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La deontologia tra responsabilita disciplinare e rapporti con gli utenti

Valeria FAZIO (sost. presso Procura Repubblica Genova)

ORGANIZZAZIONI E DEONTOLOGIA.
Il tema che mi stato assegnato mette in connessione, con riferimento alla organizzazione
giudiziaria, il sistema disciplinare, il sistema deontologico e (servizio allutenza) i risultati
dellorganizzazione.
La scelta del tema evidenzia la consapevolezza del fatto che la giustizia , prima di tutto, una
organizzazione e mi induce a sottolineare, in apertura, i rapporti esistenti tra organizzazione e
deontologia.
Il mio esame sara necessariamente schematico e poco motivato.
Mi interessa pero fornirvi una lettura delle questioni deontologiche che privilegi un punto di
vista particolare: quello di guarda al sistema giustizia inteso come struttura organizzata, mettendo
volutamente da parte (al fine di semplificare il ragionamento) le tante particolarita che lo
rendono unico.
Il sistema giustizia , infatti, una organizzazione complessa, che produce beni e fornisce servizi
interni (ai suoi appartenenti: il posto di lavoro, le gratificazioni ) ed esterni (il servizio allutenza
del titolo).
Lefficienza complessiva della nostra organizzazione scarsa, considerata (ancora piu scarsa),
e cio pone non pochi problemi di motivazione agli addetti.
E evidente che il livello di efficienza del sistema dipende dalla quantita di risorse che
vengono investite. Ma crescente la nostra consapevolezza che l efficacia abbia anche a che
fare con la nostra capacita di utilizzare al meglio le risorse.
Utilizzare al meglio le risorse, da parte di un magistrato, significa due cose insieme: fornire agli
utenti il servizio cui preposta listituzione, nel rispetto di tutte le regole che disciplinano
listituzione.
Lefficienza di un sistema, ed anche del sistema giustizia, ha tra gli altri- come presupposto (non
sufficiente, ma necessario) la condivisione dei valori che concernono sia la realizzazione del
prodotto (qualita e quantita), sia le modalita (le regole) della produzione: la condivisione di
alcuni imprescindibili valori il cemento di ogni struttura; il livello di tale condivisione influenza
lefficienza della struttura.
Un intervento sullefficacia del servizio giustizia non solo sollecita una assunzione di
consapevolezza circa le interazioni esistenti tra condivisione di valori ed efficienza, ma anche
rende piu urgente intervenire per incrementare la condivisione. Nasce quindi una nuova
attenzione per le iniziative idonee per diffondere, aggiornare ed incrementare quella tavola dei
valori che costituisce il tessuto connettivo della nostra organizzazione: sede privilegiata di
questo lavoro la formazione professionale.
E poich i valori, per essere condivisi, devono essere ricercati insieme, la formazione in materia
non potra che essere autoformazione.

DEONTOLOGIA E SISTEMA DISCIPLINARE.


La somma dei valori necessari per incrementare lefficienza di un sistema, proprio per essere
efficaci, non possono essere tendenzialmente - frutto di imposizione.
Questa ovvia premessa ci fa da guida nella ricognizione del rapporto che esiste tra regole
disciplinari e prescrizioni deontologiche.
Piu stretto il rapporto tra regole disciplinari e deontologia, piu efficiente appare la capacita di
prevenzione di un ordinamento disciplinare.
Questo dato suggerisce alcune osservazioni:
a) bene che la deontologia sia il terreno da cui nasce la regola disciplinare, che cosi
appare legittimata
b) la regola disciplinare interverra per tutelare i valori piu importanti e piu consolidati;
c) il cambiamento/aggiornamento delle regole disciplinari (per tutelare nuovi valori) avverra
attraverso levoluzione della deontologia e cio dei valori condivisi dal gruppo.
Una interazione, quindi, che va dalla deontologia alla disciplina.
Segnalo ancora che le scelte tecnico-giuridiche del legislatore disciplinare influiscono sulla tale
interazione:
- un sistema che sceglie la tassativita degli illeciti disciplinari e che non prevede clausole di
chiusura puo rendere piu anelastico il rapporto;
- la descrizione delle fattispecie, nella sua maggiore o minore specificita, attribuisce un
rilievo piu o meno significativo alle regole deontologiche come fonte interpretativa in
sede applicativa.
Al proposito, mi pare che la sentenza della Corte Cost. n. 100/1981 (che aveva dichiarata non
fondata la questione di legittimita sollevata in merito allart. 18 L. 1946 n. 511 per omessa
tipicizzazione dellillecito disciplinare) abbia
valorizzato convintamene linterazione tra
deontologia/disciplina, spingendosi ad ipotizzare un tasso necessario di atipicita delle regole
disciplinari.
Altre scelte normative possono contribuire a mantenere assai prossimi i piani disciplinare e
deontologico: lirrilevanza del fatto e la facoltativita dellazione disciplinare.
E evidente che il primo istituto consente di non applicare il precetto disciplinare a fattispecie per
le quali, pur in presenza della violazione della norma, valutazioni dordine diverso
suggeriscono di soprassedere: qui intervengono normalmente ulteriori valori condivisi, scartati
dalla norma scritta.
La facoltativita dellazione disciplinare, a sua volta, puo veicolare interessi diversi da quelli
che hanno dettato la prescrizione disciplinare; la mancanza di qualsiasi criterio per indirizzare
tale discrezionalit (nell irrilevanza la regola la minima offensivita della condotta) puo rendere
poco trasparente loperazione.

IL CODICE DEONTOLOGICO ADOTTATO DALLANM.


LA DEONTOLOGIA COME INSIEME DINAMICO DI VALORI.
Lart. 58 bis del decreto legislativo 29/93 (introdotto dal D. L.vo 546/93) prevede che la
formulazione del codice etico spetti allANM e, in caso di inerzia, al CSM.
Tale norma ha fatto delle scelte significative:
- ha previsto una scrittura di norme deontologiche che evidentemente reputava gia
presenti nellorganizzazione;
- ha imposto una emersione di tali parametri etici e quindi ha innescato una accelerazione
della presa di coscienza;
- ha legittimato, forse come mai prima, lANM e ne ha riconosciuto la sua
rappresentativita;
- nel chiamare in causa il CSM solo in caso di inerzia dellAssociazione, ha sottolineato
lintento di cercare le regole piu condivise, come garanzia di efficacia delle stesse.
Ma lelaborazione del codice etico ha costituito effettivamente soltanto una operazione di
maieutica? LANM si limitata, insomma, ad estrarre dal comune sentire dei magistrati quello
che gia cera?
Non credo: sono anzi convinta che l operazione di redazione del codice abbia imposto una
selezione dei valori, e lindividuazione di una gerarchia tra gli stessi.
In ogni organizzazione convivono molti valori, che possono in alcuni casi configgere tra di loro.
LANM ha dovuto operare un bilanciamento tra questi, e lo ha fatto interpretando la la
sensibilita collettiva dei magistrati nei confronti dei beni costituzionalmente protetti.
Nello Rossi cosi ha scritto, a proposito della redazione del codice etico da parte dellANM: le
regole devono nascere da una fedele operazione di registrazione di norme di comportamento e di
valori culturali e professionali gia presenti ed ampiamente condivisi, e non da imposizioni
dallesterno o da impostazioni ideali di questa o quella area culturale della magistratura.
Le parole fedele registrazione non devono indurre in inganno.
Le massime deontologiche sono regole sul dover essere, e non prese datto dell essere.
Quindi, quando si afferma che le regole codificate dallANM sono ampiamente condivise, non
si vuol dire che tali regole siano uniformemente praticate.
Cio dovuto non tanto ad un banale predicare bene e razzolare male, quanto ad un
meccanismo piu sottile: in ciascuno di noi presente un catalogo dei valori, allinterno del
quale si colloca una personale graduatoria di beni etici, che non necessariamente corrisponde
alla scelta, alle priorita ed ai bilanciamenti che il codice deontologico varato dallANM ha
sancito.
Se il mio valore spirito di colleganza pesa di piu del valore giusta valutazione della
professionalit, il mio parere sul collega uditore non sara obiettivo come prescrive il codice
deontologico.
Se leggo il mio valore indipendenza in modo ipertrofico, non apprezzero piu di tanto le
riunioni di sezione per confrontare la giurisprudenza; e puo succedermi di non essere totalmente
consapevole che lorganizzazione di lavoro che mi sono data crea inutili disagi al cittadino (art.
11, 1 c. codice etico ANM): potro valutare inevitabili i disagi per lutenza che eventualmente
ne conseguano, mentre lorganizzazione che si data il collega della stanza accanto puo
dimostrarmi che gli stessi disagi sono, in realta, del tutto evitabili.

Ragionare tra magistrati sulla deontologia sempre una operazione dinamica, fonte di
potenziale cambiamento: perche significa confrontare la propria personale tabella dei valori
(quella praticata nel lavoro di ufficio) con quelle altrui; significa prendere coscienza di quanto il
proprio modo di lavorare incida sullutenza; significa capire come loperato del singolo si
inserisca nel procedimento complessivo e quale ne sia il risultato (es: la scelta isolata dei sostituti
di una procura circa le priorita nella trattazione degli affari, che puo dar luogo a dissonanze
incomprensibili per lutenza).
Il risultato di questo lavoro collettivo, di questo ragionare insieme, di questa autoformazione
puo portare a mutamenti delle tabelle dei valori del singolo e del gruppo.

DEONTOLOGIA E SERVIZIO RESO ALLUTENZA:


- LA DEONTOLOGIA COME
STRUMENTO PRIVILEGIATO PER UNA
AUTORIFORMA SUL PIANO DELLEFFICACIA
- LE VALUTAZIONI PROFESSIONALI COME STRUMENTO INDISPENSABILE PER
L EFFETTIVITA DELLE PRESCRIZIONI DEONTOLOGICHE.
Torno allosservazione iniziale: in una stagione difficile, in cui la consapevolezza della scarsa
efficienza del sistema giustizia sempre piu diffusa allinterno ed allesterno della magistratura,
lo stato danimo predominante rischia di essere quello della demotivazione e del senso di
impotenza: soprattutto perche linefficienza di cui parliamo spesso pare indipendente
dallimpegno personale che ciascuno di noi.
E allora naturale che lattenzione di chi ragiona sulla deontologia e sulla organizzazione si
incentri sempre di piu su quelle regole del dover essere che hanno ad oggetto il modo di
lavorare concreto dei magistrati, su quelle prassi ed interazioni tra singoli ed uffici che
riverberano effetti sulla efficacia e sulla qualita complessiva del servizio.
Tutte le prescrizioni deontologiche riguardano i diritti dei cittadini, a cominciare da quelle su
indipendenza e terzieta: ma nella consapevolezza diffusa dei magistrati si stanno facendo strada
altri valori ed altre regole, che attengono al modo di stare dentro lorganizzazione ed alla
qualita del servizio fornito alla collettivita.
Nel codice deontologico dellANM sono gia presenti regole che direttamente toccano questo
piano:
- lart. 2 che prescrive un comportamento disponibile nei rapporti con i cittadini;
- lart. 4 che sollecita il magistrato ad evitare ogni forma di spreco o di cattiva
utilizzazione delle risorse, nel perseguimento di obiettivi di efficienza;
- lart. 10 che raccomanda al magistrato di rispettare e riconoscere il ruolo di tutti i
collaboratori;
- lart. 11 che invita ad evitare gli inutili disagi di cui ho gia parlato;
- lart. 12 che invita il giudice a garantire alle parti la possibilita di svolgere pienamente il
proprio ruolo, anche prendendo in considerazione le loro esigenze pratiche;
- lart. 14 che sollecita il dirigente a curare lutilizzo delle risorse in modo da ottenere il
miglior risultato possibile, ad assumere i provvedimenti necessari per evitare disservizi, a
sollecitare pareri sulle questioni dellufficio da parte di tutti i magistrati e, se del caso, degli
avvocati.

Non troveremo invece e non a caso- analoghi e cosi diretti riferimenti al tema se spostiamo la
nostra attenzione sul piano dellordinamento disciplinare: un fatto che (cosi Ichino e De
Ruggiero in QG 1994 Codice etico dei magistrati) esiste un territorio assai ampio in cui le
condotte non sono regolate dai codici di procedura e si sottraggono anche a valutazioni disciplinari;
vi una trama di prassi che caratterizza, accanto al tessuto normativo, il concreto funzionamento
del sistema.
Esaminando, infatti, il decreto legislativo 2006/109, verificheremo che gli illeciti disciplinari
previsti toccano il terreno dell efficienza solo in negativo, e cio per sanzionare
comportamenti marcatamente gravi; ne sono esempio, all art. 2, le lettere D) (comportamenti
abitualmente o gravemente scorretti nei confronti di chiunque abbia rapporti col magistrato), . Q)
(il reiterato, grave e ingiustificato ritardo nel compimento degli atti relativi allesercizio delle
funzioni), R) (il sottrarsi in modo abituale ed ingiustificato allattivita di servizio).
Il dato fisiologico: proprio di un sistema disciplinare equilibrato intervenire solo al di sopra di
una certa soglia di compromissione dei valori tutelati: lefficienza non si ottiene minacciando
sanzioni .
Insomma, dobbiamo cercare altrove gli strumenti che potranno contribuire a rendere effettive le
regole del dover essere in materia di qualita del servizio e buona organizzazione.
A questo proposito, da sottolineare subito, e con forza, una regola (ma una ben ovvia regola)
che vale per qualsiasi organizzazione: il sistema delle promozioni e della carriera uno strumento
estremamente forte di diffusione e di rafforzamento dei valori effettivi riconosciuti allinterno
dellorganizzazione stessa.
Per accertare quali sono, realmente, i beni riconosciuti allinterno di una struttura, basta
verificare le qualita e le attitudini che vengono premiate dai meccanismi di carriera in atto.
Sul piano dellattuale sistema di promozioni, voglio solo evidenziare due notazioni dordine
generale.
Una carriera che privilegia soprattutto la regola dellanzianita tende a tutelare essenzialmente il
valore dellindipendenza interna, ma si pone come indifferente rispetto ad altri valori (compreso
quello dellefficienza organizzativa), e quindi tendenzialmente rischia di disincentivare una
professionalita attenta al risultato per lutenza.
Il nostro sistema di autogoverno sta vivendo una fase di delicata transizione: diminuire il peso
dellanzianita nelle scelte dei dirigenti e valorizzare lattitudine dirigenziale significa premiare
certi atteggiamenti professionali e disapprovarne altri, e quindi scegliere un quadro di valori di
riferimento, a preferenza di altri possibili.
Sotto questo profilo, un
documento molto interessante costituito dal disegno di legge
governativo sullordinamento giudiziario (attualmente allesame del Senato), nella parte dedicata
alla valutazione della professionalita.
Il progetto contiene una serie assai articolata di criteri di valutazione (art. 11) che dovranno
costituire i parametri cui dovra attenersi il CSM in tutte le sue decisioni in materia di carriera dei
magistrati.
Il testo evidenzia una matura consapevolezza dellessere il settore giudiziario una organizzazione
complessa, caratterizzata da inscindibili interazioni tra risorse personali e materiali.
Sottolineo, in particolare, i seguenti punti:
- i criteri sono disegnati in modo da valorizzare tutte le funzioni, rispettandone la specificita;

- il concetto di laboriosita tende a superare una visione isolata del lavoro e privilegia la
collaborazione allinterno dellufficio;
- il parametro dell impegno, soprattutto, viene caratterizzato da contenuti nuovi, che
comprendono le nuove virtu del magistrato, quali la partecipazione ai corsi di formazione, la
flessibilita, la capacita di risolvere problemi organizzativi, la disponibilita ad instaurare buone
prassi;
- viene individuato un nuovo profilo di professionalita, lattitudine alla dirigenza, i cui contenuti
sono individuati nella capacita di organizzarsi, di programmare, di motivare e coordinare i
collaboratori, di essere flessibili, di rispettare lautonomia dei magistrati;
- viene calibrata la valutazione in relazione al contesto, cio alla quantita di risorse a
disposizione ed alle condizioni di partenza dellufficio.
La tecnica legislativa scelta appare diretta ad individuare i segnali e le tracce significative che
consentano di apprezzare, oltre alla correttezza ed alla qualit tecnica del nostro lavoro, anche la
nostra capacita di stare nellorganizzazione in modo efficiente.
Linnovazione piu significativa si coglie laddove il progetto individua il buon magistrato ed il
buon dirigente non solo sulla base della sapienza giuridica e della laboriosita individuale, ma
anche tenendo conto delle attitudini relazionali, della duttilita e delle abilita innovative.
E evidente che questo testo propone una sfida al nostro autogoverno ed a tutti noi: fornisce nuovi
strumenti valutativi, mette a disposizione una piu articolata unit di misura, per contare ci
che, sino ad ora, risultato arduamente misurabile, e talvolta malamente misurato: lobiettivo, in
poche parole, superare le tentazioni corporative ed i limiti di una gestione paternalistica della
valutazioni professionali.
Questi parametri normativi non nascono dal nulla: sono il frutto di una elaborazione da anni in
corso nella magistratura, proprio allinterno del dibattito sul come stare negli uffici, e quindi
sulle regole deontologiche, che ha dato vita al codice etico formulato dallANM.
In nuce, le nuove qualit del magistrato e del dirigente sono gia scritte nel nostro codice etico
(la disponibilita, il buon utilizzo delle risorse, lintervento sui disservizi).
Le circolari del CSM sui pareri costituiscono un significativo precedente.
Ma il progetto di riforma dellordinamento approfondisce ancora, coniugando le regole
deontologiche con le esigenze organizzative; e, soprattutto, individuando un potente strumento
per trasformare tali prescrizioni sul dover essere, gia ampiamente (ma forse non totalmente)
condivise, in comportamenti effettivi.
E evidente, infatti, che se i parametri di valutazione indicati nel disegno di legge sapranno
diventare i criteri decisivi per le valutazioni, per le promozioni, per le scelte dei dirigenti, il lavoro
valutativo di Consigli Giudiziari e CSM costituir uno strumento formidabile (molto piu di
qualsiasi apparato disciplinare) per rendere effettivi i valori deontologici di cui stiamo trattando.
Insomma, si rafforzera un virtuoso fenomeno circolare (dal dibattito interno sulla deontologia e
dal codice etico dellAssociazione alle valutazioni di professionalita del nostro autogoverno, e da
qui alla pratica quotidiana dei tribunali), si instaurera un processo dinamico, potenzialmente
creatore di piu elevati standards professionali e deontologici.

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