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PSICOMETRIA
Operazionalizzazione: specificare gli elementi che legano ciò che non è direttamente
osservabile all'empirico, consentendo quindi la misurazione come attribuzione di numeri.
Scale di misura
- Nominale: unità di analisi uguali o diverse → categorizzare. I numeri non hanno valore
numerico ma eventualmente il solo scopo di differenziare gli individui. Ha 3 proprietà:
categorie distintive (elementi di categorie differenti sono non equivalenti rispetto alla
variabile); categorie collettivamente esaustive (tutti gli elementi devono poter essere
classificati in una categoria); categorie mutualmente escludentisi (ogni elemento rientra in
una sola categoria).
- Ordinale: è possibile ordinare le unità di analisi dalla minore alla maggiore: si può stabilire
che A è diverso da B ma anche che possiede la proprietà/attributi della variabile in misura
maggiore o minore di B. Tuttavia non possiamo dire di quanto. Si sa solo il rango, la
posizione “in classifica”:
Tuttavia esistono ben 5 tipi di scale ordinali, in base alla variabile sottostante (misurabile o
non con unità di misura) o che la variabile sottostante non ci sia proprio.
1) variabile metrica categorizzata con soglie note: variabile misurabile di tipo metrico, con
riferimento alle sue unità (es. reddito annuo con soglia di divisione nota: 0-20.000 /
20mila-40mila..)
2) variabile metrica categorizzata con soglie non note: pur avendo la variabile sottostante,
non si fanno riferimento alle sue unità e quindi non si hanno i punti soglia (reddito
medio-alto-basso).
3) Variabile latente categorizzata con soglie non note: variabile metrica non misurabile,
per cui la classificazione è realizzabile solo grazie all'accordo tra individui (es. criteri di
classificazione alta-moderata-bassa gravità di un disturbo, per accordo della comunità
psichiatrica)
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5) Variabile discreta non standardizzata con categorie ordinate: non c'è variabile
sottostante e il riferimento ad uno standard oggettivo è impossibile (es. grado di accordo
misurato in una scala Likert, ognuno ha una diversa percezione di “completamente
d'accordo”..ecc.)
- Intervalli equivalenti → essendo presente un'unità di misura, diventa nota la distanza
tra un punteggio e l'altro, e quindi la quantità di attributo che li separa. Lo zero è uno
zero relativo / arbitrario, nel senso che non possiamo individuare una assenza di
caratteristica, e il fatto che sia arbitrario fa sì che il rapporto tra valori non è invariante
al variare della scala di misura. La maggior parte dei costrutti psicologici misurati dai
test sono su scala ad intervalli, in quanto è l'assenza di attributo non è teoricamente né
empiricamente sostenibile per la maggior parte delle caratteristiche psicologiche. I
punteggi ai test non saranno interpretati quindi “in assoluto”, ma in relazione ad altri
punteggi, cioè della popolazione di riferimento (Avere 120 di QI ha senso solo se so che
la media nella popolazione è di 100, altrimenti il numero da solo non è informativo.
Non possiamo affermare che un punteggio di 20 ha il doppio di caratteristica rispetto a un
punteggio di 10, in quanto su un'altra scala tale rapporto può variare.
- Rapporti → è presente uno zero assoluto, indicante l'assenza di attributo misurato. Ne
sono esempi variabili come “numero di risposte corrette” (esempio di variabili
discrete il cui valore è determinato contando) o “tempi di reazione” che sono invece
variabili continue che possono assumere qualunque valore tra i numeri reali positivi.
I valori mantengono la costanza del rapporto anche in presenza di trasformazioni di
scala di misura (es. altezza doppia lo è in tutte le unità di misura dell'altezza).
I test psicologici
Il costrutto è la caratteristica latente che deve essere misurata, per cui bisogna farla emergere,
attraverso gli item che costituiscono il test. La misura del costrutto è basata sull'osservazione
del comportamento a seguito della somministrazione della domanda o della prova che
dovrebbe permettere di rilevare il costrutto.
Ci sono 4 grandi categorie di misure:
• Latenza: intervallo di tempo che intercorre tra la presentazione dello stimolo e la
produzione della risposta. È alla base dei tempi di reazione, e attraverso il metodo sottrattivo si
possono calcolare, a partire dal tempo di reazione semplice anche i tempi di reazione di
discriminazione e di scelta.
• Frequenza e durata numero di volte in cui un determinato comportamento si
manifesta e quantità di tempo in cui esso viene mantenuto.
• Intensità di una risposta allo stimolo (oggettivamente con misure elettrofisiologiche
per esempio, o oggettivamente attraverso scale di valutazione es. intensità del dolore)
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La scala Likert è un insieme di item i cui punteggi vengono sommati per ottenere un punteggio
totale che rappreasenta la quantificazione del costrutto che si intende misurare. Il formato di
risposta in cui si utilizza una scala a più punti o una linea orizzontale indica invece l'item di tipo
Likert.
Differenziale semantico
Test proiettivi
Test delle associazioni di parole
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della connessione del test con la struttura teorica e concettuale delle funzioni da esso
misurate.
Convergente: grado di correlazione tra misurazioni diverse delle stesso
costrutto (più test che misurano la stessa cosa)
Divergente: mancanza di correlazione tra la misurazione del costrutto e misure
di costrutti diversi (specialmente se affini al costrutto)
Validità nomologica: racchiude questi tipi di validità al fine di chiarire cosa il
costrutto è, ossia stabilire le relazioni esistenti tra il costrutto e le sue proprietà,
e tra il costrutto ed altri costrutti.
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Il campionamento
Probabilistico
Casuale semplice: le unità di analisi sono estratte singolarmente in modo casuale, ogni unità ha
la stessa probabilità di venire selezionata e la sua probabilità di far parte del camppione è
indipendente da quella delle altre. Può essere con o senza reinserimento: la procedura con
reinserimento garantisce una maggior garanzia di rappresentatività del campione: stime più
affidabili dei parametri e degli errori di stima e genera una selezione oggettiva e valida degli
elementi del campione per qualunque variabile si voglia considerare, evitando così i bias. Se il
fatto che con l'estrazione con reinserimento può causare ripetizioni è un problema, si può
procedere senza reinserimento (ma ricordare che comporta un'alterazione dell'effettiva casualità
nella selezione). Il campionamento quasi casuale è uguale ma non tutti gli elementi hanno la
stessa probabilità di essere estratti.
Stratificato: quando vogliamo stimare i parametri di sotto-popolazioni della popolazione
generale, è più efficace campionare casualmente all'interno dei singoli strati interessati. Gli strati
sono le suddivisioni derivanti dagli incroci delle singole variabili di interesse: così possiamo
riprodurre le proporzioni note nella popolazione. Si possono usare una o più variabili di
stratificazione, dipende dalla ricerca. In ogni caso ciò obbliga ad avere a priori informazioni sulla
popolazione che stiamo studiando. I partecipanti sono campionati in modo da riflettere
esattamente le proporzioni individuate nella popolazione (es. se nella popolazione generale di
studenti, il 18% sono lavoratori maschi, 8% maschi non lavoratori, il 50% femmine ecc. → si
avranno le stesse proporzioni nel campione: cioè nel gruppo di studenti maschi non lavoratori
campionerò il 18% del totale dei partecipanti che mi servono per la ricerca.) è fondamentale che il
campionamento avvenga in modo casuale altrimenti non sarebbe probabilistico: il ricercatore deve
avere una lista degli elementi che soddisfano i criteri di inclusione in ogni strato, e procedere
come nel campionamento semplice. Non può quindi inserire nella ricerca persone individuate con
procedure non casuali → altrimenti sarebbe un campionamento per quote che non è probabilistico
(sondaggi di opinione ecc.)
Per clusters: la popolazione di interesse è divisa in modo naturale o meno, in sotto-gruppi o
grappoli: su di essi avviene il campionamento. Si procede per vari stadi di campionamento finchè
non si giunge alle unità di analisi di interesse, il tutto casualmente. Il risultato ottimale è un
campione con molti cluster di ampiezza limitata, molto omogenei all'interno ma eterogenei tra di
loro.
Sistematico: Gli N elementi della popolazione sono numerati da 1 a N e in base all'ampiezza
campionaria (n) si decide il passo di campionamento k che è = n/N. In pratica si selezionano un
individuo ogni k individui nell'ordine numerico.
Non probabilistico
A scelta ragionata: la selezione non è casuale ma determinata da un criterio: si selezionano
individui cosidetti tipici, così che si sia certi che sono adatti per gli scopi della ricerca. Non è
probabilistico in quanto non rispetta il criterio di equiprobabilità nell'estrazione, ed è il giudizio
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Moda: il valore o la categoria con la frequenza massima. Unico calcolabile su scala nominale.
Scarsamente informativo. Distribuzione bimodale: ci sono due valori con frequenza massima.
Distribuzione multimodale: ci sono tre o più mode. Distribuzione amodale: non c'è moda
perchè tutti i valori hanno frequenza 1. per dati raggruppati in classi, la classe che ha la
frequenza massima è detta classe modale.
1. Se ci sono molti valori conviene prima calcolare la frequenza di ogni valore, poi trovare
il rango tramite le frequenze cumulate: dati raggrupati in frequenze → se si è calcolata la
PosMe e non compare esattamente nelle fcum, si sceglie il valore di fcum immediatamente
superiore e si sceglie il punteggio ad esso corrispondente.
1. Per dati metrici raggruppati in classi: si può sia usare la classe mediana sia fare un
procedimento più lungo ma preciso: (per fare tutto il calcolo faccio prima il calcolo di PosMe
con n/2, così individuo la posizione e so in che classe si trova la mediana):
mediana = limite reale inferiore classe della mediana + (PosMe – Finf / F mediana) ×A
Proprietà 2) Calcolando la differenza di ogni singolo valore xi dalla media, (scarto dalla media)
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osserviamo che la loro sommatoria è sempre uguale a zero. -> la somma degli scarti di ogni
singolo valore dalla media è sempre uguale a zero.
Proprietà 3) elevando gli scarti dalla media al quadrato e facendo la loro somma, notiamo che
risulta un valore più basso che si otterrebbe facendo gli scarti al quadrato non dalla media, ma
da un qualsiasi altro valore arbitrario: La somma degli scarti a quadrato dalla media è
minore della somma degli scarti al quadrato di qualunque altro valore.
Media per dati raggruppati in frequenze: non sommiamo ogni singolo valore, ma prima
moltiplichiamo ogni valore per la rispettiva frequenza, poi sommiamo e poi dividiamo
per n.
La formula diventa uguale ma con xi × fi
Media per dati raggruppati in classi: consideriamo il punto medio come rappresentativo
di tutti i valori, quindi lo moltiplichiamo per la frequenza osservata, sommare i valori
ottenuti e dividere per n.
Xmi = punto medio della classe lo calcoleremo facendo limsuperiore+liminferiore/2.
Considerare che perderemo alcune informazioni: ad esempio se molti soggetti sono a
limite della classe, la media non sarà rappresentativa di quella classe.
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quando vi è un solo caso per categoria. Tende a 1 per un numero k che tende a infinito.
Limiti: sia RV che ID non possono essere confrontati tra distribuzioni con n° diverso di
categorie.
1) Come faccio a sapere quale punteggio rappresenta un certo quantile (che scelgo
io)?
a) Si deve prima individuare la posizione del quantile all‟interno della distribuzione, come per
la mediana, e lo faremo attraverso le frequenze cumulate.
Posizione quantile = quantile desiderato × (n+1)
N° parti in cui è divisa la distribuzione
Sopra ci andrà il quantile desiderato (il primo, il secondo, il terzo) e sotto la divisione della
distribuzione che facciamo in base al quantile scelto (4 parti per quartili, 3 per terzili, 100 per
percentile e così via)
b)Trovata la posizione, andiamo a cercarla all‟interno dei ranghi (o fcum) e vediamo a che
punteggio corrisponde. se l‟info è strettamente ordinale e ho un valore decimale,
approssimo al rango successivo (es. 4.67 -> 5 , 10,5 -> 11..).
Se l‟info è quantitativa e sono nella stessa condizione (il quantile è tra due ranghi):
moltiplico la differenza tra i due punteggi corrispondenti per la parte decimale della
posizione in eccesso e sommiamo quanto ottenuto al punteggio inferiore tra i due
considerati.
Es. ho il primo terzile in posizione 4.67 ed è tra i ranghi 4 e 5, che hanno i punteggio 6 e 8
rispettivamente. Moltiplico 2 (diff. Tra 6 e 8) × 0,67 (parte decimale in eccesso) + 6
(punteggio inferiore). T1 = (8-6) × 0,67 + 6 = 7,34
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dove: Finf = somma delle frequenze di tutte le classi inferiori a quella che contiene il
quantile, cioè la frequenza cumulata inferiore
Fquantile = frequenza classe contenente il quantile
A=ampiezza intervallo di classe che contiene il quantile
Come nel caso della mediana, la prima cosa che calcolo è la posizione del quantile, la
cui formula però diventa
quantile desiderato × n
PosQ= _____________________________
n° parti in cui è divisa la distribuzione
Come faccio a sapere in che quantile si colloca un punteggio grezzo che conosco?
È questa la situazione più frequente, ovvero ho il punteggio e voglio sapere che quantile è, cioè
di che percentuali di punteggi è superiore o inferiore. Stiamo cercando il rango quantile: se il
rango è la posizione in classifica di un punteggio, il rango quantile è la posizione che occupa il
punteggio all‟interno di una distribuzione ordinata di valori. Dobbiamo semplicemente usare le
formule inverse:
In caso di punteggi uguali: si può usare come posizione il rango medio (rango 1 + rango 2 + …
rango n / n dei ranghi), oppure il rango più basso o quello più alto, o usiamo il valore di fcum
corrispondente. In ogni caso evitare di attribuirvi lo stesso rango: infatti il punteggio
successivo così “avanzerebbe” di un posto in classifica (pg.134).
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posizione = Finf + ( punteggio – limite reale inferiore classe del punteggio) × Fpunteggio
____________________________________________________
A
dove: Finf=frequenza cumulata inferiore;
lim reale=limite della classe che contiene il punteggio;
A=ampiezza intervallo di classe contenente il punteggio;
Fpunteggio=frequenza della classe contenente il punteggio
Una volta fatto ciò, si utilizza la formula di prima per individuare il rango quantile, ricordando
che al denominatore va n (e non n+1)
In breve Il quantile è il punteggio della distribuzione al di sotto del quale si trova una
certa percentuale di dati.
che significato ha? Il range interquartile indica i limiti e/o l‟estensione dell‟intervallo di valori
che comprende il 50% centrale della distribuzione dei punteggi. Conoscendo questo valore, la
mediana, e valori min e max, abbiamo una descrizione più esauriente dei dati.
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o Devianza (SS): anche detta somma dei quadrati (degli scarti dalla media), si calcola
come la SSM ma si eleva alla 2. Permette, coerentemente con la proprietà dei minimi
quadrati, di ovviare al problema che si ha con la SSM, ovvero la possibilità di ottenere
una somma degli scarti positivi uguali alla somma degli scarti negativi. Infatti elevando
al quadrato si tolgono valori negativi.
La devianza è uguale a zero SOLO quando tutti i valori sono uguali alla media
(indicando assenza di dispersione), e più è grande e più c’è dispersione dei
valori attorno alla media.
La devianza di due gruppi è confrontabile solo se hanno lo stesso n°di punteggi, dato
che nel calcolo si ha una somma di valori. Se i gruppi hanno numerosità diversa, è
necessario ricorrere alla varianza.
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o Deviazione standard (s): o scarto quadratico medio, si indica con s nel campione e
con σ nella popolazione. È il principale indice di dispersione attorno alla media, di fatto
una varianza sotto radice quadrata.
s = √ ∑ fi ( xi – M ) 2
___________________
n
s= √ ∑ fix2i ∑ (fixi)2
__________ - _________
n n
Anche in questo caso possiamo farlo sia utilizzando gli scarti dalla media che con
dati grezzi, secondo le formule:
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2
scarti s= √ ∑ fi ( xMi – M )
___________________
n
Finora abbiamo visto misure di variabilità assoluta: sono cioè indici legati alla distribuzione su
cui sono calcolati ciò significa ad esempio che la stessa DS ha un significato diverso su una
distribuzione con media diversa (es. deviazione standard di 15 è diversa su una distribuzione
con media=30 e una con media=100). Per confrontare distribuzioni diverse sono necessarie
misure di variabilità relativa, come il
Per la standardizzazione di punteggi su scala metrica si usa la deviazione standard come unità
di misura, trasformando la distribuzione in una distribuzione di punteggi che ha media zero e
deviazione standard 1, e si esprime il punteggio in termini di deviazioni standard di distanza
dalla media. punti z o punti standard.
La formula è la stessa sia se si hanno media e ds della popolazione, sia se sono media e ds del
campione di riferimento.
La deviazione standard
è indipendente dall’unità di misura originaria,
è indipendente dalla maggiore e minore dispersione dei dati
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Esiste anche una standardizzazione in punti T (media 50 e ds 10), che sono la trasformazione
lineare dei punti z con la formula:
nuovo punto standard = media desiderata + z x dev.standard desiderata
quindi
T = 50 + z × 10
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La probabilità, p, posto che gli eventi possibili siano tutti ugualmente probabili, è:
Gli eventi favorevoli possono essere semplici (singoli risultati di un evento casuale: estrazione
asso di picche) o composti (insieme di due o più eventi semplici: estrazione di un asso).
Definendo la probabilità del successo si definisce anche quella dell‟insuccesso. La somma della
probabilità degli eventi favorevoli e sfavorevoli è sempre uguale a 1, i due eventi infatti
esauriscono lo spazio campionario. 1 corrisponde ad un evento certo.
2 concezioni di probabilità:
- Teoria a priori: definizione di probabilità data dal rapporto tra il n° di casi favorevoli e
il n° di casi possibili a patto che siano tutti equiprobabili (quella vista finora). Non è
applicabile in tutti i casi, dato che non è sempre possibile definire lo spazio campionario
in anticipo (es. probabilità di sviluppare un disturbo alimentare? Probabilità di passare
l‟esame?)
- Teoria frequentista: è basata sulla ripetibilità di una prova: si assume che una prova
venga ripetuta sempre nelle medesime condizioni e il calcolo della probabilità rimane lo
stesso, perché si continua a calcolare il rapporto tra casi favorevoli e casi possibili,
tuttavia il calcolo è eseguito dopo un certo numero di eventi, perciò si parla di
probabilità a posteriori. Si basa quindi su una probabilità a lungo termine, che tende ad
essere più precisa tanto più il n° delle prove aumenta.
Tipi di eventi
Eventi disgiunti (mutualmente escludentisi): l‟evento favorevole è definito da più eventi
distinti all‟interno dello spazio campionario. È definito in termini “o” “o” (scommessa: se nel
lancio di un dado esce o il n.6 o il n.1. vinco sia se esce 6 sia se esce 1).
La probabilità si calcola in questo caso con la regola della somma per eventi disgiunti:
probabilità che si verifichi o A o B = p(AUB) = p(A) + p(B)
Eventi congiunti: nei casi in cui l‟evento favorevole è dato dal verificarsi di tutti gli eventi (“e”
“e”) si para di eventi congiunti, e si calcola la probabilità usando la regola del prodotto per
eventi congiunti
p(A∩B) = p(A) × p(B)
quindi la probabilità che si verificano sia A sia B è data dalla probabilità di x la probabilità di B.
Le estrazioni sono contemporanee o in successione (con reinserimento)
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Dovendo necessariamente verificarsi entrambi gli eventi, le probabilità sono nettamente più
basse per eventi congiunti che non per eventi disgiunti.
dove B|A: probabilità del verificarsi di B posto che si sia verificato A. l‟espressione si
dice probabilità condizionata. si calcola
p (A∩B)
p(B|A) = _________
p(A)
(probabilità che si verifichi B posto che si è verificato A, è uguale alla probabilità che si
verifichino A e B indipendentemente, diviso la probabilità di A).
ᵔ Presuppone quindi che i due eventi siano collegati(dipendenti) e che A si è già
verificato.
esempio A:estrazione di una figura, B: figura di cuori: (dato che è stata estratta una
figura)
p (figura∩figura cuori)
p(B|A) = p(figura cuori|figura) = ___________________
p(figura)
ᵔ Se i due eventi sono indipendenti (estrazioni con reinserimento) si avrà che p(B|A) è
uguale a p(B) in quanto non c‟è modifica dello spazio campionario e il verificarsi di B
non dipende da A. (es. lancio moneta, gioco del lotto con reinserimento..)
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nPn= n!
n! = n x (n-1) × (n-2) … × 1
Permutazioni con ripetizione
Quando negli n elementi ve ne sono alcuni che si ripetono (alcuni n uguali) si usa la formula:
n!
nPn1,n2…nk = ______________
n1!n2!...nk!
Disposizioni semplici
Dati n elementi distinti, ordinati in classi di ampiezza k (k<=n), si dicono disposizioni semplici,
tutti i gruppi che si possono formare con gli elementi n, presi k a k, in modo che:
- due gruppi qualunque differiscano fra loro SIA per qualche elemento SIA per
l'ordine in cui gli elementi sono disposti
n!
nDk = __________
(n-k)!
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Combinazioni semplici
Dati n elementi distinti, ordinati in classi di ampiezza k (k<=n), si chiamano combinazioni di
questi nelementi, presi k a k, (o di classe k) tutti i gruppi che si possono formare in modo che:
- ciascun gruppo contenga k elementi
- due guppi qualunque differiscano per almeno un elemento.
Per cui a differenza delle disposizioni, non ci interessa l‟ordine ma solo che i gruppi
differiscano gli uni dagli altri per almeno un elemento.
Distribuzioni di probabilità
Distribuzione normale
Distribuzione standardizzata
binomiale
Distribuzione
normale
Nel momento in cui l‟esito di un esperimento o di una prova, o di qualsiasi fenomeno naturale
che possa verificarsi in almeno due modi diversi, non è predicibile a priori, è possibile definire
una funzione sullo spazio campionario che associ ad ogni esito possibile un unico numero reale.
Questa funzione è detta variabile casuale o aleatoria. (moneta: la variabile casuale associa ad
ogni faccia un‟etichetta: testa o croce)
Possiamo inoltre associare ad ognuno dei possibili esiti la probabilità che esso si verifichi (es.
moneta: ,50 onesta ,50 truccata). Contando quante volte può verificarsi l‟evento, otteniamo
una rappresentazione dove ogni esito è associato alla sua frequenza, e quindi una distribuzione
di frequenza. Moltiplicando la frequenza di ogni esito per la sua probabilità di verificarsi, si
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Distribuzione binomiale
Riguarda variabili casuali dicotomiche: nel caso delle vere dicotomie gli eventi sono anche
equiprobabili (es. vero-falso), ma nel caso di dicotomie artificiali molto spesso le probabilità
associate ad ogni evento sono diverse (es. risposta giusta vs risposta corretta quando 1 è
corretta e 4 errate, paziente con disturbo alimentare vs paziente disturbo psichiatrico..)
Quindi conoscendo la probabilità di uno dei due eventi (p) conosciamo di conseguenza la
probabilità dell‟altro evento (sfavorevole) che è q=1-p.
I possibili esiti di uno o più esperimenti sono dati dal numero di eventi favorevoli k rispetto al
numero di eventi n.
Per sapere in quanti modi possono verificarsi k eventi (successi) su n prove, utilizziamo la
formula generale:
p(k) = ( ) × pkqn-k
Associando ogni possibile n° di eventi semplici di tipo binomiale che costituiscono un successo
su n prove indipendenti, la probabilità che si verifichi esattamente quel n°di successi,
otteniamo una distribuzione di probabilità binomiale.
Se la probabilità di successo = probabilità dell‟insuccesso sarà simmetrica, altrimenti sarà
tanto più asimmetrica quando maggiore è la differenza tra le due probabilità.
p = q simmetrica
p < q asimmetria positiva
p > q asimmetria negativa
µ=n×p
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σ2 = n × p × q σ=√n×p×q
Distribuzione normale
Anche detta gaussiana, fu scoperta da De Moivre che studiando la distribuzione binomiale si
rese conto che quando il numero n di eventi diventa molto grande la distribuzione prende una
caratteristica forma a campana. Si accorse inoltre che quando si accumulavano nelle
misurazioni molti fattori casuali, gli errori tendevano a distribuirsi a campana (errori grandi
poco frequenti e piccoli più frequenti). La distribuzione normale emerge in tutti gli ambiti in cui
sono presenti molti fattori casuali, tanto da divenire il riferimento principale rispetto alle
caratteristiche medie non solo fisiche ma anche psichiche dell popolazione, che individua quindi
regolarità sottostanti il comportamento normale quanto deviante.
Caratteristiche:
Funzione
Parametri Media µ
Deviazione standard σ
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una volta fatto questo procedimento possiamo riferirci a una distribuzione unica per individuare
percentuali di punteggi superiori o inferiori rispetto ad uno considerato. Per non dover fare il
calcolo dell‟integrale, si fa riferimento alle:
a + b = ,5000
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Esempio
Intelligence Test: µ = 100 e σ = 15
Ho un punteggio di 119, vogliamo sapere la percentuale di popolazione con punteggio
inferiore a questo.
1. Trasformo 119 in punti z: z = 119-100 / 15 = 19/15 = 1,27
2. Cerco 1,27 sulle tavole e scelgo A) .3980 – area tra µ e z
3. Per avere l‟area per z<1,27 sommiamo l‟area tra -∞ e µ e l‟area tra µ e z
(.3980)
4. P (IT<119) = p(z<1,27) = p (-∞<z<0) + p (0<z<1,27) = ,5000 + .39080 =
.8980
o L‟89% della popolazione ha un punteggio inferiore a 119 alla scala IT
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Altri esercizi:
Risalire alla probabilità di estrarre a caso un punteggio che sia:
1. Compreso tra 95 e 110
2. Compreso tra 120 e 131
3. Compreso tra 65 e 70
4. Minore di 83 o maggiore di 126 (eventi disgiunti mutualmente escludentisi: principio
della somma)
Svolgimento 1.
a) z1 = 95 - 100 / 15 = -0,33 z2= 110 – 100 / 15 = 0,67
Svolgimento 2
a) z1 = 120 – 100 / 15 = 1,33 z2 = 131 – 100 / 15 = 2,07
b) individuiamo i valori di area compresi tra la media e i due punti z.
area z1 = ,4082 area z2 =,4808
c) essendo le due aree parzialmente sovrapponibili, (entrambi sopra la media) stavolta
non le sommeremo, ma facciamo la differenza tra le aree
p(120 < IT < 131) = p(0 < z < 2,07) – p(0 < z < 1,33) = ,4808 - ,4082 = 0,726
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Svolgimento 3
a) z1 = 65 – 100 / 15 = -2,33 z2 = 70 – 100 / 15 = -2,00
punti z negativi indicano che entrambi i punteggi sono sotto la media, anche in questo
caso eseguiremo la differenza
b) area z1 = ,4901 area z2 = ,4772
p(65 < IT < 70) = p(-2,33 < z < -2,00) = p(-2,33 < z < 0) – p(-2,00 < z < 0) =
,4901 - ,4772 = ,0129
c) la probabilità di estrarre un punteggio compreso tra 60 e 75 è del 1,29%
Svolgimento 4
a) z1 = 83 – 100 / 15 = -1,13 z2 = 126 – 100 / 15 = 1,73
b) stavolta non cerchiamo un‟area compresa tra z e 0, ma i valori aldilà di z, quindi
scegliamo la casella b.
c) area z1 = ,1292 area z2 = ,0418
d) le singole probabilità sono 12% e 4%: per la regola della somma sommiamo le
singole probabilità:
p(IT<83 U IT>126) = p( z < -1,13 U z >1,73) = p(z < -1,13) + p(z > 1,73) = ,1292
+ ,0418 = ,1710 = 17,10%
a) trovo i punti z
z1 = 98 – 100 / 15 = -0,13 z2 = 104 – 100 / 15 = 0,26
b) trovo le aree
(comprese tra zero e z)
area z1 = ,0517 area z2 = ,1026
c) sommiamo le aree
p(-0,13 < z < 0,26 ) = p(-0,13 < z < 0) + p (0 < z < 0,26) = ,0517 + ,1026 = ,1543
d) la probabilità di estrarre un punteggio tra 98 e 104 è del 15,43%
e) adesso otteniamo il numero di studenti con IT tra 98 104:
n × p (98<IT<104) = 80 × ,1543 = 12,44
f) Ci attendiamo che circa 12 studenti abbiano un IT compmreso tra 98 e 104
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Distribuzioni campionarie
Ci vengono in aiuto per determinare con quale probabilità si possa estrarre casualmente da
una popolazione un campione con media superiore o inferiore ad un certo punteggio.
Quindi ora non si fa più riferimento a distribuzione teoriche basate sulle singole unità di analisi
(come visto finora) ma cerchiamo di risalire a ci che succede nella popolazione partendo da
quanto osservato su un campione tratto da essa.
Andremo quindi a calcolare una distribuzione campionaria della media: la d. campionaria è una
d. di probabilità relativa ad una specifica statistica (che corrisponde al parametro nella
popolazione). Come si costruisce:
1) Individuare tutti i possibili campioni di ampiezza n estraibili dalla stessa popolazione
con estrazione casuale e indipendente.
2) Calcolare in ognuno dei campioni la statistica desiderata (es. media – distribuzione
campionaria delle medie)
3) Determinare per ciascuno dei valori osservabili della statistica la sua frequenza : cioè
quanti campioni presentano quella statistica, tra tutti i campioni estraibili dalla
popolazione
Formule:
Media del n.successi nella Media della distribuzione campionaria di P
popolazione
µ = Nπ Nπ
µp = ____ = π
N = ampiezza popolazione N
Π = probabilità di successo
nella popolazione Si divide per n dato che la d.campionaria è una distribuzione
di proporzioni e non di totali
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Nell‟esempio visto ora, la deviazione standard calcolata sul campione è diversa da quella
attesa: ciò si verifica perché la distribuzione campionaria di P è approssimabile alla normale
solo se
infatti nel caso visto ora abbiamo calcolato media e deviazione standard (che sono propri delle
misure su scala metrica) a variabili misurate su scala nominale dicotomica
(promosso/bocciato). ne risulta che la distribuzione campionaria delle proporzioni non si
distribuisce normalmente.
M = __∑ fi Mi__
nM
l‟errore standard rappresenta: la media delle deviazioni di ogni media campionaria dalla
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media della popolazione, cioè l‟insieme degli scarti delle medie campionarie rispetto al valore
esatto della popolazione.
Nella popolazione la distribuzione di frequenza dei singoli valori è rettangolare, ossia ogni
valore ha frequenza 1, mentre la distribuzione campionaria delle medie di tutti i possibili
campioni estratti da questa popolazione ha forma (finalmente!) normale, anche se la variabile,
all‟origine, non era distribuita normalmente.
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Ciò ha portato alla definizione del teorema del limite centrale: indipendentemente
dalla forma della distribuzione della variabile nella popolazione, la distribuzione campionaria
delle medie di tutti possibili campioni di ampiezza n estraibili dalla popolazione tende alla
normale all’aumentare di n e lo diventa (normale) per n > o = a 30.
Legge dei grandi numeri: Inoltre, all‟aumentare dell‟ampiezza di n, la variabilità
della distribuzione campionaria diminuisce – quindi l‟errore standard diminuisce infatti più n
si avvicina all‟ampiezza finita n della popolazione o a infinito, più si avvicina alla
popolazione, riducendo quindi l‟errore standard.
All’avvicinarsi di n all’ampiezza della popolazione, l’errore standard tende a 0.
La media tenderà a coincidere con la media della popolazione, senza errore.
Media della popolazione Occorre fare riferimento alla sola media campionaria (che
non nota diventa la stima di quella della popolazione)
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popolazione
Per svolgere gli esercizi basati sulla distribuzione campionaria dovremo quindi tenere conto
della numerosità del campione (per sapere se possiamo approssimare o meno alla normale),
del fatto che la popolazione sia finita o infinita e se operiamo con o senza reinserimento (per
sapere come calcolare l‟errore standard).
Se si può approssimare alla normale, procederemo trasformando i valori in punti z, ossia
attraverso una standardizzazione, con formule un po‟ diverse da quelle viste per la
trasformazione in punti z dei singoli valori.
Intervalli di fiducia
Con le distribuzioni campionarie è possibile determinare un intervallo di valori all‟interno del
quale, con una certa probabilità, cadrà la media della popolazione. In base a quanto visto
finora, possiamo dire che più la distribuzione campionaria è schiacciata intorno alla media
della popolazione, più in un intervallo di valori sempre più stretto ricadrà una probabilità
maggiore di trovare la media della popolazione
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±z = M – µM = σM
s __
√n-1
Noi conosciamo M, s, n e il valore di z aldilà del quale l‟area è 0,25 (lo cerchiamo sulle tavole:
1,6), e dato che la media della popolazione e campionaria corrispondono, inseriamo tutto nella
formula inversa che è
µM = M ± z × s __
√n-1
Che si può scrivere
Quindi concludiamo che al 95% la media della popolazione sarà compresa tra i valori
(nell‟esercizio di riferimento pg.230) 57,82 e 62,18
NB: Se abbiamo una popolazione finita di cui conosciamo l‟ampiezza, dovremo applicare il
fattore di correzione per popolazioni finite.
COSTRUIRE UN INTERVALLO DI FIDUCIA PER LA MEDIA CAMPIONARIA A
PARTIRE DA DATI PRESENTI NELLA POPOLAZIONE
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popolazione, e per una certa ampiezza campionaria, l‟intervallo di fiducia all‟interno del
quale cadrà la media campionaria per considerare il campione rappresentativo della
popolazione
Effetto di n: Si noterà che, in base alla legge dei grandi numeri, all’aumentare
dell’ampiezza campionaria n, se il livello di fiducia rimane costante, l’intervallo di fiducia
diventa progressivamente più ristretto.
Questi concetti possono essere applicati anche al caso di una proporzione : si può
stimare, per un certo intervallo di fiducia, l‟intervallo all‟interno del quale dovrebbe
ricadere la proporzione campionaria perche il campione sia rappresentativo (parto dai
dati nella popolazione)
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Quando stabiliamo che l‟ipotesi nulla è falsa, dobbiamo determinare in che grado lo è, e ciò è
rappresentato dalla dimensione dell’effetto: maggiore è e maggiore è il grado in cui il
fenomeno descritto in ipotesi alternativa si manifesta.
Graficamente è rappresentata dalle distanze tra i “picchi” delle distribuzioni di probabilità delle
ipotesi H0 e H1. Può essere trascurabile, piccolo, moderato o grande.
Anche per definire lo spartiacque tra le 4 categorie della dimensione dell‟effetto si prendono
decisioni parzialmente arbitrarie, ma si ritiene che le informazioni derivanti dal test di
significatività e della dimensione dell’effetto consente di avere una maggiore comprensione
dell’entità del risultato ottenuto.
Un problema del livello di significatività α è che dipende dall’ampiezza campionaria: tanto più il
campione è piccolo tanto più sarà difficile respingere l‟ipotesi nulla in base a un certo α, e
viceversa: ciò fa si che molti ricercatori pur di non accettare l‟ipotesi nulla cercano altri soggetti
per gli esperimenti per poter aumentare l‟ampiezza del campione. Per questo motivo la
dimensione dell‟effetto ci aiuta in quei casi in cui un campione troppo grande o troppo piccolo
possono averci fatto sottovalutare o sopravvalutare un certo effetto.
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Scala nominale
Test della binomiale – test dei segni
Dicotomica, con p=,50 e q=,50
Formuliamo i nostri obiettivi ed ipotesi Ho e H1. Per decidere se accettare o meno Ho è
necessario confrontare il valore di probabilità che calcoliamo, con il livello di α scelto.
Regola di decisione
p < α rifiuto H0
p > α accettiamo H0
Calcoliamo quindi la probabilità associata, coerentemente con le nostre ipotesi. Notiamo che la
probabilità ottenuta è di tipo puntiforme, mentre il valore di α è un valore di area: è quindi
necessario che individuiamo a nostra volta un valore di area per il confronto: quindi
calcoleremo la probabilità anche di esiti più “estremi” rendendo la probabilità totale quella di
avere almeno il punteggio calcolato prima.
Esempio: 17 soggetti su 20 nel compito di scelta forzata hanno dichiarato di percepire il
contrasto di chiarezza simultaneo. vogliamo sapere se esiste davvero: se non esiste, le
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persone risponderanno a caso e i risultati saranno quindi valori di ,50 e ,50; se esiste si
avranno punteggi >50 per quanto riguarda la risposta corretta. Calcoliamo la probabilità di
ottenere 17 risposte „bianco‟ su 20, posto che sia vero che nella popolazione la proporzione di
risposte bianco sia del 50% (ipotesi nulla). Tuttavia la probabilità ottenuta è puntiforme e non
possiamo confrontarla con α, andremo quindi a calcolare anche le probabilità di 18, 19 e 20,
ottenendo così la probabilità di ottenere almeno 17 risposte giuste. Se la probabilità risulta < α
rifiuteremo l‟ipotesi nulla e quindi possiamo affermare l‟esistenza del fenomeno H1, se la
probabilità risulta > α accettiamo l‟ipotesi nulla e quindi affermiamo che il fenomeno non
esiste. Come?
p ( S ≥ k) = (n i) Πi × (1-Π)n-i
Avendo un‟ipotesi bidirezionale, divideremo α nelle due code della distribuzione, ognuna delle
quali quindi varrà α/2. Il valore di p ottenuto sarà quindi confrontato, nel caso di α=,05, con il
valore α=,025.
Anche in questo caso calcoleremo anche le probabilità più estreme,le sommiamo e le
confrontiamo con α applicando la stessa regola di decisione
z = _____P-Π____
√Π(1 - Π)
N
Se z calcolato ci viene maggiore di 3,9 che è il massimo delle tavole non ci sono problemi: ci
interessa solo sapere se è maggiore o minore di α! Per cui andremo a cercare sulle tavole
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quel valore di z per il quale l’area aldilà di z è uguale ad α. Per cui se ho α=,04 andrò a
cercare sulle tavole il valore di area più vicino a ,04 sulla colonna scura (b). il valore ottenuto
sarà lo z critico con cui confrenteremo lo z calcolato
Regola di decisione
Se z calcolato > z critico: rifiutiamo H0
Se z calcolato < z critico: accettiamo H0
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Il test del chi quadrato (Pearson) permette di verificare se la distribuzione di frequenza delle
categorie di una variabile nominale differisce o meno dalla distribuzione di frequenza che si
otterrebbe, per lo stesso numero di osservazioni, in base ad un modello teorico ritenuto vero
nella popolazione: permette cioè di convertire le differenze tra frequenze osservate e
attese in un valore che segue la distribuzione di probabilità ϰ2.
fo = frequenze osservate; fa=frequenze
attese, k=n° categorie variabile.
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Asintotica
I GDL sono sempre uguali al n° delle categorie della variabile -1
Regola di decisione
Se ϰ 2 calcolato > ϰ 2 critico rifiutiamo H0
Se ϰ 2 calcolato ≤ ϰ 2 critico accettiamo H0
Se respingiamo l‟ipotesi nulla, non sappiamo ancora in quali categorie della variabile c‟è
maggior discrepanza tra frequenze attese e osservate: per avere un‟analisi più precisa
andranno applicati dei test post-hoc.
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Anche il chi quadro dipende molto dall‟ampiezza del campione: se non variamo i dati ma
cambiamo il numero di soggetti, il ϰ2 resta invariato, ma quello calcolato è più alto: ne
consegue che con un campione piccolo respingiamo più difficilmente l‟ipotesi nulla, mentre con
un campione ampio è invece troppo facile respingerla. Per questo motivo si utilizza anche
l‟indice di dimensione dell’effetto, il quale nel calcolo fa sì che il chi quadro sia rapportato
all‟ampiezza del campione.
Scala metrica
1) Test z per un campione
Lo scopo è anche qui verificare se un campione di soggetti con una caratteristica particolare è
omogeneo o si differenzia in modo statisticamente significativo rispetto ad una popolazione di
cui sono noti i parametri (σ e µ), di una variabile su scala metrica.
Si può procedere in due modi: si impostando un intervallo di fiducia (della media campionaria
intorno alla media della popolazione) oppure attraverso la verifica delle ipotesi.
I due procedimenti sono “complementari”:
con l’intervallo di fiducia
andiamo a delimitare quella che nella verifica delle ipotesi è la regione di accettazione di
Ho, e quindi se la media ricade in questo intervallo il campione è considerato
omogeneo, accettando Ho.
Con la verifica delle
ipotesi ragioniamo invece sul fatto che la media campionaria ricada o meno nelle zone
di rifiuto di Ho, che nell‟intervallo di fiducia rappresentano le zone esterne all‟intervallo.
Con entrambi i metodi si arriva alle stesse conclusioni.
Se vogliamo utilizzare la verifica delle ipotesi, dobbiamo procedere come visto finora: stabilire
obiettivo (indagare se il campione è omogeneo) e ipotesi (Ho: µM = µ la media del punteggio
del campione è stata estratta da una d.campionaria di medie che ha media uguale a quella
della popolazione; H1: µM≠ µ la media del punteggio del campione è stata estratta da una
d.campionaria di medie che ha media diversa da quella nota nella popolazione); stabiliamo α
e facciamo riferimento alla distribuzione normale standardizzata con i suoi punti z.
Un’ampiezza
campionaria inferiore a 30 non rappresenta un problema se la distribuzione
della variabile nella popolazione è normale e sono noti media e deviazione
standard.
Se invece non conosciamo
la forma della distribuzione nella popolazione andremmo ad applicare il test z solo per
un‟ampiezza campionaria > 30.
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z critico: cerchiamo sulle tavole il valore di z per cui l‟area aldilà di z vale 0,5 (ipotesi
monodirezionale) o 0,25 (ipotesi bidirezionale).
z calcolato = con
Gosset (Student) dimostrò che quando la deviazione standard della popolazione non è nota e
deve essere stimata dai dati a disposizione, la distribuzione di probabilità della media
campionaria non è più perfettamente normale. Ciò avviene anche con campioni superiori a 30,
tuttavia lo scostamento dalla normale è abbastanza trascurabile. Per campioni più piccoli
invece, la distribuzione fa più riferimento ad un‟altra distribuzione, detta distribuzione t di
Student appunto, che sebbene somigli molto alla normale presenta due differenze sostanziali:
-La deviazione standard è un po’ superiore a quella della d.normale presenta
code più pesanti, che hanno quindi più area sotto di loro: di conseguenza i valori
estremi sono leggermente più probabili
- È definita dai gradi di libertà = n-1
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La logica della verifica delle ipotesi resta la stessa, stabiliamo α, H1 mono o bidirezionale e
cerchiamo sulle tavole il valore di t critico entrando in base ai gdl e ad α.
Per costruire l‟intervallo di fiducia nel caso di ampiezza campionaria < 30 e dev.st non nota,
dobbiamo riferirci quindi alla distribuzione t di Student, e utilizzare la formula:
Dove
v = gradi di libertà (n-1);
α/2 = (1-prob.intervallo di fiducia)/2;
(con questi due calcoli individuiamo t sulle tavole)
Stessa identica cosa per l‟intervallo di fiducia di una proporzione:
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Passiamo ora a considerare il confronto tra due campioni di osservazioni: avremo ora due
variabili: una che differenzia i campioni di osservazioni e l‟altra che è quella che misuriamo su
ogni unità di analisi. Vogliamo sapere se la variabilità del carattere misurato sulle unità di
analisi può essere spiegata dall‟appartenere all‟uno o all‟altro gruppo di osservazioni.
Confrontando due campioni presumiamo che le unità di analisi siano omogenee ovvero
identiche per tutte le caratteristiche rilevanti e differenti soltanto per l‟appartenenza ad una
certa condizione (=a quel livello della VI).
Il confronto tra due campioni è fatto allo scopo di sapere se le differenze o uguaglianze
ottenute tra i due campioni sono estendibili alla popolazione di riferimento.
Campioni indipendenti
I punteggi inclusi in un campione casuale non sono in relazione con i punteggi inclusi
nell‟altro: quindi il risultato di un soggetto non ha alcuna influenza sul risultato di un
soggetto di un altro gruppo. Per poter garantire che eventuali differenze osservate nella
variabile dipendente possano attribuirsi all‟appartenere all‟uno o all‟altro gruppo definito dai
livelli della VI, occorre mantenere costanti tutte le altre condizioni, assicurandosi che due
gruppi distinti di individui siano identici riguardo qualunque caratteristica che possa
influire sulla VD. In questo caso si ha un vero esperimento:
Il ricercatore può produrre e manipolare i livelli della VI
I soggetti sono assegnati casualmente ai livelli della VI
È presente un gruppo di controllo
Esistono però situazioni in cui i livelli della VI non possono essere manipolati intenzionalmente
dallo sperimentatore, ad esempio se indaghiamo le differenze tra maschi e femmine, i livelli
della VI sono caratteristiche intrinseche dei soggetti, che non possono essere modificate. Si
è allora in presenza di un quasi esperimento: abbiamo ancora gruppi indipendenti, ma non c‟è
assegnazione casuale (i maschi saranno nel gruppo dei maschi, non possiamo assegnarli
casualmente!). si procederà con un campionamento casuale all‟interno dei gruppi già
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Scala metrica
Test z per campioni indipendenti
Quando lavoro su due campioni e ragioniamo sulle differenze, e andremo a costruire una
distribuzione campionaria della differenza tra le medie. Ha media (M1-M2) e dev.st (σ1 – σ 2)
Utilizziamo la distribuzione normale standardizzata se N 1 e N2 > 30, altrimenti la
t di Student.
La distribuzione dovrà tenere conto delle medie e delle deviazioni standard delle popolazioni di
partenza.
Questa distribuzione avrà una sua media (stima della differenza esistente tra le popolazioni) e
una sua deviazione standard (errore standard della differenza fra le medie) e utilizzeremo
questi dati per il test z per campioni indipendenti: approssimiamo alla normale standardizzata
trovando i punti z
Se σ1 e σ2 noti:
Se σ1 e σ2 ignoti e N1 e
Usiamo la t di Student
N2 < 30
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Il confronto tra varianze viene fatto calcolando il rapporto tra le varianze stimate delle
popolazioni da cui sono tratti i campioni, il quale segue la distribuzione teorica F di Fisher –
Snedecor.
Definita da 0 a +∞
Asintotica
Asimmetrica
(come il chi quadrato)
Ma dipende da due valori di gradi di libertà, cioè quelli dei due campioni.
1. Per calcolare l‟omogeneità delle varianze si procede impostando una verifica delle ipotesi con
l‟obiettivo di verificare che le varianze siano omogenee:
o Ho: la varianza nella popolazione da cui è estratto il campione 1 è uguale a quella da cui
è stato estratto il campione 2: il rapporto tra varianze è uguale a 1;
o H1: la varianza nella popolazione da cui è stato estratto il campione 1 è diversa da
quella del campione 2: le varianze non sono omogenee e il loro rapporto è diverso
(maggiore/minore) da 1.
2. Scegliamo un livello di significatività α es. 0,5, e un‟ipotesi alternativa.
Se H1 è bidirezionale, prenderemo 0,25 sulla sinistra della distribuzione F e 0,25 sulla coda
destra: tuttavia il valore di F critico superiore non sarà l’opposto di quello inferiore, ma
l’inverso dato che la distribuzione è asimmetrica.
F critico inferiore: 1 / f critico superiore
3. Essendo a conoscenza solo delle varianze dei campioni (e non della popolazione) dobbiamo
stimare le varianze della popolazione, per poter risalire a F critico sulle tavole.
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Regola di decisione:
F calcolato > F critico: rifiutiamo Ho, non possiamo usare lo
stimatore congiunto della varianza nella formula di t.
F calcolato < F critico: accettiamo Ho, la varianza è
omogenea:possiamo usare lo stimatore congiunto della
varianza nella formula di t.
Dove la deviazione standard è di uno dei due gruppi, dato che dovrebbero essere venute
omogenee. Altrimenti si inserisce la d.standard del gruppo che si considera “di controllo”
Scala ordinale
Test di Mann – Whitney
Permette di confrontare le mediane di due campioni indipendenti: l’ipotesi nulla Mε1-
Mε2 = 0 ritiene che la mediana della popolazione 1 è uguale alla mediana della
popolazione 2, tradotto: i due campioni sono estratti dalla stessa popolazione per
cui hanno la stessa distribuzione di probabilità e stessa mediana; l‟ipotesi alternativa è
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Come si applica?
(ipotizziamo appartenenza a gruppi Maschi – Femmine)
Regola di decisione
Se U calcolato ≤ U critico rifiutiamo Ho
Se U calcolato > U critico accettiamo Ho
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Due o più campioni possono essere indipendenti anche in altri casi però:
Pareggiamento: se i gruppi sarebbero indipendenti, ma abbiamo una situazione in cui il
campione non è molto ampio e si vuole controllare una variabile che è nota essere in
relazione con la VD, si potrebbe attuare un pareggiamento, ovvero non assegnare
casualmente i soggetti ai livelli della VI ma secondo un criterio preliminare. si
ordinano i soggetti in base alla caratteristica e si costituiscono delle coppie: all‟interno
della coppia sarà estratto casualmente chi va in un gruppo e chi nell‟altro. L‟unità di
analisi è quindi la coppia e non più il singolo soggetto. I soggetti sono appaiati,
considerati omogenei rispetto alla variabile di selezione
Studi caso-controllo: qui i “casi” cioè gli individui che hanno una certa caratteristica,
vengono accoppiati con individui che non hanno quella caratteristica (“controlli”) ma che
vengono considerati omogenei, simili per tutte le altre variabili potenzialmente influenti
(solitamente caratteristiche socio-demografiche, età, genere, studi..) La logica è che i
controlli dovrebbero differenziarsi dai casi solo per l‟assenza di caratteristica.
Durante l‟analisi bisogna dunque considerare le coppie come misure indipendenti
Anche le osservazioni madre-padre; fratello-sorella; e soprattutto gemello-gemello
andrebbero considerate come dipendenti.
Scala metrica
Test t o test z per campioni dipendenti (appaiati)
Se vogliamo verificare se un protocollo riabilitativo produce un miglioramento in un gruppo di
pazienti e andiamo a somministrare un test prima e uno dopo il trattamento. Ovviamente
vogliamo poter generalizzare i risultati alla popolazione, per cui verificheremo che se il
miglioramento c‟è, sia statisticamente significativo.
Essendo VD su scala metrica possiamo lavorare sulle differenze medie nei punteggi paziente
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Qui siamo nel caso di n<30 e media e deviazione standard ignote (abbiamo un caso particolare
di confronto tra la media di un campione e media della popolazione): utilizzeremo quindi la
formula
Regola di decisione
Se |t calcolato| > |t critico| rifiutiamo Ho
Se |t calcolato| < |t critico| accettiamo Ho
Dimensione dell’effetto
Qui è ancora più importante dato che quando si valuta un miglioramento nelle condizioni di
pazienti o l‟efficacia di un intervento, la significatività statistica è inutile se non si accompagna
ad una significatività pratica e clinica.
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Il calcolo e l‟interpretazione della dimensione dell‟effetto sono analoghi a quelli visti nel
confronto tra una media campionaria e una media della popolazione:
Dimensione dell’effetto nei test T e Z
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Scala metrica
Campioni indipendenti - ANOVA
Avremo gruppi di soggetti diversi i cui punteggi non sono in relazione (c.indipendenti) e
variabile dipendente misurata su scala metrica.
Andremo ad applicare un test statistico che lavora sulla variabilità dei punteggi: l‟ANOVA
(analisi della varianza) : permette la verifica delle differenze tra le medie basandosi sulla
variabilità dei dati.
Esempio test Social Phobia Scale:
Logica dell‟analisi
1. Si calcola la media di tutti i punteggi (indipendentemente dal gruppo) media generale
MG
2. Calcoliamo gli scarti dei singoli punteggi dalla M G, poi li eleviamo alla 2 e li sommiamo
devianza generale SSG
3. Calcoliamo le devianze dei singoli gruppi, (scarti dei singoli punteggi dalla media del
proprio gruppo). La somma delle 3 devianze ci dirà qualcosa sulla nostra verifica delle ipotesi:
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uguale alla SSGenerale le medie dei gruppi saranno probabilmente uguali tra loro
Se la somma delle SS dei gruppi è
inferiore alla SSG le medie dei gruppi saranno diverse e lo sono tanto più la somma
delle SS dei gruppi è inferiore
Ciò accade perché il calcolo della devianza generale non tiene conto della variabilità dei
singoli gruppi, infatti si esegue il calcolo come se si fosse all‟interno di un gruppo unico.
Andando a fare il calcolo della devianza tra i gruppi invece, rendiamo ogni soggetto del gruppo
assimilabile al gruppo stesso (non conta il punteggio singolo ma la media del gruppo) e
rappresenta quindi la variabilità legata al fatto di appartenere a gruppi diversi:
per tutti gli n soggetti i, sottrai alla media j del gruppo cui appartengono la media generale,
eleva al quadrato e somma.
La devianza generale non è altro che la somma della devianza all‟interno dei gruppi più la
devianza tra gruppi. Possiamo ottenere questi valori per sottrazione (SS G = SSW+SSB;
SSW=SSG+SSB; SSB=SSG-SSW)
Riassumendo:
Per eseguire ANOVA però utilizzeremo le VARIANZE (MEAN OF SQUARES, MS) e non le devianze:
il problema è che la devianza tra gruppi dipende dal numero k di soggetti nel gruppo, mentre
la devianza all‟interno dei gruppi dipende dal numero n di soggetti: le due somme non sono
sullo stesso piano: se dividiamo ognuna delle devianze per i propri gradi di libertà, le
riportiamo a un livello su cui possono essere confrontate:
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Abbiamo quindi il valore di F calcolato e procediamo la verifica delle ipotesi cercando F critico
sulle tavole: con k-1 gdl a denominatore e n-k gdl al numeratore.
Dal confronto tra F calcolato e F critico potremo stabilire se è vera H1 che è almeno due medie
sono differenti tra loro.
CALCOLI VELOCI:
1) Stabilire obiettivi e ipotesi, decidere H1 mono o bidirezionale (solitamente mono)
2) calcolare per ogni punteggio il suo quadrato e poi individuare le somme dei punteggi e dei
loro quadrati per tutti i gruppi e in totale
TTOT = T1 + T2 + T3
Q TOT = Q1 + Q2 + Q3
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L‟anova è un test omnibus: ci dice solo che due medie sono diverse fra loro, ma non sappiamo
quali. guardando i dati possiamo saperlo, ma per provarlo statisticamente avremo bisogno dei
test post-hoc
Assunzioni per l’applicazione dell’ANOVA
Osservazioni raccolte
indipendentemente le une dalle altre
La VI ha k≥2 livelli ed è su scala
nominale o ordinale
La variabile dipendendente è su
scala metrica
Le varianze delle popolazioni da cui
sono estratti i campioni sono omoschedastiche.
Nelle popolazioni da cui provengono i
k campioni la VD è distribuita in modo normale: Tuttavia è un‟informazione che spesso
non abbiamo, per cui si cerca di non applicare ANOVA su campioni troppo ristretti
(meno di 10 soggetti)
Effetti additivi: i diversi livelli della
VI influiscono sulla VD per addizione o sottrazione rispettando quindi un modello
lineare generale (MLG) per cui esiste una relazione di tipo lineare tra la VI e la VD.
Oppure con omega quadro stimato, che è considerato più affidabile in quanto eta quadro è
noto sovrastimare la dimensione dell‟effetto.
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Campioni dipendenti
ANOVA per misure ripetute
Devianza totale
nk - 1
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I calcoli sono gli stessi dell‟ANOVA per campioni indipendenti, ma qui aggiungiamo anche P
(punteggio totale di ogni soggetto) e P 2
Vediamo i calcoli:
2) Termine di correzione C
6) Devianza residua:
SSresidua=SSwithin - SSprove
F critico si cerca sulle tavole con i gdl tra le prove sulle righe e i gdl residui sulle colonne
Regola di decisione
Se F calcolato > F critico rifiutiamo Ho
Se F calcolato > F critico accettiamo Ho
L‟unica conclusione, se rifiutiamo Ho, che possiamo sostenere è che vi sono almeno due
rilevazioni con punteggio medio diverso. Per sapere quali sono statisticamente significative,
eseguire i test post-hoc.
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