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LA VENDETTA DI OTTAVIANO

Dopo le Idi di Marzo del 44 a.C.,mentre a Roma l'uccisione di Cesare portava la situazione politica
romana verso il caos, Gaio Ottavio, nipote del defunto dictator, si trova ad Apollonia, città lungo le
coste dell’attuale Albania, dove viveva da alcuni mesi per completare i suoi studi in materia militare
e per prepararsi alla spedizione che a breve avrebbe lui stesso condotto verso Oriente contro i Parti,
in compagnia di alcuni tra i più fidati amici e compagni militari di Cesare come Agrippa e
Salvidieno Rufo.
Venuto a sapere dell'assassinio di Cesare, Ottaviano venne richiamato dai suoi fidati di non dirigersi
a Roma, ma di restare al sicuro fino a quando fosse stato sicuro che l'assassinio di Cesare non
avesse riscosso il consenso generale.
“Gli consigliarono anche di rinunciare all’adozione e all’eredità. Ma lui[Ottaviano] pensò che
agire in quel modo, e non vendicare Cesare, sarebbe stato vergognoso”

Gli venne consigliato pure di rinunciare all'eredità ma egli rimase convinto sul da farsi.
Si diresse a Brindisi promettendo all'esercito orientale di sconfiggere gli assassini del padre.
Fin dall'inizio della sua ascesa politica quindi, Ottaviano Augusto decide di improntare
sull’importante tematica della Ultio il suo ruolo nella nuova scena politica romana.
Egli sapeva quale fosse l'impatto emotivo dell'Ultio verso i cittadini romani, era un'azione
fondamentale nella società della Roma Antica: quello della Pietas.
In questo termine si riassumevano di principi capitali dell'identità romana. Si poteva quindi
intendere come Pietas erga patriam l’atteggiamento di rispetto e assoluta dedizione verso lo stato e
le sue istituzioni così come verso la storia dell’Urbe.

Con Pietas erga Deos i romani intendevano l’importanza dello svolgimento dei rituali e il
mantenimento dei voti promessi agli Dei, principio base su cui si innalzava l’intero sistema
religioso Romano.
La Pietas erga Parentes riassumeva al suo interno l’amore, il rispetto e la difesa dei membri della
famiglia, in particolare i genitori, con tutte le azioni che questi valori implicavano, uno tra i quali la
vendetta.
Ottaviano Augusto attraverso la Ultio Caesaris non intendeva quindi paragonarsi solamente come il
figlio volenteroso di vendetta per l'assassinio del padre. Il Principe intendeva mostrarsi alla Roma
Antica come il grande difensore di tutti questi elementi della genetica culturale del popolo romano
ma che ora, con la morte di Cesare, non erano più rispettati.
Ottaviano si autoproclamerà come colui che ha ristabilito l’ordine nel caos morale della Repubblica,
vendicando suo padre e punendo gli assassini traditori dello Stato.
La Ultio Caesaris appare fin dalle prime righe delle Res Gestae. Già nel secondo capitolo Ottaviano
ricorda come la sua grande ascesa al potere sia iniziata con grandi trionfi, in nome del suo totale
rispetto della moralità e della legalità. Ottaviano Augusto però, sapendo quali fossero le macchie
della sua iniziale fase politica, sceglie attentamente le parole per descrivere i fatti di quel periodo.
Apre il capitolo II delle Res Gestae sottolineando coloro che lo hanno spinto ad agire: gli assassini
di suo padre. Ma per descrivere il reato da loro commesso non sceglie un verbo qualsiasi.
“Trucidaverunt”(così come il successivo “facinus”) è un termine forte che esprime immediatamente
la freddezza del gesto brutale di cui il padre, “Parentem meum”, è stato vittima. Procede precisando
che la sua vendetta è avvenuta nel rispetto della legge “iudiciis legitimis” e che i colpevoli sono stati
mandati in esilio “exilium expuli”.
Ottaviano Augusto ottenne il consolato marciando su Roma il 19 Agosto del 43 a.C. minacciando il
Senato con il suo esercito eliminando il consolato, carica di cui mantenne il potere facendosi
affiancare dal cugino Quinto Pedio il quale provvide poco dopo a promulgare tale provvedimento.
Il clima di tensione che la Legge Pedia portò a Roma raggiunse il suo apice pochi mesi dopo
quando, con la nascita del secondo Triumvirato, vennero emanate le Liste di Proscrizione all’interno
delle quali furono inseriti anche i nemici politici dei tre Triumviri. La marcia su Roma inoltre
avvenne in un momento decisivo della Guerra di Modena. Ottaviano infatti, infastidito dal
riconoscimento che il Senato e Cicerone avevano manifestato nei confronti di Decimo Bruto Albino
e dalla negazione del Trionfo, decise di sfruttare il momento per lui favorevole diventando nuovo
leader della fazione Cesariana Antiantoniana (in seguito alla morte di Irzio e Pansa) e di tornare in
armi verso Roma, abbandonando così l’alleanza con il cesaricida.
Dopo aver ricordato il compimento della Ultio, Ottaviano afferma poi di aver sconfitto due volte i
rimanenti assassini del padre poiché muovevano guerra contro la Repubblica (“bellum inferentis”,
“vici bis”). In questo caso Augusto fa riferimento alle guerre interne che si svolsero dal suo
approdo sulla scena politica romana fino alla svolta della battaglia di Filippi durante la quale
vennero sconfitti e persero la vita gli ultimi due leader filorepubblicani, Bruto e Cassio.
In occasione della imminente battaglia di Filippi che Ottaviano Augusto pronunciò un voto a Marte
Ultore, promettendo al dio della guerra un tempio grandioso se gli avesse concesso di concretizzare
la sua vendetta.

Nel capitolo XXI, delle Res Gestae in cui Ottaviano menziona il Tempio a Marte Ultore, il Principe
si ribadisce come artefice della definitiva Ultio Caesaris attraverso la costruzione del tempio;
inoltre la vendetta non era più diretta a vendicare la figura del padre e del Pontefice Massimo, ma
anche ad un dio dal momento che Cesare era stato divinizzato nel 42 a.C. Il Tempio non è solo la
consacrazione di un voto al dio della guerra, bensì la celebrazione della vendetta resa possibile dal
volere di Marte stesso attraverso la persona di Augusto.
Nella prima stagione politica di Ottaviano Augusto è possibile individuare tre differenti metodi di
utilizzo del tema della Ultio Caesaris.
-il primo lo vede come erede di Cesare che ha il diritto, ma soprattutto il dovere morale, di portare a
termine le vendetta del padre ucciso brutalmente. Questo è il metodo più usato da parte di Ottaviano
per acquisire potere.
La base di tutto il suo piano di propaganda contro Sesto Pompeo è la battaglia di Filippi. Entrambi
sono giovani ed ambiscono alla leadership delle rispettive fazioni ma soprattutto entrambi mirano
alla vendetta del padre. Sesto Pompeo sebbene fosse all’oscuro dell'omicidio di Cesare ne trae
comunque un beneficio poiché il Senato lo nomina Praefectus et Orae Marittimae affidandogli
l’intera flotta del Mediterraneo. A mettere in difficoltà l’efficacia comunicativa del messaggio di
Ottaviano furono le Liste di Proscrizione. Sesto fu molto abile nel proporsi come salvezza per i
proscritti. Fu altrettanto furbo nell’accusare Ottaviano di Impietas, poiché con le Liste tradiva gli
stessi valori che affermava di amare e voler difendere.
Ottaviano decise quindi di mantenere un profilo basso, forte e sicuro della propria esperienza e
pubblicamente diretto al riconoscimento dell’eredità di Ottaviano, ad offrirgli la possibilità di
apparire come vittima, come un figlio cui veniva negato il diritto di portare giustizia e memoria al
padre ucciso.
Ottaviano non poteva permettersi ancora un confronto politico con Antonio, più esperto sia
nell'ambito militare in quello politico.
Nel 44 a.C. Ottaviano si propone di ideare a proprie spese la commemorazione del padre e di
esporre i suoi riconoscimenti posti dal Senato.
Marco Antonio però vieta ad Ottaviano di celebrare la commemorazione di Cesare. Il futuro
Principe rispetta la posizione di Antonio senza protestare ma:“Quando entrò nel teatro, il popolo lo
applaudì a lungo e i soldati di Cesare, indignati perché gli si impediva di rinnovare gli onori in
memoria del padre morto, indicandolo a dito, rinnovarono gli applausi durante tutto lo spettacolo”.
Dopo aver radunato il suo esercito di Evocati, Ottaviano scrive a Cicerone per offrire a lui, al
Senato il servizio dei suoi militari.
Cicerone, nonostante gli iniziali dubbi sulle intenzioni di Gaio Ottavio, decide di accettare l’offerta
dando il via all’alleanza.
Cicerone e il Senato decisero di legarsi all’esercito di Evocati di Ottaviano perché vedevano in
questo un forte contributo al già forte esercito di Decimo Bruto, l’altro loro alleato.
Cicerone aspirava ad ottenere grandi risultati da questa alleanza, ma Ottaviano, conclusa la guerra
con Antonio e Lepido, allacciò proprio con questi ultimi l'accordo del Triumvirato mettendo
Cicerone nelle liste di proscrizione.
“Riguardo al tempio di Marte, Augusto fece voto di costruirlo quando, con la battaglia di Filippi, si
era vendicato della morte di Cesare; stabilì che il Senato deliberasse in questo tempio quello che
riguardava le guerre e i trionfi, che da qui partissero tutti quelli che dovevano partire per le
province con incarichi di comando e che coloro che tornavano vincitori portassero qui le insegne
dei loro trionfi”.
La costruzione di un’opera di tale imporranza venne avviata soltanto dopo la battaglia di Azio, tra il
30 e il 27 a.C.
Inaugurato nel 2 a.C. il Tempio andava a completare la scenografia monumentale dell’intero Foro
Augusteo, assieme al quale costituiva una sorta di museo a cielo aperto dei trionfi e della storia di
Roma.
Fondamentalmente la costruzione del Tempio a Marte Ultore e del Foro, offriva a Roma una
grandiosa celebrazione della sua storia e della gloria di Ottaviano che in questo modo annunciava la
vendetta compiuta ma, soprattutto, la conquista del mondo intero e poteva mettere per iscritto, le
parole e le promesse con cui si era presentato al popolo romano, all’alba della sua ascesa al potere.

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