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SCUOLA DI VIENNA

Espressionismo musicale (storia)

Nato e affermatosi in Austria e Germania tra il 1905 e il 1925. Coinvolgeva tutte le arti (dalla musica, alla
pittura, alla letteratura). Da origine a diverse correnti. L’arte espressionista rispecchiò un clima particolare
di crisi politica e sociale che stava invadendo l’Europa dell’ante e del dopoguerra. In quel periodo si perse
quel tradizionale senso di sicurezza e stabilità che erano invece presenti prima della guerra.

Gli espressionisti non avevano un programma comune ma cercavano dei modi per superare quel
periodo difficile e andare oltre le limitazioni pratiche e teoriche della vita materiale. Tendenza tipica del
movimento espressionista era di ridurre al minimo lo spazio occupato dagli elementi formali o indicativi di
orientamento tradizionale, alla cui oggettività si contrapponeva il soggettivismo (si volevano porre in primo
piano le rivelazioni dell’inconscio e l’espressione delle nevrosi).

Tematica preponderante dei drammi teatrali: era l’esaltazione dell’irrazionale e dell’anormale di tipo
sessuale psicoanalitico. Per farla semplice: i drammi teatrali non erano più le solite storielle da quattro
soldi. Le trame si svolgevano in un quadro di riferimento complesso e simbolico.

Espressionismo musicale (ambito musicale)

L’espressionismo si individua principalmente nella “Scuola di Vienna”, formata da A. Schoenberg e da un


gruppo di suoi allievi qualificati: tra questi si distinguono Webern e Berg. Loro e latri compositori erano tutti
originari di Vienna e hanno portato allo sviluppo della musica nella prima metà del XX secolo. Purtroppo,
non ebbero successo nella loro città nativa e dovettero continuare il loro percorso in Germania (Schoenberg
insegnò a Berlino) e negli Stati Uniti.

Schoenberg = dodecafonia

Schoenberg, oltre alle tante composizioni, è conosciuto soprattutto per lo stile compositivo della
dodecafonia. Si tratta di un procedimento compositivo inteso a garantire l’unità dell’opera, la coerenza del
linguaggio musicale, così da colmare il vuoto lasciato dall’armonia tonale (si passò all’armonia atonale). Ai
suoi occhi, però, l’uso della serie di dodici note doveva costituire non una “rottura” con il linguaggio
musicale del passato ma essere un tentativo nuovo per integrare le sue conquiste del periodo
espressionista nell’eredità della grande tradizione della musica tedesca. Per farla semplice: lui non voleva
rompere con il linguaggio musicale del passato ma voleva INTEGRARLA con le novità sperimentate durante
l’espressionismo. Quindi è un ARRICCHIMENTO.

Negli anni 20 Iniziò a sperimentare la sua tecnica su composizioni semplici, brevi e simmetriche, aventi
una sonorità molto delicata. Una simile tendenza collimava segnatamente con quella del “neoclassicismo”,
che andava registrando un vasto eco di consensi. Il neoclassicismo e il serialismo erano due movimenti
paralleli e non opposti, come spesso si sente dire. Erano infatti due movimenti estremamente conciliabili;
questo lo dimostra Stravinskij nelle sue composizioni.

Metodo dodecafonico: consiste nell’uso costante ed esclusivo, per ogni composizione, di un’unica serie
di 12 suoni differenti della scala cromatica, in un ordine prescelto dal compositore. Si cerca di avere la più
ampia varietà di intervalli diversi all’interno della serie.

Teoria dodecafonica: prevede che una sola serie di 12 suoni debba essere impiegata in una
composizione e che nessuna delle note della successione seriale debba ripetersi prima dell’esaurimento
della successione stessa, a meno che non si tratti di una ripetizione immediata. Questo divietò, però, non
viene quasi mai seguito rigorosamente: riguarda solo il ritorno di una nota che nel contesto possa causare
una rottura della serie. In linea di principio, ogni altezza ha la stessa importanza di tutte le altre. La serie è
presentata in successione (cioè come melodia) e simultaneamente (cioè come armonia e contrappunto).
Per farla semplice: si legge la musica in senso orizzontale e anche in senso verticale. Tuttavia, non si
richiede che l’ordine delle note sia sempre monotonamente indicato in ogni frase o periodo musicali. Si
devono evitare i raddoppi di ottava, l’impiego di armonie iterate di accordi tonali.

Quattro forme della serie:

1. O = serie base o originale;


2. I = inversione = rivolto degli intervalli dati in O (gli intervalli discendenti diventano ascendenti, e
viceversa);
3. R = retrogrado = successione di note presentata dall’ultima alla prima (serie O letta da destra a
sinistra e non il contrario);
4. RI = retrogrado dell’inverso = serie I letta da destra a sinistra.

Ciascuna delle quattro versioni base della serie può essere trasposta, cioè iniziata da qualsiasi altra delle
restanti undici note della scala cromatica. Vi sono, dunque, 48 versioni di una stessa serie.

Webern e Berg = generale

Adottarono le profonde innovazioni e le idee suggerite dalla musica del loro maestro, sviluppandole in
modo più personale. Ma l’influenza divenne molto spesso reciproca e Schoenberg dovette molto allo
stimolo dei suoi allievi.

Le composizioni di Berg e di Webern sembrano proporsi come fine estetico di trasmettere


quell’inquietudine estrema, quell’ansia esasperata, spirituale ed emozionale, che sono i tratti più
caratteristici dell’espressionismo musicale.

La tendenza ad una contrazione aforistica è più visibile in Webern, che costituirà un carattere saliente e
costante della sua produzione dodecafonica successiva.

Berg e Webern erano introversi e molto riservati, e scrissero solo qualche raro articolo di critica
musicale. Le composizioni non conobbero alcuna diffusione reale durante quasi tutta la prima metà del
secolo, addirittura fu proibita in Germania e in Russia. La loro carriera però si svolse pressoché a Vienna.

Webern = vita

Anton Friedrich Wilhelm von Webern, meglio noto come Anton Webern (Vienna, 3 dicembre 1883 –
Mittersill, 15 settembre 1945), è stato un compositore austriaco.

Fu uno dei primi allievi e seguaci di Arnold Schönberg e appartenne alla cosiddetta Seconda scuola di
Vienna. Nel 1925 Webern adottò definitivamente la dodecafonia appena essa fu teorizzata dal suo maestro
Arnold Schönberg: tecnica compositiva della quale si sarebbe rivelato esponente originalissimo. La sua
embrionale organizzazione dei sistemi di altezze, ritmo e dinamica divenne infatti il modello originario di
una delle principali tecniche compositive della seconda metà del XX secolo, del quale si parla in generale
come di serialismo integrale.

Webern, figlio di un ingegnere minerario, iniziò gli studi scolastici nella città natale e li proseguì a Graz e
Klagenfurt, dove a dieci anni (1893) intraprese gli studi musicali di (pianoforte e di violoncello) sotto la
guida E. Komauer, un insegnante locale.

La famiglia, originaria di Salorno, in Alto Adige, era stata elevata nel 1754 al rango nobiliare. Grazie a sua
madre, Anton Webern ricevette lezioni di pianoforte, in seguito Edwin Komauer gli diede lezioni private di
Teoria della Composizione, e allo stesso tempo Webern imparò anche a suonare il violoncello. Dal 1902 al
1906 Webern studiò musicologia con Guido Adler all'Università di Vienna, laureandosi con una tesi sul
Choralis Constantinus di Heinrich Isaac. Questo suo primo amore verso la musica del XVI secolo avrebbe
molto influenzato la sua tecnica compositiva negli anni seguenti.

Insieme a Berg, appartengono alla “scuola di Vienna” e furono quelli che si distinsero maggiormente
oltre a Schoenberg. Entrambi studiarono composizione privatamente a Vienna con Schoenberg, al quale
furono legati per tutta la vita da una devota stima e amicizia. Fu inoltre fonte stimolante di creatività e
radice di un sodalizio lungo e profondo.

Dopo la laurea, Webern svolse il ruolo di direttore d'orchestra ad Ischl, Teplice, Danzica, Stettino e Praga
prima di tornare a Vienna, dove collaborò alla Società per le Esecuzioni Musicali Private di Schoenberg, e
diresse l'Orchestra Sinfonica dei Lavoratori di Vienna dal 1922 al 1934.

Nel 1915 Webern, che nel 1911 aveva sposato la cugina Wilhelmine Mortel, dalla quale avrà un figlio e
tre figlie, fu richiamato alle armi, ma venne congedato poco dopo per problemi alla vista.
Stabilitosi in solitudine a Mödling e poi a Maria Enzersdorf (Vienna), dopo la morte del padre (1919) si
trovò in serie difficoltà economiche. Insegnò composizione ad allievi privati e diresse qualche concerto,
collaborando pure attivamente con Schönberg e Berg all'"Associazione per esecuzioni musicali private". Per
farla breve: iniziano a fare cose da amiketti.

Negli anni successivi Webern lavorò di nuovo come Maestro di Cappella a Bad Ischl, Teplitz, Danzica,
Stettino e Praga, prima di ritornare ancora una volta a Vienna nel 1920. Dal 1922 al 1932 diresse diversi cori
e partecipò a diversi concorsi per tutta Europa. Nonostante le sue eccellenti qualità di compositore ed
esecutore, non fu mai chiamato all'Università di Vienna.

La musica di Webern fu definita "bolscevismo culturale" e "arte degenerata" dal Partito Nazista (che in
Germania aveva preso il potere nel 1933 e nel 1938 lo estenderà all'Austria con l'Anschluss). Da allora in
avanti Webern avrebbe avuto serie difficoltà: per guadagnarsi da vivere, cominciò a lavorare come
correttore di bozze per il suo editore, l'Universal Edition di Vienna. Nel 1945 Webern decise di lasciare
Vienna e si recò a Mittersill nel Salisburghese, per mettersi in salvo dall'Armata Rossa. Il 15 Settembre,
tuttavia, durante l'Occupazione alleata dell'Austria, venne ucciso per errore da un soldato americano in
seguito all'arresto del suo genero per attività di mercato nero. MISKINO

Webern = la musica

L'apprendistato con Schoenberg, che durò fino al 1908, fu determinante per la maturazione di Webern.
Nei Cinque pezzi op. 5 mostra di aver già spinto l'esperienza espressionistica del maestro all'astrattismo
aforistico, con un notevole anticipo su Schoenberg. Altrettanto vale per i Sei pezzi op. 6 dove l'idea
schoenberghiana della "melodia di timbri" è già radicalizzata.

Nonostante lo scherno e l'indifferenza con cui furono accolte le sue composizioni, egli proseguì con fede
lungo la strada intrapresa. Il musicista compose la sua prima opera dodecafonica con i Drei Geistliche
Volkslieder op.17, dove mostra di realizzare in senso ancor più rigoroso il metodo dodecafonico del
maestro; e si potrà poi dire che, mentre Berg mira ad integrare la dodecafonia recuperando il passato,
Webern, al contrario, spinge alle estreme conseguenze le nuove conquiste sonore di Schönberg sino ai
limiti dell'inesprimibile.

Webern non fu un compositore prolifico; solo 31 delle sue opere furono pubblicate durante la sua vita, e
quando Pierre Boulez creò un progetto per registrare tutte le sue composizioni, includendo quelle senza
numero d'opus, il risultato occupò solo sei CD. Tuttavia, la sua influenza sui compositori delle generazioni
successive, e in particolare sulle avanguardie postbelliche, fu immensa. I lavori della maturità mostrano una
chiarezza e un rigore poetico e musicale che esercitarono un potente influsso, tra gli altri, su Pierre Boulez,
Karlheinz Stockhausen, Bruno Maderna e Luigi Nono.

Lo stile della musica di Webern è cambiato nel tempo. Sua caratteristica sono le trame sonore filiformi in
cui ogni nota assume un peso determinante; timbri scelti con rara sensibilità; uso di tecniche strumentali
particolari (frullato, col legno, e simili); utilizzo sistematico di intervalli melodici molto ampi (frequenti sono
settime maggiori e none minori); la brevità, come nelle Sei Bagatelle op. 9 per quartetto d'archi (1913), che
durano circa tre minuti in tutto.

Webern = composizioni

I primissimi lavori di Webern, ancora in stile tardo-romantico, non vennero né pubblicati né eseguiti
durante tutta la vita dell'artista. Tra questi, il poema sinfonico Im Sommerwind (Nel vento estivo), del 1904
e il Langsamer Satz (Movimento lento) per quartetto d'archi, del 1905.

Per molti anni, Webern scrisse pezzi liberamente atonali, molto simili ai primi lavori atonali di
Schoenberg. I Drei Geistliche Volkslieder (Tre canti popolari spirituali, 1925) furono il suo primo lavoro
basato sulla "tecnica dei dodici suoni" codificata da Schoenberg; Webern la usò ed approfondì in tutti i suoi
lavori seguenti. Il Trio d'archi (1927) fu il primo lavoro puramente strumentale con questa tecnica (le altre
opere erano canzoni), che inoltre veniva per la prima volta utilizzata nell'ambito di una forma musicale
tradizionale.

Le serie ideate da Webern sono spesso strutturate in modo intricato e le altezze sono raggruppate in
cellule, ad esempio, quattro gruppi di tre, che sono variazioni l'uno dell'altro (per esempio, il secondo
gruppo di quattro è il retrogrado trasposto del primo, o l'inverso del terzo), instaurando forti interrelazioni
e invarianze, e favorendo l'economia di mezzi compositivi. Queste accortezze conferiscono ai lavori di
Webern una grande unità "tematica": talvolta l'elaborazione consiste nel distribuire la melopea attraverso
le diverse voci strumentali.

Le ultime opere di Webern indicano uno sviluppo dello stile in senso radicale. Le due Cantate op. 29 e
op. 31, per esempio, fanno uso di un ensemble e non di un'orchestra tradizionalmente intesa, durano più
dei lavori precedenti (pur essendo sempre molto concentrate e raccolte: la Cantata n. 1 circa nove minuti;
la n. 2 circa sedici) e sono connotate da un contrappunto più denso, pur usando serie più semplici, prive
delle organizzazioni modulari interne tipiche dei suoi lavori intermedi.

L'improvvisa morte di Webern, avvenuta dopo il completamento della Cantata n. 2, rende impossibile
sapere dove questa nuova evoluzione avrebbe potuto condurlo: questo interrogativo venne raccolto dalla
Scuola di Darmstadt, i cui esponenti (in primis Boulez e Stockhausen) avrebbero radicalizzato la sua poetica,
mettendo in atto il cosiddetto serialismo integrale, o strutturalismo musicale.

Webern non fu l'adepto completamente acritico di Schönberg che molti osservatori distratti hanno
pensato. Schönberg stesso notò una volta che Webern, benché spesso deviasse dal tracciato del suo
maestro, vi tornava sempre in una sorta di "oscillazione di ritorno". Così, in un primo tempo, Webern
guardò alla dodecafonia con scetticismo, convinto di dover seguire il proprio intuito e non un'idea o teoria
astratta.

Anton Webern diede una propria personale rilettura della dodecafonia, basandosi su strutture spoglie,
brevi, e su improvvisi salti melodici e prescrizioni esecutive esatte fino alla pignoleria.

PARTITURA

La Passacaglia per orchestra (1908), come detto, segna la conclusione del periodo di apprendistato con
Schönberg. Sotto l'aspetto armonico, l'opera schiude un mondo nuovo, dagli orizzonti tonali molto larghi e
dall'orchestrazione innovativa (anche e soprattutto dal punto di vista dinamico: suono essenziale, già
lontano dalle sontuosità ottocentesche). Tuttavia, la Passacaglia ha solo un vago legame con i lavori
weberniani più maturi e oggi più noti. Un elemento tipico dell'opera è la sua stessa forma: la passacaglia è
una forma che risale al XVII secolo, e una caratteristica distintiva dei lavori seguenti di Webern fu l'uso di
tecniche compositive tradizionali come il canone, la Sinfonia, il trio d'archi e le variazioni pianistiche,
inserite in un linguaggio più moderno e armonico. La serialità della Passacaglia op.1 non è ingabbiata nel
suo schema ma si trova insieme a influenze mahleriane molto evidenti in un'orchestrazione che tende a
svilupparsi come una "tastiera timbrica orchestrale"; l'ostinato viene sommerso per riprendere verso la
diciannovesima variazione, a conferma di una percezione della struttura più nitida e meno matematica
rispetto a Schoenberg.

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