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Filosofia del diritto II

26-03 pomeriggio

R. Alexy : Concetto e validità del diritto.

Parliamo sempre di ordinamento giuridico, validità, egualità, giustizia, efficacia però dobbiamo cogliere il
senso attraverso il quale si richiamano gli stessi concetti.

Parliamo di un autore contemporaneo R. Alexy, come contemporaneo Peces-Barba, ha insegnato


nell'Università di Kien dove ha insegnato anche Radbruck, perciò la sua attenzione a quella formula di
Radbruck che guiderà l'analisi della prima parte del testo .

Il titolo : '' Concetto e validità del diritto ''.


Ora noi quando parliamo di concetto non lo teniamo distinto tra il perché e il a che scopo, come fa Peces-
Barba, ma che deve, a suo malgrado, di un passaggio che tende insieme le due dimensioni fondendole
nella funzione del concetto come perimetro all'interno del individuare queste due dimensioni.

Quindi parliamo del concetto di dirittto come un concetto complesso che è costituito da più elementi
concettuali, da altri concetti cioè quali sono i concetti che concorrono a definire il concetto di diritto.

Avvertenza terminiologica, tanto rispetto al testo tanto a quello che è stato letto fino adesso nelle pagine di
Peces-Barba.

L'opposizione giusnaturalismo e giuspositivismo viene individuata attraverso termini che non sono identici.
( e Perché )

Ad esempio il riferimento da una parte, ad un concetto positivistico del diritto, e fin qui nessuna
differenza, nulla quastio e quindi quando Alexy parla di concetto positivistico del diritto fa riferimento alle
posizioni giuspositivistiche che abbiamo visto nel corso di queste lezioni richiamo frequente a Kelsen,
perché Kelsen è il giuspositivista più rigorosa che ci sia, nel senso che ha portato alle estreme conseguenze
il processo di positivizzazione del diritto e cosi come abbiamo visto in Peces-Barba non possiamo collocare
tra i riduzionismi propri pratici ma lo collochiamo nei riduzionismi teorici del giuspositivismo, cioè Kelsen è
un riduzionista, anzi è un negazionista del diritto perché dà al diritto positivo di porre eventualmente dei
diritti soggetttivi .

Quindi non siamo, come Peces-Barba, fa all'interno di un riduzionismo positivistico pratico, cioè improprio
ma siamo all'interno di un riduzionismo giuspositivismo proprio perchè teorico.
Gli elementi che conoscete per individuare concetto positivista del diritto li ritroveremo nelle pagine di
Alexy.
Quando invece parliamo di un concetto diverso da quello giuspositivistico non parliamo di un concetto
giusnaturalistico ma parliamo di un concetto non positivistico.

Quindi si oppongono concetti giuspositivisti e non positivistici, si oppongono teorie positivistiche a teorie
non positivistiche perché questa definizione in negativo, non in positivo.

Si dice che questo concetto non è positivistico, non si dice che questo concetto è giusnaturalistico ma si
dice che non, da qui definizione negativa, non è positivistico .

- Perché si sfuma questo contrasto tra teorie giuspositivistiche e teorie che non sono più giusnaturalistiche
ma sono non positiviste ?
Perchè secondo Alexy, il giusnaturalismo è la posizione più radicale e quindi estrema del non positivismo,
vale a dire che le dottrine giusnaturaliste sono dottrine che hanno alle estreme conseguenze il concetto
non positivistico di diritto .

Parleremo, in qualche piega dell'analisi, di giusnaturalismo, cioè concetto giusnaturalistico di diritto ma lo


collochiamo sul limite più rigoroso, anzi rigido delle dottrine non positiviste.

Se stiamo all'estremo del giuspositivismo, cioè concetto positivistico di diritto ovviamente collochiamo
Kelsen, se stiamo all'altro estremo, quello del concetto non positivistico di diritto collochiamo le dottrine
giusnaturalistiche, via via ci avviciniamo verso il punto in comune abbiamo teorie che cercano punti di
contatto tra un concetto e l'altro, cioè in qualche modo di comprendere le posizioni delle teorie con cui si
confrontano.

Non parliamo più di concetto giusnaturalistico ma non postivistico; lo ritroviamo questo concetto soltanto
in posizioni radicali, assolute che diventano problematiche per un concetto di diritto che sia capace di
mostrarsi adeguato alla contemporaneità sia sul piano della teoria sia sul piano della prassi.

Non è un caso che il testo si apra con il riferimento con due sentenze, proprio perchè l'autore vuole
verificare l'efficacia di questi concetti non tanto sul concetto non positivistico di diritto quanto di quello
positivistico.

Inizierei a guardare qualche passaggio soprattutto a queste sentenze che ho accennato perchè l'autore
vuole darle una norma fondamentale cioè qual'è la natura del diritto, o meglio qual'è il concetto di diritto,
perché nel titolo questo termine Concetto è sposato con quello della validità?

Perché il problema della validità non è un problema meramente teorico, non è una mera squisizione
epistemologica, filosofica ha importanti conseguenze anche sulla prassi .
Partiamo da quelle teorie giusnaturalistiche che dicono che il diritto naturale, Peces-Barba accoglie queste
teorie sopratutto nel giusnaturalismo deontologico, questo diritto si deve porre in una posizione
sovraordinazione rispetto al diritto positive e quindi sono norme sovrapositive che ispirano la produzione
del diritto positivo.

Il problema sorge quando le norme di diritto positivo non si conformano a quelle di diritto naturale .

Allora dal punto di vista del giusnaturalismo, che collochiamo sul limite estremo del non positivismo una
norma diritto positivo che non si conforma al diritto naturale perde la sua validità.

Che significa perde la sua validità?

E' un problema meramente teorico o un problema che si riflette nella prassi ?


Il problema della validità è un problema importante, sebbene sia un concetto che noi collochiamo
innnanzitutto in una dimensione formale, abbiamo detto con Kelsen la validità è l'esistenza formale della
norma.

Però se vediamo insieme validità ed esistenza, l'esistenza di una norma e la sua validitàallora cosa accade;
una norma viene ad esistenza e quindi cosa chiede?

Chiede di essere rispettata, applicata, obbedita ( perché obbedire ? )

Quindi se noi ci interroghiamo intorno alla validità non stiamo ponendo un problema meramente teorico
ma ci stiamo chiedendo se quella norma, poiche non si conforma al diritto naturale, non deve essere
obbedita, con tutte le conseguenze del caso e facendo riferimento soprattutto alle due classi dei
destinatari della prescrizione normativa che sono gli operatori del diritto, essenzialmente il giudice,
dall'altra parte l'uomo comune, della strada. Perciò l'importanza della validità .
Perché la validità, dirà in un passaggio Alexy, porta con se la chance di efficacia, una norma che viene ad
esistenza può diventare efficace altrimenti non avrebbe senso porre in essere una norma che si sa già
inefficace.

Quando abbiamo parlato del rapporto tra Necessità e possibilità ci sono norme che chiedono l'impossibile,
come nellla prospettiva di Fuller, sono inutili perché non ha senso chiedere qualcosa di inutile al
destinatario perché non è in grado di rispettare quella norma.
Ci poniamo questioni che anche se in termine non ricorre che riguardano la giustizia, cioè il valore del
diritto .
Il termine non ricorre, ma ricorre un altro termine che dice la stessa cosa, è equivalente dal punto di vista
del senso. Di cosa parliamo ? Della dimensione morale del diritto .

Quando abbiamo letto il testo di Peces-Barba siamo partiti proprio da lì: esigenza morale che si fa politica e
che diventa giuridica.

Guarderemo al tipo di relazione, seuna relazione c'è, della morale del diritto.
Non troveremmo l'espressione di '' diritti fondamentali'' però quando parliamo della legge
intollerabilmente ingiusta che non èpuò essere obbedita ne dal giudice ne dal destinatario;

destinatario proprio perché non ha la forza di opporsi ed è costretto ad obbedire e per lui sicuramente
dipende .

Quando c'è una '' legge intollerabilmente ingiusta'' e che cos'è, se non una legge che viola i bisogni
fondamentali dell'uomo, che ha dimenticato che l'ordinamento deve riconoscere e garantire quella
esigenza valoriale di uguaglianza, libertà, che abbiamo visto essere valori fondamentali nella prospettiva di
Peces-Barba.

Quindi è vero non troveremmo un riferimento ai diritti fondamentali ma parliamo della medesima cosa
quando ci riferiamo a leggi che sono insostenibili, dal punto di vista di un concetto minimo della giustizia,
perchè sono leggi che violano i bisogni fondamentali dell'uomo e quindi la dignità dell'uomo. Il senso
dell'indagine è il medesimo.

PAUSA

Il problema del giuspositivismo giuridico, quindi il concetto positivistico di diritto, dirà Alexy, è un ''
concetto problematico'' e che chiede di essere compreso.

Il vero problema è dal suo punto di vista il concetto non positivismo del diritto, già il titolo svela la posizione
di Alexy, cioè propende per un concetto non positivistico di diritto.

Su che piano inizia l'indagine ?

Sul problema del rapporto tra diritto e morale.


Il secondo capitolo dei lineamenti della dottrina pura del diritto porta proprio a questo titolo ed è qui che si
gioca la partita tra la possibilie definizione di un concetto di diritto nella prospettiva giuspositivistica e la
possibilie definizione del concetto di diritto nella prospettiva non giuspositivistica.

Problema della connessione o della separazione tra diritto e morale.

Posizione giuspositivistica non vi è una connessione tra diritto e morale, quindi il concetto giuspositivistico
di diritto propende per una tesi della separazione, cioè diritto e e morale devono tenersi distinti, ha detto
che sono due dimensioni diverse della normatività e non possiamo pretendere che ci sia una rapporto di
reciproca interazione.

Dal punto di vista del concetto non positivistico del diritto vale la tesi della connessione .

La tesi della connessione vede un legame concettualmente necessario tra diritto e morale.

Cosa significa Concettualmente necessario ?

Non possiamo definire il concetto di diritto escludendo l'elemento morale, cioè abbiamo bisogno per
definire il concetto di diritto di includere l'elemento morale perciò la tesi della connsessione tra diritto e
morale.

Concettualmente necessario, aggiunta indispensabile perché se noi presentiamo concetto di diritto che non
presenti l'elemento della morale siamo di fronte ad un concetto inadeguato, amputato da una parte
necessaria; quindi perché si possa definire concetto di diritto in prospettiva non positivistica abbiamo
bisogno, da qui la necessità, di includere l'elemento morale.

Un bisogno che è necessità non vi è nella prospettiva giuspositivistica.

Questa è la premessa da qui l'autore parte.

Pag. 3 libro

Tutte le teorie positivistiche sostengono la ''tesi della separazione''.

Secondo tale tesi, la definizione del concetto di diritto non deve includere elementi morali.
Vale a dire che tutti gli elementi morali devono essere eliminati dal concetto di diritto; quindi non è che
abbiamo la possibilità che l'elemento morale sia presente, diciamo piuttosto che l'elemento morale non
deve essere presente.

La tesi della separazione presuppone l'inesistenza di una connessione concettualmente necessaria tra il
diritto e morale, tra ciò che il diritto impone e cio che la giustizia esige,

il diritto impone, la giustizia esige perchè radicata nell'uomo.

Dibattito che dura da secoli il senso della connessione tra morale e diritto.

Il diritto impone perché c'è l'atto di volontà che dà senso ad una norma giuridica, invece è dalla coscienza di
ognuno che si muove il senso di giustizia, tanto è vero che la legge giusta è scritta nel cuore degli uomini.
Pag. 4

ovvero tra il diritto come è e come deve essere.

Alexy non proponde per il concetto giuspositivista di diritto, però ha un grandissimo rispetto per il pensiero
di Kelsen, anzi utilizzerà la norma fondamentale di Kelsen, ad uno scontro della dottrina pura del diritto
anche falsando il pensiero di Kelsen.

Un grande del positivismo giuridico, H. Kelsen, ha compendiato la tesi nella formula:

il diritto può quindi avere qualunque contenuto.

Cosa dice qui: il diritto come è e come deve essere . Kelsen dice '' che dovrebbe essere ''.

Che tensione individuamo qui.

Il diritto come è è il diritto vigente, il diritto che esiste .

Il diritto come deve essere o come dovrebbe essere è il diritto come si vorrebbe che fosse, cioè che deve
uniformarsi a quel diritto sovrapositivo, che è il diritto naturale e che ha la pretesa di essere il diritto giusto
per eccellenza, quel diritto naturale che, nel pensiero di Kelsen, è pensato come dirittto equivalente
all'insieme delle norme morali che regolano la vita dell'individuo.

Cosa significa che il diritto può avere qualunque contenuto?

Partite dall'esclusione del contenuto morale, non c'è una relazione con il diritto sovrapositivo,

il legislatore non ha limiti e quindi nella normazione non vi è un contenuto che preesiste logicamente e
cronologicamente, che cosa vi ricorda questo ?

Diritti naturali preesistono, vengono prima rispetto al diritto positivio e questo cosa vuol dire?

Se vi sono dei diritti che precedono il diritto positivo, il legislatore si trova di fronte a dei diritti che non solo
deve riconoscere e gar alla sua attività di normazione .
Invece nella prospettiva giuspositivistica sgomberato il campo da questi diritti, Kelsen è un giuspositivista
teorico, eliminato qualsiasi riferimento a questi diritti non ha limiti avendo il principio nella giuridificazione,
cioè può porre qualsiasi tipo di norma anche es. leggi razziali la lelle intollerabilmente ingiusta, cioè che
viola i diritti fondamentali dell'uomo, perciò questa è una conseguenza della tesi della separazione, se noi
separiamo il diritto dalla morale, se diciamo che il diritto è il diritto esistente, posto da atti di volontà.

Se è questo oggetto di studio allora questo diritto può avere qualsiasi contenuto, quindi noi non
utilezzeremo criterio morale per dire l'ordinamento della Germania nazionasocialista non è diritto, quello è
diritto. L'ordinamento giuridico di sistemi totalitari, come la Russia di Stalin, ogni ordinamento che viola
anche e non soltanto i diritti fondamentali dell'uomo è diritto.
Il concetto di diritto coincide con l'ordinamento giuridico esistente anche se indifferente ai bisogni
fondamentali; da qui la tesi che presuppone l'inesistenza di una connessione concettualmente necessaria
tra diritto e morale.
La morale viene messa completamente da parte, Kelsen dirà quel relativismo etico che ritroveremo nelle
pagine di Alexy, quell'individualismo etico che usava Kelsen io posso dire quella che è la mia giustizia,
sostiene questa impostazione perché la morale non può è oggetto di studio della scienza del diritto perché
la morale non può essere adesa nel concetto del diritto.

Pag. 3 Ult. Par.

Di conseguenza, al concetto positivistico di diritto non restano che due elementi definitori.

Per definire il concetto di diritto abbiamo bisogno di due elementi.

La positività autoritativa o conforme all'ordinamento

Dicono che cosa? La validità formale.


Positività autoritativa, cioè il diritto è posto da un atto di volontà, cioè da colui che ha l'autorità di porre il
diritto.

Conforme all'ordinamento, quando la norma è valida?

Quando è conforme alla norma di rango superiore, cioè quando è stata prodotta in conformità alle
procedure previste nell'ordinamento ed è stata posta .

Queste due espressioni '' positività autoritativa o conforme all'ordinamento '' dicono della validità formale
della singola norma giuridica, sistema di norme come un sistema giuridico.

Efficacia sociale, perché ha senso questo aggettivo?

Perchè quando parliamo di efficacia abbiamo corrispondenza nella realtà, vita sociale, nel fatto che il diritto
vigente si faccia vivente.

Ci sono teorie che danno un peso diverso ad un elemento o ad un altro, elemento dell'efficacia o validità;
una qualche sorta di giustezza materiale non gioca alcun ruolo .

Giustezza materiale non troviamo il termine giustizia.

Possiamo distinguere tra la giustizia come ideale, una giustizia con la G maiuscola, quella giustizia a cui
fanno riferimento quali teorie...giusnaturalismo, giustizia sovrapositiva perché si pone al di sopra degli atti
di volontà propri del diritto positivo quindi giustizia ideale e una giustezza materiale, cioè quella giustizia
che si fa tutti i giorni amministrata nelle aule dei tribunali e quindi quella giustizia con la g minuscola. E'
materiale perché esplicazione del diritto, quindi sicuramente una giustizia che non ha la pretesa di valere
sempre, come fa il giusnaturalismo che comunque si infila in poi e non riesce ad uscirne. Perciò un
concetto non giusnaturalistico, perché cerca di sottrarsi problemi che concernono il giusnaturalismo portati
con se nel corso dei secoli.

Quindi una giustezza materiale è giustizia più vicina a quello che l'uomo può aspirare,

cioè una giustizia capace di essere realizzata dall'uomo che si fa dal basso e non dall'alto e che3 quindi nella
società stessa riesce ad avere una sua ospitalità.

Questa giustezza materiale consente ad un concetto giuspositivistico di diritto di avvicinarsi di più a quel
punto in comune che tiene insieme quei due segmenti andiagenti che costituiscono la linea su cui si
dispongono che singole teorie.
Sebbene circoscrittta, ridimensionata la giustezza tuttavia il concettto giuspositivistico di diritto non ha
accolto un concetto di giustizia, tanto con la G maiuscola tanto con la g minuscola.

Perciò dice che una qualche sorta di giustezza materiale non svolge nessun ruolo.

Tutte le teorie non positivistiche all'incontrario sostengono ''la tesi della connessione''.

Giuspositivismo>> tesi della separazione

un elemento morale non è e non deve essere incluso nel concetto di diritto .

Non concetto giuspositivismo abbiamo la tesi della connessione, Pag.4

Secondo questa tesi, la definizione del concetto di diritto deve includere elementi morali.

Senza l'elemento morale il concetto di diritto è inadeguato.


Ciò non significa che un serio non positivista esclusa dal concetto di diritto gli elementi della positività
conforme all'ordinamento e dell'efficacia sociale. Egli si differenzia piuttosto dal positiviasta proprio per il
fatto di offrire una definizione del concetto di diritto che include elementi morali accanto ai criteri di fatto. I
diversi fattori possono a loro volta variamente combinarsi e variamente distribuire il loro peso reciproco.

Che significa un non serio positivista?

Un positivista che non si colloca nel lembo estremo del non positivismo, che non sia un giusnaturalista
estremista; perché il concetto non positivistico del diritto sostenuto da un serio positivista include quei due
elementi che concorrono a definire il concetto positivistico del diritto la validità e l'efficacia.

Un non positivista non afferma che quei due elementi che sono necessari a definire il concetto
giuspositivistico devono essere esclusi dal concetto di non positivismo, sarebbe veramente oggi nella
contemporaneità privo di senso immaginare un diritto privo di validità ed efficacia, quindi un non
positivista riconosce la necessità di includere nel concetto giuspositivistico di diritto gli elementi della
validità e dell'efficacia ma afferma che accanto a questi due elementi concettuali abbiamo bisogno di
includere un terzo elemento che è quello della morale, della giustizia in un linguaggio di Alexy è
equiparabile alla morale.

Ciò che è diverso è il modo di procedere tanto nel punto di vista dell'analisi, nella prospettiva storica, qui
abbiamo un procedere analitico che chiede di concatenare i concetti e anche nell'esposizione si chiede di
verificare costantemente la coerenza dell'indagine e deggli elementi che concorrono nell'indagine
medesima.

Qual'è il significato pratico della controversia sul positivismo giuridico?

In tempi di pace dice sia Alexy, sia Zagrebelsky soprattutto che detiene il diritto, soprattutto i giudici, si
interrogano intorno al significato di diritto alla sua natura perché è dato per scontato
che il diritto sia adeguato ai bisogni fondamentali dell'uomo ma in tempi straordinari, cioè tempi di
straordinaria tensione per la vita dell'uomo, occorre interrogarsi intorno al significato del diritto,
e chiedersi l'elemento umano deve essere incluso nei concetti del diritto oppure stiamo parlando di
qualcosa che diritto non è, cioè un ordinamento giuridico valido ed efficace ma non può essere concepito
come diritto, cioè possiamo appiattire il concetto di diritto in quanrto volontà dell'uomo oabbiamo bisogno
di includere un elemento concettuale, quello morale, qualcosa che assomiglia a una sorta di giustezza
materiale.

Allora da qui il richiamo al senso di questa controversia che non è una controversia meramente teorica che
si riflette nellqa vita dell'uomo in relazione agli altri individui nella sfera della giuridicità.

Primo esempio ordinanza del 1968 pag.5, all'indomani del crollo della Germania Nazionalsocialista, e del
suo ordinamento giuridico, quindi si è aperto un processo di democratizzazione e stiamo guardando a una
sentenza che pone in questione una legge ingiusta.

Non ci basta.

'' La legge intollerabilmente ingiusta '' perché?


L'ordinamento giuridico può sopportare un quantum di ingiustizia, può tollerare la legge ingiusta perché
nessun ordinamento può vantare la pretesa di essere composto da leggi tutte giuste (è una pretesa del
giusnaturalismo, qui siamo al limite delle teorie non positivistiche ) quindi dobbiamo ammettere che vi sia
qualche legge ingiusta; ma proprio perché non è intollerabilmente ingiusta questa legge può comunque
essere obbedita, applicata.
E' quando ci troviamo al di sopra della soglia che diventa intollerabilmente giusta non può più essere
pretesa di essere obbedita, lì diventa fondamentale la domanda con cui Peces-Barba ha chiuso perché
obbedire, quale è la natura del diritto, cosa pretende il diritto dal destinatario della norma giuridica, esso
giudice o cittadino.

Questa espressione legge ingiusta chiede di essere precisata con un avverbio '' intollerabilmente''.

Filosofia del diritto II (Alexy)

Lezione 2 mattina del 10/04/2018

Mi ero fermata alle primissime battute di presentazione del testo di Alexy facevamo riferimento a questa
attitudine dell'indagine di alexy a verificare sul piano della prassi il peso di un concetto positivistico e un
concetto non positivistico di diritto vale a dire la domanda dell'autore è quale dei 2 concetti possa essere
più efficacie nella vita del diritto. Questa domanda viene posta in 2 dimensioni che dal punto di vista della
straordinarietà dell'esperienza giuridica e dal punto di vista della ordinarietà della medesima esperienza.
Quindi le 2 decisioni tra le tante che l'autore potrebbe utilizzare che ora analizziamo insieme dicono della
possibilità di concepire un concetto positivistico e non positivistico di diritto. Forse ricorderete che il
concetto positivistico di diritto opta per la tesi della separazione cioè la separazione tra diritto e morale, il
concetto non positivistico di diritto si pone invece sulla sponda opposta e sostiene la tesi della connessione
cioè della inclusione dell'elemento morale essenzialmente giustizia. Allora cosa dice: nei casi ordinari anche
casi complessi di difficile soluzione, anche difronte ai casi che Alexy chiamerà dubbi se siamo nella
condizione di ordinarietà non ci poniamo (o noi ci poniamo) la domanda sulla natura del diritto. Allora
questa ordinarietà a che cosa corrisponde ad una vita pacifica soprattutto ad una forma di governo
rispettosa di quei diritti fondamentali che avete visto essere necessari nella prospettiva di Peces Barba.

Ora i casi straordinari invece sono quei casi che emergono in una condizione di tensione costante tra la
forza da una parte e il destinatario dell'uso di questa forza dall'altro, dove la forza si fa prepotenza, si fa
funzione senza limiti e quindi possono esserci problemi nell'obbedire alla norma. Chi è che obbedisce alla
norma nella prospettiva di Alexy? Allora sapete che sono 2 le categorie dei destinatari della norma giuridica
rispetto alla sua osservanza, l'ambito privilegiato di indagine di Alexy è la categoria del partecipante cioè il
giudice, non guardiamo tanto all'uomo comune ma al giudice che si trova ad applicare una legge e quindi
come dovrà comportarsi difronte ai problemi che l'applicazione di questa legge comporta. Allora le 2
decisioni che Alexy presenta tra le tante sono indicative di questo doppio piano su cui Alexy si muove nella
sua indagine, la dimensione della straordinarietà e la dimensione della ordinarietà. Sono la presentazione
del problema quindi se qualcosa sfugge è inevitabile perchè non può essere detto tutto in un primo cenno
quindi avremo modo poi di soffermarci in maniera più ampia e approfondita su elementi delle indagini che
qui sono ora semplicemente accennati.

Allora come vi ho detto nell'ultima lezione legge ingiusta legge intollerabilmente ingiusta abbiamo bisogno
di un avverbio per comprendere il problema dal punto di vista dei giudici che si trovano ad applicare una
legge con queste caratteristiche. Vi ricordo la importanza della premessa temporale che cioè fate
attenzione alle date perchè sono indicative di certe situazioni anche di condizioni all'interno 2

delle quali i giudici stanno operando. Nella prima decisione un'ordinanza del 1968 naturalmente si fa
riferimento alla storia della civiltà giuridica e degli ordinamenti giuridici della germania e quindi sapete che
il problema straordinario è stato posto da un ordinamento giuridico della germania nazional socialista,
quindi se parliamo dell'ordinanza del '68 siamo in un clima che può essere pensato come democrazia in cui
vi è già una legge fondamentale che per l'ordinamento tedesco corrisponde alla nostra Costituzione e
quindi sono fissati i principi della dignità dell'uomo, dell'uguaglianza etc.

Quindi questa ordinanza sulla cittadinanza facciamo riferimento ad un problema della legge ingiusta, il
paragrafo 2 del decreto n.11 di attuazione della legge sulla cittadinanza tedesca del 25 novembre del 1941,
quindi nel '68 si discute dell'applicazione di una legge che aveva le sue radici in un preciso contesto di
cultura giuridica nel '41, quindi questa legge privava gli ebrei emigrati della cittadinanza per motivi raziali.
Dal punto di vista di quella dimensione che fondamentalmente chiede di essere rispettata cioè la dignità
dell'uomo siamo di fronte ad una legge che viola apertamente i principi primi della dignità dell'uomo.

Possiamo dire che questa nel linguaggio di Alexy mutuato da Radbruck è una legge intollerabilmente
ingiusta perchè siamo di fronte ad una legge che viola apertamente i principi della non discriminazione. Per
motivi razziali chi è ebreo ed è emigrato all'estero perde la cittadinanza. Cosa deve fare il tribunale
costituzionale federale deve decidere se per effetto di questa disposizione un avvocato ebreo che era
emigrato ad Amsterdam poco prima della seconda guerra mondiale avesse perduto la cittadinanza tedesca.
L'avvocato era stato deportato nel 1942 doveva essere negata la possibilità di riacquistare la cittadinanza
tedesca ex art. 116 comma 2 della legge fondamentale.

Il fatto in sè le sue pieghe non è decisivo, che cosa sottolinea Alexy, la motivazione dei giudici. Il tribunale
costituzionale federale giunge alla conclusione che l'avvocato non ha mai perduto la cittadinanza tedesca,
perchè il decreto n.11 della legge in questione era da considerarsi nullo ex tunc, quindi cosa emerge già qui
che poi Alexy dovrà discutere sul piano teorico che una legge intollerabilmente ingiusta perde la sua validità
cioè non è più legge.
Se teniamo insieme la validità con la esistenza non abbiamo già convenuto attraverso le teorie
giuspositivistiche allora la legge non esiste più quindi non deve essere applicata. Guardiamo insieme la
motivazione, vediamo come ragionano i giudici come dichiarano la loro posizione rispetto alla natura del
diritto, si interrogano su che cosa sia il diritto e in che modo deve poi essere applicato. Diritto e giustizia
non sono a disposizione del legislatore.

Quando Peces Barba ha criticato il riduzionismo giuspositivistico ha detto che non possiamo porre nelle
mani del legislatore l'esistenza dei diritti fondamentali, quando i giudici fanno riferimento al concetto di
equilibrio e a quello di giustizia dicono in termini diversi quello che abbiamo già trovato nel testo di Peces
Barba, se la giustizia consiste nel riconoscimento onto esistenziale della parità ontologica allora abbiamo
bisogno di pensare questi diritti non come graziosa concessione del potere 3

ma come diritti che vivono di vita propria e che devono essere riconosciuti e garantiti dal legislatore. L'idea
per cui il legislatore costituente può disporre su tutto secondo la sua volontà costituirebbe una ricaduta
nello spirito di un positivismo legalistico avalutativo da tempo superato sia nella scienza giuridica e sia nelle
pratiche giuridiche, quindi i giudici qui fanno riferimento al postulato legalista che ormai è superato (forse,
ci sono ancora dei giuspositivisti che sostengono la serietà di questo postulato secondo giudici la scienza
giuridica ha ritenuto di andare oltre il concetto strettamente positivistico di diritto in cui anche nelle
pratiche giuridiche questo postulato deve essere ripensato).

Importante è questa definizione: positivismo legalistico avalutativo, il postulato legalista riduce il concetto
di diritto alla legge, perciò un positivismo legalistico, vedete neanche Kelsen compie un errore di questo
genere, perchè se qualche cosa vi ricordate, se qualche cosa di Peces Barba ha richiamato la vostra
memoria doveste sapere che il diritto in quanto ordinamento giuridico nella prospettiva kelseniana non si
riduce alla legge, la legislazione è soltanto uno dei gradi di quella costruzione a gradi che è l'ordinamento
giuridico.

Quindi Kelsen positivista rigoroso porta alle estreme conseguenze, depurazione del diritto dagli elementi
che sono estranei, e ammette tuttavia che il diritto non è soltanto la legge, quindi il diritto è anche la
costituzione, è anche la giurisdizione. D'accordo invece Kelsen nell'altro aggettivo avalutativo, il fatto che la
prospettiva giuspositivistica si tenga lontana da giudizi di valore qual è l'ambito in cui ci stiamo muovendo,
le 2 grandi categorie che vi ho ricordato quello del la possibilità che la ragione non ci aiuti nel definire i
valori in maniera univoca del non cognitivismo etico. Quindi in questa definizione recuperiamo teorie che
tendono a svuotare nel suo senso assiologico il diritto e ad appiattirlo sulla legge.
Il richiamo forte all'esperienza passata nello spazio della vita della cultura giuridica tedesca è
importantissimo proprio l'epoca del regime nazional socialista in germania ha insegnato che anche il
legislatore può statuire leggi ingiuste, quello che Radbruck chiamerà il torto legale cioè ingiustizia che ha la
forma della legge, perciò il tribunale costituzionale federale afferma la possibilità di disconoscere validità
giuridica alle disposizioni del "diritto nazional socialista" in quanto in così palese contrasto con i principi
fondamentali della giustizia, appunto che il giudice che intendesse applicare (fate attenzione a questo
passaggio) o riconoscere gli effetti giuridici commetterebbe ingiustizia anzichè dire il diritto.

Cosa dobbiamo sottolineare in questo periodo, 1 che il tribunale cost. fed. ammette la possibilità di
disconoscere validità giuridica nel nostro esempio è il decreto n.11, perchè quelle virgolette al termine di
diritto? (risposta del ragazzo che non si sente) e quindi siamo di fronte ad una definizione inadeguata cioè
l'ordinamento giuridico della germania nazional socialista non è pensato come diritto, se vedete possiamo
usare questa definizione più neutra ordinamento giuridico positivo, perchè evidentemente il termine diritto
è un termine caricato assiologicamente nella prospettiva dei giudici 4
perciò è importante questo passaggio, non è un caso che Alexy lo utilizzi perchè dei giudici si interrogano
sul significato della parola diritto quindi l'ordinamento giuridico del regime nazional socialista è si un
insieme di norme giuridiche ma non possono essere concepite come diritto.

L'altro punto importante in questo periodo è che il giudice che applica queste leggi commette ingiustizia
nell'applicazione di esse, anzichè (poniamo la questione da questo punto di vista: quando abbiamo parlato
della sicurezza giuridica in relazione al potere ha detto Peces Barba poniamoci 2 domande la prima riguarda
la legittimità chi è che comanda, la seconda riguarda la legalità come si comanda, quindi quando parliamo
di legalità parliamo di rispetto delle regole, al giudice che cosa si chiede se non applicare le regole, quindi
l'applicazione delle regole dovrebbe generare altro diritto, ma un diritto posto tra virgolette o un diritto
autentico, allora qui la domanda qual è quando parliamo di legalità, di che tipo di legalità parliamo di una
legalità in senso debole o in senso forte?

Certamente qui parliamo di una legalità in senso debole se il giudice applica la legge indipendentemente
dal suo contenuto di giustizia, quindi il giudice non si interroga sulla legge che sta applicando e la applica, li
si chiede questo di applicare la legge, il giudice è soggetto soltanto alla legge, ebbene in questo caso il
giudice si sta interrogando se applicando una legge intollerabilmente ingiusta anzichè produrre diritto come
giustizia, si sta invece producendo ingiustizia, allora il problema di fondo dov'è? E qui Kelsen ha ragione alla
prima paginetta dei lineamenti che avete studiato, dice per me il diritto è l'ordinamento giuridico esistente,
l'ordinamento giuridico positivo. Ora se noi parliamo di diritto siffatto siamo in una prospettiva come quella
giustizia non rileva, allora dal punto di vista di Kelsen dobbiamo togliere queste virgolette si o no? Certo,
perchè se il diritto è l'ordinamento giuridico positivo esistente allora quello della germania nazional
socialista è un ordinamento giuridico ed è diritto. Dal punto di vista dei giudici in questo caso siamo di
fronte ad un'eccedenza di senso e che l'ordinamento giuridico deve essere giusto se vuole essere diritto.
Perciò abbiamo bisogno di dichiarare una definizione di diritto, perciò l'indagine di Alexy concetto
positivistico concetto non positivistico di diritto, quali sono gli elementi concettuali che definiscono il primo
e il secondo concetto.

Quindi dal punto di vista dei giudici della corte costituzionale federale tedesca quell'ordinamento giuridico
non è diritto, perciò il giudice che applica quella legge anzichè produrre diritto e quindi produrre giustizia
produce ingiustizia, e quindi anche la sentenza che è l'applicazione di quella legge non è diritto.
E come continuano i giudici, il decreto n.11 violava questi principi fondamentali, la contraddizione con la
giustizia in esso contenuta raggiunge e qui elenchiamo la formula di Radbruck anche se non è esplicito, una
misura così intollerabile da imporre di considerare nullo ex-tunc. Quindi quell'avverbio necessario nel
titoletto del paragrafo la legge "intollerabilmente" ingiusta è il frutto di una 5

motivazione dei giudici, che si voleva quella forma che ora vedremo meglio nelle pagine di Alexy un pò più
avanti.

Non può pretendere efficacia nè in virtù della sua applicazione pluriennale nè in virtù del riconoscimento o
addirittura del consenso sporadico di chi a suo tempo ha subito la privazione della cittadinanza. Che cosa
dice qui questo passaggio, che l'efficacia non conferisce giustizia ad un provvedimento ingiusto, e quindi chi
ha applicato la legge , chi ha obbedito a quella legge intollerabilmente ingiusta tanto nella categoria dei
giudici quanto nella categoria dell'uomo della strada, quindi chi ha applicato questa legge non ha conferito
giustizia per il semplice fatto che ha obbedito ad essa, il fatto che vi sia efficacia non attribuisce significato
senso di giustizia ad una legge che quel significato e quel senso non ha.
Perchè purtroppo gli ebrei si sono dovuti uniformare a quelle prescrizioni normative, gli stessi ebrei
indossavano la fascia con la stella sul braccio, gli stessi ebrei esponevano il cartello questo è un esercizio
commerciale gestito da ebrei, quindi stessi giudici pur non condividendo il contenuto di quelle leggi le
hanno applicate quindi questa efficacia conferita a leggi intollerabilmente ingiuste non fa di queste leggi
delle leggi che sono rispettose e che rappresentano il diritto. Infatti una legge ingiusta statuita ma anche in
aperto contrasto con i principi costitutivi del diritto non diventa diritto per il solo fatto di essere applicata
ed osservata.
Quindi da un punto di vista di un concetto non positivistico di diritto e perciò qui dice Alexy si tratta di un
classico argomento non positivista che cosa stiamo dicendo che validità ed efficacia non sono sufficienti a
descrivere il concetto di diritto. Perciò un classico argomento non positivista, ad una norma stabilita in
modo conforme all'ordinamento e socialmente efficace per l'intero arco temporale della sua pretesa
validità non viene riconosciuta la validità o il carattere di diritto perchè in contrasto con il diritto
sovrapositivo.

Questo è un richiamo alla terminologia di Radbruck che parla appunto di un diritto sovralegale cioè un
diritto che si pone in una posizione di sovraordinazione rispetto al diritto positivo, Radbruck dirà non mi
interessa se questo è un diritto naturale è un diritto razionale è un diritto che ha anche natura divina, mi
interessa solo che vi è un diritto oltre la legge, oltre l'ordinamento giuridico positivo e che informa di sè il
diritto positivo.

Parlando di riduzionismi giusnaturalistici quello deontologico aveva proprio questo senso di essere un
diritto sovrapositivo che guidava la produzione di norme dell'ordinamento positivo.

Ora che cosa sottolinea qui Alexy che è interessante notare, ci si può chiedere fino a che punto tale
argomento fosse veramente indispensabile nell'ordinanza sulla cittadinanza, il tribunale avrebbe potuto
limitarsi a giustificare le sue conclusioni riconoscendo come oggi l'efficacia giuridica della privazione della
cittadinanza costituisca una violazione del principio generale di eguaglianza ex art.3 comma 1 così come del
divieto di discriminazione ex art.3 comma 3 della legge fondamentale. Che significa questo, che non era
necessario che i giudici muovessero da queste argomentazioni 6
sofisticate, perchè il diritto, l'ordinamento giuridico contemporaneo del 1968 offriva degli strumenti
giuridici cioè lo stesso ordinamento giuridico offriva gli strumenti giuridici attenzione non morali per
risolvere la questione.

Allora perchè i giudici scomodano il problema del rapporto tra diritto e giustizia, Alexy lo dice chiaramente
perchè non sempre l'ordinamento giuridico offre strumenti giuridici per risolvere una questione siffatta.
Infatti continua dicendo così certo questa possibilità riduce il peso dell'argomento non positivista per il caso
dell'ordinanza sulla cittadinanza ma non questo significato generale, non in ogni situazione in cui si tratti di
giudicare gli effetti giuridici di un regime ingiusto, è in vigore una costituzione con le caratteristiche della
legge fondamentale della repubblica federale tedesca.

Qui Alexy vuol dire questo, che un concetto non positivistico di diritto è certamente più pesante, perciò ho
detto prima riduce il peso dell'argomento non positivista incorso ad un rimedio giuridico, perchè non
sempre un ordinamento è dotato di questi strumenti giuridici, quindi abbiamo bisogno di un concetto non
positivistico di diritto che soccorri il giudice nella decisione, perciò il concetto non positivistico è più
pesante di un argomento strettamente giuridico.

Vi sono inoltre casi in cui occorre decidere se una norma era invalida ex tunc, effetto che non poteva essere
prodotto da una costituzione successiva. Si pensi ad es. a norme statuite in modo conforme
all'ordinamento e socialmente efficaci di un regime ingiusto che ordinano o consentono misure
persecutorie in contrasto con i diritti umani. In assenza di leggi retroattive, la questione relativa alla
possibilità di punire in seguito al crollo del regime coloro che hanno agito conformemente a tali norme
dipende essenzialmente dalla nullità o validità ex tunc di queste stesse norme.
Qui Alexy sta mettendo insieme in poche righe un problema che analizzerà in maniera molto più ampia
dopo, sta semplicemente presentando il lettore perchè sta parlando di 2 dimensioni diverse, la possibilità di
un regime che chiama stato di non diritto e la possibilità di un regime che chiama stato di diritto. Non
solo la domanda è cosa accade così come la storia effettivamente ha mostrato quando all'indomani del
crollo dello stato di non diritto subentri uno stato di diritto.

Quindi quando facciamo riferimento a questo strumento giuridico che è la legge fondamentale facciamo
riferimento ad una correzione che è avvenuta in seguito al crollo di un regime di uno stato di non diritto,
perciò parla di leggi retroattive, cioè quando i giudici fanno riferimento alla legge fondamentale la data è
1968, sta facendo riferimento ad una costituzione che è intervenuta successivamente a correggere
ingiustizie intollerabili del precedente regime. Però si chiede Alexy non tutti gli stati con i propri
ordinamenti giuridici si dotano di queste costituzioni che possono correggere retroattivamente delle
intollerabili ingiustizie, allora in che modo è possibile invalidare una legge intollerabilmente ingiusta ex
tunc, proprio attraverso il concetto non positivistico di diritto.

Quindi il percorso che seguirà andrà in questa direzione, nel mostrare che un concetto non positivistico di
diritto può essere di aiuto nell'essere (Radbruck dirà) un correttivo del diritto positivo. 7

Seconda decisione, perfezionamento del diritto, se in questo esempio siamo sul piano della straordinarietà
per fortuna evidentemente questi termini che usa Alexy sono indicativi di una concezione del mondo
giuridico e cioè che leggi intollerabilmente ingiuste sono leggi straordinarie nella storia dell'uomo. Qui
invece quando parliamo di ordinarietà facciamo riferimento a leggi che sono concepite come giuste ma che
chiedono di essere perfezionate.

Più avanti Alexy parlerà di ottimizzazione, perciò qui stiamo di fronte al termine perfezionamento del diritto
cioè siamo di fronte a leggi che possono essere pensate come giuste ma che alcuni casi mostrano leggi da
perfezionare da ottimizzare, cioè una giustizia che sicuramente perfezionabile proprio nella rivoluzione del
diritto.

Anche qui la data è importante, l'ordinanza del 1973 il riferimento è sempre all'ordinamento giuridico della
germania e quindi se parliamo di tempi facciamo riferimento ad un ordinamento che può essere pensato
come un ordinamento che tende alla giustizia perchè costruito sulla legge fondamentale che è la
costituzione dell'ordinamento tedesco.

Cosa dice questa ordinanza, l'ammissibilità di un perfezionamento giurisdizionale cioè attraverso le


decisioni dei giudici del diritto contro la lettera della legge e quindi la decisione contra legem, e voi sapete
che i metodi dell'interpretazione possono essere secundum legem, preter legem e contra legem, e qui
siamo nel caso estremo della terza dimensione. Ai sensi del paragrafo 253 del BGB è escluso un
risarcimento pecuniario per danni immateriali al di là dei casi tassativamente stabiliti dalla legge.

La corte federale di giustizia non si è però attenuta a tale disposizione. A partire dal 1958 in numerosi casi
ha assegnato un risarcimento in denaro per gravi violazioni dei diritti della persona.

Nel caso in questione un settimanale aveva pubblicato un'intervista di pura invenzione su vicende private,
intervista che sarebbe stata rilasciata dalla moglie divorziata dell'ultimo Scià di Persia. La corte federale di
giustizia accordò alla principessa Soraya un risarcimento di danni pari a 15.000 marchi, ciò in contrasto con
la lettera del paragrafo 253 BGB che ammette il risarcimento per danni immateriali solo nei casi stabiliti
dalla legge. Era evidente che il caso della principessa Soraya non rientrava tra questi. Il tribunale
costituzionale federale ha confermato la giurisprudenza della corte federale di giustizia.
Vediamo la motivazione: nella formulazione della legge fondamentale la soggezione tradizionale del giudice
alla legge, elemento costituivo del principio fondamentale della separazione dei poteri e dunque dello stato
di diritto, si è trasformato nella soggezione della giurisdizione alla legge e al diritto, quindi anche qui
sottolineiamo un superamento del postulato legalista, impossibilità di concepire il diritto come ridotto alla
legge, infatti se guardiamo il comma 3 della legge fondamentale della repubblica federale tedesca dice: la
legislazione è soggetta all'ordinamento costituzionale potere esecutivo e la giurisdizione sono soggetti alla
legge e al diritto. Quindi vi è un esplicito richiamo alla complessità del concetto di diritto che va oltre la
legge. 8

Secondo l'opinione generale tale trasformazione significa il rifiuto di un angusto positivismo legalistico, la
formula reca la consapevolezza che legge e diritto non coincidono sempre e necessariamente ma solo di
fatto e per lo più. Che vuol dire, che la legge può rappresentare il concetto di diritto ma non sempre e
comunque, quindi la legge non è l'unica espressione del concetto di diritto. In determinate circostanze di
fronte alle statuizioni positive del potere statale è rinvenibile un surplus di diritto la cui fonte è
l'ordinamento giuridico costituzionale in quanto totalità di senso e che può agire da correttivo nei confronti
della legge scritta, rintracciare e realizzare nelle sentenze tale surplus è compito della giurisdizione.

Quindi che vuol dire questo, che il giudice deve richiamarsi certo alla legge ma nei casi che Alexy chiamerà
più avanti dubbi come questo rappresentato dalla ordinanza del 1973 il giudice deve richiamarsi a che cosa
fondamentalmente? Che cosa ha introdotto la legge fondamentale, che cosa ha introdotto la nostra
costituzione? Il riconoscimento di quei valori fondamentali per usare l'espressione di Peces Barba che
illumina di senso la legislazione, io ho richiamato la definizione di uno studioso di diritto costituzionale
torinese Zagrebelsky che dice che i principi non hanno una funzione sussidiaria che intervenga soltanto in
caso di lacuna del diritto, quindi nell'esempio che presenta Alexy non siamo di fronte ad una lacuna siamo
di fronte ad un caso dubbio che chiede di essere perfezionato dal punto di vista della sua relazione con la
legge medesima, quindi in questo senso dicono i giudici nella motivazione, il giudice deve fare appello ai
principi se vuol consentire al diritto di perfezionarsi di ottimizzarsi per usare l'espressione che ricorrerà più
avanti in riferimento ai principi e che quindi la legge non può pretendere di essere continuamente e
costantemente applicata alla lettera, la legge in alcuni casi mostra la sua insufficienza e quindi il senso della
legge è recuperato attraverso il richiamo ai principi che sono portatori quegli elementi morali di quei valori
che abbiamo visto essere indispensabili per la vita di un ordinamento che voglia essere pensato come
diritto.

PAUSA

Vediamo alcune considerazioni che fa Alexy. Ancora una volta mostra la possibilità per i giudici di procedere
attraverso il diritto e non di fare appello ad un interpretazione come quella contra legem che crea problemi
all’esistenza del diritto stesso. Certo dice Alexy, la possibilità di fare ricorso alla procedura del controllo di
costituzionalità. Allora perchè il richiamo ad un concetto di diritto che chiede di evolversi? da qui
l’importanza del concetto non possibilistico di diritto. Salto la lettura di alcune righe che potete guardare da
voi e vado verso la fine di pagina 9. “Ancora più importante è che quell’enunciato è significativo in ogni caso
dubbio, ben al di là dell’ambito ristretto delle decisioni contra legem”.

Perché è insufficiente il ricorso alla procedura di controllo della costituzionalità delle norme? Perché il caso
dubbio può eccedere questo tipo di rimedio tant’è vero che un caso dubbio(e qui si chiarisce 9

meglio il significato che Alexy da a questa espressione)non è il caso in cui vi è la lacuna(cioè manca la regola
per quel caso) ma, anzi, vi è un eccesso di normazione ad esempio. Sempre zagrebelsky, che vi ho appena
citato, fa riferimento ad un caso che ha posto i giudici di fronte a problemi complessi ed è stato definito il
caso Serena cioè il caso che vedeva la possibilità dell’ applicazione di due leggi che portavano ad esiti
contrapposti.
Perché? perchè In un ordinamento giuridico altamente evoluto può capitare che vi siano più norme per il
medesimo caso e soprattutto norme che sono contraddittorie tra loro. Cosa deve fare il giudice di fronte al
caso dubbio? Qual è la norma che deve applicare? Perciò Alexy dice: un caso dubbio si ha(qui è la sua
definizione) quando la legge applicabile è indeterminata e le regole del metodo giuridico non portano
necessariamente a risultati univoci. Quindi, ad esempio, la regola non ha precisi contorni. Questa è la
possibilità di un altro caso dubbio. Allora nelle diverse interpretazioni che una legge non univoca presenta,
qual è l’interpretazione che deve essere preferita? Allora domanda ed è
un problema che avrete incontrato: il claris interpretatio cessat. Vi sono dei casi, cosi chiari, da non
chiedere interpretazione?

In effetti, qui, avremmo un giudice bocca della legge su un caso talmente chiaro che non deve fare altro che
applicare la legge senza muovere, come direbbero i giusrealisti, la propria intelligenza.

In realtà il giuspositivista kelsen l’ha detto: ogni decisione è costitutiva di diritto, non è meramente
dichiarativa la produzione giurisdizionale. In ogni caso abbiamo un interpretazione da parte del giudice e,
quindi, non possiamo pretendere che i casi dubbi siano un numero talmente ristretto da non essere
rilevante la loro presenza per la vita di un ordinamento giuridico.

Allora, qui, alexy mostra l’importanza del richiamo alla dimensione complessa che è il diritto per i risolvere
quei casi dubbi.

Quindi lo dirà più avanti ma ve lo anticipo già. I principi sono la strada per superare questo dubbio che è
insito in un caso complesso come quello appena richiamato che identifica il diritto con la legge scritta
abbracciando la tesi del positivismo legalistico, è costretto a sostenere(questo è un passaggio molto
importante che analizzerà dopo, siamo ancora in una presentazione dell’analisi)che nei casi dubbi la
decisione viene determinata da fattori extragiuridici.
Se ci fermiamo ad appiattire il concetto di diritto sulla legge, positivismo legalistico, postulato legalistico di
diritto(la legge è tutta diritto), allora di fronte al caso dubbio se la legge non aiuta il giudice cosa bisogna
fare se non uscire dall’ordinamento giuridico. Allora dice Alexy che il concetto non positivistico di diritto ci
aiuta a rimanere all’interno dell’ordinamento giuridico ma lo vedremo nella seconda sezione del testo di
alexy.
La prima riguarderà la legge intollerabilmente ingiusta seguendo il problema del caso dubbio e di
perfezionamento del diritto(il caso dubbio chiede di essere inserito nel processo di perfezionamento 10

del diritto). Ora seguiamo l’indagine di Alexy e guardiamo al problema del concetto di diritto, i suoi
elementi concettuali e alla legge intollerabilmente ingiusta.

Chi ha percorso queste due decisioni sono indicative/esemplari/pragmatiche(dite come volete) di questo
duplice piano di analisi:

• Quello della legge intollerabilmente ingiusta e casi straordinari;

• Quello di perfezionamento del diritto e casi ordinari.

Quindi alexy procederà, dopo aver definito il concetto di diritto, concetto complesso che necessita di alcuni
elementi concettuali, per ordine e quindi guarderà prima il problema della legge intollerabilmente ingiusta.
Allora il concetto di diritto.

Ci troviamo di fronte ad elementi che già conoscete e quindi vado rapidamente su questa paginetta e la
domanda con cui, Alexy, apre questo segmento di analisi(pag. 11)è: Quale concetto di diritto è giusto o
adeguato? Allora una raccomandazione. Probabilmente dobbiamo preferire l’aggettivo adeguato
all’aggettivo giusto altrimenti confondiamo i piani di indagine.
Qual è il concetto di diritto giusto?

Ci stiamo chiedendo qual è il concetto di diritto adeguato a rappresentare l’esperienza giuridica nella sua
complessità. Se parliamo di giustizia ci spostiamo sul piano assiologico e compiamo un passo indebito.

Quindi chi intende rispondere a tale questione, pone in relazione tre elementi:

1. La positività conforme maggiormente cioè, dnel linguaggio di alexy, la validità. La positività conforme
all’ordinamento dice della verità coesistenza sovraumana;

2. L’efficacia sociale;

3. La giustezza materiale vale a dire non la giustizia come ideale ma la giustezza che si fa tutti i giorni nelle
aule dei tribunali. La prospettiva privilegiata è quella del giudice che deve applicare la legge e quindi deve
produrre diritto, deve produrre giustizia attraverso l’applicazione della legge nel campo del diritto.

Dal differente modo di distribuire il peso tra questi elementi, derivano concetti di diritto differenti. Quando
vi ho parlato di diverse teorie da collocare su un linea immaginaria che vede convergere teorie che, agli
estremi, sono contrapposte, vi ho detto che vi sono teorie che pongono l’accento maggiormente
sull’efficacia, maggiormente sulla validità nell’ambito giuspositivistico e teorie che spostano il peso in un
maniera diversa ponendo l’attenzione sull’elemento morale cioè il valore della giustizia nello spazio nel
concetto non positivistico di diritto. Dice vi sono più teorie, anzi un numero importante di teorie rispetto
alle quali alexy cerca di individuare delle categorie sotto cui riportare le diverse teorie. Quali sono queste
categorie? 11

Partiamo, innanzitutto, dal concetto possibilistico di diritto. Vi sono teorie che elaborano concetti che si
ispirano più all’ efficacia e vi sono teorie che elaborano concetti che si ispirano di più alla validità. Il peso,
detto prima, è distribuito diversamente ma siamo sempre nei concetti positivistici di diritto.

Quindi il primo gruppo: concetti di diritto ispirati primariamente all’efficacia. Abbiamo un aspetto esterno.
Vi leggo i passi che l’autore riprende. A cosa guardiamo essenzialmente quando parliamo dell’efficacia?
Guardiamo all’osservanza e/o sanzionamento della sua inosservanza. La corrispondenza nella realtà:
l’obbedienza, l’osservanza, l’applicazione e rispetto delle regole (dite come volete).
L’autore preferisce utilizzare il termine osservanza o sanzionamento dell’inosservanza quando ci troviamo
di fronte ad una violazione della prescrizione normativa.

Quando kelsen ha detto la norma è se A deve essere B, se c’è un illecito ci deve essere una sanzione ha
detto proprio questo. Se la norma non viene osservata e dunque vi è un illecito, quell’illecito deve essere
sanzionato. Un riferimento al pensiero del sociologo Max Weber. Cosa dice? Un ordinamento deve essere
chiamato diritto, quando la sua validità è garantita dall’esterno, mediante la possibilità di una
coercizione(fisica o psichica)da parte dell’agire, diretto a ottenere l’osservanza o a punire l’infrazione di un
apparato di uomini espressamente disposto a tale scopo (pag13).

L’ordinamento è un ordinamento coercitivo sanzionatorio nella prospettiva di questo sociologo tedesco che
parlerà di coeterismo dei valori e quindi dirà che non vi è una sola definizione della giustizia e quindi vi sono
più definizioni ponendo il diritto in una prospettiva di non cognitivismo etico. Ancora la definizione di
Theodor Geiger. Cosa dice? “che cosa sia il diritto, cioè il contenuto che sul piano pratico mi pare di dover
caratterizzare con il termine diritto, è stato già da tempo e ampiamente dimostrato: l’ordinamento vitale
della società da parte di un grande aggregato sociale organizzato in modo centralistico, poggiante su un
apparato coercitivo(il problema della forza è decisivo) amministrato monopolisticamente da organi
particolari”.
Lo stato ha il monopolio della forza, Hobbes l’ha detto in maniera straordinariamente chiara. Ma anche
ispirata all’efficacia sono concetti del giusrealismo. Il giusrealismo (che avete studiato nel testo “Diritto
come profezia”)è una corrente che può essere riportata al giuspositivismo se viene con la correzione
dell’interesse fondamentale della giustizia sociale. Quindi cosa dice il giudice Holmes? C’è proprio un saggio
di Holmes nel vostro testo “Diritto come profezia:” “con diritto intendo semplicemente le predizioni su ciò
che i Tribunali faranno e nulla più”.

Cioè il titolo del volume “diritto come profezia” ovvero la previsione di quello che le corti faranno che poi
sarà la decisione della corte di fronte ad una violazione di una prescrizione normativa.

Ci riporta al problema della certezza del diritto che vedremo essere un valore importante con cui la giustizia
si deve misurare. Questo l’aspetto esterno in concetto di diritto ispirati all’efficacia. 12

Vi è anche un aspetto interno quando parliamo di dimensione interiore facciamo riferimento ai motivi per
cui si obbedisce al diritto. C’è una paginetta ,sempre, di lineamenti “i motivi dell’obbedienza al diritto”.
Ovviamente da un punto di vista Kelseniano questi motivi appunto non rilevano perchè guarda
semplicemente al comportamento e non ai motivi per cui una legge viene obbedita. Per lui sono teorie che
guardano a questa dimensione psicologica nella quale si obbedisce al diritto. Vi sono teorie che indagano
questa dimensione. Facciamo, ad esempio, riferimento alla teoria del riconoscimento di Bierling:” Diritto in
senso giuridico è in generale tutto ciò che gli uomini che convivono in una qualche comunità riconoscono
reciprocamente come norma e regola di questa stessa convivenza” pag. 14.
Pensiate alla fonte del diritto della consuetudine. Qui abbiamo una produzione del diritto dal basso, quindi
il fatto che l’uomo della strada, l’uomo comune riconosca in certe prassi, in certi comportamenti una
dimensioni di giuridicità. Un'altra definizione possibile è quella di Luhmann che avete incontrato nel
riduzionismo positivistico sociologico. Luhmann parla di aspetto interno di questa dimensione come
aspettativa normativa.

Cosa dice? “Possiamo definire il diritto come struttura di un sistema sociale che riposa sulla
generalizzazione congruente di aspettative normative di comportamento”. Anche qui dico è quello della
certezza del diritto, cioè si aspetta che ci si comporti in un certo modo e quindi la possibilità della
prevedibilità. Ora spostiamo, invece, il focus come oggi si dice sulla statuizione, sulla dimensione
autoritativa del diritto e guardiamo a delle possibili teorie che sono espressioni di questa prospettiva. Vi
leggo questo passaggio perché è importante nel commento di Alexy.
Quando parliamo di teorie di questo tipo facciamo riferimento a teorie analitiche che si pongono sul piano
dell’analisi logica concettuale delle pratiche giuridiche e qui facciamo riferimento alla prospettiva del
partecipante mentre per quanto riguarda la dimensione dell’efficacia abbiamo fatto riferimento alla
prospettiva dell’osservatore. Cosa si introduce? Una distinzione che Alexy guarderà meglio più avanti. Qual
è la prospettiva dell’osservatore? Ci si guarda se il diritto è applicato, siamo di fronte ad un applicazione del
diritto ma ora capiremo meglio. Quindi si osserva dall’esterno. Infatti ha parlato, prima, a proposito di
efficacia di osservanza.

Quando noi verifichiamo che una norma è osservata, lo facciamo guardando appunto alla norma che
corrisponde nella sua descrizione di contenuti alla realtà. Quindi parliamo di un osservatore. Qui, invece,
facciamo riferimento al partecipante. Perché questo termine a definire essenzialmente il giudice? perchè, il
richiamo a Kelsen quando vi ho detto la giurisdizione non è mero di diritto ma produrre diritto, il giudice
partecipa alla produzione normativa, perciò è partecipante ed è inserito in un meccanismo di produzione
del diritto. Quali sono le definizioni che vi presenta Alexy? John Austin. Il richiamo a questo autore
della seconda metà dell’ottocento che afferma: “Ogni legge o 13

norma è un comando” pag.14. colui che detiene il potere, un comando definito dal fatto di essere
sanzionato.
Proprio dalle parole di Austin a pag. 15: “Un comando si distingue da altri significati della volontà non per lo
stile(cioè il modo in cui si presenta al destinatario)in cui la volontà è espressa, ma per il potere o per lo
scopo della parte che comanda di infliggere un danno o una pena nel caso in cui tale volontà venga
disattesa”.

Se guardate alla storia del diritto, vedrete che le norme si sono anche tramandate in forma orale. Ad
esempio questo non è decisivo dice Austin per individuare un comando. Ciò che, invece, lo caratterizza è
proprio il fatto di essere l’emanazione del potere e di essere questo comando sorretto (ecco perché si parla
di efficacia rafforzata) dalla minaccia della sanzione.

Sempre da Austin, secondo passaggio, si legge: “Delle leggi o norme poste dagli uomini, alcune sono
stabilite da superiori politici, sovrani e subordinati: da persone che esercitano il governo supremo e
subordinato in nazioni o in società politiche indipendenti. Il termine diritto in senso stretto viene applicato
semplicemente al complesso delle norme così stabilite e per alcuni complessi che formano una porzione di
quell’aggregato. Alexy conclude dicendo per diritto dobbiamo ritenere, nella prospettiva di Austin, un
insieme di comandi sanzionabili di un sovrano.

Ancora un ultimo passaggio chiarificatore: “se un superiore umano, che non è in una condizione abituale di
obbedienza nei confronti di un analogo superiore, viene abitualmente obbedito dalla maggior parte della
società, quel determinato superiore è sovrano in quella società”. Quindi la posizione di sovra ordinazione di
un soggetto rispetto ad altri soggetti subordinati.

Di nuovo Kelsen ricorrerà spesso nel pensiero di Alexy. Kelsen e Hart, avete trovato spesso questo autore in
un brevissimo passaggio nel testo di Peces Barba; maestro di Dworkin, il riferimento è al contenuto minimo
etico del diritto. Perché sono tenuti, qui, insieme kelsen e Hart anche se muovono da prospettive
relativamente diverse ma sempre di diritto positivo? perché kelsen parla di una norma fondamentale
(Grundnorm che voi conoscete) mentre Hart parla, invece, di norma di riconoscimento ma le funzioni di
queste due norme si equivalgono al di là di certe differenze che poi Alexy analizzerà meglio verso la fine del
libro.

Ora le accenno solamente. Che cosa dice? abbiamo un diritto come un ordinamento normativo coercitivo
nella definizione kelseniana. Non devo più ricordarvelo. Mi auguro che la vostra memoria lo abbia ritenuto
un passaggio dalla dottrina pura del diritto che non sono lineamenti che voi avete, ma un testo più ampio i
cui lineamenti sono la sintesi.

La norma fondamentale è presupposta e sulla cui base si deve conformare ad una Costituzione
effettivamente statuita ed efficace nelle grandi linee e quindi alle norme effettivamente statuite in
conformità a questa costituzione ed efficaci nelle grandi linee. 14

Che cosa dice di più questo passaggio che sarà meglio analizzato inseguito? validità ed efficacia per quanto
riguarda l’intero ordinamento, cioè l’ordinamento nel suo complesso, nelle grandi linee sono in un rapporto
stretto tra loro e cioè che la validità dell’interno ordinamento giuridico(nella prospettiva di kelsen) dipende
dalla sua efficacia.

L’efficacia condiziona la vita dell’ordinamento giuridico, la validità dell’ordinamento giuridico. Dice kelsen
non si pretende l’efficacia in senso assoluto ovvero che tutte le norme siano osservate. Si chiede, in grandi
linee, che un numero importante di norme sia efficace e rispettato perché si possa parlare della sua
validità. Ragione per la quale la validità è condizionata dall’efficacia. L’efficacia è la conditio sine qua non
della validità dell’ordinamento giuridico.
Questo è solo un cenno, poi Alexy dedicherà grande spazio all’analisi della norma fondamentale kelseniana
e quindi questo lo vedremo dopo. L’altro riferimento al pensiero di Hart. Salto l’altra citazione di kelsen che
spero che ormai sia chiara nei suoi contenuti. Hart parla di norma di riconoscimento ma non dedicherà
altrettanto spazio all’analisi della norma di riconoscimento(Alexy) perché secondo questo autore solo la
norma fondamentale Kelseniana è capace di spiegare il passaggio dall’essere al dover essere. Solo qualche
accenno.

La sua esistenza dice Hart è un fatto sociale. La norma di riconoscimento esiste soltanto come una prassi
complessa(perciò è un fatto sociale, quindi la dimensione della pratica giuridica che è importante),ma di
solito concorde, dei tribunali, dei funzionarie e dei privati, di individuazione del diritto in riferimento a certi
criteri.

La sua esistenza è una questione di fatto. Perciò il richiamo alla prassi per quanto riguarda la norma di
riconoscimento di Hart. Se da un punto di vista di kelsen la norma fondamentale è soltanto un ipotesi della
scienza, non un presupposto logico trascendentale e quindi presupposto dell’intera validità
dell’ordinamento giuridico, nella prospettiva di Hart non abbiamo una norma puramente pensata ma
abbiamo una norma fondamentale che è un fatto sociale perché legata alla prassi. Questa prassi viene
identificata da hart ma ne parleremo più avanti.

–Raccolta firme-

POMERIGGIO

Poniamo in questione le tesi quella della separazione e della connessione, quella della separazione è
propria del concetto positivistico di diritto, la separazione e connessione i 2 poli sono la dimensione e
teniamola insieme validità ed efficacia la teniamo insieme per il giuspositivismo e la morale. La domanda da
cui parte Alexy che ha già formulato nelle pagine precedenti è se la tesi della separazione presenti un
concetto positivistico di diritto individuato non giusto. Vediamo le argomentazioni a favore e contro questo
tipo di concetto, come sono definibili queste argomentazioni, seguitemi perchè qui è un passaggio più
delicato rispetto a quelli precedenti che hanno accolto un pò le teorie, gli argomenti si dividono in gruppi
analitici e normativi, il più importante argomento analitico per una 15

tesi positivistica della separazione afferma che una connessione è concettualmente necessaria tra diritto e
morale non esiste cosa importa sottolineare di questa affermazione, nell'avverbio concettualmente nel
senso che un argomento analitico come chiarirà più avanti è un argomento concettuale quindi è senz'altro
un argomento di peso, forte, perchè parliamo del concetto di diritto quindi siamo all'interno di quegli
elementi che sono necessari a definire il concetto di diritto e la sua relazione con l'elemento morale. Allora
se ricordate abbiamo incontrato qualcosa di simile a proposito dei diritti fondamentali, di cui ha parlato
Peces Barba e a suo tempo già vi ho detto attenzione a questo passaggio perchè poi stesso meccanismo di
pensiero sarà ripreso da Alexy, a che cosa sto facendo riferimento, ad un certo punto Peces Barba parla di
una necessità logica del progetto diritto fondamentale di ospitare l'elemento concettuale
dell'universalizzabilità, cioè se eliminiamo la dimensione della universalizzabilità il concetto di diritto è un
concetto amputato nelle parole di Alexy non è un concetto adeguato quindi la universalizzabilità è un
elemento necessario a definire il concetto di diritto fondamentale, allo stesso modo quando parliamo di un
argomento concettuale facciamo riferimento ad una necessità illogica quindi dal punto di vista di questa
definizione la tesi della separazione è concettualmente necessaria cioè non esiste una relazione
concettualmente necessaria tra diritto e morale, quindi ogni positivista deve sostenere questa tesi, se
infatti ammettessi l'esistenza di una connessione concettualmente necessaria tra diritto e morale non
potrebbe più affermare che il diritto deve essere definito con l'esclusione degli elementi morali, perchè con
l'esclusione dei diritti morali noi dobbiamo tenere necessariamente separati l'elemento morale dalla
validità e dall'efficacia è chiaro?

Sul piano degli argomenti analitici, il non positivista è invece libero, egli può affermare una connessione
concettualmente necessaria, ed è qui che Alexy mirerà a questa tesi, che lui intende che una connessione
concettualmente necessaria Esiste tra diritto e morale. Però se non riesce a dimostrare questa connessione
può fare ricorso a un tipo di argomento normativo.

Allora il primo argomento che ho detto, è un argomento di tipo forte (quello concettuale) ovviamente,
perché se noi facciamo riferimento al piano del concetto stiamo indebolendo la posizione ma questo
indebolimento tuttavia può essere d’aiuto perché offre argomenti normativi certo, sono deboli rispetto alla
forza dell’argomento analitico, ma l’argomento normativo soccorre, laddove l’argomento analitico o non
c’è (E non è questo il caso Perché a questo mira alla tesi di Alexi), oppure sostenuto perché l’argomento
normativo può essere di sostegno all’argomento analitico. Il che significa la tesi della separazione la tesi
della connessione sono sorrette da un argomento normativo quando si afferma la necessità di includere o
non includere elementi morali in un concetto di diritto per aggiungere, ( questo è il passaggio essenziale),
un determinato scopo o per ottemperare ad una determinata norma da cui l’aggettivo normativo. 16

L’espressione dell’argomento normativo che significa : Che vi sono scopi o fini da raggiungere vi sono
questioni di opportunità che inducono ad inglobare L’elemento morale nel concetto di diritto quindi non è
una necessità logica, la presenza dell’elemento morale nel concetto di diritto, ma è necessità normativa
cioè una necessità debole, vale a dire vista la necessità di raggiungere un determinato scopo, (e vedremo gli
esempi che sono di aiuto per comprendere meglio), tiene necessaria la connessione tra diritto e morale
vediamo gli esempi: Connessione o separazione così giustificate possono essere ritenute normativamente
necessaria, due esempi uno per il concetto positivistico di diritto e uno per il concetto non positivistico di
diritto (non confondetevi come spesso accade), -si tratta di argomenti normativi quando a favore della tesi
della separazione quindi del concetto positivistico del diritto che tiene distinto il diritto e la morale si
sostiene ad esempio che solo Tale tesi garantisce chiarezza linguistico o concettuale ho certezza del diritto
ora queste due dimensioni le vedremo più avanti cosa interessa qui dell’autore che in vista di individuare
un concetto più semplice un concetto più chiaro di diritto si elimina la dimensione delle elemento morale,
Ora qui che cosa ha detto in vista di, cioè si sta raggiungendo uno scopo quindi non siamo sul piano della
necessità logica dal punto di vista della separazione non è questo che si sta guardando se utilizziamo gli
argomenti normativi, ma, Dei fini che intendiamo raggiungere in vista di qualche scopo che è utile per la
comprensione del fenomeno giuridico. anche la certezza del diritto si dice meglio, una norma ingiusta che
nessuna norma, e allora, eliminiamo l’elemento diritto per tenere più semplice una comunità vivere sotto
un sistema di regole seppur ingiusto.

-Invece per la tesi della connessione e quindi del concetto non positivistico del diritto si sostiene che solo
tare tesi consente di risolvere al meglio il fine e i problemi della legge ingiusta nel momento in cui noi
inglobiamo l’elemento morale e quindi siamo favorevoli alla tesi della connessione individuiamo un fine da
raggiungere uno scopo per questo tipo di inclusione che è dettato dalla possibilità di meglio distinguere la
legge ingiusta dalla legge giusta. Quindi è un fine pratico molto spesso quello che è per gli argomenti
normativi.

Per Alexi si individuano motivi di opportunità allora li c’è la presenza dell’argomento normativo questa tesi
presuppone a sua volta la tesi per cui una connessione tra diritto e morale non è né concettualmente
impossibile (quindi vuol dire che è concettualmente possibile) quindi siamo sul piano della possibilità, non è
concettualmente necessaria quindi che cosa siamo affermando che una connessione con il diritto e morale
è possibile ma non è necessaria. la prima parte di questa tesi È vera e ovvio che l’accetta non dimenticate
che egli muove su una tesi non positivistica’ di concetto di diritto, invece qui, È vera lui accetta che vi sia
questa apertura nel positivismo come è possibile una connessione tra diritto e morale. 17

Vi sono situazioni in cui un enunciato Pone la norma N posta Modo conforme all’ordinamento e
socialmente efficace ma viola principi fondamentali non è affatto contraddittoria, come accadrebbe se una
connessione tra diritto e morale fosse concettualmente impossibile.

Se escludesse una connessione con concettualmente necessaria con i diritti morali, ma la situazione non è
come questa che appena detto, sarebbe fuori luogo perché terrebbe insieme una possibilità che insieme
alla tesi della separazione non è accolta. È qui il problema fondamentale è la seconda parte di questa tesi
che afferma che la connessione concettualmente necessaria tra diritto e morale non esiste perché Alexi
deve sostenere che esiste una connessione concettualmente necessaria tra diritto e morale quindi se
possiamo discutere su una prima affermazione del concetto positivistico del diritto che è possibile una
connessione concettualmente necessaria tra diritto e morale non possiamo invece discutere sulla
impossibilità che esista una connessione concettualmente necessaria dei diritti morali.

Quindi se lui approva l’affermazione che ammettono ha possibilità di una connessione tra diritto e morale
non può ammettere che si escluda questa connessione perché dal punto di vista di Alexi la connessione
concettualmente necessaria del diritto morale è esistente e dunque può essere sostenuta con il concetto
positivistico di diritto esiste una connessione concettualmente necessaria.

Si cercherà di dimostrare in seguito che una tale connessione esiste, in questa posizione la sta dichiarando
adesso, se ammettiamo ciò allora è falsa la concezione secondo il quale nella controversia sul concetto di
diritto si tratterebbe esclusivamente di una decisione fondata su Considerazioni di opportunità giustificata
solo con argomenti normativi quindi a quale argomenti mira Alexi non è sufficiente l’argomento normativo
così come sembra nella apertura del concetto positivistico di diritto noi abbiamo bisogno invece di
argomentazioni Analitiche.
Cioè argomentazioni concettuale via ho già detto che l’argomento analitico è forte mentre l’argomento
normativo è più debole anche se il più sano ciò significa che la discussione sul concetto del diritto e le
riflessioni di carattere normativo giocano un ruolo di portata limitata. L’argomento concettuale cioè quello
analitico ha una portata limitata e dunque una forza limitata l’argomento normativo è necessario a
prescindere della portata dell’argomento concettuale È per accrescerne la forza perciò ho parlato prima
che l’argomento normativo sostiene e sorregge la forma dell’argomento analitico.

La tesi afferma in primo luogo che esiste una connessione concettualmente necessaria tra diritto e morale.
Quindi sta parlando della propria posizione E quindi sta, definendo la sua tesi enunciando la sua tesi quindi
in primo luogo afferma che esiste una connessione forte concettualmente necessaria tra diritto e morale in
secondo luogo esistono ragioni normative che parlano a favore di un’inclusione degli elementi morali nel
concetto di diritto quindi per ragioni di opportunità quindi di fini da raggiungere, ragioni che in parte
accrescono la forza della connessione concettualmente necessaria, Quindi tra diritto e morale vi sono
connessioni necessarie tanto sul piano concettuale quanto sul piano normativo. 18

Con la prima parte della tesi ovvero l’affermazione secondo cui una connessione tra diritto e morale non è
concettualmente impossibile, è vera. Lui accoglie questa prima parte della tesi. È vero che possa esserci una
connessione concettualmente necessaria tra diritto e morale ma siamo sempre nei termini della possibilità.
Siamo d’accordo fino a qui? vi sono situazioni in cui l’enunciato è un esempio tra tanti.

“La norma N è posta in modo conforme all’ordinamento ed è socialmente efficace ma non è diritto perché
viola i principi fondamentali, non è affatto contraddittoria come accadrebbe al contrario se la connessione
tra diritto e morale fosse concettualmente impossibile”(pag19).

Potremmo fare una formazione del genere se escludessimo, almeno, la possibilità che vi sia una
connessione concettualmente necessaria tra diritto e morale. Alexy vuole di più. Non si può accontentare
della mera possibilità perché se parliamo di possibilità vedete cadremmo in una posizione alla kelsen che
dice: io non è che dica che il diritto non debba essere ingiusto perché il diritto può essere giusto ma capita
che il diritto come ordinamento giuridico positivo(non dimenticate la definizione di diritto kelseniana) può
capitare che il diritto sia giusto ma può anche capitare che non lo sia. Il diritto può avere qualsiasi
contenuto. Quel “può avere” dice proprio di questa possibilità cioè che può avere un contenuto di giustizia
ma può anche non averne. Può comandare di sterminare una razza e resta diritto. Perciò kelsen, in una
parte sempre di lineamenti che avete studiato voi, dice qui la dottrina pura del diritto incontra la più
strenua resistenza quando afferma che l’ordinamento giuridico della Germania Nazional Socialista è diritto
al pari di un ordinamento giuridico di una Francia democratica. Questo è il problema di fondo. È una
possibilità la giustizia. È un eco la posizione di Alexy in questa analisi della tesi.

È una qualità possibile dice in un saggio “che cos’è la giustizia”. Lo abbiamo trovato anche citato in un testo
di Peces Barba. Una qualità possibile ma non necessaria dell’ordinamento giuridico. Quindi non è sulla
presenza del valore della Giustizia che si gioca la giuridicità di una norma, invece nella prospettiva del
concetto non positivistico di diritto sebbene limitato ad una norma estremamente ingiusta perciò ha detto
la forza è limitata. Lo capiremo meglio più avanti, lì si gioca la giuridicità di una norma perché una norma
intollerabilmente ingiusta non appartiene più alla categoria della giuridicità. Perde il carattere della
giuridicità.

Quindi la possibilità di una connessione concettualmente necessaria tra diritto e morale non è sufficiente
per Alexy che sostiene un concetto non positivistico di diritto. Perciò dovrà andare avanti e contestare la
seconda parte della seconda tesi. Ciò che non è accettabile e quindi da mettere in dubbio è la seconda
parte della tesi che afferma: una questione concettualmente necessaria tra diritto e morale non esiste.
Quindi solo meramente possibile.
Si cercherà di dimostrare che invece la connessione esiste. Se ammettiamo ciò allora è falsa la diffusa
concezione secondo cui nella controversia sul concetto di diritto si tratterebbe esclusivamente di una 19
decisione fondata su considerazioni di opportunità giustificabile solo con argomenti normativi. Allora qui
cosa sta dicendo alexy? che se contestiamo la seconda parte della tesi che esclude la necessità di una
connessione concettualmente necessaria tra diritto e morale allora dobbiamo accontentarci solo degli
argomenti normativi. Invece gli argomenti normativi sono sì necessari ma sono argomenti deboli. Non
hanno la forza dell’argomento analitico o concettuale. Perciò l’argomento analitico è un argomento che
guarda all’inclusione della morale come necessaria da un punto di vista logico.

Vale a dire il concetto di diritto non può spiegarsi, meglio non può definirsi senza l’inclusione dell’elemento
morale.

Quindi non possiamo accontentarci dell’argomento normativo che dice che per ragioni di opportunità noi
dobbiamo includere l’elemento morale e quindi parlare a favore della tesi della connessione. Questo non è
sufficiente. Abbiamo bisogno di una connessione concettualmente necessaria e quindi di un argomento
analitico o concettuale che a dir si voglia a favore della tesi della connessione tra diritto e morale.

Più chiaro adesso? ciò non significa che la discussione del concetto di diritto di riflessione di carattere
normativo non giochi alcun ruolo. Questo non esclude che siano elementi normativi, argomenti normativi
ma anzi sarà sottolineato come l’argomento concettuale abbia in primo luogo una portata limitata e in
secondo luogo una forza limitata. Vi ho detto che ne parleremo meglio più avanti ma forse se è necessario
capire meglio quanto sta affermando, qui, Alexy posso farvi un accenno di quello che dirà più avanti. Vi ho
detto disgiungiamo l’avverbio intollerabilmente, quindi non una legge ingiusta, genericamente ingiusta ma
intollerabilmente ingiusta. Vi ho detto in apertura che il diritto nella prospettiva, nel concetto non
positivistico di diritto così come delineato da alexy sulla scorta della formula di randbruch, può tollerare
una certa ingiustizia al di sotto di una soglia che identificherà il limite estremo di quella tollerabilità.

Quando Peces Barba ha parlato di moralità critica ed ha detto che in un sistema democratico, la società
civile mette a disposizione dei cittadini gli strumenti per sollecitare il legislatore a regolamentare un
determinato comportamento, ha detto qualcosa del genere cioè che le leggi legittimino comportamenti che
non erano tanto giuste da soddisfare i bisogni dell’uomo però avevano un grado di giustizia che consentiva
a queste leggi di essere al di sotto della storia. Quindi non sono estremamente ingiuste, non sono
estremamente giuste. Ovviamente l’ordinamento giuridico è un ordinamento imperfetto come è
imperfetto l’uomo. Quindi ci possiamo avvicinare a un certo grado di giustizia e quindi possiamo sempre
immaginare un quantum di ingiustizia all’interno dell’ordinamento.

Da questo punto di vista noi abbiamo la possibilità di migliorare, di perfezionare e di ottimizzare il diritto e
quindi il legislatore si muove in quella direzione. Quindi se stiamo al di sotto quella soglia, noi possiamo
anche immaginare norme che non siano perfettamente giuste che abbiano un quantum di ingiustizia ma
che sono tollerabili. Al di là della soglia che si pone il problema. Quindi se stiamo al di sotto della soglia, il
problema della perdita della giuridicità non esiste. Nel senso che le norme 20

tollerabilmente ingiuste mantengono la loro giuridicità e quindi possono essere applicate e nel linguaggio di
alexy possono essere osservate. Ecco perché parlavamo della straordinarietà. Cioè di eventi straordinari
nella storia dell’uomo, di leggi straordinariamente ingiuste nella storia dell’uomo.

E lì che la norma giuridica, intollerabilmente ingiusta, perde il suo carattere di giuridicità e quindi non deve
essere applicata, osservata. Ora perché è importante limitare la connessione tra diritto e morale,
connessione concettualmente necessaria tra diritto e morale?. Perciò la forza limita e la portata limitata di
questa connessione. Infatti parlerà anche di connessione debole.

Perché se non pretendessimo che ogni singola norma dell’ordinamento giuridico fosse giusta,
indipendentemente da questa o quella soglia, noi potremmo mettere in discussione da un punto di
vista(non dimenticate)del partecipante che è il giudice, soggetto primo cui Alexy fa riferimento. Dobbiamo
ammettere la possibilità che il giudice non applichi quella norma perché perderebbe la sua giuridicità. Ora
vi rendete conto da un punto di vista dell’ordinamento giuridico nella sua certezza ma come direbbe Peces
Barba da un punto di vista della sicurezza giuridica quali problemi l’ordinamento avrebbe. Un giudice è
autorizzato a disconoscere i caratteri della giuridicità di una norma solo perché ingiusta al di sotto della
soglia, potrebbe mettere in discussione qualsiasi norma dell’ordinamento creando uno scompiglio che non
è tollerabile per la vita di una comunità che si è data delle regole. Quindi a favore della certezza del diritto
meglio una norma ingiusta che nessuna norma parla della necessità di tenere insieme la vita dei consociati
anche con norme che non siano straordinariamente giuste.
Quindi la perdita della giuridicità e lì parla forte dell’argomento analitico della connessione
concettualmente necessaria tra diritto e morale avviene solo in casi estremi ,da cui la straordinarietà del
problema. Allora gli argomenti normativi e ritorniamo alla distinzione tra argomento analitico e argomento
normativo, l’argomento analitico ha una portata e una forza limitate che devono sorreggere questi
argomenti per offrire un concetto non possibilistico di diritto quanto più possibile capace di spiegare
l’esperienza giuridica e di tenere insieme certezza del diritto da una parte e giustizia dall’altra.

Randbruch dirà che ci sono tre dimensioni dell’idea del diritto che poi è la giustizia ma ve lo spiegherò
meglio più avanti. Di queste tre dimensioni :una è la giustizia come giustezza materiale e l’altra è la certezza
del diritto. Quindi Randbruch dice questi tre elementi si contendono con dominio, quindi talvolta un
elemento prevale sull’altro e talvolta è l’altro che prevale su quello e via di seguito. Quindi da questo punto
di vista giustizia e certezza del diritto sono in competizione tra di loro. Perciò abbiamo bisogno di argomenti
normativi a sostegno dell’argomento analitico perché Alexy cerca di limitare, di circoscrivere quanto più è
possibile la portata di questo elemento che altrimenti porterebbe grande scompiglio nella vita di un
ordinamento per un verso, di consociati dall’altro. Perciò conclude tra diritto e morale vi sono connessioni
necessarie sia sul piano concettuale e sia sul piano normativo. 21
Un quadro concettuale. Qui Alexy individua cinque coppie di elementi concettuali che sono utili per la
definizione e comprensione del concetto di diritto. Cosa vi ho detto prima?il concetto di diritto è un
concetto complesso che si compone di più concetti (ecco perché si chiamano elementi concettuali così vi
aiutano a non confondere)che sono utili per la definizione di questo concetto complesso che è il diritto.
Vediamo le cinque coppie:

1. Concetti di diritto indipendenti e non dipendenti dalla validità. Anche qui semplifichiamo la definizione:
concetti di diritto dipendenti e non dipendenti dalla validità. Se dico non indipendente la doppia negazione
afferma. Quindi parliamo di concetti dipendenti dalla validità. Non indipendente dalla validità è un concetto
di diritto che include il concetto di validità(sembra abbastanza ovvio)indipendente dalla validità è un
concetto di diritto che non fa ragione di queste distinzioni facilmente riconoscibili. Si può dire senza
contraddirsi che “N è una norma giuridica ma N non vale più”. Si può addirittura escogitare un sistema
giuridico ideale e quindi osservare senza contraddizione che questo sistema giuridico non sarà mai in
vigore” (pag21).

Questo esempio ve l’ho fatto già a proposito di quel segmento di passaggio di analisi di Peces Barba.
Quando parliamo di un sistema giuridico ideale che non sarà mai in vigore, possiamo ad esempio fare
riferimento ad un sistema di diritto naturale. Il sistema è possibile, magari, ma manca la vigenza. Manca
oltre all’efficacia anche la validità cioè deve esistere, deve giungere ad esistenza. La validità è l’esistenza
specifica della singola norma o dell’intero ordinamento. Invece il richiamo al diritto vigente non ha bisogno
di parlare di validità, può semplicemente dire che il diritto vigente richiede questo.

È ovvio perché chi parla di diritto vigente, parla di diritto che esiste e quindi è valido. Non ha bisogno di
aggiungere altro. Il diritto vigente è un diritto che esiste e che deve essere applicato che poi richieda di
essere efficace ovviamente altrimenti non avrebbe senso porre in essere una norma se non ha una scienza
efficace.” È quindi chiaro come sia possibile tanto un concetto di diritto che include il concetto di validità,
quanto un concetto di diritto che non lo fa. Per la discussione del positivismo è preferibile la scelta di un
concetto di diritto che include quello di validità. Ciò consente di evitare quella banalizzazione del problema
(qui vi sintetizzo il concetto)per il quale il diritto regola il comportamento, il cosiddetto foro esteriore. Il
foro interiore è la morale che detta le sue norme”(pag21).

Questa è una banalità dice Alexy che può essere facilmente superata. Ciò che interessa, invece, è questo
passaggio che rende ragione di quello che avete studiato nel testo di Peces Barba e anche lì quando vi ho
spiegato questo passaggio vi ho detto che Alexy vi avrebbe fatto riferimento. “L’inclusione del concetto di
validità nel concetto di diritto significa inserire in questo stesso concetto il contesto istituzionale dei
processi di creazione, applicazione e 22

affermazione del diritto. Tale contesto può rivelarsi importante per il problema di una connessione
concettualmente necessaria.”(pag. 21).

A cosa sta facendo riferimento Alexy? Alla sicurezza giuridica. La domanda è: chi comanda? quindi è un
problema di legittimità, cioè individuare l’autorità che pone in essere il diritto. Vuol dire inserire in questo
concetto il contesto istituzionale, cioè la possibilità di individuare la fonte autoritativa che pone in essere il
diritto. Vediamo quest’altra coppia di concetti e poi vi do una pausa.

2. Sistemi giuridici come sistemi di norme e come sistemi di procedure. Chissà perché nella spiegazione
Alexy incrocia e inverte il rapporto di relazione che pone nella definizione. Il sistema di norme è un sistema
di procedure ma analizza prima il diritto come sistema di procedura e poi il sistema di norme. “come
sistema di procedure, il sistema giuridico è sistema di procedura è un sistema di azioni riposanti su regole e
disciplinate da regole mediante cui delle norme possono essere statuite, giustificate, applicate e affermate”
(pag. 22).

Anche questo concetto lo conoscete. Adesso ci chiediamo come Si comanda? norme su norme. Quando
parliamo di un sistema di procedure che identifica il diritto facciamo riferimento a regole per produrre
regole. Quando kelsen ha detto che la norma di grado inferiore trova la sua validità nella norma di grado
superiore cioè la sua validità riposa sulla norma di grado superiore ha detto questo. La norma di grado
inferiore è stata creata attraverso un sistema di procedure. Una norma di grado superiore ha identificato le
procedure e gli organi per produrre la norma di grado inferiore.

Perciò un sistema di azioni riposanti su regole. Non sono azioni che cadono nel mondo giuridico ma sono
regolate da norme giuridiche e disciplinate da regole. Invece come sistema di norme, il sistema giuridico è
un sistema di risultati o di prodotti di una qualche procedura sulla produzione di norme. Se la norma di
grado superiore detta le regole per la produzione della norma di grado inferiore, la norma di grado inferiore
è il risultato di quella procedura. Quindi kelsen dirà è esecuzione della norma di grado superiore.

Perciò è un sistema di risultati. Nel primo caso guardiamo alle procedure che creano regole, alle regole che
producono regole e perciò attraverso questo profilo noi guardiamo al diritto come sistema di procedure.
Invece se guardiamo alle norme prodotte, alle norme come esecuzione di queste procedure e quindi sono
risultati di queste procedure, parliamo di un diritto come sistema di norme e quindi di risultati. Si può dire
chi intende il sistema giuridico come sistema di norme si riferisce al suo aspetto esterno. 23

Al suo aspetto interno si riferisce chi considera il sistema giuridico come un sistema di procedure. Ora
questo passaggio è sì inserito in questa coppia di concetti ma si sta preparando al passaggio successivo
osservatore e partecipante. Quindi aspetto esterno e aspetto interno.

Pausa
Chi è che interpreta il sistema giuridico come sistema di norme riferendosi all’aspetto esterno è
l’osservatore, della coppia successiva, l’altro che interpreta il sistema giuridico come sistema di procedura
quindi guarda l’aspetto interno e il partecipante vediamo in che senso: perciò vi ho detto questa frase
“traghetta” la coppia concettuale precedente verso la successiva la prospettiva dell’osservatore e la
prospettiva del partecipante, questa dicotomia porta due significati qui viene visualizzata come segue:
“ La prospettiva del partecipante è assunta da chi all’interno di un sistema giuridico prende parte ad una
argomentazione su ciò che in questo stesso sistema è ordinato, vietato o permesso su quanto è utilizzato Al
centro della prospettiva Del partecipante vi è il giudice se altri partecipanti ad esempio giuristi avvocati o
cittadini interessati al sistema giuridico avanzano argomenti pro o contro determinati contenuti del sistema
giuridico si riferiscono in ultima analisi a come dovrebbe decidere un giudice che voglia decidere in modo
giusto”.

Cosa sta dicendo qui chi è il partecipante? è essenzialmente il giudice e a lui farà riferimento quando
utilizzerà questa figura certo partecipano alla decisione anche altri soggetti cioè tutti coloro che agiscono in
un processo non semplicemente l’attore ,ma, tutti soggetti che sono presenti e ognuno per la propria parte
in un processo sono partecipanti, in realtà, se guardiamo bene questi partecipanti cercano di incidere sulla
decisione del giudice quindi il partecipante per eccellenza è il giudice poiché tutti gli altri soggetti che
ognuno a modo suo partecipano al processo sono comunque Elementi che ruotano intorno al giudice che
deve prendere a decisione in modo giusto. Quindi è chiaro perché Alexy definisce Partecipante soprattutto
il giudice da lì in avanti si riferirà soltanto al giudice.
La prospettiva dell’ osservatore è assunta soprattutto da chi non si chiede quale sia la giusta decisione,
come dovrebbe decidere un giudice che voglia decidere modo giusto, quindi, facciamo riferimento alla
decisione giusta l’osservatore invece non si interroga su quale sia la decisione giusta In un determinato
sistema giuridico bensì, si chiede, di decidere in questo stesso sistemo “un osservatore di questo tipo viene
esemplificato dal bianco americano Carter Desideroso di viaggiare con la moglie di colore in Sudafrica dove
vigono le legge sulla apartaid ’ma preoccupato sulla particolarità giuridica Del suo viaggio”. 24

L’ osservatore che dall’esterno guarda al diritto e non può che guardarlo come un sistema di norme cioè
come risultati di una procedura, Perché l’osservatore non partecipa alla produzione del diritto Lo descrive
soltanto.

Quindi osserva come è il diritto, e lo descrive, tant’è che più avanti Alexi terrá insieme l’osservatore e lo
scienziato, Come dice anche kelsen dove dice di descrivere il diritto quale esso è e non quale che si
vorrebbe che fosse.Quindi la descrizione del diritto è esistente.

L’ Osservatore fa questo descrive il diritto che esiste Come sistema di norme Cioè come risultato di
procedure.

Il giudice invece si pone dal punto di vista Interno come ha detto nella Precedente coppia concettuale,
Perché è evidente che Giudice partecipa al Diritto come sistema di procedure perché Crea a sua volta il
diritto, anche per il giudice il diritto è un sistema di norme nella fase dell’interpretazione perché è il
risultato Di una procedura. In poche parole il giudice deve applicare Una norma. E quella norma è il
risultato di una procedura. Quindi per un momento il giudice concepisce Il diritto come un sistema di
norme, da quel punto in poi si avvia una procedura Perché nell’applicazione di Quella norma stiamo
continuando Quel processo che costituisce l’esperienza giuridica.

Sorvoliamo il punto di vista interno ed esterno di Hart. Perché non ci serve.

La quarta coppia concettuale È quella delle connessioni qualificatorie e connessioni Classificatore


Qualificatorio sta per definitorio teniamolo come equivalente questo aggettivo, Si parla di connessioni
classificatorie quando si afferma che norme o Sistemi di norme, non ottemperanti ad un determinato
criterio morale non sono norme giuridiche O sistemi giuridici per ragioni concettuali e normative, quindi
una connessione classificatoria è una connessione forte.

Invece si tratta di connessione qualificatoria quando si afferma che norme o sistemi di norme non
ottemperanti ad un criterio morale mantengono sì un carattere di norme giuridiche o Di sistemi giuridici,
ma, Per ragioni concettuali o normative, sono norme giuridicamente viziate o sistemi giuridici
giuridicamente viziati.

È evidente ,quindi, che la connessione qualificatoria o definitoria è una connessione debole perché sono
viziate ma restano comunque norme giuridiche e non perdono quel carattere giuridico.

Perciò la connessione classificatoria è forte perché li vi è la perdita della giuridicità ragion per la quale lui ha
dovuto limitare la portata della connessione concettualmente necessaria, dell’argomento analitico. Nella
connessione qualificatoria o definitoria non vi è la perdita della giuridicità, quindi la norma può essere
applicata, è giuridicamente viziata ma resta sempre giuridica la norma. Una cosa importante è il fatto che il
vizio affermato e il vizio giuridico E non puramente morale. 25
perché è importante sottolineare questo? perché la critica ad un indebolimento del contenuto morale non
deve venire dall’esterno. Deve venire dall’interno vale a dire: non è che facendo riferimento ad un sistema
morale, quindi, un sistema esterno O addirittura estraneo al sistema giuridico possiamo criticare un
eventuale mancanza di contenuto morale, dobbiamo farlo dall’interno stesso del diritto quindi il vizio deve
essere un vizio giuridico e non un vizio morale, se fosse un vizio morale pensateci saremo al di fuori del
sistema giuridico, quindi, se fosse un vizio morale parleremo un linguaggio morale invece Alexi interna
l’elemento morale E glli da una veste giuridica Proprio per renderlo diritto per renderlo giuridico. Questo è
importante ( Ossia internare l’elemento morale) perché il giudice quando deve decidere il caso dubbio Non
deve uscire dall’ordinamento giuridico, ma, rimane all’interno dell’ordinamento giuridico stesso.

Quindi non ha bisogno di fare riferimento ad un altro sistema Di regole. Internando l’elemento morale
abbiamo questa possibilità importante che il giudice ha un altro elemento Quando deve prendere una
decisione, insomma, tutti i casi complessi come il caso dubbio quando vi è un eccesso di normazione o la
norma indeterminata e quindi avrà più prospettive di interpretazione.

Perciò il vizio tornando al testo deve essere giuridico perché dobbiamo rimanere all’interno del sistema
diritto, argomenti che mirano a Connessioni qualificatore assumono Che nella realtà di un sistema Giuridico
sono necessariamente contenuti ideali giuridici si potrebbe parlare perciò di posizione ideale anziché
qualificatorie.

Le righe successive concentratevi soltanto su una lettura Per comprendere che le connessioni sono davvero
tante le connessioni.

Quinta ed ultima coppia di combinazioni concettuali sono:

La distinzione tra argomento analitico e argomento normativo

Saltiamo la pagina 24

Siamo a pagina 25 quarto rigo:

Qui la molteplicità delle tesi è stata già ridotta sotto un profilo Specifico si partirà da un concetto di diritto
Che include un concetto di validità.
Dice in che modo possiamo parzialmente Ridurre le varie combinazioni, nella prima coppia concettuale
concetti non indipendenti e dipendenti dalla volontà: ha detto preferiamo un concetto dipendente dalla
validità, perché ci consente di individuare l’autorità che pone in essere il diritto e quindi di non scivolare nel
problema di un ordinamento ideale, naturale o morale.

avendo già preso posizione Alexi all’interno di questa coppia concettuale può in qualche modo
ridimensionare, ma non più di tanto, le combinazioni possibili. 26

Un’altra possibile semplificazione nasce Dall’aver posto in primo piano la distinzione tra prospettiva
dell’osservatore dal punto di vista esterno e prospettiva del partecipante dal punto di vista interno.
Le altre distinzioni verranno tracciate nell’ambito di questa dicotomia, la questione ora consiste nello
stabilire se la prospettiva dell’osservatore e del partecipante, risulti appropriata la tesi della separazione o
la tesi della connessione.

Riteniamo ora come punto di partenza di questo stralcio di analisi, come privilegiata la figura
dell’osservatore e guardiamo se dal punto di vista dell’osservatore è corretta la tesi della separazione che è
propria del concetto positivistico del diritto, o la tesi della connessione propria del concetto non
positivistico del diritto.

Il problema del positivismo giuridico viene però più discusso nella connessione qualificatoria, cioè di una
connessione debole tra diritto e morale, si chiede se la relazione di un qualsiasi criterio morale privi le
norme di un sistema giuridico.

Allora come ha definito prima la connessione classificatoria?

La connessione classificatoria non connessa ad un criterio morale fa presupporre la perdita di giuridicità.


Qui che cosa sta dicendo se non la stessa cosa ci si chiede se la classificazione di un qualsiasi criterio morale
privi le norme o un sistema intero di norme giuridico. Quindi sta facendo riferimento ad una connessione
classificatoria di norme non sta dicendo che mantiene la giuridicità pur se è viziata sul piano giuridico.
Quindi dovremmo correggere quell’aggettivo che qualificatorio con classificatorio.

Ripetiamo qual è la differenza tra connessione classificatoria e connessione qualificatoria?

Torniamo a pag 23 “ si parla di connessione classificatoria quando si afferma norme ho sistemi di norme
non ottemperanti ad un determinato criterio morale non sono norme giuridiche o sistemi giuridici per
ragioni concettuali o normative.”

(Torniamo al discorso di pag. 25) Allora ci si chiede se la violazione di un qualsiasi criterio morale privi le
norme o l’intero sistema di norme quindi forse dovremmo correggere questo aggettivo qualificatorio con
classificatorio se dobbiamo ritenere che le righe che seguono sono la spiegazione di questa affermazione
cioè che il problema del positivismo viene ad essere discusso come un problema di connessione tra diritto e
morale, allora se ci stiamo interrogando sul fatto Che le norme o sistemi di norme perdono la loro
giuridicità perché non ottemperano ad un determinato criterio morale allora stiamo parlando di una
connessione classificatoria se ha senso pensare che queste righe stanno spiegando quanto ha affermato in
maniera di tesi.

E poi aggiunge, chi vuole rispondere positivamente alla questione deve dimostrare oltre ad una
determinata soglia di iniquità, (anche se nella traduzione il senso di iniquità è molto più forte perché vuol
dire negazione di un diritto), o di ingiustizia il carattere giuridico viene meno. 27

Quindi qui sta ancora affermando questo nesso forte tra diritto e morale rispetto alla perdita della
giuridicità.
Precisamente questa tesi, circa che nella qualità giuridica in caso di superamento di una soglia di iniquità
prende il nome di argomento dell’iniquità che vedremo più avanti Alexi legherà in maniera inscindibile alla
formula di “Radbruch”, E alla sua applicazione di norme singole o a sistemi giuridici.

Qui sta delineando i passi che presenterà successivamente e fa riferimento ad un argomento che tiene
insieme diritto e morale in riferimento alla perdita della qualità giuridica.

L’argomento dell’iniquità non è altro che la tesi della connessione riferita ad un nesso di tipo classificatorio.

Occorre chiedersi se assumendo la prospettiva del partecipante, la tesi della connessione nella forma
dell’argomento dell’iniquità risulta appropriata, in tale riguardo occorre distinguere tra singole norme di un
sistema giuridico e sistema giuridico nel suo complesso.

Adesso Alexy presenta la formula di Radbruch e viene divisa in due sezioni, qui, invece è presentata in
maniera unitaria.

Se guardiamo da questa accettazione del pensiero di Radbruch vediamo la data 1946 e quindi siamo
all’indomani della seconda guerra mondiale quindi, dopo il crollo della Germania nazionalsocialista e del
suo regime iniquo.

La versione di gran lunga più nota dell’ argomento dell’iniquità proviene dalla formula di Radbruch
La sua formula recita “il conflitto tra la giustizia e la certezza del diritto potrebbe essere risolta in questo
modo:” -diritto positivo assicurato da Sanzione e forza, (perciò l’ordinamento giuridico è coercitivo e
sanzionatorio), conserva il suo predominio anche quando Materialmente ingiusto e inadeguato, quindi
l’ordinamento giuridico seppur ingiusto mantiene il suo predominio.

Cioè continua a regolare la vita degli uomini e chiede di essere osservato e chiede di essere sanzionato
l’inosservanza delle sue regole, A meno che il contrasto tra legge positiva e la giustizia raggiunga una misura
tanto intollerabile, (termine che ha usato il giudice nella motivazione dell’ordinanza del ‘68), Che la legge in
quanto diritto iniquo, (vedete la contraddizione in questa espressione il diritto che non è giusto un diritto
che viola se stesso debba essere piegata alla giustizia).

In che modo si piega la legge intollerabilmente ingiusta alla giustizia?

Se la legge è intollerabilmente ingiusta perde la giuridicità. È questo l’unico modo per piegare la legge
intollerabilmente ingiusta alla giustizia facendole perdere la qualità giuridica.

Perciò detto che l’ordinamento giuridico mantiene il suo predominio anche quando ingiusto però lo deve
mantenere quando c’è una certezza del diritto perciò l’esordio è il conflitto tra la giustizia e la certezza del
diritto. 28 La certezza del diritto è molto importante nella prospettiva di Alexi e vi aggiungo qualcos’altro lui
ha detto che il giusnaturalismo è il lembo estremo delle teorie non-positivistiche, perché creano scompiglio
all’interno di una comunità Poiché hanno l’idea che ogni singola norma Anche quella tollerabilmente
ingiusta perde la sua giuridicità, invece, Da questo punto di vista questa è la strada per risolvere il conflitto
tra giustizia e certezza del diritto mostrando l’importanza di questo valore.

Citando Bobbio egli ritiene. che il diritto se non è giusto non è diritto, egli, essendo un giuspositivista ritiene
che è un elemento costitutivo La certezza rispetto al diritto, a meno ché caso straordinario di cui ha detto
prima Alexi il contrasto sia così intollerabile da piegare la legge alla giustizia.

Qui segue un elenco di decisioni che hanno fatto un esplicito riferimento alla formula di rado Brooke
mostrando come il pensiero di un filosofo abbia trovato applicazione nella prassi del diritto.

Vado oltre la questione è se la formula di Radbruch risulti accettabile dal punto di vista di un osservatore ed
è lì che siamo partiti. Ossia se dal punto di vista dell’osservatore è corretta la tesi della connessione o della
separazione.
Può servire ancora d’ esempio il decreto n. 11 Della legge sulla cittadinanza Del 1941 Dove gli ebrei e gli
immigrati sono privati della cittadinanza tedesca richiamandosi a quella formula il tribunale costituzionale
l’ha considerato nullo ex tunc.

Ciò però accadeva nella prospettiva del partecipante, La motivazione del giudice è quella che abbiamo letto
insieme dove i giudici hanno detto che quella norma è applicata ex tunc.

Mentre dal punto di vista dell’osservatore?

Vediamo un osservatore contemporaneo nel sistema giuridico nazionalsocialista ad esempio un giurista


straniero che volesse redigere un rapporto sul sistema giuridico Nazionalsocialista con una rivista giuridica
del suo paese come lo descriverebbe il caso dell’ebreo privato della cittadinanza?

1)Se l’osservatore descrive il decreto numero 11 in questo modo secondo il diritto tedesco è privato della
cittadinanza l’osservato ore ha fatto una descrizione corretta del decreto numero 11?

Dal punto di vista dell’osservatore che descrive il sistema del diritto, È corretto. Perché descrive senza
valutare senza porsi domande il decreto numero 11, perciò dice senza la necessità di ulteriori commenti
non abbiamo bisogno di aggiungere altro questo è sufficiente a descrivere quanto accade sul piano del
diritto. Non è questo il caso dell’ enunciato.

2) secondo il diritto tedesco A non è privato della cittadinanza come hanno fatto i giudici successivamente.

Quindi se affermiamo con l’enunciato 2 che il diritto tedesco A non è privato della cittadinanza abbiamo
bisogno di aggiungere qualcosa, cioè, abbiamo bisogno di spiegare un enunciato del genere.

Mentre nel primo enunciato non abbiamo bisogno di integrare qualcosa perché è sufficiente a descrivere
Dal punto di vista del diritto quale è la relazione tra il decreto numero 11 e l’ebreo A privato della
cittadinanza. 29

Mentre nel secondo senza un’integrazione tale enunciato risulta falso o fuorviante il che basta già porre in
risalto che nella prospettiva esterna dell’osservatore l’inclusione degli elementi morali e del concetto di
diritto non è concettualmente necessario.
Quindi torniamo a quando aveva affermato in quel passaggio un po’ complesso per dire che dal punto di
vista del concetto positivista del diritto che sostiene la tesi della separazione se ci riferiamo All’osservatore
la tesi della separazione è corretta, quindi non è necessaria l’inclusione della dimensione morale.

Ma ragioniamo Che sempre in questa prospettiva l’inclusione in questione è concettualmente impossibile,


era seconda parte della tesi a Che ha presentato prima, assumiamo che il rapporto tra il nostro osservatore
contenga il seguente enunciato:
3) stando al diritto tedesco hanno privato della cittadinanza, anche se ogni tribunale osserva la lettera di
una norma che secondo criteri di validità di un sistema giuridico È stato stabilito in modo conforme
all’ordinamento, trattano A come se lo fosse.

Tale enunciato in quanto enunciato dell’osservatore contiene contraddizione, Perché per un osservatore e
diritto tutto ciò Che il tribunale e un’autorità decidono alla lettera di norme che secondo criteri di validità di
un ordinamento giuridico effettivo sono statuiti in modo conforme all’ordinamento in tal modo risulta
evidente nella prospettiva dell’osservatore L’uso dell’espressione diritto e cioè del termine diritto in cui
l’inclusione di elementi morali nel concetto di diritto non sono necessari e neanche impossibili, alche non si
può certo replicare come nulla impedisca al nostro osservatore di concludere il suo rapporto con la
seguente affermazione:
Secondo i criteri vigenti in Germania A privato della cittadinanza in modo conforme all’ordinamento. Però
vediamo che in questa situazione l’osservatore si pone nella posizione del critico cioè non sta osservando il
diritto ma si sta interrogando sul punto di giustizia quindi da questo punto di vista abbiamo uno slittamento
di prospettiva un osservatore non si interroga se il decreto numero 11 sia giusto ma descrive che cosa
accade in fatto se si chiede se si può ancora parlare di diritto allora la sua prospettiva si sta allontanando da
quella dell’osservatore e sta diventando un critico, cioè sta dando un giudizio di valore sul diritto e nel caso
in specie sul decreto n.11.

Mi fermo qui ci vediamo la prossima settimana.

mattina

Continuiamo ad analizzare la prospettiva dell’osservatore e ci occupiamo dei sistemi giuridici.


Ricordiamo che l’osservatore fa riferimento ad una dimensione classificatoria e sulla base di questa
premessa noi dobbiamo continuare ad analizzare la relazione tra diritti morali in riferimento ai sistemi
giuridici. L’autore fa richiamo a due diversi tipi di pretese morali. Cita Fuller e Hoffe. Guardiamo il primo e
facciamo riferimento a delle pretese morali di tipo formale perché quando fuller ha individuato gli 8
desiderata, le otto condizioni per fare diritto (in questo testo se ne citano solo alcuni), fa riferimento a dei
criteri che ,in quanto criteri, non hanno preciso contenuto. Sono quindi elementi strutturali per fare diritto.
Infatti troviamo ,se guardiamo a quelli che alexy richiama, i principi dello stato di diritto: la generalità della
legge, il suo carattere pubblico e il divieto di retroattività. Quindi ,se noi parliamo di generalità della legge,
non stiamo facendo riferimento ad una singola legge ma ad un elemento che puo’ essere riempito non con
ogni contenuto ( alla Kelsen), ma comunque con un ampia varietà di contenuti che però devono rispettare
tutti gli otto desiderata.

Non è che,dal punto di vista di fuller, per essere formali, questi otto desiderata, siano indifferenti
alla giustizia altrimenti non avremmo chiamato il libro con il titolo che ha. Si dice solo che questi otto
desiderata sono condizioni per fare diritto senza le quali non si puo fare un ordinamento, aggiungiamo
qualcosa, che sia efficace.

Di fronte alle pretese materiali si pone Hoffe. Il riferimento è essenzialmente a dimensioni di


sicurezza collettiva come il divieto dell’assassinio e dell’omicidio, del furto e della rapina. Ci troviamo di
fronte a divieti elementari perche ci possa essere una vita in società. Si chiede l’astensione da
comportamenti dannosi.A differenza della indicazione di Fuller ci troviamo di fronte ad indicazioni
concrete. Hoffe da indicazioni precise guardando ( possiamo usare il linguaggio di Fuller) alla morale del
dovere, alla morale elementare perché si possa costituire una relazione minima tra individui.

Alexy,nelle righe che seguono a pag. 30, facendo riferimento a Spinoza che dice “uno stato,per
avere vita lunga, deve riconoscere alcune libertà”, dice che un sistema giuridico che non sia rispettoso di
queste pretese, formali o materiali, non puo essere durevole nel tempo. Uno stato che non riconosce i
valori fondamentali,gia conosciuti con Peces Barba, certamente incontrerà forti resistenze e ribellioni. Pero
dice Alexy che lui non guarda la questione da questo punto di vista perché, questo profilo, è un profilo
empirico che qui non interessa perché lui fa un’analisi concettuale .

Cerchiamo ora di comprendere se vi siano elementi necessari perché si possa parlare di sistema
giuridico dal punto di vista concettuale, sul piano del concetto di diritto in riferimento al sistema giuridico (
perché se parliamo di norma giuridica stiamo parlando ancora di diritto ma ci stiamo riferendo ad un
elemento del sistema,qui invece guardiamo al sistema nel suo complesso(insieme ordinato di norme)).
L’elemento morale è necessario perché si possa definire un sistema come giuridico?

Alexy presenta 3 esempi: l’ordinamento insensato , l’ordinamento banditesco e l’ordinamento dei


dominanti. Questi si differenziano per specifiche caratteristiche e questa differenziazione consiste proprio
dall’avviarsi da una dimensione priva di regole e scopi ad una dimensione che si da regole, scopi e mezzi per
raggiungere i propri scopi.

Dal testo pag. 30 guardiamo il primo insieme di regole che egli definisce insensato “si ha un
ordinamento - (gli armati sono i dominanti) concettuali”.

Perché non si puo dire che questo è un ordinamento giuridico per ragioni concettuali?

1-Non ci sono scopi da perseguire ;


2- non si possono perseguire nel tempo gli scopi dei dominati quindi sta a significare che vi è una
provvisorietà per cui è impossibile pensare questo sistema come sistema giuridico ( a questo fa riferimento
anche un desideratum, non citato qui, di Fuller cioè la costanza nel tempo della legge. Una legge che muta
troppo frequentemente non consente di rendere efficace quell’ordinamento medesimo.

Infatti,aggiungerà Fuller, nelle conseguenze, una legge che muta troppo rapidamente si avvicina
alle conseguenze della violazione del divieto di retroattivi perché l’individuo non ha il tempo di organizzare i
propri affari che già la legge muta e l’individuo si troverà a violarla.);

3- i soggetti che detengono il potere non hanno regole che ordinano il comportamento reciproco;

4- impartiscono comandi in parte contraddittori (anche Peces Barba ne ha parlato richiamando


fuller nel valore della sicurezza giuridica in relazione al diritto). Le antinomie sono uno scoglio nella vita del
diritto quindi vi è un’altra violazione;

5-sono mutevoli i comandi nel senso che non vi è un’omogeneità dei comandi: qui possiamo
richiamare la violazione del principio ,richiamato prima, “la legge deve essere costante nel tempo”;

6- comandi in parte irrealizzabili : altro desideratum di Fuller “norme che chiedono l’impossibile”,
quindi il legislatore deve essere ragionevole perché una norma possa essere realizzata.

Perciò ,se siamo partiti dalla premessa che c’è bisogno di soddisfare pretese morali formali o
materiali, di fronte ad un siffatto sistema non possiamo affermare che esso è giuridico. Possiamo dire che
sono ragioni concettuali ad orientare questa conclusione.

anche nel secondo esempio non siamo di fronte ad un sistema giuridico per ragioni concettuali ma ,
c’è gia qualcosa ,che ci traghetta verso un sistema giuridico.

Pag. 31:“L’ordinamento insensato-organizzati” si introducono un insieme di regole che portano il


senso della giuridicità anche se non è ancora precisamente definito. Infatti “ si introducono-comando” cioè
i soggetti che detengono il potere si organizzano nelle loro relazioni introducendo una regola e una
gerarchia di potere. “Assumiamo-confronti dei banditi” quindi abbiamo i dominati completamente in balia
degli interessi che i dominanti intendo perseguire. “Lo scopo-concettuali”. Quindi se scindiamo il sistema
giuridico nella parte che riguarda le relazioni tra i soggetti che detengono il potere, quindi sul piano
orizzontale forse possiamo ,sostiene alexy,possiamo trovare il sistema giuridico. Ma se ci riferiamo alla
relazione tra dominanti e dominati non possiamo fare un’affermazione di questo tipo. Anche nel secondo
esempio dunque non siamo di fronte ad un sistema giuridico per ragioni concettuali.
Qual è lo snodo che farà la differenza nel terzo esempio? Pag.32 “i banditi si- legittimazione”
legalità-legittimità . La legittimazione mostra la possibilità ,per alexy, di giustificare l’ordinamento.
Giustificare vuol dire mostrarne la giustezza. “Assurgono- regole” quindi le regole non valgono piu soltanto
nel gruppo che detiene il potere ma anche in riferimento ai dominati. “Si dice- giusta” perciò l’argomento
della giustezza ,“perché funzionale-popolo”. Quindi l’introduzione dici regole, di scopi perseguiti attraverso
queste regole, l’individuazione dei mezzi per raggiungere questi scopi, i soggetti che questi scopi devono
perseguire, le relazioni tra questi soggetti che perseguono questi scopi e l’istituzionalizzazione. Per questi
motivi siamo in presenza di un sistema giuridico. Perciò ,dice alexy ,“si supera una soglia- di fronte a
ciascuno”. Ponete attenzione qui: ha esordito dicendo che il sistema è comunque estremamente ingiusto
perche vi è uno sfruttamento costante dei dominati eppure, questo sfruttamento, viene legittimato agli
occhi dei destinatari di queste regole pur estremamente ingiuste. Quindi il senso è che ,per alexy, il sistema
giuridico per essere tale deve necessariamente avanzare una pretesa di giustezza, vale a dire, chi detiene il
potere deve mostrare giusto quanto sta richiedendo ai destinatari anche se ,di fatto, questa è ingiusta. “La
pretesa-classificatorio” avendo un significato forte è classificatorio per quella coppia concettuale
classificatorio qualificatorio che abbiamo visto essere importante per la definizione di concetto di diritto. Le
righe che seguono non aggiungono nulla all’analisi quindi passiamo alla prospettiva del partecipante a pag.
34. Nelle prime righe riassume la posizione dell’osservatore e le conclusioni a cui è giunto. E cioè che, dal
punto di vista dell’osservatore, la tesi della separazione è una tesi corretta. Guardiamo ora se è anche
corretta dal punto di vista del partecipante. Indica ora i tre livelli di indagine attraverso l’individuazione di
tre argomenti : giustezza, dell’iniquità e dei principi. Guardiamo a quello della giustezza. Abbiamo appena
visto che i sistemi giuridici devono avanzare necessariamente una pretesa di giustezza. Pag.34 par.4.1
“sistemi normativi avanzano-giustezza”.

Qui inizia riassumendo quanto detto in precedenza. Poi passa dall’analisi del sistema all’analisi di
singole norme e singole decisioni giudiziarie dove la pretesa di giustezza ha esclusivamente un significato
qualificatorio. Quindi, se in riferimento ai sistemi giuridici dobbiamo scindere la pretesa di giustezza che
viene avanzata ( funzione classificatoria) dalla pretesa di giustezza che viene avanzata ma non assolta (
funzione qualificatoria), quando parliamo della singola norma giuridica e della singola sentenza noi ci
troviamo di fronte soltanto ad una connessione qualificatoria. Quindi la singola norma o la singola sentenza
resta comunque giuridica. Può essere giuridcizamente viziata ma non perde il carattere della giuridicità.

Pomeriggio

Troviamo a pag. 35 2 esempi per confutare la tesi che una pretesa morale non sia necessariamente
connessa al diritto. “Per quanto riguarda-ingiusta” ciò che interessa qui rilevare è che vi sia un vizio.
Naturalmente bisogna indagare che tipo di vizio si tratti. Se avete capito il pensiero di alexy, l’autore
individuerà un vizio concettuale. Il problema è certamente fondamentale rispetto ad altri tipi di dimensioni
di vizio che ora vediamo.

Allora il primo vizio, che egli definisce tecnico guarda all’opportunità di inserire una clausola come
quella della ingiustizia nella definizione della repubblica all’interno di questo primo articolo.”il vizio
consista-giusta” diciamo che è un meccanismo di pensiero simile a quello che abbiamo visto prima: è molto
più facile avere una maggiore efficacia se diamo ad intendere ai destinatari che questa forma di governo è
una forma giusta. Allora alexy si domanda :possiamo dire la stessa cosa degli altri elementi inclusi in questo
primo articolo della costituzione? Se ci interroghiamo intorno alla questione x è una repubblica ci
chiediamo se è altrettanto opportuno fare appello a quest’idea che sottende l’idea di una sovranità che
appartiene al popolo. Allora vi è un vizio anche in questa clausola se teniamo conto della premessa da cui
siamo partiti (c’è una minoranza che opprime la maggioranza)? Vogliamo interrogarci sull’opportunita di
chiamare questa forma di governo come repubblicana? Questo potrebbe avere un senso perché è assurdo
invece interrogarsi sulla presenza della clausola dell’ingiustizia. Quindi lui dice che il richiamo al fatto che
questa repubblica si a ingiusta suona assurdo. Non come suona assurdo il richiamo alla forma repubblicana.
Anche lì c’è qualcosa che stride con la posizione dei destinatari. Però il richiamo alla dimensione di
ingiustizia ha una forma di inopportunità maggiore rispetto al richiamo alla forma repubblicana.

Può essere un vizio morale? Potremmo sostituire il richiamo all’ingiustizia facendo riferimento ad
una legge che violi i diritti fondamentali. Per esempio una razza. Ecco questo può essere possibile ma il vizio
continua a sussistere.

Può essere un vizio convenzionale ( la clausola dell‘ ingiustizia viola prassi o convenzioni introno a
morì rituali di elaborare contenuti e enunciazioni della clausola della costituzione)? Anche questo non ci
soddisfa

Dal punto di vista di alexi il vizio è concettuale. Leggiamo a pag. 36 “non resta quindi che il vizio-
giustizia” giustezza come giustezza materiale, giustezza della quotidianità che si oppone alla giustizia
ideale.”un legislatore costituente-pratica”. Spieghiamo quanto letto. Cosa intendiamo per atti linguistici,
espressioni linguistiche in quanto azioni? Facciamo riferimento ad un filosofo del linguaggio di nome John
Austin che avete incontrato a proposito della definizione di diritto come comando nelle prime pagine. Che
si intende per espressioni linguistiche in quanto azioni? Come fare cose con parole(è un’altra espressione
che sintetizza bene il senso degli atti linguistici)? Non siamo di fronte a degli atti che descrivono delle azioni
o ad enunciati che constatano dei fatti. Siamo di fronte ad espressioni linguistiche, percio diciamo atti
linguistici, che attraverso le parole fanno qualcosa. Come fare cose con parole? Ora è chiaro che se
volessimo stilizzare la questione all’origine del mondo ci sarebbe un “fiat creatore”: Dio disse che sia la luce
e luce fu. Ora senza avere questa pretesa pensiamo a qualcosa di molto piu umano. Gli esempi classici sono
ad esempio io ti battezzo, o io vi dichiaro marito e moglie etc...

Quindi si fa qualcosa, vi sono degli effetti che conseguono a determinate enunciazioni. Perciò
possiamo parlare di performativita’.

Quando parliamo di contraddizione performativa facciamo riferimento ad una contraddizione che


c’è tra quello che si dice e quello che poi si fa. Infatti l’esempio seguente ci aiuta a comprendere quanto sta
dicendo qui alexy. Continuiamo a leggere pag. 37 “Nel secondo esempio-falso” quindi questo enunciato vi è
una contraddizione performativa perché da un lato il giudice che condanna e allo stesso tempo si
contraddice.
Quindi a questa sentenza non può seguire l’atto inferiore,secondo la gerarchia kelseniana, che è
l’atto esecutivo. Perciò, dice alexy, se non siamo di fronte ad una contraddizione performativa dobbiamo
interpretare questo enunciato “il giudice può voler dire-regole del diritto positivo”. “Si tratterebbe-pretesa
di giustezza”. Leggete ciò che viene dopo che fa riferimento alle strategie dei giuspositivisti per non
accogliere la tesi della separazione legandola all’argomento della giustezza. Ma sono riprese semplici.

Affrontiamo l’argomento dell’iniquita’ che ha come nucleo centrale la formula di Radbruch che ha
gia enunciato nelle pagine precedenti. Vi sono otto tesi in riferimento all’argomento dell‘ iniquità e
vediamo la sua applicazione a norme singole. Siamo partiti distinguendo tra norme singole e sistemi
giuridici. Vediamo le prime. Non dimentichiamo che siamo ancora nella prospettiva del partecipante.
Sintetizzando pag. 39: abbiamo parlato ,al momento della intollerabilità ,di una soglia che non abbiamo
ancora posto in un punto preciso; poi si enumerano gli 8 argomenti pag.40 prime righe. Questi argomenti
che senso hanno in questo segmento di analisi? Alexy individua 8 possibili obiezioni all’applicazione della
formula di radbruch a norme singole. Naturalmente, posto che lui parla a favore di un concetto positivistico
di diritto, in un modo o nell’altro dovrà superare queste obiezioni. Quindi a questi argomenti risponde con
delle contro obiezioni. Questo va nella direzione di includere elementi morali nel concetto di diritto e in
qualche caso forzerà la sua argomentazione per dare forza alla sua idea di fondo.
Il primo argomento è quello del linguaggio. Qui cita Hoerster, che è un giuspositivista alla Kelsen,
che lancia un’accusa/sfida ai non positivisti. Se non possiamo classificare come diritto il decreto n.11 i non
positivisti dicano quale termine dobbiamo utilizzare. Non un termine qualsiasi,ma che abbia determinate
caratteristiche. “Che dicano-senso morale”. Quindi un termine non sovraccarico in senso morale e quindi
avalutativo che possa sostituire il termine diritto perché nella prospettiva non positivistica il concetto di
diritto è soprattutto un senso morale come nella critica di Hoerster . Alexy per superare questa obiezione
consiglia di riprendere quella coppia concettuale: il diritto come sistema di norme ed il diritto come sistema
di risultati pag. 40 “L’osservatore guarda-persone” l’osservatore descrive come diritto il decreto n.11
perche l’osservatore non è partecipante quindi puo pensare il decreto n.11 o il diritto che lui sta
descrivendo come risultato di una procedura. “Analogamente-procedura” ancora una volta l’osservatore
non partecipa alla procedura “e precisamente-diritto”finché la sentenza applica il decreto n.11 ,che per
l’osservatore è il risultato di una procedura, non c’è contraddizione. Uno degli otto desiderata è proprio la
congruenza tra legge e azione ufficiale. “In caso di mancato accordo- produzione normativa”il giudice ha di
fronte la norma che deve applicare, e quello è il risultato di una procedura quindi anche per il giudice come
per l’osservatore. “Ma essa lo è giustezza.” .Quindi il decreto n.11 è si il risultato di una procedura ma ,da
quella procedura, si avvia una nuova procedura col giudice partecipe. E qui si avanza la pretesa di
giustezza.” A questo punto- diritto”. Che significa? Che quando parliamo di un argomento linguistico non
siamo di fronte ad un argomento concettuale ma siamo di fronte ad un argomento normativo. Siamo
perciò di fronte ad un argomento che non ha il peso di un argomento forte/sostanziale. Siamo ancora sul
piano delle questioni di opportunità. “L’argomento-sostanziale (cioè passiamo dall’argomento linguistico
che è comunque un argomento meno pesante ad un argomento sostanziale)-11” Quale potrebbe essere
una ragione giuridica perche’ il giudice non applichi il decreto n.11? Che sia una legge intollerabilmente
ingiusta e vi sia una totale violazione dei bisogni fondamentali dell’uomo.” Ed emetta-inadeguata” perché
se il giudice ha buone ragioni per non applicare il decreto n.11 troveremmo una inadeguatezza tra la norma
da applicare e la sentenza. “Poiché-giuridiche” non sono buone ragioni morali : il giudice presenta buone
ragioni sul piano del diritto( dobbiamo tenerci sempre all’interno del diritto e non uscire facendo appello al
sistema morale).

”Poiché questa-sentenza” se il giudice ritiene che vi siano buone ragioni giuridiche per non
applicare il decreto n.11 e poiché le buone ragioni sono giuridiche avremmo una contraddizione tra quello
che sarebbe diritto ,il decreto n.11, e la sentenza che è a sua volta diritto seppur nella forma della norma
individuale. “La contraddizione - prima facie” cioè ha solo l’apparenza del diritto “ma non-applicazione” la
norma intollerabilmente ingiusta perde la sua qualifica di giuridicità quando supera la soglia dell’estreama
ingiustizia. Quindi il giudice che pesa l’estrema ingiustizia del decreto n. 11 può superare la contraddizione
affermando che il decreto n. 11 è diritto solo nella forma. La forma è giuridica ma il contenuto,il nucleo di
senso, è di estrema ingiustizia. In questo modo verifichiamo una perdita di giuridicità di una norma
estremamente ingiusta. In premessa vi ho detto che alexy guarda solo al lavoro del giudice quindi non si
pensa al lavoro del legislatore che pure dovrebbe porre grossi problemi al diritto. E dobbiamo guardare al
passaggio tra la norma che pure sembrerebbe ingiusta e la sua applicazione. “Se vi sono- falso” quindi, in
questi passaggi , alexy ha smontato la tesi che si poggiava, all’inizio, su considerazioni che si basavano solo
su caratteri di opportunità facendo ricorso ad una tesi sostanziale, che è una tesi forte, che pone nel nulla
l’obiezione di Hoerster.
Guardiamo all’argomento della chiarezza. Hart è ormai conosciuto, è un giuspositivista, ha una
dimensione giusrealistica ed ha ampiamente contestato il concetto non positivistico di diritto. Guardiamo
un primo riflesso di questa polemica. “Giacché-filosofia” hart qui dice che il concetto non positivistico di
diritto confonde il piano giuridico con il piano morale. Le leggi possono essere si giuridicamente valide e se
sono inique non vanno osservate. Ma questa è una protesta morale, non giuridica. Quindi noi protestiamo,
facciamo appello a buone ragioni per usare l’espressione di alexy, che non sono giuridiche ma morali.
Quindi contestiamo una legge, il decreto n. 11 attraverso argomenti morali. Invece lo sforzo di alexy è
quello di utilizzare buone ragioni giuridiche per contestare la legge intollerabilmente ingiusta. Perciò
l’argomento della chiarezza è in qualche modo complementare all’argomento del linguaggio, quindi stanno
insieme perché stiamo ancora interrogandoci intorno alla questione linguistica del termine diritto. Infatti “A
prima vista-chiaro(da qui l’argomento della chiarezza)-contenga” questo è vero perciò, dice alexy , questo
argomento ha una certa forza di legittimità. Se noi eliminiamo l’elemento morale, alla maniera di Kelsen (il
diritto può avere qualsiasi contenuto),e diciamo che è sufficiente a definire il concetto di diritto quello della
validità e dell’efficacia,noi con questo concetto possiamo descrivere qualunque ordinamento giuridico di
qualunque tempo,luogo, segno politico giusto e ingiusto. Un concetto positivistico di diritto può descrivere
come diritto qualunque ordinamento giuridico. Perciò il concetto più chiaro: nel momento in cui noi
inglobiamo l’elemento morale certamente ci troveremo di fronte ad un’operazione più complessa nel
descrivere come diritto l’ordinamento giuridico che abbiamo di fronte. Quindi inglobare un terzo elemento
rende sicuramente piu complesso e, nella prospettiva giuspositivistica, meno chiaro il concetto di diritto.
Vediamo qual è la contro obiezione di Alexy. “Occorre-adeguatezza” quindi è vero che un concetto piu
semplice può essere piu facile da utilizzare perché nella sua semplicità è piu chiaro. Questa semplicità e
chiarezza non deve essere perseguita a scapito della adeguatezza del concetto di diritto. Alexy è partito
proprio dalla domanda “qual‘ è il concetto di diritto adeguato?”. Privare questo concetto dell’elemento
morale, fondamentale per alexy, renderebbe questo concetto monco. Siamo partiti da una tesi della
connessione concettualmente necessaria tra diritto e morale. Se spezziamo questa connessione stiamo
rendendo inadeguato il concetto di diritto. Ecco un concetto di diritto positivistico non potrebbe spiegare il
senso dei diritti fondamentali. Allora la contro obiezione qui è costruita proprio sul fatto che in favore della
semplicità o chiarezza non si possono compiere operazioni di mutilazione o amputazione. “Inoltre anche-
chiaro.” Vale a dire, perché un concetto complesso deve essere così oscuro? Un concetto complesso può
essere anche piu chiaro di uno che abbia perso gli elementi necessari a definire ciò che intende definire,
cioè l’oggetto. “Non si deve-abituale”. Qui è un po’ ironico perché dice che la semplicità non è in vista dello
studioso del diritto perché il giurista dovrebbe essere abituato a maneggiare concetti complessi. Anche
l’uomo della strada, che percepisce il diritto come giustizia, quando si priva dell’elemento morale non sarà
più in grado di capire il senso di quella definizione.
Anche l’uomo della strada allora è abituato a concepire il diritto come giustizia in maniera
spontanea. Continua Alexy dicendo che si corre il rischio di confondere l’uomo della strada nell’apprendere
che L’ ingiustizia e’ ciononostante diritto. Se noi chiedessimo all’uomo della strada di valutare il decreto n.
11 lui non direbbe che quello è diritto perché è una profonda violazione del senso di giustizia che è insito
nell’uomo. “ la non chiarezza-generale” alexy nelle pagine precedenti aveva parlato di una soglia oltre la
quale la legge diventa estremamente ingiusta e perde la sua giuridicità. Egli aveva aggiunto che non
importava in quel momento stabilire dov’era. Ora sta iniziando a porre la questione. È difficile segnare la
soglia tra ingiustizia tollerabile e intollerabile. Quando siamo di fronte a casi estremi ,come quello del
decreto n.11, è facile dire che siamo di fronte ad una norma intollerabilmente ingiusta e le sentenze che ha
citato dicono proprio questo. Ecco le norme che sono al limite della soglia rendono certamente
problematica l’individuazione della stessa. Dice però alexy che questo problema non riguarda il problema
della chiarezza ma quello della certezza. Quindi sposta in avanti l’individuazione della soglia. “Quanto
detto-estrema” hart e Hoerster sono giuspositivisti estremi alla Kelsen , per loro anche una norma
estremamente ingiusta è valida. Che poi dal punto di vista morale noi riteniamo di non doverle obbedire
questa è un’altra questione. “Ciò-diritto” vi ho ricordato il passaggio dove Kelsen definisce diritto tanto
l’ordinamento nazista quanto quello della Francia democratica. “Ma ciò- fronte” cioè si confonde il piano
giuridico con il piano morale perciò vi è un occultamento della nature del problema. Il problema è
esclusivamente morale se ci muoviamo dal punto di vista della valutazione dei contenuti delle singole
norme giuridiche. Perciò nella citazione che abbiamo visto insieme si parla di una critica moralistica e di una
discutibile filosofia. Secondo Hart siamo di fronte ad un modo inadeguato di concepire il diritto. Quindi
quelle teorie filosofiche che sovrappongono il piano morale a quello giuridico sono teorie destinate a fallire
la loro analisi. “Il positivista-etiche” cioè dal punto di vista della critica morale. “Il non positivista-giuridico”
vale a dire che non vi è una sovrapposizione tra dimensione etica e giuridica ma vi è un’identificazione. Al
livello dell’ingiustizia estrema il problema giuridico è un problema etico. Ne parlerà più avanti ma è
comunque utile dire ora che il contenuto della norma è morale e la sua forma è giuridica. Quindi noi
abbiamo bisogno di un nucleo morale perche d fronte ad una legge intollerabilmente ingiusta si possa
affermare che il problema è al contempo etico e morale. Cioè non vi deve essere sovrapposizione ma
devono essere due facce della stessa medaglia, vi deve essere identità. “La sua argomentazione-
sostanziale” quindi anche nel caso dell’argomento della chiarezza non siamo di fronte ad un argomento di
opportunità (eliminiamo la morale così è più facile individuare il diritto) ma ,siamo di fronte, a tesi
sostanziali. “Questa-filosofico” riprende la definizione di Hart. “Ma questa obiezione-positivismo” cioè si
può usare anche contro i positivisti “ su questo-positivista”

Pausa

Alexy analizza l’argomento dell’effettività su due piani. Richiama il tedesco Radbruch che non era
solo un filosofo ma anche uno studioso di diritto penale e che prima dell’esperienza nazista era un
positivista e un relativista e quindi sosteneva la possibilità di un diritto positivo che non fosse offerto di
critica morale pur ammettendo che nella prospettiva relativista si accoglieva la tolleranza, il pluralismo .
Dopo l’esperienza della Germania nazionalsocialista Radbruch ha posto questioni fondamentali per la
definizione del diritto guardando anche alla pressione che una teoria può avere sulla prassi. “Il positivismo-
di non diritto” qui si sottolinea che la teoria , il concetto di diritto, avrebbe influito pesantemente sul
comportamento dei tedeschi. I tedeschi non abituati al rispetto delle regole avevano un concetto di diritto
che aveva sostenuto l’idea del rispetto delle regole che aveva generato poi la tragedia che purtroppo
l’umanità ha conosciuto. Cos arisponde Hart di fronte ad una affermazione del genere?” A tale riguardo-
ingiuste” questa affermazione diventa speculare rispetto a quella che ha fatto Radbruch. Egli infatti aveva
affermato che il concetto positivistico di diritto aveva influenzato il comportamento dei tedeschi. È cosi
nella prospettiva della critica di Hoerster e non è così tanto per quanto riguarda il concetto positivistico di
diritto tanto per quanto riguarda il concetto non positivistico di diritto.

Una teoria non può influire sul comportamento degli individui e, quindi, anche il concetto non
positivistico di diritto non può avere la pretesa di condizionare positivamente , nell’ottica non positivistica il
comportamento dei destinatari. “Hoerster-vigente” quindi è una legge valida conforme alla norma di rango
superiore e se è stata prodotta attraverso e le procedure e gli organi preposti non può che essere
applicata. Quindi “viene applicata- diritto” il problema è fondamentalmente questo : che chi ritiene che la
legge (facciamo riferimento al partecipante ma anche all’uomo della strada) sia intollerabilmente ingiusta e
non deve essere applicata sta violando il diritto vigente e quindi deva andare incontro alla sanzione perche
abbiamo parlato dell’efficacia come osservanza e sanzionamento della inosservanza. “Tutto ciò-diritto”
quindi un concetto di diritto non positivistico avrebbe le ali spuntate di fronte a un diritto che ,pur
immorale ,resta comunque diritto e deve essere applicato. “La tesi- affermando(questa è la dimensione piu
complessa del problema)-ingiuste” vale a dire un concetto non positivistico di diritto non solo non è di
vantaggio nella lotta ad una legge intollerabilmente ingiusta ma addirittura è svantaggioso per il progredire
della causa morale . “Con la sua-comunità “ quindi emrge questa seconda dimensione del problema dell‘
effettività e che , non solo, un concetto non positivistico di diritto è inutile di fronte ad una legge
intollerabilmente ingiusta (primo livello) ma ,soprattutto, identificando il diritto con la morale, si corre il
rischio di legittimare acriticamente il diritto. Vediamo questa seconda tesi che alexy giudica più complessa.
Pag. 47 secondo capoverso “ il pericolo-morale.” Cioè inglobando l’elemento morale solo allora possiamo
dire che quella norma è giuridica altrimenti perde la sua giuridicità. È da qui che siamo partiti nella
definizione di concetto non positivistico di diritto. “Quando formulano- è legale è morale” quindi qual è il
rischio dell’ inclusione dell’elemento morale? Di far si che ogni norma giuridica sia concepita come morale.
Questo perché se noi partiamo dalla premessa che è giuridico ciò che è morale, una norma è giuridica solo
se includeelementi morali, allora una norma giuridica è per sua natura morale. Allora qual è il rischio? È che
si spuntano le ali di quella critica morale che abbiamo visto prima essere necessaria alla lotta contro
l’ingiustizia tenendo distinti i due piani: cioè ,dal punto di vista della critica giuspositivistica, inglobando
l’elemento morale si identifica il diritto con la morale e quindi ciò che è giuridico è anche morale. Allora
,come facciamo a criticare una legge giuridica se è per suanatura morale? Non possiamo piu dire che è una
legge immorale, non possiamo piu dire che è una legge intollerabilmente ingiusta perché se è diritto è per
sua natura morale. Quindi una critica morale non sarebbe piu possibile( questo dal punto di vista del
pensiero kelseniano e di Hoerster). “ se prendiamo- forte (adesso alexy aggiunge una riflessione alla tesi
della connessione debole)-diritto” ma la tesi di alexy è una tesi della connessione debole. “L’obiezione-
inopportuno” quindi quando Radbruch ha detto che la norma intollerabilmente ingiusta resta diritto, ha
detto che su questa formula possiamo costruire una tesi si della connessione, ma una tesi debole della
connessione. Debole non nel senso che non è classificatoria, perché è classificatoria (Perché la norma
intollerabilmente ingiusta perde la sua giuridicità e qui la tesi della connessione ha il carattere forte),ma è
debole al di sotto della soglia perché qui la giuridicità viene mantenuta. Quindi dobbiamo immaginare che
al di sopra della sogli c’è la perdita della giuridicità e quindi qui abbiamo una connessione forte tra diritto e
morale. Al di sotto della soglia invece la giuridicità viene mantenuta seppur di fronte ad una giuridicità
viziata. Allora perche tesi debole della connessione? Perché è una tesi fortemente circoscritta quando
sposta il nesso forte tra diritto e morale solo al di sopra della soglia. È solo li che opera in maniera forte la
connessione tra diritto e morale. Al di sotto della soglia la connessione non ha la forza di spezzare il nesso
tra giuridicità e validità. Quindi a questo punto, dice Alexy, abbiamo bisogno di circoscrivere la portata della
formula di Radbruche e quindi le analisi che seguono saranno tutte nella direzione di contenere quanto più
è possibile la pressione e la forza dell’argomento dell’iniquita’ che toglie giuridicità ad una norma. Che
significa togliere giuridicità ad una norma? Vuol dire non ammettere la possibilità che abbia degli effetti
giuridici ( abbiamno visto prima che il giudice non deve applicare la norma intollerabilmente ingiusta
perché altrimenti produce ingiustizia). Cosa porta con se questa disapplicazione all’interno dei rapporti
interindividuali? Perché non dobbiamo disapplicare la norma tollerabilmente ingiusta? Perché dobbiamo
salvare la certezza del diritto.

Quindi anche la norma ingiusta deve essere applicata altrimenti porteremmo totale scompiglio alla
vita di relazione e al diritto all’interno della società. Alexy più avanti, quando verificherà l’applicazione della
formula di Radbruch agli interi sistemi giuridici, dirà che non è possibile invalidare un intero sistema perché
una comunità ha bisogno di regole, anche tollerabilmente ingiuste. Altrimenti si cadrebbe in quello stato
pregiuridico che ingenuamente tanto giuspositivisti quanto i giusnaturalisti hanno chiamato stato di natura.
Quindi abbiamo sempre bisogno di mantenere un insieme di regole che ha il senso del sistema di diritto che
è capace di regolare la vita di una comunità. Questo consente anche ad alexy di spiegare che un
ordinamento giuridico, anche come dice Bobbio, non nasce mai dal nulla ma è sempre il frutto di una
sedimentazione. Quindi a un vecchio ordinamento giuridico si sovrappongono altre norme e questo
consente l’evoluzione del diritto ( basti pensare a quello che è accaduto in Italia col crollo del regime
fascista :non si è azzerato completamente il vecchio ordinamento ma abbiamo eliminato le norme
intollerabilmente ingiuste. Quindi quell’ordinamento è sopravvissuto. ).Dice alexy quello che residua
dall’applicazione della formula di Radbruch a norme singole è comunque sistema di diritto e questo in vista
della certezza del diritto che si contende il predominio con la giustizia. Quindi solo quando vi è un
intollerabile ingiustizia la certezza del diritto fa un passo indietro. Questo la capiremo meglio quando
affronteremo l’argomento della certezza del diritto. “ la tesi debole-critico” non porta all’identificazione tra
diritto e morale al di sotto della soglia. Al di sopra della soglia l’estrema immoralità pesa tanto da eliminare
la giuridicità della norma in questione. “La differenza-morale” proprio Hart ha parlato di un contenuto
minimo di diritto naturale. “Ma la controreplica-giustizia”. Quindi tesi debole della connessione vuol dire
una tesi della connessione che non opera sempre e comunque ma solo al di sopra della soglia.

Ora un richiamo ad un problema che chiama in causa il non cognitivismo etico. È evidente che un
concetto non positivistico di diritto non può sposare una tesi non cognitivistica, deve necessariamente
ammettere qualche possibilità per l’uomo, soprattutto attraverso la ragione di individuare la fondabilita’ di
un giudizio morale. “Se ammettiamo-scopi” quindi ammettiamo la fondabilita’ di un giudizio morale. È il
cognitivismo etico, non quello estremo del giusnaturalismo dove parliamo di una oggettività dei giudizi
morali. Qui alexy deve indebolire la pretesa di un giusnaturalismo di questo tipo che non ha piu ragione di
essere. Deve ammettere il pluralismo delle dimensioni morali senza però sconfinare nel soggettivismo e nel
relativismo etico. Allora lui parla di una fondabilita’ di una qualche forma di giudizio morale. Quindi un
pluralismo delle morali che fonda i giudizi morali. E come si può raggiungere un accordo intersoggettivo?
Proprio attraverso l’esercizio della ragione per individuare possibili compatibilità di giudizi morali. Infatti in
una forma estrema di relativismo etico, dirà Hoerster, anche la morale nazista sarà accettabile. Se noi non
abbiamo elementi per fondare il giudizio morale allora ogni morale sarà accettabile. Però a questo punto
diventa davvero complesso trovare un piano sul quale contare perché il soggettivismo porterebbe
ineviltabilmente al soggettivismo e quindi alla deriva soggettivistica. Alexy quindi deve evitare il rischio
dell’oggettività del giusnaturalismo e dall’altro il rischio del non cognitivismo etico. Quindi lui si colloca in
mezzo in una dimensione di intersoggettività che è possibile proprio perche ragionevolmente gli uomini si
mettono d’accordo sul concepire cosa può essere il diritto capace di tutelare i bisogni fondamentali
dell’uomo. D’altronde cosa sono se non l’espressione di questa ragionevolezza dell’uomo rispetto a dei
giudizi morali. “La soglia-morali” cioè quando non si soddisfano almeno le necessità radicali evidentemente
stiamo violando quel senso di libertà egualitaria che da vita all’esperienza dei diritti fondamentali. Questi
sono un nucleo minimo di pretese morali.“L’elementare-razionale” qui alexy dice che è la ragione che aiuta
a fondare questo minimo di pretese morali. “Se tale- estrema” quindi se l’uomo è capace di distinguere
quello che è morale da quello che è estremamente immorale attraverso l’uso della ragione allora cade
l’obiezione giuspositivistica. “O quantomeno-ordinamento” fa riferimento ad uno studioso tedesco di nome
Ott. In realta lo stesso Fuller proprio in riferimento alle leggi razziali dice che queste violavano il
desideratum della pubblicità ( es. negozi ebrei). “Otteniamo-confini”.

Filosofia del diritto

4
Seconda obiezione, cioè l’inefficacia del concetto non positivistico di diritto. Alexy richiama la
posizione giuspositivistica, in particolare Kelsen e Hoerster, che sostengono che in fondo un giudice
(prospettiva del partecipante) che applica la legge intollerabilmente ingiusta per ragioni o morali o
giuridiche negli effetti compie la medesima cosa:
p.49: ‘per un giudice di uno Stato di non diritto…. richiamandosi a Radbruch.’
Vale a dire che l’opposizione sia dettata ragioni morali o da ragioni giuridiche non fa alcuna
differenza.
Alexy dopo introduce un altro concetto, non sostanziale, ma di fatto. Però può essere utile a
confutare alcune obiezioni, infatti, parla di una serie di differenze. Una prima differenza consiste nel
guardare alle pratiche giuridiche; concetto di pratica giuridica è usata anche più avanti perché
queste pratiche possono aiutare il giudice a tenere determinati comportamenti, cioè possono essere
d’aiuto nell’orientare nella decisione:
p.49: ‘una prima differenza consiste nel guardare alle pratiche giuridiche, anziché al singolo
giudice che valuta la legge ingiusta in coscienza. Se dalle pratiche giuridiche emerge un
ampio consenso sul fatto che la realizzazione di un minimo di pretesa di giustizia…. ma da
argomenti legati alle pratiche giuridiche’
Da non dimenticare che il problema è ancorare il dissenso del partecipante su ragioni giuridiche e
non morali. Il discorso su cui Alexy insiste è legato a questo piano. Quindi, le pratiche giuridiche
sono ciò che una comunità fa o sposa quando ritiene vi siano dei valori da condividere. Se una
prassi è diffusa, quindi vi è un ampio consenso, il giudice non è solo nella decisione di disapplicare
la legge intollerabilmente ingiusta. Se queste pratiche giuridiche hanno come nucleo di senso l’idea
che devono essere contenute nel diritto le pretese minime di giustizia, cioè quegli elementi morali
che Alexy ritiene necessari per definire il concetto di diritto, allora certamente il giudice troverà un
sostegno più ampio e si sentirà più legittimato a disapplicare la norma giuridica che è
intollerabilmente ingiusta. Certo non bisogna farsi tante illusioni perché in un regime iniquo (uno
stato di non diritto) è facile indurre il consenso attraverso la violenza, la corruzione, quindi, di Stati
totalitari che hanno ottenuto un consenso che ha dato vita a pratiche giuridiche non in maniera
spontanea, ma in maniera coatta, la storia ne ha indicati tanti. Tuttavia, se noi guardiamo al
momento in cui un diritto tende ad imporsi, forse in questa fase, quando un regime iniquo non si è
consolidato giuridicamente, prassi, che sono ispirate all’idea di un concetto di diritto che inglobi
pretese morali, possono avere un certo successo, una certa chance di efficacia.
Questione effetto – rischio.
Come detto, queste otto obiezioni sono superate più o meno efficacemente da Alexy. A proposito del
cd. effetto – rischio vediamo una fatica da parte dell’autore ad individuare argomenti ragionevoli
per sostenere la tesi del concetto non positivistico di diritto. Le stesse parole che l’autore usa sono la
spia di questa difficoltà. L’autore dice che noi abbiamo la possibilità di riconoscere un effetto
importante, anche se minimo, al concetto non positivistico di diritto: l’effetto – rischio.:
p.51: ‘Nello Stato di non diritto, la situazione personale di un giudice… Si prenda un giudice
posto di fronte al problema se emanare una sentenza penale terroristica coperta da una legge
ingiusta’.
Si fa riferimento all’applicazione di una legge intollerabilmente ingiusta. Perciò sentenza penale
terroristica, infatti questa porta con sé il senso dell’estrema ingiustizia della legge che sta
applicando. Quindi, la legge intollerabilmente ingiusta deve essere applicata; la sentenza di
conseguenza è intollerabilmente ingiusta.
p. 51: ‘Egli non è né un santo né un eroe. Il destino del convenuto lo interessa relativamente
e comunque non quanto il suo.’:
il giudice può per solidarietà interessarsi al destino del convenuto, però deve anche pensare a se
stesso.
‘Sulla scorta dell’esperienza storica…. sulle eventuali conseguenze di questo crollo.’:
nell’esempio di Alexy questo giudice dovrebbe pensare che un regime iniquo (la storia suggerisce
questo) non è duraturo e può crollare; al suo posto vi sarà uno Stato di diritto.
‘Se è obbligato ad assumere l’accettazione generale…. di non poterla in seguito giustificare
e quindi di essere citato in giudizio.’:
quindi, questo giudice riflette su quello che potrà cadere all’indomani del crollo del regime di quello
Stato di non diritto. Non riflette sulle conseguenze della disapplicazione della norma
intollerabilmente ingiusta durante il regime iniquo nel quale sta operando, ma riflette su quello che
accadrà dopo, al crollo dello Stato di non diritto, e dovrà giustificare il suo operato. La storia cui sta
facendo riferimento Alexy è il processo di Norimberga (si è parlato di giustificazione del proprio
operato). Quindi, il giudice, che non è né un santo né un eroe, dovrebbe preoccuparsi delle
conseguenze future e non di quelle immediate della disapplicazione di una norma intollerabilmente
ingiusta. Tuttavia, come si può pensare che un regime iniquo tolleri che un giudice disapplichi una
legge intollerabilmente ingiusta? Il giudice dovrebbe preoccuparsi delle conseguenze immediate. Se
non è un santo né un eroe, non combatte una battaglia per le idee ma pensa al proprio tornaconto.
Quindi, questa argomentazione, dal punto di vista dei fatti, è debole. Infatti, questo è confermato
dalla frase successiva:
‘il rischio diminuisce se può essere sicuro che il suo comportamento verrà più tardi giudicato
sulla base di un concetto positivistico di diritto.’
Alexy si appella ad un concetto positivistico di diritto, così come è stato fatto dopo il crollo del
regime nazional – socialista, quando si è obbedito alla legge (la legge è la legge). È stato
l’argomento di giustificazione usato in maniera diffusa, anche se non ha retto alla prova della
disumanità dei comportamenti.
P.51: ‘Una generale o prevalente accettazione di un concetto non positivistico di diritto…. crimini
giustificati dalla legge.’:
quindi, abbiamo un giudice immaginario, che guarda ad una prospettiva futura senza guardare alle
conseguenze contemporanee alla sua decisione.
P.52: ‘Ciò può condurre…. a quella stessa ingiustizia’:
quindi, un concetto non positivistico di diritto solleciterebbe per lo meno la non adesione a pratiche
criminali. Solleciterebbe il giudice a non applicare la legge intollerabilmente ingiusta.
‘in tal modo, l’accettazione generale o prevalente…. effetti pratici del concetto non
positivistico di diritto.’:
se vogliamo riconoscere una certa efficacia ad un concetto di diritto, Alexy riconosce al concetto
non positivistico per lo meno una efficacia che pareggia la portata del concetto positivistico. Quindi,
sta cercando di dimostrare che non vi è uno svantaggio nell’accoglienza di un concetto non
positivistico, dal punto di vista della sua efficacia. Che poi sia un vantaggio si può discutere e,
tuttavia, ad Alexy interessa per lo meno tenere in equilibrio le conseguenze dei due concetti.
Il rischio è sempre quello futuro, non quello immediato. Aumenta il rischio perché il giudice, che
applica la legge intollerabilmente ingiusta, deve giustificare la sua applicazione, la sentenza
terroristica. Questa giustificazione sarà richiesta dopo, quando crolla il regime iniquo e si instaura
uno Stato di diritto. Deve giustificare alla luce della legge dello Stato di diritto.
Alexy vuole sottolineare che il concetto non positivistico di diritto è a disposizione del giudice
anche in un regime iniquo e deve poterlo utilizzare, secondo lui con maggiore vantaggio rispetto ad
un concetto positivistico di diritto. Il maggiore vantaggio è che dopo, se il giudice è in grado di
sopravvivere alla disapplicazione della legge intollerabilmente ingiusta, sarà in grado di difendersi.
Tuttavia, quali sono le conseguenze al momento della disapplicazione per il partecipante? Questo
Alexy non lo dice e questa è una lacuna nell’analisi. Il giudice deve anche pesare sulla bilancia le
conseguenze immediate della sua decisione, se non vogliamo pensare ad un giudice che per un’idea
salta sul rogo come Giordano Bruno. È un uomo che nella sua umanità deve pensare a sopravvivere
(non è né un santo né un eroe) e allora non deve certamente pensare ad elementi di sopravvivenza
nel regime iniquo. Forse questo è il primo pensiero che il giudice dovrebbe avere.
Argomento della certezza del diritto
P.52: ‘Un quarto argomento rimprovera al concetto non positivistico di minacciare la
certezza del diritto.’
Il problema della certezza già affrontato. Si parlava della tensione tra giustizia e certezza nel diritto.
Qui Alexy tira le somme dell’applicazione della formula di Radbruck e di pensiero del filosofo
tedesco.
‘Questo argomento concerne…. perdita della qualità giuridica.’
Una tesi forte della connessione non immagina una soglia che funge da limite per la validità di una
norma giuridica. Qui, un qualsiasi criterio di giustizia, può essere un criterio morale, che venga
violato, conduce alla perdita di giuridicità.
‘Se a tali varianti concediamo… l’argomento della certezza del diritto si rafforza in
argomento dell’anarchismo.’
Se concediamo al giudice di porre in discussione una legge che sia ingiusta, ma non
intollerabilmente ingiusta (al di sopra della soglia), allora il giudice può disapplicare la legge. A
questo punto la certezza del diritto viene meno perché ci affidiamo al giudizio del giudice che
ritiene che quella legge sia ingiusta. Questo porta scompiglio all’interno delle relazioni tra
individui. Abbiamo visto come il valore della certezza del diritto sia importante tanto da accogliere
la legge ingiusta nella cornice della legge comunque valida. Quindi, questo tipo di pressione da
parte del valore della giustizia porterebbe a distruggere l’importanza del principio della certezza del
diritto.
‘Qui si tratta esclusivamente della questione se la certezza del diritto… perdita della qualità
giuridica.’
Tesi viene respinta. Alexy dice di abbandonare questa posizione estrema e guardiamo al problema
della perdita della qualità giuridica al di sopra della soglia. Al di sopra della soglia la tesi della
connessione comporta la perdita della certezza del diritto? La questione, quindi, deve essere posta
soltanto per questi casi straordinari. Alexy risponde:
P.53: ‘Se ammettiamo giudizi di giustizia… quanto ha giudicato.’
Questo è il livello epistemologico della contro-obiezione, secondo Alexy, perché, se ammettiamo
che la Ragione sia l’organo che guida l’uomo nella comprensione del mondo, nella sua visione del
mondo, allora possiamo dire che, sulla base di giudizi che sono fondati sulla Ragione, l’uomo può
conoscere quello su cui giudica. Il giudizio è orientato dalla Ragione; la Ragione aiuta l’uomo a
conoscere e, quindi, a giudicare. Perciò si parla di aspetto epistemologico (conoscenza ordinata
dalla Ragione.
‘Vale il seguente enunciato…. tale circostanza è evidente.’
Di fronte alla legge intollerabilmente ingiusta la Ragione parla in maniera definitiva, cioè aiuta
l’individuo a dare un giudizio di valore e, quindi, a pesare l’estrema ingiustizia, perché è evidente
l’estrema ingiustizia, cioè l’estrema ingiustizia si fa immediatamente conoscere. Da qui il duplice
piano: si colloca l’aspetto materiale con quello epistemologico. Di fronte ad un’ingiustizia estrema è
immediatamente evidente la sua perdita di giuridicità (ne consegue immediatamente la perdita di
giuridicità). Di fronte a casi più complessi è difficile dare un giudizio di valore perché non sono
immediatamente evidenti nella loro estrema ingiustizia. Quindi, nei casi estremi, si riconosce
immediatamente l’estrema ingiustizia, perciò il richiamo alla motivazione della sentenza del
Tribunale costituzionale federale tedesco (si parla di evidenza dell’estrema intollerabile ingiustizia).
‘Certo vi sono casi in cui è impossibile affermare… ha un peso del tutto relativo.’
È vero che è più difficile, perché è meno evidente, individuare un’ingiustizia che si avvicini alla
soglia estrema, però, di fronte ad una messe importante di ingiustizia, che l’ordinamento può
garantire, nella peggiore delle ipotesi, non può che essere minimo il deficit di certezza del diritto
legato alla tesi non positivistica della connessione. Minimo perché la tesi della connessione è
classificatoria, opera solo al di sopra della soglia. Solo lì la giustizia prevale sulla certezza del
diritto.
Parlare di tesi debole e tesi forte della connessione può essere, talvolta, fuorviante. È forse più utile
e più facile usare degli aggettivi diversi usati da Alexy quando ha parlato di portata limitata.
Parlando di portata limitata, circoscritta, della formula di Radbruck, quindi, della tesi della
connessione, è più facile perché stiamo individuando lo spazio dell’ordinamento giuridico su cui
insiste la tesi della connessione. Quindi, la tesi della connessione ha la sua forza al di sopra della
soglia. Questo sarà capito meglio quando Alexy sottrae all’applicazione della formula di Radbruck
il diritto penale. Si circoscrive sempre più la portata della formula, perché si intende mantenere la
certezza del diritto nel modo più ampio possibile. Al di sopra della soglia, la connessione è
classificatoria (si perde la giuridicità), è una connessione forte. Al di sotto della soglia, la
connessione è qualificatoria perché le norme sono ingiuste, saranno viziate da un certo grado di
ingiustizia, ma restano comunque valide e sono giuridiche (sono applicabili). Quindi, utilizzando il
termine ‘portata limitata della connessione’ forse è più facile orientarsi.
Nelle righe che seguono Alexy parla del concetto della certezza del diritto che entra in competizione
con il principio della giustezza (o giustizia materiale). È vero che questa competizione si ammette al
di sopra della soglia. Del resto, immaginare un principio come assoluto ha un qualcosa di fanatico
(tirannia dei valori – Schmitt). Questi due principi cooperano per garantire l’esistenza di una
comunità. Una comunità senza regole sarebbe in uno stato di natura; si avrebbe il predominio del
più forte. Ciò che interessa Alexy è mantenere la presenza di regole giuridiche anche nei momenti
di forte tensione. Anche quando si parla di rivoluzione si dice che dalla violazione di diritto sorge il
diritto (ius obitur). Attraverso una violazione totale dell’ordinamento e di quel potere che
quell’ordinamento pone in esistenza, nasce un nuovo ordinamento giuridico, cioè un gruppo che
sale al potere dopo la rivoluzione si fa immediatamente ordinamento giuridico, perché è un sistema
di regole necessario per la vita di una comunità. Non sufficienti le regole morali, sociali perché
quelle giuridiche sono le regole più forti.
Argomento del relativismo
Si chiama in causa il non cognitivismo etico. Inasprisce la certezza del diritto perché parlando di
una impossibilità di fondare razionalmente giudizi di valore, il non cognitivismo etico può essere la
strada che apre all’anarchismo (autorizza il giudice, sulla base di giudizi soggettivi di valore, a
disapplicare la legge ingiusta):
P.54: ‘Esso non si limita… non sono fondabili razionalmente’.
La giustizia non è conoscibile attraverso la Ragione (ideale irrazionale), vi sono solo giudizi
soggettivi. La deriva soggettivistica porta alle estreme conseguenze il relativismo. Quindi, i giudizi
sono soggettivi e il giudice decide sulla base di questi.
‘Questa è la tesi del relativismo radicale… con particolare intensità’
Il problema è l’interferenza di giudizi soggettivi di valore. È naturale che tali giudizi portino
frammentarietà, instabilità, disomogeneità e, quindi, incertezza del diritto. Si è detto che il giudice
non riesce a spogliarsi totalmente della propria soggettività (giudice è un uomo). La psicanalisi ha
detto bene che è difficile liberarsi da questi giudizi, che operano al livello del conscio. Quindi, il
giudice non deve decidere sulla base di proprio giudizi di valore soggettivi, ma deve decidere sulla
base di giudizi di valore intersoggettivamente condivisi (non la pretesa di giudizi di valore
oggettivi, propria del giusnaturalismo, che è un rischio che si può correre se si sposa una prospettiva
di cognitivismo etico). Siamo con Alexy all’interno di una prospettiva cognitivistica, ma si parla di
un cognitivismo debole, nel senso che non ha la pretesa di individuare giudizi di valore oggettivi.
La Ragione aiuta a condividere dei giudizi di valore, quindi, un piano intersoggettivo, che ci
sottrarre alla deriva soggettivistica. Questo, se evita il problema dei giudizi oggettivi di valore,
consente ad Alexy di salvare un’ottica di pluralismo (sposando giudizi oggettivi di valore, una
comunità non può evolversi, aprendosi a nuovi giudizi); in una prospettiva di giudizi intersoggettivi,
guidati dalla Ragione, è possibile accogliere più civiltà giuridiche, più culture giuridiche.
L’oggettività esclude ogni elemento che non sia conforme ad essa.
‘Hoerster descrive l’argomento in modo drastico… preferirebbero obbedire a una morale
nazista.’
Nella prospettiva del relativismo etico, ogni morale diventa accettabile e su quella base il giudice
può decidere. Quindi, non dobbiamo ipotizzare soltanto la legge estremamente ingiusta che trova la
sua dimensione esemplare nella legge razziale, ma dobbiamo immaginare anche un giudice che
sposa la morale nazista e ritiene di disapplicare una legge democratica. Il relativismo porta a queste
conseguenze, perciò l’argomento del relativismo non fa che esplicitare il presupposto già operante
negli argomenti dell’effettività e della certezza del diritto:
‘Il non positivismo presuppone quantomeno una non rudimentale etica non relativistica.’:
Uso della negazione è importante perché l’autore non vuole imporre una posizione, ma dice ciò che
non è la propria posizione. Un’etica non meramente elementare, non oggettivistica. Non è
relativistica, ma non è neanche oggettivistica; siamo in una dimensione di intersoggettività, perciò il
richiamo alla cd. svolta del pensiero di Radbruck:
‘Negli anni precedenti il 1933… in un pilastro del nostro sistema.’
Quindi, non è semplicemente un’istanza metodologica l’appello al principio relativistico, ma
diventa anche il ciclo fondante del sistema teorico, proprio perché è il veicolo per ammettere una
molteplicità di definizioni del concetto di diritto.
‘Dopo il 1945, R. salva dallo scetticismo relativistico il patrimonio sostanziale dei diritti
dell’uomo e del cittadino.’
Si è parlato di una svolta nel pensiero di Radbruck. Non è una svolta definitiva perché egli rimane
giuspositivista, perché ritiene che sia importante mantenere la presenza di regole (diritto positivo)
nella vita di una comunità. Ritiene, però, che quando il diritto si mette a disposizione dell’arbitrio
perde il suo senso autentico, si trasforma in torto legale. Allora, l’appello ad un diritto sovra-
positivo diventa necessario perché il concetto di diritto ritrovi la sua autenticità. Si può arginare il
rischio dello sconfinamento nell’arbitrio attraverso il richiamo al patrimonio sostanziale dei diritti
fondamentali dell’uomo e del cittadino. La citazione lo dice con chiarezza:
‘Non si può negare che… per un deliberato scetticismo.’
‘alone di incertezza’: R. afferma che non si può negare questa incertezza. Questa incertezza
probabilmente è uno svantaggio, ma paradossalmente è anche un vantaggio perché si possono
aggiungere nuove famiglie, generazioni di diritti. I diritti fondamentali possono evolvere.
Questo patrimonio di diritti si è consolidato nel corso dei secoli. Non possono essere messi in
discussione, se non per un deliberato colpevole (scetticismo); solo una deriva scettica nega questo
patrimonio. Negare l’importanza di questo patrimonio vuol dire chiudere volutamente gli occhi di
fronte ad un’esperienza che la storia ci pone davanti (anche se non tutti i Paesi hanno adottato questi
diritti). Ritorno l’importanza delle pratiche giuridiche (nazionali, sovranazionali, internazionali). La
tesi delle pratiche giuridiche aiuta nel riconoscimento di un concetto non positivistico di diritto.
Un’ulteriore ipotesi di obiezione da parte di Alexy che guarda alla dottrina relativistica:
P.55: ‘Uno scettico potrebbe obiettare che… di un errore collettivo.’:
Il dubbio iperbolico, tutti si sono sbagliati ed il patrimonio distillato nel corso dei secoli ha preso
una direzione da poter ammettere anche questa ipotesi estrema. Il suggerimento di Alexy è che:
‘Per confutare un’obiezione del genere… è fondabile razionalmente.’
Allora, di fronte all’obiezione scettica dobbiamo poter fondare razionalmente che una estrema
ingiustizia possa distruggere una minoranza per motivi razziali e, quindi, l’enunciato opposto (2): la
distruzione fisica e materiale di una minoranza della popolazione per motivi razziali non è
un’ingiustizia estrema, è confutabile razionalmente. La Ragione aiuta a fondare razionalmente
l’estrema ingiustizia della legge razziale ed aiuta a confutare razionalmente l’enunciato 2. Quindi,
fa appello alla Ragione per smontare l’obiezione scettica.
‘Ciò significa che il problema del positivismo giuridico conduce al problema metaetico della
fondabilità dei giudizi morali.’
Alexy rinvia ad un’altra sua opera di cui non ci occupiamo. In realtà, nella tesi della morale Alexy
riprenderà questo piano interiore metaetico della fondabilità dei giudizi morali, domandandosi se
tutte le morali siano opponibili o se vi siano alcune morali fondabili ed altre no.
La nozione di relativismo ne esce indebolita attraverso il ricorso alla fondazione razionale; se così
non dovesse essere non resterebbe altro che contrapporre all’obiezione del relativismo l’altro
consenso esistente (?). Se L’appello alla fondabilità dei giudizi morali attraverso la Ragione non
fosse di qualche utilità, ci resta comunque il ricorso al patrimonio dei diritti umani, cioè il consenso
attorno alla necessaria garanzia dei diritti umani. Questa non è una confutazione in senso stretto
perché non è una confutazione sul piano concettuale, però, è certamente di aiuto.
Alexy, nelle righe successive, ipotizza il ricorso ad una morale nazista, nell’applicazione da parte di
un giudice nazista di una legge giusta, e chiude l’argomento attraverso un’ulteriore confutazione del
relativismo.

Argomento della democrazia


Alexy pone il problema per cui il giudice che disapplica la legge pone una questione di deficit di
democrazia perché la legge gode di legittimazione democratica.
‘Questa afferma che il concetto non… legittimato democraticamente’:
Il problema non riguarderebbe più la legge intollerabilmente ingiusta perché se siamo in una
dimensione che vede il potere nelle mani del popolo, allora non dovrebbero esserci leggi
intollerabilmente ingiuste perché le leggi corrispondono ai bisogni fondamentali degli individui.
Quindi, stiamo eccedendo i limiti del problema, tant’è che siamo di fronte all’inclusione del potere
giudiziario in quello legislativo. Si ha uno spostamento dell’asse che tiene in equilibrio i tre poteri.
Verrebbe meno il reciproco controllo se il giudice potesse autonomamente decidere di non applicare
la legge. Però, dice Alexy, ammesso che questo sia possibile, siamo al di sopra della soglia, solo in
casi di ingiustizia estrema e se ci dev’essere un deficit di democrazia, questo deficit c’è soltanto per
casi straordinari. È vero che siamo arrivati ad un processo, anche in ambito internazionale, di
giudizionalizzazione del diritto e i casi vengono spesso risolti dai giudici più che dal legislatore.
Quindi, il problema c’è, ma abbiamo comunque (per quella sicurezza giuridica di cui parlava PB)
strumenti che consentono al diritto di evitare il rischio dell’arbitrio. Quindi, il diritto già si dota di
strumenti per il controllo di legittimità:
‘Negli Stati costituzionale… più penetrante.’

Argomento della ridondanza


Alexy pone la questione della legislazione retroattiva. Il divieto di retroattività è uno dei principi per
fare diritto indesiderato, perché la legislazione retroattiva è un monstrum nella storia della vita del
diritto (lo diceva anche Fuller). Tuttavia, anche Fuller lo ammetteva, tale legislazione può essere
talvolta di vantaggio, quando funge da correzione di una legislazione precedente difettosa. Allora,
può una legge retroattiva correggere una legge talmente difettosa, perché estremamente ingiusta? Il
concetto non positivistico di diritto è ridondante, è superfluo, perché la legge estremamente ingiusta
può essere posta nel nulla dalla legislazione retroattiva. Naturalmente, Alexy deve sostenere
l’importanza di un concetto non positivistico di diritto:
P.57: ‘La formula di Radbruch ha un significato pratico… nel diritto penale e i casi che non
vi rientrano.’
Decisivo è il principio di stretta legalità. Quindi, il diritto penale ha un principio importantissimo
che vieta la legislazione retroattiva. Un principio che non riguarda solo il diritto penale, ma è un
fondamento cardine dello Stato di diritto. Quindi, facendo ricorso alla legislazione retroattiva, come
i giuspositivisti propongono, ponendo nel nulla la rilevanza del concetto giuspositivistico di diritto,
si viola un principio importantissimo dello Stato di diritto. Allora, se il diritto penale si dota
esplicitamente di questo principio, guardiamo a che cosa accade al di fuori del diritto penale. Qui
possiamo utilizzare la legislazione retroattiva? Questa ci aiuta nel correggere la legge
intollerabilmente ingiusta disapplicandola?
P.59: ‘L’argomento della ridondanza va dunque limitato ai casi… per diritto costituzionale
sopravvenuto.’
Alexy sta facendo riferimento al fatto che, se la legislazione retroattiva non aiuta, poiché il
legislatore è inerte, inattivo, e la legge estremamente ingiusta è lì e non interviene una Legge
Fondamentale (riferimento a p.6 ‘ci si può chiedere sino a che punto… Legge Fondamentale’); il
giudice deve emettere sentenze terroristiche, che si fondano su ingiustizia estrema? Si potrebbe
ritenere che il giudice dovrebbe farlo per indurre il legislatore ad emanare leggi retroattive. Il
giudice dovrebbe continuare ad emettere sentenze terroristiche per provocare una reazione del
legislatore. Tuttavia, in numerosi casi, questo significherebbe avanzare nei confronti del cittadino
interessato decisioni sfavorevoli, fondate su ingiustizia estrema, al solo scopo di svegliare il
legislatore dal sonno dogmatico. In questo senso il cittadino verrebbe trattato come un mezzo per
stimolare l’attività legislativa. Da qui l’appello alla massima kantiana per la quale bisogna
considerare il cittadino come fine e non come mezzo. Allora un giudice non può strumentalizzare il
cittadino continuando ad applicare la legge intollerabilmente ingiusta, che avrebbe delle
conseguenze disastrose sul cittadino, soltanto al fine di sollecitare il legislatore ad emanare una
legge che ponga nel nulla la legge intollerabilmente ingiusta. Ciò è incompatibile con i diritti
fondamentali:
‘Già questo evidenzia come il rinvio alla mera possibilità di una legge retroattiva non basti a
dimostrare il carattere ridondante di un concetto non positivistico di diritto.’
Quindi, in questo senso, il concetto non positivistico di diritto è utile, anzi necessario. No superfluo:
‘Se il legislatore non ricorre a tale possibilità… diritti fondamentali dei cittadini.’
Non tutti gli ordinamenti giuridici si dotano di una Costituzione, quindi, il concetto non
positivistico è necessario per garantire i diritti fondamentali.
‘A questo argomento… pretesa di giustezza.’
Anche se questa pretesa non ha una forza classificatoria (i sistemi giuridici devono necessariamente
avanzare una pretesa di giustezza). Quando siamo nella logica del partecipante e guardiamo alla
singola norma giuridica e alla singola sentenza, la pretesa di giustezza non ha carattere
classificatorio ma qualificatorio.
‘Una sentenza che si fonda… e la pretesa di giustezza.’

Argomento della buona fede


Questo è l’argomento più forte per confutare l’argomento del concetto non positivistico di diritto.
‘L’argomento della buona fede afferma… nullum poena sine lege.’
Quindi, il concetto non positivistico di diritto avrebbe in sé, ove se ne faccia ricorso, elementi che
condurrebbero ad aggirare un principio fondamentale dello Stato di diritto. Ancora una volta il
ricorso è ad Hart che ha teorizzato (?) il concetto non positivistico di diritto.
‘Hart illustra questo argomento sulla scorta di un caso deciso nel 1949… sequestro di
persona.’
Si voleva sanzionare la donna perché il suo comportamento, dal punto di vista morale, non dal
punto di vista legale.
POMERIGGIO
Il discorso di Alexy non è lineare, perché, da un lato, deve sostenere l’efficacia, la necessità del
concetto non positivistico di diritto, dall’altro, critica la decisione della Corte d’appello del Land di
Bamberga, quindi, si sovrappongono questi due piani.
Il fatto in sé è abbastanza chiaro: la donna viene condannata sulla base di una controversa
costruzione dogmatica penalistica. Alexy, però, non è interessato a questa dimensione, ma dice che
bisogna tenere in considerazione. Quindi, la Corte condanna la donna:
P.61: ‘La Corte era dell’opinione… in contrasto con il diritto naturale.’
Alexy rileva che da un lato la donna viene condannata dalla Corte d’appello per aver fatto appello
ad una legge che le consentiva di liberarsi del marito, d’altro canto, questo è il problema, la Corte
era dell’opinione che la condanna a morte fosse legittima perché chiedeva non di fare, ma
semplicemente di non fare. Si chiedeva un’omissione (tacere). Quella legge, dal punto di vista della
Corte, non era intollerabilmente ingiusta (da qui la critica di Alexy), perché non chiedeva di fare
qualcosa (compromettersi con un’azione), ma semplicemente chiedeva di non fare (l’uomo avrebbe
potuto tacere). Per questo, secondo i giudici della Corte, quella norma penale non era
intollerabilmente ingiusta.
‘Se con l’OLG… attività omicide estremamente ingiuste prescritte dalla legge.’
Il sarcasmo di Alexy è evidente contro l’OLG perché quella, secondo Alexy, è una legge
intollerabilmente ingiusta. Quindi, che deve essere un’omissione, non è sufficiente a togliere
l’estrema ingiustizia alla legge medesima. Anche secondo la Corte di Bamberga la donna avrebbe
dovuto essere condannata poiché la sentenza, che faceva segno alla sua denuncia, sarebbe stata
illegittima. A questo riguardo Hart obietta. Adesso Alexy ritorna alla questione dell’importanza di
un concetto non positivistico di diritto, quindi, dopo aver presentato le motivazioni e le
considerazioni della Corte, riporta la questione sul piano dell’utilità del concetto non positivistico di
diritto.
Hart dice:
P.62: ‘Vi erano, naturalmente, altre due vie… poter assicurare la sua punizione.’
Le due strade indicate da Alexy: una faceva riferimento al fatto che la norma era vigente e la donna
non ha fatto altro che utilizzare gli effetti di quella legge; l’altra, invece, era quella di punire la
donna perché il comportamento era stato odioso, quindi, violava i criteri fondamentali di umanità
(es. manifestazione del pensiero), però, la si condannava dicendo apertamente (di qui l’argomento
della buona fede) che si faceva appello ad una legge retroattiva per punire la donna. Quello che è
stato fatto, in fondo, con il processo di Norimberga, in cui violato il principio di divieto di
irretroattività in nome di principi più alti.
‘Infatti, per quanto odiosa… fondamento della maggior parte dei sistemi giuridici.’
Le strade erano o lasciare impunita la donna, in realtà però non ha commesso un crimine per la
legge vigente (ha fatto qualcosa che era apprezzata); certo, dal punto di vista della violazione dei
diritti umani, siamo di fronte ad una violazione. Per questo le strade da percorrere erano queste che
Hart individua.
Come Alexy risponde a questa obiezione?
‘L’argomento della buona fede è l’argomento più forte… il non positivista dispone
innanzitutto di una scappatoia.’
Fare appello al principio nulla poena sine lege ed individuare in questo un modo per sottrarsi al
problema, ma non è questa la strada che Alexy suggerisce, perché deve far valere la rilevanza del
concetto non positivistico di diritto. Perciò:
P.63: ‘ma la risposta migliore è invece un’altra. La formula di Radbruch… ciò che conduce a
escludere la punibilità.’
Si afferma che la legge in questione era intollerabilmente ingiusta e, quindi, era invalida ex tunc.
'Se l’ingiustizia di queste norme era così estrema… escluderne la sanzionabilità.’
Anche, in questo caso, come nel caso della ridondanza, Alexy vede come inutile un concetto non
positivistico di diritto rispetto alla legislazione retroattiva. Quindi, non è necessario produrre nuove
norme giuste, ma è sufficiente invalidare la norma intollerabilmente ingiusta.

Applicazione formula di Radbruch ai sistemi giuridici


Gli otto argomenti fanno riferimento all’applicazione della formula alle norme singole.
Alexy richiama la pretesa di giustezza, che è alla base di ogni sistema giuridico.
P.64: ‘In precedenza si è stabilito… avanzano regolarmente una pretesa di giustezza.’
Ogni sistema giuridico legittima, giustifica sé stesso. Quindi, ogni sistema deve necessariamente
avanzare una pretesa di giustezza.
‘Sul piano pratico, emergono… concernenti l’intero sistema giuridico.’
Alexy recupera un’argomentazione sul piano etico di uno studioso di nome Martin Kriele. Riporta
questa argomentazione ai suoi interessi teorici, cioè sul piano giuridico:
P.65: ‘Il suo punto di partenza è formato… Stato costituzionale democratico.’
L’intero sistema deve poggiare su un insieme di principi etici, che Kriele individua nei principi
cardine dello Stato di diritto.
‘Mentre non deve essere rispettata nelle dittature… tesi del collasso.’
Quindi, non si guarda più alla legge estremamente ingiusta, ma si guarda al sistema giuridico nel
suo complesso, nelle sue grandi linee, che può perdere la sua giuridicità. Si considera nel suo
complesso perché si può immaginare che vi sia qualche norma che non sia estremamente ingiusta,
però, se il sistema giuridico è nel suo complesso (maggioranza delle norme) estremamente ingiusto,
esso può perdere il carattere della giuridicità. Da qui si individuano due tesi: tesi dell’irradiazione e
tesi del collasso.

Tesi dell’irradiazione
P.66: ‘Afferma che dal carattere giuridicamente viziato… si irradia su di esse.’:
quindi, se norme fondamentali del sistema sono estremamente ingiuste, questa ingiustizia estrema si
irradia sul sistema medesimo, sulle altre norme, pur non possedendo il carattere dell’estrema
ingiustizia. Da qui quella importante precisazione: nelle grandi linee; nel suo complesso. Vi sono,
quindi, norme che non sono estremamente ingiuste e, però, deriva l’ingiustizia dalle norme
fondamentali del sistema.
‘La tesi dell’irradiazione è sostenuta da Kriele… in base a criteri illuministi.’
Vuol dire che in un sistema, anche se estremamente ingiusto, vi possono essere norme compatibili
con un sistema giusto. Delle norme che sono neutre sul piano dell’ideologia e, quindi, regolano in
maniera adeguata i comportamenti degli individui della società, cui fa riferimento quel sistema.
Quindi, gli esempi sul matrimonio, sul traffico stradale dicono di norme che sono portatrici, se non
di giustizia, per lo meno di non ingiustizia.
‘Tali leggi sono legittime non a causa… ma esclusivamente esterno.’
Questo è importante. Sono norme che non intrattengono un rapporto interno, ma esclusivamente
esterno. Quindi, non sono norme decisive per l’ideologia che è sottesa; non sono immediatamente
espressione di quella ideologia (es. sulla razza). Sono norme neutre sul piano ideologico.
‘Se si segue un argomento così strutturato… sotto la soglia dell’ingiustizia estrema.’
Norme che sono sotto la soglia dell’ingiustizia estrema perdono la loro giuridicità perché il carattere
dell’estrema ingiustizia dell’intero sistema irradia su di esse il senso dell’intollerabile, estrema
ingiustizia.
‘La tesi dell’irradiazione conduce così… di argomento olistico.’:
‘Olistico’ significa che riguarda l’intero sistema, come un tutt’uno. Quindi, il sistema deve essere
percepito come un insieme indivisibile.
P.67: ‘Un singolo elemento deve possedere… questa determinata qualità.’
Quindi, anche quella parte che non presenta determinate caratteristiche, deriva le caratteristiche del
sistema per il solo fatto di appartenervi.
‘Di fatto, un simile argomento olistico… conseguenze che vanno al di là di una semplice
somma delle conseguenze di singole norme estremamente ingiuste.’:
La tesi dell’irradiazione, collegata al concetto olistico, dice che andiamo al di là dell’applicazione
della formula di Radbruch alle singole norme del sistema. Cioè il sistema perde la sua giuridicità
perché esso, nel suo complesso, è pensato come intollerabilmente ingiusto, non perché si siano
pensate le singole norme appartenenti al sistema (ogni singola norma).
Pp. 67-68: ‘La questione verte sull’accettabilità… un considerevole deficit di certezza del
diritto.’
Quindi, la tesi dell’irradiazione, nella prospettiva di Alexy, non può essere accolta perché invalidare
l’intero sistema giuridico, nonostante la presenza di norme ingiuste sotto la soglia, vuol dire
azzerare il principio della certezza del diritto. Crea scompiglio all’interno di una comunità. Se
Alexy ha dovuto limitare la portata l’applicazione della formula di R a norme singole soltanto al di
là della soglia, immaginiamo come debba limitare l’applicazione della formula in relazione
all’intero sistema. Egli ha fatto valere la certezza del diritto per salvaguardare quelle norme che,
seppur ingiuste, sono utili per ordinare le relazioni interindividuali all’interno della società. Il
retrocedere della certezza del diritto è sopportabile al di sopra della soglia.
‘Ma ogni ulteriore limitazione cessa di esserlo… iniquità alle singole norme giuridiche.’
Quando guardiamo al sistema, non dobbiamo guardare come un unicum, ma come composto da
singole norme. E, quindi, applicare alle singole norme la formula di Radbruch, cioè pensare al
contenuto di ingiustizia di ogni singola norma giuridica. Se è vero, quindi, che possiamo applicare
la formula di Radbruck a norme singole e se non possiamo andare al di là delle conseguenze che
derivano dalla somma dell’applicazione della formula di R a norme singole, un sistema giuridico
viene meno quando tutte le norme sono intollerabilmente ingiuste, quando la somma delle
conseguenze dell’applicazione della formula a norme singole porta a disconoscere la totalità delle
norme. Solo in questo caso il sistema perde la sua giuridicità, altrimenti tutto quello che residua,
anche un nucleo mondo di norme, è sistema giuridico.
Tesi del collasso
P.68: ‘Afferma che una singola norma perde… numerose norme giuridiche importanti per il
sistema.’
Quindi, non è una qualsiasi irradiazione, che dice che quel che resta non più formare un sistema. Il
sistema decade se vi sono numerose norme intollerabilmente ingiuste.
P.69: ‘Per quanto riguarda la tesi del collasso…
Alexy parla di norme importanti per il sistema, norme numerose ed intollerabilmente ingiuste. Ci
sono due sensi che egli individua rispetto al problema (dice, infatti: ‘è in questo senso che possiamo
parlare di collasso del vecchio sistema.’). Si può parlare di collasso in un altro senso (quindi, sono
due i sensi). Il primo senso è l’identità sostanziale. Nella tesi del collasso se parliamo di norme
estremamente ingiuste e anche numerose, una volta che applichiamo la formula alle singole norme
di questo sistema ed eliminiamo norme numerose (intollerabilmente ingiuste), il sistema giuridico
sopravvive. Però, se parliamo di identità sostanziale (si parla di collasso del sistema), è vero che
quello che residua è sempre un sistema giuridico, ma non può essere il vecchio sistema, perché, se
abbiamo eliminato quelle norme numerose e importanti, che lo connotano ideologicamente, ciò che
rimane è sempre un sistema giuridico (anche se residuale), ma non si identifica più con il vecchio
sistema. Le norme residuali formano un nuovo sistema. Si parla di collasso perché non c’è più il
vecchio sistema giuridico, ma uno nuovo, anche se le norme residuali appartenevano al vecchio.
Quindi, collassa l’identità del sistema. Esistenza ed identità sono, quindi, diverse.
Si può parlare di collasso del sistema, nel senso che si è eliminata quella identità ideologica del
sistema. Sopravvivono le norme neutre sul piano ideologico e consente di creare un nuovo sistema
giuridico. Quindi, si può parlare di un altro senso che non mira all’identità sostanziale di un sistema,
ma all’esistenza di un sistema. Quindi, le norme che residuano all’applicazione della formula alle
norme numerose ed importanti del sistema, sono norme che compongono un nuovo sistema
giuridico.
P.71: ‘In tal modo, si deve stabilire… applicazione a norme singole.’
Il sistema giuridico è da concepire non come un unicum, ma come composto da singole norme
giuridiche.
Argomento dei principi
Adesso Alexy fa riferimento alla dimensione del perfezionamento. Riferimento all’ordinarietà. P.71:
‘L’argomento dell’iniquità… presenta una struttura aperta.’Definizione di Hart del diritto come
struttura aperta. Struttura aperta significa che siamo di fronte ad un diritto che è costantemente
perfezionabile. Quando parliamo di vaghezza del linguaggio, ad esempio, ricordiamo quella
indeterminatezza non intenzionale, di cui diceva Kelsen, quando parlava di interpretazione. Tra le
cause di questa indeterminatezza vi è proprio la vaghezza del linguaggio. La contraddizione è un
rischio importante per la sicurezza dell’ordinamento giuridico, quindi, si fa essenzialmente
riferimento all’applicazione di una norma. Perciò Alexy parla di ambito di apertura, che può essere
più o meno ampio ma che è comunque caratteristico di ogni sistema giuridico:
P.72: ‘Di particolare importanza sono la vaghezza del… il nome di caso dubbio.’
Il caso dubbio è quello che più interessa Alexy tra le diverse ipotesi che può individuare una
struttura aperta del diritto. il caso dubbio è il caso che presenta più possibilità di interpretazione,
vuoi perché ci sia un eccesso di normazione, cioè ci sono più norme che regolano lo stesso
comportamento (in ordinamenti che sono stratificazioni di precedenti ordinamenti questo accade
perché, talvolta, il legislatore non sa che ci è una norma che regola già quel comportamento);
oppure vi sono più significati da attribuire al medesimo enunciato normativo.
‘Dal punto di vista della teoria positivistica, questa… quest’ambito di apertura.’
Quindi, l’apertura indica come il sistema giuridico sia insufficiente per la risoluzione di questo
problema che esso può presentare e, quindi, abbiamo bisogno di uscire dal sistema perché ci si apre
ad altri sistemi di norme.
‘Poiché solo il diritto positivo è diritto… non giuridici o extragiuridici.’
Quindi, nel caso dubbio, che è una possibile espressione di questa apertura del sistema, il giudice
non avrebbe gli strumenti giuridici per decidere, ma dovrebbe fare appello a criteri extragiuridici.
‘In questo senso, egli è autorizzato a creare nuovo diritto sulla base di criteri extragiuridici…
minore è il ruolo della legge.’
Perché si contrae la forza della legge, in un caso di difficile soluzione, e si apre lo spazio al giudice,
che fa appello ad altri sistemi giuridici.
‘Viceversa, l’argomento dei principi… un surplus di diritto.’
Quindi, la tesi (argomento) dei principi dice che non possiamo appiattire il concetto di diritto sul
concetto di legge, ma che, come già i giudici mostrano in questa ed altre sentenze, il diritto è
costituito da una pluralità di dimensioni. Kelsen diceva che l’ordinamento giuridico è composto da
una struttura a gradi.
Da qui la necessaria distinzione tra REGOLE e PRINCIPI.
P.73: ‘Regole sono norme che nel costruire una fattispecie predispongono una conseguenza
giuridica definitiva… in modo definitivo.’
Le regole dispongono di una fattispecie. Sono denominate ‘precetti definitivi’, nel senso che hanno
una definizione precisa, nel senso che hanno dei contorni ben precisi. La forma di applicazione che
li caratterizza è la sussunzione.
‘Di contro, i principi sono recetti di ottimizzazione…
Siamo nell’ambito del perfezionamento del diritto e questo ci suggerisce i principi possono
perfezionare il diritto. Quella definizione che presentano le regole non c’è nei principi. Possono
essere
‘Come tali sono norme che prescrivono… anche da principi contrastanti.’
Se le regole hanno contorni ben precisi. I principi non hanno un contorno per definito; questo non è
un difetto, ma un vantaggio perché il principio deve potersi adeguare ai bisogni dell’interpretazione.
Quindi hanno un carattere duttile, elastico. In questo risiede la loro forza perché possono soccorrere
il giudice, che ha bisogno di essere orientato nella decisione.
Quando Alexy parla di principi contrastanti (quando Peces Barba ha parlato dei quattro valori
fondamentali ha detto che devono essere tutti rispettati, anche se in grado diverso) fa riferimento al
fatto che, in una decisione, un principio può cedere il passo ad un altro principio, perciò possono
essere contrastanti. Questo, però, non vede il venir meno di un principio, ma vede la capacità di un
principio di espandersi meglio rispetto ad un altro, che si contrae. Quindi, i principi contrastano tra
di loro, ma non vi sono perdite, perché il principio non viene eliminato; ha solo bisogno di assumere
un contorno diverso. Zagrebelski parla di una fluidità, come se i principi fluttuassero in una
dimensione liquida, non solida, proprio perché i principi si incontrano, entrano in conflitto, ma non
si eliminano a vicenda.
Pp.73-74: ‘Quest’ultimo aspetto implica… ponderazione è la forma di applicazione
caratteristica dei principi.’
La ponderazione è la pesa dei principi. Essa ci dice di tenere in equilibrio i diversi principi. Quindi,
il giudice deve soppesare i principi che entrano nella decisione e dare maggior rilievo ad uno a
seconda del caso. I principi si adattano all’esigenza del caso concreto, che non può essere pensato in
maniera standard.
‘La via che dalla distinzione… un osservatore del sistema giuridico.’
I principi racchiudono la dimensione morale, cioè quella giustizia che è l’ago della bilancia tra la
giustezza materiale e la certezza del diritto.

Tesi della connessione


Il diritto deve incorporare i principi, perché portano al proprio interno l’elemento morale, allora se il
concetto non positivistico di diritto deve incorporare l’elemento morale, nei principi troviamo
questa dimensione. I principi sono l’espressione della connessione, concettualmente necessaria, tra
diritto e morale. Questa tesi dice:
P.74: ‘Ogni sistema che abbia un minimo di evoluzione contiene necessariamente principi.’
Quindi, ha introdotto un limite che non è decisivo, non inficia la sua tesi. Cioè ordinamenti
minimamente evoluti incorrono in principi. Quindi, non tutti i sistemi giuridici (limite), ma
necessaria un’evoluzione.
‘Un’incorporazione è accertabile… come principi di diritto positivo.’
I principi sono il riflesso dei principi del diritto di natura e della Ragione. ‘Morale del diritto e dello
Stato moderno’: Alexy fa riferimento alla propria esperienza storica e alla propria dimensione
geografica, però, se guardiamo a tutte le attuali democrazie vediamo un’incorporazione dei principi
nella Costituzione (la Legge Fondamentale non è altro che la Costituzione tedesca). Zagrelbeski
dice che i principi operano come se fossero diritto naturale e qui Alexy dice la stessa cosa, anche se
non è espressione di quel Giusnaturalismo (GN) asfittico, irrigidito nelle sue posizione; è
espressione di un nuovo modo di concepire le teorie generali giusnaturalistiche come non
positivistiche, cioè se sfumiamo le pretese del GN, identifichiamo un concetto di diritto che tenga in
sé quelle istanze sane del GN.
74-75: ‘A prescindere dalle varie tecniche di incorporazione… necessaria tra diritto e
morale.’
Il giuspositivista può ammettere l’incorporazione di principi, ma da qui non deriva una connessione
concettualmente necessaria tra diritto e morale.
‘A tal riguardo egli dispone di numerosi argomenti… una questione di diritto positivo.’:
Alexy individua delle possibili obiezioni alla tesi dell’incorporazione. Questa è la prima obiezione:
che l’incorporazione è una tesi di diritto positivo.
‘Si potrebbe affermare una connessione tra diritto e morale fondata sul diritto positivo… ‘:
la teoria positivistica del diritto dice che è possibile un’incorporazione dell’elemento morale e
Alexy è d’accordo. Non accoglie, però, l’affermazione che ‘se è possibile non è necessaria’
l’incorporazione. Allora questa mera possibilità non è sufficiente ad Alexy, perché vuol dire lasciare
nelle mani del diritto positivo la possibilità di riconoscere o no i principi; lasciare alla
discrezionalità del diritto positivo, di chi detiene il potere, il riconoscimento di quei diritti morali
che consentono la connessione tra diritto e morale.
‘La questione è dunque se non solo… norme con la struttura dei principi.’
Tutti i sistemi giuridici devono necessariamente incorporare i principi. Però, in precedenza ha
introdotto una limitazione: un sistema deve essere minimamente voluto per incorporare i principi.
Quindi, tutti i sistemi minimamente voluti incorporano i principi.
‘la risposta a tale questione deve essere data… materiale autoritativo precostituito (la regola,
nel linguaggio di Alexy).’
‘A tale riguardo, un criterio per accertare…
Importante è la ponderazione. La ponderazione è la spia della presenza dei principi. Se c’è attività
di ponderazione, da parte del giudice, ci sono dei principi in un sistema giuridico.

Filosofia del diritto II

26-03 pomeriggio

R. Alexy : Concetto e validità del diritto.

Parliamo sempre di ordinamento giuridico, validità, egualità, giustizia, efficacia però dobbiamo cogliere il
senso attraverso il quale si richiamano gli stessi concetti.

Parliamo di un autore contemporaneo R. Alexy, come contemporaneo Peces-Barba, ha insegnato


nell'Università di Kien dove ha insegnato anche Radbruck, perciò la sua attenzione a quella formula di
Radbruck che guiderà l'analisi della prima parte del testo .
Il titolo : '' Concetto e validità del diritto ''.

Ora noi quando parliamo di concetto non lo teniamo distinto tra il perché e il a che scopo, come fa Peces-
Barba, ma che deve, a suo malgrado, di un passaggio che tende insieme le due dimensioni fondendole nella
funzione del concetto come perimetro all'interno del individuare queste due dimensioni.

Quindi parliamo del concetto di dirittto come un concetto complesso che è costituito da più elementi
concettuali, da altri concetti cioè quali sono i concetti che concorrono a definire il concetto di diritto.

Avvertenza terminiologica, tanto rispetto al testo tanto a quello che è stato letto fino adesso nelle pagine di
Peces-Barba.

L'opposizione giusnaturalismo e giuspositivismo viene individuata attraverso termini che non sono identici. (
e Perché )

Ad esempio il riferimento da una parte, ad un concetto positivistico del diritto, e fin qui nessuna differenza,
nulla quastio e quindi quando Alexy parla di concetto positivistico del diritto fa riferimento alle posizioni
giuspositivistiche che abbiamo visto nel corso di queste lezioni richiamo frequente a Kelsen, perché Kelsen è
il giuspositivista più rigorosa che ci sia, nel senso che ha portato alle estreme conseguenze il processo di
positivizzazione del diritto e cosi come abbiamo visto in Peces-Barba non possiamo collocare tra i
riduzionismi propri pratici ma lo collochiamo nei riduzionismi teorici del giuspositivismo, cioè Kelsen è un
riduzionista, anzi è un negazionista del diritto perché dà al diritto positivo di porre eventualmente dei diritti
soggetttivi .

Quindi non siamo, come Peces-Barba, fa all'interno di un riduzionismo positivistico pratico, cioè improprio
ma siamo all'interno di un riduzionismo giuspositivismo proprio perchè teorico.

Gli elementi che conoscete per individuare concetto positivista del diritto li ritroveremo nelle pagine di
Alexy.

Quando invece parliamo di un concetto diverso da quello giuspositivistico non parliamo di un concetto
giusnaturalistico ma parliamo di un concetto non positivistico.

Quindi si oppongono concetti giuspositivisti e non positivistici, si oppongono teorie positivistiche a teorie
non positivistiche perché questa definizione in negativo, non in positivo.

Si dice che questo concetto non è positivistico, non si dice che questo concetto è giusnaturalistico ma si dice
che non, da qui definizione negativa, non è positivistico .

- Perché si sfuma questo contrasto tra teorie giuspositivistiche e teorie che non sono più giusnaturalistiche
ma sono non positiviste ?

Perchè secondo Alexy, il giusnaturalismo è la posizione più radicale e quindi estrema del non positivismo,
vale a dire che le dotttrine giusnaturaliste sono dottrine che hanno alle estreme conseguenze il concetto
non positivistico di diritto .

Parleremo, in qualche piega dell'analisi, di giusnaturalismo, cioè concetto giusnaturalistico di diritto ma lo


collochiamo sul limite più rigoroso, anzi rigido delle dottrine non positiviste.

Se stiamo all'estremo del giuspositivismo, cioè concetto positivistico di diritto ovviamente collochiamo
Kelsen, se stiamo all'altro estremo, quello del concetto non positivistico di diritto collochiamo le dottrine
giusnaturalistiche, via via ci avviciniamo verso il punto in comune abbiamo teorie che cercano punti di
contatto tra un concetto e l'altro, cioè in qualche modo di comprendere le posizioni delle teorie con cui si
confrontano.
Non parliamo più di concetto giusnaturalistico ma non postivistico; lo ritroviamo questo concetto soltanto
in posizioni radicali, assolute che diventano problematiche per un concetto di diritto che sia capace di
mostrarsi adeguato alla contemporaneità sia sul piano della teoria sia sul piano della prassi.

Non è un caso che il testo si apra con il riferimento con due sentenze, proprio perchè l'autore vuole
verificare l'efficacia di questi concetti non tanto sul concetto non positivistico di diritto quanto di quello
positivistico.

Inizierei a guardare qualche passaggio soprattutto a queste sentenze che ho accennato perchè l'autore
vuole darle una norma fondamentale cioè qual'è la natura del diritto, o meglio qual'è il concetto di diritto,
perché nel titolo questo termine Concetto è sposato con quello della validità?

Perché il problema della validità non è un problema meramente teorico, non è una mera squisizione
epistemologica, filosofica ha importanti conseguenze anche sulla prassi .

Partiamo da quelle teorie giusnaturalistiche che dicono che il diritto naturale, Peces-Barba accoglie queste
teorie sopratutto nel giusnaturalismo deontologico, questo diritto si deve porre in una posizione
sovraordinazione rispetto al diritto positive e quindi sono norme sovrapositive che ispirano la produzione
del diritto positivo.

Il problema sorge quando le norme di diritto positivo non si conformano a quelle di diritto naturale .

Allora dal punto di vista del giusnaturalismo, che collochiamo sul limite estremo del non positivismo una
norma diritto positivo che non si conforma al diritto naturale perde la sua validità.

Che significa perde la sua validità?

E' un problema meramente teorico o un problema che si riflette nella prassi ?

Il problema della validità è un problema importante, sebbene sia un concetto che noi collochiamo
innnanzitutto in una dimensione formale, abbiamo detto con Kelsen la validità è l'esistenza formale della
norma.

Però se vediamo insieme validità ed esistenza, l'esistenza di una norma e la sua validitàallora cosa accade;
una norma viene ad esistenza e quindi cosa chiede?

Chiede di essere rispettata, applicata, obbedita ( perché obbedire ? )

Quindi se noi ci interroghiamo intorno alla validità non stiamo ponendo un problema meramente teorico
ma ci stiamo chiedendo se quella norma, poiche non si conforma al diritto naturale, non deve essere
obbedita, con tutte le conseguenze del caso e facendo riferimento soprattutto alle due classi dei destinatari
della prescrizione normativa che sono gli operatori del diritto, essenzialmente il giudice, dall'altra parte
l'uomo comune, della strada. Perciò l'importanza della validità .

Perché la validità, dirà in un passaggio Alexy, porta con se la chance di efficacia, una norma che viene ad
esistenza può diventare efficace altrimenti non avrebbe senso porre in essere una norma che si sa già
inefficace.

Quando abbiamo parlato del rapporto tra Necessità e possibilità ci sono norme che chiedono l'impossibile,
come nellla prospettiva di Fuller, sono inutili perché non ha senso chiedere qualcosa di inutile al
destinatario perché non è in grado di rispettare quella norma.

Ci poniamo questioni che anche se in termine non ricorre che riguardano la giustizia, cioè il valore del diritto
.
Il termine non ricorre, ma ricorre un altro termine che dice la stessa cosa, è equivalente dal punto di vista
del senso. Di cosa parliamo ? Della dimensione morale del diritto .

Quando abbiamo letto il testo di Peces-Barba siamo partiti proprio da lì: esigenza morale che si fa politica e
che diventa giuridica.

Guarderemo al tipo di relazione, seuna relazione c'è, della morale del diritto.

Non troveremmo l'espressione di '' diritti fondamentali'' però quando parliamo della legge intollerabilmente
ingiusta che non èpuò essere obbedita ne dal giudice ne dal destinatario;

destinatario proprio perché non ha la forza di opporsi ed è costretto ad obbedire e per lui sicuramente
dipende .

Quando c'è una '' legge intollerabilmente ingiusta'' e che cos'è, se non una legge che viola i bisogni
fondamentali dell'uomo, che ha dimenticato che l'ordinamento deve riconoscere e garantire quella esigenza
valoriale di uguaglianza, libertà, che abbiamo visto essere valori fondamentali nella prospettiva di Peces-
Barba.

Quindi è vero non troveremmo un riferimento ai diritti fondamentali ma parliamo della medesima cosa
quando ci riferiamo a leggi che sono insostenibili, dal punto di vista di un concetto minimo della giustizia,
perchè sono leggi che violano i bisogni fondamentali dell'uomo e quindi la dignità dell'uomo. Il senso
dell'indagine è il medesimo.

PAUSA

Il problema del giuspositivismo giuridico, quindi il concetto positivistico di diritto, dirà Alexy, è un '' concetto
problematico'' e che chiede di essere compreso.

Il vero problema è dal suo punto di vista il concetto non positivismo del diritto, già il titolo svela la posizione
di Alexy, cioè propende per un concetto non positivistico di diritto.

Su che piano inizia l'indagine ?

Sul problema del rapporto tra diritto e morale.

Il secondo capitolo dei lineamenti della dottrina pura del diritto porta proprio a questo titolo ed è qui che si
gioca la partita tra la possibilie definizione di un concetto di diritto nella prospettiva giuspositivistica e la
possibilie definizione del concetto di diritto nella prospettiva non giuspositivistica.

Problema della connessione o della separazione tra diritto e morale.

Posizione giuspositivistica non vi è una connessione tra diritto e morale, quindi il concetto giuspositivistico
di diritto propende per una tesi della separazione, cioè diritto e e morale devono tenersi distinti, ha detto
che sono due dimensioni diverse della normatività e non possiamo pretendere che ci sia una rapporto di
reciproca interazione.

Dal punto di vista del concetto non positivistico del diritto vale la tesi della connessione .
La tesi della connessione vede un legame concettualmente necessario tra diritto e morale.

Cosa significa Concettualmente necessario ?

Non possiamo definire il concetto di diritto escludendo l'elemento morale, cioè abbiamo bisogno per
definire il concetto di diritto di includere l'elemento morale perciò la tesi della connsessione tra diritto e
morale.

Concettualmente necessario, aggiunta indispensabile perché se noi presentiamo concetto di diritto che non
presenti l'elemento della morale siamo di fronte ad un concetto inadeguato, amputato da una parte
necessaria; quindi perché si possa definire concetto di diritto in prospettiva non positivistica abbiamo
bisogno, da qui la necessità, di includere l'elemento morale.

Un bisogno che è necessità non vi è nella prospettiva giuspositivistica.

Questa è la premessa da qui l'autore parte.

Pag. 3 libro

Tutte le teorie positivistiche sostengono la ''tesi della separazione''.

Secondo tale tesi, la definizione del concetto di diritto non deve includere elementi morali.

Vale a dire che tutti gli elementi morali devono essere eliminati dal concetto di diritto; quindi non è che
abbiamo la possibilità che l'elemento morale sia presente, diciamo piuttosto che l'elemento morale non
deve essere presente.

La tesi della separazione presuppone l'inesistenza di una connessione concettualmente necessaria tra il
diritto e morale, tra ciò che il diritto impone e cio che la giustizia esige,

il diritto impone, la giustizia esige perchè radicata nell'uomo.

Dibattito che dura da secoli il senso della connessione tra morale e diritto.

Il diritto impone perché c'è l'atto di volontà che dà senso ad una norma giuridica, invece è dalla coscienza di
ognuno che si muove il senso di giustizia, tanto è vero che la legge giusta è scritta nel cuore degli uomini.

Pag. 4

ovvero tra il diritto come è e come deve essere.

Alexy non proponde per il concetto giuspositivista di diritto, però ha un grandissimo rispetto per il pensiero
di Kelsen, anzi utilizzerà la norma fondamentale di Kelsen, ad uno scontro della dottrina pura del diritto
anche falsando il pensiero di Kelsen.

Un grande del positivismo giuridico, H. Kelsen, ha compendiato la tesi nella formula:


il diritto può quindi avere qualunque contenuto.

Cosa dice qui: il diritto come è e come deve essere . Kelsen dice '' che dovrebbe essere ''.

Che tensione individuamo qui.

Il diritto come è è il diritto vigente, il diritto che esiste .

Il diritto come deve essere o come dovrebbe essere è il diritto come si vorrebbe che fosse, cioè che deve
uniformarsi a quel diritto sovrapositivo, che è il diritto naturale e che ha la pretesa di essere il diritto giusto
per eccellenza, quel diritto naturale che, nel pensiero di Kelsen, è pensato come dirittto equivalente
all'insieme delle norme morali che regolano la vita dell'individuo.

Cosa significa che il diritto può avere qualunque contenuto?

Partite dall'esclusione del contenuto morale, non c'è una relazione con il diritto sovrapositivo,

il legislatore non ha limiti e quindi nella normazione non vi è un contenuto che preesiste logicamente e
cronologicamente, che cosa vi ricorda questo ?

Diritti naturali preesistono, vengono prima rispetto al diritto positivio e questo cosa vuol dire?

Se vi sono dei diritti che precedono il diritto positivo, il legislatore si trova di fronte a dei diritti che non solo
deve riconoscere e gar alla sua attività di normazione .

Invece nella prospettiva giuspositivistica sgomberato il campo da questi diritti, Kelsen è un giuspositivista
teorico, eliminato qualsiasi riferimento a questi diritti non ha limiti avendo il principio nella giuridificazione,
cioè può porre qualsiasi tipo di norma anche es. leggi razziali la lelle intollerabilmente ingiusta, cioè che
viola i diritti fondamentali dell'uomo, perciò questa è una conseguenza della tesi della separazione, se noi
separiamo il diritto dalla morale, se diciamo che il diritto è il diritto esistente, posto da atti di volontà.

Se è questo oggetto di studio allora questo diritto può avere qualsiasi contenuto, quindi noi non
utilezzeremo criterio morale per dire l'ordinamento della Germania nazionasocialista non è diritto, quello è
diritto. L'ordinamento giuridico di sistemi totalitari, come la Russia di Stalin, ogni ordinamento che viola
anche e non soltanto i diritti fondamentali dell'uomo è diritto.

Il concetto di diritto coincide con l'ordinamento giuridico esistente anche se indifferente ai bisogni
fondamentali; da qui la tesi che presuppone l'inesistenza di una connessione concettualmente necessaria
tra diritto e morale.

La morale viene messa completamente da parte, Kelsen dirà quel relativismo etico che ritroveremo nelle
pagine di Alexy, quell'individualismo etico che usava Kelsen io posso dire quella che è la mia giustizia,
sostiene questa impostazione perché la morale non può è oggetto di studio della scienza del diritto perché
la morale non può essere adesa nel concetto del diritto.

Pag. 3 Ult. Par.

Di conseguenza, al concetto positivistico di diritto non restano che due elementi definitori.

Per definire il concetto di diritto abbiamo bisogno di due elementi.

La positività autoritativa o conforme all'ordinamento

Dicono che cosa? La validità formale.


Positività autoritativa, cioè il diritto è posto da un atto di volontà, cioè da colui che ha l'autorità di porre il
diritto.

Conforme all'ordinamento, quando la norma è valida?

Quando è conforme alla norma di rango superiore, cioè quando è stata prodotta in conformità alle
procedure previste nell'ordinamento ed è stata posta .

Queste due espressioni '' positività autoritativa o conforme all'ordinamento '' dicono della validità formale
della singola norma giuridica, sistema di norme come un sistema giuridico.

Efficacia sociale, perché ha senso questo aggettivo?

Perchè quando parliamo di efficacia abbiamo corrispondenza nella realtà, vita sociale, nel fatto che il diritto
vigente si faccia vivente.

Ci sono teorie che danno un peso diverso ad un elemento o ad un altro, elemento dell'efficacia o validità;
una qualche sorta di giustezza materiale non gioca alcun ruolo .

Giustezza materiale non troviamo il termine giustizia.

Possiamo distinguere tra la giustizia come ideale, una giustizia con la G maiuscola, quella giustizia a cui
fanno riferimento quali teorie...giusnaturalismo, giustizia sovrapositiva perché si pone al di sopra degli atti
di volontà propri del diritto positivo quindi giustizia ideale e una giustezza materiale, cioè quella giustizia
che si fa tutti i giorni amministrata nelle aule dei tribunali e quindi quella giustizia con la g minuscola. E'
materiale perché esplicazione del diritto, quindi sicuramente una giustizia che non ha la pretesa di valere
sempre, come fa il giusnaturalismo che comunque si infila in poi e non riesce ad uscirne. Perciò un
concetto non giusnaturalistico, perché cerca di sottrarsi problemi che concernono il giusnaturalismo portati
con se nel corso dei secoli.

Quindi una giustezza materiale è giustizia più vicina a quello che l'uomo può aspirare,

cioè una giustizia capace di essere realizzata dall'uomo che si fa dal basso e non dall'alto e che3 quindi nella
società stessa riesce ad avere una sua ospitalità.

Questa giustezza materiale consente ad un concetto giuspositivistico di diritto di avvicinarsi di più a quel
punto in comune che tiene insieme quei due segmenti andiagenti che costituiscono la linea su cui si
dispongono che singole teorie.

Sebbene circoscrittta, ridimensionata la giustezza tuttavia il concettto giuspositivistico di diritto non ha


accolto un concetto di giustizia, tanto con la G maiuscola tanto con la g minuscola.

Perciò dice che una qualche sorta di giustezza materiale non svolge nessun ruolo.

Tutte le teorie non positivistiche all'incontrario sostengono ''la tesi della connessione''.

Giuspositivismo>> tesi della separazione

un elemento morale non è e non deve essere incluso nel concetto di diritto .

Non concetto giuspositivismo abbiamo la tesi della connessione, Pag.4


Secondo questa tesi, la definizione del concetto di diritto deve includere elementi morali.

Senza l'elemento morale il concetto di diritto è inadeguato.

Ciò non significa che un serio non positivista esclusa dal concetto di diritto gli elementi della positività
conforme all'ordinamento e dell'efficacia sociale. Egli si differenzia piuttosto dal positiviasta proprio per il
fatto di offrire una definizione del concetto di diritto che include elementi morali accanto ai criteri di fatto. I
diversi fattori possono a loro volta variamente combinarsi e variamente distribuire il loro peso reciproco.

Che significa un non serio positivista?

Un positivista che non si colloca nel lembo estremo del non positivismo, che non sia un giusnaturalista
estremista; perché il concetto non positivistico del diritto sostenuto da un serio positivista include quei due
elementi che concorrono a definire il concetto positivistico del diritto la validità e l'efficacia.

Un non positivista non afferma che quei due elementi che sono necessari a definire il concetto
giuspositivistico devono essere esclusi dal concetto di non positivismo, sarebbe veramente oggi nella
contemporaneità privo di senso immaginare un diritto privo di validità ed efficacia, quindi un non
positivista riconosce la necessità di includere nel concetto giuspositivistico di diritto gli elementi della
validità e dell'efficacia ma afferma che accanto a questi due elementi concettuali abbiamo bisogno di
includere un terzo elemento che è quello della morale, della giustizia in un linguaggio di Alexy è
equiparabile alla morale.

Ciò che è diverso è il modo di procedere tanto nel punto di vista dell'analisi, nella prospettiva storica, qui
abbiamo un procedere analitico che chiede di concatenare i concetti e anche nell'esposizione si chiede di
verificare costantemente la coerenza dell'indagine e deggli elementi che concorrono nell'indagine
medesima.

Qual'è il significato pratico della controversia sul positivismo giuridico?

In tempi di pace dice sia Alexy, sia Zagrebelsky soprattutto che detiene il diritto, soprattutto i giudici, si
interrogano intorno al significato di diritto alla sua natura perché è dato per scontato

che il diritto sia adeguato ai bisogni fondamentali dell'uomo ma in tempi straordinari, cioè tempi di
straordinaria tensione per la vita dell'uomo, occorre interrogarsi intorno al significato del diritto,

e chiedersi l'elemento umano deve essere incluso nei concetti del diritto oppure stiamo parlando di
qualcosa che diritto non è, cioè un ordinamento giuridico valido ed efficace ma non può essere concepito
come diritto, cioè possiamo appiattire il concetto di diritto in quanrto volontà dell'uomo oabbiamo bisogno
di includere un elemento concettuale, quello morale, qualcosa che assomiglia a una sorta di giustezza
materiale.

Allora da qui il richiamo al senso di questa controversia che non è una controversia meramente teorica che
si riflette nellqa vita dell'uomo in relazione agli altri individui nella sfera della giuridicità.

Primo esempio ordinanza del 1968 pag.5, all'indomani del crollo della Germania Nazionalsocialista, e del
suo ordinamento giuridico, quindi si è aperto un processo di democratizzazione e stiamo guardando a una
sentenza che pone in questione una legge ingiusta .

Non ci basta.

'' La legge intollerabilmente ingiusta '' perché?


L'ordinamento giuridico può sopportare un quantum di ingiustizia, può tollerare la legge ingiusta perché
nessun ordinamento può vantare la pretesa di essere composto da leggi tutte giuste ( è una pretesa del
giusnaturalismo, qui siamo al limite delle teorie non positivistiche ) quindi dobbiamo ammettere che vi sia
qualche legge ingiusta; ma proprio perché non è intollerabilmente ingiusta questa legge può comunque
essere obbedita, applicata.

E' quando ci troviamo al di sopra della soglia che diventa intollerabilmente giusta non può più essere
pretesa di essere obbedita, lì diventa fondamentale la domanda con cui Peces-Barba ha chiuso Perchè
obbedire, qual'è la natura del diritto, cosa pretende il diritto dal destinatario della norma giuridica, esso
giudice o cittadfino.

Questa espressione legge ingiusta chiede di essere precisata con un avverbio '' intollerabilmente''.

Lezione 24-04

Matt. prima parte

Ultime battute sulla possibilità della norma fondamentale. Il riferimento è alla clausola della pretesa di
giustezza che imita la norma fondamentale kelseniana. Per ovviare al problema di questa limitazione, Alexy
sottolinea il fatto che si faccia riferimento a criteri morali senza che si dica nulla intorno a questi criteri.
Ricordando Fuller, rispetti agli otto desiderata, si parla di criteri strutturali, quindi, non abbiamo dei
contenuti, indicazioni circa la giustezza di questa o quella morale, soltanto che la Costituzione deve
rispondere alla pretesa di giustezza.

P.106: ‘la clausola “nella misura in cui… identificarli in modo univoco.’


Questo per evitare di fornire un contenuto alla norma fondamentale che poi condizionerebbe la costruzione
dell’ordinamento che su di essa si basa.

P.107: ‘Tale apertura è inevitabile… appello alla pretesa di giustezza.’

Alexy si rende conto che l’introduzione di questa clausola può aprire paradossalmente la strada
all’individuazione di morali, come la morale razziale, perché una volta che si faccia riferimento a criteri
morali e non si dica di quali criteri morali si tratta, infatti, dicendolo limiterebbe l’espansione della norma
fondamentale, allora deve individuare un rimedio che impedisca che il richiamo alla pretesa di giustezza
possa essere utilizzato per aprire la strada all’arbitrio. Quindi, individua delle regole che possono essere
d’aiuto per impedire che la giustezza violi i bisogni fondamentali dell’uomo.

‘Questo è il loro compito… giustezza giuridica.’

Richiamo all’equilibrio che questi valori costantemente ricercano, proprio perché giustizia e certezza sono
pilastri preziosi della vita di una comunità.

Contenuto della norma fondamentale

Per Kelsen la norma fondamentale non ha contenuto. È neutrale sul piano dei contenuti, perché il diritto
può avere qualsiasi contenuto, per Kelsen. La norma fondamentale deduce il suo contenuto
dall’ordinamento che su di essa si costruisce. Perciò non può avere un suo contenuto; è il criterio di validità.
Quindi, non ha un contenuto che possa orientare la costruzione dell’ordinamento giuridico. La norma
fondamentale dice che i fatti individuati nella Costituzione (grado più alto dell’ordinamento) sono fatti
giuridici. Non ha un contenuto, altrimenti orienterebbe la costruzione dell’ordinamento. La NF trae il suo
contenuto dall’ordinamento giuridico, che su di essa si costruisce.

L’introduzione di questa clausola, nella misura in cui corrisponde alla pretesa di giustezza, deve falsare il
senso della NF; deve piegare il senso della NF kelseniana alle esigenze di un concetto non positivistico di
diritto. Perciò:

‘Non ha qui importanza quale sia il contenuto… avere qualsiasi contenuto.’

La rilettura di Alexy:

‘Ciò è in contrasto con l’argomento dell’iniquità… l’idea di norma fondamentale.’

Alexy introduce una limitazione attraverso il richiamo all’argomento dell’iniquità. Secondo Alexy non limita
la funzione della NF, cioè di trasformare l’essere in dover essere (fondamentale per Alexy).

‘Nulla impedisce di inserire… pretesa di giustezza.’

Seconda limitazione alla enunciazione kelseniana.

‘questa formulazione si riferisce… definizione del diritto.’

Compiti della NF

Sono tre:

TRASFORMAZIONE CATEGORIALE:

‘interpretando determinati fatti… nell’impero del diritto.’

Qui Alexy inizia a mostrare il senso della norma fondamentale kelseniana nella sua prospettiva. Se vogliamo
conoscere queste norme come norme giuridiche, cioè se vogliamo accedere all’impero del diritto, abbiamo
bisogno di questa trasformazione categoriale che l’applicazione della norma fondamentale permette.
DEFINIZIONE DEI CRITERI:

‘l’accesso all’impero del diritto… fatti di produzione del diritto.’

Kelsen ha distinto la NF nel sistema giuridico e la NF nel sistema morale. Ha individuato le caratteristiche e il
dover essere diverso per l’una e per l’altra. Quindi, la NF non è soltanto giuridica, ma fonda un sistema di
norme che possono anche essere norme morali di un sistema morale che ha la caratteristica di essere
statico perché la morale ha precise caratteristiche, a sua volta perché il suo contenuto è evidente nella sua
forma giustizia. quindi, questa precisazione è importante perché la NF non è soltanto di un ordinamento
giuridico, per cui noi limitiamo la sua presenza ad individuare atti di volontà che hanno un preciso senso.
Infatti Kelsen distingue la norma giuridica dalla norma morale, da un lato, e dalla legge naturale, dall’altro.
La norma giuridica non può essere un imperativo perché altrimenti sarebbe assimilata alla norma morale.
L’operazione di Kelsen è di individuare la peculiarità della norma morale; se ci fermiamo alla doverosità e
all’obbligatorietà non abbiamo ancora detto nulla sulla specifica caratteristica della norma giuridica. Perciò
qui è importante sottolineare e stabilire quali fatti debbano essere considerati come fatti di produzione del
diritto. Non qualunque fatto produce norme giuridiche.

‘nello svolgere tale compito… sono i criteri della costituzione.’

Se abbiamo appena detto che la NF non ha un suo contenuto ma lo deriva dall’ordinamento, che su di essa
si costruisce, allora è evidente che il contenuto di questi criteri è presente al livello più alto
dell’ordinamento giuridico, della costituzione.

‘Kelsen può quindi riassumere… per il corrispondente sistema giuridico’

Vi è un rapporto biunivoco nella teoria di Hart, tra la norma di riconoscimento e un diritto, invece, la norma
kelseniana, che è priva di contenuto, può essere applicata a qualsiasi ordinamento giuridico, non solo per
quelli minimamente evoluti. La NF kelseniana funziona per qualunque ordinamento, anche quelli primitivi,
infatti è stato detto che un ordinamento potrebbe avere un numero minimo di norme (una norma di diritto
positivo più quella fondamentale che la validi).

‘l’unico elemento generale… la loro integrazione’

Qui la duplice clausola che fa di un concetto positivistico, come è la norma kelseniana, un concetto non
positivistico.

FONDAZIONE DELL’UNITÀ

Anche questo Alexy commuta da Kelsen perché la NF è sia criterio di validità sia principi, criterio di unità. La
domanda da cui parte Kelsen è come una pluralità di norme può diventare un ordinamento giuridico, cioè
un insieme ordinato di norme (sistema giuridico).

‘tutte le norme… a questo ordinamento’

Nel momento in cui la NF fonda l’insieme di norme, nello stesso momento le ordina, attraverso il criterio
della gerarchia, in quanto ordinamento, sistema giuridico.

STATUS

Apre con una serie di domande rispetto alla natura della NF nella prospettiva kelseniana

‘qual è allora la sua natura… che cosa deve essere?’


Da questo punto di vista la tensione, che ha creato questo presupposto logico-trascendentale, ha portato
Kelsen a rivedere le sue posizioni, parlando di una norma fittizia. Però questo ha individuato una deriva
irrazionalistica del pensiero kelseniano che viene concepito dall’autore come scienza del diritto.

PRESUPPOSTO NECESSARIO:

è necessario utilizzare la NF se si intende attribuire un fondamento di unità a tutto il sistema.

‘La prima proprietà della NF… dover essere giuridici’

Fin ora abbiamo detto che la NF è il fondamento dell’ordinamento, quindi produciamo un concetto
ulteriore: è il fondamento della possibilità della conoscenza della validità giuridica. Quindi, dobbiamo
sottolineare che stiamo parlando del problema della validità, perciò l’accesso all’impero del diritto, ma del
fondamento della validità dal punto di vista della scienza, non dal punto di vista di quel susseguirsi di atti di
volontà che hanno un legislatore uomo. Tant’è vero che per kelsen la norma è il senso dell’atto di volontà;
non coincide con l’atto di volontà, ma lo trascende in qualche modo. Quindi, quando lo studioso del diritto,
lo scienziato, si chiede se questa sia giuridica e deve necessariamente (per questo: “presupposto
necessario”) far ricorso alla NF per spiegare la conoscenza della validità, quindi Alexy sta precisando il piano
su cui la NF opera. È dal punto di vista della scienza che dobbiamo comprendere il senso della NF, perciò è
un presupposto logico-trascendentale; è il presupposto della validità delle norme spiegato e scritto dal
punto di vista della scienza del diritto, che ha il diritto come oggetto di studio.

‘tale caratterizzazione… conoscenza empirica’

Il trascendentale kantiano non è condizione dell’esperienza ma di pensabilità dell’esperienza, cioè di


conoscibilità dell’esperienza: l’uomo attraverso lo schema logico-trascendentale può comprendere
l’esperienza, i fatti empirici. Quindi la NF in quanto presupposto logico-trascendentale non è presupposto
delle norme giuridiche nella loro validità, ma è il presupposto della conoscenza della validità delle norme
giuridiche. Vale a dire che, se vogliamo conoscere l’ordinamento giuridico dal punto di vista della sua
validità, dobbiamo necessariamente presupporre la NF.

‘la parola trascendentale… conoscenza nell’esperienza’

Quindi, gli a priori kantiani sono a condizione di possibilità, non dell’esperienza, ma della conoscibilità
dell’esperienza, cioè attraverso gli a priori l’uomo può conoscere l’esperienza, i fatti, il mondo empirico.

‘nondimeno, tra il trascendentale… NF’

La NF è il fondamento della validità dell’intero ordinamento, ma bisogna aggiungere qualcosa dal punto di
vista della scienza del diritto. Secondo Alexy, l’osservatore descrive un ordinamento che ha al suo interno
norme estremamente ingiuste. Dal punto di vista dell’osservatore, è corretta la tesi della separazione. Alexy
indirettamente dà ragione a Kelsen; lo scienziato, il giurista descrive gli ordinamenti giuridici, che può essere
pensato come un osservatore. Quindi, lo scienziato del diritto descrive il diritto esistente. In questa
descrizione, si pone delle domande: perché sono norme giuridiche? Ci sono norme giuridiche, morali, sociali
o religiose, perché trovano il loro fondamento nella NF, ma questa è una descrizione dell’ordinamento
giuridico e della sua validità. Perciò la NF è presupposto logico-trascendentale, condizione di pensabilità di
quelle norme come giuridiche. Quindi, condizione di pensabilità della validità di quelle norme giuridiche. La
NF è funzionale a descrivere la validità delle norme in quell’ordinamento, che è un ordinamento giuridico.
Perciò la NF è presupposto logico-trascendentale: è nella mente del giurista che voglia studiare quelle
norme e capire perché sono norme giuridiche. Quindi, è sì fondamento della validità delle norme giuridiche,
ma dal punto di vista della scienza del diritto.

PRESUPPOSTO POSSIBILE
Se è necessaria, ovviamente è possibile.

‘la seconda proprietà della NF… interpretazione possibile’

L’aver introdotto queste ipotesi: “se vogliamo interpretare il diritto come un ordinamento giuridico, limita la
necessità della NF”: nel senso che la NF è necessaria se vogliamo conoscere quell’insieme di norme come
norme giuridiche valide. Quindi, questo presupposto è necessario se ci poniamo nell’ottica dello scienziato
del diritto che, alla Kelsen, intende comprendere la giuridicità di quelle norme nella loro validità. È
contemporaneamente un presupposto necessario e possibile. È necessario se ci poniamo in una precisa
ottica di studio; se vogliamo accedere all’impero del diritto dobbiamo necessariamente presupporre la NF.

Quello che spiega ora è il senso di questa possibilità:

‘Come dimostrano le teorie… sociale e/o psichico’

Se noi vogliamo conoscere il diritto da questo punto di vista, come fanno le teorie sociologiche, che
vogliono conoscere il diritto vivente non il diritto vigente (i fatti che spingono il legislatore a produrre questa
o quella norma, quali sono i motivi per cui si obbedisce), allora non abbiamo bisogno di puntualizzare la NF.
Siamo in una diversa prospettiva di indagine. Le teorie sociologiche non hanno bisogno di interrogarsi sulla
validità delle norme, come norme giuridiche, ma si chiedono se sono capaci di orientare i comportamenti
degli uomini. Sono domande che si pongono altri studiosi che non si pongono nella prospettiva dello
scienziato del diritto, che si occupa di capire e descrivere la validità delle norme giuridiche. Quindi, l’accesso
all’impero del diritto non è uno solo. Se ci poniamo dal punto di vista della scienza del diritto, abbiamo
bisogno di presupporre la NF. Per questo si può parlare, senza contraddizione, di presupposti necessario e
possibile. Solo se ci poniamo in una precisa ottica di studio è necessario presupporre la NF.

‘è Kelsen stesso… ipoteticamente necessario’

Pag 112 ‘non si può certo dimostrare la necessità incondizionata della NF… condizionata sì’

Quindi, questa espressione sintetizza che la NF è contemporaneamente un presupposto necessario e


possibile. La NF non è una necessità incondizionata, ma è condizionata, perché contemporaneamente
presupposto necessario e possibile.

‘il punto di vista giuridico… con ciò alla NF’

Quindi, se vogliamo comprendere il significato giuridico, normativo dell’ordinamento, se vogliamo pensare


quelle norme come norme valide, abbiamo bisogno di presupporre la NF. Questa necessità condizionata che
è la NF kelseniana. Perciò l’argomento di Kelsen può essere definito come argomento trascendentale
debole. Il che dimostra come una NF, non necessariamente kelsiana, che introduce la categoria del dover
essere sia la chiave per accedere all’impero del diritto.

NORMA PENSATA

Se la NF è nella mente del giurista allora è una norma pensata, non è una norma posta, ma è una norma
presupposta. Si presuppone la validità perché si presuppone l’esistenza.

pausa
Se la norma fondamentale è nella testa del giurista è una norma pensata. Non è una norma posta ma
è una norma presupposta. Poiché se ne presuppone la sua validità se ne presuppone l’esistenza. È
una norma pensata quindi “Così deve essere-fondamentale.”. Le righe che seguono non si fanno.
Possiamo andare direttamente a pag.114 l’ultimo capoverso “Un secondo-pensata.” Può un
presupposto logico trascendentale qual è la norma pensata prescrivere qualcosa? “La formula-
prescrive.” I fatti posti in essere dal primo costituente sono fatti produttivi di diritto. Diventano atti
giuridici. Proprio nel primo capitolo dei lineamenti che voi avete studiato Kelsen dice che nel
momento in cui un comportamento diventa contenuto di una norma giuridica viene qualificato
giuridicamente o assume senso giuridico. Quindi la norma fondamentale non fa altro che dire che
quei fatti posti in essere dai padri della costituzione (facciamo riferimento alla nostra esperienza)
sono fatti giuridici, anzi atti giuridici. “Questa è solo-costituente>>” è appena ovvio: se noi oggi
prendiamo un codice e descriviamo queste norme in esso raccolte come norme giuridiche e
facciamo riferimento al problema della validità, diciamo che la validità di una norma riposa nella
norma di grado superiore, saliamo di grado in grado nella gerarchia delle fonti ed arriviamo alla
costituzione, abbiamo bisogno di ipotizzare qui una norma perché (salvo pensare all’ordinamento
internazionale ) altre norme superiori non ce ne sono. Perché abbiamo bisogno di ipotizzare una
norma fondamentale? Perché stiamo descrivendo, spiegando, queste norme come norme giuridiche.
Allora cosa stiamo facendo se non conoscere queste norme come norme giuridiche. Non stiamo
certo prescrivendo che si debba fare qualcosa. Casomai diciamo che queste norme, per essere norme
giuridiche obbligano a tenere determinati comportamenti. Ma stiamo semplicemente descrivendo L’
obbligatorietà di quei comportamenti che sono prescritti da quelle norme giuridiche che trovano la
loro validità perché sono riferite alla norma fondamentale come fondamento della loro validità.
Quindi non stiamo descrivendo un obbligo giuridico in quanto studiosi del diritto. “Ma com’è
possibile che un -informare sugli obblighi giuridici” cioè ti informa che quelle norme sono
obbligatorie,descrive quelle norme come obbligatorie. Tant’è vero che Kelsen distinguerà
proposizioni giuridiche da norme giuridiche. Le proposizioni giuridiche sono proposizioni che
descrivono norme giuridiche. Le norme giuridiche invece sono descritte da queste proposizioni di
cui si serve la scienza del diritto. Quindi lo scienziato del diritto non fa altro che descrivere,
attraverso proposizioni giuridiche, norme giuridiche. Perciò informa sugli obblighi giuridici: lo
scienziato del diritto ci dice, attraverso proposizioni giuridiche, che quelle sono norme giuridiche e
se sono norme giuridiche sono obbligatorie e ,se la costituIone c vale giuridicamente, è implicito il
fatto che ciò che la costituzione prescrive è obbligatorio. Se è valida la costituzione è valido ciò che
prescrive. Perciò dobbiamo distinguere il livello della descrizione dello scienziato del diritto da
quello della prescrizione che è propria di chiunque detenga il potere di porre norme giuridiche. “In
quanto -morali” a questo punto non è più osservatore ma diventa critico del diritto. Quanto dice in
questa pagina è già compreso in quello che alexy ha detto in apertura del discorso parlando della
posizione dell’osservatore. A questo punto il giurista ti informa che il decreto n.11 è obbligatorio
perché è valido giuridicamente,poi per ragioni morali, può ritenere quella norma estremamente
ingiusta e quindi deve essere diapplicata, ma lo faccio in quanto uomo non in quanto studioso del
diritto. “Di qui il carattere-non obbliga a nulla” perché non obbliga a nulla? Non vi è
un’obbligatorieta’ necessitata. È la natura ,sul piano della necessità fisica,che puo obbligare l’uomo
a tenere determinati comportamenti (es. respirare). Noi possiamo anche sottrarci al gioco del diritto
salvo poi pagarne le conseguenze,salvo quindi subire la sanzione. Che una tale-adeguatezza” fin
qui.
Passiamo all’infondabilita’. “Il fondamento-dunque la norma fondamentale” se la norma
fondamentale è il fondamento dell’ordinamento, non si può poi andare alla ricerca del fondamento
di un fondamento. Altrimenti dovremmo andare poi alla ricerca del fondamento del fondamento e
così via. Carderemmo nel regressum all’infinitum di cui Kelsen ha voluto spezzare la circolarità per
individuare poi il limite ultimo del problema della validità. Quindi la domanda certamente è mal
posta. Ma ,poiché alexy deve far riferimento alle sue ragioni morali che sono utili per le definizione
del concetto non positivistico di diritto, deve necessariamente porsi questa domanda. Perciò lui dice
prima facie plausibile ma probabilmente lo è anche ad un esame piu approfondito. Lui pero dice “a
un esame più approfondito-opportunità”. Ora, se sono chiare le linee fondamentali del pensiero di
Kelsen ,è chiaro che una posizione del genere è aberrante. Non possiamo fondare una norma
fondamentale dell’ordinamento giuridico su altri tipi di norme. Siamo un po’ aldilà del pensiero di
Kelsen. Non stiamo quindi piu parlando della norma fondamentale kelseniana,ma di qualcos’altro.
Conoscete gia le ragioni di questa forzatura,è inutile insistere. Infatti previene l’obiezione
kelseniana e dice “Kelsen potrebbe-riformulate in una norma fondamentale del diritto”. Kelsen
infatti ha detto che il diritto è come re mida: qualsiasi cosa tocca trasforma in diritto. Anche quindi
alla questione posta precedentemente ( se bisogna uscire dal sistema giuridico nei casi dubbi o nei
casi in cui il partecipante non ha una precisa indicazione da parte del materiale autoritativamente
precostituito) Kelsen risponderebbe con molta facilità: comunque possiamo far riferimento ad un
sistema morale, religioso o sociale. Nel momento in cui il diritto si rivolge a questi altri sistemi,
trasforma in diritto ciò che diventa punto di riferimento. Dunque facciamo riferimento ad una
norma di diritto naturale? Diventa diritto perciò la questione non si pone. Per questo diciamo che è
mal posta. “ Ma non è detto-ordinamento giuridico” anche questa domanda è mal posta rispetto al
pensiero di Kelsen. Kelsen non si interroga sul perché un ordinamento sia efficace. L’efficacia si
puo ottenere anche attraverso la prepotenza, la violenza etc... questo non interessa alla prospettiva di
Kelsen. Quindi un ordinamento se è efficace è anche valido. Il problema lo pone alexy che si
interroga sull’efficacia di un ordinamento giuridico ma qui siamo oltre le tesi kelseniane e quindi
forziamo qualunque cosa Kelsen abbia detto. Può anche andar bene ai fini del pensiero di alexy ma
quello non è piu pensiero di Kelsen. “Kelsen-linee?” Questa è una domanda che non solo Kelsen
non si pone, ma che non si puo neanche porre all’interno delle premesse epistemologiche da cui
kelsen parte. “Il rinvio- giustificarlo” e qui è il problema: giustificarlo da quale punto di vista?
Siamo al di fuori ormai della scienza del diritto cosi come la pensa kelsen.Quindi, se parliamo di
giustificazione, o parliamo di una giustificazione sul piano epistemologico e, la norma
fondamentale kelseniana, è legittimata sul piano epistemologico, oppure parliamo di una
giustificazione morale o perlomeno di opportunità di questa o quella società che si da delle regole.
Ma allora siamo fuori dalla prospettiva dello scienziato che descrive il diritto cosi come abbiamo
visto nelle pagine precedenti. “Il fatto-successo” è una questione empirica questa qui e non è una
questione sostanziale. Lui ha detto chiaramente argomentando su altri piani e mostrando conme una
questione di fatto, una questione empirica, una questione pratica non sia una soluzione sostanziale,
ma può essere d’aiuto. Su questo possiamo discutere ma dobbiamo sostenere che dal punto di vista
dell’epistemologia kelseniana non stiamo ponendo domande sostanziali e quindi anche risposte
sostanziali a queste domande. “Una terza-guerra civile”. Che argomento è questo?analitico o
normativo? L’argomento analitico è un argomento concettuale. Qui stiamo parlando di utilità,
necessità se volete dal punto di vista della sopravvivenza, però stiamo parlando di considerazioni
che non sono di carattere concettuale e quindi siamo sul piano degli argomenti normativi. “Anche in
questo-kantiana”. Perché questa forzatura continua a non reggere? Perché Kelsen è partito da un
presupposto preciso: tanto una dimensione quanto l’altra rispetto alla prospettiva di kelsen non sono
rilevanti, per kelsen il diritto puo avere qualsiasi contenuto.Quindi non possiamo introdurre questa
doppia clausola se non opponendo a un concetto positivistico di diritto, come quello di kelsen che è
indifferente sul piano morale, altre ragioni. Ma allora non siamo piu nell’ambito della tesi
kelseniana. Siamo nell’ambito di un’altra tesi. Ora ,alexy, riconosce le buone ragioni della norma
fondamentale kelseniana che è l’unica che consente la trasformazione categoriale, il passaggio
dall’essere al dover essere, però , in questa trasformazione lui deve fare i conti anche col fatto che il
diritto puo avere qualsiasi contenuto. Ragione per la quale la norma fondamentale kelseniana puo
fondare qualunque ordinamento giuridico dal punto di vista della sua conoscenza come norme
giuridiche valide. Il concetto non positivistico di diritto è costretto a fare i conti con l’elemento
morale e perciò alexy deve salvare il sistema giuridico: non puo dire che la formula di Radbruch si
puo’ applicare ai sistemi giuridici altrimenti verrebbe meno il sistema giuridico di cui le norme
intollerabilmente ingiuste fanno parte. Per trovare una mediazione tra certezza del diritto, il fatto
che il diritto puo avere qualsiasi contenuto da una parte e dall’altra la pretesa giusnaturalistica di
avere solo la morale giusta, la giustizia con la g maiuscola, alexy deve tenere insieme opposte
ragioni e questo non è mai semplice. A volte ci si riesce, altre come in questo caso no: voler sposare
la norma fondamentale kelseniana lo porta a forzare il discorso per recuperare tanto la prospettiva
dei principi, tanto l’argomento dell’iniquita’. “Una quarta-inconsapevolmente”. Anche qui c’è una
forzatura perche non siamo sul piano della fondazione empirica ma sul piano dellla fondazione
epistemologica perché stiamo parlando del giurista che guarda a quelle norme e le descrive come
norme giuridiche. Come fa a dire che sono giuridiche? Ha bisogno di quella necessità condizionata
che è la norma fondamentale. Quindi ancora una volta sta affondando nella palude che egli stesso
ha creato. “Ma ne prende-Kelsen.” Non è esattamente così perché i giuristi si rivolgono al diritto
esistente. E il diritto esistente è il diritto positivo nonostante quello che dice alexy che mette in
discussione poi il contenuto di giustizia e di ingiustizia estremo.
Kelsen è stato chiarissimo nell’indicare l’oggetto di studio della dottrina pura:il diritto esistente,il diritto
quale esso è cioè quello positivo. “La sua tesi-descritte”. Dunque Alexy non da una risposta ad questione
così importante. “In ultima-dovuto” qui concede a Kelsen l‘ originalità della sua intuizione. “ Ma tale-
kelseniana” anche qui la questione è mal posta perché la norma fondamentale di kelsen non ha contenuto.
“Essa può-normativa”.
FiLOSOFIA DEL DIRITTO II -

1°parte pomeriggio lezione 24-04

Allora la norma fondamentale Kantiana certo non ricorda Alexy può essere definita in maniera esplicita in
questo modo, lo stesso Kant non vi fa riferimento in questo modo però può essere declinata come norma
fondamentale e il riferimento è essenzialmente la metafisica dei costumi, delle opere di Kant, sono a
pag.120 leggiamo il passaggio "si può dunque con......del suo volere" "si tratta di una norma........per mezzo
della ragione". Questo è importante sottolineare la differenza con la norma fondamentale Kelseniana che
abbiamo detto essere una necessità condizionata.

"LA norma f. di Kant è dunque una norma..............in vista della loro stessa tutela". sebbene non ci sia una
antropologia pessimistica nella visione kantiana tuttavia i diritti che la ragione dovrebbe portare a
riconoscere non sono in nessun modo garantiti, da qui la necessità di passare nella cosiddetta società civile.

"così rimane pur.......dall'opinione degli altri". Il soggettivismo della condizione pregiuridica è evidente
quindi ognuno regola il proprio comportamento in base a codici strettamente personali, quindi
l'individuazione di una regola comune che abbia la possibilità di obbligare gli individui non è ancora
possibile nello Stato di natura perciò non c'è garanzia contro la prepotenza di un altro, "in
conseguenza......pubblicamente legale" quindi si deve uscire dallo Stato di natura, una regola di diritto
naturale, della ragione e perciò obbliga in maniera forte, ci si deve unire con tutti gli altri pactum unionis del
contratto sociale al fine di sottomettersi alla posizione esterna. "bisogna dunque......in uno stato civile".

Quindi solo il passaggio dallo stato di natura allo stato civile può garantire il mio o il tuo, quella dimensione
che corrisponde all'umanità del singolo individuo. "Si potrebbe supporre......esserne l'origine" quindi non vi
sono limiti di sorta alla normazione del soggetto che detiene il potere, qui la differenza della posizione
kantiana rispetto agli altri giusnaturalisti, perchè, siccome è una legge di ragione quella che obbliga l'uomo
ad uscire dallo stato di natura e ad entrare nello stato civile quindi sottomettendosi ad un potere esterno
allora questa legge e non può essere messa in discussione. Perciò come vedremo se la norma kelseniana ha
una necessità condizionata la norma kantiana ha una necessità incondizionata perchè è l'espressione di una
legge di natura, una legge di ragione a cui l'uomo non può in alcun modo sottrarsi.

La domanda è se è possibile introdurre un limite, se bisogna obbedire anche alla legge estremamente
ingiusta, pag.124 "la discussione dell'argomento.......principi fondamentali" pag.125 "se tale ipotesi.....quella
kelseniana" vale a dire proprio perchè la norma fondamentale kantiana è una legge di ragione che chiede
all'uomo di obbedire al legislatore in positivo, allora la norma fondamentale kantiana ha conseguenze
giuspositivistiche più rigide di quella kelseniana, perchè la norma fondamentale di kelsen dice soltanto che
se non si vuole e senza che derivi un qualche obbligo morale è possibile interpretare ogni norma statuita ed
efficace come una norma giuridicamente valida, cioè se si vuole entrare nell'impero del diritto dobbiamo
ipotizzare la norma fondamentale, coerentemente kelsen esclude qualunque obbligo morale.

"viceversase non..........di kelsen" quindi il vincolo che la norma fondamentale kantiana cioè normativa
ingenera nell'individuo è talmente stringente da diventare soffocante, quindi paradossalmente è più
accettabile lo scetticismo kelseniano che un appello alla ragione alla natura all'imperativo della natura così
com'è nella prospettiva kantiana, proprio perchè è una necessità incondizionata la legge di natura che
chiede all'uomo di uscire dallo stato naturale. Passerei alla norma fondamentale di Hart "Hart non
chiama.......una questione di fatto" quindi si limita la norma di riconoscimento di hart un pò sul piano
dell'essere e non riesce a spiegare quella trasformazione categoriale che invece solo la norma kelseniana
riesce a fare. "ciò spiega......diritto vigente" quindi la domanda da cui era partito alexy se chi ha un giudice
perchè pratica la costituzione il giudice si troverebbe in forte imbarazzo perchè dovrebbe riferire a se stesso
la risposta stessa. Quindi il giudice non sarebbe in grado di spiegare perchè pratica la costituzione perchè la
costituzione è valida, questa domanda trova risposta solo nella norma kelseniana. "a prima vista..........al
dover essere" il senso della norma fondamentale kelseniana delle ragioni per cui alexy accetta questa
anzichè le altre scaturisce come conseguenza la non accettabilità della norma di riconoscimento di hart.

Ci rimane il quarto capitolo, alexy tira le somme dei tratti di analisi compiuti nei capitoli precedenti e qui
abbiamo la definizione del concetto di diritto, era da li che eravamo partiti, dalla possibilità di individuare
elementi concettuali necessari alla definizione del concetto di diritto. Questa sintesi è una ripresa di risultati
teorici che ha presentato nelle pagine precedenti, pag.129 "La prima parte......sono sistemi giuridici"
pag.130 "Nella seconda......su due livelli" pag.132 "mentre la seconda.....al diritto" il perimetro del diritto
perchè l'incorporazione dei principi consente di espandere questo perimetro pur rimanendo all'interno del
diritto e quindi non è una apertura a hart che spezza il perimetro e che deve uscire dal diritto "ciò è
reso.....di giustezza" tutto ciò non è diritto soltanto, ricordate il passaggio precedente mettiamo il diritto
sulla scorta di una suggestione postulato legalistico, qui invece comprendiamo il diritto tutto ciò che il
partecipante utilizza nella sua procedura partendo dalla legge da applicare appunto al risultato attiva una
procedura. "i principi.......del diritto"

Quindi questa visione complessa del diritto consente al diritto stesso di porsi ad un passo dal rischio di
scivolare nella decisione basata semplicemente sui valori personali del partecipante, quindi aver inglobato i
principi nel sistema diritto significa non esporre il diritto ad eventuali tensioni al suo interno ma anzi
consentire al perfezionamento del diritto che è necessaria ad una continua adeguatezza del diritto ai bisogni
della società. Quindi una apertura che è di cerchi concentrici del senso pieno del diritto.

Torniamo al pensiero di radbruch non è il diritto riportato alla legge ma è la legge che viene riportata al
diritto, attraverso il richiamo costante al concetto positivistico di diritto che abbiamo visto inglobare
elementi morali.

Terzo libro

Se non ci sono dubbi su questo testo passiamo all'altro testo, si tratta di puntualizzare alcuni concetti di
sfondo per meglio collocare la sua svolta per dare senso al significato che pone al rapporto tra idea e
concetto di diritto.

- Quando parliamo di valore in riferimento al diritto parliamo della giustizia tanto è vero che Radbruch dirà
che l'idea del diritto è la giustizia; perciò l'idea di un diritto '' sovralegale'' è un'idea regolatrice, perciò
trascedentale tanto delle relazioni tra diritto, e altre componenti della cultura, pensate la morale, economia
ecc. tra filosofia del diritto e scienza del diritto.

Non solo questa idea apera anche sul piano pratico-pragmatico perché è correttiva del ''torto legale'' il non
diritto che prende la forma della legge.

Quindi in riferimento al diritto sovralegale consente che esso sia un'idea regolatrice nei rapporti tra diritto e
altre manifestazioni della cultura, consente che operi anche sul rapporto tra filosofia del diritto e scienza del
diritto, abbiamo anche una funzione sul piano pragmatico perché si pone come correttivo come ''torto
legale'', cioè riesce ad impedire che il diritto si perverga nella sua negazione, da diritto diventi non diritto,
pur assumendo la forma della legge.

Attenzione a mantenere quella necessaria distinzione tra termine diritto e termine legge che il postulato
legalista aveva invece appiattito, appiattendo però il diritto sulla legge; perciò l'operazione che farà
Radbruch è inversa perché riporta la legge al diritto, non il diritto alla legge, del postulato legalista o
positivismo giuridico, qui faccio riferimento al giuspositivismo logico, è dal positivismo logico che Kelsen e
tutto il giuspositivismo prenderà a prestito, la prospettiva della relatività e non cognitismo etico.

Quando si parla di positivismo logico e positivismo logico si parla di due correnti differenti.

Il positivismo logico è il neopositivismo e quindi siamo sul piano strettamente filosofico.

il positivismo giuridico, o giuspositivismo, fa riferimento a quelle correnti che pensano il diritto come diritto
positvo.

Il termine comune è ''positivismo'' ma nel primo caso si parla di positivismo e si fa riferimento alla
sottomissione ai fatti della conoscenza, quello logico dice che questi fatti che l'uomo può porre attraverso i
sensi devono essere poi organizzati razionalmente e attraverso la ragione; da qui non una qualsiani
conoscenza ma una conosceenza razionale a dire la scienza. Quindi il positivismo giuridico fa invece
riferimento alla positività al diritto e tuttavia Kelsen non ha esplicitamente partecipato ai lavori del
positivismo logico, sicuramente ha colto alcuni temi del positivismo logico tra cui quello più importante è la
libertà dei valoriperché la ragione non può indagare, la giustizia è irrazzionale dirà Kelsen, come altri
giuspositivistici, questo lo trae dal positivismo logico a lui contemporaneo.

Rapporto tra filosofia del diritto e scienza del dirittto - Pag. 14

concetto e idea: la scienza del diritto si serve del concetto, filosofia del diritto si serve dell'idea.

Quindi vi è un rapporto di simmetria tra le due coppie.

La scienza del diritto trova i suoi fondamenti nella filosofia del diritto; la filosofia del diritto a sua volta deve
fondarsi nella filosofia in generale, deve trovare i suoi presupposti generali nella filosofia.

Mi interessa a propostivo del relativismo che abbiamo visto nel testo di Alexy.

Pag. 15

Nota saggio del 1934.

...giusto diritto>> quella evidenza che era poi il cavallo di battaglia del giusnaturalismo perché le norme del
diritto naturale sono norme evidentemente, cioè nella loro università, giuste .

<<La confutazione..valori>>. Quindi circoscrive la portata del valore, non è più assoluto, come il
giusnaturalismo pretende, ma è limitato in un determinato sistema di una determinata società.

<<Le situazioni sociali..individuale>> quindi non è possibile affermare che una possibilità dell'una o
dell'altra, quindi attraverso il metodo che diremmo scientifico, ma la decisione è riferita alla coscienza
dell'individuo, da qui la dimensione del soggettivismo che è propria del relativismo.

<< Ciò significa...relativismo>>

Pag. 16

<<Il relativismo sfocia, altresì, qui parliamo del piano delle teorie politiche, ..intolleranza>>
Questa era la posizione prima dell'esperienza tragica della Germania Nazionalsocialista, comunque
dell'esercizio totalmente arbitrario della volontà e Radbruch poi correggerà questa posizione attraverso il
richiamo al diritto ''sovralegale'' che può fungere da argine a quel ''torto legale'' come appunto era
accaduto nell'esperienza della Germania.

Sintesi delle righe che seguono rapporto tra idea e concetto di diritto.

La scenza del diritto deve trovare il suo fondamento nella filosofia del diritto; se c'è simmetria tra concetto e
idea del diritto allora dobbiamo anche affermare deve trovare il suo fondamento nell'idea, perché ? Con
che cosa opera la scenza del diritto, quale è il metodo proprio della scenza del diritto?

Abbiamo parlato del positivismo logico, quindi abbiamo seguito metodo induttivo dall'analisi ...

Pag. 17

<< Se ... fondarlo>> che significa...

significa che il metodo induttivo opera attraverso la raccolta di dati, in questo caso in riferimento alla scenza
del diritto, parliamo di fenomeni giuridici, ma parlando della scienza in generale, vediamo la scienza
osservare i fenomeni e dalla osservazione dei fenomeni deriva la legge generale.

Popper la scienza va a fondo quando è ritenuto soddisfaciente il livello raggiunto la scienza si ferma,
potrebbe scendere anche oltre, ma ritiene che sia sufficiente l'osservazione dei fatti quindi da qui e deriva
la regola genrale; può anche accadere che l'osservazione successiva verifichi qualcosa di completamente
differente allora dobbiamo rivedere la regola, che è derivata dalla precedente osservazione.

Sempre Popper scriverà un libro dal titolo ''Congetture e confutazioni'', cioè l'uomo congettura soltanto,
dobbiamo immaginare che questa legge non è mai definitiva, quindi è sempre possibile che si debba
rivedere quella legge e pernsarne una che sia più adeguata al nuovo livello di osservazione; tanto è vero
che uno dei caratteri della scienza moderna è proprio la revisibilità, cioè i risulatati non sono mai definitivi
ma sono sempre suscettibili di revisioni, perciò ''congetture'' non possiamo pretendere che quella legge
che è valida per sempre, altrimenti staremmo ancora ad un sistema telemaico, ma dobbiamo ammettere
che vi sia la possibilità, attraverso il ricorso a nuovi dati, di rivedere la legge generale.

Filosofia del Diritto II

2° parte pomeriggio lezione 24 aprile


Pag. 17

Si diceva guidata dall'osservazione e comparazione dei singoli fenomeni giuridici, ci riferiamo alla scienza
del diritto, quindi si può raggiungere il concetto universale di diritto per generalizzazioni induttive, ''non
può però fondarlo''; quindi la scienza del diritto non può offrire una fondazione del concetto di diritto;
ragione per la quale se la scienza del diritto trova il suo fondamento nella filosofia del diritto, il concetto di
diritto può essere fondato soltanto dall'idea del diritto, cioè ''dall'organo'' della filosofia del diritto.

Fine pag.17 |La necessità di dare un fondamento al concetto del diritto è anzitutto la necessità di
assicurargli, in negativo, la non accidentalità| ...

cioè l'idea del diritto toglie, in negativo, la sua accidentalità; cioè il concetto, attraverso la sua fondazione
del concetto di diritto, perde la sua accidentalità e in positivo, quindi ''guadagna'', la sua universalità cerca
nel concetto di diritto la sua deduzione non da un altro concetto ma da una idea.

Se il concetto si fondasse su un altro concetto non avrebbe ancora la possibilità di dare una sola universalità,
perché il metodo induttivo, è un metodo che per sua natura, deve avere la possibilità; solo in riferimento
all'idea del diritto vede la possibilità di compiere l'universalità. Questa idea del diritto è la giustizia.

Pag. 18

|L'affermazione che ciò è perché ''il giusto è, come il bene, il vero, il bello, un valore assoluto, cioè un valore
che non si può derivare da u altro valore'', è l'affermazione della natura ultimativa della giustizia, ma solo
rispetto al concetto della giustizia legale o della giustizia positivistica intesa, non rispetto all'intera sfera
etica di pertinenza del diritto.|

A Pag. 58 validità del diritto

teoria giuridica, storica, sociologica, filosofica concetti che necessitano di essere puntualizzati.

fino a pag. 62, secondo rigo.

Pag. 67 Le antinomie dell'idea del diritto.

Abbiamo già detto nella giustizia, abbiamo già guardato attraverso il testo di Alexy.

Parliamo della giustizia e la possibilità che vi siano conflitti pratici tra sistemi ma anche all'interno del
sistema stesso .

L'idea del diritto sia della giustizia si compone di tre dimensioni .

- Il primo si presenta come una doppia variante, in alcuni scritti è il bene comune, in altri è la conformità
dello scopo.

Ci interessa la tensione tra la certezza del diritto e la giustizia del diritto.

Già nel testo di Alexy abbiamo visto che entrambe esercitano il predominio sulle altre.

- Dov'è il problema ?
Come può la giustizia, che è l'idea del diritto, che si compone di tre parti ( tre dimensioni), essere allo stesso
tempo il tutto e la parte; cioè se l'idea di giustizia si compone del bene comune-conformità all'idea comune,
certezza del diritto ( qui non ci sono problemi di sorta), e di giustizia la terza parte, come è possibile che la
giustizia sia allo stesso tempo il tutto, perché l'idea del diritto è la giustizia, e poi la parte, insieme alla
certezza del diritto e alla conformità dello scopo questa sarebbe una contraddizione forte da un punto di
vista logico da cui non poter uscire, se non pensando ad un significato in parte diverso della giustizia come
idea e giustizia come parte.

Qui c'è un riferimento alle necessità, non sono necessari tutti i canonici della giustizia.

Il senso che noi possiamo dare a questa apparente contraddizione può essere questo .

Per giustizia come idea intendiamo la giustizia con la G maiuscola, in questo ci aiuta la dialettica, perché la
giustizia riesce a comprendere nella sua complessità ed unità il concetto di diritto.

Invece quando parliamo della Giustizia come parte, che può entrare in contraddizione, con le due altri parti,
di cui l'idea di giustizia come idea si compone, è quella nella traduzione del testo di Alexy che avete
incontrato come ''giustezza materiale'', cioè quella giustizia che si fa tutti i giorni che è l'amministrazione
della Giustizia da parte del partecipante, è la giustizia che l'uomo, di volta in volta, tenta di realizzare
avvicinandosi ad un'idea di giustizia.

Solo in questo modo noi possiamo concepire la ''giustizia come tutto e come parte'' e non fondare una
critica importante alle due posizioni di Radbruch.

Quindi una giustizia che si fa nelle decisioni di tutti i giorni tanto da parte del giudice e del giudice, tanto è
vero che l'attenzione di Alexy è a uno di questi profili della decisione soprattutto quella del partecipante che
è chiamato nei casi straordinari a misurarsi con norme estramemente ingiuste e in casi ordinari a misurarsi
con i casi dubbi.

Pagg. 67- 69 si.

Pagg. 101-109 si

-Dalla legge al diritto sovralegale.

Trovate un richiamo a una polemica, Radbruch ha aperto dopo il 45 con il positivismo, l'accento posto sulla
certezza del diritto .

Vedevamo in un richiamo di Alexy questa ''stigmatizzazione'' della positività giuridica che aveva reso inerti i
giuristi e i cittadfini di fronte alle fandezze del nazismo, perché il positivismo ha abituato ad identificare il
diritto con la legge, ''la legge è la legge'', ed è stato il maggior piano di difesa nel processo di Norimbergam,
si disse che non si faceva altro che applicare la legge.
Il problema era proprio questo in casi di leggi intollerabilmente ingiuste l'applicazione della legge, che è
richiesta dalla legalità, che è un principio fondamentale dello ''Stato di diritto'', anzichè geneare giustizia ha
generato estrema ingiustizia.

Perciò la necessità, come abbiamo visto in apertura, di correggere il ''torto legale'' attraverso il ''diritto
sovralegale'', in questo Radbruch non dà una precisa definizione non dice cosa si intende per diritto
sovrapositivo, per utilizzare un'espressione che abbiamo trovato in Peces-Barba.

Può essere un diritto divino, può essere un diritto razionale ( una legge di ragione, come abbiamo visto in
Kant, un concetto ex positivistico, che ha il compito di mantenere il diritto all'interno dei suoi limiti,
consente al diritto di non sfociare in arbitrio, dove si dà spazio al ''torto legale'' ).

Qual'è la forma di Stato che più di ogni altra può garantire lo ''Stato di diritto'', certamente è la democrazia
nella prospettiva di Radbruch? La democrazia.

Zagrebelsky, ha scritto un libro interessante:'' ... democrazia''.

La democrazia prende sempre decisioni giuste?

Nella scelta tra Barabba e Gesù probabilmente la democrazia ha mostrato qualche debolezza.

E' vero che questa forma è quella che coincidenza, cioè ha visto nella sicurezza di Peces-Barba
maggiormente assicura la risposta perchè obbedire, perché la democrazia non sia il luogo migliore per le
scelte, all'uomo è dato sbagliare ma anche di correggersi, ragione per la quale non possiamo ammettere la
pena di morte, dobbiamo essere abolizionisti.

Formula di Radbruch

Pag. 106

che abbiamo già accolto mediante il testo di Alexy, che è stato chiamato da alcuni la svolta, non fa di
Radbruck un Giusnaturalista, assolutamente no.

Pur parlando di un ''diritto sovrapositivo'', o sovralegale Radbruch conserva i cd. ''frutti buoni'' del
giuspositivismo, tanto è vero che nella formula di Radbruch mostra i suoi effetti al di sopra della soglia di
ingiustizia estrema; lui dice il diritto è assicurato alla sanzione, forza, mantiene il suo predominio anche
quando ingiusto.

In questo lui continua a riconoscere l'importanza del diritto positivo; questo diritto positivo può continuare
a svolgere la sua funzione che è fondamentale quella della certezza del diritto, cd. la sicurezza del diritto di
Peces-Barba, se attraverso la presenza dello Stato, quel correttivo che è il diritto sovrapositivo si mantiene
al suo concetto più autentico.
E' un giuspositivista temperato, o un giuspositivista ''a metà'', ma non giusnaturalista altrimenti ci
troveremmo sul lembo estremo di quel concetto non positivistico di diritto dal quale i non positivisti più
intelligenti si tengono lontani, pretesa della giustizia con la G, di una morale non tirannica, non si ammette
quel popolarismo che Radbruch conosceva al relativismo e che ancora ritiene fondamentale per la vita di
ogni comunità.

Il corso dei diritti umani diventa una realtà giuridica, ha detto Alexy, diventa un luogo importante nella
individuazione, di quel ''diritto sovralegale'' che è in grado costantentemente di svolgere la sua funzione di
controllo sull'esercizio del potere .

Chiudo con questa riflessione filosofia del diritto: certezza del diritto e giustizia.

''Tanto più una legge è ingiusta tanto più incerta'', perché la legge ingiusta è la legge che contraforma
bisogni fondamentali; quindi se la certezza del diritto deve essere perseguita proprio la giustizia è la strada
per assicurare la migliore certezza del diritto, migliore in quanto duratura nel tempo.

Abbiamo visto anche in Alexy, si è chiesto quanto può durare un sistema di regole, ha analizzato il problema
della giustezza, se viola la pubblicità, il criterio della non contraddizione, elementi formali e materiali .

Se un diritto espressione di un potere politico vuole vivere a luogo, un ordinamento giuridico vuole essere
pensato come diritto, deve assicurare condizioni minime di giustizia.

Allora tanto più una norma è certa perché tanto è più giusta, cioè nella misura in cui è conforme ai bisogni
fondamentali .

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