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Il codice (elaborato durante la rivoluzione francese) è l’espressione di una raccolta razionale e

tendenzialmente esauriente dei rapporti umani, quando si pensa al codice (che si pensò in
contrapposizione di quello che già esisteva) pensiamo a qualcosa che racchiuda tutto quello che
può succedere all’interno della vita di una persona.
L’idea di fondo è mettere dentro una norma tutto ciò che razionalmente può accadere nella vita di
un uomo, con lo scopo che i cittadini tutti si muovano secondo dei canoni prestabiliti (ORDINE).
Ma questa va molto bene in una società statica, semplice, dove alcuni valori vengono ampiamente
condivisi, dove non ci sono vari mutamenti, che non subisce alterazioni nel tempo, ma i nostri
tempi sono tempi in cui le convinzioni sociali e i valori che ciascuno di noi ha nella vita in comune
sono valori spesso molto diversi, in alcuni casi sono valori contrastanti. Di fronte ad una società
così dinamica (non solo per i flussi migratori ma anche a causa di questioni economiche che si sono
aperte al mondo) non si può parlare di una società che ha in comune gli stessi valori, dunque
pensare per esempio che l’idea di famiglia sia rimasta quella originaria è una cosa priva di valore,
come il modo in cui si fanno le contrattazioni sia lo stesso di alcuni tempi fa, quindi non basta
interpretare sono una legge del codice, ma il lavoro del giurista è molto più complesso bisogna
avere a che fare con le fonti regionali, internazionali, che hanno più o meno riflessi sulla nostra vita
quotidiana.
Dunque il nostro lavoro è quello di guardarci sempre intorno e metterci a confronto con più fonti.
Ogni regola ha degli elementi di contatto che si spiegano l’una con l’altra.
In America non hanno i codici, era tutto molto fondato sulla decisione del giudice, per cui
l’impostazione metodologica è molto diversa, in America si spiegano direttamente i casi, che
vengono risolti basandosi su vecchi casi simili, ma il nostro e il loro metodo non è più poi così
diverso, ma diversamente dallo studente americano lo studente europeo ha nella sua testa il
sistema, impostazione di metodo che consente di incasellare le questioni, in grado di dare risposte
coerenti con tutto, tendendo di inserire il generale nel particolare e viceversa, questa formazione
fa la differenza con l’ordine americano.

ORDINAMENTO= un complesso di norme che hanno tra esse una connessione, e che in quanto
connesse si spiegano le une verso le altre, ordinamento viene da ordine, dato appunto da un
sistema, dal quale dobbiamo ricavare la regola da applicare, ma l’ordinamento non è un dato
preacquisto, noi non lo rileviamo, ma che noi stessi costruiamo (norme costruite a sistema). Pur
leggendo una singola norma io so che lì è presente un insieme di sistemi.
Esistono varie norme non sono giuridiche, e l’elemento che mi consente di distinguerle è
l’imperatività, si impone, deve essere osservata, anche la norma etica è imperativa come anche
quella della scienza, ma quella giuridica devo rispettarla anche se non la condivido. È naturale
avere opinioni contrastanti verso una norma giuridica ma questa libertà di pensiero vale per tutti?
Se un funzionario di polizia manifesta contro un valore (salute), c’è un giuramento (tutti i pubblici
dipendenti, tutti i cittadini devono rispettare la costituzione) anche se liberamente (libertà di
pensiero) abbiamo più valori concorrenti che giustificano lo stesso comportamento e la norma è
sempre la stessa (green pass) ma intorno a questa norma girano più interessi e più valori che non
vengono risolti nella norma e vengono risolti dall’interprete.

NORMA= carattere precettivo, distinguiamo la norma giuridica dalle altre norme proprio per
questo motivo e anche per il fatto di contenere un giudizio, la norma giuridica esprime sempre una
valutazione un dato negativo o positivo di apprezzamento o di biasimo, come anche le norme
etiche, a differenza delle norme scientifiche, le. Leggi della fisica individuiamo una norma, una
regola che ha una sua forza (che in una determinata circostanza succede quel fenomeno) ma è una
norma che registra un dato che noi rileviamo da un esperimento, ma non ci da un giudizio. Quindi
in ogni norma giuridica vi è una valutazione, rilevando una scelta di campo che fa l’ordinamento.
ogni volta che valutiamo qualcosa la facciamo sulla base di due parametri che possono essere
combinati, l’interesse (categoria dell’interesse, il diritto ritiene che questa categoria sia il
fondamento su cui si fondino le scelte, ed ha una funzione patrimoniale), il valore, i valori sono
obbiettivi, apprezzati positivamente dall’ordinamento che non hanno necessariamente una
funzione patrimoniale, ma che hanno una funzione esistenziale, attengono al valore della persona,
ogni norma assolve variamente a questi doppi parametri. Quando si parla di valori si mette in
evidenza come tra diritto ed etica non ci sia una separazione, perché i valori, gli scopi dell’umanità,
nascono proprio nella dimensione etica della vita, quindi se l’ordinamento fa proprio l’elemento
del valore ci fa capire che noi non possiamo ragionare un argomento che non abbia un
fondamento suk valore, ma i valori su cui si basa l’ordinamento li prende da sé stesso, perché è
capace di includere in sé stesso alcuni valori. Tutte le costituzioni moderne hanno la caratteristica
di darsi regole formative, norme che hanno recepito alcuni valori dell’etica e li hanno tramutato in
norme giuridiche fondamentali (post seconda guerra mondiale, perché i vecchi ordinamenti erano
sprovvisti di un fondamento etico).
Una volta che la norma è prodotta ed è validamente efficace va seguita, e non è attaccabile dal
punto di vista formale.
Ogni norma che risolve un conflitto riduce a sintesi il conflitto di due interessi contrapposti, e ci
possono anche essere molteplici valori che NON confliggono, si parla di valori che concorrono
perché in questo modo indichiamo che nel concorso bisogna dare la giusta misura a tutti i valori, e
dobbiamo capire qual è più positivo rispetto ad un altro, quando si fa questo lavoro si dice che si
applica il criterio della RAGIONEVOLEZZA che trova il suo fondamentale nell’articolo 3 (norma
sull’eguaglianza che ci dice: tutti siamo uguali, pari diritto, ma tutti siamo disuguali, diritti diversi,
quando le nostre condizioni di avvio non sono uguali, quindi tutte le persone devono riuscire a
migliorarsi e non dobbiamo trattarle allo stesso modo e differenziare i trattamenti). La
ragionevolezza opera quando deve far concorrere dei valori, agendo dosando “gli ingredienti” in
base alle esigenze, fattori che si valutano diversi valori che concorrono, mettendo a confronto più
valori che come risultato ci dia un obbiettivo finale.
Quando usiamo questo strumento bisogna tracciare i valori che concorrono e nel rintracciarli
dobbiamo anche trovare le norme costituzionali che esprimono quei valori, che non vengono
sempre considerati allo stesso modo (il principio fondamentale è la persona, che è il valore che
predomina).
Al variare delle circostanze di fatto abbiamo ritrovato un punto di ragionevolezza ed è cambiata la
norma, ciò significa che quando si lavora con la ragionevolezza non bisogna fermarsi soltanto al
dato normativo, perché il giudizio non può essere dato in astratto ma bisogna darlo sui fatti.
In ogni norma concorrono più valori che vanno rintracciati, vanno bilanciati che deve avvenire
secondo ragionevolezza che richiede inevitabilmente che si discuta di un fatto specifico che si
conosce nei dettagli, e ogni norma deve avere come riferimento almeno un valore, perché in caso
contrario quella norma è incostituzionale.

Norme principio= non ci descrive un comportamento specifico ma ci indica un obbiettivo, un


valore che non descrive il come ma indica un obbiettivo, norma senza fattispecie. La norma
principio giustifica la norma regola che deve spiegare il perché di un “come”. Si trovano nella carta
costituzionale, ma le troviamo anche nel codice civile.

Norme regola= qui troviamo un comportamento descritto e definito che condiziona il nostro agire,
troviamo dunque la fattispecie, non esiste una norma che regola che non abbia come presupposto
almeno una norma principio.
Norma eccezionale= La eccezionalità di una norma la ricaviamo dal rapporto tra essa e la norma
principio, ponendosi:
-o costituisce una modalità atipica di applicazione di un principio;
-o ci troviamo in presenza che fa concorrere due principi che abitualmente non concorrono.
Questo giudizio è dato dall’interprete, seguendo un nostro ragionamento, la eccezionalità della
norma è data da un rapporto variabile perché variano le circostanze e dunque varia l’ordinamento.
(autobus)…
L’analogia è un modo comune che governa l’agire dell’interprete, che ha il suo fondamento sulla
ragione che fonda la norma, e di conseguenza non è una metodica particolare. Ma la norma
eccezionale si può applicare per analogia? La risposta è si perché la ragione che fonda una
situazione può ispirare un’altra situazione analoga.

Norma speciale= è una norma creata per una evenienza specifica, che non va confusa con la
norma eccezionale, ma ci troviamo di fronte ad un ambito materiale che richiede delle specificità,
Il consumatore (colui che stipula contratti avendo però una posizione “debole”, sprovvisto di
alcune conoscenze senza le quali la contrattazione potrebbe essere a suo rischio, perché non ho gli
strumenti per valutare ciò che mi viene proposto o che rispondano al mio interesse) per
proteggere i consumatori che abbiano delle problematiche relative alla conoscenza, le norme del
codice del consumo sono delle norme speciali.

Norma inderogabile= Quel carattere della imperatività della norma giuridica lo ritroviamo lo
ritroviamo solo in alcune norme giuridiche, ed è inderogabile quando costituisce l’unica modalità
di attuazione di un principio fondamentale, come se fosse un complemento della norma principio
unita alla norma regola che è l’unica attuazione della norma principio.

Norma derogabile= quando non è l’unica modalità di attuazione di un principio fondamentale.

Norma imperativa= Tra inderogabile e imperativa hanno un rapporto diretto con la norma
principio, la norma inderogabile è imperativa perché la violazione genera la caducazione
(annientamento dell’atto) dell’atto compiuto. Dunque può sembrare che le due norme possano
significare la stessa cosa, con differenza all’apparenza solo la temporalità. Non c’è una totale e
piena corrispondenza tra la norma inderogabile e quella imperativa. quando parliamo di norma
imperativa, assumiamo una misura differente rispetto all’inderogabilità, supponendo che il
concorrere dei valori e i conflitti di interessi trovino più modalità di attuazione.

Clausole generali= Sono anch’esse norme giuridiche, sono sparse ovunque, ed è una tipologia
normativa della quale noi ci avvaliamo molto anche nell’interpretazione, si dice essere un
frammento di norma, di conseguenza non è una norma autosufficiente (nella costituzione si parla
di utilità sociale, nel codice si parla di ordine pubblico, buona fede…, tutte affermazioni molto
presenti nel sistema, perché consente che il significato di una norma sia mutevole nel tempo, ma la
clausola generale si rende conto che in alcune situazioni che dobbiamo legare alla norma alcuni
comportamenti che affidano all’interprete il ruolo di dare un significato specifico per quella
determinata esigenza, tramite princìpi fondamentali in riferimento ad alcuni fatti specifici), ma
prese da sole dobbiamo essere noi in grado di ricavare le modalità di attuazioni di esse.
Nel principio di solidarietà non vi è necessariamente un atteggiamento filantropico (dobbiamo
essere tutti buoni), ma la norma costituzionale ci vuole dire che senza la collaborazione anche gli
interessi più egoistici sono irrealizzabili.
La clausola generale è una norma “di passaggio” che collega uno o più principi al fatto che deve
essere giudicato.

FONTI DEL DIRITTO

Le fonti sono atti (volontà che genera una norma, oppure un fatto, un comportamento o un’azione
che in sé contiene una norma), il nostro ordinamento è costituito sulle fonti atto e solo in modo
marginale sulle norme fatto. Il diritto marittimo ha una vocazione sovranazionale e quindi i codici
della navigazione nazionali fanno riferimento alle consuetudini marittime, che vengono tratti da
comportamenti condivisi nei rapporti di navigazione, quindi ci troviamo nel nostro ordinamento
difronte a fonti fatti (comportamenti condivisi e che viene concepito come una regola vincolante)
quindi vige la consuetudine (tutte le norme non scritte di diritto internazionale generale, che non
costituiscono parte integrante che vincolano tutti gli stati membri della comunità internazionale) a
meno che non vi sia una norma atto. Tuttavia le fonti del diritto che il nostro ordinamento italiano
ed europeo riconosce principalmente sono le fonti atto (scritte) che provengono da moltissimi
produttori di norme.
Troviamo norme primarie e di attuazioni nazionali e norme primarie delle regioni a queste fonti si
sono aggiunte le fonti internazionali che dapprima avevano una valenza più contenuta, basandosi
su principi generali (pari dignità delle nazioni e dei popoli).
La norma contenuta nell’articolo 10 della carta costituzionale (1948) ci dice che l’ordinamento
italiano non è solo nazionale ma in esso dobbiamo includere quelle norme consuetudinarie
internazionali, che sono generalmente riconosciute, e l’articolo 10 pone sullo stesso piano dei
diritti fondamentali della carta costituzionale anche tutte quelle norme del diritto internazionale
generalmente riconosciute, che diventano a loro volta dei principi fondamentali della nostra carta
costituzionale, costituendo un elemento di rottura anche dal punto di vista culturale del sistema
giuridico italiano, ma negli anni questa tendenza si è sempre di più consolidata (apertura delle
relazioni, economiche e anche culturali ed inevitabilmente anche dei sistemi giuridici), sistemi
giuridici che ormai sono molo dialoganti e quindi il diritto internazionale perde sempre di più il suo
connotato di diritto assestante, diventano uno delle componenti giuridiche che nell’insieme
compongono un ordinamento, perché nella riforma costituzionale del 2001 (riforma nel titolo
quinto, nella direzione di una maggiore autonomia legislativa), dove nell’articolo 117 riformato,
nel primo comma si dice che la potestà legislativa è esercitata dallo santo e dalle regioni, nel
rispetto della costituzione nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli
obblighi internazionali, questa norma sanziona in maniera chiara (non solo l’articolo 10 ma con
l’articolo 117 si aggiunge che si il legislatore dello stato sia il legislatore delle regioni, quando
legiferano, non solo devono rispettare la costituzione, che comunque sta sopra tutto, ma deve
anche essere fatta in conformità con gli obblighi dell’ordinamento comunitario (Europa), ma anche
in conformità degli obblighi internazionali, per cui il diritto internazionale diventa una componente
dei sistemi giuridici nazionali.
Non solo il sistema delle fonti si è ampliato ma anche il sistema delle interpretazioni di quelle fonti,
non vi è più infatti solo un giudice nazionale, ma abbiamo a presenza di altri giudici internazionali
che vanno presi in considerazione tanto quanto i giudici nazionali, dunque l’interprete non può più
lavorare a compartimenti stagni, ma deve integrare tutti questi elementi (interni, sovranazionali e
nazionali).
Nella stessa riforma del 2001 vi è un altro elemento di rottura, con il principio di SUSSIDARIETA (si
vuole affermare l’idea che la norma migliore è tendenzialmente quella che è più prossima al
destinatario della stessa, non è vero dunque che la norma migliore è quella più distante al
destinatario, perché probabilmente la norma più distante è la meno efficace, in quanto
probabilmente è la norma che conosce meno bene la realtà a cui essa dee essere applicata, quindi
occorre che la norma abbia in sé un valore di prossimità), che è contenuto nell’articolo 118 della
costituzione, qui si considerano 2 tipi di sussidiarietà:
1) *verticale, rapporto tra le istituzioni (superiori e inferiori) (L’Europa sta sopra perché più
distante, poi lo stato, poi le regioni, poi le provincie autonome…), in relazione alla prossimità
effettiva della norma (ovvero quello più prossimo al destinatario).
La norma deve dunque provenire da quell’organo produttore di norme che sia il più prossimo al
destinatario, tranne che questa prossimità non faccia perdere di efficacia la norma medesima, e in
quel caso dobbiamo allontanare il produttore della norma dal destinatario della stessa. (per
regolare i trasporti pubblici locali il migliore produttore della norma è l’organo preposto ai traffici
locali, perché solo quell’organo può registrare le esigenze che ci sono in quella realtà specifica, ma
se io devo realizzare i trasporti internazionali è evidente che il più prossimo non rende la norma
altrettanto efficace e dovrò di conseguenza allontanarmi, riferendomi allo stato e così via…)
2) orizzontale, rapporto tra cittadini, nel senso che il produttore di norma è posto sullo stesso
grado del destinatario della norma, in questo caso l’articolo 118 ultimo comma consente anche ai
singoli privati oppure alle formazioni sociali (raggruppamento di singoli privati) di produrre norme
giuridiche quando, con queste norme si persegue l’interesse generale, quindi non sempre il
singolo produce norme giuridiche, ma quando il singolo produce una norma che persegue un
interesse generale allo stesso modo di come fa la norma prodotta dal parlamento o dal legislatore
regionale (etc etc) anche il singolo è capace e ha il potere di produrre norme giuridiche che
diventa una fonte del diritto.
“Stato, regione città metropolitane, provincie e comuni, favoriscono. L’autonoma iniziativa dei
cittadini, singoli o associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale sulla base del
principio di sussidiarietà” che non regola più bisogni singoli, ma ora regola anche interessi
generali, il che vuol dire che attraverso ciò si è introdotta un’altra fonte atto del nostro sistema
giuridico.
L’attuale ordinamento, è divenuto un ordinamento complesso in quanto si vuole significare
l’esistenza contemporanea di tante fonti, produttori di norme (massa molto estese di norme),
questa complessità induce a definire delle regole che mettano ordine, può accadere con molta
frequenza che sullo stesso fatto possano interferire diverse norme, su questioni concrete si
possono dunque applicare più norme, questa concomitanza non può però essere ovviamente una
regola di ordine, perché genera comunque disordine, occorre dunque individuare criteri che
risolvano questa sovrapposizione di norme, questi criteri son connaturati ad un ordinamento, è
dunque evidente che questo rischio aumenta molto in presenza di un ordinamento complesso
(molte norme), quindi questi criteri vanno ben conosciuti.
Questi criteri sono:
Criterio della gerarchia: La forza delle norme sia la forza attiva (di imporsi alle norme) che quella
passiva (di resistere alle norme), questa gerarchia dipende innanzitutto da un requisito formale, le
fonti dell’ordinamento sono formalmente identificate dall’ordinamento, attraverso questo dato
formale arriviamo alla collocazione gerarchica (per capire di cosa parliamo), ma oltre questo
elemento formale troviamo anche un dato sostanziale (che abbiamo da quando è stata emanata
la carta costituzionale, in quanto prima gli ordinamenti venivano definiti positivi, con il dato
normativo che era indiscutibile), con il dato positivo che deve avere una ragione d’essere nei valori
della carta costituzionale, se non li ha deve quindi essere messo in discussione.
Quindi la forma gerarchica che sta sopra le altre è la carta costituzionale, dove all’interno una
divisione in due parti che sono connesse tra di loro, nella prima parte sono enunciati i princìpi e le
libertà fondamentali, nella seconda parte viene enunciata la gestione dello stato.
Nel trattato dell’UE viene inserito anche la carta di Nizza (carta dei diritti internazionali dell’UE).
Nella carta Europea dei diritti dell’umo (che non è una carta europea) è un trattato
internazionale, che mette insieme paesi non solo dell’UE, per giunta questa carta ha una sua corte
“corte di Strasburgo” concepita proprio all’interno di questo trattato, questa carta contiene una
serie di principi di libertà fondamentali, diritti che riscontriamo in parte nelle carte fondamentali,
con il trattato di Lisbona (2007) ci viene detto che quando noi applichiamo una norma dobbiamo
tenere conto sia della nostra carta dei diritti ma anche quella internazionale, facendoci registrare
che il processo di avanzamento dell’integrazione dell’UE va avanti, e si dota di alcune norme
fondamentali, quindi dal punto di vista della forma della fonte un trattato internazionale recepito
assume la forma di una legge. La carta costituzionale fa riferimento alle carte dei diritti
fondiamoteli internazionali e alla CEDU, e queste tre fonti sono destinate a collaborare.
Le corti si interrogano tra di loro proprio per evitare che l’interrogazione di una corte possa essere
discordante con quella di un’altra corte (Leale collaborazione). Oggi noi continuiamo ad affermare
che la carta costituzionale è la fonte primaria, ma possiamo dire questo anche perché
l’ordinamento dell’UE sono norme impostate sul principio di competenza, l’UE può legiferare nelle
materie dove ha competenze, non può legiferare su tutto, di conseguenza tutte le norme, hanno
sempre un ambito dettato sulla competenza, per cui residuano una serie di altre questioni che
stanno al di fuori dell’UE, possiamo dunque dire che mentre l’UE ha una matrice mercantile
economica (si occupa di questioni patrimoniali), gli stati hanno un ordinamento a competenza
generale.

Criterio della specialità o materia: Se da un lato dobbiamo fare affidamento alla gerarchia è anche
vero che questo criterio gerarchico da solo non funziona, l’UE ne è l’esempio, le regioni hanno
competenze concorrenti o esclusive a seconda delle materie, le fonti dell’UE sono per la gran parte
fonti primarie (regolamenti e direttive), ma anche a livello nazionale abbiamo delle fonti primarie,
di conseguenza entra in gioco la competenza, con la competenza indichiamo una preferenza,
quindi sono i giudici a valutare se una norma è di competenza dell’UE, competenza che deve
essere concorrente ai principi fondamentali dell’ordinamento dello stato (norme principio dello
stato). Le materie presentano un lato legato alle questioni della persona, ma ne presenta un altro
che presenta risvolti sull’economia della vita delle persone, quindi l’UE che ha come competenza la
tutela dell’economia deve badare anche all’aspetto della salute dell’uomo. Quindi di fronte a fonti
primarie che concorrono devo far prevalere la fonte che proviene dal lato di competenza.
Il parlamento fa la norma principio e il governo la norma regola, il regolamento è una norma
vincolante per tutti, l’UE ricorre alle direttive che sono una norma che si rifà ai principi che spesso
sono conformi con gli organi regolamentari. Le direttive vengono emanate tramite due punti, il
primo si da il principio, rivolgendosi agli stati, nel secondo si da la regola, che viene aggiunta se il
principio non viene applicato. La competenza funziona anche con la direttiva.

Criterio del tempo o cronologico: A parità di ordine una norma successiva prende il posto di quella
precedente ma solo se quella precedente non è superiore per gerarchia o per competenza

Criterio della sussidiarietà: *vedi sussidiarietà verticale. Che ci induce a scegliere per esempio tra
due istituzioni che hanno prodotto una norma sulla stessa situazione (che non abbiano problemi di
tempo, di gerarchia e di competenza).

Sono fonti secondarie i regolamenti interni (come quelli emanati dai governi o dai comuni), come
le consuetudini, che trova la necessità di attuare leggi di cui siamo convinti.
Se un singolo emana una regola di interesse generale, dobbiamo includerla nelle fonti (fonti
dell’autonomia). Quando si stipula un contratto si esercita un principio di autonomia, producendo
non una norma ma un fatto giuridico, il contratto di norma non è una fonte di diritto, ma se quel
contratto persegue un interesse generale non sarà più una fonte fatto ma una fonte atto.
I contratti possono essere suddivisi in due parti:
1) parte economica, dove vengono discusse le caratteristiche economiche di un contratto;
2) parte normativa, dove si parla sui diritti dell’uomo come il diritto allo studio o alla retribuzione,
che deve garantir una vita dignitosa e libera.
Anche l’interesse generale è una clausola generale, quindi il suo significato dobbiamo rinvenirlo
dentro l’ordinamento, guardando per prima cosa i princìpi, individuato il valore primario (quel
valore cha orienta, il valore della persona), quindi c’è un interesse generale là dove si realizzi in
modo primario il valore della persona, che è sempre il fine ultimo.
Se sono un’associazione di volontariato e mi do un regolamento al mezzo del quale realizzo le
prestazioni di assistenza alle persone indigenti piuttosto che agli anziani o agli ammalati, io mi do
una regola di autonomia (i privati che costituiscono un associazioni si danno una regola che non è
una regola qualsiasi ma è una regola che svolge la tutela delle persone, che non sia importante di
quante persone) quindi anche la tutela di una persona è interesse generale.
Ma non tutti gli ordinamenti fanno prevalere questa scelta (USA, Cina, dove il valore primario è
l’idealizzazione dello stato, stato che identifica il valore di tutti e per tutti).
Dobbiamo capire dunque perché una regola è stata fatta e qual è il fine di quella regola, quindi
cercheremo di comprendere il principio primario di quella determinata regola.
Nei primi 5 articoli troviamo diversi principi:
Art. 1 Democraticità;
Art. 2 Solidarietà;
Art. 3 Eguaglianza;
Art. 4 Lavoristico;
Art. 5 Autonomia.
Nella vita familiare o associativa di un partito politico troviamo un principio democratico, come se
questo principio avesse un’unica espressione (diritto al voto), ma noi nel linguaggio comune
facciamo questo abbinamento (democraticità diritto al voto). In questo principio di
democraticità in situazioni ricorrenti non si considera la quantità dei votanti (carattere oggettivo
del principio di democraticità) ma ci si incentrerà sul caso concreto e sul valore della dignità della
persona (dignità variabile da soggetto in soggetto in base alle proprie culture e esperienze).
Il principio espresso nell’articolo due lo troviamo anche nell’economia, perché essendo
l’ordinamento unico implica la connessione e lo dobbiamo legare a tutto, quindi tutti i cittadini
devono rispettare questo principio in tutte le loro attività.
Anche per l’eguaglianza troviamo questa generalità del tema, (il consumatore deve essere tutelato
in maniera diversa rispetto al venditore ((norma speciale)) si parla di economia. Ma entra
comunque in gioco l’eguaglianza)
Nell’articolo quattro troviamo il tema del lavoro, che è un diritto ma anche un dovere, perché se il
valore è la persona di cui è composta la società, l’evoluzione di essa è possibile grazie alle
competenze di tutti, in questa norma c’è anche un’idea di eguaglianza nella differenza umana.

L’articolo 2 si può dividere in due parti, la prima che parla dei diritti dell’uomo, che sono inviolabili,
dove il costituente utilizza dei verbi che ritroviamo anche in altre norme, la repubblica riconosce e
garantisce, con riconoscere intendiamo il riconoscere che preesiste e una volta riconosciuto io
devo tutelare quella determinata situazione, intanto riconosco i diritti inviolabili dell’uomo e grazie
all’ordinamento garantisco la loro tutela, poi la norma aggiunge, che questi diritti sono riconosciuti
e garantiti tanto verso la persona quanto singolo tanto quanto i luoghi in cui la persona svolge le
formazioni sociali, ma con riguardo alla formazione sociale dice, che devono essere luoghi dove si
svolge la personalità dell’uomo, distinguendo l’uomo e la personalità, perché l’uomo non è sempre
lo stesso sia nel rapporto con noi stessi sia nel rapporto con gli altri, con la personalità che si
evolve in considerazioni di più variabili (dato sociale, psicologico), quindi nelle formazioni sociali si
evolve la personalità del singolo, e ci fa capire che la misura di tutela che la costituzione appresta
alla formazione ha come fine quello di tutelare la persona. Nella seconda parte invece si dice che
la repubblica (tutti, istituzioni, cittadini e persone) richiede l’adempimento di doveri inderogabili
(doveri giuridici non morali) di solidarietà economica, politica e sociale (questi doveri sono il
vincolo che rende un “popolo” tale). In una società abbiamo bisogno di questo carattere altruistico
poiché essendo utile agli altri sarà automaticamente utile alla società, e questo aiuterà a a
rafforzare la società.
Giuseppe Dossetti ci dice che nell’Art. 2 troviamo la norma sul minimo vitale (diritti che servono
alla persona per vivere).

Nell’articolo 3 comma 1, quando diciamo “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale (dignità
dell’insieme delle persone, dignità dell’uomo che muta grazie al tempo) e sono eguali dinnanzi alla
legge senza distinzione”
Nel comma 2 invece dice che è compito della repubblica rimuovere gli ostacoli con lo scopo di non
impedire il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva (norma che deve cogliere nel segno e
deve avere effetto) partecipazione di tutti i lavoratori (rivolto a chiunque contribuisca allo sviluppo
della nostra convivenza civile) alle organizzazioni politiche, economiche e sociali del paese.

Ogni norma regola, deve avere come riferimento almeno una norma principio, anche il principio di
democraticità, non è più soltanto una modalità procedimentale per assumere una decisione, ma
rispettare il principio democratico vuol dire anche rispetto del valore della persona, nella fonte il
partito politico è un’associazione, ma il ruolo del partito per quanto sia il ruolo di un’associazione è
un ruolo specifico nell’assetto del nostro pianeta, per mezzo di questo si forma la politica
nazionale, diventando connessione tra base popolare di un paese e dimensione istituzionale, se in
un’associazione si pone il problema di espellere un componente, di fronte al caso pratico bisogna
chiedere perché si pone il problema di questa espulsione (giudizio di merito) e bisogna prescindere
da dato formale, e se prevale l’impostazione formale, il partito anziché essere “elaborazione
critica” diventa il luogo in cui si formano dei pensieri monoliti (si pensa a ciò che dicono i più e gli
altri devono acconsentire), trasformando la funzione di uno strumento ad un qualcosa di
totalmente opposto, e questo principio di democraticità deve essere calibrato su quello che la
costituzione esprime (libertà della persona che può coincidere con la dignità dell’uomo art. 3), con
la dignità dell’uomo che è a fondamento della nostra carta costituzionale, dignità che è il prodotto
di noi stessi, producendo un concetto di dignità che varia. C’è sempre un binomio tra dignità e
lavoro (art. 4) con il concetto di dignità che diventa un concetto di autosufficienza. Quando
parliamo di diritto del lavoro io ho la pretesa di lavorare, ma nella costituzione il diritto a scegliere
un’attività lavorativa coincide con il diritto che presuppone un merito, una conquista, dettata
dall’opportunità che la repubblica deve riconoscere a tutti, tutti nella stessa condizione di avere
una chance lavorativa.
Il diritto non è più un fine, ma uno strumento di cui di avvale lo stato per realizzare lo stato sociale
della vita degli individui.
Art.32 si incentra sulla salute come diritto individuale ma soprattutto come diritto sociale in
quanto il benessere del singolo è utile alla società;
Art.34 “la scuola garantisce l’istruzione a tutti gli individui presenti sul territorio della repubblica”
ma nel comma 2 si afferma che l’istruzione è obbligatoria per 8 anni scolastici in quanto
l’istruzione è obbligatoria per i cittadini che partecipano alla vita sociale della repubblica.

Lo stato di diritto è uno stato fondato su regole giuridiche mentre lo stato sociale di diritto afferma
che lo stato attraverso queste regole, imposte dal diritto, regola la società all’interno della quale
vivono gli individui.

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