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LETTERATURA DELLO STRUMENTO

IL SASSOFONO NELL’ORCHESTRA DEL XIX E XX


SECOLO

TRIENNIO III
CORSO DI SASSOFONO
PROF. ANTINORO DANIELE
ANNO ACCADEMICO 2019/2020
CUSUMANO DEBORA

Il Sassofono nell’orchestra del XIX e XX secolo.

Il sassofono è uno strumento molto versatile che ben si presta a qualsiasi genere
musicale. Nacque nel 1840 dall’idea di un geniale costruttore belga di strumenti
musicali Antoine-Joseph ( detto Adolphe ) Sax.
Indubbiamente grande influenza sul figlio l’ebbe il padre, Charles-Joseph Sax,
anch’egli un costruttore. A Parigi Sax diede vita alla sua fabbrica di strumenti
musicali e nel giro di breve tempo, grazie all’appoggio di personalità musicali
di spicco quali Berlioz e Mayerbeer, il suo strumento ebbe una grande
diffusione nell’ambito della musica accademica ma soprattutto negli organici
per banda.

Messo a punto nel 1842 e brevettato nel 1846, questo strumento dotato di
un’ancia semplice, un numero di chiavi da diciannove a ventidue e di un ampio
tubo, è esistito in quattordici versioni. Oggi ne sopravvive la metà, in
particolare quello soprano, contralto, tenore e baritono.
Il sassofono suscitò immediatamente l’interesse di Berlioz e Kastner,
compositori e teorici dell’orchestra.
Adolphe Sax non poteva trovare un territorio più fertile per dare vita alla sua
fabbrica di strumenti a fiato. Nessuno meglio dei compositori francesi
dell’epoca avrebbe saputo accogliere le sue invenzioni, in particolare il
sassofono, inoltre Sax sapeva che la città di Parigi, meglio di altri, gli avrebbe
offerto l’occasione di diffondere le proprie idee.

Il sassofono pian piano iniziò ad essere incluso nell’organico di alcune


partiture operistiche e teatrali di una certa levatura. I compositori avevano
quindi la necessità di apprendere le sue caratteristiche e le sue potenzialità
esecutive: Berlioz e Kastner, per primi, lo inserirono nei loro trattati di
strumentazione e orchestrazione, a cui avrebbero fatto seguito molti altri teorici
negli anni a venire.

Nonostante il grande sforzo del suo inventore, il sassofono sarà sempre poco
considerato nel panorama orchestrale almeno sino all’inizio del ‘900.
1.L’Ottocento: Berlioz e Kastner

Il 3 Febbraio 1844 ci fu il debutto del Sassofono in un concerto pubblico, a cui


lo stesso Sax prese parte come esecutore. In tale occasione fu eseguito il suo
sestetto vocale Hymne Sacre, opportunamente trascritto da Berlioz per sei
strumenti a fiato, tutti realizzati o perfezionati da Sax.
Il primo Dicembre 1844 il sassofono debuttò ancora una volta nell’orchestra del
conservatorio di Parigi nell’opera di Jean-Georges Kastner : “ Le Dernier Roy
de Juda “. Jean Georges Kastner fu il primo compositore ad includere il
sassofono in una composizione maggiore, si tratta di un oratorio in due atti, sul
poema di Maurices Bourges in cui il sassofono aveva solo una parte di
raddoppio.
Tuttavia era presente anche un breve solo.

Grande importanza viene data al sassofono dal grande compositore e teorico.

“Il timbro del sassofono, la cui famiglia comprende sette strumenti di


tagli differenti, è a metà strada tra quello degli ottoni e quello dei
legni; esso ha qualcosa anche, ma con ben maggiore potenza della
sonorità degli archi. A mio avviso, il suo pregio principale risiede
nella bellezza variegata della sua voce, ora grave e calma, ora
appassionata, sognante e malinconica, ovvero vaga come l’eco attutito
di un eco, come i lamenti indistinti della brezza nei boschi e, meglio
ancora, come le vibrazioni misteriose di una campana molto tempo
dopo che è stata percossa. Nessun altro strumento musicale esistente, a
me noto, possiede questa curiosa sonorità, situata al limite del
1 silenzio.”

Così Hector Berlioz presenta il sassofono sul ”Journal des Débats” del 21
Aprile 1849. Si tratta di un elogio appassionato per questo giovane strumento.
Nelle belle parole di Berlioz sono contenuti i presupposti della presente ricerca
che partendo da un interesse tutto personale si è mossa verso l’indagine di un
mondo, quello del sassofono classico.
Lo stesso Hector Berlioz elogiò l’invenzione di Adolphe Sax nel suo “Grand
Traité d’Instrumentation et d’Orchestration Modernes” ( Il Grande trattato di
strumentazione e di orchestrazione moderna), pubblicato nel 1843, che illustra
il proprio discorso con esempi musicali presi dal passato, dal presente e si
proietta anche verso il futuro. Nel 1855 Berlioz ripubblica il trattato con
aggiunte significative: il capitolo “Nuovi strumenti”, in cui si interessa alle
invenzioni di Adolphe Sax.
2.Il Sassofono nell’orchestra sinfonica

La famiglia dei sassofoni non è mai stata pienamente accettata nell’orchestra


sinfonica, anche se molti compositori del diciannovesimo e ventesimo secolo
hanno usato il sassofono con eccellenti risultati, specialmente come strumento
solista. Il suono dei sassofoni è molto caratteristico e tende a coprire gli altri
strumenti dell’orchestra, il che può spiegare perché non sono entrati
nell’abituale formazione sinfonica; una seconda ragione può essere
riconducibile al fatto che il modo di suonare questi strumenti e il suono che se
ne ricavava era agli esordi considerato troppo primitivo.
La situazione è cambiata notevolmente dopo gli anni Venti del Novecento, e
oggi il grande virtuosismo e il fantastico controllo di ogni registro nei diversi
strumenti della famiglia continua a convincere i compositori a includere il
sassofono nei propri lavori.

La maggior parte dei compositori sinfonici hanno usato il sassofono contralto in


Mib, ma in alcuni brani anche il sassofono soprano, tenore e baritono hanno
rivestito un ruolo significativo.

Il sassofono sopranino in Fa non è quasi mai usato, ma lo ricordiamo perché


Ravel gli ha dato un ruolo importante nel suo Bolero e inoltre compare nella
musica da camera.

Pezzi per orchestra selezionati che includono sassofoni

• L'Arlésienne (1872) - Georges Bizet


• Sylvia (1876) - Léo Delibes
• Hérodiade (1881) - Jules Massenet
• Werther (1892) - Jules Massenet
• Symphonia Domestica (1904) - Richard Strauss
• Il principe di legno (1917) - Béla Bartók
• Quadri di un'esposizione (1922 versione Ravel) - Modest
Mussorgsky / Maurice Ravel
• Boléro (1928) - Maurice Ravel
• La création du monde (1923) - Darius Milhaud
• Symphony No. 4 (1924) - Charles Ives
• Rhapsody in Blue (1924) - George Gershwin
• Un americano a Parigi (1928) - George Gershwin
• Háry János (1926) - Zoltán Kodály
• Turandot (1926) - Giacomo Puccini
• Concerto per pianoforte (1926) - Aaron Copland
• Symphony No. 1 (1928) - Aaron Copland
• Neues vom Tage (1929) - Paul Hindemith
• Der Wein (1929) - Alban Berg
• Concerto per violino (1935) - Alban Berg
• Lulu (1937) - Alban Berg
• The Golden Age (1930) - Dmitri Shostakovich
• Suite No. 1 (1931) - Dmitri Shostakovich
• Suite No. 2 (1938) - Dmitri Shostakovich
• Suite per orchestra di varietà (post-1956) - Dmitri Shostakovich
• Festa di Baldassarre (1931) - William Walton
• Lavoro: A Masque Dancing (1931) - Ralph Vaughan Williams
• Symphony No. 6 (1947) - Ralph Vaughan Williams
• Symphony No. 9 (1957) - Ralph Vaughan Williams
• Il tenente Kijé (1934) - Sergei Prokofiev
• Romeo e Giulietta (1938) - Sergei Prokofiev
• Alexander Nevsky (1938) - Sergei Prokofiev
• Symphonic Dances (1940) - Sergei Rachmaninoff
• Sinfonia da Requiem (1940) - Benjamin Britten
• Billy Budd (1951) - Benjamin Britten
• Il principe delle pagode (1957) - Benjamin Britten
• Fronte del porto (1954) - Leonard Bernstein
• Ovest Side Story (1957) - Leonard Bernstein
• Città Noir (2009) - John Adams
3. Alcune composizioni orchestrali Francesi per
sassofono

La parte del sassofono nel “Vecchio castello” orchestrato da Maurice Ravel


costituisce senza ombra di dubbio il miglior esempio di sassofono cantabile nel
Novecento, che può essere considerato il secondo dopo quello nell’Arlésienne
di Bizet.
Nel caso del “Vecchio castello” si tratta di una trascrizione e non di un brano
originale. L’esempio del “Vecchio castello” come parte orchestrale per il
sassofono compare in alcuni trattati d’orchestrazione, il sassofono è usato in
genere per il suo caratteristico timbro velato e sognante che si staglia sullo
sfondo sonoro dell’orchestra che è tipica del suo uso all’interno del teatro
musicale francese del secolo precedente.

Con il “Bolero” Ravel dimostra invece la sua attenzione verso il mondo


contemporaneo; in particolare in questo brano si notano gli influssi della musica
jazz sull’estetica del compositore francese. I sassofoni infatti sono usati come
voci caratteristiche del jazz. Ravel manifesta la sua stima per lo strumento
introducendo addirittura tre sassofoni in orchestra, curando fino ai minimi
dettagli la parte del sassofono tenore, per la quale lo strumentista si cimenta in
un’esecuzione di difficile realizzazione.
A differenza del “Vecchio castello”, nel caso di “Bolero” i sassofoni sono calati
completamente in orchestra: non sono più degli intrusi nella sala da concerto.
L’interesse di Ravel per il sassofono è testimoniato anche dall’impegno che
prende con Marcel Mule in merito alla composizione di un quartetto per
sassofoni, purtroppo mai realizzato a causa della malattia che condurrà Ravel
alla morte.

Arthur Honegger, il quale ha inserito il sassofono in moltissime partiture,


usufruisce del sassofono sia in “Mouvement symphonique n°3” sia in
“Nocturne”.
Il sassofono qui svolge il ruolo di solista ma anche di strumento standard
dell’orchestra. È infatti un compositore quale Honegger, che denuncia l’assenza
del sassofono in Conservatorio, la difficoltà della società dei concerti a
procurarsi i sassofonisti, la rigidità della maggior parte delle orchestre, a
condurre il sassofono a questo livello.
Egli inoltre si dimostra più attento alle caratteristiche del sassofono quando lo
adopera nell’orchestra sinfonica piuttosto che in un organico della musica per
film.
Nel caso del cinema è chiaro che Honegger sceglie il sassofono come strumento
per il suo timbro, particolarmente adatto alla registrazione tramite microfono,
piuttosto che per le sue possibilità virtuosistiche.

Jacques Ibert in “Restaurant au Bois de Boulogne”, quarto movimento della


Suite Symphonique Paris, mostra un sassofono che funge da solista della danza
del ristorante parigino. Il sassofono qui non è perfettamente integrato con il
resto dell’organico dell’orchestra, all’interno della suite infatti il sassofono
appare solo nel quarto movimento, per di più nel pezzo funzionale alla scena
del ballo in un ristorante. In questo caso, quindi, il sassofono è usato come
rappresentante del genere della musica per danza, in cui spesso si usufruisce
della sua “voce” per interpretare le melodie della Parigi degli anni ’30.

Se analizziamo invece la “Symphonie marine” dello stesso autore possiamo


riscontrare la completa trasformazione della parte del sassofono in possesso di
tutte le proprie caratteristiche tecniche ed espressive, rappresentando
egregiamente le varie fasi della tempesta di mare con momenti di cupa tristezza
canora, altri di brillante agilità strumentale, altri ancora di puro
accompagnamento orchestrale.
È con questo pezzo che Ibert dimostra come il sassofono possa assumere un
degno ruolo in orchestra e in generale nella musica sinfonica del Novecento.

4.Alcune composizioni orchestrali italiane per


sassofono

Nella "Leggenda di Natale”, primo movimento della Suite siciliana, Gino


Marinuzzi arriva a dispiegare ben quattro sassofoni (il quartetto “classico” al
completo) senza manifestare alcuna insicurezza di scrittura. La cosa è ancora
più stupefacente se pensiamo che siamo all’inizio del Novecento e che si tratta
della prima volta in cui il sassofono entra nell’orchestra sinfonica italiana. Il
soprano in Si bemolle, in particolare, esegue tutti i generi di passaggi, ma sono
da notare specialmente quelli di carattere virtuosistico. In questa partitura
contralto e tenore eseguono prevalentemente passaggi di carattere melodico, in
cui possono mettere in mostra il loro timbro, mentre il baritono si limita a
fornire una base di accompagnamento armonico. Il quartetto è dunque
orchestrato da Marinuzzi in base alle caratteristiche di ognuno dei suoi membri,
senza esagerarne le possibilità. La formazione dei sassofoni, tuttavia, è segnata
in partitura «ad libitum» (a piacere) a testimonianza delle difficoltà riscontrate
nel reperire questi strumenti nell’Italia di inizio Novecento.

Con “Sicania” Marinuzzi conferma il suo interesse per lo strumento di Sax


impiegando il sassofono tenore (non più «ad libitum») sia come “voce” solista
sia come strumento standard dell’orchestra. Il musicista deve essere in grado di
padroneggiare sia la sonorità sia la tecnica dello strumento, che è più elaborata
rispetto a quella della Suite siciliana.

Riccardo Zandonai in “Fra gli alberghi delle Dolomiti" usa il sassofono


contralto sia per il suo caratteristico timbro “doloroso” (per i momenti da
solista) sia per le sue possibilità tecniche. È questo il caso in cui il sassofono
suona i motivi di danza con il resto dell’orchestra, in cui si integra pienamente.
Qui il sassofono è probabilmente scelto da Zandonai proprio per il suo ampio
utilizzo all’interno della musica da ballo: basta il suono del suo timbro, unito ai
ritmi scanditi della danza, a ricordare agli ascoltatori l’atmosfera delle sale da
ballo.
È con gli altri strumenti che nel brano il sassofono esegue, nella maggior parte
dei casi, i motivi di danza; è la sua “voce” a fornire all’impasto sonoro il
“sound” dei balli degli alberghi delle Dolomiti.
In Quadri di Segantini il sassofono contralto è presente nei movimenti I e IV
(L’aratura e Meriggio). In questo caso il ruolo del sassofono è ancora più
importante: in alcuni momenti suona come vero e proprio solista sullo sfondo
dell’orchestra, mentre in altri si comporta come un normale strumento
d’orchestra. In diversi casi il sassofonista si trova a dover eseguire passaggi
tecnici di alto livello, rivelando la volontà di Zandonai di liberare le possibilità
del sassofono al completo.
Possiamo ora notare che sia Marinuzzi sia Zandonai “osano” di più con lo
strumento nella seconda occasione in cui si trovano a utilizzarlo, ovvero nel
momento in cui sono in possesso di una conoscenza maggiore delle sue
caratteristiche. Entrambi, in ogni caso, non commettono errori di
strumentazione, rivelando pertanto che pure nell’Italia dei primi decenni del
Novecento è possibile utilizzare adeguatamente il sassofono in orchestra. Anche
nella nostra penisola, come abbiamo notato per la Francia, è riscontrabile la
tendenza sia a usare il sassofono come elemento di richiamo del mondo del jazz
e della musica da ballo, sia a cercare di legittimarlo nella sala da concerto come
abituale strumento d’orchestra, privo di significati extra musicali.
Non possiamo stupirci del fatto che l’orchestra italiana del primo Novecento
accolga fra i suoi componenti anche il sassofono, dato che si tratta proprio del
momento in cui, sotto l’influsso dell’orientamento neoclassico, prende il via la
rinascita della musica strumentale, in particolare sinfonica, che, intenzionata a
dimostrare al mondo intero la propria italianità.
I due compositori che abbiamo scelto come rappresentanti di questo ritorno alla
musica strumentale appartengono a due mondi completamenti diversi: il Nord e
il Sud dell’Italia ma la loro volontà è comunque quella di dimostrarsi al passo
coi tempi nei confronti delle altre nazioni in quanto italiani.

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