝑐𝑜𝑛 𝐺 = 𝑔% + 𝑔&
Avremo che
𝑈% = 𝑈% (𝑊% − 𝑔% , 𝑔% + 𝑔& )
𝑈& = 𝑈& (𝑊& − 𝑔& , 𝑔% + 𝑔& )
Da queste funzioni di utilità comprendiamo che per ogni consumatore, l’acquisto di una
certa quantità di bene arreca beneficio a sé e all’altro soggetto.
Entra in campo la teoria dei giochi che consente di analizzare il comportamento di un
soggetto assumendo che l’altro abbia già scelto. Questa ipotesi è chiamata Congettura di
Cournot-Nash, e fa si che il soggetto A massimizzi la sua utilità prendendo 𝑔& come dato e
lo stesso varrà per il soggetto B. Quando le scelte dei due soggetti saranno mutualmente
compatibili, si sarà raggiunto l’equilibrio à EQUILIBRIO DI NASH
Al variare di 𝑔& il soggetto A troverà la miglior risposta, detta anche funzione di reazione
𝑅% [e viceversa]

EQUILIBRIO DI LINDAHL
In presenza di beni pubblici, un sistema concorrenziale non condurrà ad un’allocazione
Pareto-efficiente perché i consumatori possono avere valutazioni diverse sulla fornitura dei
beni e se gli agenti dovessero pagare un prezzo uguale, potrebbe creare delle inefficienze.
Sarebbe possibile un’allocazione Pareto-efficiente con un sistema di prezzi personalizzabili.
In presenza di beni pubblici e privati, i consumatori basano le lore scelte sul reddito e sulla
quota del costo della produzione dei beni pubblici
Esempio. Dati due soggetti con un reddito fisso (𝑊% , 𝑊& ), e che nel mercato ci siano un
bene privato X e un bene pubblico G
𝑈% → 𝑊% = 𝜌) 𝑋% + 𝜌- 𝐺𝜏%
𝑈& → 𝑊& = 𝜌) 𝑋& + 𝜌- 𝐺𝜏&
L’equilibrio di Lindahl è caratterizzato da due importanti proprietà:
- La quantità di un bene pubblico domandata dai due individui è pari a G*
- Le quote di costo a carico dei due soggetti sono pari a 1 à 𝜏% + 𝜏& = 1
Nel punto di equilibrio le quote di contribuzione dei due soggetti coprono i costi
di produzione, e in tale punto è soddisfatta la condizione di Samuelson

Le caratteristiche di non rivalità e non escludibilità possono essere presenti con diverse sfumature
• Beni tariffabili o congestionabili, ad esempio le trasmissioni televisive, le autostrade, le
mostre dei musei, un film al cinema, l’ingresso in discoteca, etc.
• Beni comuni

La domanda aggregata di un bene privato si determina sommando orizzontalmente le quantità


ottime dei due consumatori per ogni possibile livello di prezzo [equilibrio parziale]
Considerando la curva di offerta, si determina l’equilibrio di mercato, che individua il prezzo
fronteggiato da tutti i consumatori, ciascuno dei quali domanda una quantità diversa del bene. In
equilibrio, la quantità ottima si determina nel punto in cui il beneficio marginale sociale derivante
dal consumo di una unità è pari al costo marginale di produzione
FOCUS ASIMMETRIE INFORMATIVE
n MERCATO DEI “BIDONI” à MERCATO AUTO USATE
Nel mercato di sono due tipologie di auto usate, di buona e di cattiva qualità.
Un consumatore sarà disposto a pagare 5k per un’auto di buona qualità e 2k per un’auto
di cattiva qualità. Il problema è che il soggetto non è in grado si distinguere prima
dell’acquisto i due tipi di automobili.
Quindi, se nel mercato le auto buone rappresentano il 50%, il prezzo che il consumatore
sarà disposto a pagare sarà:
𝑃 = 0,5 ∗ (5.000) + 0,5 ∗ (2.000) = 3.500
Tuttavia, a tal prezzo verranno offerte solo auto di cattiva qualità e di conseguenza
nessuno sarà disposto ad acquistare auto usate

n DOMANDA DI ASSICURAZIONE
Se consideriamo un individuo avverso al rischio, dovendo scegliere tra un reddito certo e
una prospettiva reddituale che garantisca un reddito inferiore con probabilità o un
reddito superiore con probabilità (1-p), sceglierà il reddito certo.
EX
Un individuo percepisce un reddito di 1k se sano e 250 se malato. La probabilità di
ammalarsi (p) è pari a un terzo.
Il valore atteso della sua prospettiva di reddito è pari:
1 2
𝑤 = ∗ 250 + ∗ 1.000 = 750
3 3

𝑓𝑢𝑛𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑑𝑖 𝑢𝑡𝑖𝑙𝑖𝑡à → 𝑼 = 𝐥𝐧 (𝑹 + 𝟏)

L’utilità attesa di un reddito incerto sarà:


1 2
𝑈(750) = 𝑈(250) + 𝑈(1.000) = 6,4476
3 3
Considerando un reddito certo di 630, un individuo sarà disposto a rinunciare a parte del
guadagno incerto (750) per garantirsi una certezza di reddito, anche se inferiore.
Reddito certo e incerto avranno quindi stessa utilità

n OFFERTA ASSICURAZIONE
Se consideriamo 2 individui con la stessa situazione futura rischiosa. Se si verifica
l’evento rischioso, la perdita sarà di 100, altrimenti sarà nulla. La probabilità che si
verifichi l’evento dannoso è pari al 50%
𝑣𝑎𝑙𝑜𝑟𝑒 𝑎𝑡𝑡𝑒𝑠𝑜 𝑤 = 50% ∗ (−100) + (1 − 50%) ∗ 0 = −50
La varianza invece sarà:
𝑣𝑎𝑟(𝑤) = [0 − (−50)]# ∗ 50% + [−100 − (−50)]# ∗ 50% = 2.500

I due soggetti potrebbero accordarsi per condividere i costi dell’evento rischioso à


POOLING DEI RISCHI
• Se nessuno subisce la perdita, costi complessivi e individuali sono nulli
• Se solo uno subisce la perdita, costo complessivo 100, costo individuale 50
• Se entrambi subiscono la perdita, costo complessivo 200, costo individuale 100

La varianza si dimezzerà
Quindi al crescere degli individui (n), la varianza si riduce. Se n tende a infinito, la
varianza tende a 0, questo permette di trasformare una situazione rischiosa in una
situazione certa.

L’assicurazione permette ad un soggetto avverso al rischio la possibilità di trasformare


un evento rischioso in una situazione certa, dietro pagamento di un premio.
Al verificarsi dell’evento certo, l’assicurato riceverà una somma pari a C.
Indipendentemente dal verificarsi della situazione, l’assicurato richiede il pagamento di
un premio pari a H. Tale premio viene determinato ex-ante.
Considerando n individui, ci saranno np casi di richieste di risarcimento e (1-p)n casi di
soggetti non colpiti dall’evento
Π = 𝑝𝑛(𝐻 − 𝐶) + (1 − 𝑝)𝑛𝐻 = 0
Da cui
𝐇 = 𝐩𝐂 → valore atteso della lotteria per ogni individuo

Se il premio per un rischio alto fosse 2k, e 1k per i rischi bassi (P=20%), il prezzo cui
l’assicuratore sarà disposto ad offrire la polizza sarà
𝑃 = 0,2 ∗ (1.000) + 0.8 ∗ (2.000) = 1.800
Ma a questo prezzo, solo gli individui ad alto rischio chiederanno di essere assicurati e di
conseguenza nessun assicuratore sarà disposto ad offrire polizze. Non esiste alcun
contratto pooling

POSSIBILI SOLUZIONI
Ø Pubbliche – copertura di alcuni rischi
Ø Private – segnalazione o clausole contrattuali particolari per auto-selezionare i tipi
FOCUS MONOPOLIO
In concorrenza perfetta
Prezzo = costo marginale
Prezzo = minimo costo medio (equilibrio di lungo periodo)

Nelle industrie di non concorrenza


Prezzo ≠ costo marginale

[concorrenza perfetta à prezzo = ricavo marginale]


[monopolio à prezzo > ricavo marginale]

Il ricavo marginale è l’incremento di ricavo totale derivante dalla vendita di un’unità addizionale
di prodotto, considerando anche il fatto che un aumento della quantità venduta determina una
variazione del prezzo di vendita che si ripercuote su tutte le unità vendute
La curva di domanda rappresenta il ricavo medio:
𝑅𝑇 𝑝𝑞
𝑅𝑀𝑒 = = =𝑝
𝑞 𝑞

Se un monopolista vuole aumentare la quantità venduta, dovrà ridurre i prezzi su tutte le unità.
Anche in questo caso, l’impresa in monopolio sceglie di produrre la quantità che massimizza i
profitti. La regola generale che massimizza i profitti è in corrispondenza dell’uguaglianza tra
ricavo marginale e costo marginale (Q*)

La perdita sociale netta è in conseguenza del fatto che non si esauriscono


I monopoli esistono per la presenza di barriera all’entrata. Queste sono originate da:
• Controllo su risorse chiave del processo di produzione
• Leggi su brevetti e proprietà intellettuale
• Licenze governative o appalti
• Strutture dei costi à ECONOMIE DI SCALA (nel lungo periodo unica ragione)

RENDIMENTI DI SCALA
n Quando la variazione dell’output è proporzionale, si avranno dei rendimenti di scala
costanti

n Quando la variazione dell’output è più che proporzionale, si avranno dei rendimenti di


scala crescenti à ECONOMIE DI SCALA

n Quando la variazione dell’output è meno che proporzionale, si avranno dei rendimenti di


scala decrescenti à DISECONOMIE DI SCALA

Le economie di scala nascono in seguito alla presenza dell’esistenza di costi fissi elevati (costi
che non variano rispetto alla quantità prodotta)
SOLUZIONI POSSIBILI
a. Creazione di un’impresa pubblica
Si tratta di un’impresa con obiettivi diversi, ovvero la massimizzazione del benessere
collettivo. Sceglierà quindi di produrre una quantità in corrispondenza della quale il
prezzo è uguale al costo marginale

b. Regolamentazione pubblica delle tariffe


Il monopolista rimane un’impresa privata, ma senza l’obiettivo del profitto è possibile
che non ci siano sufficienti incentivi a contenere i costi. L’obiettivo dei burocrati
potrebbe essere la massimizzazione della dimensione del proprio budget
Si vede di applicare il prezzo pubblico

c. Alte soluzioni
In alternativa all’applicazione del prezzo politico o first best (erogazione sussidi) e al
prezzo pubblico o second best (riduzione quantità prodotta)
• Tariffe discriminate – alcuni consumatori potrebbero essere disposti a pagare di più
per ottenere il bene. Esistono due tipi di tariffe
P = CMeT à per coprire i costi fissi da applicare ai consumatori con valutazione più
elevata
P = CM à per coprire solo i costi variabili da applicare ai consumatori con
valutazione più bassa
• Tariffe non lineari – tutti i consumatori partecipano al finanziamento dei costi fissi.
La tariffa sarà pari alla somma tra onere fisso (per finanziare i costi fissi) e una parte
variabile sulla base dei consumi
• Tariffe peak-load – esistono servizi per i quali la domanda varia molto nel corso di
una giornata (es. energia elettrica, telefonia, etc.)
Dato che non è possibile creare un magazzino accumulando scorte nei periodi di
domanda bassa e utilizzandole nei periodi di domanda alta, è necessario avere una
capacità produttiva sufficiente a soddisfare i picchi
UN QUADRO GENERALE SULLA FINANZA PUBBLICA IN ITALIA
Per aggregare gli enti del Settore Pubblico possiamo usare diversi criteri
n Criterio funzionale – raggruppa gli enti in base alle funzioni che essi svolgono
Rientrano nelle PA tutti i soggetti le cui funzioni principali sono
o Produzione di beni e servizi non destinabili alla vendita
o Redistribuzione del reddito e della ricchezza del paese
n Criterio istituzionale – raggruppa gli enti che rientrano nella proprietà pubblica,
indipendentemente dalla natura pubblica o privata delle attività che essi svolgono
o Settore Statale
Il settore statale evidenzia all’interno dei propri conti un saldo definito come:
FABBISOGNO DEL SETTORE STATALE per il cui calcolo è applicato il criterio di cassa
𝑭𝒂𝒃𝒃𝒊𝒔𝒐𝒈𝒏𝒐 𝒅𝒆𝒍 𝒔𝒆𝒕𝒕𝒐𝒓𝒆 𝒔𝒕𝒂𝒕𝒂𝒍𝒆 = 𝒕𝒐𝒕. 𝒊𝒏𝒄𝒂𝒔𝒔𝒊 − 𝒕𝒐𝒕. 𝒑𝒂𝒈𝒂𝒎𝒆𝒏𝒕𝒊
o Settore Pubblico
I conti del settore pubblico e delle PA evidenziano un saldo definito FABBISOGNO
DEL SETTORE PUBBLICO e FABBISOGNO DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE e
anche per questi è usato il criterio di cassa
𝑭𝒂𝒃𝒃𝒊𝒔𝒐𝒈𝒏𝒐 𝒅𝒆𝒍 𝒔𝒆𝒕𝒕𝒐𝒓𝒆 𝒑𝒖𝒃𝒃𝒍𝒊𝒄𝒐 = 𝒕𝒐𝒕. 𝒊𝒏𝒄𝒂𝒔𝒔𝒊 − 𝒕𝒐𝒕. 𝒑𝒂𝒈𝒂𝒎𝒆𝒏𝒕𝒊
𝑭𝒂𝒃𝒃𝒊𝒔𝒐𝒈𝒏𝒐 𝒅𝒆𝒍𝒍𝒂 𝑷𝑨 = 𝒕𝒐𝒕. 𝒊𝒏𝒄𝒂𝒔𝒔𝒊 − 𝒕𝒐𝒕. 𝒑𝒂𝒈𝒂𝒎𝒆𝒏𝒕𝒊
Il fabbisogno complessivo della PA è un indicatore molto importante perché spiega
quasi totalmente la variazione annua dello stock nominale del debito pubblico

Il Conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni evidenzia tre saldi principali:
- Saldo operazioni complessive, non deve essere confuso con il fabbisogno complessivo, in
quanto questo è misurato in termini di competenza, invece il fabbisogno secondo termini
di cassa
𝒔𝒂𝒍𝒅𝒐 𝒄𝒐𝒎𝒑𝒍𝒆𝒔𝒔𝒊𝒗𝒐 = 𝒖𝒔𝒄𝒊𝒕𝒆 𝒕𝒐𝒕𝒂𝒍𝒊 − 𝒆𝒏𝒕𝒓𝒂𝒕𝒆 𝒕𝒐𝒕𝒂𝒍𝒊
=> 𝑖𝑛𝑑𝑒𝑏𝑖𝑡𝑎𝑚𝑒𝑛𝑡𝑜 𝑛𝑒𝑡𝑡𝑜 𝑜 𝑎𝑐𝑐𝑟𝑒𝑑𝑖𝑡𝑎𝑚𝑒𝑛𝑡𝑜 𝑛𝑒𝑡𝑡𝑜
- Saldo operazioni complessive al netto della spesa per interessi, può presentare un avanzo
primario se la spesa totale al netto degli interessi è minore delle entrate totali, viceversa, si
avrà un disavanzo primario
- Saldo di parte corrente
𝑠𝑎𝑙𝑑𝑜 𝑐𝑜𝑟𝑟𝑒𝑛𝑡𝑒 = 𝑒𝑛𝑡𝑟𝑎𝑡𝑒 − 𝑢𝑠𝑐𝑖𝑡𝑒 𝑐𝑜𝑟𝑟𝑒𝑛𝑡𝑖
Si avrà un risparmio creato quando le entrate sono maggiori alle uscite, viceversa, si avrà
un risparmio assorbito

𝑠𝑝𝑒𝑠𝑎 𝑝𝑢𝑏𝑏𝑙𝑖𝑐𝑎 𝑡𝑜𝑡𝑎𝑙𝑒 (𝑆) = 𝑠𝑝𝑒𝑠𝑎 𝑝𝑢𝑏𝑏𝑙. 𝑝𝑟𝑖𝑚𝑎𝑟𝑖𝑎 (𝐺) + 𝑠𝑝𝑒𝑠𝑎 𝑝𝑢𝑏𝑏𝑙. 𝑝𝑒𝑟 𝑖𝑛𝑡𝑒𝑟𝑒𝑠𝑠𝑖 (𝐼)
𝑆 = 𝐺 + 𝐼 = 𝐶 + 𝐶𝐶
𝐺 = 𝑆 − 𝐼 = 𝑠𝑝𝑒𝑠𝑎 𝑝𝑢𝑏𝑏𝑙. 𝑐𝑜𝑟𝑟𝑒𝑛𝑡𝑒 𝑝𝑟𝑖𝑚𝑎𝑟𝑖𝑎 (𝐶 − 𝐼) + 𝑠𝑝𝑒𝑠𝑎 𝑝𝑢𝑏𝑏𝑙 𝑖𝑛 𝑐𝑜𝑛𝑡𝑜 𝑐𝑎𝑝𝑖𝑡𝑎𝑙𝑒 (𝐶𝐶)

La spesa pubblica corrente primaria è destinata al funzionamento delle strutture pubbliche,


invece, la spesa pubblica in conto capitale è rivolta all’attività di investimento
𝑡𝑜𝑡𝑎𝑙𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑒 𝑒𝑛𝑡𝑟𝑎𝑡𝑒 (𝑇) = 𝑒𝑛𝑡𝑟𝑎𝑡𝑒 𝑐𝑜𝑟𝑟𝑒𝑛𝑡𝑖 (𝐸𝐶) + 𝑒𝑛𝑡𝑟𝑎𝑡𝑒 𝑖𝑛 𝑐𝑜𝑛𝑡𝑜 𝑐𝑎𝑝𝑖𝑡𝑎𝑙𝑒 (𝐸𝐶𝐶)

Le entrate correnti comprendo le imposte dirette 𝐼./0 e indirette 𝐼/1. , i contributi sociali (CS) e le
altre entrate correnti (AEC)
𝐸𝐶 = 𝐼./0 + 𝐼/1. + 𝐶𝑆 + 𝐴𝐸𝐶

Le entrate in conto capitale comprendono invece le imposte in conto capitale 𝐼22%3 e le altre
entrate in conto capitale (AECC)
𝐸𝐶𝐶 = 𝐼22%3 + 𝐴𝐸𝐶𝐶

La pressione tributaria (PT) indica l’ammontare di risorse che la PA preleva ogni anno sotto forma
di imposte, rispetto al PIL
𝐼./0 + 𝐼/1. + 𝐼22%3
𝑃𝑇 =
𝑃𝐼𝐿

La pressione fiscale (PF) indica l’ammontare di risorse che la PA preleva ogni anno sotto forma di
imposte e contributi, rispetto al PI
𝐼./0 + 𝐼/1. + 𝐼22%3 + 𝐶𝑆
𝑃𝑇 =
𝑃𝐼𝐿

CLASSIFICAZIONE FUNZIONALE DELLA SPESA PUBBLICA


1. Servizi generali
2. Difesa
3. Ordine pubblico e sicurezza
4. Affari economici
QUESTE VOCI DI SPESA IDENTIFICANO LE FUNZIONI TRADIZIONALI DELLA PA
5. Protezione dell’ambiente
6. Abitazioni e assetto territoriali
7. Sanità
8. Attività ricreative, culturali e di culto
9. Istruzione
10. Protezione sociale
QUESTE VOCI DI SPESA IDENTIFICANO LE FUNZIONI DELLA PA CONNESSE CON IL WELFARE STATE

EVOLUZIONE DEL DEBITO


Dato:
𝑇4 rappresenta le entrate totali al tempo t
𝐺4 rappresenta la spesa pubblica primaria al tempo t
r rappresenta il tasso di interesse
𝐵4 rappresenta lo stock di debito pubblico nominale alla fine dell’anno t
𝐷4 rappresenta l’indebitamento netto o disavanzo dell’anno t
𝑌4 rappresenta il prodotto interno lordo dell’anno t
Se nel corso dell’anno 0 l’attività di governo determini un bilancio in disavanzo, ovvero:
𝑫𝟎 = 𝑮𝟎 − 𝑻𝟎 = 𝑩𝟎 = ∆𝑩𝟏

Per coprire le esigenze di finanziamento, il governo emette titoli del debito pubblico per un
ammontare pari al divanzo 𝐷7
Se nel corso dell’anno 1 l’attività di governo comporta ancora un bilancio in disavanzo primario
𝐺! > 𝑇! , oltre al disavanza primario, il governo deve corrispondere gli interessi per i titoli emessi
nel corso dell’anno 0
𝑫𝟏 = 𝒓𝑩𝟎 + (𝑮𝟏 − 𝑻𝟏 ) = ∆𝑩𝟏

Alla fine dell’anno 1, lo stock di debito pubblico è pari a


𝑩𝟏 = (𝑮𝟎 − 𝑻𝟎 ) + 𝒓𝑩𝟎 + (𝑮𝟏 − 𝑻𝟏 )

𝑩𝟏 = 𝑩𝟎 + ∆𝑩𝟏

𝑩𝟏 = 𝑩𝟎 + 𝒓𝑩𝟎 + (𝑮𝟏 − 𝑻𝟏 )

𝑩𝟏 = (𝟏 + 𝒓)𝑩𝟎 + (𝑮𝟏 − 𝑻𝟏 )

Consideriamo l’equazione iniziale

𝑫𝒕 = 𝑩𝒕 − 𝑩𝒕9𝟏 = 𝒓𝑩𝒕9𝟏 + (𝑮𝒕 − 𝑻𝒕 )

Se si vuole lasciare immutato il valore assoluto del debito pubblico 𝐵4 − 𝐵49! , l’avanzo primario
𝐺4 − 𝑇4 deve essere sufficiente a coprire la spesa per interessi

Se il disavanzo è nullo, si ottiene

𝑩𝒕 = (𝟏 + 𝒕)𝑩𝒕9𝟏

Da questa equazione capiamo che il valore nominale del debito pubblico cresce ogni anno ad un
tasso pari a r

Il tasso di crescita economica g può essere definito come


𝑌4 − 𝑌49!
𝑔= → 𝑌4 = 𝑌49! (1 + 𝑔)
𝑌49!

𝑎 𝑔
𝑔= → 𝑎 = 𝑏
𝑏−𝑎 1+𝑔
Non è altro che il disavanzo rapportato al PIL

LO STATO
Lo Stato ha bisogno di entrate per finanziare la propria attività. Possono essere pensate come
contropartita dell’offerta di beni e servizi pubblici. Potremmo quindi ritenerle il prezzo.
La fissazione del prezzo non è però generalmente coerente con le regole seguite dagli operatori
privati. Questo è imputabile alle caratteristiche nei beni e dei servizi e alle finalità per le quali
tali beni e servizi vengono offerti.
Certi beni e servizi vengono offerti dallo Stato perché presentano in misura più o meno intensa
le caratteristiche di non rivalità e di non escludibilità. Uno stesso concetto è rappresentato
dall’’indivisibilità dei vantaggi; infatti, non si appropriano dei vantaggi solo coloro che ne hanno
fatto domanda, ma anche altri membri della collettività.
Da questo contesto possiamo quindi trovare varie tipologie di calcolo del prezzo:
• PREZZO PRIVATO
Lo stato produce beni e servizi con la stessa ottica di un’impresa privata, e quindi il
prezzo sarà individuato nel punto in cui il costo e il ricavo marginale siano eguali
• PREZZO QUASI-PRIVATO
Lo stato segue un comportamento di regolazione del flusso di offerta, che nasconde
in realtà una finalità pubblica, che l’imprenditore privato non avrebbe realizzato
• PREZZO PUBBLICO O TARIFFA
Il costo complessivo del servizio trova copertura nella somma complessiva delle
entrate. I caratteri essenziali del prezzo pubblico sono:
presenza della libera domanda da parte del cittadino
complesso dei vantaggi coperto dalle entrate
In questo caso il prezzo è posto pari al costo medio
• TASSA
L’interesse pubblico diviene più intenso nel caso in cui il consumo del servizio arreca
benefici anche alla collettività (es. istruzione universitaria). Si tratta di un servizio
offerto dallo stato di cui si può usufruire solo se vi è domanda volontaria da parte di
un cittadini interessati, ,a i cui vantaggi si riflettono sull’intera collettività
• CONTRIBUTO SPECIALE
Viene offerto un servizio indipendentemente dalla domanda dei cittadini. I vantaggi
sono indivisibili
• IMPOSTA
Il vantaggio è indivisibile e corrisponde a un interesse generale. Si tratta di un
prelievo coattivo che non ha corrispondenza diretta con la prestazione di un servizio

Tutte le entrate dello stato assolvono anche ad altre funzioni importanti, ad esempio:
n Regolare la distribuzione del reddito
n Stabilizzazione economica
n Incentivazione economica
n Correzione di distorsioni o inefficienze nel sistema economico

La ripartizione del carico tributario dipende da due fattori:


a. Finalità che si assegna all’imposizione
b. Interpretazione che si dà dell’equità del prelievo
In base alla valutazione che danno, è possibile distinguere due principali criteri normativi di
distribuzione del carico normativo
1. PRINCIPIO DEL BENEFICIO
Si può ricondurre alle teorie dello scambio volontario, secondo le quali esiste un
rapporto di scambio fra il cittadino che paga allo stato e ciò che riceve in termini di
beni/servizi. L’imposta pagata dai contribuenti deve essere commisurata al beneficio che
essi ricevono dai beni e servizi pubblici.
La finalità è quella di finanziare l’offerta dei servizi e beni da parte dello Stato. Viene
esclusa ogni finalità di tipo redistributivo.
Questo principio presenta rilevanti problemi sotto il profilo applicativo. È di difficile
applicazione nel caso di beni pubblici, non rivali e non escludibili
2. PRINCIPIO DELLA CAPACITA’ CONTRIBUTIVA
Non stabilisce un collegamento diretto fra imposte subite dal soggetto e vantaggi che
egli deriva dall’attività dello stato. Lo scopo delle imposte è quello di finanziare la
produzione pubblica di beni e servizi e di finanziare l’attività di redistribuzione del
reddito e della ricchezza svolta dallo Stato.
Si articola in tre assunti fondamentali:
--- equità orizzontale, ovvero individui con stessa capacità contributiva devono pagare la
stessa imposta
--- equità verticale, ovvero individui con maggiore capacità contributiva devono pagare
più imposte
--- preclusione di un’aliquota marginale superiore all’unità

L’imposta riduce sempre il benessere di chi deve pagarla, che dovrà rinunciare a una parte delle
proprie risorse che affluiscono coattivamente allo stato. Gli effetti delle imposte producono sia
un effetto reddito, sia un effetto allocativo.
All’effetto reddito non si associa nessuna perdita di efficienza perché non distorce le scelte del
contribuente. Quando invece i prezzi si modificano e si origina un effetto sostituzione, l’imposta
inserisce un cuneo fra prezzo lordo e netto. Questo comporta una perdita di benessere per il
contribuente, ma anche una perdita di efficienza del sistema à eccesso di pressione
I TRIBUTI
Per finanziare la spesa pubblica, la PA necessita di entrate, e quest’ultime devono essere pari alle
spese complessive.
Le entrate possono essere:
• Tributarie
• Extratributarie
• In conto capitale
• Derivati dalla riscossione dei crediti e dall’accensione di prestiti

Le prime tre categorie sono considerate all’interno del conto economico della PA
𝒆𝒏𝒕𝒓𝒂𝒕𝒆 𝒕𝒓𝒊𝒃𝒖𝒕𝒂𝒓𝒊𝒆 + 𝒆𝒏𝒕𝒓𝒂𝒕𝒆 𝒕𝒓𝒊𝒃𝒖𝒕𝒂𝒓𝒊𝒆 = 𝒆𝒏𝒕𝒓𝒂𝒕𝒆 𝒄𝒐𝒓𝒓𝒆𝒏𝒕𝒊
𝒆𝒏𝒕𝒓𝒂𝒕𝒆 𝒄𝒐𝒓𝒓𝒆𝒏𝒕𝒊 − 𝒔𝒑𝒆𝒔𝒆 𝒄𝒐𝒓𝒓𝒆𝒏𝒕𝒊 = 𝒔𝒂𝒍𝒅𝒐 𝒄𝒐𝒓𝒓𝒆𝒏𝒕𝒆

Il saldo corrente prende il nome di RISMARMIO PUBBLICO se positivo

𝒆𝒏𝒕𝒓𝒂𝒕𝒆 𝒄𝒐𝒓𝒓𝒆𝒏𝒕𝒊 + 𝒆𝒏𝒕𝒓𝒂𝒕𝒆 𝒊𝒏 𝒄𝒐𝒏𝒕𝒐 𝒄𝒂𝒑𝒊𝒕𝒂𝒍𝒆 = 𝒆𝒏𝒕𝒓𝒂𝒕𝒆 𝒕𝒐𝒕𝒂𝒍𝒊


𝒆𝒏𝒕𝒓𝒂𝒕𝒆 𝒕𝒐𝒕𝒂𝒍𝒊 − 𝒔𝒑𝒆𝒔𝒆 𝒕𝒐𝒕𝒂𝒍𝒊 = 𝒊𝒏𝒅𝒆𝒃𝒊𝒕𝒂𝒎𝒆𝒏𝒕𝒐 𝒏𝒆𝒕𝒕𝒐

Accanto al conto economico delle PA, devono essere considerate il conto delle partite finanziarie e
il conto finanziario che vengono redatti in termini di cassa
ENTRATE CORRENTI – comprendono le imposte dirette, le imposte indirette, i contributi sociali
e altre entrate correnti

𝒊𝒎𝒑. 𝒅𝒊𝒓𝒆𝒕𝒕𝒆 + 𝒊𝒎𝒑. 𝒊𝒏𝒅𝒊𝒓𝒆𝒕𝒕𝒆 + 𝒊𝒎𝒑. 𝒊𝒏 𝒄𝒐𝒏𝒕𝒐 𝒄𝒂𝒑𝒊𝒕𝒂𝒍𝒆


= 𝒑𝒓𝒆𝒔𝒔𝒊𝒐𝒏𝒆 𝒕𝒓𝒊𝒃𝒖𝒕𝒂𝒓𝒊𝒂
𝑷𝑰𝑳

𝒊𝒎𝒑. 𝒅𝒊𝒓𝒆𝒕𝒕𝒆 + 𝒊𝒏𝒅𝒊𝒓𝒆𝒕𝒕𝒆 + 𝒄𝒐𝒏𝒕𝒓. 𝒔𝒐𝒄𝒊𝒂𝒍𝒊 + 𝒊𝒏 𝒄𝒐𝒏𝒕𝒐 𝒄𝒂𝒑𝒊𝒕𝒂𝒍𝒆


= 𝒑𝒓𝒆𝒔𝒔𝒊𝒐𝒏𝒆 𝒇𝒊𝒔𝒄𝒂𝒍𝒆
𝑷𝑰𝑳

Nel 2018 la pressione fiscale media dei 28 paesi appartenenti all’UE è pari al 39,2% del PIL. (2018:
Italia = 41,8 à superiore alla media europea di 2,6 punti percentuali)
In Europa, la pressione fiscale ha seguito un trend decrescente nel periodo 2007-09, crescente nel
periodo 2010-13 e nuovamente decrescente nel periodo 2013-15.
La pressione fiscale italiana è sempre stata maggiore di quella europea, con un maggior divario nel
periodo 2012-15

Nell’ultimo triennio, come si può vedere dal secondo grafico, si è verificato un cambiamento della
composizione della pressione fiscale. Prima del 1977 l’imposizione diretta aveva un peso
preponderante rispetto alla pressione fiscale complessiva, seguita dai contributi sociali e
dall’imposizione indiretta. Nel periodo 1998-2003 l’imposizione diretta e indiretta rispetto al PIL
hanno assunto valori e andamenti simili. Successivamente, tra il 2006-09 l’imposizione indiretta è
diminuita, per poi aumentare in modo altalenante fino al 2014. Negli ultimi anni invece, ha
diminuito il suo peso rispetto al PIL

Un andamento simile si registra anche per la pressione tributaria


La composizione e la dimensione della pressione fiscale può essere valutata anche calcolando le
imposte implicite sui principali aggregati macroeconomici, quali consumo, lavoro e capitale.
𝒈𝒆𝒕𝒕𝒊𝒕𝒐 𝒄𝒐𝒎𝒑𝒍𝒆𝒔𝒔𝒊𝒗𝒐
𝒂𝒍𝒊𝒒𝒖𝒐𝒕𝒂 𝒊𝒎𝒑𝒍𝒊𝒄𝒊𝒕𝒂 =
𝒃𝒂𝒔𝒆 𝒊𝒎𝒑𝒐𝒏𝒊𝒃𝒊𝒍𝒆 𝒅𝒊 𝒓𝒊𝒇𝒆𝒓𝒊𝒎𝒆𝒏𝒕𝒐

L’aliquota implicita è scomponile in due componenti:


- Parte relativa all’imposta personale e progressiva sul reddito (IRPEF)
- Parte relativa ai contributi sociali

L’aliquota implicita media europea è pari al 36,3%, di cui il 12,5% relativa all’IRPEF e per il 23,8%
relativa ai contributi sociali.

È possibile riclassificare la pressione fiscale, rispetto al PIL, valutando il peso delle imposte che
gravano su lavoro, consumo e capitale.
• Il gettito derivante dal fattore lavoro in Italia è più elevato di quello registrato
dall’Europa (19,6), collocandola al settimo posto
• Il gettito derivante dal fattore consumo, presenta un valore prossimo alla media
europea, ponendola al ventunesimo posto
• Il gettito derivante dal fattore capitale presenta un valore superiore alla media europea
(8,5) ponendola al quinto posto

CLASSIFICAZIONE ECONOMICA DEI TRIBUTI


n TASSE
Trovano la loro giustificazione economica quando il servizio offerto dallo Stato/Ente locale
è caratterizzato da una componente privata e da una pubblica e i benefici del servizio
offerto hanno ripercussioni positive sia su chi usufruisce del servizio, sia sull’intera
collettività
Il pagamento della tassa da parte del cittadino è subordinato alla richiesta volontaria di
erogazione del servizio (es. tasse universitarie). Di solito è di ammontare inferiore al costo
medio ed è commisurata al costo della componente provata del servizio. Il divario tra costo
medio e ammontare della tassa è coperto con la fiscalità generale
n CONTRINUTI
Sono corrispettivi richiesti obbligatoriamente dallo Stato/Ente locale il cui ammontare è
correlato ai benefici economici che un gruppo di cittadini riceve dell’attività pubblica,
indipendentemente da una specifica richiesta del servizio (es. raccolta di rifiuti, fognatura,
affissione, contributi sociali)
Prelievi obbligatori sui redditi da lavoro dipendente e autonomo destinati al finanziamento
delle prestazioni sociali (es. pensioni, interventi assistenziali, indennità di disoccupazione)
n IMPOSTE
Sono prelievi coattivi senza vincolo di destinazione necessari per il finanziamento dei servizi
pubblici offerti indipendentemente dalla domanda dei cittadini
Devono essere pagate dai contribuenti in base al potere coercitivo dello Stato, che le
impiega per il finanziamento della spesa pubblica sulla base di valutazioni politiche
Le imposte possono a sua volta essere classificate in dirette e indirette.
Il gettito complessivo derivante dalle imposte dirette e indirette correnti costituisce le entrate
tributarie correnti.

IMPOSTE DIRETTE – rientrano i tributi che colpiscono manifestazioni dirette della capacità
contributiva, quali il reddito o il patrimonio

Le più importanti imposte sul reddito sono l’IRPEF (quota di gettito sul totale delle entrate pari al
37,5%), l’IRES (quota di gettito sul totale delle entrate pari al 6,3%) e l’imposta sostitutiva sugli
interessi e sui redditi da capitale (quota pari al 1,5%)

IMPOSTE INDIRETTE – colpiscono manifestazioni mediate della capacità contributiva, quali


consumo, scambio di beni/servizi e fabbricazione di beni.
Di solito si usa distinguere tra imposte sugli affari, sulla produzione, i monopoli e il lotto.
La più importante imposta indiretta è rappresentata dall’IVA, la cui quota di gettito sul totale delle
entrate tributarie correnti è pari al 21,6%. Poi abbiamo l’imposta sugli oli minerali, con una quota
pari al 5% e, a seguire, l’IRAP con una quota del 4,7%
Gli elementi costitutivi di un’imposta sono:
- Presupposto, la ragion d’essere, ovvero, la situazione di fatti a cui la legge collega il
pagamento dell’imposta
- Base imponibile, traduzione quantitativa del presupposto, ovvero il valore monetario su
cui si determina l’imposta
- Aliquote
o Aliquota marginale legale – percentuale che si applica alla base imponibile o a
frazioni di base imponibile al fine di determinare l’imposta lorda
o Aliquota marginale effettiva – variazione dell’imposta netta a seguito di un
aumento unitario della base imponibile
o Aliquota media – rapporto tra valore dell’imposta e il valore della base imponibile
- Soggetto passivo, soggetto cui la normativa fiscale fa ricadere l’obbligo del pagamento
dell’imposta a favore del soggetto attivo

IL REDDITO
Non esiste una nozione oggettiva di reddito, ma si possono individuare almeno tre definizioni
possibili:
• REDDITO-PRODOTTO
Assume come base imponibile il valore aggiunto definito come prodotto, cioè come
somma di tutti i redditi prodotti dai diversi fattori produttivi in un dato arco di tempo.
La base imponibile è data dalla somma delle remunerazioni dei salari, degli stipendi, dei
proventi professionali, dei profitti e delle rendite finanziarie.
NON tiene però conto delle plusvalenze e delle entrate straordinarie
DIFFICOLTA’ DI APPLICARE IN MODO CORRETTOIL PRINCIPIO DI UGUAGLIANZA E IL
PRINCIPIO DI EQUITA’, E SORGONO DIFFICOLTA’ NELLA DETERMINAZIONE DELLE
MODALITA’ DI PASSAGGIO DAL REDDITO LORDO A QUELLO NETTO
• REDDITO-ENTRATA
La base imponibile è composta dall’ammontare massimo di risorse potenzialmente
consumabili in un certo periodo di tempo senza provocare in decremento del
patrimonio esistente all’inizio del periodo considerato. Sono incluse quindi le
plusvalenze e le entrate occasionali
DIFFICILE APPLICABILITA’, SOPRATTUTTO IN MERITO ALLE PLUSVALENZE, LE QUALI
POSSONO ESSERE TASSATE SEPARATAMENTE O INSERITE ALL’INTERNO DEL REDDITO
COMPLESSIVO. QUEST’ULTIMO CASO RISPETTA LA NOZIONE DI ONNICOMPRENSIVITA’
DEL TRIBUTO PERSONALE. È QUINDI LA FORMA PIU’ CORRETTA SOTTO IL PROFILO
DELL’EFFICIENZA E DELLA NEUTRALITA’. MA SI PREFERISCE USARE IL PRIMO METODO
PERCHE’ È PIU’ FACILE DA ACCERTARE
• REDDITO-CONSUMO
Determinato dalla somma di tutte le risorse effettivamente consumate da un individuo
nel periodo d’imposta. La base imponibile equivale a quella del reddito-entrata al netto
delle forme di risparmio.
ENFATIZZA GLI EFFETTI DI DISINCENTIVO CHE LA TASSAZIONE SUL REDDITO ESERCITA
SULLA FORMAZIONE DEL RISPARMIO.
NEL CASO DI APPLICAZIONE PURA, L’IMPOSTA SULLA SPESA FAVORIREBBE LE CLASSI
PIU’ ABBIENTI E SOTTOPORREBBE A TASSAZIONE SOLO IL REDDITO DA LAVORO,
ESENTANDO I REDDITI DA CAPITALE

Queste tre definizioni difficilmente trovano una completa applicazione nelle normative tributarie.
Spesso si possono riscontrare elementi che avvicinano parti della normativa tributaria ad uno dei
modelli descritti.
L’IRPEF è di fatto un’imposta che sottopone ad imposizione progressiva quasi esclusivamente il
reddito da lavoro, in particolare quello da lavoro dipendente e pensione.

IMPOSTE DIRETTE REALI vs IMPOSTA PERSONALE


La differenza fondamentale tra un’imposta reale e un’imposta personale è data dal diverso
presupposto.
n Imposta reale à percezione di un reddito o il possesso di un patrimonio
La progressione delle imposte reali penalizza quei contribuenti che percepiscono redditi
provenienti da una sola fonte e favorisce coloro che hanno un reddito complessivo
proveniente da più categorie di reddito à NON NEUTRALE
n Imposta personale à percezione di un reddito o il possesso di un patrimonio da parte di
un determinato soggetto
Non determina discriminazioni nel trattamento fiscale riservato a individui con lo stesso
livello di reddito ma con diversa composizione dello stesso e realizza la personalizzazione
dell’imposta

UNITA’ IMPOSITIVA à identifica il soggetto economico rappresentativo della capacità


contributiva. Alla scelta dell’individuo si contrappone quella che vede nella famiglia l’aggregato più
consumo a descrivere il benessere e la capacità contributiva.
La definizione dell’unità impositiva diventa importante quando l’imposta sul reddito è progressiva.
Il cumulo dei redditi (famiglia) determina un aumento dell’imposta media rispetto alla tassazione
su base personale

ESEMPIO

Padre 25k - Madre 10k - Figlio 0 reddito


Fino a 15k, tassato del 10% - oltre tassato del 20%

IMPOSIZIONE PERSONALE
𝑀𝐴𝐷𝑅𝐸 → 10.000 ∗ 10% = 1.000
𝑃𝐴𝐷𝑅𝐸 → 15.000 ∗ 10% + 10.000 ∗ 20% = 3.500
𝐼𝑀𝑃𝑂𝑆𝐼𝑍𝐼𝑂𝑁𝐸 𝑇𝑂𝑇𝐴𝐿𝐸 = 1.000 + 3.500 = 4.500

IMPOSIZIONE FAMILIARE
𝐼𝑀𝑃𝑂𝑆𝐼𝑍𝐼𝑂𝑁𝐸 𝑇𝑂𝑇𝐴𝐿𝐸 = 15.000 ∗ 10% + 20.000 ∗ 20% = 5.500
La scelta della famiglia risulta non neutrale sulla decisione di contrarre un matrimonio. La
progressività dell’imposta determina un onere maggiore sul reddito cumulato dei due coniugi
rispetto a quello che ognuno dei due sopporterebbe se l’unità impositiva fosse l’individuo.
Scegliendo l’individuo come unità impositiva si provoca un’altra distorsione: due famiglie con
stesso reddito cumulato, ma diversa distribuzione tra i coniugi, subiscono un trattamento fiscale
diverso. Sfavorisce le famiglie monoreddito

STATI UNITI E GERMANIA à metodo dello splitting


I redditi vengono suddivisi per due e la grandezza che ne deriva viene usata per determinare
l’aliquota media che grava sui redditi dei componenti della famiglia
35.000
= 17.500
2
𝐼𝑀𝑃𝑂𝑆𝐼𝑍𝐼𝑂𝑁𝐸 𝑇𝑂𝑇𝐴𝐿𝐸 = 2 ∗ (15.000 ∗ 10% + 2.500 ∗ 20%)

FRANCIA à metodo del quoziente familiare


L’unità impositiva è la famiglia e il cumulo dei redditi viene diviso per un coefficiente dato dalla
somma dei coefficienti attribuiti a ciascuna. Componente della famiglia
1 = capofamiglia 0,7 = coniuge 0,5 = primo figlio

𝑞𝑢𝑜𝑧𝑖𝑒𝑛𝑡𝑒 𝑓𝑎𝑚𝑖𝑙𝑖𝑎𝑟𝑒 = 1 + 0,7 + 0,5 = 2,2


35.000
= 15.909
2,2
𝐼𝑀𝑃𝑂𝑆𝐼𝑍𝐼𝑂𝑁𝐸 𝑇𝑂𝑇𝐴𝐿𝐸 = 2,2 ∗ (15.000 ∗ 10% + 909 ∗ 20%) = 3.700

IMPOSTE DIRETTE SUL PATRIMONIO IMMOBILIARE


Oltre al reddito, anche il patrimonio potrebbe essere considerato un indice di capacità
contributiva. Non esiste però una tassazione ordinaria del patrimonio, ma si trovano solo
imposizioni specifiche su alcuni cespiti patrimoniali, come i beni immobili.
La tassazione dei beni patrimoniali trovala ragion d’essere nel fatto che essi hanno un loro valore
come cespite ed è teoricamente giustificabile dal punto di vista dell’efficienza e dell’equità.
Se la tassazione sul patrimonio è indipendente dal reddito del patrimonio stesso, incentiva ad
impiegare il patrimonio negli investimenti che danno maggiore redditività.

Due contribuenti con lo stesso reddito, ma diverso patrimonio, sono caratterizzati da diversa
capacità contributiva, in quanto il patrimonio conferisce un maggior potere economico
Possiamo individuare due tipologie di imposte patrimoniali:
• Imposte sul possesso
Non sono ricompresse nei moderni sistemi fiscali, poiché vengono privilegiate
imposizioni specifiche su alcuni beni immobiliari (es. IMU)
• Imposte sul trasferimento del patrimonio
Hanno trovato un successo maggiore. Si tratta di un’imposta di successione, è
distorsiva e insufficiente perché nel tempo dipende dal numero di passaggi di proprietà
avvenuti e non considera esclusivamente il valore dei beni per il proprietario
In Italia molto contestata perché ostacolo ai passaggi generazionali poiché colpiva di
fatto i patrimoni dei nuclei familiari medio-ricchi a fronte di costi amministrativi elevati

IMPOSTE INDIRETTE à si tratta di imposte sui prodotti, che colpiscono le vendite di beni o servizi,
possono appartenere a due gruppi:
- Imposte specifiche sulla quantità
𝒑𝟏 = 𝒑𝟎 + 𝝉

Dove:
𝑝7 rappresenta il prezzo dell’unità del bene prima dell’introduzione dell’accisa
𝑝! rappresenta il prezzo al lordo dell’accisa
𝜏 rappresenta l’ammontare dell’accisa

- Imposte dirette ad valorem


𝒑𝟏 = 𝒑𝟎 (𝟏 + 𝝉)

Possono essere applicate


• Una sola volta all’interno del ciclo produttivo, MONOFASE
• Più volte all’interno del ciclo produttivo, PLURIFASE o PLURIFASE CUMULATIVA

L’IVA ha una struttura simile alle imposte dirette ad valorem, ma si applica al solo valore aggiunto
in ogni fase del processo produttivo e distributivo.
Il prezzo di vendita è dato dal prezzo per il venditore maggiorato dell’imposta
𝑻𝒊 = 𝝉𝒊 𝑽𝒊 − 𝝉𝒊9𝟏 𝑨𝒊

Dove:
T rappresenta l’ammontare di imposta che il venditore deve versare all’Erario
𝜏 rappresenta l’aliquota IVA
V rappresenta il valore del bene venduto al netto dell’imposta sul valore aggiunto
A rappresenta il valore del bene acquistato al netto dell’imposta sul valore aggiunto
i rappresenta una specifica fase del processo produttivo

ESEMPIO

Consideriamo un produttore che acquista un bene al prezzo 𝐴7 = 0 e lo rivende a 𝑉7 = Ω


𝐯𝐚𝐥𝐨𝐫𝐞 𝐚𝐠𝐠𝐢𝐮𝐧𝐭𝐨 𝐢𝐧 𝐩𝐫𝐢𝐦𝐚 𝐟𝐚𝐬𝐞 = 𝛀 − 𝟎 = 𝛀

il produttore vende il bene al commerciante al prezzo


𝒑𝟏 = (𝟏 + 𝝉)𝛀

il commerciante acquista il bene a 𝑝! e lo rivende al consumatore finale al prezzo


𝒑𝟐 = [(𝟏 + 𝝉𝟏 )𝛀 − (𝝉𝟏 )𝛀](𝟏 + 𝒃)(𝟏 + 𝝉𝟐 )
𝒑𝟐 = (𝟏 + 𝒃)(𝟏 + 𝝉𝟐 )𝛀
Dove:
bΩ rappresenta il valore aggiunto nella seconda fase
(1 + 𝑏)Ω rappresenta il valore del bene al netto dell’imposta alla fine della seconda fase
(𝜏! )Ω rappresenta l’IVA a credito per il commerciante / a debito per il produttore
𝜏# (1 + 𝑏)Ω rappresenta l’IVA a debito per il commerciate / costo per il consumatore finale

CLASSIFICAZIONE DELLE IMPOSTE PER LIVELLI DI GOVERNO


Le entrate correnti degli Enti locali possono derivare dalle imposte, dalle tasse, dai trasferimenti
erariali, dalle tariffe e da altre tipologie di entrata (interessi attivi, dividendi, etc.)
𝒊𝒎𝒑𝒐𝒔𝒕𝒆 + 𝒕𝒂𝒔𝒔𝒆 = 𝒆𝒏𝒕𝒓𝒂𝒕𝒆 𝒕𝒓𝒊𝒃𝒖𝒕𝒓𝒊𝒆 𝒄𝒐𝒓𝒓𝒆𝒏𝒕𝒊
𝒕𝒂𝒓𝒊𝒇𝒇𝒆 + 𝒂𝒍𝒕𝒓𝒆 𝒕𝒊𝒑𝒐𝒍𝒐𝒈𝒊𝒆 𝒊𝒏 𝒆𝒏𝒕𝒓𝒂𝒕𝒂 = 𝒆𝒏𝒕𝒓𝒂𝒕𝒆 𝒆𝒙𝒕𝒓𝒂𝒕𝒓𝒊𝒃𝒖𝒕𝒂𝒓𝒊𝒆

La classificazione delle imposte tra erariali o locali non dipende dal livello di governo destinatario
del gettito. Un’imposta è definita locale se il governo locale ha la facoltà di determinare gli
elementi costitutivi dell’imposta

COSA SI RISCHIA CON PIU’ IVA E MENO IRPEF?


Le imposte sul patrimonio e sui consumi incidono di meno sul tasso di crescita dell’economia,
mentre le imposte sul reddito di imprese e famiglia incidono di più
Quindi, il cambiamento del mix, più imposte indirette e meno dirette, favorirebbe la crescita
economica.
In regime di cambi fissi, il paradigma può avere lo stesso effetto di una svalutazione competitiva,
ottenuta tramite la leva fiscale. Si può quindi sostenere la domanda estera e favorire la crescita
interna.

Ci sono chiaramente effetti di breve e di lungo periodo, ad esempio, la traslazione dell’IVA a


seguito del suo aumento.

Lo studio della banca d’Italia propone 3 riforme a parità di gettito, in cui le maggiori entrate
derivanti dall’IVA finanziano una riduzione dei contributi sociali, delle aliquote o un aumento
della detrazione da lavoro.
Il risultato meno regressivo è ottenuto con l’aumento della detrazione da lavoro à
concentrando lo sgravio sui contribuenti a basso reddito caratterizzati da una maggiore
propensione marginale al consumo, mitigando l’impatto dovuto all’aumento dell’IVA a parità di
gettito.
A seconda di come viene rimodulata la decrescenza della detrazione, si ha un diverso impatto
sull’efficienza. La riforma genera molti perdenti nella fascia più bassa della distribuzione, che
non beneficia delle detrazioni da lavoro o non è interessa alla detrazione da lavoro.

L’IVA è un’imposta moderatamente progressiva rispetto ai consumi delle famiglie, mentre è


regressiva rispetto al reddito (soprattutto nella parte iniziale della distribuzione)
L’IRPEF è un’imposta progressiva rispetto al reddito
I contributi sociali sono per lo più proporzionali, ciò fa si che il fisco è solo lievemente
progressivo rispetto al reddito
Lo spostamento di una certa entità del prelievo, dai redditi ai consumi, comporta una perdita di
progressività del sistema se non è ben bilanciata e se non è accompagnata da adeguati
trasferimenti

L’unica via sarebbe aumentare l’aliquota ordinaria, ma siamo già a livelli molto elevati (22%),
introducendo anche un minimo vitale strutturale per bilanciare il saldo netto per i meno
abbienti. Questo ha però ha delle conseguenze politiche rilevanti

Oggi sembra difficile pensare di applicare in misura consistente un diverso mix fiscale tale da
essere sufficientemente

PROFRESSIVITA’ DI UN’IMPOSTA DIRETTA


Un’imposta diretta è definita progressiva se l’aliquota media (𝑡)̅ è una funzione crescente rispetto
alla base imponibile (x)
𝑡(𝑥) 𝑑𝑒𝑏𝑖𝑡𝑜 𝑑′𝑖𝑚𝑝𝑜𝑠𝑡𝑎
𝑡̅ = =
𝑥 𝑏𝑎𝑠𝑒 𝑖𝑚𝑝𝑜𝑛𝑖𝑏𝑖𝑙𝑒

Affinché sia una funzione crescente rispetto a x, è necessario che


𝑡(𝑥)
𝑑𝑡̅ 𝑑 ¦ 𝑥 § 𝑡 < 𝑥 − 𝑡(𝑥) 𝑡 < − 𝑡̅
= = = >0
𝑑𝑥 𝑑𝑥 𝑥# 𝑥

Kakwani e Lambert hanno individuo tre assiomi che un’imposta progressiva deve rispettare:
1. Un contribuente più ricco di un altro deve essere caratterizzato da un’imposta netta
maggiore di quella di un contribuente più povero
2. Un contribuente più ricco di un altro deve essere caratterizzato da un’aliquota media
maggiore di quella di un contribuente più povero
3. L’imposta non determini re-ranking nel passaggio dal reddito ante imposta al reddito netto

La progressività di un’imposta diretta può essere realizzata in più modi:


• Progressività per classi
La base imponibile è suddivisa in classe, ad ognuna delle quali corrisponde un’aliquota
marginale legale. La funzione dell’aliquota media è crescente a tratti, in ogni tratto
l’aliquota media e marginale coincidono tranne per quel livello di reddito a partire dal
quale si verifica un innalzamento dell’aliquota marginale legale
• Progressività continua
L’aliquota media è espressa come una funzione continua e crescente rispetto alla base
imponibile a partire da un valore positivo della stessa, che rappresenta la no tax area
=
𝐴 𝑙𝑛(𝑥 − 𝐷) − 𝐸, 𝑥 > 𝐷 + 𝑒%
𝑡̅ = ¨ =
0, 𝑥 ≤ 𝐷 + 𝑒%
Dove:
D rappresenta una deduzione fissa
A ed E rappresentano i parametri che cambiano a seconda della composizione familiare
e della tipologia di lavoro del contribuente

• Progressività per scaglioni


La base imponibile e suddivisa in (p+1) scaglioni.
Sia S(x) la funzione che definisce la scala delle aliquote marginali legali
𝑚7 𝑠𝑒 0 = 𝛽7 < 𝑥 ≤ 𝛽!
𝑆(𝑥) = ª𝑚! 𝑠𝑒 𝛽! < 𝑥 ≤ 𝛽#
𝑚? 𝑠𝑒 𝑥 > 𝛽?

La funzione che definisce T si ottiene integrando S(x) rispetto a x


𝑚7 𝑥 𝑠𝑒 0 < 𝑥 ≤ 𝛽!
𝑇 = ª 𝑚! 𝛽! + 𝑚! (𝑥 − 𝛽! ) 𝑠𝑒 𝛽! < 𝑥 ≤ 𝛽#
𝑚! 𝛽! + 𝑚! (𝑥 − 𝛽! )+. . + 𝑚? (𝑥 − 𝛽? ) 𝑠𝑒 𝑥 > 𝛽?

• Progressività per deduzione


È ammessa una deduzione D dalla base imponibile
𝑥−𝐷
𝑡 ̅ = ¨𝑡 𝑥 , 𝑥 >𝐷
0, 𝑥 ≤𝐷
Il debito d’imposta sarà pari a
𝑡̅𝑥 = 𝑡(𝑥 − 𝐷), 𝑥>𝐷
𝑇=-
0, 𝑥≤𝐷

• Progressività per detrazione


È ammessa una detrazione C dall’imposta lorda
𝑡𝑥 − 𝐶
𝑡̅ = ¨ 𝑥 , 𝑡𝑥 > 𝐶
0, 𝑡𝑥 ≤ 𝐶
Il debito d’imposta sarà pari a
𝑡̅𝑥 = 𝑡𝑥 − 𝐶, 𝑡𝑥 > 𝐶
𝑇=-
0, 𝑡𝑥 ≤ 𝐶

L’imposta è progressiva se e solo se l’aliquota media è una funzione decrescente rispetto alla base
imponibile. Se la funzione del debito d’imposta è lineare a tratti e convessa, allora l’imposta è
progressiva

ESEMPIO
25% fino a 50k - 75% fino a 100k - 50% oltre

Il debito T aumenta all’aumentare della base imponibile

Abbiamo analizzato i cinque strumenti separatamente, ma nei sistemi tributari reali sono applicati
dei sistemi misti di progressività. Il caso più frequente è una progressività per scaglioni
accompagnata da un sistema di deduzioni/detrazioni, che possono dipendere dalla base
imponibile del contribuente
L’aliquota marginale effettiva è definita come:
𝑑𝑇
𝑡̅ =
𝑑𝑥

• PROGRESSIVITA’ PER SCAGLIONI “PURA”


Prevede solo una scala delle aliquote marginali legali ed aliquote marginali effettive per
ogni possibile livello di reddito

ESEMPIO
Si ipotizzino tre scaglioni:
1. Fino a 10k con aliquota pari al 10%
2. Fino a 30k con aliquota pari al 30%
3. Oltre con aliquota pari al 50%

Contribuente con reddito pari a 5k à imposta netta = 5.000 * 10% = 500


Se il suo reddito aumenta di 100€, l’imposta netta aumenta di 10
QUINDI ALIQUOTA MARGINALE EFFETTIVA UGUALE A ALIQUOTA LEGALE

Contribuente con reddito pari a 10k à imposta netta = 10k * 10% = 1.000
Se il reddito aumenta a di 100€, quest’aumento fa salire al secondo scaglione e
quindi l’imposta netta diventa = 10k * 10% + 100 * 30% = 1.030

• PROGRESSIVITA’ PER SCAGLIONI E DETRAZIONE COSTANTE


Accanto alla scala delle aliquote marginali legali, la normativa consente una detrazione
dall’imposta lorda per tutti i contribuenti e non consente l’applicazione di un’imposta
negativa sul reddito.
Si verifica anche qui coincidenza tra aliquote marginali legali ed aliquote marginali
effettive, tranne per l’area di incapienza, nella quale l’aliquota marginale è nulla

ESEMPIO
Si ipotizzi una detrazione pari a 500€
Consideriamo un contribuente con un reddito pari a 4k, la sua imposta lorda = 4k *
10% = 400
Invece, l’imposta netta sarà nulla in quanto la detrazione (500) è superiore
all’imposta lorda
IMPOSTA MARGINALE EFFETTIVA È NULLA, NONOSTANTE L’ALIQUOTA LEGALE SIA
POSITIVA

Se invece abbiamo un contribuente con un reddito pari a 40k, la sua imposta lorda
sarà pari a: 40k * 30% = 12k
Invece l’imposta netta sarà pari a: 12k – 500 = 11.500

• PROGRESSIVITA’ PER SCAGLIONI E DETRAZIONE LINEARMENTE DECRESCENTE


Si mantiene invariata la scala delle aliquote marginali legali prima introdotta e si
ipotizza che la normativa fiscale consenta una detrazione effettiva, linearmente
decrescente all’aumentare del reddito

ESEMPIO
Ipotizziamo una detrazione pari a:
50.000 − 𝑥
𝐶 = ¨900 ( 50.000 ) 𝑠𝑒 0 < 𝑥 ≤ 50.000
0 𝑠𝑒 𝑥 > 50.000

Dove 900 rappresenta la detrazione potenziale


@77
La detrazione effettiva ha una sola inclinazione tra 0 e 50k, pari a: − A7.777 =
−0,018

Consideriamo un contribuente con un reddito pari a 20k


L’imposta lorda è pari a: 10k * 10% + 10k * 30% = 4k
La detrazione effettiva sarà pari a: 540 (prima equazione della funzione)
L’imposta netta è pari a: 4.000 – 540 = 3.460
∆𝑇
𝑎𝑙𝑖𝑞𝑢𝑜𝑡𝑎 𝑚𝑎𝑟𝑔. 𝑒𝑓𝑓𝑒𝑡𝑡𝑖𝑣𝑎
∆𝑥
= 𝑎𝑙𝑖𝑞𝑢. 𝑚𝑎𝑟𝑔. 𝑙𝑒𝑔𝑎𝑙𝑒 + 𝑖𝑛𝑐𝑙𝑖𝑛𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑑𝑒𝑡𝑟𝑎𝑧. 𝑒𝑓𝑓𝑒𝑡𝑡𝑖𝑣𝑎
= 0,3 + 0,018 = 0,318 = 31,8%
Una detrazione effettiva determina una no tax area, se la detrazione effettiva è
maggiore dell’imposta lorda
50𝑘 − 𝑥
0,1𝑥 − 900( ) = 0 𝑥 = 7627,12
50𝑘

• PROGRESSIVITA’ PER SCAGLIONI E DETRAZIONE LINEARMENTE NON CRESCENTE A


TRATTI
Mantenendo invariata la scala delle aliquote marginali legali, si ipotizza che la
normativa fiscale consente una detrazione effettiva, linearmente non crescente
all’aumentare del reddito

Come osservato, le imposte sul reddito non utilizzano alcuna versione pura, ma una progressività
per scaglioni accompagnata da deduzioni/detrazioni, per modulare l’onere d’imposta rispetto alle
condizioni socioeconomiche del contribuente.
Questo sistema, presenta però un inconveniente notevole, in quanto consente un vantaggio
fiscale al contribuente nel limite dell’imposta lorda, ma nel caso di deduzioni o detrazioni superiori
rispettivamente alla base imponibile o all’imposta lora, il contribuente è incapace e non paga le
imposte (indipendentemente dalla sua situazione personale)

ES. SE IL COINTRIBUENTE HA UN REDDITO LORDO INFERIORE ALLA DETRAZIONE, NON DEVE


CORRISPONDERE ALCUN DEBITO D’IMPOSTA. ALLO STESSO TEMPO PERO’ NON BENEFICIA DELLA
DIFFERENZA.

Per ovviare a tale inconveniente sarebbe necessario garantire ai contribuenti un sussidio pari alla
differenza tra imposta lorda e detrazioni. Questa versione dell’imposta è nota come IMPOSTA
NEGATIVA SUL REDDITO e consente di integrare imposta personale e programmi universali di
contrasto della povertà

Se consideriamo un’aliquota marginale t e una detrazione fissa C, è possibile individuare il livello di


base imponibile al di sopra del quale l’imposta netta T è positiva e al di sotto del quale l’imposta
netta è negativa. Quest’ultimo valore è il sussidio S concesso al contribuente:
𝑇 = 𝑡𝑥 − 𝐶, 𝑡𝑥 ≥ 𝐶
¯
𝑆 = 𝐶 − 𝑡𝑥, 𝑡𝑥 < 𝐶

Questa struttura determina un reddito netto (z) pari a:


𝑥 − 𝑇 = 𝑥 + 𝐶 − 𝑡𝑥 = 𝐶 + (1 − 𝑡)𝑥, 𝑡𝑥 ≥ 𝐶
𝑧=-
𝑥 + 𝑆 = 𝑥 + 𝐶 − 𝑡𝑥 = (1 − 𝑡)𝑥 + 𝐶, 𝑡𝑥 < 𝐶

DISTRIBUZIONE DEL REDDITO


n Funzione di densità di frequenza
Considerando una distribuzione di redditi, la funzione di densità di frequenza [f(x)] indica la
quota di individui compresi in un intervallo di reddito (x + dx)
n Funzione di densità cumulata
La funzione di densità cumulata [F(x)] indica la quota di individui che detiene un reddito
pari o inferiore a x.
F(x) è pertanto la somma cumulata di f(x)

n Sfilata di Pen
È interessante anche analizzare l’inverso della funzione di densità cumulata P(x)

LA CURVA DI LORENZ
Vengono considerati n contribuenti omogenei e riordinati i redditi o i debiti d’imposta in ordine
crescente, da qui è possibile individuare una funzione che associa la quota cumulata dei
redditi/imposte alla quota cumulata dei contribuenti
[rappresentata in verde nel grafico]
Se tutti i redditi/imposte dono uguali, la curva di Lorenz coincide con la retta blu con inclinazione a
45° à RETTA DI EQUIDISTRIBUZIONE
Se solo un contribuente presenta un reddito/imposta positiva, la curva di Lorenz coincide con la
retta rossa spezzata.

La somma delle aree A e B è pari a ½


L’area A indica quanto la curva di Lorenz sia lontana dalla retta di equidistribuzione e misura il
grado di disuguaglianza dei redditi

ESEMPIO COSTRUZIONE CURVA DI LORENZ

Riordiniamo i redditi in modo non decrescente


Adesso calcoliamo i redditi, le imposte e i redditi cumulati

Calcoliamo adesso le coordinate della curva di Lorenz, come rapporto tra i singoli redditi e il
reddito/imposte/reddito massimo
10 3 7
= = 0,03125
320 96 224
E così via

Le curve coincidono

In caso di imposta progressiva, le tre curve sono differenti


Consideriamo, ad esempio, un’imposta progressiva per scaglioni pura:
30% fino a 30 / 80% per 100 e oltre
Se l’imposta è progressiva, la curva di Lorenz dei redditi lordi giacerà al di sotto della curva di
Lorenz dei redditi netti

In questo caso le coordinate della curva di Lorenz saranno:


Finora abbiamo considerato una distribuzione omogena dei contribuenti. Nella realtà i
contribuenti sono eterogenei e il debito d’imposta di ogni contribuente dipende anche dalle sue
caratteristiche personali (tipologia di lavoro svolto, presenza di familiari a carico, sostenimento di
alcune tipologie di spese)
Due contribuenti con redditi lordi uguali, possono essere caratterizzati da retti netti diversi. Si può
quindi verificare il re-ranking (l’imposta può modificare l’ordinamento dei redditi netti e dei debiti
rispetto all’ordinamento dei redditi lordi)
Occorrerà quindi calcolare l’area compresa tra la curva di Lorenz dei redditi netti e la curva di
concentrazione dei redditi netti. Ordinando i contribuenti in ordine crescente, la curva di
concentrazione dei redditi netti individua la quota cumulata dei redditi netti e delle imposte della
quota cumulata

ESEMPIO

Si ipotizza che alcuni contribuenti possano beneficiare anche di detrazioni d’imposta, mentre i
rimanenti vedano dipendere il debito dall’applicazione della scala delle imposte
INDICE DI GINI E DI CONCENTRAZIONE
L’indice di Gini misura la disuguaglianza di una data distribuzione dei redditi o dei debiti d’imposta.
L’indice è compreso tra 0 e 1.
G = 0 in caso di equidistribuzione
G = 1 nel caso in cui il reddito sia in mano ad un unico contribuente

𝐴
𝐺= = 2𝐴 = 1 − 2𝐵
𝐴+𝐵

2 𝑐𝑜𝑣[𝜀, 𝐹(𝜀)]
𝐺C =
𝜇C
Dove:
𝜀 rappresenta l’ordinamento di cui si vuole calcolare l’indice di Gini
𝜇C rappresenta il corrispondente valore medio

ESEMPIO
Riprendendo i seguenti dati

Con le seguenti coordinate

Calcoliamo adesso l’indice di Gini


n=5 𝜇D = 64 cov = 13,2 x = reddito lordo y = valore ascissa

10 + 30 + 50 + 80 + 150
𝜇D = = 64
5

0,2 + 0,4 + 0,6 + 0,8 + 1


𝜇E = = 0,6
5
1
𝑐𝑜𝑣 = ∗ µΣ(𝑥 − 𝜇D )(𝑦 − 𝜇E )¸
𝑛

dati questi valori, l’indice di Gini è pari a:


2 𝑐𝑜𝑣 [𝑥, 𝐹(𝑥)] 2 ∗ 13,2
𝐺D = = = 0,4125
𝜇D 64

Lo stresso procedimento può essere replicato per i debiti d’imposta e il reddito netto

L’indice di concentrazione invece è pari a:


2𝑐𝑜𝑣[𝜀, 𝐹(𝑥)]
𝐶C =
𝜇C
Dove:
𝜀 rappresenta l’ordinamento di cui si vuole calcolare l’indice di concentrazione
𝜇C rappresenta il reddito medio
F(x) rappresenta la funzione di ripartizione dei redditi lordi

PRINCIPALI INDICI DI DISUGUAGLIANZA


Esistono numerosi indici per quantificare la disuguaglianza esistente in una data distribuzione ed
effettuare confronti tra distribuzioni nel tempo e nello spazio.
Queste si suddividono in:
n Misure locali – valutano la progressività facendo riferimento al divario tra aliquota media e
marginale per un determinato valore di reddito lordo
o LIABILITY PROGRESSION
È definita come l’elasticità del debito rispetto al reddito lordo (per ogni livello di
reddito lordo x)
𝒅𝒕(𝒙) 𝒙 𝒙𝒕′ 𝒕′
𝑳𝑷 = ∗ = = >𝟏
𝒅𝒙 𝒕(𝒙) 𝒕(𝒙) 𝒕̅

o RESIDUAL PROGRESSION
È definita come l’elasticità del reddito netto rispetto al reddito lordo
𝒅[𝒙 − 𝒕(𝒙)] 𝒙 [𝟏 − 𝒕′] 𝟏 − 𝒕′
𝑹𝑷 = ∗ =𝒙 = <𝟏
𝒅𝒙 [𝒙 − 𝒕(𝒙)] 𝒙 − 𝒕(𝒙) 𝟏 ººººººº
−𝒕

n Misure globali – valutano la progressività considerando l’intera distribuzione dei redditi


lordi o netti e la struttura dell’imposta
o INDICE DI KAKWANI
𝑲 = 𝑪𝑻 − 𝑮𝑿

Evidenzia le conseguenze dal punto di vista redistributivo di un aumento della LP ad


ogni livello di reddito lordi nel caso in cui la distribuzione dei redditi lordi rimanga
immutata a seguito del cambiamento della LP
Misura il grado di progressività dell’imposta, valuta sinteticamente due volte l’area
compresa tra la curva di Lorenz dei redditi al lordo dell’imposta e la curva di
concentrazione dei debiti d’imposta
o INDICE DI REYNOLDS-SMOLENSKY
𝑹𝑺 = 𝑮𝑿 − 𝑪𝑿9𝑻

Valuta l’effetto redistributivo dell’imposta, misurando sinteticamente due volte


l’area compresa tra la curva di concentrazione dei redditi netti e la curva di Lorenz
dei redditi lordi
Se l’imposta determina re-ranking
𝑹𝑬 = 𝑮𝑿 − 𝑮𝑿9𝑻 = (𝑮𝑿 − 𝑪𝑿9𝑻 ) − (𝑮𝑿9𝑻 − 𝑪𝑿9𝑻 ) = 𝑹𝑺 − 𝑹𝑨𝑷𝑲

Dove:
RE rappresenta l’effetto redistributivo complessivo
𝑅 %3( rappresenta l’indice di Atkinson-Plotnick-Kakwani che quantifica l’estensione
del re-ranking misurando l’area compresa tra curva di concentrazione dei redditi
netti e la curva di Lorenz dei redditi netti

FISCAL DRAG
Se l’imposta è progressiva e si è in presenza di inflazione, diventa importante scegliere tra
imponibile reale o nominale.
La crescita dei valori nominali delle basi imponibili dei contribuenti determina un aumento
automatico dell’incidenza dell’imposta (con struttura progressiva delle aliquote) anche se il
reddito lordo non aumenta in termini reali à FISCAL DRAG
Attualmente tale fenomeno è meno pronunciato a causa del basso tasso di inflazione

ESEMPIO
Contribuente con reddito 1200 10% fino a 1k - 20% oltre 1k
𝑑𝑒𝑏𝑖𝑡𝑜 𝑑′𝑖𝑚𝑝𝑜𝑠𝑡𝑎 𝑇 = 1.000 ∗ 10% + 200 ∗ 20% = 140
𝑇7 140 ∗ 100
𝑑𝑒𝑏𝑖𝑡𝑜 𝑚𝑒𝑑𝑖𝑜 𝑡̅ = = = 11,67
𝑥7 1.200

al tempo 1, il tasso di inflazione è pari al 10% e la struttura impositiva non subisce alcuna
modifica
𝑟𝑒𝑑𝑑𝑖𝑡𝑜 𝑥 = 1.200 ∗ (1 + 10%) = 1320
𝑑𝑒𝑏𝑖𝑡𝑜 𝑑′𝑖𝑚𝑝𝑜𝑠𝑡𝑎 𝑇 = 1.000 ∗ 10% + 320 ∗ 20% = 164
𝑇7 164 ∗ 100
𝑑𝑒𝑏𝑖𝑡𝑜 𝑚𝑒𝑑𝑖𝑜 𝑡̅ = = = 12,42
𝑥7 1.320

L’incidenza media del contribuente è aumentata, senza che si assista ad un aumento della sua
capacità contributiva in termini reali

PER OVVIARE A QUESTA DISTORSIONE, CU SONO DUE TIPOLOGIE DI CORRETTIVI CHE POSSONO
ESSERE USATI
1. Mantenere invariata la struttura dell’imposta e agire solo sull’ammontare di base
imponibile che è soggetta all’imposta progressiva
2. Applicare alla base imponibile una scala delle aliquote che annualmente viene
aggiornata moltiplicando gli estremi di ciascun scaglio per il tasso di inflazione
Applicando il primo tipo, ad esempio, al tempo 1
1320
𝑟𝑒𝑑𝑑𝑖𝑡𝑜 𝑥 = = 1200 − −> 𝑠𝑡𝑖𝑎𝑚𝑜 𝑑𝑒𝑓𝑙𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑎𝑛𝑑𝑜
1,1
debito d’imposta = 140
questo valore deve essere rivalutato per l’inflazione
𝑇 = 140 ∗ 1,1 = 154
𝑇7 154 ∗ 100
𝑡̅ = = = 11,67
𝑥7 1.320

Applicando il secondo tipo invece avremo


Reddito = 1320
La nuova scala delle aliquote al tempo 1 prevede un aumento dell’ampiezza del primo scaglione
Da 0-1000 a 0-1100

𝑇 = 1100 ∗ 10% + 220 ∗ 20% = 154

𝑇7 154 ∗ 100
𝑡̅ = = = 11,67
𝑥7 1.320

EFFETTI ECONOMICI DELLE IMPOSTE


Una variazione, in aumento o in diminuzione, del prezzo di uno o più beni, determina due effetti:
n EFFETTO REDDITO
Quando il prezzo di uno o più beni si riduce, il consumatore vedrà aumentare il suo potere
di acquisto e questo modifica la quantità consumata di tutti i beni rispetto alla situazione
iniziale.
Misura la variazione della quantità domandata provocata da una variazione del reddito.
Con la riduzione del prezzo del bene, il consumatore può acquistare la stessa quantità
iniziale, ma allo stesso tempo avrà ancora a disposizione un certo ammontare da destinare
all’acquisto di tutti i beni.

Se si riduce il prezzo di un bene superiore, il consumatore acquisterà una quantità


maggiore
Se si riduce il prezzo di un bene inferiore, il consumatore acquisterà una quantità inferiore

n EFFETTO SOSTITUZIONE
Quando il prezzo di uno o più beni si modifica, si modifica di conseguenza il loro prezzo
relativo. Acquisterà una quantità maggiore del bene se il prezzo diminuisce, e viceversa.
Prima dell’incremento del prezzo del bene 𝑥! , il consumatore sceglie il paniere A
[caratterizzato da una quantità di bene 𝑥! pari a A’]
A seguito dell’incremento del prezzo del bene 𝑥! , il paniere ottimo scelto diviene il paniere B
[caratterizzato da una quantità di bene 𝑥! pari a B’]

Lo spostamento complessivo può essere scomposto in effetto reddito e sostituzione.


Sono possibili due diverse scomposizioni, ognuna delle quali avrà una duplice interpretazione:
• Variazione compensativa
o Secondo Hicks
o Secondo Slutsky
• Variazione equivalente
o Secondo Hicks
o Secondo Slutsky

Analizziamo entrambe le variazioni secondo Hicks


• Variazione compensativa
Individua la variazione di reddito necessaria per mantenere il consumatore sulla stessa
curva di indifferenza originaria

A’ – C’ à Effetto sostituzione C’ – B’ à Effetto reddito


• Variazione equivalente
Individua la variazione di reddito necessaria per mantenere il consumatore sulla stessa
curva di indifferenza finale

A’ – C’ à Effetto reddito C’ – B’ à Effetto sostituzione

ESEMPIO
Si ipotizzi una funzione di utilità Cobb-Douglas
𝑈(𝑥! , 𝑥# ) = 𝑥! ∗ 𝑥# = 25
E 𝑝! = 𝑝# = 10 R = 100

Il problema del consumatore sarà l’ottimizzazione della funzione di utilità


𝑚𝑎𝑥 𝑈(𝑥! , 𝑥# ) = 𝑥!K 𝑥#L
-
𝑠. 𝑡. 𝑝! 𝑥! + 𝑝# 𝑥# = 𝑅
La scelta ottima sarà quindi
𝑎 𝑅 1 100
𝑥!K = = =5
𝑎 + 𝑏 𝑝! 2 10
𝑎 𝑅 1 100
𝑥!K = = =5
𝑎 + 𝑏 𝑝# 2 10
Se il prezzo del bene 1 diminuisce da 10 a 5, il vincolo di bilancio diventa:
5𝑥! + 10𝑥# = 100
La scelta ottima sarà quindi:
𝑎 𝑅 1 100
𝑥!L = = = 10
𝑎 + 𝑏 𝑝! 2 5
𝑎 𝑅 1 100
𝑥!L = = =5
𝑎 + 𝑏 𝑝# 2 10

𝑈(𝑥! , 𝑥# ) = 𝑥! ∗ 𝑥# = 50

Quindi la riduzione del prezzo determina:


- Un incremento di 5 unità del bene 1
- Nessuna variazione del bene 2

Secondo l’approccio di Hicks, occorre individuare un nuovo valor di R’ necessario per mantenere
il consumatore sulla stessa curva di indifferenza finale, considerando un vincolo parallelo a
quello iniziale
𝑈(𝑥! , 𝑥# ) = 𝑥! ∗ 𝑥# = 50
Le scelte ottime sono
𝑎 𝑅′
𝑥!∗ =
𝑎 + 𝑏 𝑝!
𝑎 𝑅′
𝑥#∗ =
𝑎 + 𝑏 𝑝#

Da cui otteniamo
𝑎 𝑅′ 𝑎 𝑅′
∗ = 50 − −> 𝑅′ = 141,42136
𝑎 + 𝑏 𝑝! 𝑎 + 𝑏 𝑝#

Quindi il paniere ottimo sarà in corrispondenza di 𝑥!∗2 =𝑥#∗2 = 7,071068


L’effetto reddito si produce poiché le imposte riducono le risorse disponibili del contribuente, che
dovrà ridurre il consumo di tutti i beni rispetto alla situazione in assenza di imposte.
In questo caso i prezzi relativi non si modificano, a differenza si modifica il livello del consumo e
non c’è alcuna perdita di efficienza

L’effetto sostituzione si produce perché le imposte modificano i prezzi relativi, tra i beni tassati con
aliquote maggiori e i beni tassati con aliquote minori.
In questo caso, appunto, i prezzi relativi si modificano e si genera una perdita di efficienza a causa
dell’eccesso di pressione

TEOREMA DI BARONE
Permette di verificare il diverso impatto di:
- Imposte proporzionali sul reddito
- Imposte indirette selettive sul consumo
- Imposte indirette universali sul consumo

Viene considerato un contribuente che deve decidere come allocare il suo consumo tra due beni
supposti superiori e normali, dopo che ha deciso la parte del suo reddito totale da destinare al
consumo

L’inclinazione è data dal rapporto tra i prezzi


Consideriamo l’introduzione di un’imposta sul bene 1, il consumatore dovrà consumare una
quantità inferiore del bene 1 (in quanto l’imposta riduce il potere d’acquisto del consumatore-
contribuente) e può continuare a consumare la stessa quantità del bene 2 rispetto alla situazione
senza imposta

Ci sono due casi in cui si verifica solo l’effetto reddito:


• Imposta generale sul consumo – aliquota applicata ad entrambi i prodotti
𝑝! (1 + 𝜏)𝑥! +𝑝# (1 + 𝜏)𝑥# = 𝑅
𝑅
𝑝! 𝑥! + 𝑝# 𝑥# =
(1 + 𝜏)

• Imposta proporzionale sul reddito – aliquota applicata direttamente al reddito del


consumatore
𝑝! 𝑥! + 𝑝# 𝑥# = 𝑅(1 − 𝑡)

Le due imposte possono risultare equivalenti se

𝑅
= 𝑅(1 − 𝑡)
(1 + 𝜏)

𝜏
−−> 𝑡 =
(1 + 𝜏)
Introduciamo dunque un’imposta diretta proporzionale che causi un sacrificio identico all’imposta
selettiva sul consumo

A parità di sacrificio per il contribuente, un’imposta indiretta selettiva sul consumo produce un
gettito minore rispetto ad un’imposta generale sul consumo.

A parità di gettito, un’imposta indiretta selettiva sul consumo causa al contribuente un sacrificio
maggiore di un’imposta indiretta generale sul consumo

ESEMPIO
Si ipotizzi una funzione di utilità Cobb-Douglas
𝑈(𝑥! , 𝑥# ) = 𝑥! ∗ 𝑥# = 50
E 𝑝! = 5 𝑝# = 10 R = 100

Il problema del consumatore sarà l’ottimizzazione della funzione di utilità


𝑚𝑎𝑥 𝑈(𝑥! , 𝑥# ) = 𝑥!K 𝑥#L
-
𝑠. 𝑡. 𝑝! 𝑥! + 𝑝# 𝑥# = 𝑅
La scelta ottima sarà quindi
𝑎 𝑅 1 100
𝑥!K = = = 10
𝑎 + 𝑏 𝑝! 2 10
𝑎 𝑅 1 100
𝑥!K = = =5
𝑎 + 𝑏 𝑝# 2 10
Se il prezzo del bene 1 aumenta da 5 a 10, a causa dell’introduzione di un’accisa pari a 5
Si ipotizzi una funzione di utilità Cobb-Douglas
𝑈(𝑥! , 𝑥# ) = 𝑥! ∗ 𝑥# = 25

Anche in questo caso, seguiamo lo stesso ragionamento per il calcolo del paniere ottimo
OFFERTA DI LAVORO
Le imposte possono provocare una distorsione sull’allocazione del tempo tra lavoro e tempo libero
L’analisi teorica sostiene che sia utilizzata un’imposta proporzionale sul reddito da lavoro e viene
ipotizzato che tutti i contribuenti possano variare l’offerta di lavoro al variare dell’imposta e che
l’offerta di lavoro sia particolarmente sensibile all’elevatezza dell’aliquota marginale

In realtà, il primo limite vale per i lavoratori indipendenti e per la parte di lavoro straordinario dei
lavori dipendenti

Consideriamo un contribuente che deve decidere tra quanto tempo destinare al tempo libero TL e
quanto tempo dedicare al lavoro L.
La remunerazione oraria del lavoro è pari a w, che indica il costo opportunità del tempo libero
REDDITO LORDO RL = wL

In assenza di imposte avremo l’uguaglianza tra reddito netto e reddito lordo


Il vincolo di bilancio ha inclinazione pari a w, è inclinata positivamente e l’inclinazione aumenta
all’aumentare delle ore dedicate al lavoro

L’introduzione di un’imposta proporzionale sul reddito con aliquota t, fa diminuire la


remunerazione [(1-t)w] e di conseguenza il reddito netto diminuisce.
L’imposta determina due effetti:
• Un effetto redito, poiché il reddito netto si riduce rispetto alla situazione senza imposta
• Un effetto sostituzione, poiché un’ora in più di tempo libero diventa meno cara in
termini di riduzione del reddito netto
A’ – C’ à Effetto reddito C’ – B’ à Effetto sostituzione

Secondo alcuni economisti una riduzione delle aliquote dell’imposta sul reddito può provocare un
aumento del gettito, non una riduzione
Effetto dell’introduzione di un’accisa sui produttori in concorrenza perfetta

ELASTICITA’ DOMANDA
∆𝑄. 𝑃
𝐸3. = <0
∆𝑃 𝑄.

ELASTICITA’ OFFERTA
∆𝑄M 𝑃
𝐸3M = >0
∆𝑃 𝑄M

Prima dell’accisa, il prezzo di equilibrio è pari a p0, dopo l’accisa diventa p1


I produttori incassano p1, ma devono trasferire un ammontare pari all’accisa alla PA

Se la curva di offerta è perfettamente elastica e la curva di domanda è inclinata negativamente, si


determina la traslazione dell’accisa dai contribuenti di diritto, ovvero le imprese, ai contribuenti di
fatto, ovvero i consumatori
Se l’offerta è perfettamente inelastica e la domanda è inclinata negativamente, contribuenti di
diritto e di fatto coincidono

Se la domanda è perfettamente elastica e la curva di offerta è inclinata positivamente,


contribuenti di diritto e di fatto coincidono

Se la domanda è perfettamente inelastica e la curva di offerta è inclinata positivamente, l’accisa


sarà pagata totalmente dai consumatori. La quantità di equilibrio resta uguale, ma aumenta il
prezzo
È possibile verificare che la perdita di benessere, pari all’area C, aumenta in misura più che
proporzionale rispetto all’imposta e che l’eccesso di pressione è tanto maggiore quanto più
elastica è la curva di domanda

∆𝑄. 𝑃
𝐸3. = <0
∆𝑃 𝑄.
Pertanto:

𝑄. 𝑄.
∆𝑄. = 𝐸3. ∆𝑃 = 𝐸3. 𝜏
𝑃 𝑃

L’eccesso di pressione EP è pari a:


𝐸3. 𝑄. 𝑃 𝜏 #
𝐸𝑃 = ( )
2 𝑃
Quindi l’eccesso di pressione varia proporzionalmente al quadrato dell’aliquota dell’accisa e
all’elasticità della curva di domanda
ESEMPIO

Senza accisa, l’equilibrio prevede che


𝑝 = 30 − 𝑞
¯
𝐶𝑀 = 10

Le quantità ottime sono in corrispondenza di q*=20 e p*=10


Quindi, il surplus netto S è pari a
(20 − 0)(30 − 10)
𝑆= = 200
2

Con l’introduzione di un’accisa pari a 5, l’equilibrio prevede


𝑝 = 30 − 𝑞
¯
𝐶𝑀 = 15

Le quantità ottime sono in corrispondenza di q*=15 e p*=15


Quindi il surplus netto è pari a
(15 − 0)(30 − 15)
𝑆= = 112,5
2

Il gettito T è pari a:
𝑇 = 15 ∗ 5 = 75

L’eccesso di pressione sarà quindi pari a


𝐸𝑃 = 200 − 112,5 − 75 = 12,5
IRPEF
MODIFICHE APPORTATE
Nella fase di discussione parlamentare sono state introdotte nella struttura delle detrazioni per
lavoro alcune imprecisioni stilistiche, con l’obiettivo di aumentare i vantaggi monetari in alcune
fasce di reddito:
- Razionalizzano la struttura delle aliquote marginali effettive
- Riducono l’imposta netta in molte fasce della distribuzione dei redditi
- Mantengono i vantaggi del Bonus, inglobando nella detrazione da lavoro dipendente a
partire da 15k lordi
- Aumentano la no tax area per pensionati e lavoratori autonomi non soggetti alla flat tax

In questa prima fase si è dato maggior peso all’efficienza rispetto all’equità


Un forte vincolo è stato quello politico di non aumentare l’aliquota marginale legale massima. Con
questo vincolo non era possibile generare vantaggi consistenti nella prima parte della
distribuzione dei redditi, né evitare sconti anche per i più ricchi

STRUTTURA DELL’IRPEF IN VIGORE NEL 2021


𝒙 − 𝒅𝟏 − 𝒅𝟐 𝒔𝒆 𝒅𝟏 + 𝒅𝟐 < 𝒙
𝒚=-
𝟎 𝒔𝒆 𝒅𝟏 + 𝒅𝟐 ≥ 𝒙
dove:
x rappresenta il reddito complessivo di un contribuente
y rappresenta la base imponibile

È prevista la deduzione per la rendita catastale rivalutata dell’abitazione di residenza 𝑑! qualora


l’immobile non sia soggetto all’IMU
È inoltre garantita la deduzione 𝑑# corrispondente alla somma dei contributi previdenziali ed
assistenziali concessi in deduzione, gli assegni periodici corrisposti al coniuge in conseguenza di
separazione legale ed effettiva, le erogazioni liberali a favore di istituzioni religiose, le spese
mediche e di assistenza specifica per i disabili e altri oneri deducibili

Applicando la scala delle aliquote marginali legali erariali [𝜓(y)] alla base imponibile (y), si ottiene
l’imposta lorda (𝜆)
Sottraendo dall’imposta lorda le detrazioni, si determina l’imposta netta di competenza 𝜏
A questo schema principale sono previste due eccezioni:
• Detrazione per il canone di locazione
• Detrazione per figli a carico qualora i figli siano almeno 4

𝝀 − 𝒄𝟏 − 𝒄𝟐 − 𝒄𝟑 − 𝒄𝑼 𝒔𝒆 𝝀 > 𝒄𝟏 + 𝒄𝟐 + 𝒄𝟑 + 𝒄𝑼
𝝉 = -
𝟎 𝒔𝒆 𝝀 ≤ 𝒄𝟏 + 𝒄𝟐 + 𝒄𝟑 + 𝒄𝑼
Dove:
𝑐! rappresenta la detrazione per carichi di lavoro
𝑐# rappresenta la detrazione per carichi di famiglia
𝑐P rappresenta la detrazione per oneri
𝑐Q rappresenta la detrazione per i redditi da lavoro dipendente
𝒙 − 𝒅𝟏 + 𝜸 𝒔𝒆 𝑰𝑴𝑼 𝒏𝒐𝒏 𝒅𝒐𝒗𝒖𝒕𝒂
𝒙𝒅 = -
𝒙 + 𝜸 𝒔𝒆 𝑰𝑴𝑼 𝒅𝒐𝒗𝒖𝒕𝒂
Dove:
𝛾 rappresenta il 100% dei canoni di locazione tassati separatamente con la cedolare secca

DETRAZIONI PER CARICHI DI LAVORO


Si determina partendo da una detrazione potenziale.
Sono possibili tre casi 𝑐! = ∑PST! 𝑐!S , dove r=1 riguarda i lavoratori dipendenti, r=2 per i pensionati
e r=3 per i lavoratori autonomi non soggetti al regime sostitutivo della flat tax
La detrazione effettiva è data da:

La detrazione per i pensionati sarà:


Ed infine, la detrazione per lavoro autonomo sarà:
DETRAZIONE PER CARICHI DI FAMIGLIA
È formata da quattro detrazioni specifiche:
𝑐#U rappresenta le detrazioni per figli a carico
𝑐#UV rappresenta le detrazioni per famiglie con più di tre figli a carico
W
𝑐# rappresenta le detrazioni per coniuge a carico
𝑐#M rappresenta le detrazioni per altri familiari a carico

𝒄𝟐 = 𝒄𝑯 𝑯𝑭 𝑺 𝑶
𝟐 + 𝒄𝟐 + 𝒄𝟐 + 𝒄𝟐

Le detrazioni per i figli a carico si calcolano come;

Le detrazioni per il coniuge a carico:


infine, le detrazioni per gli altri familiari di calcola come:

ESEMPIO
Lavorato dipendente single, che non possa beneficiare di deduzioni dal reddito complessivo,
quindi x=y o di detrazioni dall’imposta lorda per oneri, quindi c3=0.
Essendo single c2=0
Dal reddito andrà sottratta solo la detrazione per lavoro
Se invece consideriamo un lavoratore dipendente con moglie e un figlio a carico di età maggiore
a 3 anni

BONUS E DETRAZIONE DA LAVORO DIPENDENTE


STRUTTURA DELL’IRPEF IN VIGORE NEL 2022
La legge di bilancio ha modificato la struttura dell’IRPEF, modificando l’ampiezza degli scaglioni e
delle aliquote marginali legali

Gli scaglioni vengono ridotti da 5 a 4. I primi due non subiscono modifiche, il terzo si riduce
d’ampiezza. In merito alle aliquote la prima e l’ultima non subiscono modifiche, la seconda e la
terza si riducono.

La detrazione per carichi di lavoro diventa:

Il bonus è confermato solo fino a UL1

La detrazione per pensionati diventa:

E infine, la detrazione per lavoro autonomo:


LA “FLAT TAX” DEGLI AUTONOMI
Molti lavoratori autonomi non sono soggetti all’IRPEF, ma che assolvono il debito d’imposta
pagando un’imposta sostitutiva à Flat tax
Possono beneficiarne le persone fisiche titolari di reddito d’impresa o di lavoro autonomo che nel
corso del periodo d’imposta precedente hanno conseguito ricavi o percepito compensi pari o
inferiori a 65k e che hanno sostenuto costi per retribuzioni pari o inferiori a 20k.
I contribuenti interessati al regime forfettario, i ricavi R sono effettivi; invece, il reddito x è dato
dalla differenza tra i ricavi effettivi e i costi stimati C ed è stimato applicando un coefficiente di
redditività 𝜑.
𝑥 = 𝑅 − 𝐶 = 𝜑𝑅
dove
𝑪 = (𝟏 − 𝝋)𝑹

Alla base imponibile è possibile sottrarre anche i contributi previdenziali ed assistenziali Q


𝒀 = 𝑹 − 𝑪 – 𝑸
Viene quindi applicata un’aliquota del 15% (5% per i primi cinque anni di attività)
Applicando però il regime sostitutivo, il contribuente non può detrarre le detrazioni per oneri e
quelle per familiari a carico

ESEMPIO
R = 40k C forfettari = 22% R Q = 25% x flat tax = 15% y

𝑥 = 𝑅 − 𝐶 = 40.000 − (40.000 ∗ 22%) = 31200


𝑦 = 𝑅 − 𝐶 − 𝑄 = 40.000 − 8.800 − (31.200 ∗ 25%) = 23.400
𝐹𝑇 = 23.400 ∗ 15% = 3.510
Non è sempre detto che la flat tax sia sempre conveniente

Come possiamo notare, per i primi 4 livelli sarebbe preferibile scegliere il regime ordinario IRPEF;
invece, per valori più alti conviene il regime sostitutivo
ASSEGNO UNICO FAMILIARE (AUF)
Dal 2002 l’assegno unico familiare è stato esteso anche ai lavoratori autonomi e ai contribuenti
incapienti in sede IRPEF

Tali valori, oltre alle soglie ISEE che determinano la loro decrescenza, vengono adeguati
annualmente alle variazioni dell’indice del costo della vita
Per i lavoratori dipendenti, gli importi dell’AUF sono più generosi rispetto agli attuali

La linea nera evidenzia la perdita dovuta all’eliminazione della detrazione per il figlio a carico. Si
nota soprattutto un andamento irregolare tra i 10k e i 20k dovuto all’eliminazione della
detrazione, che da una parte modifica l’imposta netta per i contribuenti capienti, e rende capienti
anche contribuenti che sarebbero risultati incapienti a seguito della detrazione per figli a carico
CONCLUSIONI
Le modifiche all’IRPEF hanno ripulito la struttura delle aliquote marginali effettive, inglobando i
benefici del Bonus nella struttura della detrazione per lavoro dipendente partire da 15k

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