2' Lezione

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2’ lezione

LE ARTI TRA ARTIGIANATO E INDUSTRIA ALL’INIZIO DEL NOVECENTO

Sono tante le innovazioni che si affermano nella seconda metà dell’800, si cercherà di
sottolineare aspetti di grande attualità, cioè il tema della natura e il modo con cui questo si
riflette nella produzione artistica, sia nella pittura che nelle arti decorative.

Quadro di Monet
Si tratta di una veduta en plein air, il fatto di
avere dei colori a tubetto permette
l’esecuzione delle opere non in un luogo
deputato-preciso quale era l’atelier, la retorica
della pittura impressionista ci racconta di una
pittura rapida, veloce. Al giorno d’oggi però
stanno emergendo tanti dei disegni
preparatori che in realtà i pittori impressionisti
facevano.
è vero che ciò che si cerca è l'immediatezza
di un mondo naturale. Il ponte che vediamo in
basso è il ponte che attraversa la Senna ad Argenteuil, ed è quel ponte che si vede sullo
sfondo in alto.

Si tratta di un ponte ferroviario, e ci dice del


passaggio di uno dei mezzi di locomozione di
collegamento che vanno a caratterizzare il
territorio.
questo è invece un quadro di Berthe
MORISOT; spesso dipinge in maniera
bozzettistica, senza delineare con precisione
le figure. Nella fattispecie, il soggetto che
viene rappresentato sono delle signore che
appendono degli abiti al sole. Si tratta di
un’attività di tipo quotidiano che non avrebbe
avuto nessun posto nella pittura accademica,
nell’arte precedente e che invece irrompe all’interno dei dipinti nel corso dell’800. Viene
rappresentata la quotidianità, la banalità e gli oggetti di tutti i giorni. Ciò che emerge non è la
rappresentazione di un paesaggio idilliaco incontaminato ma nella pittura impressionistica
emergono delle strutture da cui fuoriesce del fumo: sono le ciminiere delle industrie che
vanno ad essere costituite. Il processo di industrializzazione ha immediati riflessi sia sulla
vita delle persone che sul paesaggio. Un elemento che vivacizza il paesaggio è in realtà una
operazione tremenda di cui noi vediamo le
conseguenze ancora oggi.
Quadro di Manet, che non definisce impressionista. Dipinge quest’opera in cui c’è il ritratto
di un amico e di una fanciulla che lo accompagna.
Emerge sulla sinistra il paesaggio costruito dall’uomo, quindi con una ciminiera. quindi
sempre contrasto tra modernità dell’uomo e il momento colto sull’impressione. C’è la
testimonianza di impatto sulla vita delle persone, da un lato i benefici per le classi agiate,
dall’altro lo sfruttamento della manodopera che l’attività dell’uomo impattasse così tanto sulla
natura se non in senso positivo non c’è.

Ci sono altri artisti però che tendono a volersi proteggere/nascondere all’interno di un


contesto più o meno rassicurante, di una natura felice, quasi incontaminata dall’uomo in cui
l’uomo va a interpellare armoniosamente e armonicamente. Alcuni degli esiti più estremi si
ritrovano nella pittura di ROUSSEAU.

Era un pittore che non ha una formazione alle


sue spalle, è un dilettante che ha come
soprannome il doganiere, perché stava alla
dogana e controllando le merci vedeva quei
piatti, ceramiche, oggetti che venivano esposti
nelle esposizioni. Questi elementi decorativi
diventano delle potentissime suggestioni per
la sua pittura. Lui che non si è mai mosso da
Parigi arriva ad elaborare all’inizio del 900
questo tipo di immagini che sono del tutto
immaginari, sono dipinti che pescano da un
immaginario e non dalla contemplazione della
natura ma dall’unire elementi che vengono estrapolati dalle opere che ha sottomano. I
paesaggi che va ad elaborare sono di natura tropicale in cui è più stretto il rapporto tra la
flora e la fauna.

Questo tipo di rappresentazione apparentemente ideale-immaginaria ha in realtà un proprio


corrispondente anche in altri artisti, accanto a personalità/pittori come gli impressionisti che
rappresentano il reale, la vita quotidiana, la borghesia, la città e il paesaggio che cambia, ci
sono tutta una serie di artisti che cercando di rifuggire dalla vita quotidiana perché
consapevoli che questa non sia loro conveniente. Spesso questo si risolve incontrandosi in
luoghi esterni da Parigi, nel tentativo di unirsi a un mondo che loro sentono e vedono
incontaminato. Uno di questi luoghi più importanti per la Francia è la Bretania, in particolare
Pont-Aven.

In realtà non c’è niente di più falso: a Pont-Aven


arriva la ferrovia, è inserita nei circuiti turistici. Ma
c’è un racconto che viene fatto all’interno della
pittura che è appunto di grandi spazi, di grandi
scene di condivisione sociale in cui vengono
rappresentati gruppi di donne nel momento in cui
chiacchierano e condividono un momento dopo la
messa. A questo allude la chiesa sullo sfondo, che rimane però sullo sfondo: l’interesse di
questo pittore è quello di porre l’attenzione sul momento di convivialità che viene
rappresentato. È un’immagine che ci dà l’idea di un mondo a parte, avulso dal contesto
finora descritto. Bouveret realizza quest’opera non in maniera immediata, rappresentando
un effettivo momento di condivisione, ma costruisce questa immagine combinando diversi
soggetti per contribuire a costruire un mondo ideale, a cui idealmente poter aspirare.
Ci troviamo nel 1887, momento in cui Pont-Aven diventa un crogiolo di pratica artistica e
molti artisti che saranno influenti nelle epoche successive si troveranno a Pont-Aven.

Una di queste personalità è EMILE BERNARD.


Si tratta di una figura apparentemente poco significativa, non è uno dei grandi nomi della
storia dell’arte, ma è una figura molto interessante e influente in questo contesto. È noto per
questa opera, che rappresenta le donne Bretoni.

Rispetto alla scena precedente, è sicuramente una scena meno convenzionale: nell’altro
dipinto l’elemento più tradizionale era la chiesa, un più evidente riferimento a ciò che le
fanciulle stavano facendo, qui le proporzioni non sono rispettate, ci sono tante figure e in più
il terreno appare piatto, come se le persone galleggiassero su uno sfondo e su un prato
verde che evoca il prato e il contesto naturalistica ma non lo rappresenta in maniera
realistica. L’introduzione del mezzo fotografico permette agli artisti di non dover più per forza
di cose presentare delle scene realistiche ma permette loro di rappresentare dell’altro, cioè
la fotografia riprende il reale, io posso dedicarmi ad altro. Quindi anziché essere verosimile,
l’arte diventa fortemente evocativa. Questo progressivo processo di evocazione condurrà poi
all’inizio del 900 alla realizzazione delle opere astratte in cui addirittura il soggetto è del tutto
ininfluente.
Un elemento significativo della pittura di Bernard è il modo con cui le figure vengono
realizzate, cioè sottolineando il profilo delle figure con dei tratti neri e scuri. È una tecnica
che viene chiamata CLOISONISM, da Cloisons, cioè recinto, che è un tipo di tecnica che
viene mediata dalle arti decorative. Si tratta di un reticolo dorato che viene fatto e riempito di
pasta vitrea smaltata.
L’opera di Bernard allora diventa importante perché avvia una strada: è un’opera di rottura
poiché è talmente importante che nel vederla Van Gogh decide di farne una copia con uno
sfondo sulle tonalità dell’ocra. Quest’opera grafica è esposta alla Villa Reale a Milano.
Van Gogh non è il solo a prendere questo modello come proprio riferimento: quello che ne
farà un uso smodato è Paul Gauguin.
Lo stesso colore non è più naturalistico ma evocativo di un
mondo altro che è un mondo di visione. Gauguin a questo
punto della sua vita ha iniziato un processo che si avvia verso una strada di autonomia
verso i riferimenti contemporanei.
Gauguin ha tutta una serie di dipinti che guardano all’impressionismo, al puntillismo, che
imitano altri stili, ma poi trova la sua strada e Pont Aven diventa il luogo in cui riesce a
mettere a fuoco la sua strada.
Proprio perché sente che Pont Aven è il suo primitivo, c’è l’altro, c’è la natura. Di Bernard
Gauguin riprende l’impostazione del dipinto, riprende il cloisonism, ma è anche capace di
sintetizzare all’interno di quest’opera anche altre suggestioni. Non si limita a Bernard di dare
uno sfondo piatto e uniforme ma guarda anche ad altri modelli, alcuni di questi sono
tradizionalissimi, come DELACROIX, che all’interno della chiesa di Saint Sulpice,
rappresenta un episodio della visione che hanno le donne che viene immaginato all’estremo
angolo in alto del dipinto. Delacroix viene ripreso per la composizione delle figure, ma anche
nell’idea di inscrivere all’interno dello stesso dipinto due scene che sembrano non avere
relazione tra di loro, la scena di combattimento, con l’angelo e un corteo sulla destra che
sembra del tutto non contestualizzato.
Vedi pag 19-20 del libro
Si tratta della stessa scena che Gauguin utilizza nel dipinto: da un parte le donne che
escono dalla chiesa e che chiacchierano tra di loro e un mondo che fa parte di una vera e
propria visione che hanno.
Il modo con cui la scena viene realizzata è proprio perché le stampe giapponesi hanno una
potente influenza su questo dipinto oltre che su tutti i pittori e gli artisti dell’epoca.

Si ispira a delle idee e le riunisce in un mondo nuovo e inedito.

Importanti sono le esposizioni come luogo in cui passano cose, oggetti, fotografie. Una delle
figure più influenti nel ruolo di promotore/diffusore dell’arte giapponese è Samuel Bing.
Ciò che Bing fa è non limitarsi ad amare un mondo del lontano oriente ma cerca anche di
importare letteralmente usi, costumi e anche oggetti e di farne un business. Inizia ad
acquistare oggetti, portarli in Francia, dove ha la propria base oppure commissiona dei
manufatti ispirati ai modelli giapponesi e che hanno in questa rivista “Le Japone Artistiche”
uno dei propri modelli di riferimento.
Diventa il luogo in cui il giappone viene diffuso. Bing è una di quelle figure che guarda anche
Van Gogh perché trova presso di lui incisioni e modelli di riferimento.
Il motivo per cui questo modo di diffondere le arti giapponesi è importante perché importa
manufatti e fonda una struttura commerciale imprenditoriale che noi conosciamo come la
Maison de l’Art Nouveau. È una sede che viene costruita dall’archietto Bonnier nel 1895,
negli stessi anni in cui questo gusto giapponista si diffonde e che sarà importantissima
perché contribuisce alla diffusione di un nuovo gusto, che guarda al giappone e al modo con
cui la cultura giapponese viene importata, cioè all’accentuazione delle linee.
Natura che diventa un fortissimo spunto per la realizzazione di un arte nuova, che si chiama
Art Noveau. Si inizia a pensare che oltre ai riferimenti tradizionali ci possano essere anche
altri elementi di forte suggestione.

Grasset arriverà a compilare una serie di


repertori in cui vediamo l’Iris che diventa
un elemento che può essere ripetuto,
come un modulo, un pattern, po' diventare
un mondo che non aveva posto nella
cultura precedente ma che grazie a una
concatenazione di elementi e interessi che
si sviluppano in questi anni ha il suo posto
all’interno della storia dell’arte. La cosa
interessante è il fatto che si tratta di un
altro di quei momenti particolari in cui tutte
le arti sono permeate da questo
medesimo gusto: l’art Noveau non
riguarda solo la pittura , non solo la scultura ma anche le arti decorative, l’architettura,
rigurda tutto il sistema delle arti perché quello a cui aspira è quello di creare la cosiddetta
opera d’arte totale. Cioè ogni elemento della progettazione deve convergere nell’armonia,
che si ottiene seguendo e utilizzando uno stesso stile e facendo in modo che diversi
elementi che caratterizzano per esempio un ambiente, dialoghino tra di loro. La natura
diventa un mezzo attraverso il quale le arti dialogano tra di loro. Non è un caso che
all’interno della Maison del Art Noveau,gli oggetti non siano solo esposti all’interno delle
vetrine come in un tradizionale negozio ma siano ambientati.
L’interesse per la natura e l’accentuazione dell’uso delle linee è comune ai due aspetti,
probabilmente contribuisce ad accentuare questo interesse per la natura, per la linea, per
l’uso di forme non convenzionali.

Bing all’interno della sua Art Noveau allestisce gli oggetti secondo alcuni ambienti:
Progetta gli arredi ma anche le suppellettili e gli
oggetti che devono essere inscritti all’interno di
questo ambiente. Lui è molto sensibile a un
approccio multidisciplinare perché inizia la propria
attività come pittore. Cerca sempre modi diversi di
dipingere. L’eseprienza a cui arriva nel 1891 non è
molto distante dalle esperienze di Gauguin e
Bernard, quindi dall’utilizzo di queste grandi
campiture piatte e da una sorta di progressiva
geometrizzazione delle figure. Questo si riflette
non solo in pittura ma anche nella progettazione e
ideazione delle arti decorative a cui poi aderirà totalmente.

Analogamente agli altri artisti, si pone in una composizione che va a individuare aree di
colore più o meno ampie e diversi che riflettano quella ricerca pittorica che altri artisti
avevano portato avanti. L’altro elemento è questo decorativismo delle piante, anche qui che
non vengono più restituite in maniera naturalistica ma ne vengono accentuati i tronchi e
diventano degli elementi curvilinei che sembrano assecondare come delle quinte teatrali da
una parte e dall’altra l’andamento della composizione in primo piano. Il luogo dove Van de
Velde esprime più di altri la sua creatività è la casa che lui si progetta nel 1895 nella
estrema periferia di Bruxelles. Questo episodio è interessante perché è libero, non ha vincoli
e quindi porta avanti il proprio pensiero e lo fa progettando tutta l’intera struttura, riflettendo
le sue posizioni sia nella architettura che nella decorazione all’interno, sia nelle suppellettili
che vanno a decorare l’edificio. La struttura è caratterizzata dall’uso delle linee, e l’obiettivo
è quello di arrivare a una semplificazione delle forme che poi lui esplica in alcuni oggetti
straordinari, come i candelabri, carte da pararti, nel packaging, negli abiti, che abbandonano
l’uso tradizionale del corsetto. L’abito verrà poi esposto nel 1900 all’interno di una
esposizione che si svolge a Krefeld che sarà dedicata agli abiti. Probabilmente è una delle
prime esposizioni di abiti che si svolge nella storia e che si svolgeva in un museo.
Il 1900 segna l’apice di diffusione dell’Art Nouveau. Questo avviene non solo grazie a tutta
una serie di strategie che abbiamo visto prima ma anche grazie all’esposizione universale
che si svolge a Parigi, dominata da questo gusto non solo i padiglioni ma anche la città in sé
si ammanta di questo gusto.
Guimard, ad esempio, viene chiamato a progettare le fermate della metropolitana, che ci
dicono già di un linguaggio nuovo, applicabile a diverse scale e livelli ma di grande efficacia
perché ci dà l’idea della modernità, novità.
Uno dei padiglioni più famosi è questo, il padiglione blu.
La struttura non assume solo un valore funzionale,
ma anche un forte valore decorativo, contribuendo
a definire l’immagine dell’edificio e dell’architettura.
All’interno di questa esposizione espone questo
Ping, un padiglione interno dedicato all’Art
nouveau.

Le figure sono figure realistiche femminili, nel modo in cui sono delineate. Quello che viene
messo in evidenza è il processo di trasformazione della figura umana all’interno del mondo
naturale. Gli elementi fitomorfi caratterizzano la produzione di Lalique.
Non solo per le forme strane e per l’abbandono della simmetria ma anche per l’uso di
materiali inconsueti, il corno, gli ori, gli smalti, le pietre preziose ecc.

Altro grande maestro dell’Art Nouveau è EMILE GALLE.


Proviene dalla periferia della Francia, dove c’è una scuola che contribuisce alla diffusione di
questo gusto ma che con l’occasione dell’esposizione universale viene chiamato a
progettare una vetrina di un negozio, La Granges.
la produzione di Galles è nota per la produzione
di vetro, delle tecniche innovative con l’uso di
materiali, ossidi, tali da conferire colori n uovi alle
sue opere con una capacità straordinaria di
promuoversi perché accanto alla vetrina dove
vengono collocati gli oggetti da vendere,
all’interno dell’esposizione universale, organizza
uno stand dove viene costruito un vero e proprio
forno dove vengono messi gli operari a produrre
il vetro, quello che noi chiamiamo una
esperienza immersiva.
Spesso utilizza anche temi diversi, soggetti, alcuni anche mostruosi come le figure che
vanno a percorrere e decorare il vaso. In altri casi con elementi derivati dal mondo vegetale
e con elementi floreali rossi e gialli che caratterizza questo vaso.
Una lavorazione peculiare che si adegua dal punto di vista dell’iconografia a quelli che sono
i modelli di riferimento ma che sono anche frutto di una tecnica strepitosa in cui vengono
adottati ossidi o acidi che servono a lavorare la superficie.

A partire dal 1895 la Loie Fuller fa delle


performance di danza. La sua straordinaria
novità che introduce all’interno del mondo
della danza è quella dell’adozione della
stessa figura serpentinata che si ritrova in
architettura o nelle arti decorative nel
mondo della danza avvalendosi anche di
tecniche legate alla luce che diventa una
parte fondante delle sue performance.

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