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E ORIGINI

Gaius Cilnius Maecenas (Arezzo, 15 aprile 68 – 8 ac.), nato dall'antica e principesca famiglia etrusca dei Cilnii, sembra
della tribù Pomptina, tanto che Tacito (Annales, VI, 11) lo chiama “Cilnio Mecenate”, ed è possibile che “Cilnio” fosse il
nome della madre, visto che in Etruria era consuetudine conservare il nome materno oltre al paterno, e che Mecenate
fosse il cognome. 
Un Gaio Mecenate è menzionato da Cicerone (Pro Cluentio, 56) come membro influente dell'ordine equestre nel 91 a.c.
che potrebbe essere stato o suo nonno o suo padre. Da quanto ci narra Orazio (Odi, III, 8, 5) e dai testi letterari dello
stesso Mecenate si deduce che egli aveva ricevuto i più alti gradi d'istruzione del tempo. Non dimentichiamo che già il
livello di istruzione degli etruschi era stato ammirato e invidiato dai romani almeno fino a quando non conobbero meglio
la cultura ellenica. Infatti i nobili romani all'inizio chiamarono gli Etruschi a fare da istruttori ai propri figli, come con la
conquista della Grecia chiamarono poi i greci per lo stesso compito. Il popolo etrusco era estremamente raffinato nei
manufatti, nell'arte e nella cultura, tanto è vero di una persona elegante si diceva che vestiva o si pettinava all'etrusca. 

Sembra che l'alto lignaggio, le immense ricchezze e infine anche il grande ascendente che ebbe Mecenate su Augusto
destassero grandi invidie nei suoi concittadini, in quelli aretini dove la sua famiglia già esercitava una grande influenza
sin dal IV sec. a.c. (Livio, X, 3), ma soprattutto nei patrizi romani.

Quando il lungimirante Cesare inviò Ottaviano e Agrippa a studiare ad Apollonia con le legioni macedoni, estese l'invito
anche al figlio di un suo amico, Gaio Cilnio Mecenate, affinchè studiasse insieme a loro, e si legasse in amicizia, cosa
che poi avvenne, con Ottaviano e Agrippa. Quindi l'amicizia tra Ottaviano e Mecenate risaliva all'adolescenza.

L'EQUITES  ROMANO

Militare, nella prima parte della sua vita, e politico, Mecenate fu testimone della trasformazione definitiva di Roma e del
passaggio dalla Repubblica all’Impero. Eletto "vicario" da Ottaviano per la grande fiducia che riponeva in lui, seppe
accontentarsi del titolo di "eques", cioè dell'ordine equestre, classe sociale definita da Orazio "la più eletta del popolo per
squisitezza di gusto" (Sat. 1,10,76).
MECENATE
Come amico e consigliere agì sempre in qualità di delegato di Augusto quando era all'estero. E' da Properzio, ma pure
da Orazio, che lo seguì perfino in guerra, che conosciamo il valore militare del generale Mecenate che partecipò con
successo alle campagne di Modena, Filippi e Perugia. Ma nei tempi di pace organizzò uno
splendido salotto letterario cui parteciparono scrittori e poeti.

Nel "viaggio verso Brindisi" (Orazio, Satire, I, 5), svoltosi nel 37 a.c., Orazio, che accompagnava Gaio Clinio, narra che
Mecenate e Marco Cocceio Nerva, bisnonno del futuro imperatore Nerva, avessero un'importante missione, dalla quale
scaturì il Trattato di Taranto, un trattato di riconciliazione tra i due grandi nemici. Durante la guerra con Sesto Pompeo,
nel 36, egli tornò a Roma, e gli fu concesso il supremo controllo amministrativo in Italia. Fu poi vice reggente di
Ottaviano durante la battaglia di Azio, quando, con grande fermezza, soffocò in gran segreto la congiura di Marco Emilio
Lepido il Giovane, e durante le successive assenze di Ottaviano nelle province. Purtuttavia da alcuni passi nelle Odi di
Orazio (II, 17, A) si può dedurre che Mecenate non avesse la robustezza fisica tipica della maggior parte dei
romani. Secondo Dione Cassio, Mecenate è stato anche l'inventore di un sistema stenografico, ma a noi risulta che
prima di Mecenate l'avesse inventato Giulio Cesare.
VIRGILIO, ORAZIO E VARIO A CASA DI MECENATE

IL MECENATISMO

Mecenate svolse un ruolo molto importante nella propaganda politica di Augusto, comprendendo pure quale impatto
avessero l'arte e la poesia sull'opinione pubblica. Dotato di grande intelligenza, grande cultura e straordinari gusti e
sensibilità, Mecenate dette un grande impulso alle arti proteggendo, incoraggiando, ospitando e sovvenzionando molti
artisti dell'epoca, che grazie a lui trovarono il modo di essere pubblicati, di mostrare le proprie opere e di avere un
successo.

Non a caso molte opere di Orazio, Virgilio e Properzio sono dedicate a lui. Egli stesso fu collezionista d'arte, anzi fu
addirittura un antiquario delle opere greche, con particolare attenzione alle statue del IV sec. ac. che furono
effettivamente mai superate nè dai greci dopo nè dai romani.

Tanta fu la sua generosità a l'amore per le arti che il nome di Mecenate è divenuto in tutto il mondo sinonimo di
protettore degli artisti. Il circolo intellettuale che Mecenate fondò e finanziò fu il più importante dell'impero e dette
ovunque un grande impulso all'arte in ogni sua manifestazione e nel 39 ac., si arricchì di poeti come Orazio, Lucio Vario
Rufo e Virgilio.  

I poeti contraccambiavano celebrando nei loro versi lo stesso Mecenate, Augusto e il suo programma politico. In
particolare Virgilio con l'Eneide procurò una genealogia mitica sia Roma che ad Augusto che stava preparando la propria
deificazione; inoltre con le Georgiche sostenne un'intelligente idea augustea propagandando la rinascita
dell'agricoltura in Italia.
HYGERIA

Eppure, il tratto più notevole dei letterati riuniti attorno a Mecenate è che si mantennero gran parte della loro
indipendenza e che nessuno di loro fece direttamente l'epopea di Augusto. 

Virgilio scrisse le Georgiche in suo onore e fu lui che, impressionato dalla poesia di Orazio, lo presentò a Mecenate.
Infatti Orazio iniziò la prima delle sue Odi (Odi, I,1) grazie alla direzione del suo nuovo protettore. Mecenate gli diede
pieno appoggio finanziario per toglierlo dall'incubo della povertà.

Furono anche suoi protetti sia Properzio sia i poeti minori Cornelio Gallo, Aristio Fusco, Plozio Tucca, Valgio Rufo,
Domizio Marso, Quintilio Varo, Caio Melisso ed Emilio Macro. Per la sua munificenza, che rese il suo nome noto a tutti,
ebbe la gratitudine degli scrittori, attestata anche dai ringraziamenti di scrittori di età successiva,
come Marziale e Giovenale.

Mecenate vide nella genialità dei poeti del tempo non solo un ornamento letterario, ma un modo di promuovere e
onorare il nuovo ordine politico, un ordine in cui credeva, così come ci credeva Augusto che effettivamente creò
nell'impero la famosa Età dell'Oro favoleggiata dagli antichi greci, e la Pax augusta fu il clima giusto per quel
risollevamento di benessere e di arte.

Ritiratosi dalla vita politica, Mecenate visse delle ricchezze familiari che gli provenivano da molti beni, ma soprattutto
dalle fabbriche di vasi, la pregiatissima ceramica aretina, lucida e di un bel color arancio-miele, che fiorì in Arezzo dal 30
ac. in poi.

Nella vita privata si dedicò solo ai piaceri dello spirito speculando, scrivendo, conversando e banchettando con gli amici
alla maniera etrusca, cioè in modo sontuoso e raffinatissimo. Seppe, con oculatezza rara, non solo scoprire grandi
talenti, ma pure scegliersi validissimi amici: Virgilio, Properzio, Gallo, Orazio e Marziale. Con intuito e riservatezza
tipicamente etruschi, tra questi ne preferì due che furono i più grandi: Virgilio e Orazio.

Virgilio, privato dei campi in riva al Mincio dalle riforme di Augusto per dare le terre ai veterani, e con la speranza che gli
sarebbero restituiti, giunse a Roma dove Asinio Pollione, governatore delle terre sul Mincio e letterato a sua volta, lo
presentò a Mecenate. Virgilio, già autore delle Bucoliche dove si esaltava la vita pastorale, piacque a Mecenate che
intercedette presso Augusto.

Ma il centurione Arrio, divenuto nel frattempo proprietario del fondo, minacciò di uccidere Virgilio pur di non restituire la
terra. Mecenate allora fece donare a Virgilio un podere in Campania, che al poeta piacque più della sua stessa terra, per
il clima e per la amata solitudine. E fu qui che nacquero le Georgiche inneggianti alla bellezza dei campi.

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