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MICROECONOMIA

Scienza della scelta

Le risorse economiche sono scarse così come altre importanti come il tempo, la salute…

Trade-off: rinuncia o scelta tra le risorse disponibili, che sono quindi limitate

I vincoli di scarsità portano tre problemi fondamentali: quanto produrre, come produrre e come distribuire
il bene prodotto nella società. Dando risposta a questi problemi si riesce a migliorare l’intera società

La microeconomia cerca di dare un modello definito ma non preciso, incentrandosi sui piccoli elementi. Il
suo obbiettivo è quello di comprendere le motivazioni dietro le decisioni degli agenti economici, questo è
definito dall’interesse che può essere materiale, dato da oggetti di uso concreto (un pasto o un vestito),
oppure un interesse immateriale definito invece da piaceri psicologici ed emotivi. Ma l’uomo è molto
materialista arrivando a diventare l’homo oeconomicus. Ma è ovviamente un estremismo, infatti il reddito
non fa la felicità, e lo dimostrano anche diversi grafici. La relatività influenza la felicità perché si incontrerà
sempre qualcuno più ricco di noi. L’adattamento porta alla noia e anche la saturazione nei beni.

CRITERIO COSTI-BENEFICI :

il beneficio di una scelta è il valore massimo che un individuo è disposto a pagare per avere determinati
desideri. Mentre il costo è ciò che si sacrifica per avere x. E se il beneficio è maggiore del costo allora
l’individuo accetterà.

Il valore del beneficio è ciò che si è disposti a pagare per fare sì che venga fatto qualcosa per noi—valore
soldi.

La razionalità economica è il confronto costi-benefici

ERRORI PIU’ COMUNI

Ignorare costi opportunità, ignorare i costi non recuperabili (spese fisse come le bollette), misurare i costi e
i benefici in maniera percentuale invece che assoluta, non comprendere la distinzione costo (o beneficio)
medio e costo (o beneficio) marginale (marginale=ultimo dato).

DUE MERCATI:

Mercato dei beni e servizi e il mercato dei fattori produttivi e due soggetti imprese e famiglie/individui. C’è
dunque un flusso continuo di denaro che si intercambia tra le famiglie e imprese. Le imprese pagano i
salari alle famiglie, quest’ultime comprano beni e servizi messi a disposizione dalle imprese; dunque, il
cerchio si chiude. Il mercato rende tra loro compatibili le scelte razionali delle famiglie e delle imprese
attraverso il meccanismo dei prezzi, garantisce il coordinamento delle scelte di imprese e individui.

L’allocazione delle risorse scarse può avvenire in due modi:

1) Attraverso il meccanismo di mercato basato sulle decisioni dei singoli agenti economici
(economie di mercato)—meno usata
2) Attraverso il meccanismo della pianificazione dell’attività economica (economia pianificata)—più
usata

Adam Smith disse che nelle economie di mercato una mano invisibile guiderebbe tutti gli individui i quali,
nel perseguire i loro interessi individuali, consentono anche il contemporaneo raggiungimento
dell’interesse collettivo. Tuttavia, Smith è consapevole del fatto che questo meccanismo virtuoso non
funziona come previsto (costi e benefici esterni). Nelle situazioni in cui in costi o benefici in gioco toccano
altre persone oltre al decisore, il meccanismo della mano invisibile può non funzionare e si apre lo spazio
per un intervento pubblico (fallimento del mercato). Il mercato è comunque e sempre disuguale nella
società creando differenze non solo tra i paesi ma anche nelle stesse città con la formazione di quartieri più
poveri e più ricchi.

Il mercato è il luogo dove i venditori (di beni o servizi) incontrano i compratori. Luogo fisico o astratto. Gli
economisti lo definiscono in base alla sostituibilità tra i prodotti. Tutte le azioni compiute sul mercato
saranno in relazione ai costi benefici, che porta ad una scelta ottima ovvero se rispecchia tale relazione. La
curva di domanda è inclinata negativamente, quindi costi maggiorati, se il prodotto è scarso (se un prodotto
è limitato costerà di più e viceversa), lettura orizzontale, in base ad un grafico. Mentre la lettura verticale
considera non il prezzo ma la richiesta, relazione tra prezzo e quantità venduta. Si considera il prodotto, il
soggetto e la data della rilevazione. Prezzo di riserva: prezzo massimo da pagare per partecipare al
mercato.

Quando si trova una curva si devono fare due domande: inclinazione—significato economico, fattori che la
fanno variare e fattori che la determinano e posizione nello spazio—significato, fattori, fattori. Controllare
le variabili sull’ascissa e sull’ordinata. Spesa dei consumatori (prezzo per quantità vendute). Cosa determina
il cambiamento della domandaBeni complementari, cioè beni che si consumano insieme (gin Lemon).

La funzione di domanda è la rappresentazione matematica della domanda di un prodotto e descrive la


quantità richiesta dal mercato per ogni possibile combinazione dei prezzi e degli altri fattori.

La legge dell’offerta afferma che la quantità offerta di un bene o servizio è più alta se il suo prezzo è più
alto. I fattori che determinano l’offerta: tecnologia, prezzi dei fattori produttivi, il numero dei produttori,
le aspettative sul futuro andamento dei prezzi, le condizioni metereologiche.

L’EQUILIBRIO SUL MERCATO

L’equilibrio sul mercato è il prezzo in corrispondenza del quale domanda=offerta. Graficamente il prezzo di
equilibrio è il prezzo al quale le curve di domanda e di offerta si intersecano. Nel punto di intersezione tra
la curva di domanda e la curva di offerta si realizza l’equilibrio di mercato. In equilibrio i consumatori e i
venditori sono entrambi soddisfatti nel senso che è impossibile migliorare la situazione di qualcuno senza
contemporaneamente peggiorare quella di qualcun altro (efficienza paretiana). Se il prezzo corrente è
superiore al prezzo di equilibrio, la quantità sarà sempre superiore a quella domanda (eccesso di offerta)
ed i venditori avranno incentivo ad abbassare i prezzi. Se il prezzo corrente è superiore al prezzo di
equilibrio, la quantità offerta sarà superiore a quella domandata (eccesso di offerta) ed i venditori avranno
incentivo ad abbassare i prezzi. Invece se il prezzo corrente è inferiore si avrà una situazione nel quale la
quantità domandata sarà superiore a quella offerta, il cosiddetto eccesso di domanda; quindi, i venditori
avranno incentivi ad aumentare i prezzi.

CINQUE CONDIZIONI DELLA CONCORRENZA PERFETTA:

1) Le imprese producono un bene indifferenziato (uguale per tutti)


2) Le imprese sono price takers, nel prendere le loro decisioni considerano come dato il prezzo del
prodotto
3) I fattori produttivi sono perfettamente mobili nel lungo periodo
4) Le imprese e i consumatori dispongono di informazione perfetta e non agiscono strategicamente
5) Libertà di entrata e uscita

EFFICIENZA DELL’EQUILIBRIO NEL MERCATO DI CONCORRENZA PERFETTA:

L’equilibrio di concorrenza perfetta garantisce l’efficienza allocativa delle risorse, nel senso che garantisce
il completo sfruttamento delle possibilità di guadagno derivanti dallo scambio. Non esiste possibilità, né
per i consumatori né per le imprese, di accordarsi per effettuare scambi reciprocamente vantaggiosi ad un
prezzo diverso da quello che scaturisce dall’equilibrio di mercato. Tale esito viene valutato misurando il
surplus. Date le caratteristiche e le risorse inizialmente attribuite ai consumatori e hai produttori, Q e P di
equilibrio costituiscono il miglior risultato possibile. L’esito efficiente raggiunto dal mercato non implica
automaticamente che tale esito sia desiderabile in termini assoluti. Può accadere che tutti i mercati siano
in equilibrio e contemporaneamente che vi siano situazioni di disagio e/o di povertà. L’efficienza del
mercato ci consente di dire che, dato il loro basso livello di reddito, anche gli individui più poveri potranno,
grazie al libero scambio, utilizzare al meglio quel reddito.

VARIAZIONI NEI PREZZI E NELLE QUANTITA’ DI EQUILIBRIO:

Un aumento della domanda conduce sempre ad un aumento sia del prezzo che nella quantità.

1) Una riduzione della domanda conduce sempre ad una riduzione sia del prezzo che della quantità
2) Un aumento dell’offerta conduce sempre ad una riduzione del prezzo e ad un aumento della
quantità
3) Una riduzione dell’offerta conduce sempre ad un aumento del prezzo e ad una riduzione della
quantità

CAMBIAMNETI DELL’EQUILIBRIO:

I prezzi di equilibrio sono determinati dalle posizioni delle curve O e D. Questi sono determinate da
numerose variabili. Qualunque cambiamento in una o più di queste variabili può causare un cambiamento
del prezzo e/o della quantità di equilibrio.

CAMBIO DI DOMANDA E OFFERTA:

quando domanda e offerta si spostano entrambe, l’impatto sul prezzo e la quantità di equilibrio
dipendono da: la dimensione relativa e la direzione dei cambiamenti e la forma delle curve di domanda e
offerta.

OTTIMO PARETIANO: non è possibile migliorare il benessere/ surplus di qualcuno senza peggiorare
quello di qualcun altro.

MIGLIORE PARETIANO: si verifica quando è maggiore il benessere/surplus di qualcuno anche che sia
peggiorato quello di qualcun altro.

LA SCELTA RAZIONALE DEL CONSUMATORE:

la teoria del consumo:

la teoria del consumo spiega le tre principali scelte dei consumatori/famiglie:

 Quanti beni acquistare sul mercato dei beni


 Quanto lavoro offrire sul mercato del lavoro
 Quanto risparmiare

Il consumatore è razionale, quindi confronta i costi benefici per ottenere il maggior vantaggio possibile d<l
bene acquistato. Per realizzare tali scelte bisogna analizzare quale è l’insieme delle sue opportunità,
analizzare i propri gusti e trovare la scelta economica più facile (costi-benefici).
SPOSTAMENTI DEL VINCOLO DI BILANCIO DOVUTA A UNA VARIAZIONE DI PREZZI

La presenza del vincolo di bilancio è pari a Pa/pc. Presa in valore assoluto tale pendenza rappresenta il
prezzo relativo dei due beni. La variazione del prezzo di uno dei due beni determina una variazione della
pendenza del vincolo di bilancio. Se il prezzo del bene rappresentato sull’asse delle ascisse aumenta, il
vincolo di bilancio diventa più rapido, l’intercetta orizzontale si sposta verso sinistra mentre l’intercetta
verticale non varia.

LA TEORIA DEL CONSUMO

Essa spiega tre punti fondamentali analizzando il rapporto tra lavoro e famiglie:

 Quanti beni acquistare sul mercato dei beni


 Quanto lavoro offrire sul mercato del lavoro
 Quanto risparmiare

Per analizzare tali scelte è necessario l’insieme delle possibilità che l’individuo/famiglia ha, in seguito
analizzare i propri gusti e preferenze ed infine si trova la scelta ottimale secondo il criterio costi-benefici.
Le scelte e gli acquisti sono vincolati dalla ricchezza dell’individuo, quindi dal suo reddito.

LA DOMANDA E L’OFFERTA

Interventi di mercato

L’esito efficiente raggiunto del mercato non implica automaticamente che tale esito sia desiderabile in
termini assoluti. Può accadere che tutti i mercati siano in equilibrio e contemporaneamente che vi siano
situazioni di disagio e/o povertà. Talvolta gli interventi che tentano di correggere queste situazioni possono
condurre a problemi di altra natura. Ad esempio, i programmi di controllo degli affitti possono favorire il
mercato nero e l’evasione fiscale. Le politiche di sostegno dei prezzi in agricoltura possono condurre ad
eccessi di offerta dei prodotti agricoli che dovranno poi essere immagazzinati e che, talvolta, vanno
distrutti. Il problema della povertà dovrebbe essere affrontato in modo diretto attraverso il sostegno dei
redditi dei meno abbienti.

Confronti di benessere globali

Dobbiamo costruire una misura che ci aiuta a identificare i costi e i benefici che intervengono sui singoli
mercati. Talvolta abbiamo necessità di valutare in che modo il benessere dei consumatori varia, al variare
delle condizioni in più mercati contemporaneamente.

Il surplus del consumatore

La curva di domanda può anche essere interpretata come la disponibilità a pagare per avere quel bene.
Tuttavia, ciascun individuo paga il prezzo di mercato per tutte le unità del bene che egli acquista. La
differenza tra ciò che il consumatore è disposto a pagare per quel bene e ciò che paga effettivamente,
rappresenta il surplus del consumatore. Quindi, l’area al di sotto della curva di domanda e al di sopra del
prezzo di mercato misura il surplus del consumatore. Quest’ultimo può variare se varia il prezzo di
mercato. Utilizzando il surplus è possibile, per esempio, valutare i costi e i benefici di strutture di mercato
alternative, di interventi di politica economica e così via.
Il surplus del produttore

Il surplus del produttore è il beneficio monetario di un’impresa che produce il livello output che massimizza
il profitto. In generale, nel breve periodo il surplus del produttore è pari al profitto economico più i costi
fissi. Il surplus aggregato dei produttori è la somma dei surplus di tutte le imprese. La somma del surplus
aggregato dei produttori e del surplus aggregato dei consumatori misura il beneficio totale dello scambio.

Benessere collettivo e concorrenza perfetta

L’equilibrio di concorrenza perfetta garantisce che non esista altra possibile allocazione delle risorse che
potrebbe essere favorevole per qualcuno senza danneggiare altri (ottimo paretiano).

La quantità e il prezzo di equilibrio di perfetta concorrenza costituiscono il miglior risultato possibile per la
collettività in quanto il surplus aggregato è al suo valore massimo, date le caratteristiche e le risorse
possedute inizialmente dai consumatori e dai produttori. Il meccanismo di mercato garantisce che tutti gli
agenti economici possono utilizzare al meglio le risorse che possiedono (efficienza).

ELASTICITÀ:

- di domanda e offerta

L’elasticità di una curva è una misura di come la quantità domandata risponda a variazioni di prezzo. È un
concetto diverso dall’inclinazione della curva perché quest’ultima dipende dall’unità di misura delle
quantità dei prezzi mentre l’elasticità no. Supponiamo che una variazioni del prezzo produca una certa
variazione della quantità domandata. L’elasticità viene dunque definita come il rapporto tra la variazione
percentuale della quantità domandata e la variazione percentuale del prezzo. L’elasticità della domanda al
proprio prezzo misura la variazione percentuale della quantità domandata in seguito ad una variazione
percentuale del prezzi del bene.

-della domanda rispetto al prezzo

L’elasticità della domanda non è mai positiva. Per convezione, tuttavia, spesso si considera il valore
assoluto, e quindi positivo, dell’elasticità. C’è da specificare, inoltre, che essa è diversa in ogni punto del
grafico che si va ad analizzare, e solo in particolari casi è costante lungo la curva di domanda. Quando una
variazione percentuale del prezzo dell’X% conduce ad una variazione percentuale della quantità
domandata:

 Se la variazione è maggiore dell’X%, allora la domanda di quel bene si definisce elastica;


 Se la variazione è minore dell’X%, allora la domanda di quel bene si definisce rigida;
 Se è esattamente pari all’X%, allora la domanda di quel bene si definisce a elasticità unitaria;

Determinanti dell’elasticità della domanda rispetto al prezzo

Alcuni tra gli elementi più importanti nel determinare l’elasticità della domanda sono i seguenti:

 Possibilità di sostituzione del bene


 Quota di reddito assorbita dal bene
 Direzione dell’effetto di reddito
 Periodo di tempo di riferimento (breve/lungo)
Elasticità della domanda rispetto al prezzo

Per una curva di domanda lineare, l’elasticità della domanda è diversa in ogni suo punto e varia da infinito
a zero, muovendosi verso il basso. Tanto più una curva di domanda lineare è inclinata sarà meno elastica, e
viceversa. I casi estremi sono quelli di una curva di domanda perfettamente elastica e di una curva
perfettamente rigida.

Elasticità della domanda e spesa/ricavo totale

La spesa totale è pari al prodotto tra prezzo e quantità, ovvero Spesa totale= P Q. cosa accadrebbe alla
spesa se il prezzo variasse?

 Se il valore assoluto dell’elasticità è maggiore di uno, allora la riduzione (o l’aumento) del prezzo
conduce ad un aumento (o diminuzione) del ricavo/spesa totale.
 Se il valore assoluto dell’elasticità è minore di uno, allora una riduzione (o un aumento) del prezzo
conduce ad una riduzione (o aumento) del ricavo/spesa totale.

La spesa/ricavo totale è massima quando l’elasticità è unitaria. Se si conosce l’elasticità della funzione di
domanda, si può prevedere l’effetto di una variazione di prezzo sulla spesa complessiva dei consumatori.

DIMENSIONE DEI CAMBIAMENTI DELL’EQUILIBRIO DI MERCATO

- In seguito ad uno spostamento della D: tanto minore Eo tanto è maggiore la variazione del prezzo e
minore la variazione della quantità.

-In seguito ad uno spostamento della O: tanto Ed tanto maggiore è la variazione del prezzo e minore la
variazione della quantità.

ELASTICITÀ INCROCIATA della domanda rispetto al prezzo

La domanda di mercato, oltre che dal prezzo del bene e dal reddito dei consumatori, dipende anche dai
prezzi dei beni ad esso correlati. L’elasticità incrociata della domanda rispetto al prezzo misura la
variazione percentuale della quantità domandata di un bene, in seguito ad una variazione percentuale del
prezzo di un altro bene.

Tre casi:

1) Nel caso di beni complementari, l’elasticità incrociata è negativa


2) Nel caso di beni sostituti, l’elasticità incrociata è positiva
3) Se i beni sono indipendenti, l’elasticità incrociata è nulla

LEGAME TRA DOMANDA DI MERCATO E REDDITO

La domanda di mercato, oltre che dal prezzo del bene, dipende anche dal reddito del consumatore. Se
esistesse una relazione stabile tra il reddito aggregato e la quantità di domanda del mercato, allora si
potrebbe costruire una curva che mette in relazione la domanda con il reddito (curva di Engel) per l’intero
mercato.

Elasticità della domanda rispetto al reddito

 Nel caso di beni NORMALI l’elasticità della domanda rispetto al reddito è positiva (maggiore per i
beni di lusso rispetto ai beni di prima necessità);
 Nel caso di beni INFERIORI l’elasticità della domanda rispetto al reddito è negativa.
LA DOMANDA INDIVIDUALE E LA DOMANDA DI MERCATO

Dalla scelta ottima alla curva di domanda individuale

Ricordiamo che la scelta ottima del consumatore è individuata dato il prezzo dei due beni, dato il reddito e
date le preferenze del consumatore. La scelta ottima identifica le coordinate (p, q) di un punto sulla curva di
domanda di ciascun bene. Per ottenere altri punti sulla curva di domanda dobbiamo identificare la scelta
ottima del consumatore al variare dei prezzi dei beni, assumendo che il reddito e le preferenze non
cambino.

Gli effetti delle variazioni di prezzo

La curva di prezzo-consumo per il bene x rappresenta i panieri ottimali corrispondenti a tutti i possibili
prezzi del bene x, tenendo fissi i redditi e i prezzi degli altri beni. Dalla curva prezzo-consumo si può
ottenere la curva della domanda individuale del bene x. Quest’ultime sono diverse a differenza delle
preferenze dei consumatori.

La curva di domanda individuale ha due importanti proprietà:

 Il livello di utilità raggiungibile varia mentre ci si sposta lungo la curva.


 In ogni punto della curva di domanda, il consumatore massimizza l’utilità soddisfacendo la
condizione che il saggio marginale di sostituzione (SMS) tra i due beni sia uguale al rapporto tra i
prezzi dei due beni.

Dalla curva di prezzo-consumo per variazioni del prezzo di x possono ottenere diversi tipi di informazione:

 L’andamento della curva di domanda individuale del bene x.


 Come si sposta la curva di domanda individuabile dal bene y.
 Il valore dell’elasticità (diretta) del bene x rispetto al proprio prezzo (se la domanda di x è elastica o
anelastica).
 Il valore dell’elasticità incrociata della domanda di y al variare del prezzo di x (se i due beni sono
complementari o sostituti).

Elasticità al prezzo e curva di prezzo-consumo

L’inclinazione della curva prezzo-consumo è collegata all’elasticità della domanda:

 Inclinazione negativa della curva prezzo-consumo: domanda elastica


 Curva prezzo-consumo orizzontale: domanda a elasticità unitaria
 Inclinazione positiva della curva di prezzo-consumo: domanda inelastica
 Curva prezzo-consumo a forma di “U”: domanda elastica per prezzi alti e inelastica a prezzi bassi

DOMANDA DI MERCATO: l’aggregazione delle curve di domanda individuali

La curva di domanda di mercato è pari alla somma orizzontale delle curve di domanda individuali. Si ottiene
sommando le quantità domandate dai singoli consumatori in corrispondenza di tutti i possibili livelli.

Gli effetti delle variazioni di reddito

la curva reddito-consumo (o sentiero di espansione del reddito) indica i panieri ottimali corrispondenti a
tutti i possibili livelli del reddito tenendo fissi i prezzi dei beni. La curva di Engel individuale per l’abitazione
mette in relazione i vari livelli del reddito con il consumo di abitazione.
Beni normali e beni inferiori

Se all’aumentare del reddito il consumatore acquista una quantità maggiore del bene x, allora è un bene
normale e la curva di Engel è crescente. Se all’aumentare del reddito il consumatore acquista una quantità
minore del bene x, allora x è un bene inferiore e la curva di Engel sarà decrescente. Un bene può essere
normale per bassi livelli di reddito o inferiore per livelli di reddito più elevati.

LA PRODUZIONE

Le imprese utilizzano fattori produttivi (input) per produrre beni e servizi (output). Tra gli input più
importanti vanno inclusi il lavoro, il capitale, la terra ma anche la conoscenza, la tecnologia, l’energia e
l’organizzazione.

Scelte delle imprese:

 Quanto produrre e vendere sul mercato dell’output?


 Quanti input acquistare sul mercato dei fattori per produrre una certa quantità di output?
 Come si produce un certo output? (scelta della tecnica produttiva)

La funzione di produzione

La produzione trasforma un insieme di input in un insieme di output. La funzione di produzione indica la


quantità massima producibile di un prodotto Q dati i fattori produttivi K e L; tipicamente si indica come
Q=F(K,L). È assimilabile a una ricetta di cucina: fornisce la lista degli ingredienti e indica quanti pasti
(automobili, vaccini, ecc.) si possono ottenere. Qualche volta gli ingredienti sono in proporzione fissa;
qualche volta si possono sostituire tra loro. L’impresa che cerca di ottenere la maggior quantità di prodotto
dati gli input opera in maniera tecnicamente efficiente. La tecnologia determina la quantità di output che è
possibile ottenere dato un insieme input. Il vincolo tecnologico: gli ingegneri suggeriscono quante ore
lavoro e quante ore macchina servono per produrre auto o quel che produce l’azienda.

La funzione di produzione: breve e lungo periodo

Il breve periodo è quel lasso di tempo nel quale uno o più fattori produttivi sono fissi. Nel lungo periodo
invece tutti i fattori produttivi possono variare. Non esiste un arco temporale specifico che separa il breve
dal lungo periodo. L’arco temporale di riferimento varia a seconda del settore produttivo preso in
considerazione.

LEGGE DEI RENDIMENTI

La tipica funzione di produzione di breve periodo inizialmente cresce in misura più che proporzionale, poi
continua a crescere ma in misura meno che proporzionale. Questo andamento rispecchia la legge dei
rendimenti decrescenti secondo la quale man mano che si aggiungono ulteriori unità di un fattore
produttivo (tenendo fissi tutti gli altri), in una prima fase il prodotto cresce più che proporzionalmente
rispetto all’input. Oltre un certo punto, il prodotto continua a crescere ma in misura meno proporzionale.

Legge dei rendimenti marginali decrescenti

La legge dei rendimenti marginali decrescenti è la relazione tra output e input in base alla quale, quando
l’ammontare di un certo input è aumentato con gli incrementi uguali, mentre la tecnologia e gli altri input
sono tenuti costanti, gli incrementi di prodotto risultanti diminuiranno.

Due punti cruciali:

 A parte l’input in questione, gli altri sono tenuti costanti


 La tecnologia deve restare invariata
Prodotto marginale

Il prodotto marginale di un fattore è la variazione dell’output determinata da una piccola variazione


dell’input, tenendo costante l’impiego di tutti gli altri fattori produttivi: MP l = Q / L

Legge dei rendimenti marginali decrescenti

Aumenti successivi nell’impiego di un input producono aumenti sempre minori dell’output, oltre una data
quantità di input impiegata. In termini analitici MP l diminuisce

L’andamento della curva di MP

Quando l’impiego del lavoro è piccolo, al crescere di L, MP cresce per un effetto di specializzazione. Invece,
quando l’impiego del lavoro è grande, al crescere di L, MP cala per un effetto di inefficienza.

Prodotto medio (Average Productivity, AP)

Il prodotto medio di un fattore è dato dal rapporto tra il prodotto totale e la quantità di input utilizzata per
produrre l’output: AP = Q / L

Le curve di prodotto medio (AP) e del prodotto marginale (MP)

In ogni punto della funzione di produzione di breve periodo:

 AP = inclinazione della retta che congiunge il punto sulla funzione di produzione con l’origine
 MP = inclinazione della retta tangente alla funzione di produzione in un dato punto della funzione
di produzione

La curva AP: è decrescente quando giace al di sopra della curva MP, mentre è crescente quando giace al di
sotto di MP e raggiunge il suo massimo nel punto in cui le curve di AP e MP si intersecano.

Se il lavoratore marginale è più produttivo della media, quest’ultima si alzerà, e viceversa.

La produttività del lavoro (quantità prodotta per unità di lavoro) può aumentare con l’introduzione di
innovazioni tecnologiche, anche se ogni processo produttivo è caratterizzato da rendimenti decrescenti del
lavoro. Quanto si passa dal punto A sulla curva P1 al punto B sulla curva P2 e successivamente a C sulla
curva P3 , la produttività del lavoro aumenta.

PRODUZIONE NEL LUNGO PERIODO

Nel lungo periodo tutti i fattori produttivi sono variabili. Un isoquanto rappresenta tutte le combinazioni di
fattori produttivi che garantiscono lo stesso livello di prodotto. Una mappa di isoquanti associa ad una
tecnologia rappresenta un insieme di isoquanti a ciascuno dei quali corrisponde un livello costante di
prodotto.

Funzione di produzione a tre dimensioni e mappa degli isoquanti

Una funzione di produzione Q = F (K, L) può essere rappresentata in uno spazio a tre dimensioni come il
profilo di una montagna. Fissando il livello dell’output ad un livello predefinito Q0 ed immaginando di
proiettare verso il basso il bordo del piano che passa per Q0 che risulta parallelo al piano K-L che interseca
la funzione di produzione tridimensionale, si ottiene l’isoquanto corrispondente al livello di output Q0.

Tracciando una retta orizzontale in un particolare livello di capitale, per esempio 3, possiamo osservare
rendimenti marginali decrescenti. Leggendo i livelli di produzione da ciascun isoquanto al crescere del
lavoro, notiamo che ciascuna unità aggiuntiva di lavoro genera una sempre minore produzione aggiuntiva.
TECNICHE PRODUTTIVE

Ad ogni tecnica produttiva è associato un diverso rapporto tra K e L (pendenza raggio).

La sostituzione tra gli input

 Gli inputs sono sostituibili: K e L possono essere sostituiti per mantenere costante il livello di
produzione;
 Il trade-off tra inputs è descritto dalla pendenza di ciascun isoquanto
 La pendenza dell’isoquanto indica in che misura occorre aumentare un input a fronte di una
riduzione unitaria dell’altro per mantenere costante il prodotto totale

Il saggio marginale di sostituzione tecnica (MRTS)

Il saggio marginale di sostituzione tecnica misura la quantità addizionale di un fattore produttivo necessaria
all’impresa per continuare a produrre la stessa quantità di output in seguito alla riduzione di un secondo
fattore produttivo. In altri termini esso è il saggio al quale è possibile sostituire un fattore con un altro senza
far variare la produzione. Nel caso generale, l’isoquanto è decrescente e convesso, il MRTS è negativo e
decrescente in modulo

 Il MRTS è la pendenza dell’isoquanto (in valore assoluto)


 In termini analitici: MRTS = Delta K / Delta L (per un dato livello di Q)

Il MRTS viene assunto decrescente se:

 Un aumento nella quantità di uno degli input aumenta il prodotto marginale dell’altro input;
 L’aumento nel quantitativo di uno degli input abbassa il prodotto marginale di quell’input;

(MPL scende muovendosi verso sudest sia perché L è maggiore sia perché K è minore).

Come le curve di indifferenza, gli isoquanti hanno pendenza negativa e sono convessi. La pendenza
dell’isoquanto in ogni punto misura il saggio marginale di sostituzione tecnica, ovvero la possibilità per
l’impresa di sostituire capitale con lavoro mantenendo costante il livello di produzione. Sull’isoquanto q2 il
SMST scende da 2 a 1, a 2/3 e infine a 1/3.

Relazione tra MRTS e il prodotto marginale

Il cambiamento dell’output che risulta da un cambiamento del lavoro pari a Delta L è:

 Delta Q = MPL x Delta L

Il cambiamento dell’output che risulta da un cambiamento del lavoro pari a Delta L è:

 Delta Q = MPL x Delta L

Il cambiamento dell’output che risulta da un cambiamento del capitale pari a Delta K è:

 Delta Q = MPK x Delta K

Il cambiamento dell’output che risulta da un cambiamento del capitale pari a Delta L è:

 Delta Q = MPL x Delta L

Il cambiamento dell’output che risulta da un cambiamento di capitale pari a Delta K è:

 Delta Q = MPK x Delta K

Se l’output è costante e il lavoro aumenta: MPL / MPK = - Delta K / Delta L = MRTS


La relazione tra il MRTS ed il prodotto marginale è analoga al rapporto tra l’SMS e l’utilità marginale.

Interpretazione

Più produttivo è il lavoro in relazione al capitale, maggiore è la quantità di capitale necessaria per
compensare una riduzione dell’input di lavoro e maggiore è il valore del MRTS.

Quando gli isoquanti sono linee rette il MRTS è costante; perciò, il saggio al quale è possibile sostituire
capitale e lavoro è indipendente dalla quantità di fattori utilizzate. I punti A, B e C rappresentano tre diverse
combinazioni capitale-lavoro che consentono lo stesso livello di produzione q3.

Quando gli isoquanti sono ad angolo retto, per ottenere un determinato livello di produzione è possibile
utilizzare un’unica combinazione di lavoro e capitale (come nel punto A sull’isoquanto q1 , nel punto B
sull’isoquanto q2 e nel punto C sull’isoquanto q3 ). L’aggiunta di solo lavoro non incrementa la produzione,
così come l’aggiunta di solo capitale.

RENDIMENTO DI SCALA

Il concetto di rendimenti di scala è applicabile esclusivamente al lungo periodo, sono inoltre legati a
variazioni proporzionali di tutti i fattori produttivi contemporaneamente. I rendimenti di scala costituiscono
un elemento fondamentale nel determinare la struttura di un’industria.

 Se avviene un incremento della produzione, maggiore dell’1%, allora la funzione di produzione


esibisce rendimenti di scala crescenti;
 Se l’incremento della produzione è esattamente uguale all’1%, allora la funzione di produzione
presenta rendimenti di scala costanti;
 Se l’incremento corrispondente della produzione è inferiore all’1%, allora la funzione di produzione
ha rendimenti di scala decrescenti.

Rendimento di scala e legge dei rendimenti decrescenti

Si osservi che i rendimenti di scala decrescenti non hanno nulla a che vedere con la legge dei rendimenti
marginali decrescenti. Il prodotto marginale dei singoli fattori può essere decrescente, ma la funzione di
produzione può avere rendimenti di scala decrescenti, costanti o persino decrescenti.

I COSTI

Per poter realizzare la produzione, l’impresa sostiene dei costi. Si tratta dunque di scegliere la
combinazione ottimale dei fattori produttivi per l’impresa; è bene ricordare che la categoria di costo
economico di riferimento è il costo opportunità, ovvero il valore della risorsa nel suo migliore uso
alternativo possibile.

Nel lungo periodo

Nel lungo periodo non esistono costi fissi in quanto tutti i fattori produttivi sono variabili. Il problema
dell’impresa è quello di scegliere la combinazione ottimale di input in relazione all’output che si vuole
produrre. Equivalentemente si può dire che l’impresa vuole ottenere la massima quantità possibile di
output dato un determinato livello di spesa per gli input. La retta di isocosto individua tutte le combinazioni
di lavoro e capitale che generano un dato livello di costo totale di produzione:

r = prezzo capitale ; w = prezzo lavoro

C = r x K +w x L –> K = C/r – (w/r) x L

Il valore assoluto della pendenza dell’isocosto (w/r), misura il prezzo relativo del lavoro rispetto al capitale.
Minimizzazione vincolata dei costi

È possibile procedere alla minimalizzazione vincolata dei costi per un dato livello di output. In termini grafici
si tratta di sovrapporre ad un dato isoquanto di produzione una mappa degli isocosti corrispondenti ai vari
livelli di costo. La quantità ottimale di output si rivela sulla retta isocosto più bassa compatibile con vincolo
rappresentato dall’isoquanto di produzione.

Condizione di ottimo

La condizione di ottimo per una soluzione cosiddetta “interna” implica:

Delta K / Delta L = MRTS = MPL / MPK = w/r

Ovvero l’uguaglianza tra il saggio marginale di sostituzione tecnica e il prezzo relativo dei fattori produttivi.
Tale condizione garantisce la scelta della tecnica produttiva più economica (costi minimi).

Delta K / Delta L = SMSTlk = -W / r


r* SMSTlk = -W

spostandosi verso il basso lungo un isoquanto la quantità di lavoro utilizzata aumenta. Il costo marginale di
un’unità aggiuntiva di lavoro è W. Il beneficio marginale è pari alla riduzione delle spese di capitale che ne
deriva, ovvero alla riduzione di capitale, pari a SMSTlk, per il costo capitale r (Delta K*r <—> Delta L*w).
Costi e benefici marginali si eguagliano in corrispondenza della scelta ottima.

La condizione di tangenza può essere riscritta: MPL / W = MPK / R

MPL indica l’output addizionale che deriva dall’utilizzo una unità aggiuntiva di L. W è il costo in euro di una
unità addizionale L. Quindi MPL / W è la quantità aggiuntiva di output che si ottiene dall’ultimo euro speso
in L. Analogamente MPK corrisponde alla quantità aggiuntiva di output che si ottiene dall’ultimo euro speso
in K. Se i costi sono minimizzati l’output addizionale ottenuto dell’ultimo euro spesa deve essere uguale per
tutti i fattori produttivi.

Supponiamo che l’impiego dell’ultima unità di capitale accresca l’output di 4 unità e lo stesso valga per il
lavoro (MPK=MPL=4). Supponiamo che r = 2 e w = 4. Otterremmo una unità di output dall’ultimo euro speso
in L e due unità di output dall’ultimo euro speso in K. Possiamo quindi ridurre la spesa di L di un euro,
aumentare la spesa per K di soli 50c e ottenere lo stesso output di prima risparmiando 50c.

Nel lungo periodo

La crescita del prodotto dell’impresa definisce il sentiero di espansione dell’output, il quale descrive il costo
totale minimo necessario per ciascun livello di produzione. In corrispondenza del sentiero di espansione
dell’output è possibile definire la curva del costo totale di lungo periodo (LTC). L’andamento di quest’ultimo
dipende dai rendimenti di scala della funzione di produzione.

Per determinare la funzione di costo dell’impresa occorre individuare la combinazione di minimo costo per
ogni possibile livello di output. Il sentiero di espansione della produzione dell’impresa mostra la
combinazione di minimo costo dei fattori per tutti i livelli di output, una volta fissati i prezzi degli input. La
curva dei costi totali (C) dell’impresa mostra come varia il costo totale di produzione nel momento in cui
varia il livello di output, dati i prezzi dei fattori produttivi (considerati fissi).
COSTO MEDIO

Il costo medio è il costo di produzione totale diviso per il numero di unità di output prodotte.

AC = C (Q) / Q

Graficamente, il costo medio misura l’inclinazione della retta che collega un punto della curva di costo
totale all’origine. La scala di produzione efficiente è data dal livello di produzione in corrispondenza del
quale AC ha il suo minimo. Questo non significa che l’impresa dovrebbe sempre cercare di produrre tale
livello, ma che dovendo produrre un elevato livello di output a costo minimo bisognerebbe suddividerlo tra
imprese ciascuna delle quali produce alla scala efficiente.

Il costo marginale

Il costo marginale misura il costo addizionale per produrre un’unità marginale di output, ovvero un’unità in
più di prodotto.

MC = Delta C / Delta Q = [C (Q) – C (Q – Delta Q)] / Delta Q

Graficamente, il costo marginale in corrispondenza di Q unità di output è dato dall’inclinazione della curva
di costo totale nel punto corrispondente a Q.

L’andamento delle curve di costo medio e marginale

La curva AC:

 È decrescente nel tratto in cui giace al di sopra della curva MC, ossia quando AC>MC
 È crescente nel tratto in cui giace sotto di essa, ossia quando AC<MC
 Raggiunge il punto minimo quando le curve AC e MC si intersecano
Intuitivamente: se il costo marginale di produrre un’unità in più è inferiore al costo medio significa
che tale costo aggiuntivo non farà crescere i costi medi; se esso è superiore ai costi medi significa
che tale costo aggiuntivo farà aumentare i costi medi.

I costi nel lungo periodo

Le curve di costo medio di lungo periodo (LAC) e costo marginale di lungo periodo (LMC) rispecchiano i
rendimenti di scala. Si vedrà, viceversa, che l’andamento delle curve di costo di breve periodo riflettono la
proprietà dei rendimenti marginali (crescenti e/o decrescenti) del singolo fattore produttivo.

ECONOMIE E DISECONOMIE DI SCALA

1) In presenza di rendimenti crescenti di scala, se gli inputs raddoppiano l’output più che raddoppia e
dunque il costo medio è decrescente per tutti i livelli di output. I costi aumentano in misura meno
che proporzionale rispetto all’output. Si dice quindi che l’impresa sta operando in regime di
economie di scala.
2) In presenza di rendimenti decrescenti di scala, se gli inputs raddoppiano l’output meno che
raddoppia e dunque il costo medio è crescente per tutti i livelli di output. I costi aumentano in
misura più che proporzionale rispetto all’output.si dice quindi che l’impresa sta operando secondo
un regime di diseconomia di scala.

Se il costo medio diminuisce all’aumentare della quantità prodotta, vi sono economie di scala. Invece, se il
costo medio aumenta all’aumentare della quantità prodotta vi sono diseconomie di scala.

La più piccola quantità per la quale il costo medio di lungo periodo è minimo è detta scala minima
efficiente (MES).
All’aumentare della produzione, il costo medio di produzione dell’impresa probabilmente diminuirà,
almeno fino ad un certo punto. Questo può accadere per i seguenti motivi:

 Se l’impresa opera su larga scala, i lavoratori possono specializzarsi nelle attività in cui risultano più
produttivi.
 La scala può fornire flessibilità. Variando la combinazione dei fattori produttivi utilizzati per
ottenere il livello di produzione dell’impresa, i manager possono gestire in modo più efficace il
processo di produzione.
 L’impresa potrebbe essere in grado di acquistare alcuni fattori di produzione a costo inferiore
perché li ordina in gradi quantità e quindi può sputare prezzi migliori. La combinazione dei fattori
produttivi può cambiare con la scala dell’attività dell’impresa, se i manager sfruttano il costo
inferiore dei fattori produttivi.

Ad un certo punto, tuttavia, è probabile che il costo medio di produzione inizierà ad aumentare con la
produzione. Ciò accade perché:

 Almeno nel breve periodo, le dimensioni degli impianti e i macchinari possono in qualche modo
ostacolare il lavoro dei dipendenti.
 La gestione di un’impresa più grande può diventare più complessa e inefficiente al crescere del
numero di compiti da svolgere.
 I vantaggi offerti dagli acquisti in grandi quantità potrebbero scomparire una volta raggiunti
determinati limiti. A un certo punto la disponibilità dei fattori produttivi potrebbe risultare limitata,
causando un aumento dei costi.

Nel lungo periodo le imprese spesso sperimentano all’inizio rendimenti crescenti e oltre un certo output
rendimenti decrescenti di scala. La curva di costo medio di lungo periodo ha la forma di una “U”.

Effetti di una variazione del prezzo dei fattori

Cambiamenti nel prezzo dei fattori spesso portano a variazioni di metodo di produzione efficiente di
un’impresa. Le reazioni ad una variazione nel prezzo degli input sono:

 Se il prezzo di un input diminuisce, la combinazione di minimo costo di impresa non richiede mai di
utilizzare una minore quantità di quell’input.
 Se il prezzo di un input aumenta, la combinazione di produzione di minimo costo richiede un
impiego minore (o al limite uguale) di quell’input.

Posizione delle funzioni di costo

Le funzioni di costo di lungo periodo si spostano nello spazio per effetto di:

 Variazioni nei prezzi degli input


 Variazione della tecnologia

I COSTI NEL BREVE PERIODO

Nel breve periodo non tutti gli input possono variare. Si supponga che il capitale fisso ad un certo livello. Il
problema di minimizzare dei costi nel breve periodo consiste nello scegliere le quantità degli input variabili
che minimizzano i costi totali necessari a produrre un livello di output Q0 sotto il vincolo che le quantità del
fattore fisso non cambi.

I costi totali di breve periodo sono tipicamente superiori a quelli di lungo periodo, quando cioè tutti i fattori
sono variabili, poiché l’impresa ha maggiori vincoli.
Tuttavia:

 Si supponga che K* sia la quantità di capitale che minimizza i costi di lungo periodo necessari a
produrre Q;
 Se nel breve periodo la quantità fissa di capitale è pari a K*, allora i costi totali di breve periodo e
quelli di lungo periodo coincidono.

Si presentano tre tipi differenti di costi nel breve periodo:

 Costo fisso (FC = rK0): l’impresa lo sostiene indipendentemente dalla quantità prodotta. Ad
esempio l’affitto dei locali;
 Costo variabile (VC = wL1): l’impresa lo sostiene in misura variabile a seconda del livello di
produzione. Ad esempio le materie prime;
 Costo totale (TC = FC + VC): è la somma del costo fisso e del costo variabile.

La forma delle curve di costo di breve periodo è collegata all’andamento della funzione di produzione di
breve periodo:

Nel tratto in cui la funzione di produzione ha: All’aumentare della produzione, il costo variabile
cresce:
(MP) rendimenti marginali crescenti Meno che proporzionale
(MP) rendimenti marginali decrescenti Più che proporzionale

Partendo dal costo fisso, dal costo variabile e dal costo totale è possibile definire altre quattro categorie di
costo di breve periodo:

 Costo medio fisso (AFC): pari al rapporto tra il costo fisso e la quantità prodotta;
 Costo medio variabile (AVC): pari al rapporto tra il costo variabile e la quantità prodotta;
 Costo medio totale (ATC): pari al rapporto tra il costo totale e la quantità prodotta;
 Costo marginale (MC): corrisponde alla variazione del costo totale seguente alla produzione di una
unità aggiuntiva di output.

Ulteriori costi marginali…

Il costo medio può essere distinto nelle due componenti:

 Costo medio fisso (AFC): AFC = FC / Q

 Costo medio variabile (AVC): AVC = VC / Q

Il costo medio totale (AC) è dato dalla somma di AFC e AVC

L’andamento delle curve AC, AFC, AVC, e MC

Per ogni livello di output, la curva AC è la somma verticale delle curve AVC e AFC. I costi fissi sono costanti,
per cui la curva del AFC è sempre inclinata negativamente.

 Quando MC < AVC o MC < AC –> AVC & AC diminuiscono;

 Quando MC > AVC o MC > AC –> AVC & AC crescono;


RELAZIONI TRA RAPPORTO E COSTI (nel breve periodo)

L’andamento dei costi medi variabili e del costo marginale riflette l’andamento del prodotto medio e del
prodotto marginale. Infatti, ricordando che AP = Q / L e che w rappresenta il salario, si ha:

AVC = VC / Q = wL / Q = w / MP

Inoltre, ricordiamo che MP = Delta Q / Delta L, si ha:

MC = Delta VC / Delta Q = Delta wL / Delta Q = w Delta L / Delta Q = w / MP


(min MC dove MP max, min AC dove AP max)

Posizione delle funzioni di costo

Le funzioni di costo nel breve periodo si spostano nello spazio per effetto di:

 Variazione nei prezzi degli input


 Variazione della tecnologia
 Variazione della dimensione di impianto (K)

Il sentiero di espansione dell’output di breve periodo si ottiene partendo da un livello di capitale fisso. In
corrispondenza dell’intersezione tra il sentiero di espansione dell’output di breve e quello di lungo periodo
si realizza anche l’eguaglianza tra il costo totale di breve e quello di lungo periodo. Qualsiasi altro livello di
produzione implica un costo totale di breve periodo superiore rispetto a quello di lungo periodo.

Confronto tra curve di costo nel breve e nel lungo periodo

Quando un’impresa opera nel breve periodo, il suo costo di produzione potrebbe non essere minimizzato a
causa dell’assenza di flessibilità nell’uso dei fattori di capitale. La produzione è inizialmente al livello q1 ,
(utilizzando L1 , K1 ). Nel breve periodo si può ottenere la produzione q2 soltanto incrementando il lavoro da
L1 a L3 , perché il capitale è fisso in K1 . Nel lungo periodo, lo stesso livello di produzione si può ottenere in
modo meno costoso incrementando il lavoro da L1 a L2 e il capitale da K1 a K.

Costi di lungo periodo e struttura di un settore

La struttura di un settore è fortemente influenzata dai costi di lungo periodo in quanto la sopravvivenza di
un’impresa, data la tecnologia, dipende dalla sua capacità di ridurre al minimo i costi totali di produzione
nel lungo periodo. Il livello di output corrisponde al punto di minimo della curva LAC (scala minima
efficiente) dipende dalla particolare forma assunta da quest’ultima. Quando la curva LAC ha pendenza
negativa per tutti i livelli di output, i costi sono minimi se nel mercato opera una sola impresa (monopolio
naturale).

Se la curva LAC è a forma di U e la quantità di output che minimizza i costi medi rappresenta una quota
consistente del mercato allora in quel mercato operano poche imprese. Se la curva LAC è a forma di U e la
quantità di output che minimizza i costi medi rappresenta solo una piccola frazione del mercato, allora in
quel mercato operano molte piccole imprese. Accade lo stesso anche nel caso in cui la curva LAC è
orizzontale oppure inclinata positivamente.

LA CONCORRENZA PERFETTA

In economia tradizionalmente si assume che l’obbiettivo principale dell’impresa sia la massimizzazione del
profitto. Esso si può dividere in:

 Profitto contabile—è la differenza tra i ricavi totali e i costi sostenuti esplicitamente;


 Profitto economico—è la differenza tra i ricavi totali e i costi sostenuti esplicitamente e
implicitamente (costo opportunità).
Massimizzazione del profitto

L’impresa ha come obbiettivo la massimizzazione del profitto economico

 Profitto normale: costo opportunità delle risorse di proprietà dell’impresa (capitale, remunerazione
dell’imprenditore, ecc.);
 Profitto economico: profitto in eccesso rispetto al livello nomale (talvolta si chiama anche
“extraprofitto”).

Profitto economico = TR – TC

Ricavo totale—> R = p x q

Il ricavo dipende dal mercato dell’output su cui l’impresa opera: o il mercato concorrenza perfetta o altre
forme di mercato.

Costo totale—> C = rK + wL

Il costo dipende dal vincolo tecnologico (funzione di produzione Q) e dai prezzi degli input produttivi.

Le condizioni di concorrenza perfetta

I fattori produttivi sono perfettamente mobili nel lungo periodo (libertà di entrata/uscita). Le imprese e i
consumatori dispongono di informazione perfetta e simmetrica. Le imprese producono un bene
indifferenziato e vengono definite price takers perché prendono le loro decisioni considerando come dato il
prezzo del prodotto. Le imprese e i consumatori non agiscono strategicamente.

La massimizzazione del profitto nel breve periodo

L’obbiettivo della massimizzazione del profitto consente di determinare la quantità di output offerta
dell’impresa tale da rendere massima la differenza tra ricavi totali e costi totali. All’impresa conviene
produrre unità aggiuntive di output fino a che il beneficio è > del costo.

RICAVO MARGINALE = COSTO MARGINALE

In termini economici il ricavo marginale misura la variazione del ricavo totale quando varia di una unità la
quantità venduta. Conosciamo già l’andamento del costo totale e marginale. Bisogna capire qual è
l’andamento del ricavo totale e del ricavo marginale per l’impresa che opera su un mercato di concorrenza
perfetta (PC = perfect competition).

R=pxq
MR = Delta R / Delta q = p

Per l’impresa concorrenziale il ricavo marginale è uguale al prezzo di mercato. La retta di ricavo marginale si
può interpretare anche come “curva prezzo-quantità vendute” o curva di domanda per la singola impresa in
c. p. Al prezzo vigente sul mercato l’impresa concorrenziale può vedere qualsiasi quantità di prodotto senza
che la sua offerta lo faccia variare.

Graficamente possiamo trovare la quantità che massimizza il profitto dell’impresa confrontando la curva
del costo totale con quella del ricavo totale. La distanza tra le due curve rappresenta il profitto. La massima
distanza tra due curve si ottiene nel punto in cui le rette tangenti alle due curve si ottiene nel punto in cui le
rette tangenti alle due curve sono parallele.

 La pendenza della curva del costo totale rappresenta il costo marginale (MC);
 La pendenza della curva del ricavo totale rappresenta il ricavo marginale (MR);
 Massima distanza (profitto totale) la si ha quando MR = MC;
l’impresa in cp massimizza il profitto quando per l’ultima unità di output p*= MC

1- Regola del massimo profitto

MR=MC con MC che viene dal basso. Uguaglianza deve essere verificata lungo il tratto crescente della curva
del costo marginale.

ATTENZIONE: quando i costi totali sono uguali ai ricavi totali il profitto economico è nullo. Tuttavia, il
profitto normale è positivo (costo opportunità delle risorse di proprietà dell’imprenditore). Quando i costi
totali sono maggiori dei ricavi totali il profitto è negativo (perdita).

Si osservi che tale eguaglianza deve essere verificata lungo il tratto crescente della curva del costo
marginale. Qualsiasi altro livello di produzione minore o maggiore, risulta non ottimale ai fini della
massimizzazione del profitto.

REGOLE DI MASSIMIZZAZIONE DEL PROFITTO

1. Oltre all’eguaglianza tra il prezzo di mercato e il costo marginale l’impresa deve anche rispettare
una seconda condizione…
2. Il prezzo deve essere superiore rispetto al livello minimo dei costi medi variabili (regola di
cessazione dell’attività);

Se ciò non avvenisse, l’impresa avrebbe convenienza a non produrre affatto, poiché non sarebbe in grado di
coprire nemmeno i costi variabili sostenuti per la produzione.

1) Regola del profitto marginale: MR = MC


2) Regola di cessazione dell’attività: P > AVC
3) Regola dell’utilizzo degli inputs: MPL = W ; MPK = R

Curva di offerta di breve periodo di un’impresa in concorrenza perfetta

Se invece il prezzo di mercato risulta superiore rispetto al punto minimo dei costi medi variabili ma inferiore
rispetto ai costi medi totali, allora pur realizzando un profitto negativo (perdita) all’impresa conviene
continuare ad offrire il prodotto sul mercato. Ciò dipende dal fatto che se in tale situazione decidesse di
cessare la produzione, incorrerebbe in una perdita ancora maggiore. In definitiva, la curva di offerta
dell’impresa in brave periodo corrisponde al tratto crescente della curva del costo marginale al di sopra del
minimo della curva del costo medio variabile.

Curva di offerta di mercato di breve periodo

Ad ogni dato prezzo, la curva di offerta di mercato di breve periodo è pari alla somma delle quantità offerte
da tutte le imprese operanti sul mercato a quel prezzo. Essa è uguale alla somma orizzontale delle curve di
offerta individuali di ciascuna impresa.

Equilibrio di breve periodo in concorrenza perfetta

L’equilibrio di mercato di concorrenza perfetta di breve periodo si realizza quando la quantità domandata
(aggregata) eguaglia la quantità di offerta (aggregata) dall’intersezione delle curve di domanda e offerta
scaturisce il prezzo di mercato. Per la singola impresa tale prezzo determina la curva di domanda
(perfettamente orizzontale) alla quale fare riferimento.

EQUILIBRIO DI LUNGO PERIODO

 Nel lungo periodo le imprese operanti nel mercato possono modificare le dimensioni di impianto;
 Nel lungo periodo le imprese possono entrare e uscire dal mercato per sfruttare occasioni di
profitto.
Entrata e uscita:

 Profitti positivi attraggono altri produttori;


 L’offerta di mercato si sposta verso destra e il prezzo di equilibrio si riduce;
 Questo processo si arresta quando i profitti individuali delle imprese sono nulli;
 NB profitti nulli coprono comunque i costi opportunità.

L’equilibrio perfettamente concorrenziale di lungo periodo è caratterizzato da un prezzo di mercato P*, un


numero di imprese identiche n*, e una quantità prodotta da ciascuna impresa q*tali che:

ciascuna impresa massimizzi il profitto di lungo periodo rispetto alla quantità prodotta e alla dimensione
dell’impianto: P*= MC (q*)

la domanda di mercato eguaglia l’offerta di mercato.

Quindi: il prezzo di equilibrio è pari al valore minimo della curva di costo medio di lungo periodo. Tutte le
imprese utilizzano la dotazione di capitale che genera la curva di costo medio di breve periodo tangente alla
curva LAC nel punto di minimo. L’output è prodotto al costo unitario più basso possibile. Al venditore è
pagato solo il costo di produzione, quindi il profitto economico è nullo per tutte le imprese.

Efficienza di equilibrio

L’equilibrio di concorrenza perfetta garantisce l’efficienza allocativa delle risorse, nel senso che garantisce il
completo sfruttamento delle possibilità di guadagno derivanti dallo scambio. Non esiste possibilità, né per il
consumatori né per le imprese, di accordarsi per effettuare scambi reciprocamente vantaggiosi ad un
prezzo diverso da quello che scaturisce dall’equilibrio di mercato.

L’equilibrio di concorrenza perfetta di lungo periodo è ottimale per la società

Infatti:

1- Si fanno tutti gli scambi vantaggiosi;


2- L’ultima unità di output consumata ha un valore esattamente pari alle risorse necessarie per la
produzione;
3- Si produce al costo più basso possibile;
4- La dimensione di impianto è quella ottimale;
5- Tutte le imprese realizzano solo il profitto normale che è il costo opportunità delle risorse investite
nell’impresa (i consumatori non pagano niente di più del costo di produzione);
6- Questa situazione si ottiene senza un coordinamento centrale, ma esclusivamente sulla base delle
libere scelte dei singoli agenti (famiglie e imprese) che agiscono sulla base dei propri obbiettivi
individuali;
7- Questo non significa che il mercato concorrenziale raggiunga sempre il miglior risultato possibile
anche dal punto di vista dell’equità;
8- Il risultato finale dipende comunque dalla distribuzione iniziale delle risorse tra gli individui.

IL MONOPOLIO

Il monopolio è una forma di mercato in cui un unico venditore offre un bene che non ha stretti sostituti, ad
una moltitudine di consumatori. La differenza fondamentale tra monopolio e concorrenza perfetta consiste
nella elasticità della domanda dell’impresa rispetto al prezzo. In concorrenza perfetta l’impresa fronteggia
una curva di domanda ad elasticità infinita (la curva di domanda dell’impresa è orizzontale). Nel monopolio,
invece, il monopolista fronteggia una curva di domanda inclinata negativamente, corrispondente alla curva
di domanda di mercato, con un valore finito dell’elasticità.
Le cinque cause del monopolio

1- Controllo esclusivo di input fondamentali: è il caso della deBeers per i diamanti;


2- Economie di scala: può dar luogo al cosiddetto monopolio naturale: se la curva di costo medio di
lungo periodo è sempre decrescente, allora un’unica impresa è in grado di produrre a costi medi
inferiori rispetto a due o più imprese che si dividessero il mercato;
3- Brevetti: il brevetto garantisce al suo possessore il diritto esclusivo, per un certo periodo di tempo,
allo sfruttamento dei benefici ad esso derivanti dallo sfruttamento monopolistico di tali risultati;
4- Economie di rete (o di network): in alcuni mercati un prodotto acquista tanto più valore per i
consumatori quanto maggiore è il numero degli utilizzatori;
5- Licenze governative o appalti: l’autorità pubblica rilascia licenze per l’ingresso in taluni settori o per
fornitura di servizi. Si pensi alla concessione della licenza alla Lottomatica o alle licenze che le
autorità locali rilasciano ai taxi.

Nel lungo periodo il fattore più importante tra questi è rappresentato dalle economie di scala che spiegano
anche le economie di rete e le cessioni governative.

La massimizzazione del profitto in monopolio

A differenza della concorrenza perfetta, il monopolista riconosce il fatto che egli fronteggia l’intera curva di
domanda di mercato (inclinata negativamente). Il prezzo al quale egli vende il prodotto non è indipendente
dalla quantità venduta. Il ricavo totale non cresce sempre proporzionalmente alla quantità venduta, ma
può aumentare o diminuire a seconda della elasticità della curva di domanda fronteggiata dal monopolista.
Il ricavo totale del monopolista coincide con la curva di spesa totale dei consumatori.

Ricavo marginale: domanda rettilinea

Il ricavo marginale è la somma algebrica tra l’aumento del ricavo derivante dalle nuove vendite e la perdita
del ricavo associata al fatto che la produzione precedentemente venduta ora è offerta ad un prezzo
inferiore. Nel caso di domanda rettilinea con equazione:

p = a – bq
TR = p*q = (a – bq)*q = aq – bq2
MR = a – 2bq

Il ricavo marginale è una retta con stessa intercetta e doppia pendenza.

Quando la domanda è rigida una riduzione del prezzo riduce il ricavo totale; quando la domanda è elastica
una riduzione del prezzo aumenta il ricavo totale. Quando la domanda è rigida un aumento del prezzo
aumenta il ricavo totale; quando la domanda è elastica un aumento del prezzo riduce il ricavo totale.

Il ricavo marginale e l’elasticità

Ricavo totale del monopolista: P(Q)*Q Ove P(Q)= funzione inversa di domanda del mercato. Il ricavo
addizionale derivante da un incremento unitario della quantità Δ(P*Q)/ΔQ, ha due componenti:

1. La produzione di un’unità aggiuntiva e la sua vendita al prezzo P comportano il ricavo 1 × P = P.


2. Tuttavia, poiché l’impresa affronta una curva di domanda con inclinazione negativa, la produzione e
la vendita di tale unità aggiuntiva determinano anche una piccola riduzione del prezzo ΔP/ΔQ, che
riduce il ricavo per tutte le unità vendute (ossia una variazione del ricavo totale Q[ΔP/ΔQ]).

(Q/P)(dP/dQ) è il reciproco dell’elasticità della domanda, (1/elasticità della domanda rispetto al prezzo),
misurata in corrispondenza del livello di produzione che massimizza il profitto. Il ricavo marginale dipende
quindi dall’elasticità della domanda: quanto meno elastica è la domanda tanto più il prezzo è maggiore del
ricavo marginale.
Quanto più la curva di domanda è rigida, tanto più marcata è la differenza tra prezzo e ricavo marginale (e
viceversa). Al limite quando l’elasticità della domanda tende ad infinito (intercetta verticale), ricavo
marginale e prezzo coincidono (ciò che accade in concorrenza perfetta). Questo ci fa capire che il
monopolista ha convenienza ad operare esclusivamente nel tratto elastico della curva di domanda.

La massimizzazione del profitto in monopolio

Anche il monopolista, nelle sue scelte, è guidato dalla massimizzazione del profitto. Il problema della
massimizzazione del profitto si risolve individuando un punto nel quale risulta massima la distanza tra due
curve del ricavo totale e del costo totale. In tale punto le pendenze delle rette tangenti alle due curve sono
identiche. Quindi è sempre valida la condizione di ottimo che impone l’eguaglianza tra il ricavo marginale
(MR) e il costo marginale (MC).

Il punto di offerta

 Regola della quantità: produrre quella q tale che:


MR = MC
 Regola della chiusura: verificare se il profitto derivante dalla quantità individuata con la regola della
quantità è maggiore di quello in caso di produzione nulla.

Fissazione del prezzo

 Un impresa in concorrenza perfetta fissa:


P = MC
 Un monopolista con curva di domanda inclinata negativamente fissa:
P > MC
 La misura in cui il prezzo eccede il costo marginale rappresenta una misura del potere di mercato di
un’impresa in corrispondenza della quantità che massimizza il profitto.
 Il markup (o indice di Lerner) di un’impresa è uguale alla differenza fra il prezzo e il costo marginale
ed è indicato come percentuale sul prezzo.
P – MC / P = - (1 / E elevato alla d)

La maggior parte dei manager ha una conoscenza limitata delle curve di ricavo medio e marginale della
propria impresa. Possiamo derivarne una regola empirica più facile da applicare nella pratica. Scriviamo
innanzitutto l’espressione del ricavo marginale:

R’ = ΔR / ΔQ = Δ(PQ) / ΔQ

Si può esprimere l’equazione indicando il prezzo direttamente come ricarico sul costo marginale in
corrispondenza della quantità che massimizza il profitto:

P = C’ / 1+(1 / Ed)

L’indice di Lerner (P − C’)/P è il negativo dell’inverso dell’elasticità della domanda che affronta l’impresa. Se
la domanda dell’impresa è elastica, come in (a), il ricarico è contenuto e l’impresa ha uno scarso potere
monopolistico. È vero il contrario se la domanda è relativamente anelastica, come in (b).

IL MARK-UP

Il mark-up è tanto più elevato quanto più la domanda è rigida; viceversa, il mark-up tende ad essere basso
in presenza di una curva di domanda elastica. La formula del mark-up è un altro modo per vedere il potere
di mercato del monopolista.
LA DOMANDA DI LAVORO IN CONCORRENZA IMPERFETTA

A differenza della concorrenza perfetta, nel caso di concorrenza imperfetta il valore dell’output aggiuntivo
derivante dall’ultimo lavoratore è pari al ricavo marginale per il prodotto marginale del fattore. Se
indichiamo con MRPL = MR x MPL il ricavo marginale prodotto del lavoro, la regola per un monopolista che
assume lavoratori è quella di aumentare l’occupazione finché MRPL risulta uguale a w, ossia:

MR x MPL = w

In concorrenza perfetta la regola era: P x MPL = w

Per il monopolista la regola è: MR x MPL = w

Quindi la domanda di lavoro monopolista è più bassa, a parità di condizioni, in quanto MR < P

DISCRIMINAZIONI DI PREZZO

Il monopolista può cercare di utilizzare il potere di mercato di cui dispone per operare la cosiddetta
discriminazione di prezzo. Con ciò si intende la pratica di fissare prezzi differenti per i diversi acquirenti.
Quando il monopolista è in grado di discriminare il prezzo, egli trasforma una parte dei benefici dei
consumatori in profitto.

Per poter praticare la discriminazione di prezzo:

 l’impresa deve disporre di potere di mercato. In caso contrario, un prezzo superiore al costo
marginale implicherebbe vendite pari a zero;
 l’impresa deve inoltre poter distinguere le unità per le quali la disponibilità a pagare dei
consumatori è maggiore da quelle per cui tale disponibilità risulta inferiore;
 non deve essere possibile vendere il bene.

Un monopolista può discriminare perfettamente il prezzo se conosce in maniera perfetta la disponibilità a


pagare dei consumatori per ogni unità che vende e può quindi applicare prezzi diversi alle differenti unità.
Esistono principalmente quattro forme di discriminazione di prezzo:

1) discriminazione perfetta di prezzo (discriminazione di prezzo di primo tipo);


2) vendite di mercati separarti (discriminazione di prezzo di terzo tipo);
3) discriminazione di prezzo di secondo tipo;
4) discriminazione di prezzo tramite auto-identificazione dei consumatori.

Discriminazione perfetta di prezzo (primo tipo o primo grado)

In caso di discriminazione perfetta di prezzo, l’impresa conosce perfettamente la disponibilità a pagare della
controparte. Il prezzo praticato ad ogni individuo corrisponde alla personale disponibilità a pagare
dell’individuo stesso. La curva del ricavo marginale coincide con la curva di domanda di mercato. La
quantità che massimizza i profitti è quella in corrispondenza della quale la curva di domanda interseca la
curva di ricavo marginale. Il monopolista produce la stessa quantità che si produrrebbe in un mercato
perfettamente concorrenziale:

- ogni consumatore acquista la stessa quantità che acquisterebbe in concorrenza perfetta;


- non esiste perdita secca.

Con discriminazione perfetta di prezzo, la curva del ricavo marginale coincide con la curva di domanda di
mercato. Il monopolista vende la stessa quantità che venderebbe in un mercato di concorrenza perfetta
caratterizzato dalla stessa curva del costo marginale.
La tariffa in due parti

La tariffa in due parti rappresenta un piano tariffario che consente di discriminare perfettamente il prezzo,
massimizzando il profitto monopolista. Con una tariffa in due parti, i consumatori pagano una quota fissa
più un prezzo separato per ciascuna unità che decidono di acquistare. Tali tariffe sono comunemente
utilizzate dai monopolisti e dalle imprese che hanno potere di mercato simile a quello di un monopolista. Il
vantaggio sta nella semplicità: anziché individuare un prezzo diverso per ogni unità venduta, il monopolista
deve solo individuare una quota fissa e un prezzo unitario. Per massimizzare il profitto, il prezzo unitario
deve essere posto uguale al profitto marginale (P = MC).

Discriminazione di prezzo di terzo grado

La discriminazione di prezzo di terzo grado consiste nel fissare prezzi diversi su mercati diversi o a diverse
categorie di consumatori. L’impresa può però classificare i consumatori all’interno di gruppi differenti in
base a caratteristiche osservabili:

- l’impresa non ha però altre informazioni relative alla disponibilità a pagare di ciascun consumatore
- esempio: gruppi di consumatori (adulti, anziani, studenti e bambini, basso-alto reddito), mercati
geografici separati.

È possibile separare i consumatori in gruppi diversi applicando prezzi diversi applicando prezzi diversi in
momenti temporali diversi.

Per massimizzare il profitto, si considerano separatamente la curva di domanda per ciascun gruppo. Il
monopolista fissa prezzi diversi se i vari gruppi hanno un’elasticità di domanda differente. Pratica un prezzo
più elevato per i gruppi di consumatori con domanda meno elastica. Generalmente il gruppo che fronteggia
il prezzo più alto è quello con la domanda più rigida in corrispondenza del livello di prezzo che porterebbe a
massimizzare i profitti qualora la discriminazione di prezzo non fosse possibile.

Discriminazione di prezzo di secondo grado o secondo tipo

Con la discriminazione del prezzo di secondo grado le imprese impongono prezzi a unità diverse del bene.

- L’impresa offre sconti sulle quantità (il prezzo unitario si riduce se i consumatori acquistano
quantità maggiori);
- Tariffazione a blocchi o scaglioni (elettricità, etc.).

Fissazione del prezzo in base alle quantità e auto-selezione

Abbiamo detto che un monopolista in grado di discriminare perfettamente il prezzo massimizza il suo
profitto applicando una tariffa in due parti. Tale livello dei profitti non può essere raggiunto se le
caratteristiche dei consumatori non sono direttamente osservabili. Se, concedendo la possibilità di scelta
fra due piani con lo stesso prezzo unitario, tutti i consumatori optassero per il piano a basso consumo
(quello con la quota fissa inferiore), non ci sarebbe alcun processo di auto-selezione da parte dei
consumatori basato sulla propria disponibilità a pagare. Il monopolista può migliorare la sua condizione
portando il prezzo unitario sopra il costo marginale. Può inoltre offrire un menù di differenti tariffe in due
parti.

Politica economica nei confronti del monopolio naturale

Le autorità di politica economica possono intervenire in diversi modi per affrontare i problemi di equità ed
efficienza legati al monopolio naturale:

- Proprietà e gestione pubblica;


- Regolamentazione pubblica di monopoli privati;
- Appalto esclusivo di un mercato in condizioni di monopolio naturale;
- Rigorosa applicazione delle norme antitrust;
- Politica di laissez-faire.

La regolamentazione pubblica di monopoli privati viene realizzata attraverso la fissazione di tetti agli
aumenti del prezzo del bene/servizio offerto dal monopolista regolato (Price-Cap) oppure attraverso la
regolazione del prezzo sulla base del saggio di rendimento (Ror) che permette all’impresa regolata di
realizzare un predeterminato saggio di rendimento sul capitale investito. Il saggio di rendimento sul capitale
investito dovrebbe coincidere con il suo costo opportunità. Tuttavia, se il regolatore sovrastima il
rendimento del capitale investito i prezzi sono più alti del necessario e l’impresa aumenta eccessivamente il
capitale investito (effetto Averch-Johnson).

CONCORRENZA MONOPOLISTICA

Fino ad ora abbiamo analizzato l’ingresso di nuove imprese in mercati con prodotti omogenei. Se i prodotti
sono differenziati l’impresa deve anche scegliere quale prodotto offrire.

Caratteristiche (modello di Chamberlin)

- Molte imprese;
- Libertà di entrata e uscita;
- Prodotto differenziato: la curva di domanda di ciascuna impresa è inclinata negativamente

L’entità del potere monopolistico dipende dal grado di differenziazione (si ipotizza che le decisioni di prezzo
non sia interdipendenti).

Equilibrio di breve periodo

1- Domanda inclinata negativamente;


2- Domanda relativamente elastica;
3- MR < P;
4- Condizione di massimo profitto MR = MC;
5- L’impresa può fare profitti economici positivi.

Equilibrio di lungo periodo

1) I profitti attraggono nuove imprese nell’industria (nessuna barriera all’entrata);


2) La domanda di ciascuna impresa diminuisce;
3) L’output e il prezzo dell’impresa diminuiscono;
4) L’output dell’industria cresce;
5) Profitto economico nullo (P = AC);
6) P > MC: potere di mercato non nullo.

Concorrenza monopolistica ed efficienza

Il potere di mercato porta ad un prezzo più alto e una quantità inferiore che in concorrenza perfetta.
Avviene anche una perdita secca in concorrenza monopolistica. L’impresa opera al di sotto della sua scala
efficiente. La capacità produttiva inutilizzata: AC > Ac min. beneficio connesso alla differenziazione del
prodotto.
TEORIA DEI GIOCHI

Giochi e decisioni strategiche

 Gioco: situazione in cui i partecipanti prendono decisioni strategiche che tengono conto delle
reciproche azioni e risposte.
 Payoff: valore associato ad un possibile risultato.
 Strategia: regola o piano d’azione per partecipare ad un gioco.
 Strategia ottimale: strategia che massimizza il payoff atteso di un giocatore.

Se si ritiene che i propri concorrenti siano razionali e operino al fine di massimizzare il loro payoff, come si
deve tenere conto del loro comportamento quando si prendono le proprie decisioni?

Determinare le strategie ottimali può essere difficile, anche in condizioni di completa simmetria e di
informazione perfetta.

Equilibrio di Nash

Un equilibrio di Nash è una situazione nella quale ciascun giocatore massimizza il proprio payoff date le
strategie adottate dagli avversari. In questo caso, la strategia ottima per ciascun giocatore dipende dalle
scelte effettuate dagli altri giocatori. In un equilibrio di Nash non conviene a nessun giocatore abbandonare
unilateralmente la strategia adottata. In altre parole, tale equilibrio è una combinazione di strategie tale
che la strategia di ogni giocatore è la risposta ottima rispetto alle strategie di tutti gli altri.

In un equilibrio di Nash, la strategia giocata da ogni individuo rappresenta la risposta ottima alle strategie
adottate dagli altri.

- Ogni giocatore anticipa correttamente quello che faranno gli altri e sceglie la migliore fra le sue
alternative;
- La combinazione di strategie in un equilibrio di Nash è stabile.

L’equilibrio di Nash rappresenta un accordo self-enforcing (auto vincolante): se i giocatori si accordano per
giocare strategie costituenti un equilibrio di Nash nessuno ha interesse a violare l’accordo. Tale concetto ci
aiuta a comprendere meglio i comportamenti strategici.

Equilibrio di Nash ed efficienza

Nel dilemma del prigioniero l’equilibrio di Nash non rappresenta il risultato migliore per la collettività
(l’insieme dei due giocatori). Quando il dilemma del prigioniero è giocato una sola volta è difficile che si
possa raggiungere un esito alternativo. Tuttavia, se ci si aspetta di dover interagire nuovamente in futuro,
possono emergere altre possibilità.

Cooperazione nei giochi ripetuti

La cooperazione può derivare da comportamenti altruistici o dal perseguimento dell’interesse personale. La


cooperazione può essere sostenuta attraverso la minaccia di punizioni in caso di comportamento contrario
agli accordi, oppure attraverso ricompense in caso di comportamento corretto.

- Minacce e promesse devono comunque essere credibili;

Un gioco ripetuto è costituito dal fatto di giocare un gioco semplice più volte, in successione.

- Il gioco può essere ripetuto all’infinito oppure ripetuto un numero finito di volte;

I giochi ripetuti consentono ai giocatori di punirsi o ricompensarsi tra loro, a seconda delle loro scelte
passate (i giochi ripetuti possono promuovere comportamenti di tipo cooperativo).
Dilemma del prigioniero ripetuto

In un gioco ripetuto è possibile attuare delle strategie che favoriscono la cooperazione. Uno di queste è la
strategia del colpo su colpo (tit for tat). Questa strategia prevede che la prima volta che si gioca con
qualcuno si coopera, in seguito si adotta la strategia seguita dall’altro giocatore nella fase precedente.
Affinché questa strategia funzioni, peraltro, sia necessario che non vi sia un numero noto di interazioni.

Quando il nostro concorrente e noi fissiamo i prezzi ripetutamente, mese dopo mese, per sempre, il
comportamento cooperativo (ovvero, applicare un prezzo alto) è la risposta razionale a una strategia
dell’occhio per occhio (ipotizziamo che il nostro concorrente sappia, o possa immaginare, che stiamo
utilizzando una strategia dell’occhio per occhio). Tagliare i prezzi non è razionale. Con l’infinita ripetizione
del gioco, i guadagni attesi dalla cooperazione supereranno quelli attesi dal taglio dei prezzi, e ciò vale
anche se la probabilità che noi utilizziamo la strategia dell’occhio per occhio (e così continueremo a
cooperare) è bassa.

Giochi a più stadi (sequenziali)

In molte situazioni di indipendenza strategica, le scelte degli individui si dispiegano nel tempo.

- Le azioni scelte possono determinare delle reazioni

Queste sono le situazioni che vanno comunemente sotto il nome di “giochi a più stadi”. In un gioco con
informazione perfetta, i giocatori fanno le loro scelte uno alla volta e non vi è nulla che i giocatori non
conoscano. I giochi a più stadi con informazione perfetta sono rappresentati attraverso diagrammi ad
albero dove i nodi corrispondono a momenti decisionali dei giocatori.

Pensare in modo strategico: l’induzione all’indietro

Per risolvere un gioco con informazione perfetta:

- I giocatori devono ragionare a ritroso, partendo dai nodi terminali del diagramma ad albero e
risalendo al principio;
- Che muove per primo sa come reagirà quello che muove dopo, per cui potrà individuare la sua
miglior risposta.

L’induzione all’indietro (backward induction) è un processo di risoluzione dei problemi strategici che
consiste nel ragionare a ritroso. Partendo dalla fine del gioco e per ogni nodo decisionale bisogna trovare la
decisione ottimale del giocatore che si trova in quel nodo. Il processo all’indietro procede fino a che non si
raggiunge l’inizio del gioco.

Applicando il principio dell’induzione all’indietro, è sempre possibile individuare (se il gioco non è troppo
complesso) una coppia di strategie che costituiscono un equilibrio di Nash (ragionevole).

OLIGOPOLIO

In un regime oligopolistico sono presenti poche grandi imprese in grado di produrre la maggior parte
dell’output di mercato. Spesso nei mercati oligopolistici sono presenti barriere all’entrata di nuove imprese.
Tali barriere possono essere di natura tecnologica oppure strategica. La caratteristica peculiare
dell’oligopolio, che lo differenzia da tutte le altre forme di mercato, è costituita dal comportamento
strategico delle imprese presenti.

Le decisioni di ciascuna impresa oligopolistica, merito al prezzo da imporre o alla quantità da produrre,
dipendono dal comportamento di tutte le altre imprese oligopolistiche presenti sul mercato. Nella
descrizione dell’equilibrio di oligopolio occorre tener presente l’interazione strategica tra le imprese.
A seconda delle ipotesi che si fanno in merito al comportamento strategico delle imprese oligopolistiche, si
avranno diversi modelli di oligopolio. Ai fini didattici è sufficiente analizzare il comportamento di due sole
imprese oligopolistiche, il cosiddetto duopolio.

Modello di Cournot

In questo modello le ipotesi fondamentali sono due:

1- I due duopolisti scelgono contemporaneamente la quantità che massimizza il loro profitto;


2- Ciascun duopolista sceglie la quantità da produrre ipotizzando che l’altro duopolista non varierà la
produzione;
le due imprese competono una sola volta.

Date queste ipotesi, ciascun duopolista sceglierà quanto produrre eguagliando il costo marginale al ricavo
marginale derivante dalla domanda residuale. La curva di domanda residuale è quella soddisfatta da
ciascun duopolista e si ottiene sottraendo dalla curva di domanda di mercato la quantità prodotta dall’altro
duopolista:

P1 = (a – bQ2) – bQ1

Dalla massimizzazione del profitto scaturisce la funzione di reazione del duopolista. La funzione di reazione
descrive la quantità ottima di output offerto da ciascun duopolista in funzione delle quantità di output
offerta dall’altro duopolista:

Q*1 = (a – bQ2) / 2b

Analogamente:

Q*2 = (a – bQ1) / 2b

Poiché MC = 0 e MR = (a – bQ2) – 2bQ1, eguagliando MR e MC (MR = MC) e risolvendolo per Q1, ottengo la
funzione di reazione (risposta ottima) che descrive la quantità ottima di output offerto da ciascuno in
funzione della quantità di output offerta dall’altro duopolista:

Q*1 = (a – bQ2) / 2b

Analogamente:

Q*2 = (a – bQ1) / 2b

Le funzioni di reazione rappresentano il luogo geometrico di tutte le scelte ottime di ciascun duopolista per
le possibili infinite scelte dell’altro. L’equilibrio del gioco di verifica quando la scelta associata alla risposta
ottima di ciascun duopolista è compatibile con la scelta associata alla risposta ottima dell’altro. I punti delle
funzioni di reazione rappresentano coppie di scelte e sono assimilabili alle caselle delle tabelle, le rette
svolgono il ruolo delle ombreggiature fatte sulla tabella. In essa l’equilibrio di Nash è individuato nella
casella con la doppia ombreggiatura, qui dall’intersezione delle rette.

Analiticamente l’equilibrio si trova risolvendo il sistema di equazioni formato dalle due funzioni di reazione;
infatti, una combinazione di giocate rappresenta un equilibrio di Nash se queste soddisfano
simultaneamente le funzioni di reazione. L’equilibrio di Cournot è anche un equilibrio di Nash in quanto
ciascun giocatore sta scegliendo la risposta ottima alla scelta del rivale. Tale equilibrio è stabile perché auto
vincolante: se i giocatori si accordano per giocare strategie costituenti un equilibrio di Nash nessuno ha
interesse a violare l’accordo.
Modello di Bertrand

Anche in questo modello le ipotesi fondamentali sono due:

1- I due duopolisti scelgono contemporaneamente il prezzo;


2- Ciascun duopolista sceglie il prezzo di vendita ipotizzando che l’altro duopolista una sola volta;
le due imprese competono una volta sola.

l’ipotesi che i duopolisti fissino i prezzi anziché le quantità muta radicalmente il risultato raggiunto con
Cournot. Infatti, poiché il bene è omogeneo e i consumatori acquistano dal duopolista che pratica il prezzo
inferiore ciascun duopolista ha l’incentivo a ridurre marginalmente il prezzo rispetto all’altro duopolista con
l’intento di accaparrarsi l’intero mercato. L’esito finale è che il prezzo si riduce fino a che non coincide con il
costo marginale. È lo stesso risultato della concorrenza perfetta.

Modello di Stackelberg

Le due ipotesi di base sono :

1- la variabile di scelta dei duopolisti è la quantità;


2- la scelta sequenziale.

Il primo duopolista (leader) sceglie la quantità che massimizza il proprio profitto. Invece, il secondo
duopolista (follower) osserva la quantità prodotta dal leader e, a sua volta, sceglie la quantità da produrre
per massimizzare i propri profitti.

Il leader, nel momento in cui prende le decisioni, conosce perfettamente il modo in cui il follower
risponderà alla sua scelta. Questo fatto avvantaggia il leader, il quale incorpora nelle sue scelte la funzione
di reazione del follower. La sua curva di domanda diventa:

P = [a – b(QL + RF(QL)]

Il comportamento del follower è in tutto e per tutto sintetizzato dalla funzione di reazione, così come è
stato illustrato nel modello di Cournot.

RF (QL )= (a – bQL )/2b

Di conseguenza per il leader la curva di domanda è:

P = (a – bQL )/2 MR= a/2-bQL

Il leader eguaglia MC = MR per max profitti

- MC = 0
- MR = a / 2 – bQL
- Q*L = a / 2b

Sostituendo tale quantità nella funzione di reazione del follower si conosce la sua scelta ottima

- Q*F = a / 4b

OLIGOPOLIO COLLUSIVO

Nell’oligopolio collusivo i duopolisti riconoscono che se essi si comportassero come un unico monopolista
potrebbero ottenere profitti maggiori rispetto al caso in cui ciascuno pensi esclusivamente a sé. Dal punto
di vista delle imprese, la collusione è la forma più redditizia di oligopolio. In generale, tuttavia, la collusione
non è stabile poiché esiste, per ciascun oligopolista, un incentivo a non rispettare l’accordo e a tentare di
accaparrarsi una maggiore quota di mercato a danno degli altri oligopolisti.
Quando le imprese colludono, si mettono d’accordo e si comportano come se fossero un’unica impresa che
produce in più impianti. In questo caso la regola della massimizzazione dei profitti prevede che:

MR = MC1 = MC2

Dopo aver ottenuto Q*1 e Q*2 si ottiene la quantità ottima aggregata Q* e sostituendola nella Domanda di
mercato si ottiene il prezzo di cartello. Le impresesi spartiscono il profitto di monopolio. Tuttavia, ciascuna
ha incentivo a defezionare, in quanto l’accordo di cartello non è auto vincolante.

Se le imprese competono nel tempo è possibile sostenere la collusione attraverso delle strategie
appropriate. Una di queste è la strategia del colpo su colpo. Questa strategia prevede che la prima volta che
si gioca con qualcuno si coopera, in seguito si adotta la strategia seguita dall’altro giocatore nella fase
precedente. Il gioco deve essere ripetuto all’infinito.

La pazienza: l’impresa teme una guerra di prezzi se si preoccupa dei profitti futuri quasi quanto quelli
correnti; quindi, non devia.

Il numero delle imprese: maggiore è il numero di imprese, maggiore il guadagno della violazione d’accordo,
e minori le perdite future; inoltre è più difficile scoprire la deviazione.

Durata del detection lag e applicazione strategia di punizione. Differenza nei costi marginali di produzione,
beni differenziati e conoscenza imperfetta dei costi delle imprese rivali.

ESTERNALITÀ E BENI PUBBLICI

Esternalità

I mercati concorrenziali possono allocare le risorse in maniera non efficiente quando le assunzioni del
modelli di concorrenza perfetta vengono violate. L’ipotesi della mano invisibile che promuove l’efficienza è
basata sull’ipotesi che la soddisfazione di ciascun individuo dipenda soltanto dal suo consumo e che la
produzione di ciascuna impresa dipenda solo dalle sue decisioni. Nella realtà spesso le nostre scelte
possono disturbare gli altri o incidere profondamente sul benessere altrui (musica alta, inquinamento…). In
questi casi i mercati concorrenziali non riescono ad allocare le risorse in maniera efficiente. Si parla dunque
di FALLIMENTI DI MERCATO.

- Si ha una esternalità quando l’azione di un agente economico (sia esso consumatore o impresa)
impone dei costi (esternalità negativa) oppure arreca benefici (esternalità positiva) ad altri agenti
economici.

L’inefficienza associata alla presenza di esternalità è dovuta al fatto che esse sono, per definizione esterne
rispetto a chi le determina e quindi non vengono incorporate nei prezzi di mercato. Dal punto di vista del
singolo agente (consumatore o impresa) non rientrano nei calcoli individuali di scelta e quindi non entrano
a far parte né dei costi né dei benefici privati.

Si parla di esternalità quando un’attività di consumo o di produzione genera effetti sul benessere di soggetti
terzi, effetti che non danno però luogo ad alcuna transizione di mercato.

- Esternalità negativa: l’effetto esterno penalizza gli altri.


 L’inquinamento, per esempio, genera problemi di società; il fatto di trascurare il giardino di
casa va a danno di tutto il quartiere.
- Eternalità positiva: l’effetto esterno va a beneficio degli altri.
 Istruzione, vaccini, assicurazioni.
ESTERNALITÀ NEGATIVA E INEFFICIENZA

La presenza di un’esternalità negativa in un mercato concorrenziale porta solitamente ad un’allocazione


inefficiente delle risorse. Il costo esterno è costituito dal danno, in termini economici, che l’esternalità
causa agli altri soggetti. Ogni impresa produce fino al punto in cui il prezzo di mercato uguaglia il suo costo
marginale di produzione; tuttavia, Il livello di produzione ottimale per l’impresa risulta eccessivo ed
inefficiente dal punto di vista della società e il prezzo è troppo basso. Il livello di produzione efficiente dal
punto di vista sociale è quello per cui il beneficio sociale marginale uguaglia il costo sociale marginale.

- Costo sociale marginale = costo marginale del produttore + costo marginale esterno

ESTENALITÀ POSITIVA E INEFFICIENZA

I mercati concorrenziali sono inefficienti ogni qualvolta è presente un esternalità, sia essa positiva o
negativa. Il beneficio esterno è rappresentato dal guadagno, in termini economici, che deriva agli altri
dell’esternalità indotta dall’attività di produzione o di consumo. Il livello di produzione scelto dall’impresa
risulta inefficiente, poiché troppo basso dal punto di vista della società. Come le esternalità negative, anche
quelle positive generano una perdita secca e rappresentano quindi un fallimento di mercato.

Esternalità

In presenza di un esternalità negativa di produzione, la produzione complessiva nel settore che causa
l’esternalità è superiore rispetto a quella Pareto-ottima. In presenza di una esternalità positiva della
produzione, invece, la produzione complessiva nel settore che causa l’esternalità è inferiore rispetto a
quella Pareto-ottima.

Rimedi alle esternalità: il settore privato

Quando l’allocazione delle risorse è inefficiente, è sempre possibile procedere a transazioni vantaggiose tra
le parti. I privati hanno quindi incentivo ad individuare le inefficienze e a negoziare le soluzioni. Quando le
negoziazioni fra privati non sono in grado di rimediare al problema delle esternalità, in linea teorica
l’intervento pubblico può comunque ripristinare l’efficienza economica:

- Politiche a supporto del mercato (per esempio, chiara definizione dei diritti di proprietà);
- Controlli sulle quantità (per esempio, standard sulle emissioni).

Diritti di proprietà e negoziazioni

L’esito di una negoziazione dipendente dall’assegnazione iniziale dei diritti di proprietà. La parte che
detiene il diritto di proprietà rilevante è quella con maggiore potere contrattuale. L’assegnazione iniziale dei
diritti di proprietà non influenza il livello finale di inquinamento, ma solo i profitti dei soggetti in causa.
Teorema Coase: quale che sia l’assegnazione iniziale dei diritti di proprietà, l’accordo volontario fra le parti
pone rimedio al problema dell’esternalità, a condizione che la negoziazione possa avvenire senza frizioni.

Limitazione alla contrattazione

Ogni esternalità nasce dall’assenza di un mercato specifico. La negoziazione fra privati può portare a
transizioni che le parti avrebbero effettuato se i mercati necessari non fossero stati assenti. Molti fattori
possono però impedire che la negoziazione ponga rimedio alle esternalità:

- La contrattazione può non essere praticabile;


- Difficoltà logistiche, tempo insufficiente, costi e sforzi impossibili,…
- Definizione ambigua dei diritti di proprietà;
- Informazioni limitate circa costi e benefici altrui;
- Difficoltà monitoraggio del rispetto degli accordi;
Limitazione delle quantità

l’autorità pubblica può cercare di porre rimedio ad una esternalità regolando l’attività che la provoca. Uno
standard sulle emissioni rappresenta un limite legale sulla quantità di emissioni inquinanti che possono
essere prodotte come conseguenza di una certa attività. Esempio: abbattimento rumore generato da un
aeroporto. Si può imporre uno standard in linea con livello socialmente efficiente, ma questo richiede
informazioni su costi e benefici dell’abbattimento del rumore. Le parti private hanno incentivo a gonfiare i
loro costi o i loro benefici.

- Se il Governo non è in grado di stabilire costi e benefici con esattezza, lo standard può risultare
inefficiente generare una perdita secca.

Politiche correttive degli incentivi dei privati

Alcune politiche mirano a indurre i privati a “internalizzare” costi e benefici esterni. La tassazione
pigouviana prevede che l’introduzione di una tassa (uguale al costo esterno marginale in corrispondenza
del risultato efficiente) possa porre rimedio alle esternalità negative. Una tassa pigouviana porta infatti
l’operatore privato a considerare il costo marginale esterno associato alla propria attività:

- Confronta quindi il suo beneficio marginale con il costo marginale sociale, giungendo alla decisione
efficiente per la società.

La tassa pigouviana ideale dipende dal prezzo che il bene in questione avrebbe in equilibrio in un mercato
concorrenziale efficiente.

Regole di responsabilità

Un altro meccanismo per superare il problema delle esternalità negative è quello di fissare delle regole di
responsabilità, sotto le quali la parte che compie azioni che danneggiano gli altri è tenuta al risarcimento
del danno provocato. Le regole di responsabilità inducono i soggetti a “internalizzare” i costi esterni delle
loro azioni.

Tali regole conducono alla scelta efficiente

In alcuni casi, il Governo ha bisogno di minori informazioni rispetto a quanto necessario per fissare una
tassa pigouviana o uno standard sulle amissioni. Le regole di responsabilità presentano altri limiti,
riconducibili alla loro natura legale.

Risorse di proprietà comune

Una risorsa di proprietà comune è una risorsa che più persone possono liberamente usare senza effettuare
alcun pagamento.

- Esempi: laghi, aria, oceani…

Generalmente, l’uso che ciascuno fa della risorsa di proprietà comune riduce il valore che gli altri individui
attribuiscono a tale risorsa.

- Si crea, in altre parole, un’esternalità negativa.

Consideriamo un grande lago (che rappresenta l’unica risorsa ittica per le città vicine), in cui ciascuno può
pescare a piacere senza essere tenuto ad alcun pagamento. Il costo marginale sociale dell’attività di pesca
eccede il costo marginale privato.

- Ogni pescatore, nello svolgere la sua attività, non tiene conto del fatto che riduce la popolazione
ittica e aumenta il costo dell’attività di pesca per i pescatori che verranno dopo di lui.
Consideriamo un grande lago (che rappresenta l’unica risorsa ittica per le città vicine), in ciascuno può
pescare a piacere senza essere tenuto ad alcun pagamento. Il costo marginale sociale dell’attività di pesca
eccede il costo marginale privato:

- Ogni pescatore, nello svolgere la sua attività, non tiene conto del fatto che riduce la popolazione
ittica e aumenta il costo dell’attività di pesca per i pescatori che verranno dopo di lui;
- Lasciando fare al mercato, l’attività di pesca risulterà eccessiva.

I BENI PUBBLICI

Un bene pubblico è un bene non rivale e non escludibile. Un bene si dice non rivale quando più persone
possono consumarlo allo stesso tempo, senza che questo alteri il valore che ogni individuo attribuisce al
bene stesso.

- Una volta prodotto, il costo marginale di offrirlo ad un consumatore addizionale è nullo.

Un bene è non escludibile se non vi è modo di evitare che alcune persone possano consumarlo. Esempio di
beni pubblici: la difesa nazionale, l’illuminazione pubblico ecc. Spesso i beni pubblici forniti dallo Stato:

- Non tutti i beni prodotti dallo stato sono però da considerare beni pubblici.

Fornitura efficiente di un bene pubblico

Il livello socialmente efficiente di produzione è quello per cui il beneficio marginale sociale eguaglia il costo
marginale sociale. Per determinare il beneficio sociale marginale di un bene pubblico (la domanda), occorre
sommare i benefici di tutti gli individui:

- Importante differenza rispetto al processo seguito per i beni privati;


- Nel caso di beni pubblici, le curve di domanda individuali vanno sommate verticalmente, cioè si
somma la disponibilità a pagare tutti;
- Nel caso dei beni non pubblici la domanda aggregata si ottiene sommando orizzontalmente le
domande individuali.

Beni pubblici e fallimenti di mercato

Il gioco del bene pubblico ha le stesse caratteristiche del dilemma del prigioniero dove i giocatori hanno
incentivato a non contribuire al finanziamento del bene. Se qualcuno decide di contribuire alla fornitura del
bene pubblico, altre persone potranno beneficarne anche senza contribuire.

- La contribuzione crea un’esternalità positiva.

I mercati concorrenziali portano a produrre un output troppo basso quando sono presenti esternalità
positive. Se la fornitura di un bene pubblico è lasciata alle decisioni indipendenti dei privati, il livello di
produzione risulterà eccessivamente basso.

I fallimenti del mercato associati all’esistenza di beni pubblici sono dovuti al fenomeno del free riding. Un
free rider contribuisce in misura scarsa o nulla alla fornitura del bene pubblico, pur godendo appieno dei
contributi degli altri.

Il settore pubblico e i beni pubblici

Il governo affronta i fallimenti del mercato dovuti alla presenza di beni pubblici in vari modi:

- Fornisce direttamente alcuni beni pubblici (es. la difesa nazionale);


- Sostiene le organizzazioni no-profit che ne forniscono altri (es. radio e televisioni pubbliche);
- Sussidia i privati erogando servizi pubblici (es. protezione ambientale).
I sussidi prevedono spesso la forma di deduzioni fiscali o contributi per cause meritevoli. La fornitura
efficiente di beni pubblici non richiede necessariamente la produzione pubblica:

- I fallimenti di mercato dovuti alla presenza dei beni pubblici hanno origine dal lato della domanda,
non dall’offerta;
- Il Governo spesso si affida ai privati per fornire i beni pubblici.

La tragedia dei beni di uso collettivo

Per cercare le origini della proprietà privata è utile considerare ciò che può accadere in una economia priva
di una struttura ben sviluppata di diritti e di proprietà. Un questi casi la mano invisibile del mercato fallisce
in quanto gli utilizzatori del bene comune non prendono in considerazione gli effetti delle loro decisioni
private sulla proprietà collettiva. Un problema analogo, oggigiorno, riguarda l’allocazione di risorse che non
possono essere posto sotto la giurisdizione di un unico paese.

ECONOMIA COMPORTAMENTALE E PREFERENZE SOCIALI

Teoria economica neoclassica

L’economia neoclassica, o TES teoria economica standard, muove dall’assunzione che il comportamento
dell’homo oeconomicus possa essere ben rappresentato da:

 Razionalità calcolatrice (razionali);


 Preferenze auto-interessate (individualisti);
 Assenze di motivazioni morali dell’agire (materialisti);
 Preferenza predeterminanti o esogene (nessuna influenza degli altri);
 Reattività agli incentivi monetari.

Tuttavia, alcuni costi e benefici possono essere incerti o imprevedibili. È possibile che non si abbia tempo di
valutare costi e benefici di tutte le opzioni, o sia troppo stanchi, o si agisca di impulso. Le opzioni possono
essere così tante da provocare “cognitive overload” e incapacità di scelta. I costi e/o benefici associati a una
scelta possono non riguardare solo colui che sceglie. In alcune situazioni le persone hanno preferenze
interdipendenti e provano emozioni, ma si comportano “razionalmente” rispetto ad esse. In alcune
situazioni le persone commettono errori sistematici nel decidere e interpretare le informazioni.

Economia comportamentale

Studia la psicologia del processo decisionale. Utilizza le intuizioni della psicologia per modificare, arricchire,
interagire l’approccio economico standard.

Le due principali motivazioni dell’economia comportamentale riguardano l’apparente debolezza della


teoria economica standard:

1. Le persone spesso fanno scelte che sono difficili da spiegare sulla base della teoria economica
standard (es. preferenze non transitive);
2. La teoria economica standard può portare, in alcuni casi, a conclusioni apparentemente
irragionevoli circa il benessere del consumatore (es. addictions o disturbi alimentari non possono
essere espressione di valide preferenze).

L’economia comportamentale tiene conto anche della ricerca in ambito psicologico. L’obbiettivo è quello di
modificare, integrare e arricchire la teoria economica, considerando che :

- Le persone agiscono spesso motivate da ragioni ignote alla teoria, come la reputazione o l’equità;
- A volte le scelte rappresentano degli errori.
Preferenze sociali

In relazione all’ipotesi di preferenze auto interessate, nella realtà si osservano comportamenti previsti dalla
teoria economica standard quali:

- Donazione del sangue;


- Donazioni caritatevoli anonime;
- Raccolta differenziata;
- Acquisti mercati etici e eco-sostenibili;
- Volontario

Neuroeconomia

La ricerca in ambito psicologico ha suggerito, tra Ie possibili spiegazioni della generosità, l’aumento della
felicità (warm glow) associato al comportamento altruistico.

“A neural link between generosity and happiness” (Park, Kahnt, Dogan, Strang, Fehr & Tobler, 2017, Nature
Comm.)

Gli autori mostrano l’esistenza di un legame neurologico tra generosità e felicità (interazione tra le aree
attivate durante il comportamento generoso e le aree che mediano la felicità).

I giochi a contribuzione volontaria

In un gioco a contribuzione volontaria:

 Ogni membro del gruppo contribuisce al piatto comune e la contribuzione di ciascun giocatore va a
beneficio di tutti;
 In questi giochi, si crea un conflitto di interesse individuale e quello collettivo, si tratta di un
aversione a più giocatori del dilemma del prigioniero;
 • In realtà la prima volta che si gioca i tassi di contribuzione sono intorno al 30-40% mentre non
contribuire sarebbe la strategia dominante. Tuttavia, al decimo round la contribuzione scendeva al
10%;
 Per i giochi a contribuzione volontaria a due stadi, con previsione di punizioni, le previsioni basate
sulla teoria dei giochi standard sono invece poco affidabili: potrebbe essere un problema legato alla
erroneità delle assunzioni circa le preferenze degli individui.

CONCLUSIONI

Il mercato garantisce il raggiungimento dell’efficienza allocativa ma non garantisce l’equità. Il


raggiungimento di quest’ultima richiede l’intervento dello stato (l’equità è diversa dall’eguaglianza);
nell’accezione di Rawls significa pari opportunità. Ne consegue che la proprietà nella distribuzione delle
risorse viene data a chi è più povero o più svantaggiato: la società nel suo complesso sta meglio se sta
meglio il più svantaggiato.

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